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PRIMA SERIE

AVVERTENZA

l. Il volume XI della prima serie dei Documenti Diplomatici Italiani abbraccia il periodo dal 1° gennaio 1869 al 5 ottobre del,lo stesso anno. Riguarda anch'esso, come il volume precedente, un periodo di transizione della politica estera i:taliana, ma sono già presenti con grande evidenza gli elementi che caratterizzeranno la fase successiva, cioè la fase dominata dalla crisi per la successione al trono di Spagna e dall'esplosione del conflitto franco-tedesco. In questo volume acquistano un rilievo particolare le carte legate, direttamente o indirettamente, all'azione di politica internazionale di Vittorio Emanuele II e alle difficoltà del governo nel seguire l'evoluzione di tale iniziat~va, specialmente in riferimento a,l perdurante interesse del re verso l'ipotesi di un'alleanza segreta con Napoleone III e Francesco Giuseppe, tale da assicurare la Francia dell'appoggio italo-austriaco nel caso di un conflitto con la Prussia. Appare evidente la propensione del Sovrano a stipulare intese di carattere personale, quando le condizioni politiche non gli consentano di muovere d'intesa con il governo. In questo quadro acquista poi un'importanza tutta particolare l'attenzione con la quale viene seguito l'evolvere degli orientamenti politici dell'Impero AustroUnga.rico e, più ancora, delle Corti minori della Germania in relazione alla politica egemonica della Prussia. E del pari hanno una c~rescente importanza le varie iniziative spagnole in relazione al problema del trono di Madrid e all'ipotesi di una candidatura del giovanissimo duca di Genova: ipotesi alla quale la politica dinastica guarda con mtensa partecipazione, non condivisa negli ambienti politici e dalla famiglia del diretto interessato.

Altre questioni seguitano a presentarsi in fo,rme sempre nuove, prima fra tutte la questione balcanica, che da Firenze viene seguita con puntuale intensità; o la questione della Tunisia e della condizione dei cittadini italiani ivi residenti.

In generale, l'a politica estera del gov,erno di Firenze tende a si~tuarsi ancora all'interno della solidarietà nei confronti della Franc~a. Tuttavia l'eco della crisi di Mentana e il silenzio francese sulla ,ripresa della applicazj:one delle clausole della Convenzione di Settembre non mancano di inserire un elemento di allarme e di potenziale dissidenza, elemento che i prepa.rativi iniziali per la riunione del Concilio Vaticano I e le voci che tali preparativi accompagnano, in ordine ai progetti di Pio IX nel campo dottrinale e in quello temporale, non possono che rafforzare sino a suscitare le avvisaglie di un riesame approfondito delle tendenze della politica estera italiana.

2. 11 volume si basa principalmente, come i precedenti, sulla documentazione conservata nell'Archiv,io Storico dei Ministero degli Affari Esteri nelle serie seguenti:

I. Gabinetto e Segretariato Generale: a) Istruzioni per missioni all'estero;

b) corrispondenza telegrafica; c) carteggio confidenziale e riservato.

II. Divisione « Politica »: a) registri copialettere in pamnza; b) rapporti in arrivo.

III. Carte delle Ambasciate a Berlino, Londra, Parigi e Vienna.

IV. Eredità Nigra.

Numerosi documenti di notevo1e interesse sono tratti dall'Archivio di Casa Reale.

3. Data l'importanza del periodo varii documenti erano già editi, integralmente o parzialmente, nelle seguenti pubblicazioni (tra parentesi l'abbreviazione usata nel testo):

Libro Verde n. 21, Documenti Diplomatici concernenti la riforma giudiziaria in Egitto presentati dal Ministro degli Affari Esteri (Visconti Venosta) nella tornata del 26 gennaio 1875 (LV 21);

E. OLLIVIER, L'Empire libéral, t. XI, Paris, 1907;

Les origines diplomatiques de la guerre de 1870-1871, vol. XXIII, Paris, 1928, vol. XXIV, Paris, 1929, vol. XXV, Paris, 1929 (Origines diplomatiques);

Le lettere di Vittorio Emanuele II, raccolte da F. COGNAsso, vol. II, Torino, 1966 (Lettere Vittorio Emanuele Il);

R. MoRI, Il tramonto del potere temporale 1866-1870, Roma, 1967 (MORI);

H. ONCKEN, Die Rheinpolitik Kaiser Napoleons III von 1863 bis 1870 und der Ursprung des Krieges von 1870-71, Osnabrlick, 1967 <ONCKEN).

4. Alla preparazione di questo volume hanno collaborato la dott. Emma Moscati Ghisalberti per le ricerche, l'allestimento del volume pe.r la stampa e l'apparato critico, la dott. Alessandra Raffa per la compilazione dell'indice dei nomi, la signora Fiorella Giordano e le dott. Antonella Gross.i e Francesca Grispo per la correzione delle bozze. Ad esse v1a il mio più vivo e cordiale ringraziamento, per la competenza e la solerzia con cui hanno svolto il loro lavoro, che rappresenta la base indiSipensabile per la preparazione di c~ascuno di questi volumi.

ENNIO DI NOLFO


DOCUMENTI
1

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 1° gennaio 1869, ore 3.

Réponse <2) au mémoire Votre Majesté (3) m'a été remise hier, je demande modification quelques phrases que je ne puis admettre mème ad referendum. Cette réponse demande contre-réponse que le Roi enverra promptement Paris, j'accompagnerai mémoire avec lettre contenant observations. Individu fmnçais pour arabes parti avant-hier. Remis note à Fleury seulement aujourd'hui pour que le grand nombre juments n'empèchàt départ. Officier ordonnance partira mardi soir. Il se unit à moi pour mettre souhaits aux pieds du Roi pour nouvelle année.

2

IL MINISTRO A WASHINGTON, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 65. Washington, 1° gennaio 1869.

Mi ero finora astenuto di parlare delle cose interne del Messico perché non vi era stato autorizzato da V. E. e temeva che informazioni migliori delle mie potessero essere indebolite presso di Lei da quelle che io trasmetterei da Washington. Ma da questo momento non mancherò di tenerla al corrente di quanto potrò sapere.

Dopo la caduta di Massimiliano ebbe luogo un periodo di guerra civile. Il numeroso partito che avea fatto adesione a Massimiliano, sebbene disposto a riconciliarsi colla Repubblica, fece ogni sforzo per impedire la rielezione di Juarez. Essi temevano i risentimenti personali d'un uomo che non suole perdonare e che con una freddezza d'animo singolare sa aspettare il suo tempo.

Nel vasto Stato di Yukatan, popolato per la maggior parte da Indi, ove l'Imperatrice Carlotta avea destato sentimenti di simpatia, ebbe luogo la più determinata resistenza, ma Juarez avea per sé il tesoro e l'armata e nel dicembre 1867 fu rieletto per un altro periodo di quattro anni e siccome tutti sapevano che era appoggiato dall'influenza degli Stati Uniti, la maggiorità in quasi tutti gli Stati fece adesione a Juarez. Il suo Governo è più o meno come quello di Rosas in Buenos Aires e del vecchio Lopez nel Paraguay nei tempi meno sanguinosi. Costituzionale di forma, dispotico nel fondo.

È però giusto il dire che da sei mesi a questa parte, cioè da quando cessò completamente l'opposizione le condizioni interne del Messico si sono migliorate e che v'ha un poco più di confidenza nelle transazioni bancarie e commerciali.

Come già Le dissi Juarez desidera ardentemente vedersi fare delle aperture di negoziati dalle nazioni europee, ma esige che si riconosca la legalità dell'annullamento dei trattati anteriori. Credo che la Prussia che tentò segretamente di riannodare relazioni siasi ritirata in faccia a questa pretesa. È superfluo dire a V. E. che l'Allemagna ha grandi interessi commerciali nel Messico.

Ora non v'ha dubbio che a noi converrebbe surrogare con un nuovo l'antico trattato del 1855 il quale contiene principj troppo restrittivi, ma io mi domando: il Messico sarà egli disposto ad estendere le libertà commerciali mentre il Presidente dichiarò rotti i trattati anteriori forse perché credeva che si era troppo conceduto agli europei? Senza un buon trattato non ci conviene assolutamente riannodare le relazioni. Faremmo cosa poco grata alla Francia al Belgio ed all'Austria senza trame alcun profitto.

Senza voler entrare nell'esame del trattato attuale, locché spetta ad altra serie di corrispondenza, mi limiterò a farle osservare che in esso non ci si accorda nemmeno la navigazione «di scalo». Si può ammettere che per radicati pregiudizj, condannati ormai dall'esperienza, s'insista ancora sulla Tiserva del «cabotaggio» ma è strano assai veder mantenere l'interdizione del commercio di scalo. Non si parla in esso di navigazione indiretta, cosicché un bastimento italiano che porta un carico da New York a Vera Cruz vi è sottoposto ai diritti differenziali sul carico.

Se V. E. mossa dal desiderio di secondare i voti del commercio si decidesse ad entrare in relazione col Messico vi sarebbero due mezzi: 1° Quello della mediazione di Seward la quale può ancor molto quantunque Juarez abbia già mostrato velleità d'indipendenza dal suo protettore.

2° Quello dell'invio di persona prudente ma ben ferma che ponendosi in relazione con qualche amico di Juarez facesse subito le sue condizioni. Queste a parer mio sarebbero le seguenti.

Dichiarare da ambo le parti cessato l'antico trattato, cadere d'accordo su d'un nuovo trattato colla Repubblica colla clausola del commercio di scalo e possibilmente della navigazione indiretta. Per lusingare l'amor proprio del paese si potrebbe poi convenire verbalmente del successivo reciproco invio d'un Ministro Plenipotenziario.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. serle I, vol. X, n. 791. (3) -Cfr. serie I, vol. X, n. 729, al1egato.
3

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1517. Vienna, 2 gennaio 1869, ore 9 (per. ore 11,20).

Je viens de voir Andrassy qui est venu pour avoir explications avec Beust sur la politique étrangère et qui m'a confié sous grande réserve avoir déclaré à Beust qu'il se retirait immédiatement si cette politique n'était pas pacifique

et si on persistait à laisser encore que la question de la ligne du Mein serait un casus belli. Beust lui a donné les assurances les plus pacifiques et l'a tout à fait rassuré. Si vous me le permettez j'aurai à vous envoyer par un envoyé exprès un rapport (l) aussi intéressant que l'autre et que je n'ose pas confier à la poste. Dites-moi si c'est vrai que le conflit greco-turc est déjà arrangé et que la conférence n'aura qu'à constater l'oeuvre des puissances.

4

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1515. Pera, 2 gennaio 1869, ore 11,50 (per. ore 14,15).

La Sublime Porte a accepté en principe les conférences sur la base des cinq points formulés dans l'ultimatum et pourvu que les autres ne fassent aucune allusion aux facultés [sic] qui ont déterminé la note du 29 octobre 1867 en déclarant explicitement que toute discussion sur ses affaires intérieures forcerait plénipotentiaires ottomans à abandonner incessamment la conférence.

5

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. RR. 70. Vienna, 2 gennaio 1869.

Ieri, come ebbi l'ono-re di telegrafare alla E. V. (2) ebbi un lungo abboccamento col Conte Andrassy. Giunto il giorno nrima a Vienna. egli si affrettò con isquisita cortesia a venir subito in traccia di me.

Io gli avevo fatto sapere pochi giorni prima di aver ricevuto una lettera dal Principe di Romania che desideravo assai potergli comunicare.

Ne unisco copia alla E. V. (3).

Il Conte Andrassy mi esternò la sua soddisfazione per i termini usati dal Principe Carlo scrivendomi e per le speranze formulate che il nuovo Ministero Rumeno avrebbe seguito una nuova via e si sarebbe riavvicinato all'Ungheria. Egli però mi fece alcune osservazioni sopra talune riserve contenute nella Lettera del Principe, in ordine ai Rumeni che abitano la Transilvania. Per evitare inutili ripetizioni Le dirò che gli argomenti svolti dal Presidente del Consiglio ungherese, sono riprodotti in una lettera diretta da me al Principe di Romania, lettera di cui pure Le unisco copia, e che non spedirò al suo

(Il Cfr. n. 5.

indirizzo che dopo avere avuto, come è ben naturale, il di Lei assenso. Debbo però aggiungere che il giorno dopo comunicai al Conte Andrassy la mia risposta, e che egli mi ringraziò di avere esattamente r~prodotto le sue idee; soltanto ecco quanto mi aggiunse: « Desidero che Ella faccia intendere al Principe Carlo che giammai egli potrà conseguire la dichiarazione della propria indipendenza colle manifestazioni guerresche e colla minaccia di una alleanza russa. Colle armi e colla forza egli non potrà mai ottenere di fare accogliere favorevolmente dall'Austria, e dai suoi alleati, il suo desiderio di diventare un Principe veramente indipendente. A questo suo desiderio si oppongono le pretese ed i diritti della Turchia non solo, ma i pregiudizii della vecchia politica che ha fin qui retto i destini dell'Austria. Gli uomini della vecchia Monarchia non acconsentiranno mai a q_uesta nuova politica per l'Impero. Ma se ·il Governo del Principe (e l'autorizzo a farglielo intendere) si riavvicina seriamente e lealmente a noi, sarà rl'Austria, sarà l'Ungheria, sarò io che prenderò l'iniziativa di questa misura, che io considero come una misura di equità e di riparazione; sarò io che chiederò di farla accogliere dall'Europa e dalla Turchia medesima, come un mezzo efficace di resistere alla invasione slava, come il giusto premio di una politica savia e conservatrice. So che questa politica incontrerà molti ostacoli, ma so anche che questa politica è la sola politica che possa far ricuperare alle Potenze Occidentali ed aH'Austria la loro influenza smarrita in Oriente. È il solo mezzo per opporsi alle altrui pretese; ed è certamente il mezzo di apparecchiare uno scioglimento pacifico della Questione orientale. E questo compito spetta specialmente all'Italia ed all'Austria che sono i due Governi interessati e per il loro commercio e per la loro situaz;ione topografica al risorgimento dell'Oriente. È una gramde opera che molto rialzerebbe la nostra comune autorità, sventuratamente tanto scossa dagli ultimi avvenimenti! Né l'Inghilterra, né la Francia potrebbero porre serii ostacoli ad essa, imperocché non sono interessate che in seconda linea. L'opera del risorgimento dell'Oriente colla libertà spetta all'Italia ed all'Austria, non alla Russia, né ad altre potenze).

Io reputo che alla E. V., al pari di me, sembreranno molto importanti queste parole e che meritino quindi di essere da Lei prese in grandissima considerazione, bene inteso però che esse, per ora, debbono essere tenute riservatissime. E aggiungerò anzi, a completarle, alcune conside,razioni, che egli mi fece nel colloquio che ebbi nel giorno precedente e che ad esse si collegano.

Il Conte Andrassy parlandomi della Conferenza, mi disse che egli non se ne riprometteva nulla di serio e di durevole, e che l'Austria non poteva fare nulla per le popolazioni orientali in quest'incontro perché dietro alla Grecia stava la Russia che agitava l'Oriente con delle fallaci promesse di libertà in apparenza, ma in realtà per giungere a soddisfare ,le sue mire ambiziose.

Fu allora che io mi permisi di osservare al Conte Andrassy che non bisognava dissimularsi che l'mfluenza russa era aumentata in Oriente appunto perché il solo governo dello Czar si mostrava simpatico veramente alle tendenze di unità e di libertà di quelle provincie; che eg.lri solo, pareva tralucere agli occhi dei Rumeni, dei Serbi e dei Greci la speranza di emancipazione, che egli solo prometteva ad essi di rialzare gli altari della loro religione abbattuti dal fanatismo turco.

Era questa la vera ragione e non altro che spingeva nelle braccia della Russia le popolaz!ioni della Turchia europea, era quella la vera ragione di un fatto che egli e tutti gli amici della libertà e del progresso lamentavano come funesto e nocevole agli interessi della pace di Europa.

Il Conte Andrassy mi rispose che egli era appunto per ciò che credeva necessario mutare indirizzo politico nella Questione Orientale; che l'Austria era affatto indifferente aJla esistenza della Turchia, ma che bisognava trovare una soluzione che non mettesse l'Oriente in balia dell'assolutismo slavo, molto più pericoloso che l'anarchia impotente turca: bisognava trovare nell'Oriente redento una soluzione alla questione; bisognava in altri termini che l'Oriente salvasse l'Oriente.

Trovata questa soluzione, l'Austria era affatto indifferente che il turco andasse a fumare la sua pipa in Asia piuttosto che fumarla in Europa; ed anzi avrebbe veduto cessare con piacere l'oppressione religiosa greca. Non bisognava però, a suo avviso, dare un peso maggiore di quello che merita alla questione religiosa, imperocché pensando che vi sono oltre mille sistemi planetari come il nostro, ammettendo pur sempre la superiorità di un Essere divino, è assurdo hl credere che noi avessimo inventato il miglior sistema religioso possibile.

L'Italia e l'Austria sono le due sole grandi potenze, che hanno bisogno per i loro interessi commerciali che il pericolo della questione orientale scompaia, ed egli ripeteva che per riuscirvi bisognava mutare strada, perché il risultato più pratico della politica fin qui seguita è stato di aumentare l'influenza russa ed il pericolo della soluzione della questione orientale in senso slavo.

Da questo discorso venendo a parlare della questione politica generale in Europa egli mi disse formalmente essere venuto a Vienna in seguito ad alcuni dissensi insorti fra lui ed il Conte di Beust. Egli fece inserire un articolo nel Lloyd di Pest che dichiarava esplicitamente che l'Ungheria non avrebbe mai considerato come questione di guerra la violazione per parte deHa Prussia del '11rattato di Ptraga in ciò che conceme la GeTmania del Sud e la linea del Meno.

Quest'articolo, benché sconfessato, era stato scritto sotto la sua inspirazlone. L'Austria era uscita felicemente dalla Confederazione ed essa dovrebbe far celebrare un Te deum in ringral'Jiamento a Dio ogni anniversario di quel felice avvenimento. Chiusa !in un circolo da circa un mezzo secolo, in cui aveva di continuo corso pericolo di uccidere se stessa essa non poteva, né doveva pensare a rientrarvi. Al nuovo organamento dell'Impero dualistico cominciava una nuova politica. E mentre l'Ungheria avrebbe speso l'ultimo suo soldo e fatto uccidere l'ultimo suo soldato per mantenere l'integrità del territorio attuale, essa non avrebbe dato né un soldo, né un uomo pe,r impedire che la Prussia varcasse la linea del Meno. Il Cancelliere aveva finito per convenire con 'lui della opportunità di questa politica, ma soltanto gli aveva espresso il rammadco che questa dichiarazione fosse stata ufficialmente strombazzata nei giornali, diminuendo cosi l'autorità dell'Impero. A questa osservazione il Conte Andrassy non dà alcun peso, perché egli crede che in politica bisogna essere franchi e leali! non bisogna lasciar germogliare inutili speranze, né lasciar sorgere sospetti e diffidenze inutili. Se questa dichiarazione valesse a ristabilire ·i buoni accordi c<JHa Prussia non bisognava farne mistero ed anzi bisognava aver coraggio di proclamarlo altamente.

Del resto tanto le Provincie cisleitane, quando le Provincie ungheresi non vogliono la guerra! Tutte hanno bisogno assolutamente di pace e di tranquillità. E seguendo questa politica chiara e precisa si avrebbe allora il diritto di fare intendere alla Prussia che qualunque minaccia in Oriente contro l'Ungheria o qualunque occulto raggiro per distaccare qualche Provincia dall'Impero avrebbe trovato Austriaci e Ungheresi tutti in armi, tutti pronti a lasciarsi uccidere fino all'ultimo uomo per difendere la Dinastia ed il territorio. Il Conte Andrassy mi disse che aveva dichiarato essere pronto ad uscire dal Cons.iglio della CoDona piuttosto di lasciare che continuassero pur anca le sole apparenze di una politica bellicosa. E, per amor del vero soggiunse che in ultima analisi egli s·i era posto completamente d'accordo col Cancelliere dell'Impero in una politica che aveva tutta la simpatia, tutto l'appoggio dell'Imperatore.

Egli desiderava che si stabilisse una armonia vera e feconda per il bene di tutti col Gabinetto di Berlino; ma non poteva ripetere abbastanza che era impossibile che questa armonia si stabilisse e recasse frutti durevoli fino a tanto che non cessassero completamente le provocazioni prussiane nei Principati, nella Galizia ed altrove. L'Ungheria non è ambiziosa, essa non sogna annessioni, ing·randimenti! essa vuole mantenere la sua integrità, che essa considera annessa all'integrità piena dell'Impero austriaco attuale. La sua politica è di distaccare l'Austria dalla Germania, non di rannodare la catena che l'avvinghiava ad essa, e che fu spezzata nel 1866. L'Austr•ia ha cessato colla nuova politica di appartenere alla idea germanica; essa appartiene intera, senza reticenza, alla idea dualistica che ora governa l'Impero ed il cui centro a priori non è a Pest né a Vienna, non è là dove l'influenza, l'intelligenza, la forza sono e saranno maggiori.

Il cerchio dell'attività dell"Impero è cosi grande che sarebbe follia rivolgere gli occhi addietro! bisogna che gli uomini di Stato guardino dinnanzi a loro e non si volgano a guardare dietro alle loro spalle! e la faccia dell'Austria ora è volta verso Pest, verso l'Oriente, non è volta ve.rso Monaco o Stoccarda. La politica della Prussia non ha bisogno di valersi di arti sotterranee! è tempo che Austria e Prussia facciano la loro politica scopedamente e che il loro riavvicinamento sia la conseguenza ed il premio della loro sincerità.

Come mai temere che l'una possa sbarrare la via all'altra, se le vie che seguono sono al polo opposto l'una dall'altra?

Il Conte Andrassy conchiuse dicendo che felicemente questa politica finirebbe per trionfare, ma che però le sue parole egli le confidava alla mia discrezione, alla mia amicizia, poiché io di leggieri avrei inteso i riguardi che egli doveva al suo illustre collega col quale desiderava di camminare d'accordo, poiché era un uomo eminente che aveva resi immensi servigi all'Ungheria e che aveva liberato l'Austria dai fantasmi della vecchia politica, che l'aveva tratta quasi a certa rovina.

Il Duca di Gramont, che vidi il giorno dopo, mi disse che aveva raccolto a mensa comune il Cancelliere dell'Impero ed H Conte Andrassy e che si erano francamente pacificati. L'ambasc·iatore di Francia aggiunse che egli aveva loro fatto intendere che era inutile e pericoloso discutere sopra una eventualità futura e dubbiosa, come quella del passaggio della linea del Meno per parte della Prussia, che una grande potenza non poteva decidere a priori la sua linea di condotta, ma che avr·ebbe bisognato informare la propria condotta agli avvenimenti che si sarebbero maturati. Un Governo non deve fare ciò che vuole, deve fare ciò che deve e sopratutto ciò che può.

In ultima analisi non era più tempo di fare delle dissertazioni politiche e di creare sempre degli ostacoli alla pace del mondo.

Egli sperava che la Francia medesima sarebbe uscita dalla riserva fin qui tenuta e che avrebbe dissipate le apprensioni della Germania con un linguaggio aperto, leale, preciso, pacifico. Egli non mi disse più oltre, né io credei d'insistere, molto più che all'Ambasciatore di Francia tacqui del doppio colloquio avuto col Conte Andrassy.

Io non saprei abbastanza insistere presso la E. V. acciocché Ella usi col maggior riguardo di queste notizie pensando alla difficoltà che mi creerebbe col Conte di Beust la più piccola indiscrezione, difficoltà che renderebbe insopportabile la mia posizione.

(2) -Cfr. n. 3. (3) -Non si pubblicano gli allegati.
6

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 433. Firenze, 3 gennaio 1869.

Oggi il Barone di Malaret venne a vedermi per comunicarmi un telegramma col quale il suo Governo invita l'Italia a farsi rappresentare in una Conferenza di cui la Prussia ha preso l'iniziativa, riferendosi al Trattato ed ai protocolli del Congresso di Parigi del 1856.

Le deliberazioni debbono avere per iscopo unico di esaminare entro quali limiti si debbono ammettere i richiami formulati nell'ultimatum presentato dalla Turchia alla Grecia. La convocazione della Conferenza è fissata pel 9 corrente a Parigi. Nessuna Potenza ricusando di dnte.rvenire e di associarsi alle deliberazioni della Conferenza, non potrà presentarsi il caso che questa non si possa riunire regolarmente in assenza di uno o più Rappresentanti degli Stati che firmarono gli atti diplomatici del 1856. Questa ipotesi non sembra quindi dover formare per ora oggetto di istruzioni speciali. Basterà ricordare che, secondo noi, la partecipazione delle sette Potenze contraenti nelle stipulazioni del 1856 è sempre indispensabile in una Conferenza che voglia prendere per base del suo lavoro gli atti diplomatici di quell'anno. Che se invece la questione fosse posta sovra un'altra base, ed unicamente considerata al suo punto di vista generale in quanto la medesima interessa la tranquillità e la pace di Europa, a noi sembra che la presenza del Plenipotenziario della Sublime Porta non sarebbe indispensabile per la continuazione dei lavori della Conferenza. E questa nostra osservazione viene fatta qui in vista sopratutto di quanto già si conosce sulle disposizioni della Turchia, disposizioni poco favorevoli alle transazioni che dalla Conferenza potrebbero essere ravvisate opportune. Il Divano Imperiale avrebbe infatti già preveduto il caso in cui il suo rappresentante si ritirerebbe dalla conferenza, e noi, a nostra volta, dovendo tener conto di questa ipotesi, dobbiamo sin d'ora riconoscere che la conferenza delle maggiori Potenze Europee conserverebbe pure la sua autorità e la sua competenza in una quistione d'interesse generale quand'anche il Plenipotenziario Ottomano si ritirasse dalla conferenza medesima.

La ragione di prender parte alle deliberazioni riflettenti le quistioni di pubblico interesse europeo sussistendo per ·l'Italia all'infuori anche dalle stipulazioni del Trattato di Parigi del 1856, non vi può esser dubbio che la presenza del rappresentante italiano nella conferenza sarebbe sempre necessaria qualunque base si scegliesse per le deliberazioni.

La S. V. conosce esattamente la situazione degli affari d'Europa, e sa apprezzare giustamente i veri interessi dell'Italia. Non è dunque mestieri che io Le esponga diffusamente qual via Le converrà seguire ed a qual partito converrà appigliarsi nel corso dei lavori della conferenza.

Si presenterà anzitutto la quistione della ammissione di un rappresentante della Grecia con voto consultivo. Noi troviamo questa ammissione giustificata sufficientemente dall'oggetto stesso pel quale viene promossa la riunione della conferenza. Al rappresentante ellenico deve essere fatta facoltà di esporre ai Plenipotenziari dell'Europa riuniti lo stato della quistione al punto di vista dei bisogni del suo paese, acciocchè la decisione della conferenza possa riuscire ancora più autorevole perché presa con piena conoscenza di causa. Non crediamo che l'ammissione del rappresentante ellenico possa dar luogo a contestazione. Motivata nel modo sovraccennato, essa non costituirebbe d'altronde nessun precedente in favore della Grecia da potersi invocare in futuri casi consimili.

La politica italiana ebbe in questi ultimi tempi un indirizzo costante verso l'unico suo obbiettivo, il mantenimento della pace. I partiti conciliativi, quelli che possono raccogliere il voto di tutte le Potenze debbono quindi essere caldamente appoggiati dal rappresentante italiano. La concordia che facilitò 11 negoziato preliminare per la riunione della conferenza è una guarentigia dello spirito conciliativo che anima i vari Gabinetti. L'opera nostra deve essere diretta a rinforzare questi propositi pacifici e concordi che sono pienamente conformi ai nostri interessi ben intesi.

Non saremo quindi noi i primi a voler allargare i limiti del programma preliminarmente tracciato pei lavori della conferenza europea. Comprendiamo, che estendendo questo programma sino a toccare nel vivo le quistioni che tengono in istato di agitazione l'Oriente, si darebbe facilmente pretesto a discussioni che sarebbero forse causa di profonde divergenze di vedute fra alcuni dei principali Gabinetti. Nella posizione che l'Italia occupa attualmente in Europa, lo andare a suscitare simili pericolose discussioni sarebbe operare in senso direttamente contrario a quello che ci indicano tutti i nostri interessi.

Ma se da tutte le altre Potenze riunite nella conferenza con voce deliberativa si stimasse opportuno ed utile nell'interesse della conservazione della pace in Europa, di esprimere un voto nel senso che si abbia prontamente a rimediare a quelle cause dei mali che tengono una continua agitazione fra la Grecia e l'Impero Ottomano, l'Italia dovrebbe associarsi volonterosa alla manifestazione che in tal caso sarebbe appunto diretta a tutelare in avvenire gli interessi della pace.

Come norma generale di condotta, noi desideriamo che Ella si astenga da tutto ciò che potrebbe far supporre che l'Italia cerchi nella conferenza che si riunisce un'occasione per crearsi aderenze particolari coll'una o coll'altra Potenza. La nostra posizione ci permette di tenere verso tutti i Governi che saranno rappresentati a Parigi un contegno amichevole e sinceramente simpatico. Da questo contegno non ci vogliamo dipartire, traendone anzi tutto quel partito che si potrà per far prevalere nelle deliberazioni tutte quelle decisioni, che non solo potranno appianare le difficoltà presenti del conflitto turco-greco, ma anche allontanare il pericolo di un prossimo ritorno deHe difficoltà attuali. Nel trasmetterle qui uniti i pieni poteri firmati da Sua Maestà per prender parte alla Conferenza alla quale la Francia ci ha invitati...

7

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1523. Bucarest, 4 gennaio 1869, ore 16,40 (per. ore 18,40).

L'attitude des agents France, Autriche et Angleterre étant toujours hostile au Gouvernement roumain, il a été question dans le conseil des ministres d'hier soir de charger l'agent roumain à Constantinople de signaler cette circonstance aux légations des Puissances garantes. Rien n'a été cependant décidé à cet égard et seui parmi mes collègues j'en ai été informé mais d'une façon toute réservée.

8

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (l)

L. P. Parigi, 4 gennaio 1869.

Après avoir reçu votre dépeche officielle du 27 décembre dernier, (2) par laquelle vous m'engagiez à avoir une conversation aver M. de Lavalette sur la retraite des troupes françaises de Civitavecchia, j'ai été voir le nouveau ministre des affaires étrangères, et je lui ai demandé s'il voulait bien avoir avec moi une conversation à ce sujet. M. de Lavalette m'a dit que pour le moment il n'était pas en mesure de traiter cette question avec moi, et il m'a fait comprendre que nous n'avions aucun intérèt à le mettre dans l'embarras et dans la situation pénible de nous confirmer ce que M. de Moustier nous a déclaré officiellement il y a peu de temps. M. de Lavalette a continué à

peu près dans ces termes: « Vous savez quelles sont mes dispositions dans cette question. Je travaillerai à faire en sorte que la retraite ait lieu le plus tòt possible. Mais Vous savez fort bien, et l'Empereur vous l'a dit lui meme, que cette retraite ne pourra avoir lieu avant les élections, qui se feront probablement au mais de mai. Nous ne saurions prendre aucun engagement à ce sujet pour le moment. Cela est tellement vrai, que mon entrée aux affaires étrangères ne devait avoir lieu qu'à l'époque des élections, c'est à dire à un moment où le rappel des troupes aurait pu etre décidé. S'il en a été autrement, vous savez mieux que personne que c'est la maladie imprévue de M. de Moustier qui en a été la cause. C'est cet accident qui a précipité la résolution de l'empereur de me confier avant le temps fixé le portefeuille des affaires étrangères ». M. de Lavalette m'a ensuite prié de vous écrire en vaie particulière pour que l'an ne soulève pas la question présentement. Il m'a dit, que si vous insistez, certainement il aura avec moi la conversation, que vous m'avez prescrite; mais il a ajouté que cette conversation en ce moment n'aurait d'autre résultat que celui de fai.re confirmer entièrement la dépeche de M. de Moustier. Pour ma part je ne vois pas quel avantage nous aurions en cela. Je suis meme convaincu qu'il y aurait un inconvénient grave, car nous engagerions le nouveau ministre des affaires étrangères à s'expliquer forcément dans le meme sens que M. de Moustier. Nous l'engagerions plus avant dans une vaie d'où il ne peut s'éloigner que peu à peu; car il ne peut pas, à quelques jours de distance, tenir un langage opposé à celui de son prédécesseur, et cela dans un pays, où les ministres n'étant pas responsables, sont censés de n'etre que les interprètes de la pensée du souverain. Avant dane de faire une démarche officielle, j'attendrai vos nouvelles instructions, d'après le désir témoigné par M. de Lavalette lui-meme.

(l) -Da Eredità Nigra. (2) -Cfr. serie I, vol. X, n. 798.
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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 35. Bucarest, 5 gennaio 1869 (per. il 12).

Ebbi in questi giorni col Signor Kogalniceano due lunghi colloqui circa la situazione interna e le relazioni esterne dei Principati. Riassumerò in un rapporto separato la prima parte dei nostri discorsi, e riferisco oggi l'altra il più brevemente che per me si possa.

II Ministro dell'Interno che è l'anima del Gabinetto coglie tutte le occasioni per dichiarare che egli è fermamente deciso di non correre le avventure. Le proteste che mi fece prima e dopo la sua venuta al Ministero di voler intrattenere relazioni di buon vicinato con le Potenze limitrofe e massime con la Turchia, non paiono sospette, soprattutto quando egli si accinge a provare che la Rumania non ha nulla da guadagnare con la formazione di un regno slavo sul Danubio. Ma se da questo lato, a meno di avvenimenti impreveduti, si può essere pel momento rassicurati, non oserei affermar lo stesso per ciò che qui

lO

suona «simpatie transilvane ». Vedo in ciò una restrizione mentale, che sarà forse abile da parte di un Ministro il quale aspira al soprannome di cavour rumeno, ma che parmi inopportuna in bocca di chi dovrebbe sentirsi chiamato a più modesti destini. Dopo le più esplicite dichiarazioni che non è suo intendimento di cospirare coi Transilvani, il Kogalniceano fa osservare che un legittimo sentimento nazionale impone alla Rumania l'obbligo di raccogliere e trasmettere all'Europa il grido di dolore innalzato al di là dei Carpati da uomini della stessa razza, che parlano lo stesso idioma, che fusi nell'Ungheria furono spogliati della loro autonomia, e che son trattati siccome una nazione d'iloti politici. E quando insistetti che più savio sarebbe di lasciare che quel grido giunga tutto solo in Europa, e che si farebbe atto di moderazione e di senno pensando piuttosto ad organizzar l'amministrazione e l'armata anziché ad adottare una politica di sentimento che può offrir pretesti a recriminazioni, egli rispose che è ben !ungi dal voler continuare le velleità di propaganda e di agitazioni inaugurate dal Gabinetto Bratiano, ma che niun Ministero è possibile in Rumania che abbandonasse la causa dei rumeni della Transilvania. «Possiamo non incoraggiarli per non provocare conflitti, soggiungeva, e ne prendo l'impegno; ma ci sia pur lecito di chiedere che si constati una volta la guerra di razza che si fa ai nostri fratelli di oltre monti, e poi ci condanni chi potrà. Queste cose io esposi al Marchese di Moustier nell'ultimo mio viaggio a Parigi, ed il Ministro imperiale parve comprendere le mie parole perché disse che avrebbe nominato a Clausenburg o ad Hermanstad qual Vice Console di Francia H Signor Picot, ex segretario particolare del Principe Carlo. Codesta scelta non è quale avressimo potuto desiderarla, essendo stato il Signor Picot allontanato dalla nostra Corte perché nel suo ufficio non fu sempre discreto e fedele, ma ciò non astante egli potrà verificare il malcontento di quelle popolazioni, e riferirlo al suo Governo>>.

«E se questo malcontento, interruppi, venisse messo sul conto della vostra politica sentimentale?».

«I Rumeni sapranno in ogni caso, riprese il Ministro, che non abbiamo fallito al nostro dovere e son già molti anni che io stesso, ed alt11i meco, intrattenemmo Tiirr, Teleki, Klapka e lo stesso Kossuth relativamente all'autonomia reclamata dalla Transilvania sul modello dell'accordo fatto con la Croazia.

Né l'eventualità che l'Austria adeschi l'Ungheria con la lusinga di farle varcare i Carpati ci sgomenta. Se Sadowa fece comprendere a Vienna che solo col concorso dell'Ungheria una rivincita era possibile, nessuna Sadowa ha ancora spostato gli interessi Rumeni, ed in caso di guerra Franco-Austro-Germanica, l'ora della riscossa suonerebbe anche per Ia Transilvania, le di cui popolazioni si solleverebbero sicure di ispirare simpatie ai 60 mila Rumeni che servono nei ranghi dell'armata ungherese.

In quanto alla Prussia, essa incoraggiò sotto la passata amministrazione il nostro sentimento nazionale; ma allorché si avvide che l'Austria riesciva a svegliare a Pesth sospetti e diffidenze contro di essa, e che noi deboli, disorganizzati e posti sotto la tutela delle grandi Potenze non potevamo offrirle che un ben debole appoggio, la Prussia blandi le aspirazioni magiare per assicurarsi un più utile ed un più forte alleato. Ora ci esorta anche essa alla moderazione, e moderati noi saremo. Ma non possiamo trattenerci dall'additare che v1cmo a noi vi esiste un popolo della nostra nazionalita, a cui si inibisce persino l'uso della propria lingua, H governo delle loro scuole, quello della loro chiesa».

Non mi è dato prevedere fin dove il Signor Kogalniceano voglia spingere il suo sentimentalismo; ma l'impressione che riporto dai suoi discorsi è la seguente. Credo sincere le sue dichiarazioni amichevoli verso la Turchia; non mi sembra però animato dagli stessi sentimenti verso l'Ungheria. Egli è troppo astuto per non astenersi realmente dal fare in Transilvania un'attiva propaganda, ed una sterile agitazione; ma l'aureola di protettore delle nazionalità Rumene gli sorride troppo per rinunoiarvi alla leggem. D'altra pa,rte l'antico compromesso con Tiirr e Klapka, il bisogno che ha di non irritare una maggioranza parlamentare che potrebbe rovesciarlo ad ogni istante e forse anche qualche incoraggiamento russo, ,lo spingono a fare delle concessioni sul terreno del sentimento di cui si serve come anello di congiunzione dei diversi partiti fra i quali egli ed il Ministero di cui fa parte hanno pochi seguaci. Dichiarandosi amico della Turchia egli acqueta le apprensioni di coloro che per le passate vicende bulgare divennero pessimisti e per conseguenza turbolenti, ed accarezzando il principio delle nazionalità Rumene egli soddisfa <le idee di quel partito, senza di cui i suoi giorni sono contati.

Se questa condotta sia saggia e prudente quale gli amici della pace la desiderano non saprei dire, ma posso assicurare l'E. V. che ho raddoppiato e raddoppierò i miei sforzi per far prevalere presso il Ministro dell'Interno quei sentimenti di saggia moderazione e di prudenza tanto necessari in questi momenti di allarmi generali sotto il cui incubo travasi oggi giorno l'Europa.

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IL GENERALE TURR AL CANCELLIERE AUSTRO-UNGARICO, BEUST (l)

L. P. Parigi, 6 gennaio 1869.

J'ai l'honneur de vous confirmer mes deux lett,res de Paris et de Turin (2). Dans cette dernière ville, après une longue conversation avec le Roi sur les préparatifs faits par la Russie et la Prusse en OJ)ient et le danger qui pourrait en résulter pour l'Italie, j'ai réussi à engager Sa Majesté à exclure la neutralité; j'ai l'autorisation du Roi de parler de suite d'une alliance offensive et défensive. Quant au reste, V. E. sait déjà ce que S. M. le Roi m'a chargé de lui communiquer. A peine ar])iVé à Paris, je le fis savoir à S. M. l'Empereur, qui me fit immédiatement appeler (3). J'exposai à Sa Majesté les pourparlers que j'eus à Vienne, Buda et Turin. Voici les paroles de l'Empereur: «Malgré que nous n'ayons pas une guerre sur le tapis, je crois qu'il est heureux, contre

toutes les éventualités, de faire une alliance offensive et défensive entre l'Autr,iche, l'Italie et la France; je trouve juste que l'Autriche demande une compensation de territoire, et je suis prét à travailler pour qu'un parfait accord puisse s'établir entre les trois Cours. Je vous autorise, Général, à répéter mes paroles à S. M. l'Empereur d'Autriche, au Roi d'Italie et à M. de Beust ».

En parlant de l'éternelle question d'Orient, l'Empereur ajouta: «La situation est déplorable, car, quand mème on réussirait à arranger I'affaire de la Grèce, la mème chose se reproduirait sur un autre point ». Je donnai plusieurs éclaircissements à I'Empereur; par exemple, je ne manquai pas de lui dire comme quoi la Russie et la Prusse s'efforcent par tous les moyens en leurs pouvoirs d'entraver l'Autriche en faisant agiter sans cesse les nationalités l'une contre l'autre; j'appelai cela une politique dissolvante.

Pour bien commencer, il est très important de savoir par qui on veut que le premier pas se fasse. L'Empereur Napoléon hésite s'il doit parler avec Metternich? ou s'il doit charger Gramont de commencer à Vienne? En tout cas, l'Empereur m'a dit qu'il parlerait avec Metternich et Nigra.

Je prie V. E. de m'écrire à ce sujet; il suffira de me faJ.re dire «à Vienne ou à Paris » sous double enveloppe à l'adresse que je lui ai laissée à Vienne.

(l) -Ed. in Origines Diplomatiques, vol. XXIII, pp. 134-135. (2) -Cfr. ibid., p. 33. (3) -Secondo E. OLLIVIER, L'Empire libéral, tomo XI, p. 204 l'incontro fra Napoleone III e TUrr avvenne il 31 dicembre 1868.
11

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1327 (1). Parigi, 7 gennaio 1869, ore 18,45 (per. ore 20,35).

J'ai reçu pleins pouvoirs et instructions (2). Je vous en remercie. La Valette m'informe que le grand vi21ir a accepté le 9 comme date de la réunion. Nous aurons donc samedi notre première séance.

12

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (3)

T. R. Parigi, 8 gennaio 1869, ore 10.

Les démarches que général Ttirr a fait à Vienne et les imprudentes communications qu'il a fait parvenir à l'Empereur Napoléon ont produit déplorable effet. Actuellement deviendra impossible faJire accepter des engagements secrets qui pourraient seuls nous donner des avantages dans la question ro

maine moyennant laquelle on peut tout faire accepter à l'Italie. J'ai la conscience d'avoir tout fait pour bien servir le Roi et il m'est bien pénible de trouver mon nom associé à celui de Turr dans une négociation qui a pour inte11médiaire le personnage le plus influent de l'Empire français. Off.icie·r d'o,rdonnance retarde départ à cause du mécontentement produit sur l'Empereur et sur le ministre d'Etat par l'incident que je signale.

(l) -Per un evidente errore Il registro del telegrammi In arrivo passa dal n. 1525 al n. 1326. (2) -Cfr. n. 6. (3) -Da ACR.
13

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL GENERALE CIALDINI, A VALENCIA (l)

T. Firenze, 8 gennaio 1869, ore 14.

J'ai reçu la lettre de V. E. Je l'ai communiquée au Roi qui l'a faite voir au due d'Aoste lequel n'a pas été très encouragé par la peintUTe vraie que vous faites de l'Espagne.

Aussi voulait-il immédiatement qu'on déclare qu'il se refusait à toute candidature; toutefois il a pris du temps qui pourra amener la réflexion. Il attend que les affa~res d'Espagne se développent de manière à ce qu'on puisse mieux voir dans l'avenir. Le Roi vous télégraphiera à ce sujet (2). Le prince n'a aucune ambition de couronne, toutefois ses répugnances pourront etre vaincues si un vote solenne! des Cortes, si un plébiscite, si l'appui mora! des grandes Puissances l'appelaient au tròne d'Espagne. Ce que redoute le prince c'est d'échouer dans l'entreprise de gouverner le pays. V. E. verra dans sa prudence ce qu'il faut faire dans cette situation; je pense néanmoins qu'il i.mporte de ménager l'avenir.

14

IL GENERALE CIALDINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. u. Valencia, 8 gennaio 1869, ore 16 (per. ore 19,05).

Sa Majesté m'a communiqué réponse de due d'Aoste qui n'étant guère explicite ne permet pas de continuer négociations amicales confidentielles. Je demande abandonner l'affaire et de :rentrer en Italie. A mesure que l'on approche des élections situation politique devient plus grave, l'on croit cependant que forme monarchique sera votée à grande majo:rité mais le grand écueil sera le candidat au tròne si le Gouvernement n'a pas son candidat tout pret car il n'osera jamais de le proposer aux Cortes sans etre sur d'avance de son acceptation.

p. -1379; il suo contenuto è analogo a quello del presente documento.
(l) -Cia-ldini si era allontanato da Madrid per alcuni giorni durante lo svolgimento delle elezioni. (2) -Il telegramma del Re, del 7 gennaio, è edito in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II,
15

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Firenze, 8 gennaio 1869.

Je crois que vous etes dans l'erreur (2). Général Turr avant meme que vous fussiez parti pour Paris, vint me parler arrivant de Pest d'ouvertures faites par un ministre autrichien en cas de guerre, soit pour la neutralité envers l'Autr,iche de notre part, soit pour l'alliance offensive et déf.ensive. Je lui dis de cultiver cette idée. Dernièrement il arriva à Turin avec les propositions de l'Autriche en cas d'alliance offensive et défensive et la question du Tirol en tel cas. Il me dit etre chargé par l'Empereur d'Autriche d'aller à Paris pour parle,r à l'Empereur et lui proposer d:e sa part l'a triple alliance. Alors je lui ai dit de communiquer à l'Empereur ce que l'Empe,reur d'Autriche me faisait dire pour agir loyalement avec lui. Et lui dis que j'étais en pourparlers avec l'Empereur des français pour question en ce genre et ne lui parlai nullement de vous. Votre nom ne fut pas prononcé. L'Empereur me fit faire réponse par écrit par général Turr dans laquelle il disait approuver l'lidée de la triple alliance et travailler en ce sens.

Le général Ttirr me dit dans la meme lettre repartir pour Vienne avec commission de l'Empereur pour l'Empereur d'Autriche. Tout ce qui fit et m'écrivit général Turr est encore en dehors de rapports officiels avec Gouvernement autrichien.

Voilà la pure vérité. Etudiez bien mes paroles et tàchez de comprendre d'où vient le mécontentement dont vous me parlez et écrivez-moi au plus tòt à ce sujet.

Je ne fis rien avec Tamberg lui ayant déclaré qu'il ne voulait que des étalons et n'en ayant choisis que deux.

Vous etes autorisé à montrer ma dépeche à qui vous croirez. Je n'ai pas parlé de la question romaine avec Turr. S'H a dit autre chose c'est de son coeur.

Répondez-moi vite.

16

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 72. Vienna, 8 gennaio 1869.

Ho questa mattina veduto il Conte di Beust ed era preoccupato alquanto del contegno tenuto in questi ultimi tempi dal conte Andrassy. Riassumerò brevemente il suo discorso. Debbo però anzitutto farle osservare che io tacqui intieramente ad esso i colloqui avuti col Presidente del Consliglio dei Ministri ungherese (3).

1 ~~-Dnc·umenti diplomatici -Serie I -Vol. XI

Il Conte di Beust incominciò coll'espormi le difficoltà della sua situazione e col farmi osservare come era difficile per lui il seguire una linea di condotta che potesse appagare intieramente il partito ungherese. Ultimamente erano stati i Ministri ungheresi che avevano spinto il Gabinetto di Vienna a forti rimostranze per gli affari della Rumenia e poi subitamente erano stati gli stessi ministri che col mezzo dei loro giornali e col mezzo ufficiale del loro Presidente gridarono all'Austria di non toccare la Prussia di non inasprire rapporti con essa anzi di lenirli. Il Conte Andrassy si era mostrato poco soddisfatto che egli aves,se accettato la conferenza; poiché la Confe,renza era, a suo avviso, in ultima analisi una concessione aUa Prussia! ma se egli l'aveva accettata per mostrars~i conciliante appunto verso la Prussia e per mostrare il desdderio dell'Austria di essere in buoni termini con essa!

Gli ungheresi nutrono il sospetto che egli voglia sacrificare tutto all'alleanza francese e ~ridano contro di essa come essa potesse compromette,re gli interessi dell'Impero in Oriente, come questa minaccia fosse la ragione unica, che spinge la Prussia ad agitare i Principati. Il Ministro Andrassy non vede che, allontanandosi dalla Francia, la mano di essa ben più potente di quella della Prussia, agiterebbe a sua volta l'Oriente, ed in ispecial modo la Rumenia, non vede esser questo il mezzo di creare l'alleanza intima russo-franca che ora, grazie a Dio, non esiste. Egli non discute sulle apprezzazioni politiche del suo buon amico il Conte Andrassy, ma egli crede che ad ognuno debba l asciami il proprio comp~ito d'azione! Se improvvisamente alcuno pone la mano in una ruota, tutte le altre ruote si fermano e si guastano.

Una politica che non agisce liberamente, e che è censurata nel seno medesimo de:l proprio governo, non è una politica, pe,rché cessa di essere presa sul serio dagli altri Gabinetti.

Ma tutto ciò avrà breve durata! I Ministri ungheresi han bisogno per le prossime elezioni di mostrare che essi si interessano a tutto, che essi dominano anche la politica estera, ma, passata questa agitazione, tutto rientrerà nella calma e non dubita che nessun Presidente del Consiglio ungarico vorrà e saprà impedirgli di alterare la politica che egli segue col beneplacito dell'Imperatore.

Questa è stata la sostanza del discorso del Presidente del Consiglio. Ma come avviene a coloro che sono preoccupati da un grave pensiero, egli emetteva una frase molto accentuata, a cui subito dopo faceva succedere un'altra che ne temperava l'importanza. Abile uomo di Stato il Conte di Beust non mancò di ornare le sue eloquentt parole di fior,i rettnrici, di inni alla pace, di elogi, pieni ed interi all'indirizzo dell'Ungheria e dei suoi uomini di Stato.

Ma la sostanza di tutto ciò qual'è? V. E. leggendo i discorsi tenuti con me dai due uomini di Stato che governano l'Impe~ro dualistico Austriaco, vedrà che ~in sostanza, il dualismo si ,fdsolve in un antagonismo puro e semplice, che gli interessi delle due parti della Monarchia sono in dissenso fra ~loro, e che la stabilità del nuovo organamento non è così sicura come alcuni profetizzano. S'ingannerebbe assai chi vedesse in questi dissensi un dissenso fra Andrassy e Beust; il dissenso è più profondo e più radiclllle, è un dissenso fra le aspirazioni delle provincie tedesche e le aspirazioni delle provincie ungheresi! le une volte all'Oriente le altre all'Occidente.

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Io credo che noi assistiamo ai primordi di una novella fase in cui sta per entrare l'Impero austriaco, poiché ad onta delle profezie del Conte di Beust che le agitazioni del Ministero ungherese hanno per iscopo le elezioni, io credo che le elezioni non faranno cessare l'antagonismo che si va svolgendo. Il Conte Andrassy mi disse una frase che ·risponde alle parole del Conte di Beust, ciò che mi fa credere che questi avrà espresso anche con esso la stessa opinione. «Il Conte di Beust crede che io parli in questo modo per ottenere delle elezioni favorevoli; S'inganna assai, pe•rché delle e.lezioni sono sJcuro parlo in questo modo, perché ho l'obbligo di farlo come integro ungherese e come uomo di Stato».

Ho creduto bene d'informare l'E. V. della situazione in cui versa ora il Governo austriaco ma debbo però fargli osservare che tanto i ministri ungheresi quanto i cisleitani sono preoccupati dal pensiero di trovare un mezzo di distruggere l'influenza russa in Oriente, e credo che in questa via si accomoderanno facilmente.

Il Conte di Beust mi comunicò inoltre che il Gabinetto turco aveva domandato un indugio alla riunione della Conferenza, forse per dar tempo a Fuad Pacha di giungere a Parigi, ma che il Marchese di Lavalette, in nome della Francia, lo aveva telegraficamente negato. E caduto il discorso sulla Conferenza, egli espresse il dubbio che forse l'accordo delle Potenze non sarebbe riuscito pieno e mentre egli mi svolgeva le sue ragioni, sventuratamente giunse l'Arciduca Giuseppe, per cui il discorso fu troncato e nulla seppi di più preciso.

(l) -Da ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, pp. 1380-1381. (2) -Cfr. n. 12. (3) -Cfr. nn. 3 e 5.
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IL GENERALE CIALDINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. Valencia, 9 gennaio 1869, ore 10,55 (per. ore 15,22).

Reçu votre télégramme d'hier (l) quelques heures après avoir télégraphié au Roi et à v. E. (2). Je vous ai dit et je vous ll'épète que le candida t proposé aux Cortes par le Gouvernement provisoire sera celui qui aura le plus de chances de succès mais pour cela le Gouvernement provisoire ne veut pas courir le danger d'un refus qui plongerait le pays et les partis dans terrible embarras. Il faut donc qu'il sorte d'une manière positive que le candidat qu'il va proposer aux Cortes acceptera sans faute le tròne que le vote des Cortes lui offrira. Je me garde bien de conseiller prince Amédée d'accepter ou de refuser. Je me borne à demander une réponse nette et explicite. Veuillez bien remarquer que je traite cette affaire en confidence en amitié et que je ne puis agir d'une manière déloyale et tromper mes anciens amis. Avant d'aUer plus loin il faut me dire si prince Amédée accepte, je ferai un usage prudent de vo1:ire déclaration, mais si V. E. ne peut ou ne veut pas me donner sur cela une réponse nette et explicite je ne m'en mele plus et je demande à rentrer en Italie.

(l) -Cfr. n. 13. (2) -Cfr. n. 14.
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VITTORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III (l)

T. Firenze, 9 gennaio 1869, ore 11.

Général Tlirr m'écrit qu'il a vu Votre Majesté et que Votre Majesté l'a chargé de me faire une communication. Je prie Votre Majesté de me dire secrètement quelle fois je dois accorder aux paroles du général Tlirr (2).

19

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL GENERALE CIALDINI, A VALENCIA

T. Firenze, 9 gennaio 1869, ore 17.

Sa Majesté m'a encore parlé ce matin de la détermination du due d'Aoste auquel Sa Majesté a fait envisager la question sous tous les points de vue, tant dans l'intérét de l'Italie que dans le sien propre. Le prince trouve la position avenir trop incertaine pour se compromettre dès à présent par une adhésion prématurée. La forme de Gouvernement qui sortira des Cortes, l'accueil que sa candidature pourrait avoir dans le pays sont des choses qui le préoccupent non sans raison. Il voulait refuser toute candidature; ensuite il s'est résigné à différer son refus. Les évènements peuvent amener un changement dans sa résolution. Le Roi doit avoir télégraphié à V. E. pour lui faire connaitre ses intentions.

20

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1334. Parigi, 10 gennaio 1869, me 2 (per. ore 4,59).

Conférence s'est réunie aujourd'hui. Ministre de Grèce introduit au sein de la conférence a lu une espèce de proteste par écrit, une pièce déclarant que du moment ou la Grèce n'était pas admise sur le méme pied que la Turquie il avait ordre de ne pas prendre part à la conférence, après quoi il s'est rétiré. La conférence a décidé qu'elle témoignerait de sa surprise et de ses regrets

de la résolution inattendue du Gouvernement héllénique et que par l'o.rgane de son président eUe ferait à Athénes une démarche collective pour engager Grèce à rev·enir sur sa décision qui attirerait sur elle une très grave responsabiHté. Ensuite conférence a résolu qu'on enverrait par l'entremise de la France à Constantinople et à Athènes télégramme pour engager deux puissances à maintenir statu qua pendant les délibérations. Il a é.té convenu que les différents Cabinets appuyeraient cette démarche. Je vous envoie en clair télégramme (l) qui sera envoyé également en toutes lettres à Constantinople. Je vous prie de le faire appuyer.

(l) Da ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. II, p. 1382.

(2) Per la risposta cfr. n. 21.

21

NAPOLEONE III A VITTORIO EMANUELE II (2)

T. Parigi, 10 gennaio 1869, ore 12,05 (per. ore 13,30).

Général Tiirr était venu me parler au nom de Votre Majésté. Je lui ai répondu vaguement sans le charger d'aucune communicat-ion. Je crois qu'il est convenable que tous nos rapports soient directs ou par l'intermédiaire de nos représentants officiels.

22

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI

D. 25. Firenze, 10 gennaio 1869.

Le confermo il mio teleg:ramma d'oggi (3), col quale La incar.ico di chiedere al Governo portoghese se sarebbe disposto ad autorizzare in modo stabile il suo Rappresentante diplomatico in Roma ad assumere la protezione degli interessi italiani, ed il disbrigo degli affari correnti relativi ad interessi italiani. Nel mio telegramma Le accenno pure che se le pratiche ch'io La incarico di fare presso il Governo portoghese dovessero sortire un esito favorevole, gradirei che avviso ne fosse dato in via telegrafica al Rappresentante di Portogallo in Roma, acciocché certi affari che sono pendenti da molto tempo non abbiano a soffrire altri ritardi. Ella sa, signor Marchese, che dopo l'interruzione dei rapporti consolari fra l'Italia e Roma, gli affari privati dei sudditi di Sua Maestà furono affidati alla protezione del Consolato inglese. Senonché, frequenti erano i casi in cui una rappresentanza consolare trovavasi nell'impossibilità di trattare certi affari, come ad esempio le domande di estradizione dei malfattori

colpevoli di reati comuni, le pratiche in relazione a violazioni dì trontìera commesse da agenti inferiori della pubblica forza, le trasmissioni di Lettere Sovrane, dì Gabinetto, etc. Per tutti questi casi si erano prese varie vie secondo le circostanze del momento. Talvolta si aveva avuto ricorso ai buoni uffici della diplomazia francese, tal altra volta l'opera di intermediari officdosi aveva bastato per mesi interi, in alcune occasioni, anche la rappresentanza diplomatica del Portogallo ci aveva prestato servigi pei quali Le eravamo sommamente grati. Ora col crescere del numero degli affari, volendosi pur provvedere in un modo stabile ed unico al disbrigo dei medesimi, il R. Governo ebbe a considerare che, quando fra due paesi sono rotte le relazioni, la tuteia degli affari è sempre affidata alla rappresentanza diplomatica di uno Stato amico. Ed n Governo del Re, volendo scegliere fra tutti gli Stati rappresentati in Roma quello che sotto ogni rispetto meglio sembrasse adatto ad esercitave la protezione degli interessi italiani, non poteva disconoscere che nessun altro sarebbesi trovato in miglior condizione del Portogallo.

Nutro quindi fiducia che le pratiche che la S. V. farà a seguito del mio telegramma saranno accolte dal Gabinetto di Lisbona in quel modo che egli suole adoperare ogni volta che gli si porge l'occasione di affermare sempre maggiormente le simpatie esistenti fra l'Italia e il Portogallo.

(l) -T. 1333, non pubblicato. (2) -Da ACR. Risponde al n. 18. (3) -T. 834, non pubblicato.
23

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI

D. R. 46. Firenze, 10 gennaio 1869.

Il Signor Barone di Ktibeck mi ha comunicato d'ordine del suo Governo le istruzioni che il Signor Conte di Beust ha dato al Principe di Metternich per assistere alla Conferenza relativa all'incidente elleno-ottomano. Ho osservato con vera soddisfazione che quelle istruzioni concepite in un senso molto generale erano ispirate da un sentimento pacifico e conciliativo che generalmente non si è disposti a riconoscere nelle tendenze del Gabinetto viennese.

Non è quest'ultima un'impressione che la condotta della politica austriaca abbia fatto unicamente sovra di noi; i rappresentanti del Re a1l'estero furono unanimi nell'attribuire al contegno della diplomazia austriaca una gran parte deUe complicazioni sorte di recente in Oriente. Anche a Parigi si riteneva che gli ,intrighi di Oriente toccasse,ro più specialmente l'Austria la quale decisamente non sembrava aver preso il suo partito del trattato di Praga. Le informazioni che questo Ministero ha ricevuto soggiungevano sembrare certo che l'Austria vagheggi la possibilità di una guerra fra la Prussia e la Francia, non essere perciò avara d'incoraggiamenti verso quest'ultima. Le tendenze del partito magiaro a non lasciarsi trascinare in una guerra che avesse per unico obbiettivo la quistione germanica non sembravano a Parigi una guarentigia sufficiente contro i pericoli di una guerra che si accenderebbe in Oriente. In qualunque punto si presentino gravi complicazioni per l'Europa, la quistione germanica sorgerà subito minacciosa, urgente, formidabile. Se relemento magiaro vuole evitare la guerra germanica e l'eventualità di vedere l'Austria ripigliare la sua antica pos1zione in Allemagna coll'acc.rescere la proporzione delle popolazioni di razza germanica nell'Impero, noi crediamo ch'egli debba starsene in guardia anzi tutto dal lasciarsi condurre ad impegnarsi in complicazioni riflettenti l'Oriente.

Il contegno di una parte della stampa ufficiale viennese durante le complicazioni che si produssero .iJn Oriente merita inolt11e di essexe notato, se non come una prova, almeno come un sintomo delle tendenze poco rassicuranti della politica austriaca. Noi non prestiamo in generale a queste espressioni indirette delle tendenze di un Governo maggior valore ch'esse non abbiano; ma non possiamo nasconderei che il linguaggio allarmante dei fogli di Vienna, lo spargere continuo ch'essi fanno di notizie esagerate e false ma sempre d'indole ad accrescere le complicazioni in Oriente sono indizii di qualche peso delle intenzioni poco pacifiche del Gabinetto austriaco. Ella certamente non ignora infatti, Signor Marchese, che il centro europeo da cui si diramano le notizie nella parte Orientale di Europa è Vienna e quindi può agevolmente comprendere quali effetti possono produrre neH'opinione pubblica di quei paesi certe notizie come quelle che si leggono ad ogni tratto nei diari:i austriaci, a Parigi, a Londra, a Beriino, a Firenze, poco importa leggere per esempio che un concentramento di truppe russe si forma qua o là sulle frontiere della Bessarabia, ovvero che i Consoli russi hanno dato protezione ai greci o bandiere al naviglio ellenico, tali ed altre simili novelle non hanno alcuna importanza nei paesi dove tutti sanno che quelle voci non hanno fondamento, che la Russia è animata da sentimenti pacifici e conciliativi anche a rischio di fare qualche sacrificio della sua influenza presso le popolazioni cristiane d'Oriente. Ma non è chi non scorge che nei .paesi dove le no.tiz,ie di Vienna non possono essere facilmente riscontrate, le voci accreditate nei fogli ufficiosi austriac·i debbono produrre un tutt'altro effetto. Ora la p.ropagaztone di queste voci esagerate o false, ma tutte costantemente tendenti a tenere in agitazione gli animi è tale un fatto che non può sfuggire alle considerazion·i di tutti colo·ro che vogliono seguire attentamente lo svolgimento degli avv,enimenti politici. I Goveirni che come il nostro sono animati di sincero des1derio di pace e di tranquillità debbono procurare di rassicurare costantemente lo sp~rito pubblico e di mantenere la pubblica opinione esattamente illuminata sullo stato vero delle cose. Il segui·re una linea di condotta contraJ:ia a questa norma che vediamo adottata da tutti i paesi che desiderano mantenere la pace in Oriente, come in Occidente, può essere un indizio di altre intenzioni, ed è in ogni caso certamente opera pericolosissima perocché lo spargere notizie di intendimenti bellicosi delle potenze ne' paesi ol1ientali vale aggiungere esca al fuoco mentre si grida aiuto per estinguere l'incendio che sta per divampare.

Questi cenni affatto confidenziali sottopongo alla considerazione della S. V. persuaso ch'Ella saprà all'occorrenza valersene come si conviene per sempre meglio affermare la politica essenzialmente pacifica del R. Governo.

24 L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 1259/541. Londra, 10 gennaio 1869 (per. il 15).

Appena pervenutomi il di Lei pregiato dispaccio di questa serie n. 128 (l) col quale venivami esposto che la situazione delle cose di Tunisi diventa ogni giorno più grave, non indugiai più oltre a recarmi da Lord Olarendon allo scopo di ottenere da Lui una udienza destinata specialmente a trattare degli affari finanziari della Reggenza e del modo di tutelare gli interessi che l'Italia ed InghiJterra vi hanno identici.

Dissi a Mylord che desiderava rimettergli un pro-memoria, il quale avrebbe servito a dargH in modo succinto contezza delle varie fasi delle pratiche state fatte di comune accordo dall'Italia e dall'Inghilterra prima della di lui venuta al potere, accordo ch'era più che mai necessario d'essere mantenuto in vista deLla attitudine minacciosa che la Francia pareva di nuovo assumere nella Tunisia.

Il Ministro degli Affari Esteri mi porse attento ascolto, e mi significò che, non essendo affatto al corrente di questa controversia, il pro-memoria, di cui io gli faceva parola gli sarebbe tornato graditissimo.

Discorrendo quindi della questione politica che unitamente alla vertenza commerciale si presenta a Tunisi, esposi a Lord Clarendon che il Governo del Re seriamente di ciò si preoccupava, poiché molti indizi dimostrano che la Francia nutre disegni ambi21iosi sulla Reggenza. Feci pure notare a Sua Signoria che la vicinanza dell'Algeria, i meschini msultati ch'ebbe il Governo francese da quella sterile colonia, ed i vantagg,i che al contrario trarrebbe,ro dietro all'annessione delle ubertosissime provincie tunisine, sono altrettante ragioni perché non rechi meraviglia se a Parigi si accarezzi un tale disegno, o se in tutti i casi si seguiti una politica che a ciò prepari la via.

11 Governo italiano non poteva naturalmente rimanere indifferente a tale stato di cose; ma gl'interessi inglesi nel Mediterraneo permettevano forse al Gabinetto di Saint James di non darsi alcun pensiero dei progetti, ai quali gli sforzi ora spiegati dalla Francia a Tunisi sono apertamente diretti?

Stimai anzi opportuno di non celare a Mylord che per quanto completo fosse stato l'accordo che regnò tra l'Italia e l'Inghilterra nella vertenza in discorso era sempre stato per me un oggetto di rammarico vedere il suo predecessore a non accordare abbastanza importanza ai f,ini cui mirano i tentativi che sta facendo Ia Francia per assicurarsi l'assoluto ,controllo delle cose della Reggenza.

Lord Clarendon mi rispose che le apprensioni del Governo italiano avevano purtroppo fondamento, mentre Lord Stanley cadeva in grave errore nel tenerle in non cale; e che sebbene non si trovasse ancora pienamente al fatto

dei dettagli della questione di Tunisi, la sua lunga esperienza degli Affari Esteri gli aveva da molto tempo dimostrato non esservi dubbio che la Francia alberga ambiziosi progetti circa le provincie soggette al Bey.

Di queste buone disposizioni di Mylord diedi subito un cenno telegrafico all'E. V. (l) stimando opportuno ch'Ella ne fosse senza ritaJrdo informata.

Ritornato al «Foreign Office » il giorno che Sua Signoria m'aveva fissato, Le rimisi il pro-memoria che aveva a questo scopo preparato. In esso procurai di brevemente esporre le varie fasi della intricata questione in discorso senza addentrarmi in quei dettagli puramente commerciali, i quali diffusamente trattati si trovano nell'Archivio del «Foreign Office » e che m'avrebbero fatto oltrepassare i limiti che mi era imposto onde agevolare per quanto possibile la lettura del mio scritto al Segretario di Stato. Ebbi principalmente in animo di dimostrare a Lord Clarendon come la Francia abbia sempre cercato abilmente a frustrare gli sforzi fatti dall'Italia e dall'Inghilterra per la tutela dei loro propri interessi non che per quella della indipendenza del Bey, ed a ricondurre le cose esattamente allo stato in cui si trovavano allorquando i Gabinetti di Firenze e di Saint James frappose,ro la intervenzione loro.

Il punto poi su cui mi studiai di dirigere specialmente l'attenzione di Sua Signoria si è quello che si riferisce ano stadio attuale della vertenza, vale a dire all'ultima proposta del Marchese di Moustier.

Narrai a Mylord come ti Governo del Re fosse stato fin dal prtncipio contrario all'introduzione d'un funzionario francese nel Comitato amministrativo tunisino, circostanza che avrebbe equivaluto a mettere sotto l'arbitrio esclusivo della Francia le finanze dei Bey -e come perciò da noi si fosse di avviso che il progetto del Governo imperiale di scindere in due sezioni la Commissione internazionale, progetto che del resto non veniva mai ben chiaramente definito, non dovesse essere accettato senza introdurvi qualche modificazione che valesse a porre in salvo gli interessi degli altri paesi. Imperocché avvisi giuntici da Tunisi recavano che U Governo francese, considerando tutte le rendite della Tunisia vincolate a guarentigia dei prestiti di Parigi, nel caso che quelle destinate specialmente a questi ultimi riuscissero insufficienti, non poteva riconoscere i contratti di conversione fatti posteriormente con altri creditori.

Rassegnai quindi che, ciò non ostante, per ispir,ito di conciliazione e per non sagrificare a questioni di forme gl'interessi reaJi che gl'Italiani hanno nella Reggenza, il Govell'no del Re fece conoscere al Ma-rchese di Moustier la sua opinione sul carattere che dovrebbesi attribuire tanto all'una che all'altra del'le due commissioni di cui egli proponeva la formazione a Tunisi; ma eibbe dato nel tempo stesso per mio mezzo comunicazione a Lord Stanley, che era indispensabile lo insistere principalmente su due punti:

1° Che il funzionario francese chiamato dal Bey a far parte della Commissione amministrativa avesse ad essere effettivamente prosciolto da ogni vincolo col Governo imperiale.

2° Che il concorso delle Potenze fosse unicamente limitato alla formazione della Commissione di Controllo.

Qui Lord Glarendon fecemi ,l'osservazione che quando anche il Governo francese consentisse a prosciogliere da ogni impegno tale suo impiegato, ciò non costituirebbe che una ben meschina guarentigia di sicurezza, poiché supponendo che il medesimo venisse in apparenza svincolato, molto probabilmente pur sempre in realtà rimarrebbe un agente della Francia.

Risposi immediatamente a Mylord che assai mi rallegrava di vederlo ispirato da tali principj, i quali mi facevano trarre felice augurio per il futuro buon andamento delle trattative, essendo dessi in conformità co' timori che purtroppo preoccupavano in questa vertenza il Governo del Re. Infatti (quanto segue travasi ampiamente sviluppato nel mio pro-memoria) la Francia non aveva finora dato guarentig<ia di sorta, né spiegato chiaramente le sue idee, e diventare ormai evidente da recenti notizie avute da Tunisi che l'attitudine del Governo imperiale verso la Reggenza si è fatta nuovamente minacciosa come al giorno in cui l'ItaHa e l'Inghilterra unirono i loro conati per mantenere l'indipendenza del Bey.

In vista della gravità di questa situazione essere il Governo del Re di avviso che i due Gabinetti di Firenze e di Saint James dovevano mettersi d'accordo per rifiutare di concorrere col loro voto a formare una commissione amministrativa a Tunisi, nella quale la Francia sola avrebbe un suo impiegato ch'essa si riserva di scegliere o ~rimuovere a piac:Lmento.

Questo Ministro della Regina prestò attentissimo orecchio a tutte le mie riflessioni, se ne interessò vivamente, e spontaneamente promise di occuparsi con molta sollecitudine di così grave affare.

Dopo ciò volli fargli parte di alcune idee, che, essendo di una natura più delicata, non era opportuno Iasciare in iscritto; ed accennai a quali ragioni di preponderanza commerciale e militare nel Mediterraneo potessero fomentare progetti di conquista nei Governanti di Francia; accennai all'attrazione potente che in loro può esercitare il porto naturale e sicum di Biserta specialmente per la vicinanza dell'Algeria; ma più che altro posi ogni mio studio nel convincere Myiord che queste nostre apprensioni non nascondevano alcun sentimento ostile a Francia; non essere che un sentimento di legittima e naturale difesa di diritti ed interessi, che se più da presso toccano l'Italia, debbono ugualmente stare a cuore di ogni nazione commerciante e marittima.

Conoludendo debbo aggiungere come io nutra fiducia che l'animo di Lord Clarendon sia proclive alla nostra politica in Tunisia, e che la Gran Bretagna rimarrà sempre unita all'Italia in tale importante quistione.

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

25

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL GENERALE CIALDINI, A VALENCIA

T. Firenze, 11 gennaio 1869, ore 14.

Tout ce qu'il a été possible d'obtenir du due d'Aoste est une réponse dilatoire, si l'an exige dès à présent de lui une réponse définitive, elle ne peut

etre que négative. La marche seule des événements pourrait lui faire changer de détermination. Le Roi doit avoir télégraphié à V. E. à ce sujet. Toute autre indication de ma part serait donc superflue.

26

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1341. Lisbona, 11 gennaio 1869, ore 18,45 (per. ore 3,17 del 12).

C'est pour agrément du Roi que j'ai sollicité personnellement que ministre des <affaires étrangères a envoyé en ma présence au chargé d'affaires portugais à Rome le télégramme suivant pour satisfaire désir Gouvernement italien: «Sa Majesté a:utorise son représentant à Rome à se charger affaires courantes et de la protection sujets italiens ».

27

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 436. Firenze, 11 gennaio 1869.

II signor Barone di Malaret mi ha interrogato or sono alcuni giorni intorno alle cose di Spagna e circa il fondamento che poteano avere le voci che andavano 1n giro sulla candidatura di S. A. R. il Duca d'Aosta. Desiderando che la S. V. sia esattamente istruita della risposta che ho fatta all'Inv,iato francese, pel caso segnatamente in cui questi ne avesse fatto rapporto al suo Governo, reputo utile che Ella sappia che i:o ho detto al signor di Malaret che io non conosceva punto le idee di Sua Altezza Reale, che sapeva che in !spagna si era parlato di offrirgli il trono, che noi avevamo desiderato però un'altra soluzione e fra tutte avevamo preferito quella che avrebbe portato al trono d'Ispagna il Re Don Ferdinando di Portogallo. Quindi soggiunsi non potersi prevedere l'avvenire, sapersi intanto che il Re Don Ferdinando di Portogallo ricusava recisamente ogni candidatura, che se un Principe della Real Casa di Savoia dovesse più tardi essere chiamato a cingere la corona di Spagna tal fatto non avverrebbe per effetto di intrighi di partiti, bensì sarebbe la conseguenza d'una manifestazione della volontà nazionale del popolo spagnolo e di una necessità europea. La Real Famiglia e la nazione italiana non nutrono ambizione di sorta che le spinga a ricercare nuove corone pei suoi principi. I diritti che alla Real Casa di Savoia competono per effetto dei trattati sulla successione di Spagna, darebbero però al Governo del Re motivo di vegliare a che anche dalle altre Potenze europee si osservi strettamente la stessa linea di condotta disinteressata che il R. Governo ha prescelto in omaggio al principio del suffragio universale nella scelta del nuovo Sovrano di Spagna.

Attenendosi a queste norme nelle ,conversazioni ch'Ella potrà avere con codesti uomini di Stato, Ella può andar certa di esprimere esattamente gli intendimenti del R. Governo e di confermare pienamente il senso del discorso ch'io tenni al rappresentante francese presso questa R. Corte.

28

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

L. P. Parigi, 11 gennaio 1869.

Je n'ai pas écrit à Votre Majesté voulant Lui épargner les détails prématurés des négociattions au sujet du promémoire que Votre Majesté m'a envoyé (2); ces négociations ont été interrompues par la crise ministérielle, la lutte qui s'en est suivie et en dernier lieu par la question greco-turque qui a amené la conférence, et qui a tout absorbé pendant quelques jours.

Avant d'envoyer à Votre Majesté le contreprojet qui a été élaboré entre l'Empereur et M. Rouher (3), j'ai cru en faire modifier quelques rphrases qui ne touchaient pas au fond du sujet qui doit étre réservé tout entier à la saine appréciation de Votre Majesté et je pense qu'il sera de quelque utillité de l'accompagner d'une navration exacte de ce qui s'est passé pour donner au Roi une juste idée des sentimens qui ont guidé la pensée de S. M. Impériale et de son premier Ministre.

Dans la première conver,sation que j'ai eue à mon retour d'Italie avec le Ministre d'Etat, je lui ai exposé les intentions bienveillantes de Votre Majesté à l'égard de ,la France, non seulement, mais encore je lui ai franchement posé les conditions que le Hoi mettait à une alliance qu'Il préférait offensive et défensive, ces conditions, y compris la rétrocession du Comté de Nke, ne parurent nullement exagérées à M. Rouher qui se chargea d'en référer à l'Empereur.

De là les incidents dont j'ai déjà eu l'honneur de rendre compte à Votre Majesté et qui n'ont nullement empéché l'Elmpereur de poursuivre le but pour s'assurer à tout événement le concours de l'Italie.

Je me suis empressé de remettre au Ministre d'Etat une copie du mémoire que Votre Majesté m'a envoyé par l'mtermédiai,re du Chevalier Della Rovere.

M. Rouher la communiqua à l'Empereur et pendant trois jours, méme qu'à différentes reprises nous ayons causé du projet, aucune observation ne m'a été faite par le Ministre d'Etat sur la rétrocession de Nice, c'est plutòt sur la retraite des troupes des Etats Pontificaux, qui est décidée après les élections, mais pour laquelle, on refuse un engagement à échéance arrétée, et sur les différentes phases de la question romaine, que la conversation roula, du reste je croyais impolitique de faire méme dans des stipulations privées, entre Souveralin et Souverain une condition de l'évacuation des Etats Pontificaux,

évacuation qui par la France est due à l'Italie d'après le remise en vigueur de la convention; ce n'est que cinq jours après que le mémoire italien était dans les mains de l'Empereur, que les réserves d'abord, et le refus ensuite pour la rétrocession de Nice, partirent du Palais des Tuileries.

L'avènement du Marquis de La Valette au pouvoir a nécessité une modification dans ma manière de faire; tant que M. Moustier, Ministre d'aucune influence et dont la position était transitoire au Quai d'Orsay, il était prudent de lui cacher toute négociation, mais il aurait èté nuisible de laisser à l'écart le Marquis de La Valette dont l'importance personnelle et les rapports d'intimité avec M. Rouher lui font dans le Gouvernement une position des plus influentes.

Je me suis conseillè avec le MinistJre d'Etat pour me conserver le mérite de l'initiatJive, M. Rouher s'en est ouvert à l'Empereur qui trouva utile que le Marquis de La Valette fut instruit des négociations d'une manière ,purement officieuse, sans toutefois y prendre part, pour laisser à ces négociations le cachet ilntact de stipulations inttmes entre deux Souverains.

L'initiative m'a été laissée par le Ministre d'Etat d'en parler au Marquis af.in de sauvegarder les relations amicales que j'ai toujours eues avec lui.

La Valette a été très flatté de la marque de confiance, a trouvé que ce que l'on projetait était d'une importance énorme, mais se montra très contraire à la rétrocession du Comté de Nice pour les raisons qui sont exposées dans le contre mémoire que j'ai l'honneur d'envoyer à Votre Majesté.

J'ai naturellement fait mes objections et le Marquis de La Valette a fini pour s'accorder avec moi que le Trentin, proprement dit, était une compensation insuffisante au concours donné pa,r l'Italie dans le cas éven:tuel d'une grosse guerre comme celle que l'on prévoyait, à son avis, prématurément.

Le Marquis de La Valette que je vois presque journellement, entrant rigoureusement dans la :pensée de l'Empereur ne m'a plus parlé du projet d'alliance sous aucune forme. J'ai su cependant par le Ministre d'Etat que son opposition à la rétrocession du Comté de Nice est venue raffermir les répugnances de S. M. Impériale.

C'est le 31 Décembre que M. Rouher m'a remis le contre projet dont je connaissais en partie le contenu, la rédaction de cette note a exigé de ma part la modification de quelques phrases qui tout en étant étrangères au fond de la question, j'ai cru faire rectifier avant de la transmettre à Votre Majesté.

La première partie du contre projet français n'est qu'une analyse point par point du promémoire italien. La note française tache par une espèce d'exorde d'exprimer ses tendances pacifiques, et la croyance que la paix en Europe ne sera pas troublée. L'Empereur se déclarant profondément convaincu qu'aucune puissance ne voudra mettre en échec les intérèts de la paix, montre clairement qu'il est décidé à ne pas prendre sur lui l'initiative belliqueuse. En envisageant ensuite la possibilité de la guerre pour chercher les moyens de la prévenir où d'en atténuer les périls, la note de M. Rouher déguise fai:blement la pensée belliqueuse que j'ai eu l'honneur de signaler à Votre Majesté.

L'hypothèse de la neutralité de l'Italie est répoussée par la note française, I'Empereur (car c'est Lui qu'a voulu exclure cette éventualité) partage les idées du Roi; les sentimens qui 1ient les deux Souverains et l'origine de la formation de l'unité d'Italie, me fO'J:cent à reconnaitre les conséquences stériles de l'attitude prévue dans le promémoire italien, meme au point de vue dynastique, car H faut effacer, à mon avis, des grandes pages que l'histoire italienne réserve au Roi, les deux funestes journées de Lissa et Custoza qui ont amoindri l'autorité du pouvoir, en abaissant outre mesure les hommes qui par leurs antécédents sont appelés à rendre encore de grands services au pays.

La pensée meme qu'un projet d'alliance doit etre étudié avec l'arrière pensée qui pourra s'étendre ultérieurement à J'Autriche, prouve à l'évidence:

lo Que le gouvernement Impérial a changé ses premières intentions et qu'au lieu de circonscrire la lutte entre lui et la Prusse, est décidé à l'étendre et à l'accepter avec toutes ses éventualités européennes.

2° Que la guerre n'aura pas lieu sans que l'Autriche soit de la partie.

3° Que l'on est entendu à Vienne en prévoyance de cette éventualité.

4° Que l'Autriche sous la prépondérance hongroise en entrant dans les vues de la politique Française est décidée à accepter des compensations du céìté du Danube plutéìt que de les chercher en Allemagne assujettie directement ou indirectement à l'influence Prussienne.

La fixation du contingent italien à 200.000 hommes est, suivant le mémoire français, sagement calculée et la mise à la charge des frais de la guerre serait acceptée par la France à titre d'avance, sinon d'une manière définitive.

Sur ce point le contre mémoire de M. Rouher entre plus dans le sens pratique que ne le fait .le mémoire italien lui-meme, mais, à mon avis, il faudrait a,lle.r plus loin pour ménager 1es justes susceptibilités de l'armée et du pays.

Je me rappelle le mauvais effet produit sur chaque mHitaire quand, en s'agissant d'un concours à donner par le Piémont aux armées coalisées en Crimée, l'Angleterre avait proposé de faire des traités de subside, rappelant ceux qui eurent lieu entre l'Angleterre et l'Autriche à la cinquième coalition contre la France en 1809, et renouvelés en 1812. M. de Cavour repoussa les propositions Anglaises et préféra courir les chances de la Iutte, conservant son indépendance, le succès et l'avenir, justifièrent ses prévisions.

Actuellement la situation n'étant pas la meme en vue de l'état des finances en Italie et surtout des faibles compensations que l'aveni:r nous réserve, il faudrait entourer la garantie que les frais de la guerre nous seront remboursées par un aléa qui couv.re entièrement la dignité nationale.

La phrase suivante me semblerait remplir à peu près le but «les frais de la guerre seraient mis à la charge de la France simplement à titre d'avance mais ces frais pour ce qui regarde la quote part de l'Italie en cas de victoire seraient prélevés sur l'ennemi et remboursés par celle des puissances qui recevrait en compensation des frais de la guerre des avantages territoriaux plus considérables ».

Le Gouvernement de l'Empereur reconnait qu'il est juste dans le cas d'une guerre heureuse que le Tyrol Italien, ou pour employer une expression plus précise, le Trentin, soit annexé au Royaume d'Italie.

Le Trentin, pays montagneux et stérUe, compte à peine 320.000 Italiens, dont une grande partie est obligée de descendre dans les pla1nes de la Lombardie, de se répandre dans le Piémont, pour se procurer les moyens d'existence.

L'acquisition de ce pays étant convoitée par les Italiens camme aspiration nationale, ne serait d'aucun profit matériel si on n'étendait pas la cession à toute la vaHée de l'Adige.

En promettant d'appuyer la prétention de la cession du Tyrol auprès de l'Empire Austro-Hongrois, la F~rance ne prendrait pas un engagement assez formel, et quand je proposais à M. Rouher de remplace~r la phrase « promettrait d'appuyer », par celle «s'engage d'obtenir la réalisation etc.», le Ministre d'Etat me fit une confiance qu'au méme titre je transmets à Votre Majesté. Il est inutile, m'a-t-il dit, que vous insistiez sur ce point, car il me revient d'une source digne de toute croyance que le Roi d'Italie en attendant qu'H traite à Paris par votre intermédiaire il négocie aussi à Vienne auprès de l'Empereur d'Autriche, je le trouve assez juste, a-t-il ajouté et je vous en avertis simplement pour votre gouverne.

En constatant l'invraisemblance de l'hypothèse du démembrement de la Suisse par l'effet d'une guerre, le contre mémoire français me parait étre dans le vrai et il me semble qu'il n'y aurait aucune observation à faire sur ce paragraphe d'autant plus qu'il admet que le gouvernement français envisagerait avec faveur l'annexion du Canton Tessin à l'Italie, si l'hypothèse que l'an juge actuellement invraisemblable venait à se réaliser.

Pourrait-il en ètre de méme, dit le contre mémoire, du retour du Comté de Nice à l'Italie dans le cas que la France s'agrandirait du coté du Rhin ou de la Belgique?

On pourrait répondre affirmativement à cette demande d'autant plus que dans le chapitre suivant en admettant l'hypothèse de la reprise par la France de ses anciennes frontières du Rhin ou de son agrandissement territorial par l'incorporation de la Belgique, hypothèse qui entrainerait celle d'un agrandissement territorial de l'Autriche du còté du Danube, le contre mémo·ire aime à reconnaitre que ces faits justifieraient certaines pensées d'extension au profit de l'Italie, où les chercherait-on, du moment que la rétrocession du Comté de Nice serait !l"egardée camme une atteinte grave à la doctrtne aujourd'hui universelle de la souveraineté populaire et des nationalités?

Le Ministre d'Etat éprouva de l'embarras à me répondre et ne voulant pas se laisser entraine1r sur le te.rr>itoire pontificai, me conseilla d'écrire à Votre Majesté de chercher s'il y avait quelque colonie vers laquelle l'Italie pouvait diriger ses aspirations. Je lui répondis que pour mon compte je n'en voyais aucune et qu'à mes yeux, méme dans J.a Régence de Tunis je ne saurais y voir une utilité suffisante à compenser les ennuis que cela donnerait au gouvernement du Roi.

Ce serait vers Trieste plutòt qu'il faudrait diriger les aspirations italiennes, si on n'y voyait pas la presqu'impossibilité de cette cession de la part de l'Autriche à qui ce port est indispensable et aux charges de laquelle on mettrait toutes les compensations, ce qui ne serait pas encourageant pour le Cabinet de Vienne.

La note Italienne (suit le contre mémoire français) propose de stipulelf que la question Romaine serait déf1nitivement réglée sur des bases à concerter de manière à concilier les intérèts de l'Italie avec l'.indépendance et la dignité du Souverain Pontife.

La note française trouve cette phrase excessivement vague et constate la triste preuve du passé et le pèril qui recouvrerait une nouveUe rédaction flottante.

Il ne m'a pas été difficile de trouver une expression précise qui marquant à la cession du territoire pontificai, awrait laissé la Ville de Rome au Pape, gouvernée par une Municipalité et .l'indépendance du St. Père protégée par les troupes italiennes. A cela M. Rouher me fit une réponse péremptoirement négative et ne me cacha pas le mauvais effet qu'une phrase analogue ferait sur l'esprit de l'Empereur, si, de Florence elle revenait à Paris. J'ai répliqué qu'en refusant une formule vague et en blàmant une précise, je ne comprenais pas quel pouvait ètre son avis et celui de son Souverain, dans cette délicate question «A vous seul, dit-il, je n'hésite pas à dire: laissez-nous partir de Rome, ne renouvelez pas les erreurs de M. Rattazzi et si les Roma,ins sujets du Pape, veulent s'unir à Vous, la France n'aura rien à dire, mais tàchez que le signa! du mouvement ne parte pas de l'Italie et surtout que la connivence du Cabinet de Florence ne puisse pas ètre constatée >>.

Faut-il profiter de l'occasion d'un traité d'allìance offensive et défensive pour préciser? Ou bien faut-il suivre l'idée de M. Rouher et attendre du temps et des événements la solution conseillée par lui? C'est ce que je lai:sse à la saine appréciation du Roi et à la clairvoyance de ses M1nistres, me boirnant à constater qu'un pas progressif fait dans la question Romaine, serait plus apprécié par les Italiens que toute autre cession territoriale ou concession politique.

Par la suite le contre mémoire trouve: « que le gouvernement Italien a peut ètre été mieux ,inspiré lorsqu'il demande à la Fmnce d'appuyer l'acceptation par Rome d'un Modus Vivendi destiné à rendre moins diffictles les rapports entre le gouvernement Pontificai et l'Italien ».

Sur ce point il me semble qu'on pou11rait étendre le Modus Vivendi au à dela de ce qu'il a été conçu par le Général Comte Menabrea, car la pensée qui présiderait actuellement à une nouvelle rédaction, ne serait plus la mème. Au reste ni l'un ni l'autre n'ont de chance d'ètre accepté à Rome, on pourrait attendre le refus par la Cour Romaine de celui qui est actuellement à l'examen pour en rédiger un nouveau dans le sens indiqué et qui resterait en forme d'entente exclusive entre la France et l'Italie comme c'était entendu de faire du temps de M. de Cavour pour la retraite des troupes de Rome qui devait avoir lieu en mème temps que la reconnaissance du Royaume d'Italie.

Il pourrait ètre entendu que ce qu'a été stipulé entre la France et l'Italie ne recevrait son exécution qu'après la mort de P~e IX et avant l'élection du nouveau Pontife. Pour cela faire avec succès, il faudrait que l'Empereur et surtout M. Rouher fussent assurés du secret le plus absolu, mais malheureusement depuis trois jours cette assurance n'existe plus, pour les causes que j'ai signalées à Votre Majesté par mon télégramme du 8 courant (l) et les dispositions, je dois le dire avec regret, sont bien modifiées.

Quant à l'attitude à prendre pour le Concile Oecuménique la France est aussi intéressée à une entente que l'Italie elle-meme et cette entente ne saurait entrer en ligne de compte parmi les avantages accordés à l'Italie comme compensation à une alliance offensive et défensive; cette -indication se référant meme au système de neutralité, n'a à mes yeux, aucune importance sérieuse, car les décisions exagérées et la condamnation des nouveaux principes qui régissent le Gouvernement, que le Concile Oecuménique pourra adopter, auront plus d'influence sur la France que sur l'Italie.

Le contre mémoire vient ensuite parler du rappel des troupes françaises du territoire Pontificai, et ne trouvant pas nécessaire de donner à ses intentions de retraite une plus grande fixité, échappe, comme j'ai dit plus haut, à un engagement d'évacuation à époque déterminée. Malgré ce refus et l'inopportunité d'en faire une condition meme dans la lettre que l'Empereur devrait écrire au Roi, j'ai émis à M. Rouher l'avis qu'on pourrait tourner la difficulté par une déclaration séparée et secrète. Le Ministre d'Etat, qui s'y était refusé d'abord, comme j'ai eu l'honneur de le dtre plus haut, me flt personnellement espérer qu'H aurait tàché d'amener l'Empereur à accepter ma proposition, mais dans ce moment je n'ose pas le demander.

Je crols inuti1e d'analyser la partie du contre mémoire français, qui réfère à la doctrine de la neutralité. Sur ce terrain stérile on ne pourrait rien obtenir meme dans le cas qu'une neutralité armée imposàt des sacrifices au pays, ces armemens étant faits dans un intéret de propre conservation, je trouve assez sensé qu'il ne lui donne droit à aucun des bénéfices qui seraient stipulé par les belligérants, car pour faire ressortir un droit d'une neutralité armée, il faudrait se piacer sur une hypothèse odieuse en prévoyant le cas que l'Italie serait disposée à s'allier contre la France ce que Votre Majesté a déclaré ne pouvoir jamais etre dans g,es intentions.

Le contre mémoire français comprend mieux la déclaration de l'Italie par laquelle, prévoyant une alliance entre l'Autriche et la France sortirait de sa neutralité pour devenir puissance belligérante.

Ce serait là un moyen transitoire pour a,rriver successivement à la guerre, ce moyen aurait l'avantage de ménager jusqu'au dernier moment les rapports du Gouvernement italien vis-à-vis de la Prusse. Mais l'éventualité étant écartée, l'hypothèse ci-dessus tomberait d'elle meme.

La note française termine en constatant trois points importants: l) Que la solution simple et vraie est une alliance offensive et défensive contractée avec les tempéraments, exposés dans la note elle-meme. 2) Qu'un traité ne saurait intervenir régulièrement aujourd'hui entre les deux Etats, car malgré le secret promis, ce traité pourrait etre connu. 3) Que pour éviter les défiances et les inquiétudes qui s'éveilleraient bien vite contre la volonté de tous, si les ententes étaient connues, il dit comme conclusion que si l'on tombait d'accord, cet accord ne pomrait etre constaté que par des communications directes et personnelles entre les Souverains des deux pays.

J'ai analysé la note française point par point dans le but de rendre compte au Roi des observations que j'ai faites au Ministre d'Etat sur chacune de ses

6 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. XI

idées dans cette délicate négociation. Aux observations énoncées je pourrais en ajouter bien d'autres, mais mon exposé deviendrait trop long sans rejoindre le but de faire connaitre à Votre Majesté bien exactement toutes les nuances, ce qui ne peut se faire que de vive voix et par un échange d'idées que je crois indispensable avant que la contre réponse italienne soit envoyée à Paris. n y a un point sur lequel je me permets de bien appeler l'attention du Roi, celui de la mise à la char.ge de l'Autriche exclusivement des compensations à donner à l'Italie. Ce point me laisse entrevoir qu'une négociation très habilement menée entre Paris et Vienne pourrait décider l'Empereur à etre mod!ns négatif sur la rétrocession du Comté de Nice, ou bien à le décider à nous faire des concessions sur la question Romaine afin de ne pas rendre ce qu'il a acquis et ne pas affaibl1r ainsi le principe de suffrage univeirsel principe fondamenta! du second Empire.

En terminant la narration fidèle des négociations dont je n'étais qu'un instrument, je crois devoir signaler au Roi le maintien de son Représentant auprès de la Cour des Tuileries, il serait impossible d'adopter une plus intelligente réserve, jointe à ·l'abnegation de soi-meme. Nigra a fait juste ce qu'il fallait, utilisant les confidences que l'Empereur lui a faites, dans l'intéret de Votre Majesté, et en uniformant sa conduite sur la réserve du Président du Conseil, pour laisser à l'entente projetée le caractère d'une stipulation intime et personnelle entre le Roi et l'Empereur (1).

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. serle I, vol. X, n. 729, allegato. (3) -Cfr. serie I, vol. X, n. 791

(l) Cfr. n. 12.

29

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II <2)

L. P. Parigi, 11 gennaio 1869.

L'incidente Turr che segnalai al Re (3), fu dispiacente tanto più, che forse a torto, ma è nell'Imperatore invalsa l'opinione che nulla può farsi di segreto in Italia. Rouher, fu il primo che nell'esame del contro progetto mi disse, da principio senza citarmi i nomi, che il Re aveva fatte pervenire trattative a Vienna, indipendenti da quelle che erano in corso a Parigi. Insistetti per saperne dippiù, ma il Ministro di Stato rifiutossi al mio desiderio.

Fu l'Imperatore, che cacciando a Rambouillet con Nigra, gli disse aver ricevuta dal Generale Tiirr una lettera rivelando come il Re gli avesse dati incarichi per Vienna e gli espose varie delle condizioni citate nel promemoria italiano mandato a Parigi.

Il modo con cui Sua Maestà Imperiale si espresse, non lasciava dubbio sulla cattiva impressione che ne aveva ricevuta, tanto più che l'Imperatore dichiarò a Nigra, che a due riprese egli aveva rifiutato di ricevere Tiirr, che vedeva con dispiacere troppo di sovente ~mmischiato nelle cose del Re.

Tre giorni dopo la caccia ed il discorso qui sopra accennato, Rouher mi disse: c Vous devez savoir à présent à quoi vous en tenir sur les indiscrétions commises ~.

Non esitai a far cadere su Ttirr il torto dell'indiscrezione e ridurre il dispiacevole incidente alle sue giuste proporzioni, e ciò mi riuscì tanto più facile, 1n quamto che aveva diggià 'ricevuto il telegramma di Vostra Maestà (1), che quantunque fosse erroneo in molte cifre, pure mi lasciava comprendere abbastanza il significato. Fu allora che il Ministro di Stato aperto il suo tavolo mi mostrò le lettere di Turr, facendomene verificare la Hrma e dicendomene in succinto il contenuto.

Ora il meglio che possa farsi in proposito si è di non più occuparsi dell'accaduto e lasciare il Generale Tiirr all'infuori, tanto a Parigi che a Vienna, poiché anche colà la sua ingerenza non può essere che dannosa, e ciò so per certe espressioni scritte da Andrassy ad un suo intimo che gH se['ve d'intermediario diretto presso l'Imperatore per le cose ungheresi, indipendentemente da quanto possa fare il Principe di Metternich, rappresentante dell'Impero Austro-Ungherese.

L'lmperato.re Napoleone, so che parlò a Metternich di quanto Tiirr disse a Vienna, si mantenne sulle generali, non fece parola di quanto ora si tratta confidenzialmente a Parigi, ma solo disse delle buone disposizioni di Vostra Maestà per una triplice alleanza, toccò della cessione del Tirolo e su questo soggetto, il Ministro Austriaco si accontentò di osservare che sembravagli cosa desolante che sull'Austria sola dovessero cadere le cessioni di territorio, ed i sacrifici necessarii ai compensi d'una triplice alleanza che era nell'interesse di tutti.

Da qui e da quanto ho potuto sapere da fonte sicura, m'è venuto il pensiero che già sarà sorto anche a Vostra Maestà che nel dualismo fra l'Austria e la Francia nelle stipulazioni preventive, si potrebbe tirar profitto per ottenere in scambio della retrocessione della Contea di Nizza, tacite concessioni su Roma, rimandandole però, per fade accettare, all'epoca dell'elezione di un nuovo Pontefice.

DifficUe mi sarebbe lo sviluppare per iscr~tto le idee che le confidenziali trattative mi hanno suggerito, egli è perciò che propongo a Vostra Maestà che giunto il Capitano Della Rovere a Firenze, ed esaminate le cose, il Re mi telegrafi di portarmi a raggiungerlo, il che farò volentieri tanto più avendo cose importanti a dire che non ponno esprimersi né apprezzarsi che in seguito ad una conversazione e ad uno scambio d'idee. Se questa mia proposta è accettata dal Re, sarebbe bene fosse messa al più presto in esecuzione. Dietro un cenno telegrafico, io partirei immediatamente passando per Marsiglia e Livorno.

Prego Vostra Maestà a voler scusarmi presso il Presidente del Consiglio se non gli ho scritto direttamente, ma avendomi egli trasmessa Ja lettera di Vost;ra Maestà con alcune righe senza entrare in merito di quanto si tratta, credo far bene imitando quanto egli fece.

Circa ai cavalli arabi, ho veduto jeri Fleury. Io Io aveva persuaso a passare oltre le difficoltà del grosso numero di cavalle in confronto degli stalloni, ed era stato deciso che le giumente sarebbero state vendute, conservando solo per conto del Governo e del Ministero della Guerra, gli stalloni, qualora il Signor Tamberg gli avesse trovati convenienti.

Pare che ciò non sia, anzi non lo è positivamente per quelli che vide a Torino.

Il Signor Tamberg non è autorizzato a fare offerte parziali per un numero determinato di stalloni, la sua missione si limita a fare un rapporto sulla razza Araba che Vostra Maestà era disposta cedere al Governo Francese.

I cani devono essere giunti a Firenze, sono tre poiché M. Meynier vi ha aggiunto un limier che mi assicura celebre nella provincia, questo serve pour faire le bois, cioè per scoprire il cignale prima della caccia.

Attendo con impazienza gli ordini del Re, e se entra nelle idee di Vostra Maestà l'utilità di un abboccamento con me, ripeto, sarebbe necessario si facesse subito.

(l) -Il 25 dicembre 1868 Nigra aveva telegrafato al Re << Conduite Nigra parfaite. Après avoir vu Empereur d'abord, déclare mes vues très justes, agit sans accord. Je me suis permis de lui dire choses aimables de la part du Roi » (ACR). (2) -Da ACR. (3) -Cfr. n. 12.

(l) Cfr. n. 15.

30

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1346. Parigi, 12 gennaio 1869, ore 19 (per. ore 21,50).

La Valette s'occupe en ce moment de la compilation du Livre Bleu. Il tiendrait à savoir si vous avez intention de publier votre dépeche du 22 aout (l) sur la retraite des troupes impériales de Civitavecchia, et la réponse française du 31 octobre (2). La Valette ne tient pas pour son propre compte à publier ces dépeches mais si elles doivent étre publiées en Italie il Ies insérerait dans le Livre Bleu (3).

31

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1345. Parigi, 12 genrnaio 1869, ore 19,10 (per. ore 20,30).

La conférénce s'est réunie aujourd'hui 4 heures. Le président a annoncé que les réponses de Constantinople et d'Athènes n'étaient pas arrivées. Il a

par conséquent proposé de renvoyer le séance à jeudi ce qui a été accepté. En attendant il a été convenu que chaque plénipotentiaire demanderait à son Gouvernement des instructions pour le double cas, savoir si la Grèce n'eut pas répondu avant jeudi ou bien si elle eut 1répondu négativement. Je vous prie de me donne,r ces tnstructions pour savoir si à votre avis conférence doit continuer ses séances mème en l'absence de la Grèce (1).

(l) -Cfr. serle I, vol X, n. 484. (2) -Cfr. serie I, vol. X, n. 699, allegato. (3) -Per la risposta cfr. n. 34.
32

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. [42]. Berna, 12 gennaio 1869 (per. il 16).

In coerenza al tenore dell'ossequiato Dispaccio di questa serie, n. 21, in data del 26 dicembre ultimo scorso (2), ed a quello della Nota direttale dal suo collega per l'Interno, la quale vi andava unita, concernente la condotta del Governo Ticinese a nostro riguardo, mi sono recato al Palazzo Federale per farvi le rimostranze che i fatti denunciati dalla Prefettura di Milano sembrano questa volta legittimare.

L'E. V. comprenderà di leggieri, come per non scemare autorità alle mie parole, io non abbia toccato se non di volo alle imputazioni generali dirette contro il Ticino, che io, quantunque senza un sufficiente corredo di fatti positivi, sono oggi per la terza volta incaricato di recare a cognizione del Consiglio Federale, il quale ebbe successivamente a rispondermi, come consta dai miei dispacci indirizzati precedentemente su tale oggetto a cotesto Ministero: che le autorità federali e le ticinesi, nei limiti dei loro poteri costituzionali non mancherebbero di vigilare di concerto colle italiane, acciò non si rinnovellino le cause dei nostri lagni, e che sarebbero grate al Governo reale se potesse, colla produzione di qualche documento, e l'indicazione di alcun fatto preciso, che fossero d'indole a giustificare od un provvedimento amministrativo, od un procedimento giudiziario, porle in grado di attestargli come la Svizzera intenda mantenere le buone relazioni di vicinato coll'Italia. Ma, fino agli ultimi tempi nessuna delle due Prefetture, il territorio delle quali tocca al Ticino, seppe fornire quanto era necessario per dar corpo alle accuse cui si mostrarono cosi facili, ed obbligare quindi il Governo svizzero ad osservare l'assunto impegno.

Senonché, contenendo l'accennata Nota del Dicastero Inte,rni, oltre al vecchi appunti generali, alcune indicazioni positive richieste, mi sono reso senza mettere tempo in mezzo al Dipartimento Federale di Giustizia e Polizia, il

quale cl forniva nello scorso anno alla occasione della compagnia di Kriegstetten, prove non equivoche dell'interesse che la Svizzera prendeva alle cose nostre, ed ho fatto conoscere al Consigliere Federale signor Knusel, incaèr~cato di tale Dipartimento, ed il cui nome è ben conosciuto da V. E., come si avessero gravi motivi da sospettare che la cartiera delle «Cascine Bruciate~ situata nel 'IIicino, proprio sul nostro confine, fosse una deUe Officine di contraffazione in cui si ammanniscono le carte filogranate, e dove, fors'anche, si imprimono in quantità l biglietti da cinque lire della Banca Nazionale, e quelli della Banca Popolare di Milano ond'è inondata la provincia milanese. Gli ho comunicati l nomi delle persone che in Italia erano tenute in colpa di avervi spacciati bigHetti contraffatti, ed ho aggiunto come la Polizia nostra avesse appurato che ciascuna di esse fosse in frequenti rapporti col Ticino, e molte, colla accennata cartiera delle «Cascine Bruciate~. Gli ho toccato di ciò che il fatto dell'andata a Venezia di uno dei proprietarii di questa fabbrica, coincideva appunto con quello della prima apparizione in tale città di biglietti falsi da cinque lire della Banca Nazionale, che si ha ragione di credere fabbricati nel Ticino. Lasciai al Signor Knusel un piccolo promemoria, perché non dimenticasse alcuno dei particolari su cui poggiavano l nostri sospetti; ed egli mi promise che avrebbe tosto ordinate le opportune indagini per venire in chiaro dei fatti, e, che la officina di cui è caso, e le persone delle quali gli avevo tenuto parola, fossero svizzere od italiane, sarebbero sottoposte a speciale vigilanza. Aggiunse che sarei informato, quando che fosse, de' risultati delle sue ricerche.

Lo intrattenni quindi anche del processo cui diede origine in Italia dal 1863, al 1865, la falsificazione operata in Svizzera delle banconote austriache, reato, nel quale si trovavano implicati alcuni svizzeri con non pochi italiani (e glie ne diedi i nomi) contro l quali fu rilasciato dalla nostra giustizia mandato di cattura. Mi rispose non rammentarffi di questo processo, ma che credeva potere affermare non essere stato mai simile mandato portato nelle forme a cognizione del Governo Fedemle, poiché, se la SvlzzeTa, come l'Italia, non può accordare la estradizione dei suoi, sente però n debito di non lasciare andare impuniti l reati gravi che gli svizzeri avessero commesso tanto all'interno quanto all'estero.

Allegò in PTOVa del suo asserto, n fatto, che si può dire attuale del Bonadurer, tenuto si lungamente nelle carceri di Soletta, sulla semplice mia denunzia, quantunque non si fosse mai potuto ottenere, benché più volte chiesto, 11 mandato di cattura rilasciato contro di lui dall'autorità giudiziaria italiana.

Richiamò pure alla mia memoria la recente scoperta, fatta nel Vallese per semplice iniziativa delle autorità di Polizia cantonale, di due regnicoli falsificatori dei biglietti delle nostre Banche, i quali per cura delle stesse autorità, furono poi arrestati e consegnati alla giustizia italiana. E come il Signor Kniisel invocava a cotesto riguardo presso il Governo reale la mia testimonianza, mi credo in debito di rendergliela senza riserva alcuna.

Appena mi aw:ò l ragguagli promessi, mi farò sollecito di informare l'E. V ....

(l) -Per la risposta cfr. n. 34. (2) -Cfr. serie I, vol. X, n. 794.
33

IL GENERALE CIALDINI

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

MENABREA, A GENOVA

T. Valencia, 13 gennaio 1869, ore 11,19 (per. ore 19).

Détermination du due d'Aoste (l) aura pour résultat que Gouvernement provisoire ne pourra pas le proposer comme son candidat aux Cortes ce qui òte chance de succès. C'est peut-etre un bonheur personnel pour S. A. Royale mais c'est probablement un malheur pour l'Espagne et une erreur pour l'Italie. N'en parlons plus je partirai pour l'Italie dès que j'aurai arrangé des affaires privées ici. Je vais renvoyer M. Malmusi à Gibraltar indemnisé de toute dépense. Je me loue beaucoup de sa discrétion, de sa capaiCité et de ses manières.

34

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 839. Genova, 13 gennaio 1869, ore 22.

Pour le moment je n'!l!i aucune intention de publier la dépéche du 22 aout (2) indiquée par M. de la Valette. Mais s'il y a une interpellation à la Chambre sur les affaires de Rome je me verrai probablement obligé de produire ce document ainsì que ceux qui y font suite.

Quant à la conférence je suis d'avis qu'elle doU continuer quelle que soit la détermination que prendra la Grèce. Loa:d Clarem.don se montre inquiet des difficultés soulevées paT la Ga:èce sur la conférence (3).

35

IL MINISTRO A MADRID, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 205. Madrid, 13 gennaio 1869.

È mio debito di far conoscere all'E. V. come la stampa di questo paese abbia incominC'iato da due giorni ad occuparsi attivamente della candidatura di S.A.R. il Duca di Aosta al Trono di Spagna. Io unirò al presente i principali articoli che si trovano nei numeri di jeri e d'ogg.i, da' quaH l'E. V. potrà rilevare la forma di cui sono rivestite queste pretese ·rivelazioni. Frattanto esse

hanno portato la sorpresa e la confusione nel campo degli organi degli altri partiti i quali si sono finora limitati a riprodurre gli articoli stessi. E debbo inoltre constatare che presso le persone che non hanno altre idee preconcette, e desiderano solo il bene del paese, la candidatura del principe dell'Augusta Casa di Savoja non incontra che vive simpatie.

(1) -Cfr. n. 25. (2) -Cfr. setrie I, vol. X, n. 484. (3) -La notizia era stata data da Maffei con t. 1342 del 12 gennaio, non pubblicato.
36

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 14 gennaio 1869, ore 12,20 (per. ore 16).

Officier d'ordonnance sera arrivé. Echange idées devient toujours plus nécessaire. Si Roi désire ma venue Florence, faudra me prévenir quelques jours avant à cause de mes affaires et engagements. Je vois Empereur, il faut considérer incident Tiirr comme terminé après dépeche de Votre Majesté à l'Empereur et réponse de ce dernier (2).

37

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1350. Parigi, 14 gennaio 1869, ore 19 (per. ore 21,35).

La réponse de la Grèce n'étant pas arrivée la conférence a décidé qu'elle continuerait néanmoins ses séances. Elle a examiné les différents points de l'ultimatum et elle a résoJu qu'elle constaterait certains princlpes d'après lesquels la Grèce devra régler sa conduite. La !I'édaction des résolut:ions de la conférence sera discutée dans la séance de demain. La séance d'aujourd'hui laisse espère,r une entente entre les Etats participants à la conférence.

38

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1351. Parigi, 15 gennaio 1869, ore 19,45 (per. ore 21,10).

La conférence s'est occupée aujourd'hui de la rédaction de la déclaration que doivent accepter la Turquie et la Grèce. La rédaction a été arrétée mais le paraphement a été renvoyé à demain. L'entente entre les puissances est

désormais un fait acquis. L'adhésion de la Turquie aux décisions de la conférence semble probable mais on ne sait rien du Gouvernement grec dont le représentant n'assiste pas aux séances de la conférence.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. nn. 18 e 21.
39

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Firenze, 16 gennaio 1869, ore 11,55.

Vous pouvez venir tout de suite ou quand vous voudrez pourvu que ce soit dans semaine prochaine mème à la fin. Tout vu tout lu je vous remercie de votre travail ll y a du bon et de l'espérance et me laisse champ ouvert pour travailler là dessus je ferai mon projet et vous parlerai de vive vo>ix.

40

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 840. Firenze, 16 gennaio 1869, ore 15.

Veuillez faire savoir au général Tiirr qu'on désire le voir le plus tòt possible à Florence.

41

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1352. Parigi, 16 gennaio 1869, ore 19 (per. ore 22).

Aujourd'hui la conférence a approuvé le projet de déclaration qui a été paraphé par les six plénipotentiaires. Le plénipotentiaire de la Turquie s'est réservé de faire connaitre prochainement à la conférence résolution de son Gouvernement sur l'acceptation pour sa part du contenu de la déclaration. Si la Turquie accepte ila déclaration sera portée au Cabinet d'Athènes au nom de la conférence par un secrétaire de légation qui sera désigné par le président. L'oeuvre de la conférence peut ètre considérée comme heureusement finie dans les limites qu'elle s'était tracées.

(l) Da ACR, ed. !n Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. U, pp. 1391-1392.

42

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 1264/545. Londra, 16 gennaio 1869 (per. il 22).

Secondo il desiderio da Lei espressomi col pregiato suo dispaccio n. 130 di questa serie (1), appena ne ebbi l'opportunità, mi affrettai di richiamare la attenzione di Lord Clarendon sulle cose da lui dettemi poco dopo la sua entrata al Ministero circa l'atteggiamento del Governo italiano verso l Principati danubiani. Rammentai a Mylord come in quella occasione io avessi provato il più profondo stupore nel sentirlo ad espr.imersi in tal guisa, e come, senza avere nessun ordine speciale a siffatto riguardo, mi fossi creduto autorizzato conoscendo la lealtà dei sentimenti da cui il mio Governo era animato, a contraddire recisamente qualunque supposizione tendente a mettere in dubbio che l Consoli italiani nella Moldo-Valachia ricevano istruzioni diverse da quelle che vengono emanate dalle potenze più interessate al mantenimento della pace ed al rispetto delle stipulate convenzioni.

Ma che, avendo ciò nonostante reputato dover mio di riferi·re quanto precede all'E. V., aveva ora avuto incarico officiale di confermare le mie anteriori dichiarazioni, assicurando nuovamente al Principal Segretario per gli Affari Esteri di S. M. la Reg,ina che tutti gli sforzi della politica italiana erano diretti in senso pacifico tanto in Oriente, quanto in ogni altra parte d'Europa. E che relativamente poi ai Principati vassalli del Danubio, i nostri consigli a Bucarest e a Belgrado erano ognora stati ispirati dal desiderio di vedere evitata qualsiasi spiacevole complicaz.ione. Rispetto massime al Governo principesco di Bucarest, ogni qualvolta si trattò di scongiurare un pericolo, il Governo del Re poteva vantarsi d'essersi trovato fra i primi a spiegare la sua influenza; né lieve oggetto era per noi di soddisfazione il pensare che il nostro intervento non era impiegato invano, imperocché le nostre rappresentazioni presso 11 Governo Rumeno a questi tornassero non già come l'espressione di un sentimento ostile, ma bensl come una prova della simpatia che esiste tra l'Italia e l Principati Uniti.

Conchiusl infine col dire a Lord Olarendon che l'E. V. teneva particolarmente a manifestare al Governo Britannico l veri princtpj al quali s'informa l'attitudine dell'Italia in quelle provincie. Cioè che mentre da noi non sl volle mal prestar mano ad una politica avente per iscopo di sagriftcare l paesi rumeni ad altri interessi stranieri, cl lusinghiamo che la nostra azione sl troverà sempre d'accordo con quella della Gran Bretagna (colla quale tanti punti di comune interesse possediamo in Oriente) ogni volta che si tratterà d'impedire che, per effetto di combinazioni inopportune, s'introduca una alterazione nell'ordine di cose esistente nei Principati danubiani, alterazione che sì gravemente sarebbe in contrasto coi fini che si proponevano le Potenze nel guarentire loro la costituzione che li regge attualmente.

Mylord non mi celò la sua soddisfazione nell'udirmi a tenere un simile linguaggio, e mi pregò di ringraziare vivamente l'E. V. d'avergli esternato per mezzo mio simili più che rassicuranti dichiarazioni circa gli intendimenti del Governo italiano, sulla saggezza e moderazione del quale, aggiunsemi il Segretario di Stato, ei non avea mai dubitato, e mi torna ben grato ufficio di aver tale comunicazione a farle, Signor Conte.

Deggio confessare che appena pervenivami il Rapporto del R. Agente a Bukarest in data delli 4 dicembre (1), mi ricorse al pens,iero che fosse la condotta da lui seguita in occasione della racente p.roposta fatta di spingere aux pieds du mur il Governo del Principe Carlo -come se ancora questi non avesse dato prove sufficienti della sua risoluzione di volere rispettare gli obblighi impostigli dai trattati -che avesse potuto essere causa delle osservazioni fattemi da Lord Clarendon.

A vero dire non credo affatto improbabile che il Console Inglese sia stato ca.pace di erroneamente interpretare lo spirito di giustizia che animava l'opposizione mossa a tale intempestivo disegno dal Barone Fava, sebbene My1ord non m'abbia fatto di ciò parola. Ciò che sibbene ei mi disse in quest'ultimo colloquio si fu che l'arrivo del nostro nuovo Agente in Bukarest, senz'aver prima ottenuto il berat della Sublime Porta, aveva prodotto una spiacevole impressione fra i Consoli esteri; e che era ben lieto d'aver ricevuto prima da me e quindi a nome dell'E. V. tali esplicite spiegazioni da distruggere interamente ogni sospetto, che siffatta omi:ssione avesse potuto ingenerare.

Io m'affrettai d'esprimere a Sua Signoria che quantunque ignaro di questo fatto, mi reputava forte di assicurarLa che, supponendo esatto che il Signor Barone Fava fosse giunto nella sua presente residenza senza il necessario berat, una tale omissione doveva attribuirsi a qualunque causa, fuorché al desiderio del Governo itaHano di compire un atto di irriverenza verso i diritti della Porta.

(l) Cfr. serle I, vol. X, n. 807.

43

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 790. Parigi, 16 gennaio 1869 (per. il 19).

La conferenza tenne jeri la sua quarta seduta che durò dalle 4 p.m. alle 7. Tutta la seduta fu occupata dall'esame della redazione del progetto di dichiarazione di cui ebbi l'onore di mandar jeri una cop.ia all'E. V.

Non istarò a descrivere all'E. V. la minuta discussione che s'impegnò intorno ai termini della redazione. Basterà il dire che la conferenza cadde d'accordo sulla redazione di cui V. E. troverà qui unita una copia. La redazione adottata non contiene nessun cambiamento sostanziale a quella proposta nella seduta precedente. Tuttavia, sull'istanza del plenipotenziario di Russia, il pro

getto di dichiarazione non venne parafato. II Conte di Stackelberg domandò che la ,parafazione fosse rinviata alla seduta d'oggi. II progetto di dichiarazione non sarà probabilmente firmato dal plenipotenziario di Turchia. La conferenza sembra difatti giudicare più conveniente e più conforme ad un sentimento di delicatezza e d'equità che la dichiarazione, alla quale la Turchia e la Grecia dovrebbero conformarsi, porti soltanto la firma dei plenipotenziarj d'Austria, Francia, Gran Bretagna, Italia, Prussia e Russia.

La seduta era verso la sua fine quando fu rimessa al Presidente della conferenza una comunicazione direttagli dal signor Rangabè, Ministro di Grecia a Parigi. Il Marchese di Lavalette ne diede avviso alla conferenza. La comunicazione del signor Rangabè conteneva una lunga memoria sulle questioni sottoposte alla conferenza. Mancando il tempo perché questo documento potesse essere letto nella presente seduta, fu deciso che sarebbe mandato nella sera stessa o nel mattino seguente ai varj PJenipotenziarj perché ne prendessero lettura. Il che fu fatto. La memoria comunicata dal signor Rangabè contiene le conclusioni seguenti:

«La Grecia declina la responsabilità deHe cause immediate della presente rottura, riservandosi di esaminare le cause più lontane se la questione si sollevasse.

Dei cinque punti dell'ultimatum, due (il 5° ed il 4°) sono di nessuna importanza; il 3° è ammesso senza restrizione dalla Grecia; i due altri sono contrarj al diritto delle genti ed alla legislazione del ,paese; la Grecia non potrebbe sottomettervisi senza rinunciare a' suoi diritti, senza distruggere la libertà del cittadini e senza esporsi a conseguenze pericolose.

L'ultimatum dovrebbe esse,ve intieramente ritirato, in parte come inopportuno, in parte come ingiusto, e la Turchia dovrebbe far esaminare dal Tribunali competenti la condotta del contrammiraglio Hobart ed accordare alla Grecia le riparazioni e le indennità che risultassero dovute in seguito ad un esame imparziale, come pure dovrebbe accordare la guarentigia di trattare 1 sudditi greci per l'avvenire come quelli delle nazioni più favorite a seconda dei trattati in vigore.

Il Governo greco dal suo lato prometterebbe formalmente:

lo di non mettere ostacolo alla partenza de'i cretes,i che desidemno rimpatriare; di non permettere a nessuna delle sue autorità e a nessuno de' suoi sudditi di opporvisi; di punire severamente quelli che tentassero di farlo;

2° di nOI!l permettere a nessun ufficiale, sott'ufficiale, soldato o impiegato civile dello Stato di pigliare le armi per gli insorti; 3° di non permettere che bastimenti dello Stato, armati in guerra o altrimenti, vadano a portar munizioni e soccorsi ai cretesi; 4° d'autorizzare il processo d'accusa del capitano dell'Enosis dietro denunzia regolare del contrammiraglio turco ».

Oggi avrà luogo la quinta riunione della conferenza. E' a sperare che la dichiarazione sarà firmata o almeno parafata. Si passerà quindi ad esaminare il modo di procedere per le comunicazioni da farsi a Costantinopoli e ad Atene, il tempo utile da accordarsi alla Grecia per l'accettazione, la forma in cui la ripresa delle interrotte relazioni fra la Turchia e la Grecia si dovrà effettuare.

Mi è intanto grato di poter segnalare fin d'ora l'accordo che non può mancare d'aver luogo fra tutte le potenze garanti, la Russia compresa, sopra la definitiva risoluzione della conferenza.

ALLEGATO

PROJET DE DECLARATION

Justement préoccupées des dangers qui peuvent naitre de la rupture des relations entre la Turquie et la Grèce, les Puissances signataires du traité de 1856 se sont entendues pour apaiser le différend survenu entre !es deux Etats et ont autorisé à cet effet leurs représentants auprès de S.M. l'Empereur des Français à se constituer en conférence. Après une étude attentive des documents échangés entre les deux Gouvernements, les Plénipotentiaires sont tombés d'accord pour regretter que, cédant à des entrainements sur lesquels son patriotisme a pu l'égarer, la Grèce ait donné lieu aux griefs articulés par la Porte Ottomane dans l'ultimatum remis le 11 décembre 1868 au Ministre des Affaires Etrangères de S.M. le Roi des Hellènes. Il est constant, en effet, que les principes du droit des gens obligent la Grèce, camme toutes !es autres nations à ne pas permettre que des bandes se recrutent sur son territoire, ni que des batiments s'arment dans ses ports pour attaquer un Etat voisin.

Persuadée, d'ailleurs, que le Cabinet d'Athènes ne saurait méconnaitre la pensée qui inspire cette appréciation aux trois Cours protectrices de la Grèce, comme à toutes !es autres Puissances signataires du traité de 1856, la Conférence déclare que le Gouvernement Hellénique est tenu d'observer, désormais, dans ses rapports avec la Turquie, !es règles de conduite communes à tous !es Gouvernements et de satisfaire ainsi aux réclamations formulées par la Sublime Porte pour le passé, en la rassurant, en méme temps, pour l'avenir.

La Grèce devra donc s'abstenir désormais de favoriser ou de tolérer:

1° -la formation sur son territoire de toute bande armée en vue d'une agression contre la Turquie; 2° -L'armement dans ses ports de batiments destinés à secourir, sous quelque forme que ce soit, toute tentative d'insurrection dans !es possessions de S.M. le Sultan.

En ce qui regarde les demandes de la Porte relatives au rapatriement des Crétois émigrés sur le territoire hellénique, la Conférence prend acte des déclarations faites par le Cabinet d'Athènes et demeure convaincue qu'il se prétera à faciliter, autant qu'il dépend de lui, le départ des familles Candiotes qui désireraient rentrer dans leur patrie.

Quant aux dommages privés encourus par des sujets Ottomans, le Gouvernement Hellénique, ne contestant nullement à la Turquie le droit de faire poursuivre par la voie judiciaire les réparations qui pourraient étre dues, et la Turquie acceptant de son còté la juridiction des tribunaux Grecs, !es Plénipotentiaires ne croient pas devoir entrer dans l'examen des faits et sont d'avis que le Cabinet d'Athènes ne doit négliger aucune des voies légales pour que l'oeuvre de la justice suive son cours régulier.

La Conférence ne saurait douter que devant l'expression unanime des Plénipotentiaires sur !es questions soumises à leur examen, le Gouvernement hellénique ne s'eropresse de conformer ses actes aux principes qui viennent d'étre rappelés et que !es griefs exposés dans l'ultimatum de la Porte ne se trouvent, par le fait méme, définitivement écartés.

Cette déclaration sera portée, sans délai a la connaissance du Cabinet d'Athènes, et les Plénipotentiaires ont la conviction que la Sublime Porte renoncera à donner suite aux mesures annoncées par elle camme devant étre la conséquence de la rupture des relations diplomatiques, si dans une communication notifiée aux Cabinets, la Grèce défère à l'opinion émise par la Conférence.

Les Plénipotentiaires faisant dès lors appel aux mèmes sentiments de conciliation et de paix qui animent les Cours dont ils sont les représentants, expriment l'espoir que les deux Gouvernements n'hésiteront pas à renouer leurs rapports et à effacer ainsi, dans l'intérèt commun de leurs sujets, toute trace du dissentiment qui a motivé la réunion de la Conférence.

(l) Non pubblicato.

44

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1357. Parigi, 20 gennaio 1869, ore 19 (per. ore 21,35).

La conférence a signé aujourd'hui la déclaration (l) et a approuvé la lettre d'accompagnement adressée au Cabinet d'Athènes. Les deux documents seront expédiés après à leur destination et portés à Athènes pa,r le comte Walewsky fils.

45

IL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 254. Atene, 21 gennaio 1869 (per. il 27).

In conformità a quanto avevo l'onore di scrivere a V. E. col mio rapporto

n. 252 (2), mi recai lunedì presso il Mìnistro degli Affari Esteri per appoggia,re la comunicazione, che il Ministro di Francia aveva fatto del telegramma del presidente della conferenza. Tutti i miei colleghi avendo ricevuto istruzioni dai loro rispettivi Governi per agire nello stesso senso, si recarono in quel giorno presso il signor Delyanni.

Come già a.nnunziai nel mio telegramma in data del 19 (2) il Ministro degli Esteri tanto con me, come coi miei colleghi, prese l'impegno di aderire all'invito della conferenza di astenersi da tutto ciò, che potrebbe rendere più difficile il compito che i Plenipotenziarii avevano accettato. Il signor Delyanni però nel prendere quest'impegno fece la riserva che la Grecia non discontinuerebbe i preparativi militari, onde non essere presi all'improvvista, se i lavori della conferenza non ottenessero l'esito desiderato. Il Ministro degli Esteri poi mi chiese se potevo favorirgli una copia del telegramma di V. E., al che io aderii ben volentieri, facendogliela pervenire con una mia lettera.

In quella conversazione io parlai incidentalmente dell'astensione del signor Rangabé di assistere alla conferenza, e feci osservare al signor Delyanni che l'assenza del Plenipotenziario ellenico poteva piuttosto nuocere che giovare agli interessi della Grecia. Il Ministro degli Esteri convenne meco su ciò, ma mi

soggiunse che non si poteva fare altrimenti poiché l'opinione pubblica era assolutamente contraria a che il Rappresentante di Grecia intervenisse in una posizione diversa da quella del Ministro di Turchia.

«Noi abbiamo dato, mi disse il signor Delyanni, tutte le spiegazioni al Governi, e perciò non dubitiamo che i loro Rappresentanti alla conferenza saranno pienamente informati di quanto ci riguarda».

Mi osservò inoltre che il signor Rangabé essendo accreditato presso la Corte di Francia, qualora fosse richiesto dal Marchese di Lavalette come Ministro degli Esteri dell'Imperatore per qualche schiarimento, esso era autorizzato a darlo.

Nel mio telegramma del 16 (1), io avevo informato V. E. che H Ministro di Prussia aveva ricevuto dal Conte di Bismarck istruzioni .telegrafiche per appoggiare otficialmente le pratiche che il Barone di Baude doveva fare, onde indurre il Governo greco a far intervenire il suo Ministro alle conferenze e per fargli nel tempo stesso sentire la grave responsabilità che peserebbe su di lui, ed i pericoli che potrebbero risultare a danno dehla Grecia. Ma pare che il Ministro di Francia non abbia ricevuto istruzioni precise ad hoc, e quindi non ne parlò col Ministro degli Affari Esteri, se non incidentalmente nella conversazione.

So altresì che il Ministro di Inghilterra e l'Incaricato di Russia ricevettero istruzioni per appoggiare quelle pratiche, lo che fecero in un modo non ufficiale. Si fu per ciò che il signor Wagner si astenne dal dare un appoggio ufficiale

a pratiche, che non erano state fatte in quella forma. Io non avendo ricevuto istruzioni speciali, mi limitai, come riferii più sopra, a farne semplice oggetto di conversazione.

Però non isfuggì alla penetrazione del signor Delyanni questo modo non uniforme per parte dei Rappresentanti Esteri in Atene, di fare consimili comunicazioni, compresa quella relativa al telegramma del Presidente deUa conferenza. Quindi mi parrebbe necessario che allorquando sarà il caso di notificare alla Grecia la risoluzione definitiva della conferenza, venga indicato un modo uniforme da tenersi da tutti i Rappresentanti presso questa Corte. Una tale uniformità di azione avrebbe maggior peso e maggior influenza per far accettare dal Governo Greco il verdetto della conferenza.

(l) -Con t. 1355 del 19 gennaio Nigra aveva informato che la Turchia aveva dato la sua completa adesione alla dichiarazione. (2) -Non pubblicato.
46

L' AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 47. Cairo, 21 gennaio 1869 (per. il 29).

In seguito al mio precedente rapporto di questa serie, ho l'onore parteciparle che malgrado .le insinuazioni del Signor Poujade (2), il Viceré o non ha osato, o non ha voluto impedire a Nubar di venire in Egitto.

Giunse infatti il 14 corrente, e gli bastarono questi pochi giorni per rimpadronirsi della situazione.

E' ora fuor di dubbio che il Signor Poujade ha ag~to secondo le istruzioni ricevute dal Signor Moustier, e non facendo calcolo del cambiamento ministeriale, ingannato, trasse il Viceré in inganno.

Quanto rapporto all'E. V. è in seguito di una conversazione con Nubar, e credo che i fatti debbono farla ritenere per veridica.

Nubar mi ha confermato quanto ho riferito col mio precedente dispaccio, dandomi informazioni che spiegano quanto H Signor Poujade mi aveva lasciato oscuro nelle confidenze fattemi.

Il preteso protocollo non fu firmato, e perciò non è documento diplomatico di alcun valore, è semplicemente un progetto redatto dal Signor Poujade conforme alle idee del Signor Moustier, accettato dal Viceré, e mandato a Parigi per ottenerne l'accettazione.

Questo progetto identico a quello di Nubar, è ancora più largo a favore del Viceré, ammettendo per esempio il tribunale Mekkemé, tutto ambo, per le quistioni territoriali, mentre Nubar propone l'elemento misto, senza eccezioni, per tutti i rami dell'amministrazione giudiziaria.

Il Signor Moustier non si opponeva al concetto, ma al modo di attuarlo, per personale animosità contro Nubar. Gli faceva appunto di essersi rivolto alle g,randi Potenze credendo d'imporne alla Fmncia. « La F,rancia, gli disse il Signor Moustier, non può ammettere di essere considerata in Egitto sullo stesso piede d'eguaglianza che le altre Potenze. Vi ha sempre predominato, e dovrà sempre predominarvi. Rifiuta la conferenza per non mettersi al livello deUe altre. Tratterà sola la riforma. La Prussia, la Russia e l'Austria non hanno grandi interessi in Egitto per offuscarsene. L'Italia dovrà accettare quello che faremo noi, e per condiscendenza lo accetterà anche l'Inghilterra. Noi dobbiamo fare, e gli altri seguirei».

Ciò spiega la condotta del Signor Poujade di voler far solo.

Nubar si è sempre energicamente opposto a questa pretensione.

Il Viceré invece cedette, chi sa a quali promesse del Signor Poujade, che per acquistare preponderanza isolata è dovuto andare forse al di là delle intenzioni stesse del suo Governo. E ciò si deve supporre se è vero quel che mi ha detto Nubar che il Signor de La Valette abbia rifiutato di approvare il progetto.

Il fatto sta che il Viceré si è ravveduto alla prima conferenza con Nubar il quale con forti colori gli ha dipinto la difficile posizione nella quale si metterebbe con le altre Potenze che, invitate, tanto favorevolmente accolsero le sue proposte, e gli ha dimostrato che le altre Potenze non avrebbero per dignità passivamente subite le pretenzioni Francesi. Nubar rientrato in grazia riparte dimani per Parigi. Egli è convinto che il Signor De La Valette avrà disposizioni molto più favorevoli che il suo predecessore, e dal suo modo di parlare mi pare abbia ragioni di esserne certo. Egli mi ha assicurato che sarà qui di ritorno tra un mese, perché quand'anche succedesse il caso di non poter ottenere l'adesione Francese, H Viceré è deciso invitare le Potenze accettanti alla riunione della Conferenza.

Quest'oggi Nubar è venuto da me a chiedermi il nome del Viceré di pregare

V. E. per parte di Sua Altezza di voler interessare il Cavaliere Nigra ad ajutarlo

per la rriescita della sua missione, ritenendo d'immenso peso il valevole in

tervento dell'E. V. presso il Signor De La Valette. La stessa preghiera è stata

fatta al Signor Stanton Agente e Console Generale inglese.

Il Signor Poujade, sia che realmente non abbia ottenuta l'approvazione del suo Ministro, sia che voglia mostrar broncio al Viceré, per diohiarata indisposizione, ma che anche a Corte si ritiene per supposta, non è intervenuto ad un ballo che Sua Altezza ha dato il 18 corrente in occasione dell'anniversario della sua venuta al trono, né ha fatto visita a Nubar.

Questi fatti, che difficilmente si potevano prevedere pochi giorni fa, mi fanno spemre che l'E. V. approverà la miH condotta, esposta nel mio precedente rapporto, di tenermi officialmente lontano dalle lotte personali, ed indipendente nelle gare di partito. La nostra politica in Egitto, a mio credere, deve tendere a secondare ogni sforzo del Governo che ha per iscopo civilizzazione e progresso; ma nazione giovane, perché la nostra influenza possa essere valevole, non dobbiamo destare sospetti di proponimentì che non abbiamo.

Si attendono alla fine del mese il Principe e la Principessa di Galles, che faranno un viaggio nell'alto Egitto. Il Viceré prepara grandi feste per il loro avrivo.

(l) -Non pubbl!c.ato. (2) -R. 46 del 7 gennaio, non pubblicato.
47

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 323. Berlino, 22 gennaio 1869 (per. il 28).

Le discours prononcé par l'Empereur des Français à l'ouverture de la session législative, a produit ici une bonne impression. Autant on montrait d'incrédulité il y a peu de mois, autant on est porté maintenant à se précipiter vers les issues pacifiques ouvertes par la diplomatie. Il y a une émulation de toute part à faire acte des meilleures dispositions, à ne pas ouvrir un chapitre nouveau et sanglant de notre histoire si féconde déjà en épisodes émouvants. C'est du moins le mot d'ordre donné avec plus ou moins de conviction par chaque Gouvernement.

Quelques favorables que soient les prrésages accueillis avec tant d'empressement par l'opinion publique, il ne reste pas moins de grandes difficultés, en présence surtout d'un système de paix armée. D'ailleurs le langage de l'Empereur Napoléon n'implique pas une confiance entière que rien ne viendra troubler l'harmonie générale. Si l'organisation militaire de Ia France a atteint son point culminant, l'argent manque encore pour battre le rappel des armées de terre et de mer sur pied de guerre. Pour faire face à toutes les éventualités, il serait nécessaire de recourir à un emprunt qui dépendra du vote du Corps législatif à la veille de se renouveler par l'élection. Sous ce point de vue, le discours impérial a été une réclame èlectoraJ.e. L'esprit qui règnera dans la future assemblée exercera, quoi qu'il ne faille pas s'en exagérer la portée, quelque influence soit pour contenir, soit pour exploiter les passions militaires qui en France sont toujours assez surexcitées. Elles le sont sans doute plus que ne le voudrait son Souverain qui ne viserait qu'au maintien du status quo.

7 -Docume11tt dtplomattct -Serie I -Vol. XI

Et cela absolument comme le Roi Guillaume qui croit avoir assez fait pou.r l'Allemagne pour avoir le droit de ne pas se lancer dans une politique aventureuse. Le temps d'ailleurs travaille lui-meme à préparer l'unification. La crainte que la Prusse veuille annexer le Midi en tout état de cause, n'est qu'un vain fantòme. Maintenant la Prusse ne le veut et ne le peut. Elle ne le veut point parce qu'avec le territoire qu'elle possède déjà, ene a acquis une position militaire avec les conditions voulues de sécurité; et parce qu'elle a assez affaire avec l'assimilation de ses nouvelles Provinces. Elle ne le peut pas, parce qu'il lui manque à cet effet tout prétexte sérieux, et parce qu'elle ne vaudrait pas provoquer une guerre européenne pour se permettre le luxe de telles annexions.

Toujours est-il que dans ces circonstances, la conservation de la paix dépendra bien plus de l'impulsion de l'esprit public et du Gouvernement en France, que de l'attitude de la Prusse intéressée au plus haut degré à ce que rien ne vienne entraver sérieusement son travail d'organisation intérieure et fédérale. Je ne parle pas de l'Autriche. QueJles que soient ses rancunes, quels que soient ses efforts pour se concilier la Bavière et le Wiirtemberg dans l'Allemagne Méridionale, elle est réduite pour le moment à l'inaction, tant qu'elle ne pourra pas compter avec certitude non seulement sur le concours dc la Hongrie, mais aussi sur un appui de la France.

En attendant s'il est vrai que les passions belliqueuses semblent s'amortir, que les déceptions elles-memes s'efforcent de se consoler, on ne saurait, je le répète, induire de cela meme que tout soit réglé. Ce serait pousser un peu trop loin l'illusion.

En admettant que la crise turco-grecque soit à la veille de perdre son caractère aigu, ne reste-t-il pas l'ile de Crète, matériellement pacifiée dit-on, qui continuera à étre un terrain d es plus propices à une nouvelle rébellion? Ne reste-t-il pas d'autres Etats qui guettent l'occasion de s'affranchir du vasselage de la Porte? Celle-ci a malheureusement plus de bonnes intentions que de pouvoir relativement aux amèliorations pratiques à introduire chez ses populations Chrétiennes. Il y a en outre un fait que les Traités, les déclarations ne peuvent changer, c'est la position géographique de la Russie vis-àvis de la Turquie, position qui fait la faiblesse de celle-ci et la force de la poiitique des Tsars. Or comme on n'a pas le secret de refaire subitement sur le sol ottoman un Empire compact et rajeuni capable de se défendre par luimeme, quelle est dans cette situation la garantie de l'Europe? C'était en 1856 l'alliance des Puissances Occidentales, mais depuis lors les relations se sont très sensiblement modifiées nommément quant à l'Angleterre où le principe de non intervention à main armée a beaucoup gagné de terrain. On dirait presque que la Russie pressent que l'avenir lui appartient lors meme qu'elle cède aujourd'hui à la nécessité en ne sortant de son recueillement tout juste ce qu'il faut pour sauvegarder son prestige en Orient.

Sans qu'il y ait à se méprendre sur les différents mobiles qui ont pu diriger dans ces derniers temps le Cabinet de St. Pétersbourg, rien n'autorise cependant à suspecter la bonne foi avec laquelle il s'est employé à l'oeuvre de la Conférence. Mais il a dù. avoir le sentiment qu'il faisait une chose utile à tous... et à lui-méme.

48

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 1269/548. Londra, 22 gennaio 1869 (per. il 29).

Siccome aveva l'onore d'informarLa col mio telegramma delli 12 corrente (1), Lord Gl>arendon mi confidò che 1ill seguito a,lle osservazioni da me svolte nel «pro-memoria » che, dietro agli ordini dell'E. V., io gli presentai sugli affari di Tunisi (2), aveva dato istruzione a Lord Lyons di dire al Marchese di Lavalette, che, considerando !'.istante attuale, in cui la quistione orientale assorbiva tutta l'attenzione del Gabinetto delle Tuileries, inopportuno per trattare la vertenza originata dal dissesto deHe finanze tunisine, lo pregava a sospendere ogni decisione a tale riguardo fino a che avesse avuto campo di comunicare le sue vedute al Governo di S. M. la Regina.

Parmi che pel momento questo fosse quanto si potesse ottenere, ed ho saputo confidenzialissimamente da un impiegato del « Foreign Office », il quale lo trascrisse, che copia del mio <<pro-memoria» venne inviata al prefato Ambasciatore britannico a Parigi. Giudico pertanto conveniente in tale stato di cose di darle, Signor Conte, comunicazione di siffatto documento (3) e mi valgo della partenza del consueto corriere inglese peti' qui unito ,trasmetterglielo.

Già accennai all'E. V. la sostanza delle conversazioni che io ebbi con Lord Clarendon su questo per noi rilevantissimo argomento. II giorno che Sua Signoria mi 3illnunciò d'aver dato a Lord Lyons le istruzioni di cui più sopra, insistetti di nuovo per quanto potei sulla necessità di non accettare le ultime proposte francesi senza introdurvi tali modificazioni da rendere inviolabili i diritti dei creditori stranieri. Concludendo dissi che veramente non intendeva perché Italia e Inghilterra avrebbero spiegato la loro influenza per vedere in definitiva stabilirsi a Tunisi la preponderanza francese più forte di prima, e permettere che nella sezione più importante della Commissione internazionale il solo Governo imperiale sia per essere ra,ppresentato, o meglio, sia per avere l'assoluto controllo delle rendite della Reggenza.

Mylord mi rispose che avevo ragione e che divideva esattamente hl mio modo di pensare.

Non so se queste buone disposizioni di Sua Signoria saranno per subire qualche alterazione quando sottoposte alla pressione del Gabinetto delle Tuileries. Ma ad ogni modo ho procurato, ora che nulla gli è stato ancora esternato a questo riguardo da alcuna sorgente francese, di chiamare per quanto possibile la sua attenzione sui pericoli che la politica imperiale a Tunisi tiene in serbo tanto per l'Italia che per l'Inghilterra e sulla urgenza di rimanere unite onde poterli vittoriosamente combattere. Né cesserò di tener simile lin

guaggio fino a che avrò l'onore di trovarmi nella mia presente posizione provvisoria.

Rilevo intanto dal rapporto sulla situazione dell'Impero francese pubblicato ogni anno al principio della sessione del Corpo legislativo, che circa la quistione di Tunisi vien detto che la combinazione creata dal decreto del Bey diede origine a varie obbiezioni per parte dei creditori, le quali ritardarono la esecuzione di esso. Il rapporto aggiunge quindi che il principio fu tuttavia accettato dai Gabinetti di Londra e di Firenze, avendo entrambi aderito alle vedute della Francia, e che v'ha perciò campo a sperare che un completo accordo verrà a stabilirsi su questo soggetto; ma essere in ogni caso il Governo imperiale fermamente risoluto a non lasciar nulla intentato per ottenere dal Gove.rno tunisino l'adempimento degli obblighi contratti coi creditori francesi.

Da quanto precede non è difficile lo scorgere l'importanza che più che mai esiste per l'Italia e per l'Inghilterra di resistere alle pretensioni della Francia.

(l) -T. 1343, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 24. (3) -Non si pubblica.
49

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA

T. 845. Firenze, 23 gennaio 1869, .ore 14.

Vous recevrez incessamment une dèpeche (l) pour que vous fassiez des démarches auprès de la Grèce afin qu'elle accepte la délibération de la conférence. En attendant vous pouvez agir en ce sens.

50

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. 132. Firenze, 24 gennaio 1869.

Le notizie che abbiamo ricevute da Tunisi fanno il quadro il più triste delle condizioni attuali del commercio europeo in quel paese. Tali condizioni sono in parte dovute a circostanze indipendenti affatto dalla volontà e dalle intenzioni del Governo locale, ma nella massima parte sono la conseguenza del disordine che regna nell'amministrazione della Reggenza disordine che ebbe foo-s'anche a crescere a seguito delle ste.rili discussioni che ebbero luogo fra le potenze principalmente interessate a rimediare ad un simile stato di cose.

Ella conosce, Signor Conte, a quale punto rimasero in sospeso le trattative. Noi crediamo che sarebbe cosa assai utile il ripigliarle sulla base delle osservazioni contenute nelle ultime nostre comunicazioni al Governo francese, comunicazioni ch'Ella ebbe incarico di far conoscere anche al Gabinetto britannico. Sovra quelle basi si potrebbe formulare una controproposta la quale

assicurasse a tutti i crediti ed a tutti i Governi interessati un'uguaglianza assoluta nell'inserimento che si tratterebbe di prendere nell'assetto finanziario della Tunisia, ed al tempo stesso guarentisse contro qualsiasi arbitraria innovazione i contratti esistenti tra il Bardo ed i suoi creditori.

Vorrei ch'Ella esplorasse sollecitamente le intenzioni del Governo inglese a questo proposito perocché dal continuo indugiare nella ricerca di una soluzione potrebbero derivare nuove complicazioni.

E qui è necessario ch'io Le faccia noto come corresse voce a Tunisi che da quell'agente francese si fossero fatte nuove sollecitazioni al Governo del Bey perché togliesse alcune fra le guarentigie accordate ai crediti risultanti dalle cosi dette conversioni per accordarle ai creditori del consolidato tunisino. Siffatte voci io ritengo insussistenti per quanto riguardano gli intendimenti del Governo di Francia, non volendo neppure supporre che possa avvenire che tali passi si facciano mentre pendono le trattative per un comune concerto fra Parigi, Firenze e Londra. Ma la S. V. non ignora come S1Jesse volte avvenga che in simili quistioni i Gabinetti siano tratti a fare passi assai più spinti di quelli che avrebbero voluto essi stessi che si facessero. Tale pericolo si accresce ogni volta che l'attenzione dei Governi si lascia distrarre da siffatti interessi abbandonandoli quasi interamente alla sagacia ed all'avvedutezza dei suoi agenti locali. Vorrei pertanto che la S. V. ricordasse a Lord Clarendon questa pratica per l'Inghilterra non meno importante che per noi e gli esponesse l'urgenza di t'rovare per la medesima una conveniente soluzione.

(l) Non pubblicato.

51

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 438. Firenze, 25 gennaio 1869.

Ella troverà qui unito un dispaccio che il R. Agente e Console Generale in Tunisi mi ha diretto sotto la data del 19 corrente mese 0). La S. V. riceverà pure colla spedizione d'oggi copia d'un mio dispaccio al R. Incaricato d'Affari in Londra (2) ,relativo all'urgente necessità di trov~are un accomodamento conveniente nella quistione finanziaria della Tunisia.

Allorché il Conte Maffei ebbe a parlare con Lord Clarendon (3) della vertenza tunisina ebbe a riconoscere che il nuovo primo segretario di Stato della Regina era animato da disposizioni conformi alle nostre. Per altra parte è probabile che il signor di La Valette non annetta a tutte le parti delle proposizioni francesi tutta l'importanza che sembrava attribuir loro il di lui predecessore al Ministero Imperiale degli Affari Esteri.

Queste circostanze mi sembrano assa,i propizie pe,r entrare in trattative che potranno condurre, lo spero, a togliere di mezzo ogni difficoltà fra i Ga

binetti che sono egualmente interessati ad ottenere un regolare assetto della finanza tunisina.

Appena io avrò avuto da Londra qualche cenno più prec.iso delle intenzioni di Lord Clarendon mi proporrei di sottomettere al Governo francese un progetto da adottarsi di comune accordo fra i Governi per esercitare un'efficace tutela degli interessi dei creditori del Bardo senza dare ad alcuna potenza un'illegittima preponderanza negli affari della Tunisia.

Questo progetto sarebbe una modificazione delle proposizioni fatteci dal signor Marchese Moustier nella quale modificazione terrebbesi conto di quelle osservazioni ch'io Le ho sottoposte col mio dispaccio del 4 dicembre 1868 (1).

Se pertanto in questo frattempo Ella avesse occasione di parlare col signor di La Valette in ordine agli affarri di Tunisi, La preghe·rei Signoll' Ministro, di voler prepara.re il terreno a questa nostra proposizione di accomodamento. Un rimedio è inclispensabile nello stato presente delle finanze della Reggenza, ma i provvedimenti da prendersi non debbono ave-r per effetto di rtmedla!re ad un male presente creando mali futuri, e tali sarebbero, a nostro avviso tutti quei provvedimenti che dovessero avere per risultamento di modificare Io stato politico della Reggenza o di prepararne la modificazione.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 50. (3) -Cfr. n. 24.
52

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 847. Firenze, 26 gennaio 1869, ore 12,30.

On nous mande de Londres (2) que la Prusse avalt proposé une intervention commune en Grèce dans le cas où celle-ci refuserait d'adhérer à la déclaration de la conférence. Lord Clarendon combat cette proposition. Qu'y a-t-il de vrai dans cela? (3).

63

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 74. Vienna, 26 gennaio 1869.

Il dispaccio politico n. 46 (4) testé da me ricevuto è, a mio avvtiso, gravissimo poiché contiene alcuni apprezzamenti sulla politica generale del Ga

«Je n'ai pas jugé à propos de répondre au dernier télégramme <:hiffré de V. E. du 26 Janvler, car mon rapport N. 322 du 22 avait dévancé l'intcrpe!lation qui m'étalt faite. V. E. aura vu qu'il ne s'agissait pas d'une proposition formelle d'interventioH collectlve en Grèce, mals d'une simple idée suggérée à Londres et à Paris -dans le but humanitaire de prévenlr un conflit celle de s'interposer par l'envoi dans l'Archipel d'une flotte mlxte des Puissances.

Cette ldée n'ayant pas été accueillle favorablement le Cab!net de Berl!n n'a pas !ns!sté ».

binetto austriaco, che, con tutto il rispetto che io pur debbo ai giudizi dell'E. V. non mi sembrano esatti e conformi alle vere condizioni di questo paese e del suo Gabinetto.

Io rispetto pure altamente l'opinione dei miei colleghi, che al pari di me hanno la ventura e l'onore di rappresentare l'Italia presso le altre nazioni, ma in ciò che concerne l'Austria e le aspirazioni del suo Governo io reputo che le mie informazioni siano rigorosamente vere.

Né le nascondo poi che svegliarono in me grandissima meraviglia le notizie che vennero trasmesse a V. E. da Parigi intorno al contegno dell'Austria nella recente complicazione europea, e l'assicurazione formale che il Gabinetto di Vienna non solo vagheggi una guerra fra la Prussia e la Francia, ma che a quest'ultima sia larga d'incoraggiamenti guerreschi.

Io ho creduto fin qui, e credo di non essermi ma·le apposto, che gli incoraggiamenti gue,rreschi venissero dalla Francia all'Austria. Taccio delle lusinghe e delle larghe offe.rte del colloquio di Salisburgo; ma non posso tacere però ciò che succede sotto ai nostri occhi quotidianamente e se vi ha qualcheduno che soffi nel fuoco delle discordie europee, questi non è certo il Barone di Beust. Se l'E. V. avrà la somma degnazione di rileggere i miei rapporti, vedrà chiaramente quali furono sempre le tendenze della politica francese qui in Vienna, e reputo non avrà obliato il famoso incidente che mi riguarda (1). Ma continuamdo su questo argomento, osserverò che nel mio dispacc,io segnato al n. 71 (2) io ho risposto preventivamente a molte delle cose contenute nel dispaccio ministeriale oggi ricevuto. Né quel dispaccio è in controddiz.ione alcuna col dispaccio neJ quale io rendo conto dei miei colloqui col Conte Andrassy. La differenza tnt l'opinione del Ministro ungherese e quella del Cancelliere deU'Impero s.ta in questo e cioè che l'uno vorrebbe che il t.rattato di Praga fosse intangibHe in ciò che riguarda la linea del Meno anche a costo di una guerm, e I'alt,ro invece considera che la violazione di questo patto non dovrebbe esser mai cagione di nuova contesa armata fra Ber.Uno e Vienna. Ma questa differenza di apprezzamenti. che deriva non da carattere diverso o da diverso g.rado di ingegno o larghezza di vedute f:ra 1 due uomini di Stato, ma dalla differenza di tendenze e di aspirazioni dei due paesi che costituiscono l'Impero dualistico non autorizza alcuno ad affermare che il Barone di Beust ed il Conte Andrassy abbiano fomentato le agitazioni in Oriente. E come ho già notato che sembrava che le agitazioni guerresche venissero da Parigi e non da Vienna, mi piace notare pure che le provocazioni in Oriente, non muovono dall'Austria né dall'Ungheria, ma dalla Russia, dalla Prussia e dal partito slavo.

Le agitazioni dei Principati opera di chi furono, se non di quest'ultimo partito? La insurrezione di Creta, le spedizioni della Bulgaria, gli incidenti tutti che si produssero in Oriente in questi ultimi tempi a chi si debbono attribuire? Io credo che V. E. nel suo alto senno non disconoscerà in essi certo la mano occulta di una grande potenza che certo non è l'Austria.

Ma toccando della politica generale mi permetta Eccellenza di osservare che se la Prussia vuole continuare l'opera sua in Germania non lo potrà cer

tamente se la sicurezza dell'Impero austriaco continuerà ad essere minacciata in Oriente. Voler condannare l'Impero austriaco a lasciarsi demolire tanto all'Oriente che all'Occidente equivale a chiedere all'Austria una politica di abdicazione che nessuno dei suoi uomini di Stato, sia ungherese sia cisleitano, vorrà mai consentire. Aggiungo anzi di più che l'Austria non può rinunziare alle sue aspirazioni tedesche che se essa non trova nuove forze in Oriente. Né per nuove forze intendo aumento di territorio. La politica ungherese nell'Oriente è conservatrice non invaditrice. Essa non aspira ad annettersi nessuna provincia, essa non vuole che opporsi all'aumento dell'influen~a rrussa che la minaccia. Essa è inspirata da un naturale sentimento di difesa e di prudenza. Per convincersi che i sospetti del Governo di Pesth non sono infondati, basta leggere i rapporti del nostro 1ncaricato a Bucarest a Lei dil'etti e che parlano delle aspirazioni rumene nelJa Transilvania (1). Né il Conte Andrassy né il Conte di Beust vogliono rimescolare l'Oriente! essi non vogliono che custodirlo dalla influenza russa, dal predominio delle idee slave. Essi non intesero, né intendono sollevare la questione Orientale, essi anzi vogliono circoscriverla, !imitarla, risolverla pacificamente.

La mia opinione personale è che il Conte di Beust è accusato ingiustamente, la mia opinione personale è che egli non ha provocato le idee bellicose della Turchia. All'estero i diplomatici su ciò non sono che l'eco delle calunnie del partito feudale all'interno, di quel partito che vorrebbe sbalzare il Cancelliere dell'Impero dal suo scanno per rinnovare i felici tempi del Concordato romano. Io quindi supplico l'E. V. di andar guardingo a credere ciò che gli viene riferito intorno agli intendimenti del Conte di Beust e debbo fargli notare che tutti i frutti della politica conciliatrice del Conte Andrassy colla Prussia anderebbero perduti se si continuasse a far la guerra all'influenza e agli interessi austriaci in Oriente. Se la Prussia non vuole incontrare soldati austriaci sul Meno deve ritirare la sua mano dalle sponde del Pruth. È il solo mezzo che ·la politica diventi francamente pacifica e cordiale fra le due grandi potenze tedesche, con questa differenza però, che mentre la Prussia segue una poUtica annessionista nel Sud della Germania, l'Austria segue una politica conserva-trice nella Rumenia. Per l'una è questione d'ingmndimento territoriale, per l'altra non è questione che d'influenza morale e di conservazione dei propri territori. Almeno ciò è quanto mi ha sempre affermato H Conte Andrassy e che credo aver riferito esattamente nei miei rapporti.

Intorno poi a quanto Ella mi osserva sulla stampa ufficiosa austriaca e sulle provocazioni di essa, io credo che il Governo ne declini ogni responsabilità ma in ogni modo le violenze della stampa viennese, sono esse paragonabili alle violenze della stampa .prussiana? Io certo non mi fo il difensore né del Governo Austriaco né della sua politica, né dei suoi uomini di Stato, ma ho creduto esporre a V. E. la mia opinione con franchezza e lealtà tanto per prevenirla da certe informazioni poco esatte che fossero per pervenirle da altri paesi, quanto per metterla in grado di continuare l'opera che EI.la ha già iniziata e cioè di pacificare gli animi, mutati dalle passate vicende e di contribuire a stabilire una pace fondata non sopra artificiali combinazioni, ma

sulla libera conciliazione degli interessi, delle aspirazioni dei nostri potenti alleati.

Né posso conchiudere questo mio rapporto senza rammentarle ciò che mi diceva il MLnistro Giskra che è certo l'uomo più influente del Gabinetto CisleJtano e che è il vero capo del partito tedesco:

«Coloro che credono che l'Austria segua una politica bellicosa s'ingannano a partito, quando si ha per moneta dei pezzi di carta che perdono 11 venti per cento, non si può pensare che a riord1nare le proprie finanze. Chi facesse altrimenti bisognerebbe inviarlo al manicomio». Ed il Ministro ragiona come ragiona la pubb1ica opinione ed io conchiudo dicendo che se la guerra divampa in Europa non sarà l'Austria che la farà divampare.

(l) -Cfr. serle I, vol. X, n. 721. (2) -T. 1364 del 25 gennaio, non pubbllcato. (3) -Launay rispose con R. 325 del 30 gennaio:

(4) Cfr. n. 23.

(l) -Cfr. serie I, vol. X. nn. 467, 471, 472 e 473. (2) -Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 9.

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IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO FRANCESE, ROUHER (l)

L. P. Firenze, 27 gennaio 1869.

Tout marche bien ici, les dispositions sont très bonnes et on comprend l'importance de l'acte projeté, seulement il y a certaines difficultés à vaincre, elles ne sont pas dans le Roi, mais plutòt dans Menabrea qui a un petit esprit et qui ne possédant pas lui méme une véritable force dans le pays, est hésitant.

Je travaille de mon mieux et je vous promets de bien faire les choses. Je serai obligé de rester peut-étre quelques jours de plus, pour empéc'her le doute du Président du Conseil de triompher.

Vous pouvez rendre compte de cela à l'Empereur, confidentiellement, sans montrer ma lettre.

Le Roi est on ne peut mieux disposé, le Président du Conseil le suit. J'ai insisté près de Sa Majesté pour que le comte Cambray Digny soit mis dans le secret, le ministre des finances est un homme personnellement trop important pour lui laisser ignorer méme les projets d'un acte d'une aussi haute importance politique.

La demande d'nn encheminement ou règlement définitif de la question romaine sera la partie importante du contreprojet italien.

Le Roi avait acconsenti du commencement à ne pas parler de Rome, mais il s'agissait de la rétrocession par la France à l'Italie du comté de Nice, c'est le refus à cette rétrocession qui nécessite le retour de la question romatne sur .le tapis. Ne perdez pas de vue, cher ami, que le Roi doit justifier l'acte dont il s'agit, aux yeux du pays qui comprendrait mal une alliance sans aucune stipulation pour la question romaine, qui préoccupe tous les esprits et paralyse tous les Ministères.

(l) Da ACR.

55

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1373. Parigi, 28 gennaio 1869, ore 14,15 (per. ore 19).

Le général Cialdini part ce soir de Paris pour Florence, par la voie de Nice. Il compte etre à Florence le trente un ou le premier. Il a jugé convenable de s'arreter deux jours à Paris pour avoir avec M. Olozaga des conversations importantes qu'il vous référera.

56

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 439. Firenze, 29 gennaio 1869.

Riservandomi di trasmetterle un dispaccio di approvazione per la parte che Ella ha preso nella conferenza che testé ebbe luogo a Parigi appena mi saranno pervenuti tutti i protocolli delle sedute della conferenza stessa, desidero esternarle fin d'oggi tutta la soddisfazione che ho provato pel modo distinto coJ quale Ella ha rappresentato ti Govmno del Re in questa occasione. Le sue osservazioni accettate dalla conferenza appajono inspirate da un esatto concetto del contegno che il Governo italiano voleva osservare nel conflitto greco-turco. Esse furono infatti suggerite dall'intendimento di facilitare il ristabilimento delle regolari relazioni della Grecia colla Sublime Porta indipendentemente da ogni pressione e da ogni intervento nelle cose interne sì della Grecia che della Turchia.

A questo proposito Le debbo accennare che dalle informazioni che ebbi da Londra e da Berlino risulterebbe che un progetto d'intervento o di occupazione mista in Grecia sia stato ventilato per il caso in cui il Governo elleno pigliasse un atteggiamento inquietante pel mantenimento delle relazioni pacifiche tra il Regno di Grecia e l'Impero Ottomano.

Anche dal signor Barone di Malaret fu chiesto al Segretario generale di questo Ministero se tale progetto fosse giunto a nostra cognizione, e se sul medesimo ci fossimo trovati m caso di emettere un'opinione.

Per verità il fatto di intervenzione straniera in uno Stato europeo ci pare cosi grave, che sul medesimo ci sembra impossibile che si possa pronunciare un avv.iso senza una gra;nde ponderazione.

Le informazioni più recenti che abbiamo ricevuto ci portano a credere che ogni progetto su tale proposito sia stato per ora abbandonato; ma il contegno della Grecia, sul quale non si hanno ancora dati positivi, potrebbe far risorgere l'idea deH'intervento misto, che, per il momento, si dice abba;ndcmata.

Ove un siffatto progetto fosse presentato alla conferenza prima che un

accordo preliminare fosse stato preso anche con noi, ritengo savio consiglio che Ella debba dichiarare di non avere istruzioni per deliberare su tale argomento. Noi vorremmo infatti riservarci di prende,re sovra una siffatta proposizione una risoluzione, so>Itanto nel caso di assoluta ed urgente necessità (1).

57

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA. MAFFEI

D. CONFIDENZIALE 134. Firenze, 29 gennaio 1869.

Nel rapporto ch'Ella mi ha diretto addl 20 corrente (2) fissò la mia particolare attenzione quella parte nella quale la S. V. mi riferisce che le voci corse a Londra di un possibile accordo di veC.ute fra Francia e Russia in ordine alla quistione orientale sembravano preoccupare la mente di Lord Clarendon.

Sebbene sin qui non mi sian pervenute altre notizie che confermino quelle voci, ciò nondimeno esse potrebbero non essere affatto prive di fondamento, ed in tal caso meriterebbero che anche noi ce ne preoccupassimo.

Non ignora infatti la S. V. come frequenti tentativi siano stati fatti per mettere in accordo l'azione della diplomazia francese colla russa in ordine alle quistioni orientali. Per poco che si considerino le aspirazioni direi storiche o tradizionali della politica dei due Imperi, si scorge che le loro tendenze non convergono sopra un solo punto, bensì mirano a due scopi forse identici ma sovra un campo affatto diverso. Mira infatti la Russia ad esercitare una azione potente nelle contrade europee dell'Oriente mentre tende a fortificarsi in Asia; la Francia invece concentra le sue vedute più particolarmente sulle coste africane, sull'Egitto, sulla Siria ed in tutti questi paesi laddove la Russia sembra aver ritirato ogni elemento di az,ione eventuale, attivissima si spiega _ed incessante l'opera della Francia, opera che è od almeno appare molto meno sensibile in quelle parti della Turchia d'Europa delle quali più specialmente si preoccupa il Gabinetto di San Pietroburgo.

Queste considerazioni che certamente non sfuggono all'avvedutezza del Governo britannico ci conducono naturalmente a fare alcuni riflessi sulla facilità che vi sarebbe per la Francia come per la Russia di intendersi per seguire una politica comune in Oriente. E ciò spiega la particolare importanza che noi abbiamo ognora dato alla conservazione dello statu qua attuale delle provincie ba;rbaresche, prima porta che ove si aprisse alla Francia lascerebbe libera la via a ben più ampi disegni.

La politica conservativa dell'Inghtlterra alla quale, come Ella sa, ci siamo associati nella sostanza se non sempre nella forma, costituisce in oggi il principale ostacolo che si oppone all'effettuazione di progetti che sarebbero non meno dannosi alla Gran Bretagna che all'Italia. Potrebbesi però dubitare se una politica decisamente contraria allo stabilimento delle autonomie nazio

na'i in quelle località ove gli elementi indigeni sembrano sufficienti a costituirle, ed ove esiste un vero movimento interno capace di effettuarle, sia nelle condizioni presenti il miglior modo di opporsi all'accordo che potrebbe facilmente prodursi fra la Russia e la Francia. È questo un semplice dubbio che noi emettiamo; ma questo dubbio ci è sopratutto suggerito dalla considerazione che il Governo russo travasi impegnato dalle tradizioni della sua politica a proteggere in particolare maniera le razze cristiane della Turchia europea e non potrebbe facilmente mutare di linea di condotta senza rinunziare ad ogni posizione e ad ogni influenza in Europa. Ora sembra a noi che se le Potenze interessate ad impedire la effettuazione di certi progetti che comunemente si attribuiscono ad altri Stati vogliono seriamente adoperarsi per far sì che non abbiano a verificarsi tali dannose eventualità, dovrebbero intendersi per non ispingere il Gabinetto di S. Pietroburgo nel bivio ove si troverebbe forzato o di rinunziare alla tradizionale sua influenza in Oriente od a cercare negli accordi separati con un'altra Grande Potenza il mezzo di dare alla influenza stessa uno sviluppo ancora maggiore di quello ch'essa non ebbe sin qui.

Come Le dico, Signor Conte, questi sono semplici nostri riflessi tendenti a metterla in grado di provocare, ove l'occasione se ne presenti, da Lord Clarendon uno scambio di vedute dal quale noi potremmo trarre il massimo profitto segnatamente in tutte quelle pratiche ed in tutte quelle vertenze nelle quali l'identità degli interessi della Gran Bretagna e dell'Italia è indiscutibile.

(l) -Del contenuto di questo dispaccio venne data notizia a Londra con D. 137, pari data. (2) -Non pubblicato.
58

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI

D. 49. Firenze, 29 gennaio 1869.

Mi giunsero regolarmente i pregiati rapporti di V. S. IIJustrissima sino al

n. 73 di questa serte e La ringrazio per le inte·ressanti notizie in essi contenute.

Nel n. 73 (l) Ella mi annunzia la visita che venne a farle di sua propria iniziativa il Nunzio del Papa Monsignor Falcinelli e mi chiede quale contegno Ella debba serbare qualora questi volesse frequentare la sua casa. Io non vedo alcuna difficoltà a questo scambio di cortesie col Nunzio del Papa che non hanno nulla di politico e solo riguardano le relazioni personali e di società fra distinti personaggi.

Le unisco un annesso in cifra come pure n. 7 documenti diplomatici.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

J'ai lu attentivement vas intéressantes lettres du 2 et 8 Janvier (2). Les conversations que vous avez eues avec M. de Beust m'ont fait connaitre exactement la

fiituation de l'Autriche au point de vue de ses tiraillements intérieurs. Cette situation de meme que la conduite parfaiternent neutre que nous nous proposons de suivre ùans les affaires d'Orient me persuadent que la démarche contenue dans votre letire au Prince Charles de Roumanie pourrait facilement nous entrainer à sortir de la ligne de conduite que nous nous sommes tracée. Il s'agirait en enet d exer.cer une cspèce de méàiation toute officieuse, mais qui ne serait pas moins une vraie médiation, entre la Hongrie et les Principautés Unies afin d'amener des explications qui devraient avoir pour résultat un rapprochement complet entre ces deux Gouvernements. Vous savez que nous sommes intéressés au maintien de la paix en Orient comme en Occident et par conséquent qu'il nous importe d'écarter entre Pesth et Bukarest tout sujet de mésintelligence pouvant amener des différends qui ne tarderaient pas à donner lieu à des conflits. Mais entre veiller soigneusement sur cet intérét en exerçant au fur et mesure que l'occasion s'en présente une action officieuse et ami..:ale de conciliation auprès du Prince de Roumanie, et négocier une entente entre la Hongrie et les Principautés Unies, il existe selon nous une immense distance. Nous ne désirons pas que notre action perde son caractère pour ainsi dire transitoire en devenant une action dont le but serait l'application d'un plan politique sur lequel rien ne nous conseille en ce moment de nous prononcer d'une manière pouvant engager l'a venir.

La Russie a les yeux ouverts sur la Roumanie. Elle soupçonne le Cabinet de Pesth de nourrir des desseins d'annexion à l'égard des populations serbes bosniaques, esclavonnes qui forment le noyau des slaves du midi. Ces dernières d'après nos informations ne considèrent jusqu'ici la Russie que comme un protecteur naturel, mais elles repoussent énergiquement toute idée d'annexion directe ou indirecte avec l'Empire Russe. Par contre elles nous ont maintes fois fait connaìtre leurs sympathies pour l'Italie. Vous n'ignorez pas l'importance que nous devons attacher à tout ce qui concerne l'avenir des populations occupant un territoire dont le dt:bouché naturel est sur l'Adriatique: dans notre ligne de conduite nous devons éviter tout ce qui pourrait avoir pour effet de jeter ces populations dans les bras de la Russie, et nous devrions craindre que cela n'arrive si on venait à connaitre à Belgrade, à Agram et ailleurs que nous engageons notre politique dans un sens trop favorable aux aspirations de l'Hongrie. Il est peu de questions aussi difficiles et aussi compliquées que celles y_ui concernent l'avenir des peuples habitants cette vaste contrée de l'Europe dont la souveraineté est a.ctuellement partagée entre l'Autriche et la Turquie. Le mouvement qui se produit dans cette contrée n'a encore rien de bien défini, mais il ne faut. pas le perdre de vue. Contre la propagande panslaviste, il faut opposer de notre part une politique tendante à empecher que les Slaves du Sud ne se jettent dans les bras de la Russie et il nous faut par conséquent éviter tout ce qui serait de nature à porter ombrage aux Serbes et au parti national de la Croatie.

Je vous explique ces idées avec la plus grande franchise, mais aussi sous la plus grande réserve. Vous verrez vous meme ce qu'il vaut mieux faire pour maintenir le prince Charles dans une voie sincèrement pacifique. Vos conseils, à titre de conseils d'un oncle à son neveu, n'engagent en rien la politique du cabinet italien. Ils sont destinés à demeurer secrets et confidentiels; mais peut etre trouverez-vous opportun méme à ce titre de moins insister sur le fond de la question nationale de la Transylvanie. Vous savez probablement que cette question a été toujours la pièrre d'achoppement contre laquelle sont venus se briser tous les efforts de la diplomatie italienne lorsqu'il s'agissait d'établir une entente entre le parti national hongrois et le gom·ernement roumain. Jamais un accord n'a pu étre établi à ce sujet entre les chefs de l'émigration hongroise d'avant 18G6, et les différentes administmtions des Prinéipautés Unies. Nous n'avons évidemment plus maintenant le méme intérét à engager la politique du Gouvernement dans une voie dans laquelle, en d'autres circonstances nos efforts ont été complètement stériles.

Après les communications que vous avez faites à Andrassy il y aura peut étre pour vous quelque difficulté à éviter que le premier ministre hongrois ne croie que nous sommes moins sympathiques à la Hongrie, qu'il ne l'aurait lui-méme cru tout d'abord. Ce point exige de votre part beaucoup d'habileté. Il ne faut pas que M. Andrassy puisse penser que l'Italie penche dans un sens favorable aux prétentions

roumaines, il ne faut pas non plus qu'il puisse supposer que le Prince Charles, en exagérant ses prétentions, se refuse maintenant à une entente entre son pays et la Hongrie. Je comprends que la position est fort délicate surtout si M. Andrassy connait, comme vous me le dites, une partie de votre correspondance avec le Prince. Mais vous pourriez peut-etre trouver dans !es rapports qui passent entre !es deux ministères de l'Empire et dans !es tiraillements personnels existants entre le chancelier impérial et le premier ministre hongrois, un premier motif d'observer une réserve qu'une pareille situation peut amplement justifier de votre part; et vous pourriez également trouver dans l'attitude prise par le Gouvernement de Bukarest à la suite de vos premières communications une raison de suspendre pour le moment des con3eils que les circonstances actuelles ne semblent point suffisamment justifier aux yeux du Prince Charles. En demeurant je vous le répète en voie privée et confidentielle vous pourrez toujours donner des conseils de prudence et de sagesse au Prince de Roumanie car il nous importe essentiellement qu'il ne donne à l'Autriche aucun prétexte de guerre. La guerre en Orient ne tarderait à embraser l'Occident.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. nn. 5 e 16.
59

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, A NAPOLI (l)

L. P. Firenze, 29 gennaio 1869.

En rélisant avec calme l'ébauche du projet que V. E. m'a donné, plusieurs considérations me sont venues à l'esprit qu'il me serait trop long de vous communiquer en détail, notamment sur la question Romaine qui est la clef de voute; j.e crois, sans trop préciser qu'en posant le pr,incipe de non intervention dans les Etats Pontificaux, serait le moyen d'atteindre plus facilement le but réclamé par la nation sans trop éveiller les susceptibilités françaises.

Prenez, Excellence, mes idées pour ce qu'elles valent, elles m'ont été suggérées par la conversation que j'ai eue avec Sa Majesté après laquelle j'ai bien regretté de n'avoir pu causer avec vous.

Par un télégramme chiffré à Paris, que Sa Majesté me fasse connaitre son opinion au sujet des idées que je Vous prie de Lui soumettre, pour que je puisse me régler en conséquence.

P. S. -J'ajoute un mot pour vous dire, cher Comte, que je ne crois pas que l'Empereur puisse ou veuille accepter des conditions sur la question Romaine, elles sont remises à l'avenir et c'est l'avenir qu'il faut préparer dans des stipulations semblables à celles que nous faisons.

Il faut compter plus du parti que l'on doit savoir tirer de la situation, que sur les conditions écrites.

ALLEGATO l

1o L'Italie partage l'opinion de la France sur le parti le plus convenable qui parait ètre celui d'une alli!:mce offensive et défensive.

2° L'Italie croit également que, pour rendre cette alliance plus efficace, le concours de l'Autriche est nécessaire.

3° L'Italie qui ne peut nourrir aucune pensée hostile contre la France, ne pourrait pas d'autre part prendre un engagement forme! sans le justifier, aux yeux de la Nation, par les a vantages réels et assurés qui lui en résulteraient.

4' Ces avantages se refèrent principalement à la rectification de ses frontières et à la question de Rome.

5° La rectification des frontières ne pourrait se faire, en grande partie, qu'aux dépends du territoire Autrichien, en portant la frontière de l'Italie jusqu'à l'Isonzo et jusqu'à la crete de la grande chaine des Alpes. Ainsi tout le oout bassin de l'Adige sendt annexé; il constituerait conjointement avee le Trentin le département de la Haute Adige sous le premier Royaume d'Italie. De cette manière l'Italie aurait, du còté de l'Autriche, ses frontières naturelles.

6° L'Autriche, en compensation devrait s'agrandir vers !es régions où elle est naturellement appelée. 7° L'alliance de l'Autriche devient ainsi un élément indispensable d'action.

8° Dans le cas où l'Autriche ou bien la France, viendraient à acquérir une extension de territoire qui dépasserait en importance proportionnelle celui qu'aurait l'Italie, il serait donné à celle-ci un établissement maritime, dans l'intérét de son commerce, sur !es còtes de l'Adriatique orientale ou sur celle de Barbarie, dans la régence de Tunis. Dans certaines éventualités si le territoire Suisse venait à étre modifié, !es frontières de l'Italie devraient étre reetifiées par l'annexion du Canton Tessin. (l)

go La question de Rome devrait étre résolue pour l'époque de la mort du Pape sur des bases à arréter dès à présent. Cette question pourrait former l'objet d'une entente spéciale et seerète. En attendant, la France devrait employer toute son influence pour obtenir sans retard un large modus vivendi et !es deux Gouvernements pourraient s'entendre sur le Concile et sur le futur Conclave.

10° L'occupation Française du territoire Romain devrait cesser définitivement dans un bref délai.

11° Le contingent de l'Italie serait d'environ 200 mille hommes de toutes armes. L'Italie serait placée sur le pied d'une parfaite égalité avec !es autres puissances alliées pour la direction de la guerre et des affaires communes.

12° L'avance des frais de guerre serait faite à l'Italie par la France, ces frais seraient avant tout prélevées sur !es impositions dont on frapperait l'ennemi. Dans le cas où ce moyen serait insuffisant, le restant serait soldé par !es deux puissances qui auraient obtenu un accroissement de territoire et de population supérieur à celui dévolu à l'Italie.

13° On partage l'opinion de la France que cette entente ne devrait former l'objet d'aucune stipulation explicite jusqu'à l'époque de la mise à exécution du projet concerté.

ALLEGATO Il (2)

L'Italie partage l'opinion de la France que le parti le plus convenable à prendre serait celui d'une alliance offensive et défensive et croit comme elle que le concours de l' Autriche est indispensable pour rendre cette alliance plus efficace.

«8°) Si l'Autriche devenait trop puissante dans l'Adriatique, l'Italle devra!t occuper quelque position sur la cOte orientale de cette mer.

9°) Des rectlficatlons de frontlère du cOté de la Sulsse et méme un établ!ssement dans la Tunisie devralent avoir Ueu pour l'Italle dans certalnes éventualités d'une extension de territoire de la France».

Le Roi, malgré toutes ses sympathies Prançaises, ne pourrait pas prendre un engagement formel ni une part active à une guerre, sans justifier ce grand acte aux yeux de la nation par des avantages matériels et politiques qui ~eraient préalablement stipulés.

Les avantages matériels se réduiraient à des rectifications des frontières, et à une annexion de territoire d'un ordre matérlel!ement secondaire exclusivement à la charge de l'Autriche du moment que la France pour les raisons enoncées dans le contre-mémoire français, voit impossible la r6trocession du Comté de Nice. De là, l'insufiisance de ces compensations et le réveil des susceptibilités de l'Autriche qUi seule supporterait le poids de tous ces sacrifices.

Les avantages politiques ne peuvent étre désignés que par les aspirations nationales, ce qui rendrait impossible à l'Italie d'écarter la question romaine des grands événemens européens.

Pour arriver au résultat pratique, tout en éc:utant des discussions à profondir qui seraient prématurées pour le morr..ent, on proposerait:

1°. L'Empereur des Français et le Roi d'Italie stipuleraient une alliance offensive et défensive sur le pled de la plus paliaite égalité, soit vis-à-vis de la France, soit vis-à-vis des autres puissances qui prendraient part au traité d'alliance; la direction de la guerre et !es affaires cornmunes, seraient traités en commun, le cornmencement et la cessation de la guerre, ne pourraient avoir lieu sans le consentement de tous les alliés. Le contingent de l'Italie serait d'environ deux cent mille hornmes de toutes armes.

2°. Les frais de la guerre seraient mis à la charge de la France, simplement à titre d'éwance, mais ces frais, pour ce qui regarde la quote-part de l'Italie, seraient remboursés par les deux puissances qui auraient obtenu un accroissement de territoire et de populat· on supérieur à celui dévoulu à l'ltalie.

3°. Quant à la cession du territoire et à la rectification des frontières, elles seraient faites de la manière suivante. 1°. En portant la limite du territoire italien jusqu'à l'Isonzo. 2°. Jusqu'à la crete de la grande chaìne des Alpes, ainsi tout le haut bassin de l'Adige serait annexé à l'Italie conjointement au Trentin. De cette manière l'Italie aurait du c6té de l'Autriche ses frontières naturelles.

4°. Dans le cas où l'Autriche ou bien la France viendraient à acquérir une extension de territoire qui dépasserait en importance proportiennelle celui qu'aurait l'Italie, il serait donné à celle-ci un établissement maritime dans l'intcrét de son commerce sur la còte de l'Adriatique orientale, ou sur celle de Barbarie dans le Royaume de Tunis.

Dans certaines éventualités, si le territoire Suisse venait à étre modifié, les frontières de l'Italie devraient étre rectifiées par l'annexion du Canton Tessin. Il est bien entendu que !es stipulations énoncées ci-dessus ne pourraient d'aucune façon empécher les arrangemens ultérieurs que !es remaniemem du territoire et la situation du moment pourraient suggérer dans l'intérét de l'Italie.

5". La France devrait s'engager à interposer ses bons offices et à user toute son influence pour faire accepter par la Co~,;.r de Rome un large Modus 'Givendi qui fasse à l'Italie une situation supportable durant la vie du Pape actuel, ainsi qu'elle devrait prendre des accords en vue de la réunion du nouveau Concile Oecuménique.

Les Gouvernemenis Français et Italien devraient s'entendre afin d'établir un accord séparé et très secret pour l'élection du nouveau Pontife • dont l'indépendance la plus absolue devrait etre assurée, tout en prenant pour base de cette stipulation secrète le principe de non intervention appliqué aux Etats Pontificaux * (1).

(l) -Da ACR. (2) -Si tratta probabilmente del documento, privo di data, conservato In ACR e pubblicato come allegato I.

(l) In ACR esiste anche una minuta dl1 pugno dl Menabrea che contiene una primaredazione di questo documento, con solo lievi differenze formali, t,ranne che per 11 punto 8°, Invece del quale v! sono l seguenti:

(2) Questo allegato, anch'esso conservato in ACR, reca l'annotazione «non rimesso ~. Esso si riferisce a questa fase delle trattative ed è un elaborato di Vimercati.

(l) A margine del brano fra asterischi è scritto l! pre,sente: «et pour un arrangement définltif à établir entre le S. Siège et l'Italie dont les bases principales devraient étre flxées dès à présent en appliquant aux Etats Pontificaux le principe de non interventlon >>.

60

IL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1376. Atene, 31 gennaio 1869, ore 18,15 (per. ore 22,20).

Ministre de France a remis au Roi et au ministre affaires étrangères les lettres dont il avait été chargé per l'Empereur Napoléon et par le président de la conférence. Ministre de France n'a pas donné connaissance de son mandat à ses collègues excepté au ministre d'Angleterre ni avant ni après. Les ministres étrangers en vertu de leurs instructions avaient déjà recommandé acceptation de la déclaration mais il n'y a pas eu aucune réunion. On avait donné à ces démarches une forme identique et tout à fait officielle.

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IL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1377. Atene, 31 gennaio 1869, ore 21 (per. ore 23,55).

Il y a tout espoir que l'on accepte réso·lution de conférence. Le Roi y est très disposé. Quelques ministres s'y opposent et l'on prévoit crise ministérielle imminente.

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IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABHEA

R. 75. Vienna, 31 gennaio 1869.

Nel colloquio che ebbi ieri col Conte Beust il discorso cadde naturalmente sulla questione di Grecia, sulle Conferenze, sulla politica generale. Io non dissimulai al Ministro di S. M. l'Imperatore come era opinione diffusa generalmente che il Gabinetto di Vienna non fosse rimasto estraneo alle ultime agitazioni in Oriente e che egli avesse potentemente agito sul Gabinetto di Constantinopoli inspirandogli sensi guerreschi e risoluti. Il Conte di Beust mi rispose che ormai siffatte accuse non facevano nell'animo suo più nessuna sensazione: egli non dissimulava però che esse erano state per lui in sul principio argomento di forte ed amaro sdegno. Egli però doveva altamente

A --Docu1ncnti diplo1natiei -Serie I -Vol. XI

lodarsi dei Ministro inglese che gli avea confidenzialmente comunicato una nota del Conte di Bismarck che era una vera requisitoria contro di lui e contro l'Austria. Lord Clarendon dopo avere interrogato il proprio Ambasciatore a Costantinopoli si era però dovuto convincere che le accuse non avevano fondamento alcuno di verità e che l'Ambasciatore di Francia in Turchia aveva scritto in un identico senso al proprio Governo. Il Conte di Beust aggiunse che egli non avrebbe potuto desiderare una più pronta e splendida giustificazione, ma egli però deplorava che a Berlino ed a Pietroburgo si continuasse a giudicare con sì poca equità i suoi intendimenti. La sua politica era politica di pace e non di guerra, di conservazione e non di agitazione. La sua politica si armonizzava in ciò colla politica del Gabinetto italiano ed egli lungi dal voler turbare la pace aveva sempre cercato il mezzo di allontanare ogni pericolo di complicazioni e di dissidii.

Io non posso quindi che ripetere ciò che ho avuto l'onore di scrivere all'E. V. in altre occasioni, cioè che non credo che l'Austria cerchi a sollevare delle complicazioni in Europa. Io però non posso nasconderle, Signor Generale, che in un recente colloquio che ebbi col Conte Andrassy sui Principati ho dovuto sempre più convincermi che è indispensabile cercar modo di rappacificare la Rumenia coll'Ungheria altrimenti fra non molto tempo potrebbe quella questione servire di pretesto a nuove complicazioni che potrebbero turbare la pace del mondo.

Il Ministro dell'Interno a Bucarest continua segretamente a fare delle agitazioni tra i Rumeni della TransHvania e non è in grado di opporsi alle aperte provocazioni dei partiti estremi.

Il Conte Andrassy mi ha ripetuto più volte in un modo deciso e con parole molto risolute che se il Governo dei Principati non cancellerà dal suo programma la questione della Transilvania il Governo ungherese non avrebbe potuto a lungo tollerare uno stato di cose incompatibile colla propria sicurezza. L'Ungheria non è la Turchia! essa non permetterà ad a1cuno sulle sue frontiere di fare della propaganda contro di essa! essa non lascerà continua,re un'opera demolitrice! il suo governo sa che in certi casi è meglio prevenire il male che curarlo dopo che è scoppiato. Egli è disposto a fare molte concessioni alla Rumenia, a rialzare la dignità offesa dalle vigenti capitolazioni, a stendergli la mano per farne un governo autorevole forte, indipendente, che egli ha in questo senso parlato all'Imperatore ed al Conte di Beust ma che bisogna che il Principe Carlo ed i suoi Ministri incomincino dall'eliminare completamente dal loro programma, come ho già detto, la questione deHa Transilvania.

Io ho creduto di doverle immediatamente ,ripetere queste parole sapendo quanto stia a cuor all'E. V. che la pace sia mantenuta in Europa. Del resto la questione dei Principati è un punto nero nell'orizzonte politico che minaccia di commutarsi in un grosso temporale. Io credo fermamente che se non si giunge a conciliare e a pacificare gli animi ad un momento dato la questione rumena prenderà delle grandi proporzioni. Credo mio debito adunque di richiamare l'attenzione dell'E. V. sopra di essa onde Ella possa continuare l'opera da lei già iniziata e sciogliere il nodo che ogni giorno più si raggruppa in Oriente senza che nessuno abbia d'uopo di ricorrere all'espediente di Alessandro.

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VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Napoli, 1° febbraio 1869, ore 22,25.

Menabrea m'a communiqué votre le,ttre (2); la note qui vous a été consignée est l'expression explicite de ce que nous voulons, la manière de formuler la convention peut-etre modifiée, pourvu que la pensée fondamentale soit conservée. Nous voulons:

2°. Evacuation définitive du territoire romain de la part des troupes françaises. 3°. Solution de la question romaine dans un avenir prochain. 4°. Extension éventuelle du territoire, outre celle indiquée ci-dessus.

5° Extournation pour l'Italie des frais de guerre. Le principe de non intervention ne peut contenir la solution meme de la question romaine, qu'à la condition que la France renonce absolument à s'ingérer dans le pouvoir temporel.

l 0 Acquisition d es frontières naturelles.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO A MADRID, CORTI

D. 45. Firenze, 1° febbraio 1869.

Lo stato delle cose in !spagna dal tempo iJn cui questo Ministe,ro Le dava le ultime sue istruzioni non ha subito tale mutazione da rendere opportuno ch'io le dia oggi nuove direzioni. Ella continuerà a seguire una politica conforme alle vedute del Governo del Re mantenendosi nella linea di condotta riservata che Le è stata tracciata.

Naturalmente grande ed anzi ogn'ora crescente è in noi l'interesse di avere la più minute spiegazioni sullo svolgimento degU affaa:-i spagnuoU e sulle direzioni che prende la maggioranza di codesto popolo di fronte alla gravissima quistione della scelta di una forma di Governo e probabilmente anche di un capo dello Stato. Ella conosce abbastanza come da noi si apprezzino i vantaggi che deriverebbero all'Italia da un'intimi,tà di rapporti cona Spagna per comprendere tutto l'interesse che noi annettiamo allo stabilimento in Spagna di un ordine di cose favorevole allo sviluppo dei comuni ed identici interessi dei due paesi.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 59.
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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 443. Firenze, 1° febbraio 1869.

Giorni addietro alcuni diari aveano annunziato che continuo era il rinforzarsi dello stabilimento militare nello Stato Pontificio per i successivi arrivi di grande quantità di materiale da guerra proveniente dalla Francia.

Ora in una lettera di Roma trovo il brano che qui sotto testualmente trascrivo:

«La diplomazia estera qui comincia a preoccuparsi del continuo arrivo di materiali da guerra dalla Francia che vede superare di molto le proporzioni dell'esercito papale, né si sa intendere come l'Italia parlamentare non se ne preoccupi. Ora si studiano due terreni sulle rive del Tevere verso OsLia per formare due campi di istruztone a fuoco».

Se occorrerà alla S. V. di parlare cogli uomini di Stato di codesto paese delle condizioni presenti di Roma, Le si presenterà probabilmente il destro di valersi di questa informazione per far comprendere che questi preparativi guerreschi di Roma potrebbero infatti dar luogo a domanda di spiegazioni per parte di coloro che osteggiano ogni partito di conciliazione. E quale vantaggio deriverebbe da siffatte discussioni per lo scopo di pacificazione degli animi al quale tende l'opera costante del Governo, lascio al criterio della S. V. lo indovinare.

L'opera difficile che il Governo del Re ha intrapreso è singolarmente contrariata da tali dimostrazioni alle quali il Governo francese, volendolo, potrebbe porre 'riparo. Leggevansi nei fogli di pochi giorni sono le pompose descrizioni di esercitazioni militari delle truppe pontificie sotto la direzione del Generale Kanzler pro-ministro delle armi ed in presenza dell'ex regina delle Due Sicilie. Queste circostanze fatte notare espressamente, indicano troppo palesemente da quale spirito siano animate quelle milizie straniere che si raccolgono in Roma forse non più per iscopo di semplice difesa, ma per insani disegni di reazione.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 444. Firenze, 1° febbraio 1869.

Ieri l'altro il Barone di Malaret venne a darmi lettura d'un dispaccio che

S. E. il Marchese de Lavalette gli avea indk,izzato relativamente all'incarico dato dal Governo italiano all'ambasciata portoghese in Roma di spedire gli affari correnti e di assumere la protezione degli interessi italiani nei paesi sogg·etti al dominio della Santa Sede. Il Ministro Imperiale degli Affari Esteri espone in quel suo dispaccio la sorpresa provata dall'Eminentissimo Cardinale Antonelli nel vedere che quegli affari e la tutela di quegli interessi non sarebbero d'or innanzi più aHidati, come lo erano stati per lo addietro, all'ambasciata francese; ed il Signor Barone di Malaret era perciò incaricato di chiedere a S. E. il Generale Menabrea se il Gabinetto di Firenze avesse avuto ad essere in qualche circostanza meno soddisfatto degli offici prestatigli dalla diplomazia francese in Roma, ovvero se altri motivi avessero determinato quella risoluzione.

Risposi al Ministro di Francia che, durante l'assenza di S. E. il Generale Menabrea io avrei potuto declinare di dargli a questo riguardo delle spiegazioni se per una parte la forma cortese delle sue domande, e per l'altra parte la natura dei motivi che aveano indotto il R. Ministero ad adottare quel partito non mi avessero persuaso di prendere sulla mia responsabilità di dargli subito un'esplicita risposta.

Ricordai quindi al Signor barone di Malaret che dopo l'interruzione dei rapporti consolari fra l'Italia e la Sede pontificia gli affari privati dei RR. sudditi erano stati affidati alla tutela del Consolato britannico in Roma. Senonché in molti casi questa rappresentanza consolare si era trovata nell'impossibilità di condurre a termine certe pratiche, per esempio quelle relative alle estradizioni, per le quali si richiedeva l'azione di un agente diplomatico. In tali casi si erano prese diverse vie. Alcune volte si avea avuto ricorso all'ambasciata francese la quale avea prestato al R. Governo servizi importanti pei quali le eravamo sinceramente riconoscenti; talaltre volte delle comunicazioni d'atti aveano avuto luogo direttamente colla Segreteria di Stato Romana valendoci dell'opera di personaggi italiani che si trovavano in Roma. La stessa ambasciata di Portogallo si era già una volta prestata alla trasmissione di una comunicazione che il Console inglese non avrebbe potuto fare. Finché il numero degli affari che richiedevano uffici diplomatici era stato limitatissimo, il R. Governo avea potuto restringersi e chiedere volta per volta l'intromissione degli Agenti dei Governi amici in Roma; ma ora che i rapporti fra i due territori tendono a divenire sempre più frequenti ed importanti, il Governo del Re dovette, prescindendo da ogni considerazione politica, esaminare se non vi sarebbe stato modo di provvedere permanentemente alla tutela degli interessi italiani ed al disbrigo dei suoi affari in Roma. Ed al R. Ministero parve che fosse il caso di applicare le norme che sogliano seguirsi in tutte le circostanze in cui fra due Stati sono rotte le relazioni diplomatiche e consolari. Ora è costante l'uso che in simili casi la rappresentanza diplomatica di un paese amico venga incaricata della protezione degli interessi del paese che non ha più una rappresentanza propria.

Fu dunque in vista di entrare in una via regolare, unica e stabile che il Governo del Re si è deciso a rinunziare al sistema delle domande speciali per ogni singolo caso adottando in massima di affidare la tutela dei propri affari in Roma all'Ambasciata di Portogallo.

Quest'ambasciata fu prescelta fra tutte le altre dei paesi amici perché parve opportuno, sotto vari rispetti, che la trattazione degli affari o,rdinari. e la tutela degli interessi italiani rimanessero estranee alla politica e non ne subissero le fluttuazioni. Il R. Governo era convinto che la Sede Pontificia avrebbe essa stessa riconosciuto che la scelta fatta dall'Italia dell'ambasciata portoghese in Roma per la protezione degli interessi e la spedizione degli affari italiani era stata suggerita da un riguardo speciale che Le si era voluto usare.

Le assicurazioni fatte dall'Eminentissimo Cardinale Antonelli come non poggiavano sovra circostanze esatte di fatto, così ci riuscivano difficili a comprendere di fronte agli intendimenti che aveano mosso il Governo del Re a così operare.

Terminai dicendo al Signor Barone di Malaret che dopo questi schiarìmenti io facevo conto che il Governo francese farebbe comprendere a quello di Roma che era nell'interesse di tutti che l'ambasciata di Portogallo assumesse il più presto possibile l'incarico che, a seguito dell'intelligenze prese col Gabinetto di Lisbona, il R. Governo le avea affidato.

È in questi sensi che l'Inviato francese mi disse scriverebbe al suo Governo, e la S. V. potrà colla scorta delle cose sovra esposte confermare presso

S. E. il Marchese di Lavalette il senso del colloquio ch'io ebbi col Ministro di Francia.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. IV.

Le trasmetto qui unito sub A, B, C, tre brani di lettere confidenziali riflettenti la riunione del Concilio Ecumenico. Questa comunicazione è d'Indole assolutamente confidenziale e deve servire soltanto a di Lei informazione.

Tutto ciò che riflette la riunione del Concilio Ecumenico, il programma de' suoi lavori, le disposizioni de' varii Gabinetti e quelle dei Prelati che vi interverranno, è, come Ella sa, argomento sul quale dobbiamo portare tutta la nostra attenzione. In questi studii, il Ministero desidera trovare la cooperazione dei suoi Agenti Diplomatici all'estero, epperò fa speciale assegnamento sovra quella che la S. V. è in grado di fornirgli.

ALLEGATO l

Quant au Concile, le Pape a autorisé la «Civiltà Cattolica» à parler officiellement sur tout ce qui concerne cette mesure importante, et c'est là que nous devons puiser la vérité officielle!

Vous savez que le Pape ne veut pas que le Concile dure au delà de Paques 1870, il en veut voir lui meme le résultat et la fin.

On dit -mais je ne puls croire ce qui me parait incroyable -que le Pape veut faire tenir, après le Concile et pendant le Jubilée, le conclave de son vivant, pour assurer la succession parmi les Cardinaux bien pensants, de peur que les italiens, la révolution, les méchants, que sais-je!, ne profitent de l'interrègne entre le Pape mort et le Pape à élire pour influencer le concile et jouer quelque tour pendable à la Papauté de l'avenir. La Papauté éviterait par là les dangers qui menacent toujours les Conclaves, et le Concile Oecuménique sera appelé à approuver la réforme qui donnera aux Papes

le pouvoir, quand l'Eglise est en danger, de tenir les Conclaves de leur vivant, pour eviter la sede vacante et ses périls, et assurer une succession immédiate judicieuse et prudente à la chaire de S. Pièrre.

L'idée du reste n'est pas mauvaise, -se non è vero, è ben trovato.

ALLEGATO li

Da qualche tempo l'Ambasciatore di Francia parla del gran vantaggio che farà il Concilio, perché porrà il principio che Roma ed il suo Stato appartengono alla cattolicità, e che perciò uomini di tutte le nazioni e massime francesi, devono essere destinati negli impieghi dello Stato -non deve essere lo Stato pontificio italiano, ma cattolico questo risolverà la quistione italo-romana. Qualche uomo politico, cui l'Ambasciatore ha dichiarato queste cose, è gravemente preoccupato di ciò; nè si sa giudicare se queste siano poesie del diplomatico francese o teorie combinate con Parigi ed il Vaticano

ALLEGATO III

Giorni fa, ebbi una lunga conferenza col Cardinale e con mia sorpresa, lo trovai con sentimenti miti in rispetto al Governo italiano, dico nel senso che fosse possibile quando che siasi una conciliazione tra quello e Roma, quel che altre volte non mi aveva dimostrato. Del pari, ho ricevuto una lettera di questi dì, dal Vescovo di Potenza Monsignor da Rignano, il quale parimente mi accenna di aver notizie da Roma, che là si rifiuta quale che si fosse idea di componimento e se ne piange dicendo che in tal condizione di cose, non sa veramente come i Vescovi d'Italia potranno lungamente andare innanzi. Egli Le fa mille ossequii e m'incarica di dirle che in Potenza è confinato in una vera Barberia! Finalmente oggi mi ha mandato a chiamare il Mirabelli che ho trovato tutto sgomento, mentre piuttosto piega sempre a sperar bene, e mi domandò tra brusco e sorpreso, s'io sapessi che cosa intendono in Roma di far col Concilio.

E continuò dicendo che veramente vedeva là volersi continuare a rovinar ogni cosa; i nomi che sono apparsi di membri componenti le Congregazioni preparatorie delle materie di più alto momento, esser nomi che suonano ignoranza ed ostilità, etc. etc. Non ho potuto trargli di bocca se avesse ricevuto qualche lettera sconfortante, ma ho qualche ragione di credere che n'avesse ricevuto dal Theiner. E tutto ciò, mio caro marchese concorda con le confidenze che mi sono state fatte in Roma da persone che sono addentro nelle cose, onde ho creduto di farlene comunicazione.

Ho veduto anche Monsignor Salzano, nè, quantunque di animo disposto a creder possibile un accomodamento, parla un linguaggio che accenni diversamente.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 335. Berlino, 1° febbraio 1869 (per. il 7).

L'atmosphère politique s'est éclairée d'un rayon de paix et de concorde. Les espérances les plus favorables sont émises sur la réponse définitive du Cabinet hellénique. Si ce n'est pas encore une paix inspirant toutes les garanties, l'aplanissement méme temporaire de cette crise, grace aux efforts de la diplomatie, est du moins un pas très sérieux dans cette voie.

Il ellt été, il faut en convenir, assez malaisé de localiser un conflit à main armée entre la Grèce et la Turquie. Le feu se serait communiqué de proche en proche. La politique de non intervention n'ellt été de mise, de la part de la Russie, qui n'aurait pu renier ses sympathies et ses intérèts en Orient, ni de la part de l'Autriche, lorsque l'agitation aurait gagné ses provinces limitrophes. D'ailleurs, rien ne prouve qu'une certaLne entente n'existat entre les Cabinets de PMis et de Vienne, pour profcite,r des troubles dans l'espoir de prendre une revanche, l'un de ses mécomptes, l'autre de ses défaites, en 1866. Il y a un an déjà que le Comte de Goltz écrivait à Berlin que, le jour où la France voudrait la guerre, elle l'entamerait dans ces contrées. Il lui faudrait il est vrai le concours de l'Autriche, mais c'est précisément sur le terrain orientai, qu'il y aurait lf.' plus de chances d'entrainer la Hongrie, peu disposée aujourd'hui à suivr€ la maison de Habsburg dans ses projets de reconquérir son ancienne position en Allemagne.

Sans vouloir accuser ces Puissances, ou l'une ou l'autre d'entre elles, d'avoir cherché à fomenter des complications, il est cependant permis d'affirmer que, l'occasion étant donnée dans ces conditions favorables, elles aviseraient à les faire tourner au mieux de leurs convenances et du rétablissement d'un prestige fort écorné dans ces derniers temps. Ceux qui voulaient voir la main de ces deux Gouvernements dans certains faits qui se sont déroulés l'année dernière, ont 'Certainement dépassé le but dans leurs suspicions, ont mème forgé des calomnies. Mais il y avait une certaine apparence de vérité dans leurs raisonnements.

L'assassinat du Prince Miche,l Obrenovitch faisait en effet surgir une question d'hérédité, qui pouvait donner lieu à maintes controverses, si le peuple serbe ne s'était pas montré à la hauteur de cette douloureuse épreuve.

Ce fut ensuite le tour des Principautés-Unies, mises au ban de l'Europe, sous le prétexte des inquiétudes que devait lui causer le Ministère Bratiano. Il a fallu que le Roi de Prusse fit en quelque sorte acte d'autorité auprès du Prince de Hohenzollern, pour conjurer l'orage dont on cherchait à rejeter la responsabilité sur la Prusse.

Survinrent ensuite les réclamations de la Porte contre la Grece, réclamations posées d'une manière si inattendue, lorsque la révolte dans l'ile de Crète paraissait comprimée, ou près de l'etre. C'est encore la Prusse qui s'est empressée de prendre l'initiative d'une proposition tendant à déférer aux Puissances, signataires du traité de Paris, le différend qui menaçait si gravement la tranquillité de l'Orient, comme si elle pressentait que, en écartant dans ces parages le danger d'un conflit immédiat, elle protégeait du mème coup ses propres frontières. Comme je l'ai dit plus haut, une guerre entre les Grecs et les Tures aurait pris les plus larges proportions. Les Puissances se seraient groupées d'une manière distincte. La Prusse aurait été mise en demeure de se wononcer entre la Russie et ses adversaires, au risque d'avoir la guerre sur le Rhin.

Dans le dernières séances de la Chambre des députés, qui a approuvé à une forte majorité l'ordonnance de saisie des biens du Roi Georges de Hanòvre et de l'Electeur de Hesse, le Comte de Bismarck n'a pas dissimulé les dangers que l'Europe a traversés en 1868.

«La paix a-t-il dit, a été menacée. La pointe de l'épée était dirigée contre notre poitrine. C'était peut-étre la suite de mépr<ises. La situation s'est détendue en suite du changement de Ministère à Bukarest. L'attention s'est tournée vers d'autres événements. Mais nous avons pu nous apercevoir dans quelle mesure nous avons été calomniés auprès de plusieurs Gouvernements et jusqu'à quel point ces calomnies ont trouvé croyance ... En se demandant, à l'étranger, quelles seraient les chances d'une guerre, ne pouvait-on pas y étre encouragé par la perspective qu'une partie notable des populations du Hanòvre et de la Hesse s'adjoindrait à nos ennemis, pour leur faciliter la victoire?... L'état de désunion, au moins dans les esprits, où se trouve toujours l'Allemagne est assez connu hors de nos frontières. Malheureusement l'étranger peut se dire que, si une armée victorieuse s'avançait vers nous, elle ne rencontrerait pas partout cette résistance, à laquelle elle devrait s'attendre de la part d'autres Puissances... Les Coriolan ne font pas défaut en Allemagne. Il ne manque que les Volsques. Si ces derniers existaient, le drame ne tarderait pas à étre joué: seulement les dames de Cassel et de Hanòvre ne seraient pas à méme d'amener le dernier acte... ».

En soulevant ainsi le coin du voile, le Président du Conseil n'a pas voulu dire qu'il y ait eu, chez ses voisins, un parti pris, des projets définitifs dans un sens belliqueux. Par artifice oratoire, il a dù charger les couleurs pour impressionner une Assemblée où les Princes dépossédés comptent encore des partisans. Mais ses assertions, sur les dangers plus ou moins grands auxquels a été exposée la tranquillité de l'Europe, ne sont pas sans fondement. Au reste, il est à présumer que de telles assermons étaient surtout dirigées contre l'Antriche. C'était un rendu pour la publication du livre rouge.

Quant à l'Empereur Napoléon, on croit plutòt ici qu'il n'agit que rarement par calculs. Ce Souverain a atteint un àge, où d'ord~naire on cherche de préférence à éviter, qu'à provoquer, de graves perturbations politiques. Il a conscience de la force de l'Allemagne, quelles que soient ses divisions intérieures. Celle-ci pourrait subir un premier échec, tandisqu'il serait irrémédiable pour la dynastie napoléonienne. Avant les élections, il ne saurait songer à accentuer énergiquement son attitude: et méme après les élections, ne fùt-ce que pour ménager les cléricaux, il ne posera aucun acte qui serait de nature à ajourner la réunion du Concile oecuménique.

A ce compte, nous aurions une année de paix devant nous, à moins d'incidents imprévus. Il est vrai que, à l'époque où nous vivons, les événements se succèdent avec une telle rapidité, qu'il serait téméraire de se livrer à des conjectures. Aujourd'hui, le diplomate est presque réduit au ròle modeste de constater la situation au jour le jour, sans vouloir trop prédire un avenir enveloppé encore de tant d'obscurité. En attendant, si certaines Puissances avaient eu la velléité de dégainer, elles ont dù reculer devant la majorité des Gouvernements, qui sont animés des sentiments les plus Iouables de conciliation. Comme me le disait le Comte de Bismarck, «en n'admettant qu'il ne s'agisse que de replàtrage, les replàtrages ne sont pas à dédaigner ». n est évident que la situation réelle des choses ne sera pas changée par une s1mple déclaration de principes, émanée de l'aréopage européen. Il est à supposer que la Grèce, lors mème qu'elle se soumettrait à la pression de tous les Cabinets, ne sera pas moins blessée dans son amour propre et dans ses espérances d'agrandissement, et se tiendra toujours prete à saisir l'occasion de chercher querelle à la Porte. La Serbie, la Bulgarie, la Roumanie et le Monténégro conspirent hautement pour secouer le vasselage. La Turquie ne veut rien réformer sérieusement, parcequ'elle ne peut rien réformer, sans perdre en quelque sorte sa raison d'étre. En Occident, tout aussi bien qu'en Orient, des passions plus ou moins généreuses l'emportent souvent sur la raison. Les prétextes de luttes sont comme la tete de l'hydre. L'Hercule pour les combattre, n'est pas de ce monde. Mais la sagesse humaine mérite une bonne note, quand elle parvient à ajourner les conflits. Le temps adoucit les rivalités, prépare lui-meme les meilleures solutions. C'est tout ce qu'on peut dire de rassurant sur l'époque actuelle: on a gagné du temps; c'est aux Gouvernements et aux peuples à l'utiliser au profit de l'ordre et de la paix, ainsi qu'au développement du bienetre général.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1381. Parigi, 3 febbraio 1869, ore 18,10 (per. ore 20,15).

La Valette a annoncé aujourd'hui à chaque plénipotentiaire que d'après un télégramme d'Athènes le Roi de Grèce acceptait la déclaration mais que Ministère avait donné démission et qu'il n'avait pas encore trouvé les hommes nouveaux pour un autre Cabinet. Le cas pouvant se présenter que le Roi de Grèce demande un délai les plénipotentiaires ont été tous d'accord pour autoriser le marquis La Valette à répondre que la conférence ne saurait consentir mais elle interprétait le délai accordé jusqu'à dimanche inclusivement. Je vous prie de télégraphier dans ce sens au ministre du Roi à Athènes (l).

'lO.

IL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1379. Atene, 3 febbraio 1869, ore 20,45 (per. ore 1,20 del 4).

Le Ministère donna hier sa démission quJ a été acceptée. Zaimis chef de parti opposition homme modéré a été chargé de former nouveau Cabinet il a pris temps jusqu'à aujourd'hui après midi. Le Roi lui a montré une dépéche de Constantinople qui lui faisait connaitre qu'une flotte et un corps de troupes turc étaient préts à marcher sur Pirée et Athènes, si réponse fùt négative ou non expédiée dans le délai fixé. Cela explique insistance réiterée de l'Empereur de Russie pour l'acceptation.

(l) Menabrea telegrafò in tal senso ad Atene con t. 858 del 4 febbraio, ore 18.

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IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 78. Vienna, 3 febbraio 1869.

Ho ricevuto il lungo dispaccio cifrato (l) ed i sette documenti diplomatici che concernono i conflitti orientali. Approfitto dell'opportunità del Corriere per rispondere al primo e per sottoporre liberamente alcune considerazioni all'E. V., che mi hanno ispirato le letture degH altri.

Incomincerò però dal dire che io mi atterrò scrupolosamente alle di Lei istruzioni, ma che io reputo savio e miglior consiglio il troncare anche qualunque confidenza personale col Principe di Rumania e col Conte Andrassy. Per quanto facessi non potrei separar mai la personalità mia propria dalla personalità di Ministro d'Italia. In una posizione subalterna per evitare ogni equivoco bisogna sempre conservare il proprio carattere. Scrissi al Principe sopra suo formale invito e non scriverei mai se le mie lettere non fossero approvate dall'E. V. e se non armonizzassero colla politica del mio paese che ho l'onore di rappresentare. Non è difficile trovar modo di uscire con prudenza e con riserva dalla situazione in cui mi trovo, appunto perché ho sempre agito colla massima cautela.

Ora scendendo al fondo della questione ed approfittando della libertà di discussione che Ella graziosamente mi ha sempre concessa Le dirò che io non posso dividere i dubbi e l'esitanze che l'E. V. manifesta nel suo dispaccio cifrato.

Io credo che la situazione sia grave e credo che il Governo d'Italia che ha il massimo interesse di conservare la pace in Europa debba sertamente occuparsene. La questione dei Principati ora si svolge tra due impossibilità. Impossibilità nel governo ungherese di continuare a tollerare le provocazioni nella Transilvania e le congiure sotterranee dei partiti estremi: impossibilità nel governo rumeno di mutare sinceramente indirizzo alla propria politica e sciogliersi dalla coazione dei partigiani di Bratiano senza ottenere delle serie concessioni dall'Europa che rialzino la propria autorità e dignità al cospetto del paese. Il Governo ungherese è fermamente deciso, e Ella può fare suonare alto ove lo creda opportuno questa verità ed in Inghilterra ed in Francia e Prussia, a non lasciar scalzare la propria autorità in Transilvania, a non lasciarsi demolire lentamente, a non lasciare lo spirito di rivolta ingrandirsi e fortificarsi. Mal si apporrebbe chi volesse stabilire un confronto tra l'Ungheria e la Turchia. La Porta può cede·re, la Porta può addormentarsi sul pericolo perché è un governo che si sfascia da ogni lato, ma il governo di Pesth veglia ed esso ad un momento dato non prenderà consiglio che dai propri interessi perché esso è un governo giovane e pieno di avvenire. L'Ungheria non lascerà fare alla Rumenia ciò che ha fatto il piccolo Piemonte all'Austria. Non lascerà che il Ministro dell'Interno, come leggo nei rapporti del Barone Fava (2) cerchi imita.re il Conte di Cavour. Non lascerà poser la questìon Transylvaine davanti

l'Europa in nessun modo. Dall'altra parte le mie particolari informazioni, i discorsi che tengono qui i rappresentanti della Rumenia, i rapporti inviati all'E. V. dal Barone Fava, tutto prova che il governo del Principe Carlo non è in grado di opporsi energicamente ed efficacemente alla politica del partito Bratiano. Non lo potrebbe che se potesse ottenere dall'Europa delle larghe concessioni, che gli conciliassero l'affezione e dessero una soddisfazione seria alle aspirazioni del suo paese. Come vuole, Signor Ministro, che il Principe di 4 milioni di Rumeni possa opporsi con frutto alle insinuazioni ed alle agitazioni dei partiti estremi, quando la sua posizione è così subalterna ed umiliante? quando deve tollerare le convenzioni consolari? quando 1 suoi rappresentanti all'estero non possono essere accolti che come degli agenti senza carattere ufficiale, quando fino gli tocca di vedere che un console non può esercitare le sue funzioni a Bucarest prima di avere ottenuto il Berat dal Sultano? La posizione del governo ellenico è certo difficile in faccia al partito nazionale, ma la posizione del governo rumeno è certo molto più ardua e difficile. Ora quale sarà la conseguenza di queste due impossibilità che si trovano a fronte e cozzano fra di loro, impossibilità cioè del Governo ungherese di tollemre più a lungo l'agitazione in Transilvania, impossibilità del Governo rumeno di farla cessare? Una diminuzione di ogni influenza occidentale in Oriente, un aumento dell'influenza russa (che che se ne possa dire) ed infine una complicazione che non potrà essere così facilmente rimossa come quella della Grecia. Ecco perché avrei creduto che sarebbe stato opportuno consiglio l'approfittare delle buone disposizioni del Governo ungherese cercando di rimuovere l'impossibilità e l'impotenza in cui si trova il governo rumeno in faccia ai partiti estremi, creandogli una posizione toilerabile. Reputavo che l'ufficio di mediatore in simili negoziati molto bene potesse attagliarsi al Governo italiano, la cui politica oggi si concreta nel pensiero di mantenere in Europa la pace, ma non di mantenere la pace come vollero farlo le potenze strette in santa alleanza negando di dar soddisfazioni alle giuste rimostranze dei popoli, ma mantenendo la pace appagando le legittime aspirazioni e sceverandole dalle cattive e dalle malvagie. Io porto opinione che se l'Europa trascura questa questione, se essa chiuderà gli occhi all'evidenza dei fatti, essa non tarderà a trovarsi di faccia ad una di quelle complicazioni che non si sciolgono che col ferro, come disse riguardo alla questione tedesca il Conte di Bismarck. Le confesso che mi riuscì doloroso il leggere il dispaccio del nostro Incaricato d'Affari a Londra (1). Quei sospetti, quelle paure del Primo Ministro inglese che si trasgredisca una semplice fo,rmalità come quella dell'omissione del berat al nostro Console, veramente sono strani, incomprensibili e somigliano molto alle paure che avea l'Inghilterra verso l'Italia in quei felici tempi in cui le Alpi Austriache impedivano ai gridi di dolore dell'Italia di giungere a Londra.

Mi pa,rrebbe quindi miglior proposito, piuttosto che di accusare il Gabinetto Austriaco, come si fece a Berlino e a Pietroburgo in questi ultimi tempi, di voler suscitare delle complicazioni in Oriente, di cercar modo invece di prevenire queste complicazioni e di cercare di rimuovere il pericolo di una conflagrazione generale europea che certo non si potrebbe evitare.

Chieggo all'E. V. perdono e venia di aver forse abusato della sua cortesia e benevolenza discutendo soverchiamente un argomento, che a me sembra della più grande ,importanza, e la prego pure a perdonare se ho insistito nelle mie idee e se ho osato negli altri miei dispacci di proporre di seguire una politica diversa da quella che Ella giudica opportuna. Ero mosso facendolo da un duplice sentimento e cioè in primo luogo da quello di evitare una guerra e poscia dall'altro altrettanto nobile, cioè di vedere il governo del mio paese prendere egli con salda mano la direzione della politica europea. Mi pareva che fosse per l'Italia un mezzo di affermare la posizione nuova di grande potenza facendosi nobile mediatrice di tali e così gravi e delicati interessi. Ma io veggo che la mia devozione al paese ed il mio desiderio di vederlo crescere in onoranza mi avevano tratto in errore, poiché certamente l'E. V. è più in grado di me, nella sua sapienza, nel suo affetto all'Ita:Ha di apprezzare e di abbracciare il complesso della politica europea. A me basti ora di averle denunziato il pericolo. Se l'E. V. lo crederà opportuno non le mancheranno certamente i mezzi ed i modi efficaci di richiamare sopra di esso l'attenzione dei Governi Europei.

(l) -Cfr. n. 58. (2) -Cfr. n. 9.

(l) Cfr. n. 42.

72

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1384. Parigi, 4 febbraio 1869, ore... (l) (per. ore 17,45).

La Valette m'informe d'après un télégramme d'Athènes d'hier soir que le Roi de Grèce n'est pas parvenu à s'entendre avec M. Zaimis et qu'il se propose de demander à Bulgaris de retirer sa démission. Rien ne faisait encore prévoir l'issue de la crise.

73

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1386. Lisbona, 4 febbraio 1869, ore 21,22 (per. ore 7,35 del 5).

Chargé d'affaires portugais à Rome vient de télégraphier dépeche suivante « Le cardinal Antonelli a reçu communication sur af.faire Italie <2) courtoisement. Admettra mes rapports à ce sujet à titre privé et non officiel ».

(l) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza. (2) -Cfr. nn. 22 e 26.
74

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1387. Parigi, 5 febbraio 1869, ore... (l) (per. ore 17,15).

D'après dépéche reçue par La Valette d'Athènes en date d'hier à une heure du soir le Roi n'aurait pu déterminer M. Bulgaris à rester à son poste et ne trouvait personne disposée à adhérer à le déclaration de la conférence. Sa Majesté a appelé Comondouros, mais on doute que ce dernier accepte.

1

Risulta che fra gli alleati che guerreggiano contro il Paraguay esistono germi di seria diffidenza, e che in certe circostanze i dissidi fra gli altri

Stati alleati giunsero a tal segno da lasciare prevedere imminente una aperta rottura;

(l) Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

2

risulta che mentre il Brasile ha fatto immensi sacrifizi per sostenere la guerra contro il Paraguay, indebolendo molto considerevolmente le proprie forze, le repubbliche a lui alleate si studiarono di mantenersi nella migliore possibile condizione per trarre ogni vantaggio dall'esito che avrebbe tosto

o tardi la guerra;

75

risulta per ultimo che le stesse cause di dissidio che produssero e mantennero la lotta nella quale il Brasile si trovò impegnato contro il Paraguay, esisterebbero, l'indomani del giorno in cui la vittoria delle armi brasiliane fosse completa, fra il Brasile ed i suoi alleati presenti.

Ora a questi punti di fatto giova aggiungere:

1°. -che la guerra potrà difficilmente essere condotta a termine nel Paraguay, dove pur perdendo terreno, una lotta può essere quasi indefinitamente sostenuta anche da pochi partigiani;

2°. -che la continuazione della guerra suscita nel Brasile un'opposizione seria al Governo monarchico di quel paese;

3°. -che distrutto il Paraguay, il Brasile monarchico si troverà di fronte alle Confederazioni delle Repubbliche del mezzogiorno in un tete-à-tete pericoloso per la conservazione dell'attuale sua forma di Governo e dovrà lottare da solo, senza l'appoggio di alcun estraneo elemento, contro la propaganda repubblicana degli Stati del Plata.

Premessi questi pochi cenni non è difficile considerare che in vista di un interesse proprio e rigorosamente conservativo importerebbe al Brasile di non condurre le cose sino alla completa distruzione del Paraguay come Stato autonomo ed indipendente.

Le difficoltà maggiori a vincere per applicare un siffatto consiglio di moderazione sono quelle che nascono dalla situazione fatta all'Impero del Brasile dalla stessa sua condotta politica antecedente; ma gli ostacoli che questa situazione oppone all'adesione di partiti moderati e prudenti saranno certamente scemati dall'esito felice che ebbero le ultime operazioni di guerra dell'esercito brasiliano.

Non ignoriamo che gravi difficoltà si oppongono al ristabilimento di rapporti pacifici fra due paesi che guerreggiano da varii anni fra di loro; ma appunto perciò a me sembrerebbe di somma utilità che non si continuasse ulteriormente una lotta che perdurando crea germi forse inestinguibili di antipatie e di ire fra i popoli dell'America Meridionale.

Ella ben comprende, Signor Barone, che non è intendimento del Governo del Re di entrare mediatori in simile vertenza. Noi abbiamo un vivo interesse al ristabilimento di rapporti pacifici negli Stati del Sud America e quest'interesse ci suggerisce alcune considerazioni che a noi pare di poter sottoporre al Gabinetto di Rio de Janeiro a dimostrazione dell'amicizia e della simpatia che ci inspira l'Impero brasiliano.

Nel conversare con codesto Signor Ministro degli Affari Esteri la S. V. vorrà pertanto contenersi entro quella giusta misura che lascerà alle cose esposte in questo dispaccio il carattere anzi detto acciocché non si creda che da noi si voglia assumere un'ingerenza diretta nella vertenza del Brasile col Paraguay, ma si comprenda che secondo noi la conclusione della pace sulla base della conservazione di quest'ultimo paese come Stato indipendente è nell'interesse del Brasile non meno che delle altre potenze interessate al mantenimento delle condizioni attuali della Sovranità negli StaM dell'America del Sud.

P. S. Le accuso ricevuta dei pregiati suoi rapporti serie politica 11, 13, 14 (1), e le acchiudo una lettera Reale per S. M. l'Imperatore.

76

IL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1396. Atene, 6 febbraio 1869, ore 14,10 (per. ore 0,45 del 10).

Zaimis appelé de nouveau par le Roi hier au soir a formé le Ministère qui a preté serment ce matin. Déclaration acceptée en principe, la réponse sera donnée au plus tòt.

77

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. 138. Napoli, 6 febbraio 1869.

Ho preso cognizione del rapporto che la S. V. mi ha diretto in data del 22 gennajo ultimo passato relativo alle trattative in corso per gli affari di Tunisi (2). A quel rapporto trovai annessa la memoria ch'Ella ha presentato a Lord Clarendon per esporgli in sunto lo stato di quella importante vertenza. Approvo pienamente il tenore di quello scritto ed il linguaggio ch'Ella ha tenuto con Sua Signoria. Gli ultimi dispacci che Le ho scritto Le avranno a quest'ora fornite le necessarie direzioni per continuare le pratiche occorrenti per ispingere questo affare ad una conveniente e risolutiva definizione.

A parecchie riprese il R. Governo ha incaricato la S. V. di presentare ai Ministri di S. M. britannica la quistione tunisina sotto l'aspetto politico rilevantissimo agli occhi nostri non solo per l'Italia, ma per qualunque altra Potenza che abbia interesse ad impedire l'assoluta preponderanza nel Mediterraneo di uno Stato a detrimento della posizione degli altri. Conferma in gran parte le cose già altre volte esposte il conte,gno assunto dalla Francia in Egit

to. Gioverà che la S. V. ponga confidenzialmente tlott'occhio del principale Segretario di Stato della Regina un Rapporto recente che mi fu indirizzato dal

R. Agente e Console Genera.le ad Alessandria <1). A tale fine ne trasmetto qui unita una copia e La prego di chiamare sovra le cose espresse in quel documento tutta la particolare attenzione di Lord Clarendon riferendomi poscia il colloquio che sovra tale argomento Ella avrà avuto con quel Ministro inglese. Ben comprendo che vi possa essere qualche esagerazione nelle parole colle quali è espressa la conversazione che il R. Agente ebbe con S. E. Nubar Pascià; ma la sostanza delle cose dette in quell'incontro è confermata dai fatti e dal contegno assunto da alcun tempo a questa parte dagli Agenti di Francia in quelle parti d'Oriente da dove si è quas,i assolutamente ritirata l'influenza russa. Desidero che la S. V. non si stanchi nel ripetere a Lord Clarendon che l'interesse italiano ed inglese sono solidarii in questa quistione di conservazione dell'equilibrio attuale delle forze nel Mediterraneo. Vedrà certamente il Governo britannico quanto sia opportuno lo impedire qualsiasi innovazione che potesse avere per effetto di aprire l'adito a pericolos-i mutamenti nello stato attuale delle cose tanto in Tunisi che in Egitto. Uno spirito di ben inteso interesse deve a nostro avviso tener uniti i Gabinetti di Londra e di Firenze in tutte le quistioni concernenti quei paesi dove la necessità di provvedere ad un assestamento degli affari finanziarii e commerciali non deve mai far perdere di vista la quistione politica della conservazione dello stato attuale delle sovranità territoriali. Le riforme da introdursi debbono essere effettive, ma non debbono a nessun conto servire di pretesto per introdurre mutamenti nelle condizioni politiche o per iscemare l'assoluta e piena responsabilità dei Governi che quelle riforme ammetterebbero col consenso di una o più Potenze. La responsabilità dei Governi di Tunisi ed Egitto forma l'essenza stessa della loro indipendenza rimpetto agli Stati Europei e sarebbe, a nostro avviso, grave errore lo scemare le guarentigie date a tutti da un tale stato di cose che l'influenza predominante di un solo Governo non potrà divenire un pericolo per gli interessi degli altri paesi.

Intorno a questi concetti generali non c,redo necessario maggiormente insistere. Essi potranno sempre servirle di criterio per regolare il proprio linguaggio nelle quistioni relative sì all'Egitto che alla Tunisia.

(l) -Non pubblicati. (2) -Cfr. n. 48.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. R. 446. Napoli, 6 febbraio 1869.

Il R. Console a Tolone conferma nei suoi rapporti in parte quanto si va dicendo sempre più nei pubblici fogli sugli straordinari armamenti che si stanno accumulando in Civitavecchia. Molti organi della pubblica stampa in Italia e fuori si preoccupano di questi apparecchi guerreschi i quali potrebbero per ve

9 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. XI

rità spiegarsi in due modi affatto differenti giacché o potrebbero significare che è vicino il tempo in cui le forze militari pontificie dovranno bastare a tutelare la Santa Sede, ovvero potrebbero ricevere un'altra interpretazione poco conforme agli intendimenti a parecchie riprese espressi dal Governo imperiale di Francia di non volere cioè permettere che sotto l'egida della bandiera francese si formi sul territorio pontificio il nucleo d'un esercito della reazione cosmopolita destinato a tentare alla prima occasione creduta propizia qualche temeraria impresa.

Ma prescindendo da qualunque considerazione sul fondo stesso della questione che naturalmente si presenta ai nostri riflessi vedendo accampata in Roma una così poderosa forza armata animata da spiriti irrequieti ed aggressivi, occorre ch'io chiami la particolare di Lei attenzione sull'impressione che producono sugli animi degl'Italiani anche i più moderati le notizie non infondate che si vanno spargendo in questi giorni di arrivi di nuovo materiale da gue!l'ra destinato più particolarmente al corpo di occupazione francese nello Stato pontificio. Non si ignora a Parigi che imminenti saranno le tornate parlamentari nelle quali il Ministero italiano dovrà esporre la politica da lui seguita nei suoi rapporti col Governo francese rispetto alle cose di Roma. Il Gabinetto che ho l'onore di presiedere ha preso, come Ella ben sa, per base della sua politica l'applicazione stretta di quanto ha creduto poter condurre ad uno stato di cose tranquillo in cui fosse possibile avere la sicurezza che non si rinnoverebbero più le temerarie imprese dei partiti spinti. Noi non abbiamo certamente a dolerci di aver seguito questa politica che anzi tutto era ispirata dall'interesse ben inteso del paese. Noi non avremmo seguito altra via quand'anche non avessimo tenuto nel debito conto la situazione speciale dei nostri rapporti col Governo imperiale di Francia. Ma tutto ciò non toglie che al momento in cui il Governo del Re sta per esporre al Parlamento la sua condotta politica in presenza delle resistenze di Roma e della permanenza del corpo di spedizione francese in Civitavecchia, il fatto dell'invio di nuovi armamenti in quella città non sia tale da fornire argomento di opposizione contro la politica seguita dal presente Gabinetto. Epperò io confesso alla S. V. che provo un sentimento di penosa meraviglia nel vedere così male assecondati tutti gli sforzi che il Governo di Sua Maestà ha fatto per condurre le cose al termine in cui oggidì si trovano. Ben so in verità che dagli oppositori del Governo e fors'ancora più dagli stessi organi del partito reazionario si esagereranno a disegno il numero e l'importanza degli invii di materiale che si fanno da Tolone a Civitavecchia, ma il fatto esiste, e la sua esistenza basta a fornire contro il Governo un'arma di opposizione perocché in quel fatto si vorrà scorgere la prova dell'inutilità dell'opera da noi condotta a termine di pacificare gli animi della grande maggioranza degli Italiani distogliendoli dai tentativi di imprese extra legali. Quest'opera laboriosa che ha costato non pochi sforzi al Governo del Re avrebbe dovuto infatti avere per risultamento di ristabiUre le cose di Roma in una situazione normale facendo cessare ogni intervenzione straniera. Lo scopo dell'opera nostra non è certamente fallito se anche a Parigi si persiste a non volerne riconoscere gli effettivi risultamenti ottenuti; ma è cosa indubitabile che sotto molti rispetti l'azione del Governo del Re si trova intralciata dalle inopportune dimostrazioni sovra riferite.

Nell'esporle questi nostri riflessi non è mio tntendimento di incaricarla di porgere un formale richiamo al Governo dell'Imperatore. Persuasi che nella coincidenza dell'invio a Civitavecchia di nuovo materiale da guerra coll'avvicinarsi delle discussioni parlamentari relative alla nostra politica estera non si debba ravvisare che uno spiacevole caso fortuito deside.ri:amo che la S. V. si limiti a far presente come cosa che venga da Lei spontaneamente le osservazioni sovra esposte, acciò dai Ministeri dell'Imperatore si trovi modo di distruggere almeno in parte la spiacevole impressione che produsse nel nostro paese l'annunzio dell'arrivo di nuovi apparecchi di guerra in Civitavecchia. Noi speriamo che l'interesse del mantenimento delle attuali nostre buone relazioni colla Francia basterà a far comprendere ai ministri dell'Imperatore il motivo che ispira i passi che la S. V. farà presso di loro in via amichevole e quasi ufficiosa senza impegnare per ora il nome del R. Governo.

L'esecuzione di queste istru>'lionj dando alla S. V. l'opportunità di aver [un colloquio] col signor Lavalette intorno all'argomento della occupazione francese in Civitavecchia la S. V. potrà osservare se qualche modifi.cazione si sia prodotta nelle intenzioni del Governo i:mperJale sovra tale proposito. Ed io intendo pertanto che la S. V. mi voglia ·riferire l'esito della conversazione che Ella avrà su questa circostanza con S. E. il Ministro degli Esteri dell'Imperatore.

(l) Cfr. n. 46.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

D. 447. Napoli, 6 febbraio 1869.

Ella troverà qui unito copia di un Rapporto del R. Agente e Console Generale in Alessandria d'Egitto (2). Fatta una larga parte alle esagerazion[ del linguaggio, il fondo deLle cose in esso manifestate è vero, od almeno tale appare dall'lnsie.me dei fatti che ogni giorno se·mpre maggiormente dimostrano la tendenza della Francia ad assumeTe in quelle regioni d'Oriente, da dove l'influenza russa s'è ormai ritirata assolutamente, un predominio che potrebbe aprire l'adito all'esecuzione di più vasti disegni.

Ohiamo sovra di ciò tutta l'attenzione della S. V. perché ben conoscendo l'importanza che avrebbero per l'Italia i mutamenti politici che si potrebbero produrre in quelle regioni orientali, voglia star sull'avviso e segnalare al

R. Governo ogni pratica che potesse avere per effetto l'applicazione di progetti cosi pericolosi per la nostra posizione nel Mediterraneo.

Ritenga come norma generale che il R. Governo, pur ammettendo la necessità di un assestamento degli affari comme,rciali e finanziari, non perde mai di vista la quistione politica della conservazione dello stato attuale della sovranità territoriale dell'Egitto e della Tunisia. Le riforme da introdursi debbono

essere effettive, ma non debbono per nessun conto servire di pretesto per introdurre mutamenti nelle condizioni politiche o per iscemare l'assoluta e piena responsabilità dei Governi che quelle riforme ammetterebbero col consenso di una o più Potenze. La responsabilità dei Governi di Alessandria d'Egitto e di Tunisi forma l'essenza stessa della loro indipendenza rimpetto agli Stati europei e sarebbe grave errore Io scemare le guarentigie che un tale stato di cose dà a tutti che l'influenza predominante di un solo Governo non potrà divenire un pericolo per gli interessi degli altri paesi.

Intorno a questi concetti generali non reputo necessario insistere maggiormente per ora. Essi potranno servirle di norma tanto se S. E. Nubar Pacha al suo giungere in Parigi Le tenesse discorso degli affari egiziani, quanto s'Ella avesse a trattare di questi affari o di quelli di Tunisi coi Ministri dell'Imperatore.

Conoscendo il pensiero del R. Governo Ella potrà in ogni occorrenza regolare la propria condotta in modo da rendere anche in questi importanti affari segnalati servigi al Governo di Sua Maestà.

(l) -Ed. con numerose modlflche in L V 21, p. 30. (2) -Cfr. n. 46.
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IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

L. P. Parigi, 6 febbraio 1869.

Non voglio lasciar partire il feroce Castiglione senza scrivere una riga al Re. Giunto qui, trovai il telegramma invia tomi da Napoli da Vostra Maestà (2), questo afferma le condizioni della progettata alleanza offensiva e difensiva.

Ieri 5, il documento è stato discusso alla Tuileries fra l'Imperatore, Rouher e La Valette, ignoro il risultato della conferenza, lo saprò direttamente dall'Imperatore che debbo vedere.

Dalle mie conversazioni col Ministro di Stato debbo tirarne le deduzioni seguenti:

l o La Francia è più male che mai colla Corte di Roma ed uscita dagli Stati Pontifici non vi rimetterà più i piedi per sostenere il potere temporale che come noi desidera veder cessare.

2° In caso di morte del Papa la Fmncia è convinta della necessità di un accordo coll'Italia, va anche più in là, piccata pel nuovo rifiuto alla nomina a Cardinale dell'Arcivescovo di Parigi, e prevede il caso di non riconoscere un nuovo Papa che venisse eletto, adducendo non essere il Clero gallicano sufficientemente rappresentato.

3° Pel Concilio Ecumenico si acconsentirà pure ad accordi preventivi e da ragguagli recentissimi prevedesi sortiranno da quel Concilio delle enormità tali da rendere il Governo francese non solo disinteressato a quanto si passa

a Roma, ma a dichiararlo anche contrario in seguito alla condanna che verrà pronunciata contro tutti i principii moderni che formano la base del nuovo diritto fondamentale e che sono soprattutto il cardine e la ragion d'essere del Governo Imperiale. Malgrado tutte queste disposizioni, non credo si vorrà acconsentire ad accordi anche segretissimi che abbiano l'apparenza d'aver comperata col sacrifLcio del debole l'alleanza italiana.

Sulle altre condizioni sarà facile accordarsi, tanto più che le notizie di Vienna, da lettera che ho veduta coi miei occhi, assicurano che l'Imperatore d'Austria è deciso ad intendersi, anche a costo di sacrificii, per assicurarsi l'appoggio materiale della Francia.

Queste 'cose dico a Vostra Maestà a titolo di semplice informazione e senza che questa mia lettera per nulla possa pregiudicare su quanto avrò l'onore di inviare al Re, appena sia in grado di farlo ufficialmente.

Qui si tiene più che mai alla nostra alleanza come anche si tiene a quella dell'Austria e l'importanza di questo trattato sarà di molta maggiore efficacia ed utilità all'Italia per le sue conseguenze, dopo una vittoria in comune che non è dubbia, di quello che sembrerà esserlo per le stipulazioni preventive.

Io esorto il Re a non lasciar sfuggire un'occasione come quella che gli si presenta con questa grandiosa combinazione politica. Ho la coscienza di essere nel vero e scevro da qualunque ambizione personale sento per la prima volta il dolore di non possedere una posizione tale da assumere tutta la responsabilità di un atto che solo può rimettere il prestigio del Re e del potere e soddisfa.re nello stesso tempo ai desiderii della nazione.

È prova di quanto espongo la condotta di Nigra, egli è intelligentissimo e da anni conosce le cose di qui, più ponderato di me e forse meno di me credendo ad eventualità bellicose, trovò ardita e prematura la mia iniziativa, lo svolgersi successivo degli affari gli provò che nel mio asserto sta la verità, ed oggi sente talmente l'importanza della combinazione proposta, che non solo vi si associa ma dicevami jeri «cette combinaison doit se faire et si l'Empereur a de la rénitence à stipuler pour la question Romaine, vous devriez conseiller à Sa Majesté de prendre l'Empereur et la France entière par ses propres sentiments, en Lui conseillant d'écrire a S. M. Impériale une lettre dans laquelle il Lui offrirait son concours en fQ;rme d'alliance offensive et défensive, s'en rapportant à Lui pour la solution des grandes questions qui sont devenues une nécessité politique absolue pour le Gouvernement Italien ».

Vede Vostra Maestà come il Suo Ministro siasi conscientemente rallié alla idea di cui la Maestà Vostra apprezzò a primo colpo d'occhio l'importanza. Dirò dippiù, che ora Nigra sente assolutamente quanto sterile sarebbe per l'Italia la neutralità non solo, ma anche l'attendere il momento della guerra per decidere la linea di condotta a tenersi, poiché l'Italia sarebbe forse messa in tale posizione da toglierle ogni merito ed ogni profitto per quella decisione che potrebbe prendere costretta dagli eventi.

Non posso continuare questa mia perché stretto dal tempo, Castiglione parte alle 3, ed io debbo andare dal Ministro di Stato. Prego Vostra Maestà a comunicare se crede la presente al Presidente del Consiglio.

P.S. Ho veduto il Ministro di Stato, egli ha ordine dall'Imperatore di preparare una contro risposta e di farla al più presto. Circa all'evacuazione degli Stati Pontifici è cosa arretée e non acconsente S. M. Imperiale a farne una delle condizioni dell'alleanza. Circa a stipulare per Roma egli non lo può, ma la conseguenza diretta ed inevitabile di questo grande atto, sarà di sciogliere la grande questione romana e di aprire le porte a tutti quei compensi che l'ingrandimento della Francia renderà equo siano anche per l'Italia. L'Imperatore è onesto si può fidare nella sua parola. Io supplico Vostra Maestà a voler creare una situazione opposta a quella che ci condusse a Mentana ed il Re avrà la gloria di aver completato con Roma l'edificio dell'Unità Italiana. Secondo l'Imperatore e secondo anche Nigra non deve esservi trattato, solo una lettera da Sovrano a Sovrano che impegni un'aUeanza re.clproca (1). L'Indépendance Belge, svela quanto si tratta segretamente, la Prussia

arma, qui si ,è decisi alla guerra e quindi non si fa calcolo degli armamenti e si dà meno peso di quanto meriti alla indiscrezione.

(l) -Da ACR. (2) -C!r. n. 63.
81

L' AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1394. Bucarest, 7 febbraio 1869, ore 13 (per. ore 5,30 dell'B).

En face des menées de Bratiano et à la suite des déclarations qu'il a faites au président du Conseil, que le Ministère ne devait plus compter sur le concours de la majorité de la Chambre, le Cabinet, après avoir donné sa démission que le Prince avait acceptée, a demandé un vote de confiance. La Chambre bien qu'elle soit dévouée à Bratiano a accordé ce vote craignant d'ètre dissoute si elle le refusait; mais il ne faut pas cependant attribuer à ce vote une portée sérieuse, car... (2) et la majorité radicale restent les mèmes. Ma dépeche n. 45 (3) donne amples détails.

82

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE 65. Napoli, 7 febbraio 1869.

La S. V. ha certamente seguito <eon molta attenzione le voci messe in giro, negli organi principali della pubblica stampa, intorno alla candidatura di un

Principe della Real Casa di Savoia per il trono di Spagna. Ora è tempo ch'io

Le manifesti le idee del Governo del Re intorno a tale delicato argomento.

L'origine di questa candidatura non è dovuta all'iniziativa del Governo di Sua Maestà. Essa emerse, per così dire, dalla situazione stessa delle cose che avea condotto a rovina il regime anteriormente in vigore in !spagna. Era cosa ben naturale, infatti, che coloro i quali in quel paese professano principii monarchici volgessero il loro sguardo verso la casa regnante in Italia trattandosi di scegliere un Sovrano che desse sicura guarentigia di un migliore governo. Proposizioni vennero fatte in questo senso da uomini autorevoli della Spagna, e quindi nacque di per sé la necessità di esaminare ciò che vi fosse di serio nelle proposizioni medesime, rimpetto alla condizione interna del paese daddove quelle proposizioni partivano.

Il Governo del Re, riservando pienamente i proprii giudizi e la propria azione, si valse soprattutto dell'opportunità della presenza in Spagna di S. E. il Generale Cialdini per procurarsi tutte quelle notizie che questi, per le molte conoscenze che ha in !spagna, e per la pratica cognizione che possiede delle cose di quel paese, poteva facilmente raccogliere.

Ora il Generale Cialdini è di ritorno in Italia, e dall'insieme delle cose dal medesimo osservate appare che realmente la candidatura di un Principe di Savoia, e più particolarmente quella di S. A. R. il Duca d'Aosta, riesce assai popolare presso la maggioranza del partito monarchico in !spagna. In presenza di tali fatti, il Governo del Re dovette necessariamente preoccuparsi del caso in cui la candidatura del principe italiano fosse posta innanzi nelle deliberazioni future delle Cortes costituenti. E la S. V. apprenderà con interesse le massime generali che contengono il pensiero del Governo del Re a questo proposito.

La situazione presente delle cose di Spagna, e quella che . attualmente si prepara per l'avvenire di quel paese, non sono cose indifferenti per l'Italia, come non lo sono certamente per la maggior parte degli Stati europei. Lo stabilimento in !spagna di un Governo retto dai principii stessi che sono il fondamento del nostro regime interno, simpatico all'Italia, non vincolato, né presentemente, né eventualmente, colla dinastia sedente sul trono francese, è un interesse che con noi dividono certamente un buon numero degli Stati europei.

L'interesse politico dell'Italia, né quello delle altre principali potenze, non sembrerebbero quindi escludere, anzi parrebbero favorire, la candidatura di un principe italiano per il trono spagnuolo.

Ma all'interesse politico, il Governo del Re crede non dover in alcun caso subordinare le considerazioni delle attuali condizioni interne dell'Italia, le quali esigono che il prestigio della dinastia venga con ogni studio difeso, e non venga esposto imprudentemente a soffrire qualche anche lieve jattura. Epperò il Governo del Re, non solo avrebbe assolutamente esclusa qualunque proposizione, che gli fosse stata fatta, di natura a far credere che la candidatura italiana cercasse l'appoggio di individuali intrighi, o dovesse servire di bandiera a mene di partito; ma non avrebbe tardato a respingere qualunque proposizione la quale non supponesse che, in ogni caso, l'elezione del principe italiano debba essere il rlsultamento della manifestazione solenne della volontà della nazione spagnuola. Il credito e la dignità della monarchia italiana escludono qualsiasi contraria supposizione.

Rimaneva, per ultimo, che da noi si considerasse se, nelle particolari presenti circostanze della Reale Famiglia, si trovasse il principe che potesse, senza inconvenienti per la conservazione della dinastia in Italia, andare a regnare in !spagna. Nella augusta Famiglia del nostro Re, tre principi avrebbero potuto essere chiamati a salire su quel trono. L'1 preferenza del Governo sarebbe stata data alla scelta di S.A.R. il Principe Eugenio di Carignano. Ma questo principe, per l'età e per la salute sua, declinò sin dal principio ogni offerta che gli potesse venir fatta al riguardo. La minorità del Duca di Genova, attualmente aggregato ad un illustre collegio d'Inghilterra per compiervi una distinta educazione, sembra presentare qualche difficoltà per la sua elezione presso il partito monarchico in !spagna. Cionondimeno questa scelta riuscirebbe a noi assai più gradita di quella, che per avventura si facesse, di S.A.R. il Duca d'Aosta. La posizione che questo Principe occupa sui gradini del trono d'Italia, basta a spiegare il motivo delle nostre esitanze. Ma, indipendentemente da ogni intendimento del R. Governo, Ella comprende, Signor Conte, che, entrando in quest'ordine di riflessi, è anzitutto dovere dei Consiglieri della Corona di rispettare scrupolosamente la volontà personale del principe sul quale vorrebbesi far cadoce la scelta. In affare di tanto rilievo non sarà mai che 11 Governo del Re voglia spingere un principe della R. Casa ad un passo pel quale egli non si disponga spontaneo e volenteroso. Noi siamo felici di conservare intorno al trono i principi che ne sono il più splendido ornamento.

L'azione del Governo di Sua Maestà non dovrebbe quindi, a nostro avviso, spiegarsi che allorquando, posta in campo la candidatura di uno dei principi italiani nelle condizioni anzi dette, e questa accettata e gradita dall'augusto candidato, fosse venuto il momento di provvedere acciocché un avvenimento di tanta importanza non s'avesse a compiere che col pieno accordo delle maggiori potenze.

Per ora non importa che la S. V. faccia appositi adoperamenti al riguardo.

Come Ella vede, non si potrebbe trattare di simile affare prima che siano

note le definitive intenzioni del principe e le finali conseguenze del rivolgi

mento attuale di Spagna. Ma, anche nello stato presente di incertezza, può es

sere giovevole che il Governo del Re conos·ca l'opinione dei principali Gabinetti

intorno al progetto di una candidatura italiana. Dappoiché questa candidatura

viene discussa da assai tempo nei pubblici fogli, non Le sarà difficile, usando

la massima prudenza, di scandagliare gli intendimenti di codesto Governo, e

nelle conversazioni ch'Ella potrà avere al riguardo Le si presenterà certamente

l'opportunità di dimostrare che, se un principe della Reale Famiglia si decidesse

ad accettare la candidatura di Spagna, ciò farebbe per coadjuvare, nell'inte

resse generale di Europa, alla consolidazione del principio monarchico ed al

l'allontanamento delle pericolose eventualità che le altre candidature potreb

bero presentare per l'avvenire.

(l) -Annotazione a margine di Nigra: «Non ho mal pensato, nè detto a Vimercati, o ad altri, ciò che Vimercati qui m! attribuisce circa le lettere da scambiarsi fra 1 due Sovrani. L'opinione che qui mi è attribuita è un puro parto della fantasia di Vimercati». (2) -Gruppo indecifrato. (3) -Pari data, non pubblicato.
83

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 341. Berlino, 7 febbraio 1869 (per. l'11).

La Gazette Nationale de Berlin, la Gazette de Cologne et celle de Weser, publient presque en meme temps des articles sur une alliance offensive et défensive qui se négocierait secrètement, et meme à nnsu de notre Cabinet, entre le Roi Victor Emmanuel et l'Empereur Napoléon, dans la prévision d'une guerre contre l'Allemagne après les élections générales en France. L'Autriche serait en tiers. Elle serait indemnisée par la Silésie, et l'Italle obtiendrait la cession du Tyrol méridional.

Comme cette nouvelle est en contradiction manifeste avec notre attitude, qui tend au contraire à prévenir toute cause ou prétexte de conflit, je ne manquerai pas d'y opposer une dénégation dans le premier entretien que j'aurai avec M. de Thile.

En attendant, je m'empresse d'en donner avis à V. E., qui jugera peut-etre à propos de faire démentir de son còté ces bruits, par quelque organe de notre presse.

Je n'ai rien appris aujourd'hui sur les affaires de la Grèce.

Le bai que j'ai offert le 3 de ce mois à la société et au monde offi'ciel de cette capitale, a été honoré de la présence du Comte de Bismarck et de toute sa famille. Je note le fait parceque c'est la première fois, durant cet hiver, qu'il a assisté à une réunion chez un diplomate. J'avais invité environ 550 personnes. A la dernière fete de la Cour le Roi et la Reine m'ont félicité sur le succès du bai de la Légation.

84

IL MINISTRO A MADRID, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

ANNESSO CIFRATO (1). Madrid, 7 febbraio 1869 (per. il 13).

On m'assure que le Gouvernement bnita..nnique fait de vives instances auprès du Roi don Ferdinand de Portugal pour qu'H accepte la couronne de Espagne si on la lui offre. Le Roi don Ferdinand de Portugal aurait demandé entre autres choses la garantie à son fils de la couronne portugaise. On a dit que quelques ministres favorables à ce candidat insistent auprès des partisans du due de Montpensier pour qu'on s'assure des dispositions définitives du Roi don Ferdinand de Portugal avant de faire des efforts pour faire accepter le premier. La candidature portugaise a beaucoup gagné de ces derniers temps, elle ne rencontre d'objections sérieuses nulle part.

(l) Al R. 218, non pubbllcato.

85

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 105. Firenze, 8 febbraio 1869.

Fra i pregiati rapporti recatimi dal Corriere Armillet, quelli segnati coi

n. 333, 334 (1), si rife,riscono al rJ.stabiJ.imento di rapporti regolari tra ,la Prussia e il Messico. Le sono grato delle indicazioni che V. S. mi ha fornito intorno a siffatto argomento.

Anche il Governo del Re si era preoccupato della stessa quistione, ed avea fatto tastare indirettamente il terreno all'oggetto di conoscere se e come avrebbe potuto effettuarsi la ripresa delle reiazioni diplomatJ.che.

Per quanto fosse naturale in noi il desiderio di porre un termine alla situazione anormale creatad al Messico dagli avvenimenti di questi ultimi anni, e per quanto siano rilevanti gli interessi della colonia nostra stabilita in quel paese, il Governo del Re non poteva evidentemente indursi a prendere l'iniziativa di un atto diplomatico qualsiasi, se prima non gli era fornita la certezza di un favorevole ac,cogUmento per parte del Governo repubblicano.

Siffatte informazioni parendo più facili a raccogliersi a Washington ed a Londra che non altrove, fu scritto, in proposito, fin dal novembre scorso al Cavalier Cerruti ed al Conte Maffei.

I riscontri che ne furono ricevuti non sono di tal natura da dissipare in noi ogni dubbiezza. V. S. potrà convincersene dalla lettura dei documenti che qui annetto in copia.

In tale stato di cose, è nostro desiderio di continuare le indagini prima di appigliarci ad una risoluzione definitiva. Non sarebbe anzi inopportuno che

V. S. ne tenesse officiosamente discorso, sia col Signor Ba:ncroft, sia col Presidente della Cancelleria federale. Il Signor Bancroft ha infatti una importanza personale la quale potrebbe giovare nella presente occorrenza a noi come giova al Gabinetto di Berlino. D'altra parte l'invio del Signor Schlozer a Messico porge il mezzo di far esplorare sul luogo e pel tramite di agente di potenza amica, le vere intenzioni del Presidente Juarez.

Mi aff.ido, del resto, al tatto ed alla prudenza di Lei perché codeste pratiche, d'indole necessariamente gelosa e riservata, abbiano a recare un risultamento concreto senza impegnare o compromettere in veruna guisa la politica del

R. Governo.

86

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 1287/553. Londra, 8 febbraio 1869 (per. il 12).

Appena mi giunse il pregiato di Lei dispaccio n. 132 di questa serie (2), mi recai da Lord Clarendon per intrattenerlo, secondo i di Lei ordini, della

urgenza che vi sarebbe, in considerazione del triste stato in cul travasi ridotto il commercio europeo nella Tunisia, di prendere una decisione sul da farsi, onde porre un termine al disordine che le sterili discussioni che ebbero luogo tra le Potenze principalmente interessate, hanno forse ancora contribuito ad accrescere.

Esposi perciò a Sua Signoria come in tale stato di cose il Governo del Re avrebbe giudicato conveniente addivenirne ad una intesa con quello di Sua Maestà Britannica, allo scopo di fare una contro-proposta al Gabinetto delle Tuileries per il finale assetto della difficoltà, prendendo per base quei principj ch'erano sempre stati nostra guida, cioè: assicurare a tutti i creditori e a tutti i Governi interessati una egua;glianza assoluta nell'ingerimento che si tratta di prendere nella riforma finanziaria della Reggenza; e guarentire contro qualunque arbitraria innovazione i contratti esistenti fra il Bardo e i suoi creditori.

Onde decidere Mylord gli toccai prudentemente di quanto l'E. V. mi accenna sulle voci che correvano a Tunisi che da quell'agente francese si fossero fatte nuove sollecitazioni al Governo del Bey perché togliesse alcune fra le guarentigie accordate ai crediti risultanti dalle così dette conversioni per accordarle ai creditori del consolidato tunisino. Aggiunsi poi tutte quelle considerazioni che, oltre alle cose già da me dette a questo Ministro degli Affari Esteri, potevano ulteriormente esercitare qua1che influenza sull'animo suo, e son lieto di poter annunziare all'E. V. che egli accetta di fare una contro-proposta al Governo f11ancese, e che consente in massima ai termini da me espostigli, salvo a prenderli in definitiva considerazione appena glieli avrò presentati per iscritto.

Questi termini sono:

1°) I principj più sopra accennati. 2°) Quando s'a;ccetti il progetto del defunto Marchese di Moustier, di scindere la Commissione finanziaria in due sezioni, si stabilirebbe che nella sezione amministrativa, la quale sarebb~ per essere composta di membri tunisini, nessun commissario straniero possa essere introdotto.

Pare a me che codeste condizioni soddisfino ai nostri giusti desiderj ed offrano ogni più ampia guarentigia a tutte le potenze interessate.

Sono di parere che a meno che Lord Lyons o qualche membro del «Foreign Office :. sollevino delle difficoltà, una proposta fondata su queste basi sarà secondata dal Governo inglese. Lord Clarendon mi chiese se si poteva considerare il progetto d'introdurre un membro francese nella sezione amministrativa come una proposta seria, avendo il Gabinetto delle Tuileries col suo protratto silenzio dimostrato quasi d'essersi persuaso esso stesso dell'assurdo di siffatta straordinaria pretesa. Risposi a Sua Signoria che, quantunque vaghissime, le ultime aperture francesi giustificavano pienamente una contro-proposta da parte dei Governi d'Italia e di Inghilt!erra.

Mylord gentilmente m'espresse il suo desiderio di procedere d'accordo con noi e sembrami, come già ,rassegnai all'E. V., che le sue vedute sulla controversia di Tunisi continuino ad essere conformi alle nostre.

Sarei pertanto grato a V. E. se mi volesse tosto far conoscere se mi autorizza a consegnare ufficialmente a Sua Signor.ia uno schema formale concepito nel senso da me indicato.

Onde profittare della partenza del corriere inglese non mi dilungo più oltre su questo confidenzialissimo argomento che ho tes.tè trattato coi Segretario di Stato, e nell'attendere le definitive istruzioni dell'E. V ....

(l) -Non pubbl!catl. (2) -Cfr. n. 50.
87

IL MINISTRO DELLE FINANZE, CAMBRAY DIGNY, AL CONTE VIMERCATI (l)

L. P. Firenze, 9 febbraio 1869.

Ti ringrazio molto della tua lettera, e delle utilissime indilcazioni che mi dai, delle quali terrò conto molto volentieri, e spero molto utilmente. Domenica torna il Re, suppongo che si riparlerà del noto affare, intorno al quale però mi par bene di dirti nettamente il mio modo di pensare. Lo imbarcarsi in una impresa qualunque non sarebbe per noi possibile ove non fosse giustificato da un grande interesse politico, o dalla necessità. Ora la necessità non si vede abbastanza e tutto al più potrebbe sostenersi quando l'Austria si legasse prima colla Francia.

D'interessi politici veramente importanti noi non abbiamo che la soluzione della Questione Romana, senza la quale non ci sarà mai in Italia né un Governo stabile né un Governo conservatore. L'Imperatore ci è interessato quanto noi. Finché dureranno le condizioni attuali Egli avrà a Roma una Coblenza più contro di lui anche che contro di noi, ed avrà a Firenze un Governo sempre più minacciato e pericolante. Sciolta invece la questione Romana potrà farsi in Italia un Governo conservatore, potrà aversi un Parlamento capace di sostenerlo, e della moderna Coblenza non si parlerà più.

Nessuno può impugnare questo stato di cose, al quale le transazioni che non sono accettate, i temperamenti che sono impossibili non fanno... (2). Non vale dunque dire che non si può stipulare sulle spalle del Papa. È questo una specie di non possumus il quale lascerebbe a noi due nemici alle spalle durante la guerra, per farceli trovare più forti dopo, e anche per la Francia non sarebbe scevro di conseguenze gravi. Del resto e chi pretende una stipulazione a carico del Papa? Noi cerchiamo soltanto di metterei d'accordo colla Francia sul modo di sistemare stabilmente, a suo tempo, le cose di Roma in maniera che sia soddisfatta la giusta pretesa del mondo CattoUco di avere un Pontefice indipendente, liberissimo e circondato di tutto quel prestigio che è inseparabile dalla Sua Dignità e dall'Augusto Suo Ministero, e sia parimenti soddisfatto il diritto dei Romani di essere governati come ogni altra nazione civile, il diritto degli Italiani tutti di compiere l'unità del Regno, o almeno di non avere in casa un ostinato avversario. Tu conosci le mie tre soluzioni. Intendiamoci sopra

una, sappiamo a vicenda che l'Italia non vuole più di quello che vuole la Francia, né questa meno di quella; mettiamoci d'accordo, e poi lasciamo al tempo la cura di fare emergeTe i modi di tradurre nei fatti le nostre i.dee, e di porgerei occasione di agire di concerto. Ma che almeno quando i tempi e gli eventi si maturino si sappia quello che si vuole, si sappia che la bandiera Francese non osteggerà un savio e prudente accomodamento.

A me non pare necessario per ora pigliare impegni formali di agire, che sarebbe come tu dici stipulare a spese del Papa.

Ma altrettanto parmi indispensabile che i due Governi concordino quell~ che vogliono, che desiderano, quello insomma che dovrebbe verificarsi senza ostacoli dalle due parti, riservando a tempo opportuno il concertare il da fare, lo stabilire i modi della comune azione. Questo sarebbe conforme anche a politica prudenza, imperocché meglio è sempre in un dato caso saper quello che si vuole, che lasciarsi sorprendere dagli avvenimenti e farseli arrivare addosso sen2la un piano prestabilito.

Queste cose io ti scrivo mentre H Re e Menabrea sono a Napoli. Tu devi dunque vedere in questo foglio l'espressione della mia particolare opinione in proposito. Tu mi dirai facciamo la guerra e poi otterremo tale influenza che nulla ci sarà rifiutato. Anche codesto modo non è da disprezzare. Però pare a me meno dignitoso per la Francia e troppo azzardoso per noi. Sopra tutto mi pare tal cosa da non giustificare la nostra condotta.

(1) -Da ACR. (2) -Parola illeggibile.
88

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 74. Bruxelles, 10 febbraio 1869 (per. il 12).

J'ai eu l'honneur dans le temps de signaler à l'attention de V. E. la convention conclue entre la Compagnie de l'Est Français et la Société du Chemin de Fer du Luxembourg Beige pour l'exploitation de cette voie ferrée.

Cette .convention qui aurait eu pour résultat de constituer toute une administration et un personnel français sur une partie du territoire belge, avait vivement ému l'op1nion publique qui y voyait non seulement un commencement d'assimilation française, mais craignait encore, qu'une fois en possession de cette ligne, le Gouvernement Impérial ne pùt, faisant hausser ou baisser les tarifs, peser d'une manière sensible sur les intéréts commerciaux de la Belgique. Le Gouvernement pouvait d'autant moins rester indifférent à cette expression du sentiment général que lui méme partageait entièrement cette manièire de voir. Aussi, se plaçant tout à la fois au point de vue national et de l'intérét public, vient-il de présenter à la Chambre des Représentants un projet de loi qui confère au Gouvernement des pouvoirs extraordinaires pour empécher, s'il y a lieu, les Compagnies de vendre ou de céder les chemins de fer dont la concession leur a été accordée. En pareil cas, le Gouvernement pourra exproprie!I' ces lignes et les exploiter pour le compte de l'Etat en donnant, au besoin, à la Compagnie une indemnité convenable.

Le Projet de Loi, dont ci joint se trouve la copie (1), au lieu d'etre envoyé dans les Bureaux, aux termes du ,règlement, va .faire l'objet, en raison de son urgence, d'un examen sommaire, et sera prochainement soumis aux dé1ibérations de la Chambre.

Il n'est pas douteux que le Gouvernement Français dont la Compagnie de l'Est n'était dans cette circonstance que le docile instrument, sera vivement contrarié d'une mesure qui coupe court à ses combinaisons; mais le pays dont les répugnances contre toute espèce d'assimilation française ne perdent pas une occasion de se manifester, ver.ra avec une immense satisfaction le Gouvernement et les Chambres se précautionner contre des éventuaHtés que la mort du Prince Royal a rendu encore plus sensibles.

89

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (2)

L. P. Parigi, 10 febbraio 1869.

J'ai la réponse à la dernière note italienne et si on y fait quelques modifications, je la trouve aussi bien qu'elle peut étre, du moment que l'on veut ici éviter des stipulations définitives sur la question romaine.

J'ai été à la Légation pour tout vous soumettre, vous étiez à la chasse, je viendrai demain à 10 heures, le temps presse, je vous demande de prendre en main ce grand acte qui doit s'a,ccomplir, et qui ne le pourrait sans votre intervention. Quant à moi, je ne saurais rien faire de bon sans votre appui, à demain, je suis décidé à partir promptement pour l'Italie, car je crois que nous sommes pressés par les événemens.

90

IL MINISTRO A MADRID, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1400. Madrid, 11 febbraio 1869, ore 11,42 (per. ore 13,40).

La candidature du Roi Ferdinand a fait de tels progrès ces jours derniers que son prompte avènement dépend presque uniquement de son acceptation.

91

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, MIGLIORATI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 59. Monaco, 11 febbraio 1869 (per. il 15).

In questi ultimi giorni si sparsero in Monaco voci allarmanti che prendendole sul serio avrebbero dovuto fa.rmi credere alla vigilia di gravi complica

zioni europee: io non aveva in verità ragione per attribuire loro una qualche importanza, e dalle informazioni che mi procurai mi risulta soltanto che esse avevano un'origine prussiana: noterò pure ch'esse erano precedute di 48 ore dalla notizia che la Gazzetta di Augusta aveva data di un'alleanza che stava per formarsi tra la Francia, l'Austria e l'Italia.

È cosa però meritevole di attenzione l'affaccendarsi continuo della diplomazia prussiana a dipingere il Barone di Beust come il più pericoloso istigatore della guerra aspettando di rigettare su di lui la responsabilità delle complicazioni che in un avvenire più o meno prossimo potrebbero sorgere.

Non è mio ufficio lo analiz<'lare le vere tendenze e le aspirazioni della politica austriaca ma da quanto io scorgo nell'orizzonte ristretto del terreno su cui mi raggiro mi sembra di dover considerare almeno esagerate le apprensioni prussiane a meno che fossero l'espressione apparente di arti machiavelliche onde denigrare il proprio nemico.

Ma queste apprensioni prussiane verso l'Austria si traducono in mal celata diffidenza verso l'Italia ogni qualvolta la diplomazia prussiana si pone a ragionare di possibili complicazioni europee e non mi sorprenderebbe che la notizia data dalla Gazzetta di Augusta avesse le medesime origini di cui parlai più sopra.

Diffatti questo mio collega di Prussia, conversando meco non esitò a cogliere il destro onde domandarmi «che farà l'Italia in caso di guerra? sarà colla Prussia?» Dalla espressione della figura del Barone di Werthern potevo argomentare ch'egli avesse poca disposizione a crederlo, e forse era questa una maniera di provocare una risposta da parte mia. Risposi al mio collega che l'Italia desiderava anzitutto e sinceramente il mantenimento della pace onde cogliere da essa tutti i frutti di prosperità interna cui si dedica già con felice successo l'attuale nostro Gabinetto, che del resto seguendo essa una politica libera ed indipendente potrà il giorno ave scoppiassero complicazioni europee scegliere quella via che gli sarà tracciata dai suoi interessi; lo scopo mio era di combattere idee inesatte che mi sembra scorgere in Germania sul conto nostro, ed insistere che ci riserviamo ogni maggiore libertà d'azione. L'E. V. avrà senza dubbio osservato che la stampa della Germania o non parla affatto dell'Italia o se lo fa non è che a seconda delle opinioni estreme ed in modo sempre inesatto. Ciò proviene da un lato dai partiti che rappresentano i varii giornali e dalla mancanza assoluta di ra;pporti diretti coll'Italia. Ove Ella credesse opportuno di valersi di questa via onde illuminare queste popolazioni sulla grandezza e sull'importanza dell'Italia facendone conoscere le vere e legittime aspirazioni, mi troverei forse in grado di offrirle l'organo dei periodici meglio accreditati di Monaco. La diplomazia prussiana dopo aver riportata una vera sconfitta nell'attaccare questo MLnà.stro della guerra, Barone Pranckh cui desiderava trovare un successore, su cui meglio poter contare, e vista l'impossibilità di miglior successo pel momento, sembra si proponga estendere la sua azione ad influenzare la stampa germanica, per la quale si dice dedichi somme ragguardevoli.

Il Principe di Hohenlohe ch'ebbi jeri l'onore di vedere, mi dichiarò però che non aveva ricevuto alcun invito per parte della Prussia nel senso della notizia data dai giornali di Monaco che cioè la Prussia avrebbe insistito presso

1 governi della Germania meridionale onde far loro completare l'armamento e l'organizzazione dei rispettivi eserciti, ma convenne meco che una tale voce poteva forse riferirsi sempUcemente a conversazioni tenute or sono alcune settimane dal Signor Grolmann addetto militare presso questa Legazione di Prussia. Il Barone Werthern trovandosi indisposto mandò in questo momento presso di me il Signor Radowitz segretario della Legazione incaricato di smentire che il Governo prussiano abbia indirizzato ai Governi de'Ha Germania meridionale l'invito di cui parlarono i giornali, e mi p&rve anzi fosse incaricato in pari tempo di esprimermi quanto gli dispiacesse la divulgazione di una notizia della quale ebbero ad oocuparsi tutti i diplomatici chiedendone jeri schiarimento al Principe di Hohenlohe.

(l) -Non sl pubblica. (2) -Da ACR.
92

IL GENERALE TURR A VITTORIO EMANUELE II (l)

L. P. Pest, 11 febbraio 1869.

J'ai fait connaitre au Comte de Beust que si l'Autri,che désire de traiter avec l'Italie, on pourrait décider Votre Majesté d'envoyer une personne à Vienne. Le Ministre Autrichien m'a dit qu'il est préférable de ne pas entamer la traité avec l'Italie avant que l'on ne soit parfaitement d'accord avec lEmpereur Napoléon.

Le Comte de Beust et Andrassy étaient tous deux assez préoccupés au sujet de la cession du Tyrol italien le Ministre de la Guerre Baron Kuhn ayant declaré que cette partie de l'Empire est d'une importance capitale au point de vue stratégique et qu'il est impossible de songer à la céde,r.

Néanmoins je me suis rendu chez le Ministre de la Guem·e et j'eus une longue conversation avec lui sur le point stratégique de l'Empire, sur le danger qui le menace du còté de la Russie. je lui fis voir l'immense frontière toute ouverte, le Ministre reconnaissait en effet le péril, mais il prétend que le point le plus important est le Tyrol italien, et Ll se plaignit que quelques personnages politiques aient l'idée aussi de le céder.

Je répondis qu'en effet, céder comme on l'a malheureusement fait depuis 10 ans teUe ou telle partie sans aucun profit ne convenait pas, mais dans l'occasion de la cession de le faire avec de si grands avantages qui fassent oublier en quelque sorte Je,s cessions du passé, cela il me semble de meriter un examen sérieux. Je parlai longuement jusqu'à ce qu'en fin le Ministre réfléchit quelque instant et à bout d'm·guments admit la cession moyennant récom

pense.

Beust et Andrassy sont enchantés du résultat de mon plaidoyer près du Ministre de la guer,re, à qui réellement on doit la prompte réorganisation de l'armée régulière. Lui seul en a le mérite.

L'organisation du Honvéd hongrois sera terminée complètement en 4-5 mois.

Si Votre Majesté a des ordres à me donner je prierais Vot,re Maj.esté de vouloir me faire adresser à M. Duchange Hotel d'Europ,e Pesth dans l'intérieur sous une seconde enveloppe pour le Général Tiir,r.

Je vois avec regret que des correspondamts de Paris aux Journaux de Berlin parlent de l'affaire. Cela est diì à la jalousie qui existe entre Nigra et Vimercati.

(l) Da. ACR.

93

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. CONFIDENZIALE Ili Lisbona, 12 febbraio 1869.

Da informazioni certe mi risulta ,che il Cardinale Antonelli interpellato verbalmente sui motivi ch-e avevano ispirato la riunione del prossimo Concilio Ecumenico, rispose che i Governi Cattolici avendo ormai ritirata la loro protezione politica e religiosa alla Santa Sede, deUa quale essa godeva ab immemorabili, era d'uop ch-e Roma pensasse a proteggersi Essa stessa e sostituire in modo solenne la propria azione nel mondo cattolico a quella dei Governi che avevano disertata pressoché universalmente la sua bandiera.

Alla seconda interpellazione circa gU invtti non fatti ai Sovrani e Governi per farsi rappresentare al Concilio ~come furono sempre rappresentati in quelli anteriori, il Segretario di Stato rispose ch-e la posizione attuale di Roma verso parecchi Paesi e Governi rendeva impossibiLe un invito universale, né potendo farne eccezionalmente era stata adottata la massima di non farne alcuno. Ma che quanto non può venire applicato come questione di diritto, può esserlo come questione di fatto e che Sua Eminenza si lusingava, anzi sperava, trovar modo diretto od indiretto a che Sovrani e Governi fossero rappresentati essi pure al futuro Concilio.

94

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 811. Parigi, 12 febbraio 1869 (per. il 15).

Con di:spaccio del 1° febbraio corrente n. 443 di Serie polit~ca (l) l'E. V. informandomi della continua spedizione a Civitavecchia di materiale da guerra proveniente dalla Francia, mi prescriveva di ,cogliere una conveniente occasione per far comprendere al Governo francese (senza però fame oggetto d'uf

10 ~ Documenti diplomatici -Serie I -Vol. XI

ftciale richiamo) la cattiva impressione prodotta in Italia da questo fatto e dalle dimostrazioni militari dell'esercito pontificio, le quali non potevano a meno di contrariare l'opera conciliatrice intrapresa in mezzo a gravi difficoltà dal Governo del Re.

Ebbi ieri un'occasione propizia d'intrattene,re di questi fatti il Marchese di La Valette, e feci valere presso di lui, nei termini riservati prescritti dall'E. V., le considerazioni svolte nel dispaccio ministeriale sopra citato.

S. E. il Marchese di La Valette, dopo avermi ascoltato, mi rispose che una delle condizioni appunto perché la guarnigione francese potesse lasciare il territorio pontificio era che la Santa Sede avesse forze proprie e risorse militari suffi.cienti perché potesse resistere ad una nuova invasione di volontarj; che l'Italia col suo esercito potente e bene organizzato non aveva a temere nessun atto aggressivo per parte dell'esercito pontificio; e che in conseguenza il Governo del Re doveva anzi vedere con soddisfazione l'aumento delle forze e delle risorse militari della Santa Sede, delle quali del resto si esagerava, a suo giudizio, l'importanza, perché questo appunto era un indizio del fermo proposito del Governo imperiale di ritirare le sue truppe da Civitavecchia appena potrebbe farlo senza pericolo. Osservai al Ministro imperiale degli affari esteri che certamente il Governo del Re, fidente a buon diritto nel sentimento delle popolazioni, e nell'incrollabile devozione dell'esercito nazionale, non si preoccupava dell'esito di un'aggressione, ove questa si verificasse; ma ,che si preoccupava degli effetti funesti delle dimostrazioni militari della Corte di Roma, e degli incagli che da essa ne derivano per la pacificazione degli animi in Italia e per l'opera di conciliazione che sarebbe desiderabile di proseguire con pro

spero successo.

Il Marchese di La Valette non diede altro seguito a questa conversazione. Egli si limitò a dirmi che in generale sulla questione dell'occupazione francese, e su quelle che vi si connettono, non può per ora che riferirsi alle risposte date dal suo predecessore, risposte che dovrebbe confermare, ove la questione venisse rimessa sul tappeto in questo momento. Ho avuto del resto l'occasione di constatare nella corrispondenza particoiare coll'E. V. che prima delle elezioni generali in Francia la guarnigione di Civitavecchia non sarebbe richiamata. Le intenzioni del Governo francese non mutarono a questo riguardo. L'Imperatore, il signor Rouher, e il Marchese di La V.alertte m'hanno detto a parecchie riprese che l'evacuazione sarebbe fatta dopo le elezioni, ma che il Governo imperiale non poteva prendere un impegno ufficiale fin d'ora a questo riguardo. H Governo illllP€riale non è senza preoccUJPazioni sulle discussioni che avranno luogo senza dubbio al Corpo legislativo, e forse anche al Senato sulla questione romana. È da temersi che da queste discussioni e da quelle che avranno luogo a Ftrenze nascano nuove concitazioni negli animi, in senso na;turalmente opposto in Italia e in Francia. È questa ancora una conseguenza funesta e deplorevole dei fatti dell'autunno del 1867. In tale stato di cose l'E. V. vedrà se sia utile l'intavolare ora una discussione ufficiale col Governo francese sia sulla questione dell'occupazione sia su quella degli armamenti pontificj. Io sona convinto che una tale discussione avrebbe più inconvenienti che vantaggi, e in ogni caso rimarrebbe sterile.

Mentre scrivo il presente dispaccio, mi giunge quello che l'E. V. mi fece l'onore di dirigermi da Napoli, il 6 corrente sotto il n. 446, di Serie politica riservata (1).

Le cose dette di sopra rispondono in gran parte alle osservazioni nel medesimo contenute.

(l) Cfr. n. 65.

95

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 79. Vienna, 12 febbraio 1869.

Non credevo che g1i avvenimenti mi dessero così presto ragione intorno agli affari rumeni. Il voto ostile della Camera ha spinto il Principe ad agire energicamente ed a viso scoperto anche prima che il nuovo Ministero avesse posto salde radici e riordinata l'amministrazione. Ma non bisogna che le grandi potenze fidino soverchiamente sulla misura adottata dal Governo rumeno e credano che la questione sia risolta favorevolmente ai desideri degli amici della pa;ce. Il Principe non vuole per seguire una politica moderata esporre se stesso ed il suo governo a dei gravi pericoli. Se per avventura le elezioni non riuscissero in un senso governativo, egli avrebbe gravemente compromesso il suo avvenire. Bratiano ritornerebbe al potere e la questione rumena si affaccerebbe gravissima all'orizzonte pol1tico. È quindi necessario, indispensabile che le nuove elezioni eliminino i partiti estremi. Questo risultato, mi sia lecito il dirlo, dipende più dalle potenze garanti che dal Governo del Principe. Il Principe ha fatto quanto per lui si poteva. Sta alle Potenze il coadiuvare il pericolante governo. Se il Ministero dovrà presentarsi al paese senza ave,r nulla ottenuto dall'Europa, il paese gli risponderà mandando sugli scanni di deputato Bratiano ed i suoi amici.

E poiehé l'E. V. mi diede licenza di esprimere la mia opinione intorno a questa questione gravissima, io esprimerò intieramente il mio concetto. Senza infrangere per nulla i trattati, senza sollevare nessuna questione nella Turchia, le Potenze garanti hanno in loro mano il mezzo di sciogliere la questione e rafforzare il Ministero. Esse non hanno che ad accogliere le domande del governo rumeno intorno aUe convenzioni consolari. Esse non hanno che a rinunciare a dei privilegi che offendono grandemente il principio della sovranità e della dignità dei Principati Uniti. Questo trionfo diplomatico, che cercò indarno di ottenere Bratiano, innalzerebbe il Ministero, gli darebbe forza e gli farebbe ottenere una maggioranza favorevole.

Io che conosco quanto l'E. V. desidera evitare che sorgano nuove questioni di guerra, io insisto su questo argomecr1to. E credo che se il Governo d'Italia ne prendesse l'iniziativa, troverebbe nel governo austro-ungherese un susstdio ed un alleato.

Le elezioni della Rumenia non debbono considerarsi come un affare interno di quel piccolo paese. Esse hanno una maggiore importanza, esse possono diventare argomento di una questione europea.

Ho ·Creduto mio debito di esporle il mio concetto, molto più 'che ho trovato il Conte di Beust molto ben disposto per i Principati egli ha respinto sdegnosamente tutti gli incitamenti di quei falsi patriotti che vedevano la dignità dell'Austria e dell'Ungher~a offesa nell'affare della bandiera ungarica lacerata a Bucarest. Egli mi ha detto che apprezza troppo il leale procedere del Principe, per creargli in questo momento difficile il menomo imbarazzo.

(l) Cfr. n. 78.

96

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 1290/555. Londra, 14 febbraio 1869 (per. il 19).

Nel procurare or fan pochi giorni di rappresentare a Lord Clarendon (l) come la presenza delle truppe francesi sul suolo pontificio e i preparativi da loro fatti a Civitavecchia non possano più avere oggidì per solo oggetto la difesa della Santa Sede, ma nascondano purtroppo un secondo fine, io, oltre agli ordini ricevuti dalla E. V., a ciò era spinto dalla gravità che un tal fatto assume ogni giorno maggiore e dalla circostanza che il vero stato delle cose relativamente a tale quistione comincia, non giova dissimularlo, a diffondersi fra il pubblico. Naturalmente in questo la verità si trova frammista a molti infondati rapporti, ma nel fondo la voce che va spargendosi che le truppe di Francia rimangono sul territorio romano onde essere di minaccia per l'Italia in easo di importanti avvenimenti in Europa, è esatta nella sostanza, o in ogni caso conforme all'opinione di tutti coloro che imprendono a considerare imparzialmente lo strano atteggiamento del Governo francese a Civitavecchia da parecchi mesi.

Faccia fede di quanto avanzo il qui annesso brano di una corrispondenza indirizzata or fan due o tre giorni al Times da Berlino (2), in cui dandosi l'annunzio d'una combinazione, della quale non entrerò a discutere la verosimiglianza, accennasi alla minaccia ed al pericolo che costituisce per l'Italia la presenza delle truppe dell'Imperatore Napoleone nei dominj della Santa Chiesa. Non credo fuor di proposito di rassegnarLe, Signor Conte, che il corrispondente berlinese del Times ha fama di essere spesso al corrente di ciò ·Che si passa dietro le scene.

Le cose trovandosi a questo punto, e sapendo essere desiderio dell'E. V. che i nuovi Ministri della Regina fossero, offrendosene l'occasione, ragguagliati di tutti i particolari di questa quanto mai anomala situazione, pensai che presentandomisi l'opportunità di parlarne col Signor Gladstone, sarebbe stato

utilissimo di profittarne per fissarvi sopra l'attenzione del Primo Ministro della Corona britannica.

La sorte intanto mi favorì pokhé recatomi a casa sua per tutt'altro incombente, egli prima d'accomiatarmi mi ·rivoJse varie quistioni sull'Italia, locché m'afferì naturalmente il destro di far cadere la ·conversazione sugli affari di Roma. Il carattere puramente privato dell'abboccamento mi permise di intrattenermi con piena libertà col Signor Gladstone al quale dissi presso a poco le stesse cose da me esposte alcuni giorni innanzi a Lo.rd Clarendon. Il Primo Ministro ne fu molto impressionato e soprattutto non celò il suo stupore quando nel narrargli i vasti apparecchi militari eseguiti dalla Francia a Civitavecchia, gli citai la cifra delle armi e delle casse di munizioni giuntevi solo nello scorso mese di novembre.

Questo ragguaglio come quello che purtroppo giustifi.ca le apprensioni sollevate negli Italiani dall'attitudine che prese ultimamente l'occupazione imperiale nello Stato Pontificio, lo colpì al segno da strappargli una esclamazione di profonda sorpresa. P ascia continuò con queste testuali parole:

«Sebbene tutto questo sia molto triste, però di una cosa sono convinto e si è che l'Italia ha un unico nemico da paventare cioè il deficit, quel deficit che può mettere la sua stessa esistenza a repentaglio. Gl'Italiani non hanno né inimicizie né influenze straniere da rintuzzare; ma per loro il pareggio delle loro finanze è non solo una quistione importantissima di politica interna, ma ben anche d'immensa preponderanza all'estero. Non inquietatevi della complicazione franco-romana. Essa si scioglierà quando sarà matura e quando la coppa sarà così rieolma che il più piccolo urto la farà traboccare. La posizione della Francia in Italia si indebolisce in proporzione inversa degli armamenti che vi accumula, e se perdurerete nella prudenza ne otterrete una vittoria altrettanto più splendida in quanto che sarà essa una vittoria morale. Perseverate dunque nella via de' sagrifizj e delle coraggiose riduzioni inaugurate dalla presente amministrazione, imperocché è soltanto così che raggiungerete gli alti destini a cui siete chiamati. Guai se in caso di una guerra continentale vi lascerete travolgere nel suo turbine! 1>

Assi·curai al Signor Gladstone che ormai in Italia il periodo delle violente rivoluzioni era cessato per far luogo ad uno stadio in cui primeggia maestra una opinione pubblica illuminata e prudente, conscia dei beni dell'unità e avversa alle imprese arrischiate. Enu:memi quindi Je prove da noi date in molte occasioni e specialmente nell'ultima c•risi orientale de.i sinceri sent.imenti di pace dai quali siamo animati, e conchiusi col dire che nelle più rilevanti quistioni del giorno tanto politiche che comme.rciali i nostri ~nteressi e le nostre vedute erano identiche a quelle della Gran Bretagna.

Le ben note simpatie italiane del Signor Gladstone, la posizione elevata che egli occupa in questo istante, e l'influenza che in modo tutto particolare so ch'egli ese11cita nei consigli di Gabinetto in tutto ciò che ha tratto alla politica estera, m'imposero il dovere di qui rassegnare all'E. V., la conversazione che ho avuto con lui.

Questo dispaccio o perverrà a codesto Ministero per occasione privata, o sarà da persona sicura impostato appena varcato il confine francese.

(l) -Sul colloquio con Clarendon Maffei aveva riferito con R. confidenziale 1258/552 dell'S febbraio, non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
97

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 814. Parigi, 14 febbraio 1869 (per. il 17).

Ebbi occasione di parlare in questi giorni con S. E. il Marchese di Lavalette intorno agli affari di Tunisi, ai quali si riferisce in ultimo il dispaccio che l'E. V. mi fece l'onore di scrivermi il 25 Gennaio scorso, sotto il n. 438 di serie politica (l).

Il Marchese di Lavalette mi disse che sperava di potersi occupare quanto prima di questa questione, che gli affari di Grecia e la riunione della Conferenza gli avevano impedito di esaminare a fondo finora. Secondo le istruzioni dell'E. V. contenute nel precitato dispaccio, feci presentire al Ministro Imperiale degli Affari Esteri che l'E. V. sarebbe stata prossimamente in caso di fargli pervenire un progetto su questa importante vertenza. Il Marchese di Lavalette mi rispose che piglierebbe in attento esame ogni proposta che il Governo del Re stimasse conveniente di fargli in proposito.

98

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 815. Parigi, 14 febbraio 1869 (per. il 19).

Ringrazio l'E. V. dell'interessante comunicazione ch'Ella mi fece l'onore di dirigermi col dispaccio dei 1° febbraio corrente n. IV di Serie politica {2), relativo alla riunione del Concilio ecumenico. Intorno a questo grave argomento non ho che un sol fatto a portare a notizia dell'E. V. Ma questo fatto, se si verifica, sembrami molto importante. Egli pare che il Governo francese non veda senza inquietudine la riunione del Concilio, e che sia ben lontano dall'essere soddisfatto delle tendenze reazionarie della Corte di Roma. È quindi probabile che l'Arcivescovo di Parigi non si reche1rà al Concilio Ecumenico. La cosa sembra decisa dal Governo Imperiale d'accordo coll'Arcivescovo stesso. L'esempio di Monsignor Darboy sarebbe in questo caso seguito da altri Vescovi francesi. Non ho bisogno di far notare all'E. V. l'importanza e la gravità di una tale astensione, ove si verificasse.

(l) -Cfr. n. 51. (2) -Cfr. n. 67.
99

VITTORIO EMANUELE Il

AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Firenze, 15 febbraio 1869, ore 10,30.

Depuis quelque temps je vois des artlcles sur les journaux français qui m'étonnent. Je vous prie de m'en donner expllcatlon (2) car lcl on a toujours tenu le plus grand secret.

100

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 15 febbraio 1869, ore 11 (per. ore 15).

J'ai lu notre contre-proposition, elle consent tout excepté entente définitive question romaine, tout en admettant accord pour modus-vivendi Concile oecuménique, éléction nouveau Pontife, créera Sire, une situation opposée à celle qui a produit Mentana e·t nous aurons Rome. De Vienne on presse à Paris, Autriche ne fera rien avec Italie sans que celle-ci se soit préalablement entendue avec France. Je supplie Votre Majesté de réfléchir aux conséquences fàcheuses refus, et à ne pas perdre occasion favorable remettre prestige armée italienne et pour préparer réalisation aspirations nationales en accomplissant un acte politique digne de son illustre maison.

101

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE Il (l)

T. Parigi, 15 febbraio 1869, ore 15,50 (per. ore 19,25).

Nous sommes étrangers aux indiscrétions qui ont causé articles journaux français <3), en Italie on a très b~en fait de démootir. Regrette lettre brillée (4), tachez d'etre sùr qu'elle est brùlée vraiment. Elle contenait prévisions réponse notre projet qui se sont vérifiées.

p. -1396 la lettera di Vimercati a Vittorio Emanuele II del 6 febbraio (cfr. n. 80) era stata bruciata per errore. Ne fu !nvlata copia il 17 febbraio (cfr. n. 108).
(l) -Da ACR (2) -Cfr. n. 101. (3) -Cfr. n. 99. (4) -Come risulta da un t. del 14 febbraio, ed. in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. Il,
102

IL MINISTRO A MADRID, CORTI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1404. Madrid, 15 febbraio 1869, ore 19,10 (per. ore 22,05).

On m'assure que le général Prim vient de déclarer au due de la Torre que le Roi don Ferdinand refuse décidément cette couronne et propose de rester pour le moment dans le provisoire. Due de la Torre voudrait en sortir et parait bienveiilant toujours due de Montpensier. On ne s'est pas mis d'accord jusqu'ici.

103

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL' INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. 140. Firenze, 15 febbraio 1869.

Questo Ministero ebbe occasione di chiamare altre volte la di Lei attenzione sovra un progetto che si diceva essere stato proposto dalla Francia al Marocco per la cessione alla prima di queste due potenze dell'isola di Perexil nello stretto di Gibilterra.

Sembra che le voci messe in giro a tale riguardo persistessero ancora in questi ultimi tempi, dappoi·ché nei rapporti che questo Ministero ha ricevuto verso la metà di gennaio da Tangeri, è detto che dai rappresentanti d'Inghilterra e di Spagna era stato espressamente interrogato il Governo del Marocco sull'esistenza di negoziati che avessero lo scopo sovra indicato. Ed il R. Agente a Tangeri riferiva che quei due rappresentanti aveano avuto dal Sultano stesso le dichiarazioni formali che simili negoziati non aveano mai esistito.

Sebbene queste dichiarazioni sembrino affatto rassicuranti cionondimeno io chiamo tutta la particolare attenzione della S. V. anche sovra l'interesse politico che si annette per tutti gli Stati Mediterranei a ciò che potrebbe influire sul mantenimento dello stato presente territoriale delle coste che fronteggiano lo stretto di Gibilterra.

Dal canto nostro abbiamo ordinato al R. Incaricato di affari e Console Generale in Tangeri di non perdere di vista tutto quanto può aver tratto ad un simile interesse. Finché le quistioni vertenti fra la Francia ed il Marocco, quistioni che gli ultimi fatti d'Algeria avranno fors'anche potuto inasprire, non saranno appianate l'attenzione dei Gabinetti di Firenze e di Londra deve tenersi svegliata sovra quanto potrebbe per avventura negoziarsi al Marocco fra il Governo locale e la Francia. Anche sovra questo terreno l'interesse inglese ed italiano si confondono ed io nutro quindi ferma fiducia che l'azione dei due Gabinetti di Londra e di Firenze cospirerà ad un identico scopo di conservazione dello stato territoriale attualmente esistente.

104

IL MINISTRO A CARLSRUHE, ARTOM,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 83. Carlsruhe, 16 febbraio 1869 (per. il 20).

Ho chiesto oggi al Ministro Granducale degli Esteri se ci fosse qualche cosa di vero nelle notizie circolanti di nuovo pei giornali, intorno ad altri tentativi che il Gabinetto di Monaco avrebbe fatto per stabilire una Confederazione del Sud. Il Signor di Freydorf mi disse non saper nulla di tutto ciò; soggiunse che di questa tanto decantata Confederazione del Sud non vide mai formulato alcun programma; non saper nemmeno come si potrebbe concepire l'articolo essenziale, quello cioè che dovrebbe contenere l'enumerazione delle attribuzioni della Confederazione stessa. «Del resto, proseguì egli, il Principe Hohenlohe tentò altra volta, non già di negoziare una Confederazione degli Stati del Sud, ma soltanto di stabilire mercè un accordo preliminare, tra Monaco, Stuttgart e Carlsruhe, le condizioni sotto le quali il Baden, la Baviera ed il Wiirtemberg si sarebbero messi in rarpporto colla Confederazione del Nord. Se questo prog.etto venisse ripropos.to noi non c~ rifiuteremmo di esaminarlo. Ma, come vi dissi, finora niuna pratica di tal genere esiste».

Domandai pure a qual punto si trovasse la Commissione militare per la difesa comune dei tre Stati del Sud. Il Ministro mi disse che la Commissione di liquidazione doveva riunirsi fra brev·e per continuare i suoi lavori; compiuti i quali, la Commissione permanente di difesa avrebbe incominciato i suoi.

Da quest'argomento passai a quello della divisata Convenzione militare colla Prussia. Chiesi se si negozia a Carlsruhe od a Berlino, e se le trattative fossero prossime alla conclusione. A vero dire, rispose il Signor Freydorf, non si negozia ancora né qui né a Berlino; noi abbiamo fatta una proposta generica, la quale venne dal Signor di Bismarck sottomessa al Nord Bundesrat; ma questo non essendo ancora riunito non poté esaminarla e tutto rimane sospeso. Osservai, ohe se veramente si tratta soltanto di quei pochi badesi per ragione di studio o di commercio dimoranti nel territorio della Confederazione del Nord, o viceversa di prussiani abitanti per le stesse ra,gioni nel Granducato, che vogliono compiere il servizio volontario d'un anno, si sarebbe potuto accomodare la cosa in ogni ·caso speciale con comunicazioni dirette fra 1 due Governi, senza conchiudere un atto solenne, che potrebbe suscitare dei sospetti fuori d'ogni proporzione colla sua reale effi.cacia. Il Signor Freydorf rispose ciò non poterlo fare, perché occorrerebbe molto tempo per ottenere questi accordi particolari, in guisa ·Che, spesso, l'anno sarebbe trascorso prima che le relative concessioni fossero state accordate. Inoltre, anche i sudditi dei due paesi, che appartengono alla Landwehr, potrebbero, senza aver d'uopo di rimpatriarsi, prendere parte ane esercitazioni annuali. Ma la ragione vera per cui si desidera conchiudere quest'accordo, si è la impossibilità assoluta in cui il Granducato verrebbe a porsi di mutar politica ad un tratto, essendo in certo modo mostruoso il supporre che vengano a combattere l'uno contro l'altro due eserciti, nei quali i prussiani si troverebbero frammisti coi Badesi, e questi con quelli. Alcune parole sfuggite al Ministro di Prussia, sulla violenza morale fatta al Granduca nel 1866 da un Ministero austriaco e autonomo, fecero na

scere in me il dubbio che la Convenzione di cui si tratta non miri in realtà che a prevenire la ripetizione di simili casi. Da un altro discorso tenutomi dal Generale Beyer, Ministro della Guerra, mi pare di potere dedurre che fra le clausole della Convenzione stessa vi sarebbe alt·resì quella del giuramento da prestarsi dai badesi che compirebbero il loro servizio presso la Confederazione del Nord. Secondo il concetto espressomi dal Generale Beyer, la formala del giuramento dovrebb'essere all'incirca la seguente: «Giuro fedeltà al Re di Prussia, come Capo della Confederazione, per tutta la durata del servizio militare».

Ho creduto mio debito di dar comunicazione a questo Min}stro degli Affari Esteri dell'articolo della Correspondance Italienne che smentisce le voci corse di un trattato segreto d'alleanza fra l'Italia e la Francia contro la Prussia. Il Ministro mi ringraziò di questa comunicazione.

105

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 816. Parigi, 16 febbraio 1869 (per. il 19).

La notizia della presentazione alla Camera dei rappresenta-nti del Belgio e quelLa della votazione a ,gran maggioranza della legge che interdice la cessione delle strade ferrate senza il ·permesso dello Stato, giunsero successivamente a Parigi in questi ultimi giorni e vi produssero una sensazione considerevole. Gli organi ufficiosi del Governo francese mal celano l'irritazione che produsse in essi questo fatto, ,che considerano come prova indubitabile della diffidenza che si nutre nel Belgio contro la Francia. Il Governo imperiale sentì vivamente il colpo, e benché i Ministri dell'Impe["atore non sembrino voler attribuire una importanza capitale a quel fatto, tuttavia essi si esprimono in modo da far comprendere che la Francia considera la legge belga come un atto di cattivo procedere.

Segnalo questo incidente all'attenzione dell'E. V., perché esso può influire sulla futura politica esterna della Fra,da, quantunque per avventura sia probabile che per ora non abbia un seguito immediato.

106

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. R. 142. Firenze, 17 febbraio 1869.

Mentre più acre che mai ferveva la polemica dei giornali di Berlino e di Vienna intorno alla condotta politica dei due primi ministri di quei due paesi, seppi confidenzialmente dal Signor Conte de Launay che Lord Clarendon giustamente preoccupandosi dell'eccitamento degli animi che quella polemica manteneva, avea stimato opportuno d'interporsi personalmente a Berlino per farla cessare. E fu .con vera soddisfazione che abbiamo infatti potuto osservare che l'intromissione del Ministro inglese era stata coronata di un completo successo.

Senonché a fronte di simile fatto ci riesce ora difficile lo spiegarci un altro passo della diplomazia britannica il quale non sembra ispirato dalla istessa idea di pacificare gli spiriti, facendo sparire o diminuendo almeno gli ostacoli che si frappongono al ristabilimento di rapporti più sicuri fra i vari Governi d'Europa i quali escludono quello stato di reciproca diffidenza nel quale i medesimi sembrano di vivere da troppo tempo.

Mi venne riferito da Vienna (l) che il Conte di Beust altamente lodavasi del Ministro inglese che gli avea confidenzialmente comunicato una nota del Conte di Bismarck che era una vera requisitoria contro l'Austria e contro il primo Ministro imperiale. Quest'ultimo felicitavasi che Lord Clarendon, dopo aver chiesto informazioni al Signor Elliot, gli avesse resa piena giustizia convincendosi che quelle accuse manc,avano d'ogni fondamento, il Signor di Beust deplorava che a Berlino si persistesse a giudicare con poca equità gl'intendimenti del Governo Imperiale.

È di fatto che a Berlino persistono i sospetti che l'atteggiamento dell'Austria in alcune questioni o~rientali ha suscita-to ma H segnalare questi sospetti a Vienna non mi sembra cosa che possa giovare ad appianare i dissidii purtroppo esistenti fra i Gabinetti d'Austria e di Prussia in molte questioni d'interesse generale.

Ella farà, Signor Conte, delle informazioni contenute in questo dispaccio l'uso prudente che si conviene e farà comprendere che i passi fatti dal rwppresentante britannico in Vienna sembrano poco conformi a quelli che aveano avuto un così desiderevo1e risultato in Berlino. Ma l'uso che la S. V. farà di queste informazioni deve conservare alle medesime il carattere confidenziale che la natura istessa delle medesime richiede. Forse il Governo inglese troverà che la comunicazione fatta a Vienna della nota del Conte di Bismarck non sarà esempio da seguirsi in simili occasioni per l'avvenire.

107

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 349. Berlino, 17 febbraio 1869 (per. il 22).

Des organes plus ou moins avoués de la presse officieuse à Paris, ne se sont pas fait faute d'attaquer vivement le Comte de Bismarck au sujet de ses discours à la Chambre des Députés sur les biens des princes dépossédés.

Leur langage a été ramené à une note plus juste quand ils ont connu le texte de ces discours, et surtout de ceux éminemment pacifiques prononcés quelques jours plus tard par ce Ministre à la Chambre des Seigneurs.

Mats comme s'ils cra~gnaient de perdre la moindre occasion de suspecter la politique du Cabinet de Berlin, ils exercent maintenant leur imagination trop féconde à propos du vote récent des représentants Belges sur un projet de loi qui interdit aux sociétés des chemins de fer la faculté d'aliéner, sans l'approba

tion de l'Etat, les lignes dont elles sont concessionnaires. Cette loi aurait été présentée d'après les instigations de la Prusse. «Il éclaterait une révolte au Cap de Bonne-Espérance, que l'on ne manquerait pas de nous jeter la pierre! >>

C'est par ces mots que M. de Thile répondait à une allusion de ma part à cette polémique de journaux. «Lors meme, ajoutait-il, que la loi dont il s'agit fournisse à tort ou à raison quelque sujet de mécontentement à Paris, on ne voit pas trop où se trouve le bien fondé de toutes ces susceptibilités à propos d'une question de la compétence des pouvoirs publics en Belgique » (1).

Le Sous-Secrétaire d'Etat assurait au reste que jusqu'ici le représentant du Roi à Bruxelles n'avait transmis aucun rapport à cet égard, et qu'il ne pouvait ainsi se prononcer avec une entière connaissance de cause.

De son còté, le Baron Nothomb a l'ordre de se taire absolument sur cette question. Son Gouvernement désire pouvoir le cas échéant, affirmer en toute vérité qu'aucun échange d'idées n'aurait eu lieu sur ce point entre la Belgique et la Prusse.

Quoi qu'il en soit, il n'est pas moins vrai que si, au lieu d'une compagnie française, c'eut été une société prussienne qui eùt passé le contrat avec les Administrateurs de la ligne du Luxembourg, on n'aurait pas manqué de parler très haut, et meme de protester contre l'asservissement de la Belgique à la Prusse. C'est toujours le meme système d'i:mmixtion de la France dans les affaires de ses voisins.

Il est vrai que le Cabinet de Bruxelles a peut-etre manqué d'habileté et de prévoyance lorsqu'il avait été informé en temps utile que la compagnie du Luxembourg se proposait de céder à la compagnie française de l'Est la grande voie ferrée qu'elle exploite en Belgique. Il lui sera assez malaisé maintenant de donner un effet rétroactif à une convention déjà signée. Il devira peut etre se contenteir de prendre des garanties contre de nombreux i:nconvénients qui sautent aux yeux. Dans tous les cas, il lui faudra beaucoup de modération pour enlever à ses adversaires le prétexte dont ils se sont emparés pour exciter les susceptibilités nationales du pubUc français, il est vraiment dommage dans son propre intéret, qu'en pareille matière la législation beige ne soit pas analogue à celle en vigueur en Prusse. Ici les sociétés concessionnair·es doivent siéger dans le Royaume et dans la localité qui leur est assignée par le Gouvernement. Il faut que la majorité des sociétatres soit composée d'indigènes. En outre une loi du 3 novembre 1838 a décidé que les sociétés de chemins de fer devaient se soumettre à 1toutes les obligations que l'avenir et l'expérience conseHleraient au Gouvernement de leur prescrire et qu'un indemnité ne leur serait due, qu'au oas où ces mesures diminueraient leurs recettes ou augmenteraient leurs dépenses.

Cette dernière loi est .citée dans le rapport présenté à la Ghambre par le Gouvernement Beige.

fl) Cfr. quanto comunicò Barra! con R. 76 del 7 febbraio:

<< Que l'on se solt réjoul à Berlin d'une décision qui prive une compagnie française de l'exploltatlon d'une Ugne dont l'importance stratéglque en cas d'une lutte entre la France et la Prusse, saute aux yeux de tout le monde, celà n'est pas douteux. La France aurait éprouvé la meme satlsfaction si dans des circonstances analogues pareil échec était arrivé à une société prusslenne. Mais quant à supposer que le Cablnet de Berlin alt cherché à lnfluencer celul de Bruxelles, et que ce dernler alt secrètement obél à la presslon prusslenne, ces a"sertlons sont aussl fausses l'une que l'autre ».

(l) Cfr. n. 62.

108

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

L. P. Parigi, 17 febbraio 1869.

J'ai l'honneur d'envoyer à Votre Majesté une copie de la lettre que je lui avais écrite le 6 courant (2) et que j'avais confiée hélas! à Castiglione qui ne me pa~ait pas briller par l'exactitude.

J'ai depuis trois jours la réponse à la dernière note (3), on a tout accordé excepté ce que le Gouvernement du Roi demandait pour Rome qui est le règlement définitif de la question préalablement établie.

Quant à moi je ne puis rien ajouteT à ce que j'ai eu l'honneur de télégraphier à Vorte Majeste (4). Il se peut que vivant loin de l'Italie mes appréciations ne soient pas justes au point de vue de l'opinion publique, mais il faudrait pas prend·re cette opLnion pour infaiLlible, l'habilité des hommes qui gouverne peut la ramener, la modifier et meme la change.r suivant leur capacité et leur influence.

Nos projets en resteront là si le Roi le désire et s'il ne se sent pas assez fort pour les faire prévaloir, mais l'avenir prouvera que je suis dans le vrai. Malheureusement la vérité qui n'est ·pas partagée par la majorité, n'est jamais reconnue telle qu'après que les faits sont venus donner la preuve matérielle de la raison.

Cette lettre que j'envoie par occasion, arrivera après le télégramme que j'enverrai à Votre Majesté aussitòt que le Ministre d'Etat m'aura de nouveau remis le projet auquel j'ai demandé quelques modifications de forme.

Nigra, l'Empereur et Rouher, insistent pour que je vienne apporter moiméme au Roi le dernier document français, je suis très hésitant car ma parole n'a aucune influence sérieuse et me mettant en avant, je sens que je m'expose au blame de la non réussite dont je prévois les conséquences aussi fàcheuses que je prévoyais les avantages dans les accords proposés.

109

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DELLE FINANZE, CAMBRAY DIGNY (l)

L. P. Parigi, 17 febbraio 186~.

Ho ricevuta la tua del 9 (5). In questi giorni non ti scrissi perché nulla ancora aveva di definitivo. Ieri mi fu dato il contro progetto, telegrafai al pa

(-4) Cfr. n. 100.

drone che questo mi era stato rimesso, e che concedeva tutto quanto si domandava eccetto la intelligenza per una sistemazione definitiva della questione Romana (1).

Quantunque tu parago11i con qualche esattezza Roma ad una nuova f;oblenza, ciò non cambia che Roma ed il suo territorio appartengano ancora al Papa e che non può la Francia disporne, che sta alla nostra abilità il condurre le cose in modo che cadendo H potere temporale noi abbiamo a diventare i legittimi eredi. Per .ciò fare è d'uopo che si crei una situazione diametralmente opposta a quella che ci condusse a Mentana. Rattazzi credé di poter profittare della Francia avvilita e del caduto prestigio dell'Imperatore e fece gli interessi della Corte di Roma, ponendo l'unità Italiana a due dita dalla sua rovina.

Ora invece prepariamo le cose in modo da dividere colla Francia il prestigio della vittoria, prendiamo la nazione Francese colle sue stesse armi, mostrando che l'Imperatore contribuendo all'unità Italiana, fece il vero interesse della Francia, creandole una naturale alleata, e questo modo di agire ci condurrà a Roma che forse malgrado nostro dovremo subire anche come capitale, senza previe stipulazioni che impossibile sarebbe il praticamente definire.

Qui il Governo è male con Roma e va di male in peggio, e posto che nel contro progetto Francese si dichiara essere il Gabinetto delle TuHeries pronto ad accordarsi con noi per l'elezione del nuovo Papa, è là dove noi dovremmo, a mio senso, basarci per preparare l'avvenire a modo nostro. Mio buon amico, tu mi dici che in Italia non vi sarà Ministero solidamente possibile finché Roma sta come si trova, divido pienamente la tua opinione ma ti faccio osservare cJ:le quella baracca che ora gira contro di noi del pote.re temporale, esiste da secoli, che fu opera del genio italiano ed a demolirla non si riuscirà che applicando l'abilità politica alle combinazioni ed esigenze del nostro secolo come le esigenze e la situazione d'allora usufruttarono quelli che la edificarono.

Da Pitti si cerca agire sul Gabinetto di Vienna, ma a Vienna non si farà nulla senza che preventivamente Italia e Francia sien d'accordo, tanto più che chi spinge Francesco Giuseppe alla guerra è il partito Ungherese il quale ha qui intime relazioni che informano di tutto. Su questo particolare potrei dare dettagli che, sia detto fra noi, sorprenderebbe.ro il padrone. Scusa la digressione e torniamo a noi.

Gli avvenimenti camminano e per darti un'idea di quanto io mi sia nel vero ti basti sapere che Nigra, dice ora ed aspetta di essere interpellato per dichiararlo, che l'alleanza fra i due Sovrani deve farsi e presto ed anzi ora egli va più lontano di me dichiarando che il Re riportandosi all'onestà dell'Imperatore tlovrebbe aderire ampiamente ai suoi desiderii mettendo a disposizione della Francia 200.000 uomini senza condizioni e questo modo di agire cattiverebbe all'Italia la simpatia di tutta intera la nazione Francese oltre a quella del suo capo. Queste cose ho scrdtte al Re a NapoU in una lunga le,ttera (2) che consegnai al Castiglione Ufficiale d'ordinanza che ebbe il talento di farla smarrire, non so se per colpa sua o di chi, ma il Re mi telegrafò non averla ricevuta perché

f 1) Cfr. n. 100, in realtà del 15 febbraio. C2l Cfr. n. BO.

la lettera fu bruciata per inavvertenza -vedi come questo sia incoraggiante per quelli imbecilli che come me si danno tanta pena.

L'Indépendance Belge e lo so di sicuro dallo stesso Berardi, direttore di detto giornale che è mio amico, ha avuto da Vienna informazioni di quanto segretamente si tratta, le informazioni sono però inesatte, ma bastarono a fare che i giornali si preoccupino della cosa, a Firenze fecero benissimo a smentire, l'Imperatore non fu punto scosso dalle indiscrezioni e mi disse che egli preferiva che queste dicerie abbiano luogo intanto che nulla v'ha di fatto e che si ponna smentire, piuttosto che abbiano ad aver luogo più tardi. In tutta confidenza e per te solo, ti dirò che Rattazzi ha fatto pervenire all'Im~eratore dirette pratiche allo sco~o di avvicinarsi a lui, onde le relazioni dell'Italia colla Francia non abbiano ad essere un ostacolo del suo ritorno al potere, ne ebbe per risposta, «que l'opinion publique en France était tellement contre lui qu'il serait impossible à l'Empereur de se montrer favorable à un Ministère Italien prés.idé parlui ou mème

duquel il ferait partie ». Questa risposta gli fu inviata da Nigra e fu causa di alcune violenze di Madame contro la Francia e l'Italia e contro tutto quanto ha un po' di buon senso e di d1gnità. Mio caro e buon amico, la tua influenza nei consigli della Corona è tale che io credo doverla invoca.re onde si faccia l'alleanza proposta, pensa che tutto dipende da questo grande atto, guarda le cose dall'alto e poni nella bilancia il bene che può derivare se la cosa si fa, col danno che ne arrecherebbe un rifiuto.

Le diffidenze della Francia accrescerebbero, a torto, ma le truppe Francesi ritarderebbero a lasciare gli Stati Pontifici onde aver un piede per assicurarsi contro certe diffidenze, di là una quantità di screzii inevitabili, una massa di difficoltà che contrarierebbero i nostri progetti, il mal volere della Francia attirerebbe rappresaglie in Italia ed in capo a qualche mese si realizzerebbero i desiderii del Signor Rattazzi e dei suoi amici che diventerebbero possibili per la forza di questa posizione che passerebbe inevitabilmente dalla freddezza alla ostilità.

Avrai jeri Lunedì ricevuto un dispaccio di Nigra, l'Alfonso Rotschild continua a fare il clericale legittimista, eg1i cede all'Influenza del Nathaniel e della madre.

Subeyran e Fremy, contrariamente a quanto l'Alfonso Rotschild avea fatto credere a Nigra, sono decisi à faire l'affaire quand mème avec Rotschild de Londres ed anche senza di lui. Avevo temuto un momento che Fremy potesse cedere a certe insinuazioni che Madame Rattazzi gli ha fatte pervenire, ma con soddisfazione mi sono convinto che egli sta con noi di buona fede. È opinione generale che l'Alfonso farà l'a.ffare allorquando sia convinto che l'affare si farà anche senza di lui e se non si incaricherà dell'emissione a Parigi egli salverà capre e cavoli con una partecipazione di interesse coi Rotschild di Londra, è così che l'affare si farà. Scrivimi ti prego, cerca di tener celato che io ti ho scritto la presente, domani sarò in grado di scrivere a Menabrea.

Mi accorgo d'averti scritta una lunga lettera già alla carlona che non ha capo né coda, non guardare alla forma ma pensa seriamente a quanto racchiude.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 80. (3) -Cfr. n. 121, allegato. (5) -Cfr. n. 87.
110

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 1294/558. Londra, 18 febbraio 1869 (per. il 23).

L'adesione del Governo greco alla dichiarazione della conferenza di cui l'Ambasciatore di Francia mi fece subito conoscere il testo appena gli venne comunicato da Parigi, fu qui ricevuta con una soddisfazione tanto più viva in quanto che, siccome ho avuto l'occasione di rassegnarle, Lord Clarendon fino all'ultimo non fu mai interamente scevro dal timore che l'ostinazione degli uomini di Stato in Atene e l'eccitamento del popolo potessero da un momento all'altro far scoppiare qualche spiacevole complicazione.

La terminazione pacifica del conflitto turco-ellenico venne dunque accolta con un sentimento non mitigato di consenso costituendo dessa il trionfo delle idee propugnate dall'Inghilterra sin dal principio senza deviarne un istante, cioè l'accettazione incondizionata delle conclusioni della conferenza, rigettando qualunque altra combinazione proposta o insinuata da alcune fra le potenze che agivano di concerto pel componimento della controversia.

Non è pertanto fuor di proposito di prendere nota dell'atteggiamento serbato dal Governo britannico in questa vertenza, imperocché desso rappresenta esattamente la politica inglese nelle quistioni riflettenti l'Oriente.

Venne da taluni preteso che la decisione finalmente presa dal Governo ellenico di arrendersi ai consigli di prudenza che da tanti lati gli giungevano, sia in gran parte dovuta all'influenza dell'Inghilterra, la quale per indurre il Re Giorgio a prendere coraggiosamente una risoluzione anche contro il sentimento nazionale del suo paese, gli avrebbe promesso di sostenerlo materialmente qualora la sua autorità si fosse trovata seriamente compromessa in seguito a tale atto di impopolarità. Nulla havvi di più infondato che siffatta supposizione. L'Inghilterra al contrario in tutto questo affare pose uno studio speciale ad evitare ogni cosa che potesse in qualsiasi guisa legare le potenze e specialmente se medesima. Da principio essa era opposta all'idea della Conferenza ed avrebbe preferito un'azione 'comune semplicemente confinata alle tre potenze protettrici. In secondo luogo mise scrupolosamente per base della sua accettazione l'esclusione d'ogni argomento estraneo all'ultimatum della Turchia e resistette ai tentativi mossi dalla Russia per fare accordare alla Gr,ecia una posizione più favorevole in seno alla Conferenza. Da ultimo poi respinse energicamente la proposta prussiana per un intervento misto. Il Signor Gladstone in particolare si palesò avversissimo a simile disegno per la conseguenza che poteva avere di trascinare il Governo britannico in una guerra.

Tale condotta dimostra come l'Inghilterra continui nell'adottato sistema d'astenersi dall'intervenire attivamente nelle cose del continente limitandosi a spiegare i suoi buoni uffizi pel mantenimento della pace e la ossearvanza dei trattati. Di ciò ricevetti conferma non ha guarì a,l « Fore.ign Office » dal SottoSegretario di Stato politico signor Otway.

È un fatto innegabile che l'energia di cui dié pruova l'Impero Ottomano gli destò in questo paese gran copia di simpatie.

E per contro il disordine, l'anarchia che ha centro ad Atene produsse qui la più sfavorevole impressione che immaginar si possa.

Avrei dovuto aggiungere anche l'immoralità dei Governanti, poiché Lord Clarendon stesso mi parlò più volte della persuasione che aveva che il signor Bulgaris fosse personalmente interessato per motivi pecuniarj nelle rovinosissime operazioni finanziariE: per un momento contemplate e che fortunatamente poscia caddero a terra.

Non solo fra il pubblico, ma ne' circoli ufficiali mi sono inteso a ripetere che nello stato attuale in cui si trova la Grecia, le popolazioni cristiane dell'Oriente hanno maggiori guarentigie di buon governo sotto al dominio turco che sotto all'ellenico.

Da conversazioni avute col Ministro di Grecia mi risulta ch'egli durante tutto il periodo che precedette e seguì l'invio della dichiarazione della Conferenza insistette presso il suo Governo per raccomandare l'adozione d'un programma moderato e di conciliazione. «Non andate contro l'opinione unanime delle potenze europee, scriveva egli, il momento non è opportuno; se resisterete sarete lasciati soli ».

Ma avendo avuto occasione di discorrere di ciò col precitato signor Otway egli contestò immediatamente che la quistione greca peccasse solamente per mancanza di opportunità. « L'Inghilterra, ei continuò, prova sempre simpatia per le nazionalità oppresse, quando queste offrono un modello di savia ed illuminata amministrazione e d'illibata moralità. Se la Grecia potesse paragonarsi a quello ch'era l'Italia pr:ima della sua rivoluzione, dessa avrebbe il nostro appoggio. Purtroppo la cosa non è così, e non ammettiamo affatto che il Governo inglese sia per sanzionare un giorno una crociata mossa contro le provincie turche dal fanatismo greco».

Del resto Lord Clarendon annette una grande importanza alle informazioni mandategli dal Ministro britannico ad Atene circa l'estinzione dell'agitazione prevalente in quella città appena il Ministero attuale fu definitivamente costituito, attribuendo egli al Signor Bulgaris ed ai suoi aderenti la sola causa del perturbamento che per molte settimane regnò nello spirito pubblico.

Mylord pare essersi finalmente persuaso della sincerità degli sforzi fatti dalla Russia per prevenire uno scoppio di ostilità tra la Grecia e la Porta. Ma il suo linguaggio circa l'attitudine del Generale Ignatiew a Costantinopoli è dei più violenti. A questo riguardo ei mi disse che se il Governo russo tiene realmente a dar prova della sua buona fede nella quistione d'Oriente dovrebbe rimuovere il Generale dalle sue funzioni, essendo la di lui presenza nella Capitale dell'Impero Ottomano una minaccia perenne per l'integrità dei dominj del Sultano.

111

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 19 febbraio 1869, ore 4 (per. ore 7,40).

J'attends instructions. Par quel moyen je dois envoyer contre-réponse? Empereur et ministre d'état malgré les indiscrétions voudraient que je vienne Fio

Il --Du(·llJnt·nli tlijJlomafit i -fk·ric I -Vul. XI

rence vous donner explications verbales du contre-mémoire. Prevois, excepte refus, accord préalable règlement question romaine est parfait, accordant tout et laissant porte ouverte à tout événement. Il blàme intolérance Cour romaine .On est entendu à Vienne traité devrait se faire à trois. Empereur Napoléon écrirait premier au Roi qui répondrait acceptation alliance. Traité entre les trois Souverains serait signé secrètement par tous immédiatement après échange lettres. Empereur a parlé Nigra. Est pressé conclure. Evénements ne précipiteracient pas mais on dés.ire que cha·cun de son còté s'y prépare. Incident Belgique a été suscité exprès. Je prie Votre Majesté me télégraphier si je puis donner Empereur ensemble entente. Pardon Sire, de mon insistance, mais je suis tellement sflr que la politique que le Roi a initiée l'aménera à Rome, que j'insiste pour qu'elle soit adoptée. Nigra déclare que son avis est, que cette alliance doit se fai.re. Priez président du conseil de l'interpeller sur mes dépèches précédentes.

(l) Da ACR.

112

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1408. Lisbona, 19 febbraio 1869, ore 6 (per. ore 23,30).

Le Roi don Fernando vient de me déclarer de nouveau sa décision de décliner en tout cas la Couronne espagnole et avoir fait mème déclaration au due de Montpensier de meme avoir fait !aire ces jours derniers en Espagne. J'ai chiffré ces nouvelles au comte Corti.

113

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 449. Firenze, 19 febbraio 1869.

L'articolo XI del Protocollo finale pel riparto del debito pontificio stabiliva che al più tardi entro sei mesi dalla firma del Protocollo stesso, dovrebbe essere nominata dai due Governi d'Italia e di Francia una Commissione mista con incarico di esaminare le quistioni riservate dall'articolo VI della Convenzione del 7 dicembre 1866 e designata nello annessovi protocollo.

Il ter.mcine dei sei mesi è scaduto fin dal 31 gennaio p. senza che sia stata fatta né dall'una né dall'altra parte, sollecitazione alcuna in proposito. Però, alcuni giorni or sono, era di passaggio in Firenze, avviato a Roma, quel signor L'Heureux che fu Commissario francese pel riparto e che sembra altresì designato nella qualità stessa, per la Commissione mista della quale è qui discorso. Ed il Barone di Malaret pur dichiarando di non aver ricevuto in proposito istruzione

di sorta dal suo Governo, coglieva l'occasione per chiedere quali fossero le intenzioni del Governo del Re intorno alla formazione della Commissione mista.

Risposi al Ministro di Francia che noi non avremmo difficoltà a procedere alla nomina di un R. Commissario, tostoché ci pervenisse dal Governo Imperiale invito officiale di provvedere all'esecuzione dell'articolo IX del Protocollo finale del 31 luglio 1868. Soggiunsi che quando si trattasse di costituire formalmente la Commissione, il Governo del Re avrebbe preferito che questa avesse sede in Firenze anziché a Roma, come sarebbe prescritto dal Protocollo. Occorre infatti avvertire che le quistioni deferite alla Commissione mista, o sono quistioni di principio, come quelle del debito del Santo Padre verso il tesoro napoletano, o sono quistioni la sede delle quali è nelle province annesse al Regno, come quelle riflettenti le cauzioni di contabili ed altre simili. D'altra parte allo stato attuale dei nostri rapporti con Roma, la presenza di un delegato italiano nella capitale pontificia non sarebbe scevra d'inconvenienti che non sfuggono certo alla perspicacia di lei. Epperò la deroga, da noi desiderata, al disposto letterale del Protocollo mentre non avrebbe per effetto di scemare l'efficacia o la speditezza dei lavori della Commissione, sarebbe, agli occhi nostri, gradita concessione.

In tal senso mi sono espresso col Barone di Malaret, ed è probabile che questi abbia riferito il nostro colloquio al Ministro lmperiale degli Affari Esteri.

Essendo nostra intenzione di non prendere alcuna iniziativa intorno al presente argomento, non è il caso che V. S. se ne intrattenga spontaneamente con S. E. il Marchese di La V alette. Ho voluto, però, farle conoscere il linguaggio ch'io tenni col Barone di Malaret, affinché laddove il Ministro imperiale degli Affari Esteri toccasse con Lei di codesta quistione, Ella possa confermare quanto questo Ministro di Francia avrà significato a Parigi circa le nostre disposizioni, ed insistere, altresì, pel trasferimento eventuale da Roma a Firenze, della sede della Commissione mista.

114

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABRl:A, AL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI

D. 51. Firenze, 19 febbraio 1869.

Ho preso in attenta considerazione i pregiati di Lei rapporti politici del 31 gennaio e del 3 febbraio NN. 75 e 78 di questa serie (1).

Non disconosco in massima i vantaggi che vi sarebbero ,per il Governo del Re, come uno dei principali interessati al mantenimento della pace europea, nel vedere appianate le cause di dissidio esistenti fra la Rumenia e l'Ungheria. Ella ha svolto con molte buone ragioni questa tesi sulla quale non vi può essere disaccordo per tutti coloro che hanno cari gli interessi della pace in

Europa. Ma la S. V. ha un criterio troppo giusto per non comprendere che la parte che deve prendere ntalia nelle questioni di interesse europeo deve essere proporzionata ai suoi mezzi di azione, alla sua effettiva influenza ed al peso che gli altri governi sogliano dare alle sue deliberazioni. Oltrepassando questi limiti noi rischieremmo, a mio avviso, di compromettere quei buoni risultati che abbiamo ottenuti nel poco tempo trascorso dacché la posizione dell'Italia come grande potenza venne da tutti i Governi riconosciuta.

Questi semplici riflessi le spiegano, Signor Marchese, perché noi non abbiamo stimato opportuno di entrare in pratiche ufficiali per trovare i termini di un componimento dei dissidi esistenti fra la Rumenia e l'Ungheria. Mentre vediamo che gli altri Gabinetti si tengono sulla riserva di fronte a questa questione che ha per loro, come per noi, un vero e vivo interesse, dobbiamo naturalmente esaminare se vi siano per l'Italia ragioni speciali di seguire una politica diversa e più attiva.

Ora oerché queste ragioni apparissero con qualche fondamento bisognerebbe che noi vedessimo sorgere a Bukarest come a P.esth disposizioni favorevoli a transigere sovra una quistione che ha un'origine assai antica e per la quale d'altronde noi stessi saremmo imbarazzati a proporre i termini di un componimento. Né agli occhi nostri si può nascondere che la quistione di Transilvania è pur sempre la stessa arma di discordia che fu adoperata in molte occasioni per disunire l'Ungheria e la Rumenia, paesi che sott'altro aspetto presenterebbero numerosi punti d'identici interessi politici.

E per verità prima di fare ufficiali entrature ogni governo che non voglia recar danno alla propria considerazione deve sempre prudentemente assicurarsi dell'esito favorevole che incontrerebbero le sue proposizioni. A ciò possono condurre gli adoperamenti in via privata di persone autorevoli le quali, riservando sempre accuratamente nei passi che fanno l'opinione del loro governo, possono esercitare una benefica influenza nel senso di predisporre la via che rende opportuni i negoziati ufficiali.

Gli adoperamenti fatti dalla S. V. tanto presso il Principe Carlo di Rumania quanto presso il Signor Andrassy furono legittimati per una parte dalle relazioni di famiglia ch'Ella ha col Principe istesso e dall'altra dalla confidenza fatta alla S.V. dal Presidente del Gabinetto ungherese relativamente alle sue tendenze in ciò che concerne le relazioni esteriori dell'Impero austro-ungarico.

Quelle prime entrature ebbero per effetto di dimostrare la necessità di un urgente provvedimento in senso conservativo negli andamenti politici del Governo dei Principati Uniti. Il rinvio del Gabinetto Bratiano, la sosta prodotta nella politica d'azione che si diceva diretta da quel Gabinetto contro l'Austria, furono risultamenti dei quali potemmo andar lieti. Ma sin d'allora fu agevole lo scorgere che sovra un punto l'accordo completo fra la Rumania e l'Ungheria riuscirebbe difficilissimo se non impossibile.

Non occorre qui ricercare se per iniziativa palese od occulta sia stata risvegliata la questione della Transilvania. Questa quistione, lo ripeto, fu altra volta sfruttata a grande profitto dell'Austria quando sotto gli auspici della nostra politica uomini distinti che ora sono rientrati in Ungheria cercavano l'appoggio dei Principati Rumeni. Agitare la quistione di Transilvania è creare un sicuro

screzio fra quei due paesi; trovarvi soluzione fu opera intrapresa a parecchie riprese ma sempre inutilmente. Le dichiarazioni fatte a Lei dal Signor d'Andrassy e quelle che ho letto nella 'fisposta fattale da S. A. il Principe Carlo confermano, secondo me, che la situazione non si è sensibilmente modificata per ciò che concerne codesta quistione. Sta in fatto che dall'una parte e dall'altra le affermazioni del diritto sulla Transilvania sono recise e non vedrebbesi perciò con quanta utilità un Governo sinceramente desideroso di pace e di tranquillità impegnerebbe la propria azione per far risultare ufficialmente l'esistenza d'un così profondo dissidio.

Ma se la questione che divide l'Ungheria dalla Rumania è posta in tali termini dall'una parte e dall'altra da escludere quasi la possibilità d'un accordo stabile fra i Governi di Pesth e Bucarest è egli egualmente dimostrato che questa quistione sia nel numero di quelle che s'impongono alla sollecitudine dei Governi, che passionano gli animi delle masse, che esigono una pronta e definitiva soluzione? In altri termini il vo-to universale dei Rumeni o quello degli Ungheresi richiede forse che la vertenza ,rela!Uva alla Transilvania venga immediatamente e radicalmente risoluta? A noi sembra che la questione della Transilvania, malgrado l'antica sua origine sia stata risvegliata dopoché varie altre vertenze suscitate fra la Rumania e l'Austria aveano fallito allo scopo di creare in Ungheria una seria preoccupazione intorno alle cose d'Oriente. Agitata nella stampa rumena, quella quistione poté aver per effetto di suscitare in Pesth delle apprensioni sul fondamento delle quali non siamo per ora bastantemente istruiti. Fra il rumore di alcuni giornali devoti al partito della agitazione generale ed un movimento nazionale serio e capace di tentare qualche impresa sembraci doversi pur mantenere una grande distinzione.

Nello stato presente delle cose l'opera dei Governi amici ci pare possa adoperarsi con efficacia ad impedire che la quistione della Transilvania, inopportunamente suscitata acquisti proporzioni inquietanti pel riposo d'Europa. A tale intento gioverebbero certamente tutti i passi che si facessero dalle Potenze nel senso di ristabilire intorno a quella quistione lo stato di calma che esisteva sino a questi ultimi tempi.

I consigli delle Potenze amiche al Principe Carlo potrebbero essere giovevoli se però l'attenzione dei Gabinetti rivolgendosi in ispecial modo alle cause prime che produssero il risveglio della quistione di Transilvania, bastasse a rallentare l'opera di coloro che sembrano andar in cerca di motivi di dissidi fra l'Ungheria e la Rumania. Eppertanto a noi sembra che dalle considerazioni sovra esposte emerga un ultimo riflesso riguardante particolarmente l'interesse che avrebbe l'Ungheria a non sacrificare a suscettibilità forse eccessive l'esistenza del Governo costituito nei Principati Danubiani. Ma dappoiché il Gabinetto Ungherese non può avere una politica estera separata da quella dell'Impero austriaco, la S. V. ben intende che queste ultime considerazioni non potrebbero essere presentate a chi si conviene che in forma di private amichevoli insinuazioni per le quali mi sembra ch'Ella si trovi in favorevolissime condizioni.

Vede dunque la S. V. che se il Governo del Re non reputerebbe per ora opportuno prendere l'iniziativa di dirette pratiche di esito incerto per condurre un accordo fra l'Ungheria ed i Principati, noi non vogliamo con ciò escludere quegli altri mezzi di azione conciliatrice i quali avrebbero, a nostro modo di

giudicare, maggior probabilità di riuscita. Riassumendo in poche parole le cose dette questi mezzi a noi sembrano dover esser:

1° Un'azione diplomatica simultanea dell'Italia con qualche altra Potenza, l'Inghilterra p. es., presso il Governo Rumeno per sottrarlo alla pressione del partito devoto all'agitazione universale; quest'agitazione potrebbe essere tanto più efficace, quanto più favorevoli fossero le personali disposizioni del Principe Carlo.

2° Un'azione affatto riservata ed in via privata presso il Crupo del Governo ungherese acciocché questi si tenga in guardia contro le conseguenze possibili di eccessiva suscettibilità sovratutto se il contegno dell'Ungheria verso i Principati dovesse avere per effetto di rovesciare l'ordine attuale di cose esistenti nei Principati Uniti per sostituirvi un altro Governo.

Per applicare questa politica faccio assegno sulla S. V. in quella parte nella quale Ella può prestarmi un'utile cooperazione. Vedrei quindi con piacere che, coltivando quei buoni rapporti ch'Ella ha mantenuti sin qui col Signor Andrassy, si adoperasse privatamente presso di lui per persuaderlo dell'interesse grande che ha l'Ungheria a non provocare mutamenti nello stato attuale dell'Oriente e segnatamente in quello dei Principati Danubiani. Il Conte Andrassy comprenderà facilmente che a questo interesse si può solo provvedere coll'evitare di mettere in discussione quistioni la soluzione delle quali non si presenta come una urgente necessità.

Ognivolta le occorrerà di avere col primo Ministro ungherese delle conversazioni confidenziali intorno a quest'interessante oggetto, gradirò assai di essere dalla S. V. informato del modo di vedere di questo distinto uomo di Stato.

(l) Cfr. nn. 62 e 71.

115

IL MINISTRO A MADRID, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 230. Madrid, 19 febbraio 1869 (per. il 24).

Io poco intrattenni l'E. V. sulle voci corse di tempo in tempo di influenze esercitate da' Governi esteri sulle cose di Spagna, imperocché siffatte influenze non furono mai esercitate, e se fossero state tentate non avrebbero avuto alcun effetto o forse l'avrebbero avuto contrario. Ma d'una io desidero farLe parola la quale fu messa in circolazione in questi giorni, e ripetuta di bocca in bocca, e questa è che l'Inghilterra abbia messe condizioni alla candidatura del Re Ferdinando di Portogallo pel caso che venisse chiamato a questo trono. Si disse infatti che quel Governo richiederebbe in tale eventualità si stabilisse rordine di successione in modo che le corone di Spagna e di Portogallo non venissero per l'avvenire a cadere sul medesimo capo.

Sebbene io non dubiti che l'E. V. sia esattamente informata d'altra parte delle disposizioni del Governo britannico, nondimeno credo opportuno riferirLe come questo Rappresentante inglese smentisca risolutamente d'aver ricevuto alcun incarico né in questo né in altro senso sulla candidatura che piacerà alla

Nazione spagnuola legalmente rappresentata dalla Costituente di scegliere pel trono vacante. E a dir vero poca conoscenza converrebbe avere degli uomini di Stato che reggono la cosa pubbUca d'Inghilterra per credere ch'essi vogliano porre incagli al lavoro di ricostituzione di questo Stato nel quale la divisione nelle alte sfere è la difficoltà princjpale che s'oppone nelle presenti circos,tanze ad un pronto e definitivo assetto.

116

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 819. Parigi, 19 febbraio 1869 (per. il 22).

Ieri la conferenza tenne la sua ultima seduta. Il Presidente annunziò l'arrivo della risposta del Governo ellenico, della quale egli aveva avuto cura di mandare una copia, fin dal giorno precedente, a ciascuno dei plenipotenziari. Diede lettura di questo documento, che fu considerato come soddisfacente dai membri della conferenza.

Il Marchese di La Valette annunziò che il Ministro greco a Parigi era venuto da lui per dargli comunicazione d'una circolare ai rappresentanti della Grecia all'estero, destinata a accompagnare la risposta del Governo ellenico alla conferenza. Il Marchese di La Valette aveva fatto osservare al signor Rangabè gli inconvenienti d'una simile comunicazione, ed in seguito alle di lui osservazioni il signor Rangabè si era deciso ad astenersi dal fare una tale comunicazione. Il Marchese di La Valette diede pure avviso alla conferenza dell'esistenza d'un proclama del Gabinetto d'Atene alla popolazione ellenica. La conferenza fu unanime nella risoluzione di non entrare nell'esame di questi due documenti, che furono considerati come estranei alla questione che la conferenza doveva risolvere nella presente seduta e che si riduceva a constatare se la risposta ellenica contenesse o non contenesse l'adesione della Grecia alla dichiarazione del 20 gennaio.

Sulla domanda del plenipotenziario francese, il plenipotenziario ottomano diede l'assicurazione che le famiglie cretesi che sarebbero rimpatriate non sarebbero molestate nelle loro persone o nelle loro proprietà.

La conferenza passò quindi a formolare le sue risoluzioni e fu adottata con qualche variante la redazione ch'io ebbi l'onore di proporre nei termini seguenti.

«La conferenza, dopo avere inteso la lettura della risposta del Governo greco alla dichiarazione del 20 gennaio, pigliò atto della di lui adesione ai principi enunziati in quel documento. Essa incaricò il suo presidente di ringraziare le Corti di Costantinopoli ed Atene della deferenza di cui diedero prova pei suoi consigli. Essa dichiarò in pari tempo ristabilite ipso facto le relazioni diplomatiche fra i due Governi, e confidò al presidente la cura di fissare il giorno della partenza delle Legazioni rispettive dopo avere presentito la Porta ed il Gabinetto di Atene». La conferenza si è in seguito dichiarata disciolta.

Sulla proposta del plenipotenziario d'Austria-Ungheria, la conferenza espresse i suoi ringraziamenti al signor Marchese di La Valette pel modo degno d'ogni encomio con cui presiedette ai suoi lavori. Furono pure espressi ringraziamenti al signor Desprez, segretario della conferenza.

Il plenipotenziario britannico avendo domandato se, disciolta la conferenza, non fosse il caso di levare la condizione del segreto per le sue deliberazioni, fu risolto dalla conferenza che oramai aveva cessato la ragione di mantenere il segreto e fu convenuto che i Governi rispettivi potevano far uso dei protocolli e della corrispondenza relativa alla conferenza sia innanzi ai loro parlamenti, sia altramente.

Fu pure risolto che un telegramma identico, scritto in tutte lettere e contenente le risoluzioni dell'odierna seduta, sarebbe spedito da ciascun plenipotenziario al proprio Governo, che esso sarebbe comunicato dal Presidente al Ministro greco a Parigi, che non assisteva alla conferenza, e che sarebbe pure spedito al Ministro di Francia in Atene, affinché ne desse notizia al Governo di S. M. ellenica.

La seduta fu levata un po' prima delle 5 pomeridiane.

L'opera della conferenza fu così terminata in modo soddisfacente, ed ottenne il risultato che era stato determinato entro i limiti prescritti. Il Governo del Re, a cui sta sommamente a cura il mantenimento della pace in Europa, sarà soddisfatto, non ne dubito, dell'esito della conferenza. Essa non ha certamente risolto, e non aveva missione per farlo, le questioni complicate e diverse che sogliono comprendersi sotto la denominazione vaga e generica di questione d'oriente; ma ha impedito un conflitto imminente tra la Turchia e la Grecia. Questo risultato è in se stesso importante; ma lo è molto di più pel precedente che costituisce e che è una felice applicazione del protocollo di Parigi del 14 aprile 1856.

Chiudendo questa corrispondenza, mi rimane a fare appello alla indulgenza dell'E. V. perché voglia giudicare con benevolenza ed approvare la condotta, che il plenipotenziario di Sua Maestà ha tenuto in seno alla conferenza, e che si studiò di conformare alle istruzioni ed al pensiero del Governo del Re.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 350. Berlino, 20 febbraio 1869 (per. il 24).

Des journaux ont donné la nouvelle que le Prince de Monténégro avait obtenu des Cours de Russie et de Prusse une promesse d'intervention auprès de la Porte pour que celle-ci lui cédat le port de Spìzza.

M. de Thìle ignorait si le Cabinet de St. Pétersbourg avait pris quelque engagement dans ce sens, mais ici tel n'a pas été le cas. Le Comte de Bismarck, dans ses entretiens avec So n Altesse, se seraìt borné à d es généralités; seulement ayant appris que Lord Loftus, Ambassadeur d'Angleterre, avait exprìmé à son Collègue de Turquie le souhait qu'il fiì.t tenu compte, si possible, d'une semblable aspiration du Monténégro, le Président du Conseil en aurait marqué

sa satisfaction pour autant que le langage de Lord Loftus eùt été autorisé par son Gouvernement. En effet sans un débouché sur l'Adriatique, il manque au Monténégro une condition essentielle de prospérité et meme d'existence. Mais le diplomate anglais avait mentionné le port d'Antivari et non celui de Spizza.

Le Prince Nicolas a quitté il y a quelques jours cette capitale, où il avait été reçu avec beaucoup de distinction. Mais il n'a pas caché son déplaisir d'avoir été accollé chez le Roi et la Reine au représentant de la Sublime Porte. Il demanda malicieusement si Aristarchi Bey, qui affectait à la Cour de se mettre à sa piste, appartenait à la famille des Hohenzollern. La Légation de Russie montra quelque susceptibilité, et à une soirée offerte par M. d'Oubril au Prince Monténégrin tout le Corps diplomatique fut invité à l'exclusion de la Mission Ottomane.

Au reste ni la Cour ni le Gouvernement n'ont entendu préjuger en rien la situation politique de la Principauté vis-à-vis du Sultan. Si son Ministre a été reçu exceptionnellement par Leurs Majestés, ces faveurs s'adressaient bien plus, comme je l'ai dit dans un autre rapport, à sa position privée, qu'à son caractère officiel. Tant H est vrai que, sur l'avis du Comte de Bismarck, son nom a été rayé dans cette circonstance de la liste des invitations chez le Prince Royal. D'ailleurs, selon la manière de voir du Ministère des Affaires Etrangères, si on devait plaider la thèse de la vassalité ou de l'indépendance de cette peuplade Slave, les conclusions seraient plutòt pour son indépendance. On s'exposerait autrement à donner un démenti à l'histoire séculaire de ce peuple si vaillant qui se regarde et est de fait souverain dans ses étroites frontières. Il refuse le tribut et tous les actes signes ordinaires de la vassalité. Bien que la Turquie persiste à le considérer comme faisant partie de son territoire, il n'en est pas moins vis-à-vis d'elle dans une position différente des provinces vassales. On ne saurait alléguer aucun acte où cette dépendance ait été d'aucune manière consignée. Le traité de paix signé à Cettigné le 7 Septembre 1862 ne contient pas un mot sur la reconnaissance de la Suzeraineté du Sultan, car une clause semblab1e eùt arreté net toute négociation. Aussi Aristarchi Bey, mis en demeure de justifier ses prétentions, n'a-t-il produit d'autre argument que celui des formes cérimonieuses usitées dans la correspondance du Prince avec la Cour de Constantinople, style de Chancellerie qui dénoterait des rapports d'inférieur à supérieur!

Le Prince Nicolas m'a dit, quand je lui ai été présenté, combien il était satisfait de M. Perrod Consul du Roi à Scutari qui, par son attitude, contribuait à maintenir sur un bon pied les relations d'amitié que Son Altesse désirait vivement conserver avec l'Italie.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 351. Berlino, 20 febbraio 1869 (per. il 24).

Ce matin, M. de Thile m'a confirmé officiellement la nouvelle déjà donnée par les journaux, que la conférence, après avoir pris acte de l'adhésion pure et s,imple du Gouvernement Hellénique, avalt clos ses travaux. Les rapports diplomatiques sont ainsi, aux termes de la déclaration, rétablis entre la Grèce et la Turquie. Cette question qui a vivement inquiété l'Europe, se trouve ainsi, camme tant d'autres, si non résolue, du moins ajournée.

La victoire continuera-t-elle longtemps encore à rester à l'esprit de paix dans la rpolitique extérieure? Malheureusement l'affaire des chemins de fer belges vient de démontrer une fois de plus combien les èlèments hostiles sont toujours prets à se heurter. La Prusse déclare qu'elle est restée complètement étrangère à cet incident. Or un simple esprit de justice voudrait qu'on pretàt fai à ses assurances, tant qu'on ne sera pas à méme de la surprendre en défaut. Cependant elle est en butte aux suspicions les plus malveillantes. Et, circonstance remarquable, tandisque les relations entre les Cabinets de Paris et de Berlin sont sur un pied satisfaisant ou du moins sont déCJlarées camme telles, c'est précisément la presse officieuse de Paris qui semble avoir reçu le mot d'ordre pour sonner la charge contre le Gouvernement Prussien.

D'après ce que me disait le Sous-Secrétaire d'Etat, ce sont toujours des variations sur le meme thème. Mais il savait que Lord Clarendon avait spontanément déclaré au Prince de la Tour d'Auvergne, que le Cabinet de Londres ne voyait nullement le doigt de la Prusse, une instigaUon queloonque de sa part. M. de ThiJe espérait que, en présence de cette déclaration, le Gouvernement Impérial, ou plutòt ses porte-voix, mettraient une sourdine à leurs déclamations hostiles.

Bien loin d'affirmer, camme le fait le Pays, que la loi Be,lge est la première étape de l'Allemagne dans une marche vers Paris, cette loi, restrictive vis-à-vis de toutes les Puissances étrangères, est plutòt, camme la presse indépendante le fait ressortir, une garantie nouvelle de la neutralité de ce Royaume.

Ci-joint une lettre particulière à l'adresse de V. E.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. R. 108. Firenze, 21 febbraio 1869.

Approvo pienamente l'uso riservato che la S. V. ha fatto delle informazioni che questo Ministero le ha dato circa gli armamenti di Civitavecchia (1). La stampa periodica sia in Italia 'Che in Inghilterra si è bastantemente preoccupata anche in questi ultimi tempi dell'arrivo recente di altri trasporti d'armi e munizioni spediti da Tolone perché l'attenZ'ione del Governo prussiano fosse

«Il m'a paru opportun de constater d'une manlère indlrecte s'Il était renseigné par ses Agents en Italie sur les armements de la France à Civitavecchia, ce point de relàche entre Marseille, Naples et le Levant, et dont la posltlon stratéglque est si importante.

Il me résulte maintenant que des rapports sont parvenus au Ministère signalant de fréquents et cons!dérables envo!s dans ce port de munitions de guerre».

naturalmente chiamata su questo fatto senza bisogno che da noi si movessero passi rul proposito. Ove il Gabinetto di Be11lino avesse stimato opportuno di richiedere informaZJioni alla S. V. al riguardo, Ella si sarebbe trovata in grado di dare schiarimenti esatti. Noi ci spieghiamo d'a:ltronde molto fac~lmente i motivi che dettano al Governo prussiano la riserva di cui egli fa prova in simili affari e non ci sembrerebbe conveniente, trattandosi di fatti pubblici e notori, prendere un'ini2liativa qualunque per segnalarli alla sua attenzione. Questo nostro contegno non può spiacere al Gabinetto di Berlino, perché ci è anzi tutto dettato da riguardi che ognuno 1'acillmente comprende, ove tenga conto de'lla posizione speciale della Prussia di fronte alla Potenza che mantiene tuttora un corpo di truppa a Civ.itavecchia. Quindi è che se per avventura da taluno di codesti uomini di Stato Le si facesse intend1ere che il Gabinetto di Firenze, anche in presenza degli ultimi arrivi di matel"liale da guerra in Civitavecchia, e de'l rumore che un tal fatto ha prodotto, non ha stimato doversi rivolgere al Governo prussiano per fargli conoscere l'impressione che di tali cose ,egli r,isentiva, io vorrei che Ella spiegasse nel modo sovraindicato la condotta da noi seguita rispetto alla Prussia. E cogliendo allora l'opportunità che Le si presenterebbe, Ella potrebbe confermare il fatto del frequente arrivo di armi e munizioni provenienti da Tolone trasportate in parte anche da navi da guerra francesi, e soggiungere che settimanalmente partono ed arrivano non pochi soldati dell'eseDcito pontificio, i quali, se partono, non ricevono che temporario congedo, sicché ad un momento dato, ed ove si avessero i mezzi di mantenerli sotto le armi, i medesimi potrebbero accrescere in sensibHissime proporzioni 1l'effettivo attuale dell'esercito papale, che conta circa 16 mila uomini sotto le bandiere.

Ma, Le ripeto, io Ditengo che perché l'esposizione d~ questi [fatti] possa produrre una sfavorevole impressione sull'animo di codesti uomini di Stato, è mestieri lasciar loro l'iniziativa, ed aspettare che ess·i stessi portino il discorso sovra tale argomento.

(l) Launay aveva comunicato con R. confidenziale 328 del 1° febbraio:

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. R. 143. Firenze, 21 febbraio 1869.

La situazione nella quale si trovano da alcun tempo l'Austria ed i Principati Uniti rispetto alle loro recdproche relazioni è un argomento sul quale si sarà certamente rivolta prima d'ora :L'attenzione delle Potenze e segnatamente di quelle che come l'Inghi,lterra vedono nascere con dispiacere punti di dissidio nei ra-pporti degli Stati Europei fra di loro.

Negli ul1Jimi giorni dell'Amministrazione inglese precedente io avea incaricato in ispeoial modo la S. V. di par~are di questo grave interesse con Lord Stanley e la comunicazione, che Ella fece in allora al Primo Segretario di Stato della Regina, avea avuto un'ottima accoglienza. Quanto Ella ebbe più tardi occasione di dire al successore di Lord Stanley intorno alla politica del

l'Italia verso i Principati Rumeni fu del pari favorevolmente accolto da Lord Clarendon (l).

Lo aver potuto osservare che le vedute dei due Governi d'Inghilterra e d'Italia circa la necessità di fare una politica conservativa nei Principati Rumeni aveano numerosi punti di contatto, mi suggerisce oggi l'idea di esprimere alla S. V. con qualche maggiore ampiezza gl'intendimenti nostri a questo proposito informandola in pari tempo dei passi che abbiamo fatto anche in via ufficiosa e direi quasi privata per esercitare sul Governo dei Principati un'influenza conforme agl'interessi che difendiamo.

Negli ultimi mesi durante l'amministrazione Bratiano vari motivi di discussione talvolta assai acerbi si erano prodotti fra l'Austria e la Rumania. La quistione delle armi depositate a Bacou e rapite da una mano di popolo, quella degl'Israeliti, sudditi austriaci, quella suscitata dall'apprezzamento fatto dal Governo Rumeno innanzi alle Camere delle informazioni fornite dagli Agenti austriaci al Gabinetto viennese furono tutti incidenti assai gravi che predisposero poco favorevolmente gli animi in Romania non meno che in Ungheria.

Sopravvennero i fatti dell'anno passato in Bulgaria ed il contegno preso dal Gabinetto di Vienna verso i Principati fu conforme ai sentimenti poco benevoli esistenti fra i due paesi. Era cosa evidente anche prescindendo da ogni altra considerazione, che, ove lo stato delle cose non avesse subito qualche mutamento, l'irritazione crescente delle due parti infiammata da una stampa che non conosceva limiti, avrebbe potuto produrre serii inconvenienti.

Per altra parte la condotta politica del partito che stava al potere nei Principati Uniti non dava forse guarentigia sufficiente che avrebbe saputo resistere alla corrente pericolosa che minacciava di travolgere in gravissime complicazioni l'esistenza politica che le Potenze hanno guarentito alle Province Danubiane come facenti parte dell'Impero Ottomano.

Mosso da queste considerazioni autorizzai il Signor Marchese Pepoli a fare dei privati e confidenziali adoperamentì tanto presso il Principe Carlo di Rumania, quanto presso alcuni personaggi influenti sulla politica austro-ungarica. Furono per tal modo segnalati amichevolmente alle due parti i pericoli che si incontravano sul cammino che l'una e l'altra battevano, e siccome nel frattempo anche altri Gabinetti s'erano convinti della necessità di preoccuparsi della situazione della Rumania, così l'opera simultanea e concorde, sebbene separata dei Governi amici non tardava ad ottenere che il Principe Carlo affidasse ad altre mani la direzione degli affari dello Stato dando per tal guisa una prova del suo proposito di evitare ogni conflitto coi paesi limitrofi della Rumania.

Senonché la calma succeduta nei primi giorni della ritirata del Ministero Bratiano, non sembra doversi protrarre a lungo se le Potenze, nella loro sollecitudine per il mantenimento dello stato attuale delle cose in Oriente, non vorranno cercare il modo di dare al Governo del Principe Carlo tutta quella autorità morale della quale ha bisogno per vincere le difficoltà che lo circondano.

Nella polemica suscitata fra glì organi della stampa periodica di Bucarest e quelli dell'Austria è stata tratta artificiosamente in campo la quistione storica e nazionale della Transilvania. Si eccitarono gli animi in Bucarest ed a Pest intorno a questa quistione e ora la si sfrutta a danno della posizione che il Principe Carlo ha potuto acquistarsi nei Principati. Le informazioni degli Agenti del Re a questo riguardo, sono molto inquietanti. L'amministrazione del partito agitatore ha lasciato profonde tracce in Rumania, la polizia, l'armata stessa non sono un appoggio sul quale il Governo del Principe possa oggi fare assegno. Per altra parte quella frazione di uomini politici che vorrebbero ricostituire gli antichi Ospodarati a beneficio della classe sociale alla quale appartengono, si mostra oggi disposta a prendere un'iniziativa che fa supporre la possibilità d'un tacito accordo fra i partiti estremi ostili al Principe. I candidati del partito reazionario sarebbero tre, il capo del partito della agitazione non nasconde per parte sua la speranza di poter eventualmente impadronirsi del supremo potere. In tale stato di cose non è difficile prevedere a chi fra i contendenti rimarrebbe la vittoria qualora venisse rovesciato per opera della loro coalizione il Governo attuale di Rumani:a.

È inutile maggiormente insistere sovra queste eventualità e sulle perigliose conseguenze che le medesime trarrebbero seco.

Basta averle accennate perché risulti l'opportunità di fare qualche atto che valga a dare al Governo presente dei Principati Danubiani quella forza che gli deriverebbe dall'appoggio amichevole delle Potenze. Pe,r meglio spiegare i concetti sviluppati in quest~ mio dispaccio, comunico confidenzialmente alla S. V. copia del carteggio, che ebbi col Marchese Pepoli in quella parte che può essere utile alla di Lei conoscenza.

Dal mio dispaccio in data di ieri al Ministro del Re in Vienna (1), Ella potrà scorgere quale sia il contegno che secondo noi conviene prendere in presenza delle sovraccennate difficoltà. Un'assoluta astensione non meno che una diretta intromissione ci sembrano partiti poco savi e non confacenti allo scopo di mantenere la tranquillità in Oriente. Noi vedremmo quindi con piacere qualche altro Gabinetto, quello di Londra per esempio, entrare nelle nostre vedute riguardo alla politica conservativa, che ci sembra indispensabile nei Principati, e saremmo lieti di poter as,sicurarci di questa conformità d'idee.

A questo fine Ella potrà fare qualche riservata entratura presso Lord Clarendon, consultando Sua Signoria sul miglior modo che vi sarebbe per dare al Governo Principesco di Bucarest un appoggio efficace, acciò si mantenga nella via di una politica moderata e conservativa. La severità del linguaggio tenuto da alcuni Agenti esteri in Rumania non raggiunse in occasioni ancora recenti lo scopo anzi indicato. Converrebbe riflettere se le Potenze, dimostrandosi inclinate a concedere al Ministero attuale ciò che ricusarono al suo predecessore non farebbero opera saggia in un momento in cui può esser utile rialzare il credito d'una amministrazione che sta per presentarsi al giudizio delle elezioni generali. Non vogliamo con ciò indicare la convenienza né l'opportunità di rinunziare al sistema delle capitolazioni in modo assoluto, e neppure vogliamo accennare all'idea certamente poco opportuna d'introdurre cambiamenti impor

tanti nella situa;:;ione politica dei Principati rispetto alla Potenza alto sovrana. Noi crediamo che il Governo rumeno sarebbe gravemente danneggiato nei suoi interessi se venisse a perdere in questo momento e finché durano le circostanze presenti il beneficio della guarentigia europea •che si estende al suo territorio. Ma senza toccare all'ordinamento attuale della Rumania, senza abolire le capitolazioni, si potrebbe per esempio conceder alla Rumania la sospensione temporanea delle capitolazioni sostituendovi convenzioni consolari, che riserverebbero in molti casi la giurisdizione consolare degli agenti esteri e determinerebbero molte cose le quali ora rimangono invece nella più assoluta incertezza.

Sarà certamente a cognizione del Gabinetto di Londra che una convenzione di una tal natura stassi trattando fra la Russia ed i Principati e fors'anca sotto questo punto di vista si può riflettere se convenga lasciare che il solo Gabinetto di Pietroburgo si mostri sollecito ad ade·rire ai desiderii del Governo Rumeno.

Delle cose sovra espresse Ella farà presso Lord Clarendon un uso affatto confidenziale, procurando di mettersi in grado di riferirmi prontamente le impressioni che le medesime produrranno sull'animo del principale Segretario di Stato della Regina. Se all'entrature di Lei fosse fatta lieta accoglienza, Ella potrebbe aggiungere che H Governo del Re vedrebbe con molto piacere che l'azione dell'Italia e dell'Inghilterra procedesse con maggior accordo che per lo addietro nella questione dei Principati Uniti.

(l) Cfr. n. 42.

(l) Cfr. n. 114, in realtà del 19 febbraio.

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IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

L. P. Parigi, 21 febbraio 1869.

Dalle mie lettere precedenti Vostra Maestà avrà potuto rilevare come io avessi poca o nessuna speranza che le condizioni richieste pel definitivo assesto della questione romana potessero essere accettate dall'Imperatore, deve anche rammentare il Re che nella mia prima lettera che fu origine delle trattative, io avevo preveduto che stipulazioni aventi l'apparenza di procurare l'alleanza Italiana a carico del Papa e del potere temporale, non sarebbero state accettate, perché impopolari, non solo ma quasi anche odiose in faccia ai Gabinetti d'Europa.

II rifiuto dell'Imperatore a stipulare sulla questione romana non è nell'affermazione de·l potere temporale e neppure la negazione di Roma capitale.

A mio avviso Roma, per quanto si faccia, diverrà la capitale d'Italia per la forza degli eventi che si preparano e purtroppo un nuovo trasporto diventerà inevitabile, sarà forse causa di nuovi imbarazzi, ma né iJ Re né il Governo né la potenza degli uomini politici potranno impedirlo. Le idee germogliano fra le nazioni, come il grano sparso sul terreno e queste idee non cessano di

progredire ed è tutt'al più nella potenza umana il paterne moderare l'andamento. Ai miei occhi la conseguenza naturale dell'alleanza Francese è Roma all'Italia, faccia o no soggetto di preventive stipulazioni.

Se la guerra ha luogo, come non dubito, i pericoli corsi in comune e le comuni vittorie ci creeranno tale situazione e tali simpatie in Francia da tog<liere all'Imperatore l'ostacolo dell'opinione pubblica Francese che è quella che più di tutto ci separa dalle nostre aspirazioni nazionali. Se la guerra invece non avesse luogo, partiti i Francesi da Roma, profittando abilmente degli eventi che la morte del Papa può crearci, come è possibile che 1a Francia e l'Austria, nostre alleate sul Reno possano essere nostre nemiche e muovere contro di noi sul Tevere? Sarebbe tale contraddizione che certo non deve essere sfuggita alla chiaroveggenza del Re e del Presidente del Consiglio.

Eccetto il punto della questione Romana, la nota, come vedrà il Re, è perfetta su tutti i punti e dichiara anche che se non è più esplicita sulla questione dello stabilimento marittimo nell'Adriatico, è perché la nota Italiana era poco precisa su questo riguardo. Circa al:la rettificazione di frontiere all'Isonzo sarà utile che Vostra Maestà f1accia precisare i punti desiderati, sarà anche indispensabile che con una nota ad hoc, venga stabilito in qual modo si desideri a Firenze sia appoggiato a Roma il Modus Vivendi e cosi anche quali sarebbero le intelligenze a prendersi vis-à-vis du Concile Oecuménique pour l'élection du Successeur de Pie IX.

Le osservazioni sulla condotta della Svizzera, sono giuste ed e,levate, non ammettendo che come grave errore politico la rottura della neutralità di cui una delle tristi conseguenze sarebbe per la Svizzera l'annessione del Cantone Ticino al Regno d'Italia.

Il ritardo alla risposta della contro nota Italiana (l) provenne in parte dalle trattative fatte presso l'Imperatore d'Austria col quale il Monarca Francese è completamente d'accordo e lo è tanto che ho veduto presso il Ministro di Stato un progetto di trattato d'alleanza fra le tre potenze diggià preparato.

Il modo di procedere ora se l'accettazione di Vostra Maestà viene a coronare i desiderii del Gabinetto Francese, sarebbe il seguente:

«Il Re invierebbe al più presto una risposta alla nota qui acclusa ed anche per telegrafo mi farebbe giungere l'accettazione che io trasmetterei all'Imperatore il quale scriverebbe la prima ~ettera a Vostra Maestà richiedendola dell'alleanza offensiva e difensiva alle condizioni esposte.

Questa lettera Vostra Maestà ri·cambierebbe con altra di proprio pugno portante l'adesione aLla suddetta alleanza seguendo i termini e modi della lettera autografa dell'Iimperatore ».

Alla nota che invio al Re, feci fare tacitamente d'accordo con Nigra alcuni cangiamenti (2), questi però non portano que sur les considérants pour lesquels le Ministre d'Etat combattait dans l'intéret de l'Italie les avantages et la possibilité d'une alliance Prussienne, eventualità che non ha più alcuna ra

gione d'essere dal momento che il Re dal principio l'aveva alloutanata spontaneamente. Conservo presso di me però copia del primo documento pel caso che possano essere prese in considerazione le apprezzazioni che vi sono espresse.

Le indiscrezioni che causarono l'articolo dell'Indépendance Belge al quale seguirono molti altri nei diversi paesi, partirono dalla Germania, Solms, incaricato di Prussia, chiese spiegazione a Nigra il quale negò l'esistenza dell'asserto come lo negò e lo nega il Marchese di La Valette dietro ordini dell'Imperatore il quale disse preferire che queste voci sieno sorte ora che si possono smentire anziché più tardi.

La prudente riserva di Nigra merita di essere segnalata a Vostra Maestà egli però fu dall'Imperatore dal Marchese di La Valette e da me tenuto al corrente di tutto e se non ne scrisse direttamente al Governo si è perché credette dover serbare quella stessa riserva che serbò verso di lui il Presidente del Consiglio, ma richiesto da me se mi autorizzasse a comunicare a Vostra Maestà il suo modo di giudicare l'atto politico progettato, egli aderì, ed io mando al Re la sua apprezzazione che è la seguente: «Avrei ritardate le trattative per l'alleanza, ma iniziate, queste devono assolutamente riuscire ed anche il ritardarne il compimento sarebbe un perdere i vantaggi che egli apprezza al pari di me in tutta la loro importanza, non escluso l'avvenire favorevole della questione Romana, ancorché non stipulato».

Riguardo alla cessazione dell'occupazione francese di cui non è fatto cenno nella nota, l'Imperatore dichiara che rimangono le assicurazioni date e ripetute reiteratamente al Governo Italiano, resta inteso che questa occupazione deve finire appena le elezioni Francesi avranno avuto luogo. Prevedo però il caso che questa dichiarazione non sembri sufficiente ai consiglieri della Corona, e se così fosse, Vostra Maestà potrebbe inviarmi un telegramma ostensibile che io rimetterei a Rouher allo scopo di provocare una dichiarazione che anche non facendo parte del trattato in progetto, basti a tranquillizzare il Governo del Re su questo riguardo.

Il sollevarsi unanime della stampa francese e dell'opinione pubblica nel recente affare del Belgio pel contratto della ferrovia Guillaume Luxembourg, è una prova evidente della suscettibilità e diffidenza pubblica che sente lo stato attuale precario e prevede eventi che giudica inevitabili.

Vi sarà però una fase di negoziazioni durante la quale l'Inghilterra presterà i buoni uffici onde arrivare ad una transazione, all'intento di risparmiare un conflitto.

Le notizie pervenute al Governo in questi ultimi giorni, fanno credere ad un propendere della Russia in favore della Prussia.

Le mene del Gabinetto di Pietroburgo che si fanno onde suscitare l'elemento slavo ad allontanarsi dall'Austria, irritano ad un punto estremo il partito Ungherese che potente presso l'Imperatore Francesco Giuseppe, spinge all'unione delle tre potenze.

Rientro in questo momento dal Ministro di Stato. M. Rouher mi autorizza a dire a Vostra Maestà a nome suo, che pel trattato a tre, non manca che il consenso del Re d'Italia, le intelligenze coll'Austria essendo già prese.

Egli insiste perché le risoluzioni del Re giungano al più sollecito.

Gli avvenimenti non minaociano precipitare, ma anche nell'interesse di evitare un conflitto, è d'uopo che la Francia 'Conosca qual conto essa possa fare sull'Italia.

Rimetto il piego alla persona indicatami. Prego il Re voler comuntcare la presente al Presidente del Consiglio al quale non scrivo per non ripetere le stesse cose. In attesa degU ordini del Re...

ALLEGATO.

NOTA (l)

Parigi, 13 febbraio 1869.

Le Gouvernement de l'Empereur a pris communication avec un vif intéret du dernier document qui lui a été remis par ordre du Roi d'Italie.

Il constate avec une haute satisfaction que si la divergence de vues existe encore sur quelques points, un rapprochement sérieux s'est opéré sur les plus importants.

Il exprime donc la confiance que ces négociations confidentielles doivent recevoir une conclusion favorable et prochaine. De plus longs retards entraineraient des indiscrétions prématurées et nuiraient au succès des solutions poursuivies en corr.mun.

Les points sur lesquels l'accord parait établi sont les suivants:

l. Le parti le plus convenable à adopter est celui d'une alliance offensive et défensive.

2. -Cette alliance doit etre stipulée entre les trois Puissances qu'unissent des 1ntérets communs, l'Italie, l'Autriche et la France. 3. -La France et l'Autriche seraient d'accord pour appuyer auprès de la Cour de Rome le Modus Vivendi proposé par le Cabinet de Florence pour améliorer les relations entre les populations Italiennes et Pontificales. 4. -Les trois Puissances s'entendraient sur l'attitude à prendre vis-à-vis du Concile Oecuménique et pour l'élection du successeur de Pie IX. 5. -En cas de guerre, soutenue par la France ou par l'Autriche, l'Italie consent à promettre le concours de son armée, au chiffre de deux cent mille hommes environ. 6. -Les frais de la guerre seront avancés à l'Italie par la France ou par l'Autriche; ils seront en définitive supportés par l'ennemi ou par la puissance qui en aura fait l'avance. 7. -En échange de ces engagements, et que l'issue de la guerre soit favorable ou non, l'Italie s'annexera le Tyrol Italien (2) et portera ses frontières actuelles à des limites qui seront exactement fixées par la convention à intervenir. 8. -L'Italie aura le droit, dans l'intéret de son commerce, de créer un établissement maritime sur les còtes de Barbarie, dans la régence de Tunis. 9. -Les Puissances alliées seront placées sur un pied d'une parfaite égalité pour la direction de la guerre et des affaires communes. 10. -Le traité à intervenir sera secret et interviendra directement entre les trois Souverains, sauf à etre revetu des formes habituelles lorsque le moment opportun sera venu.

Mais le Cabinet de Florence veut s'assurer, dès à présent, des résultats plus étendus «L'Italie, dit-il, ne peut nourrir aucune pensée hostile contre la France, mais son gouvernement ne peut prendre un engagement formel sans le justifier aux yeux de la nation par des avantages réels ».

Ces avantages consisteraient: dans la faculté de créer un établissement maritime sur les còtes de l'Adriatique Orientale, plutòt que sur celles des Barbarie.

12 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. XI

Dans l'annexion éventuelle du canton du Tessin:

Dans des arrangements relatifs à Rome.

Si le Gouvernement de l'Empereur n'a pas mentionné parmi les points sur les

quels l'accord est établi, la possibilité de choisir entre les còtes de Barbarie et celles de l'Adriatique Orientale pour la création d'un établissement maritime et commerciai Italien, la raison unique en est dans l'absence de précision pour ce choix alternatif. Que le Cabinet de Florence veuille bien faire connaìtre le territoire qu'il aurait en vue, la question, ainsi élucidée, sera sans doute d'une solution facile.

Quant à l'annexion du canton du Tessin, le Cabinet des Tuileries la repousse si elle doit étre le résultat de mesures offensives contre la Suisse. A ses yeux, la neutralité de cet Etat doit étre rigoureusement respectée par les trois Puissances. Lcurs intéréts légitimes leur commandent de ne pas provoquer les hostilités de ce peuple indépendant et couraugeux.

Dès lors rien n'autorise à penser qu'un conflit puisse s'élever entre les alliés et cette nation.

Si cependant, par une inexplicable témérité, par un complet oubli de son ròle et de ses intéréts, la Suisse sortait violemment de sa neutralité, le Gouvernement de l'Empereur admet volontiers qu'elle put étre punie de cette conduite par le retranchement du canton du Tessin de son territoire et par l'annexion de ce canton à l'Italie.

Ces difficultés sont secondaires. Le grand embarras entre la France et l'Italie est Rome. Triste question, douloureux écueil, auquel se heurtent en Italie plus de passions que d'intéréts véritables. Le Cabinet de Florence ne l'ignare pas: ce qui se passe à Rome blesse profondément nos principes libéraux, nos doctrines gallicanes, notre amour du progrès et nos sentiments de tolérance. Mais si nous ne sommes maitres ni des transformations graduelles que le temps peut amener avec lui, ni des événements qui peuvent se produire dans l'intérieur des Etats Pontificaux, nous ne saurions admettre que la violence atteignit un pouvoir dix fois séculaire, qui a des racines profondes dans les consciences catholiques en France et que le Gouvernement de l'Empereur ffrt le complice, méme latent, de cette entreprise.

Notre politique dans la question romaine s'est dessinée et a été poursuivie à travers bien des obstacles et des douleurs, elle a été constamment une politique de conciliation et non d'absorption.

Nous avons toujours voulu amener par des combinaisons successives, une fusion complète d'intéréts économiques, sociaux et méme politiques, entre ces 700.000 habitants qui occupent le territoire pontificai et les sujets du Roi Victoir-Emmanuel, mais nous avons toujours résisté à l'incorporation matérielle, par la force, de ce lambeau de terre qu'on appelle les Etats Pontificaux, au Royaume d'Italie. Est-ce que la privation de cette modeste enclave ferait oublier à la Péninsule tout le passé? Est-ce que la grande unité de l'Italie n'est pas constituée? Après une si vaste carrière fructueusement parcourue, les exigences impatientes sont elles explicables? Le Gouvernement de l'Empereur ne saurait l'admettre et il croit raisonnable d'écarter ce difficile sujet des prévisions actuelles des deux Puissances.

Que le Cabinet de Florence ne persiste pas à nous répondre que le silence étant gardé sur la question de Rome, un traité d'alliance entre la France, l'Italie et l'Autriche ne pourrait se justifier aux yeux de la nation Italienne. Nous lui répondrions que la seule conduite qui serait injustifiable, ce serait le défaut de prévoyance, alors que l'avenir peut receler des éventualités d'une guerre redoutable en Europe.

Ses affinités naturelles, ses contiguités de territoire, la consolidation de son unité, le rajeunissement de la gioire de ses armes convient l'Italie à se piacer entre la France et l' Autriche.

En dehors de cette union elle ne peut étre qu'isolée ou ennemie.

*Le Roi d'Italie proclame avec noblesse que ses sentiments d'amitié pour l'Empereur et pour la nation Française ne lui permettent pas d'admettre, mème d'une manière éloignée, que les armées Italiennes puissent jamais entrer en conflit avec les armées Françaises.

L'attitude de l'Italie serait dane celle de la neutralité ou de l'isolement. Le rédac

teur de cette note est un ami sincère du Gouvernement Italien; il fait loyalement

abstraction des intéréts de la France dans cette négociation pour ne se préoccuper que de ceux de la péninsule. Or, il se souvient du langage plein de pénétration et de profondeur qui tena1t, en 1855, M. le Comte de Cavour, lorsqu'il discutait devant le parlement les avantages de l'alliance du Piémont avec la France, dans la guerre de Crimée.

Il est convaincu que l'isolement, au milieu d'un grand conflit européen, serait pour le Gouvernement de Florence une cause d'impuissance, une possibilité de périls. Après des guerres acharnées, la réconciliation se fait le plus souvent aux dépens de neutres que l'on considère comme faibles. Or, ce péril serait-il imaginaire, qu'un ròle neutre et effacé ne saurait convenir à une nation jeune et qui a besoin de s'affirmer.

Une alliance avec la France et avec l'Autriche donne à l'Italie, en Europe, le caractère, l'importance et l'autorité d'une grande puissance.

Sans doute, le Cabinet de Florence fait abstraction des ses aspirations vers Rome, il garde le silence sur ce sujet. Mais au lieu de rencontrer sur sa route des relations nécessairement éphémères, souvent exigeantes et dominatrices, avec la puissance Allemande, il resserre avec une nation qui a contribué de son sang à fonder l'unité de l'Italie, des liens d'affection, une confratérnité de vues, une solidarieté d'efforts que la nature des choses a déjà créés et dévéloppés.

Que les deux peuples continuent à cultiver ces relations fécondes; ils ne peuvent en recueillir que des éléments graduellement plus actifs de force, de grandeur, de stabilité et d'influence sur les affaires du monde * (1).

(l) Da ACR

(1) -Cfr. n. 59, allegati. (2) -Cfr. p. 129, nota l. (l) -Da ACR. (2) -Annotazione a margine: «En échange de ces engagements et en cas de victoire, l'Italie s'annexera le Tyrol Ita!len... ».
122

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 353. Berlino, 22 febbraio 1869 (per. il 27).

Ayant eu plusieurs fois l'oecasion de rencontrer le Comte de Bismarck aux dernières fetes de Cour, je n'avais pas manqué de tourner en dérision la nou

Pour justifier cette appréciation, le rédacteur de cette note, qui est un ami s!ncère du Gouvernement Italien, demande la permission de s'expliquer avec la plus entière franchise. L'isolement au milieu d'un grand conflit européen serait l'!mpuissance.

Après les guerres les plus acharnées, la réconciliation se fa!t souvent aux dépens des neutres réputés les plus fatbles. Ce ròle effacé et ce péril ne saura!ent convenir à une nation jeune qui a besoin de s'affirmer et de recevoir le plus tòt possible son bapteme de grande Puissance

Européenne.

Une alliance avec nos ennemis! Ah! l'Empereur et la nation França\se ressentiraient b!en profondément l'injure, car on ne pourrait réserver à leur politique généreuse une déception plus amère. Il ne saurait nous convenir d'étudier dans cette note !es chances de succès qui peuvent entourer !es armées respectlves; c'est à l'Italie, non à nous, qu'il appartient d'approfondir !es justes motifs de notre confiance dans l'issue de la lutte.

Admettons, pour faciliter la d!scussion, une égalité absolue dans !es chances. L'égalité existet-elle dans l'enjeu?

Nous ne savons quel mlrage peut présenter la Prusse à l'Italie, elle devra sans doute tàcher de le faire le plus séduisant possible. Parviendra-t-elle ainsi à faire oublier son attitude exigeante, dominatrice, presque violente, dans !es phases et !es événcments qui ont marqué l'alliance de 1866? Au fond, fllt-elle victorleuse, elle peut tout au plus facilitar à l'Italle la prise de possession de Rome, mais ses relations avec la péninsule n'en seront pas moins éphémères et périssables, parce qu'aucun intérét politique permanent ne réunit !es deux puissances, et que parvenue au but de son ambition, la Prusse n'aura aucun moti! de conserve,r de bonnes relations avec son alliée d'un jour. Or, la nation Itrulienne pourrait-elle croire que la possession de Rome fortifie assez sa situation, protège assez son avenir, pour la laisser !ndifférente aux profondes blessures faltes à deux grandes Puissances par de semblables procédés?

Si au contraire, le sort de armes est défavorable à la Prusse et à l'Italie, !es conséquences

de la défaite peuvent porter non sur une annexion territoriale de faible importance, mais sur

l'existence meme du Royaume d'Italie, sur l'autonomie de la Péninsule.

De pareils enjeux sont-!1 comparables entre eux? La guerre, de concert avec son ancienne alliée, la France, avec sa nouvelle alliée, l'Autriche, est entourée d'abord d'une certitude morale du succès; elle consol!de l'unité Italienne par !es mains mèmes qui l'ont fondée, elle crée entre !es deux artisans de cette grande oeuvre une solidarité d'interèts, une confraternité d'armes qui sont pour Ics deux peuples une force dans le présent, une immuable sécurité dans l'avenir».

vene donnée par quelques journaux (dépeche n. 341) (l) d'une prétendue alliance offensive et défensive qui se négocierait secrètement, et meme à l'insu de notre Cabinet, entre le Roi Vietar Emmanuel et l'Empereur Napoléon. Je croyais meme au-dessous de ma dignité d'y opposer un démenti forme!. Le Cabinet de Berlin avait trop de perspicacité pour ne pas se convaincre Iui-meme que ces articles de la presse n'éta,ient que le fruit de correspondants trop crédules ou de mauvaise foi. Au lieu d'accueillir des opinions aussci aventurées, il aurait suffi qu'ils eussent suivi attentivement la marche de la politique italienne pour constater que nous sommes une Puissance éminemment pacifique parce que nos propres intéréts l'exigent plus que jamais. Le Gouvernement prussien en avait eu la preuve en maintes occasions, et tout récemment Iors de la crise entre la Turquie et la Grèce. D'ailleurs la loyauté bien connue de notre Souverain, son r,espect scrupuleux du régime constitutionnel étaient la meilleure des garanties que Sa Majesté se refuserait, le cas échéant, à prendre tout engagement en dehors d'un Ministère surtout quand il jouit, à si juste titre, de sa confiance. En outre, l'odieux se joint ici au ridicule, quand on entend énoncer cette supposition que nous nous laisserions entrainer à une guerre aussi couteuse que sanglante, par la perspective d'une cession du Tyrol méridional. Pour me servir d'un dicton familier, le jeu ne vaudrait pas la chandelle.

Le Còmte de Bismarck m'a répondu qu'il n'attachait aucune valeur à ces bruits. Peu d'instants après il m'invitait à etre son vis-à-vis dans une contredanse qu'il allait danser avec une Princesse de la Famille royale, comme s'il eut voulu ainsi prouver à moi-meme et aux autres qu'il savait réduire ces propos de journaux à Ieur juste valeur.

J'ai rapporté notre entretien à M. de Thile qui m'a dit également qu'il n'ajoutait pas foi à une semblable nouvelle, mais que j'avais cependant bien agi en m'exprimant de la sorte vis-à-vis de son Chef.

J'ai parlé plus tard dans le sens de l'article de la Correspondance italienne du 12 février. Le Sous-Secrétaire d'Etat m'en a marqué sa satisfaction, en ajoutant: «camme tour à tour on invente une alliance entre la France et l'Italie, et entre la France et la Prusse, j'espère que de votre còté vous vous montrerez tout aussi incrédules ».

Hier encore, il me disait qu'une partie de la presse persistait quand meme dans ses affirmations et que dans la matinée meme le Comte de Bismarck avait reçu une lettre d'un inconnu annonçant que le Traité était signé.

J'ai plaisanté sur cet inconnu. Mais pour donner à M. de Thile une preuve de plus du degré de confiance qu'il devait attribuer à mon langage en cette occasion camme en toute autre, je lui ai fait part de Ja nouvelle distinction que je venais de recevoir. Par sa proposition bienveillante au Roi, V. E. avait voulu témoigner qu'Elle approuvait mon attitude à Berlin. Or, Elle n'a qu'un seui mobile: communauté d'efforts dans le but de sauvegarder la paix de l'Europe.

M. de Thile m'a félicité de cette promotion dans laquelle il voyait avec plaisir un gage de plus des bons rapports que je m'appliquais à entretenir entre Ies deux Gouvernements.

Au reste, les inventions forgées peut-étre par un parti qui a des représentants méme dans ce pays, et qui vise à semer la discorde entre la Prusse et ntalie, n'ont pas empéché le Cabinet de Berlin de m'adresser la lettre dont j'ai transmis copie par ma dépéche n. 347 (1). On pourrait néamoins se demander s'il n'a pas agi ainsi précisément parce que ces rpublications de la presse, corroborées par des données parvenues au Ministère, avaient produit ici quelque impression? On serait presque tenté de l'admettre en présence de l'aveu du Sous-Secrétaire d'Etat que j'avais eu raison de les battre en breche.

Quoi qu'il en soit, je mentionnerai un détail que je tiens de M. de Thile. La minute de la lettre susdite ayant été soumise au Comte de Bismarck, il inséra de sa propre main dans la dernière phrase, le mot aspirations, sans ajouter aucun commentaire verbal.

Il n'aura pas échappé à V. E. que ce document enchérit sur le contenu de notre dépéche à laquel!le il sert de réponse. A moins qu'il ne s'agisse de ces généralités qui disent tout ou rien, il faudrait pouvoir lire dans la pensée de I'auteur pour se rendre compte de l'exacte signification qu'il entendait donner à cette expression. Dans tous Ies cas, on ne saurait révoquer en doute le sentiment parfaitement amicai de ce Gouvernement à notre égard.

(l) In una prima redazione Invece del brano fra asterischi vi era il seguente: <<Or, l'une et l'autre de ces attitudes seraient pleines de périls et dénuées de compensations sérieuses.

(l) Cfr. n. 83.

123

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 354. Berlino, 22 febbraio 1869 (per. tl 27).

J'ai l'honneur de répondre à la dépeche que V. E. m'a transmise en date du 8 de ce mois n. 105 (2) en mème temps que trois annexes.

V. E. m'indiquait deux voies à suivre pour sonder les véritables intentions du Président Juarez dans le but d'un rétablissement de rapports réguliers entre l'Italie et le Mexique.

Il m'a paru pour les motifs suivants que mieux valait m'abstenir de recourir à l'entremise de la Chancellerie fédérale.

Ce n'a pas été sans beaucoup d'hésitation que le Roi Guillaume a cédé aux instances du Comte de Bismarck favorable à l'envoi d'un rerprésentant diplomatique et consulaire à Mexico. Il a dù faire violence à ses sentiments.

«C'est avec un vif intéret que j'ai pris connaissance de la dépeche de M. le Comte Menabrea, cn date du 20 Janvier dcrnier, que vous avez bien voulu me communiquer. Je me suis empressé de mettre sous les yeux du Roi ce document, qui constate de nouveau l'accord qui n'a pas cessé de régner entre les deux Gouvernements vis-à-vls du différend entre la Turquie et la Grèce. Sa Majesté, en me témoignant Sa haute satisfact:on d·3 cet accord, s'est plueà y reconnaitre l'effet de l'identité des intérets qui dominent la politique de la Prusse et de l'Italle, et un gage de l'harmonie qui leur est indiquée autant par les relations d'amitié qui unissent !es dGux Souverains, que par l'analogie des tradltions historiques et dcs aspirations politiques des deux nations allemande et italienne ».

Un instant Sa Majesté croyait meme que l'Empereur François-Joseph prendrait en très mauvaise part qu'elle passat si légèrement l'éponge sur !es sanglants souvenirs de Queretaro. Il a fallu lui donner à entendre que quelque douloureuse qu'eut été l'émotion éprouvée par la Cour de Vienne, la froide raison d'Etat avait du Ja convaincre que Ia disparition de l'Archiduc Maximilien avait eu son bon còté en ce sens que son retour en Autriche aurait causé plus d'un embarras. Mais Sa Majesté en sacrifiant son propre potnt de vue à ce jeu de mots qu'il n'agissait pas comme Roi de Prusse, mais comme le Chef de ,la Confédération du Nord de l'Allemagne, croit avoir assez fait, et consentirait avec peine à autoriser son Gouvernement à une démarche meme extraofficielle en faveur d'une autre Puissance quelconque. D'ailleurs M. de Schloezer qui partira vers la mi-Mars pour sa nouvelle destination, n'aura pas de si tòt une position assez influente pour écrire en parfaite connaissance de cause sur le sujet qui nous intéresse.

Il me restait donc Ia voie mieux indiquée de M. Bancroft. Pour ne pas laisser soupçonner que je connaissais le ròle qu'il avait joué entre la Prusse et le Mexique, je lui ai dit que V. E. tenant en grande estime sa personne mise récemment encore en évidence par Jes Traités avec l'Allemagne du Nord et du Midi sur la naturalisation, et l'influence qu'il avait su acquérir par ses nombreux services en Amérique, m'avait chargé d'une manière confidentielle et officieuse de me renseigner auprès de lui sur le meilleur moyen d'explorer le termin à Mexico.

Il a paru très flatté de cette marque de confiance et m'a aussitòt promis

qu'il se prévaudrait de ses relations d'amitié avec M. Romero, Ministre des Fi

nances du Mexique, après en avoir demandé d'une manière réservée l'autori

sation à Washington. Mais il prévoyait quelque retard en suite du change

ment du président au 4 Mars prochain.

H se réservait de réfléchir sur cette question.

Je l'ai revu aujourd'hui. II m'a communiqué !es documents ci-jolnts (l)

en me pr,iant de n'en faire usage que vis-à-vis de V. E. Ces documents indi

quent la marche suivie pour ce qui concerne l'Allemagne du Nord. Les pièces

s'arretent à la date du 26 Aoiìt dernier, mais il y en a de postérieures. Ce ne

fut en effet que lorsque M. Bancroft eut acquis la certltude du parfait accueil

qui serait fait au représentant de la Confédération par le Président Juarez,

qu'il se décida à annoncer à M. de Bi~marck que désormais rien ne s'opposait

à la nomination du titulaire au nouveau poste.

Cette marche me semble parfaitement correcte, et il m'est avis que nous

pourrions la tenir comme appropriée -mutatis mutandis -à notre cas spécial.

Seulement mon Collègue des Etats-Unis croyait devoir ajourner ses investi

gations jusqu'au moment où il apprendrait quel sera le nouveau Secrétaire

d'Etat à Washington. Si le choix tombe sur un de ses amis, il l'utilisera à

notre profit, en meme temps qu'il écrira à M. Romero. Si non, il s'adressera

personnellement à ce dernier.

Je l'ai remereié de son obligeance, en le priant dans tous les cas de ne

rien écrire sans s'etre de nouveau concerté avec moi. Il m'a promis de me

montrer ses lettres.

Il est bien entendu, lui ai-je fait obse,rver, qu'il faut sépa.rer la politique du présent de cene qui appartient au passé. Cette dernière est du domaine de l'histoire. Chacun sait que l'Italie professe des doctrines tendantes à la reconnaissance des Gouvernements de fait, c'est-à-dire de ceux dont l'existence se manifeste par des faits assez durables et assez notoires pour constater leur vitalité. Il devient donc superflu d'aborder sur ce point également des questions de principe. Il ne s'agit pas davantage de faire d'aucun còté des avances, de manquer de près ou de loin aux règles de la dignité, d'énoncer des conditions, mais uniquement de prendre d'un commun accord conseil des intérets réciproques et tout tracés des deux nations. Le Gouvemement de la république mexicaine ne peut doute.r de nos dispositions favorables, du moment où nous serions assurés au meme degré des siennes envers l'Italie.

Il semblait à M. Bancroft que ces sondages indirects devaient amener le résultat désiré pour peu que le Gouvernement Mexicain s'inspirat de vues élevées et non de ces susceptibilités qui ne peuvent etre maintenues à la longue sans compromettre les affaires. Pour autant qu'il le croit, le veto s'appliquerait à l'Angleterre et surtout à la France. L'Italie se trouve dans d'autres conditions. Elle n'a pas joué un ròle actif dans les dernières phases de l'histoire mexicaine, et ses principes ne la portent nullement à exercer une ingérence illicite en Amérique.

Si le Cabinet de Berlin destine un Chargé d'Affaires, Consul Général près la République, à titre permanent et non avec mission ad hoc comme serait celle de conclure un traité de commerce (voir la le t tre de M. Tejada), il n'a nullement exprimé le désir de la réciprocité. C'est là une question de budget Iaissée au libre arbitre de chaque Gouvernement.

Le retard motivé par M. Bancroft n'aura pas d'inconvénients. Il aura meme l'avantage de laisser à M. de Schloezer le temps d'arriver à sa destination, et de rompre en quelque sorte la piace.

En attendant il m'a paru opportun de télégraphier avant hier à V. E. (l) que pour le succès de ces pourparlers, mieux vaudrait ne faire nulle part ailleurs une démarche quelconque et d'éviter toute publication prématurée.

Si, comme je l'ai dit plus haut, je me suis abstenu de recourir à l'intermédiaire de la Chancellerie fédérale, je n'ai pas manqué, pour nous en faire un mérite, d'expliquer, sous le sceau du secret, à M. Delbrtick pourquoi nous avions choisi de préférence le canal de M. Bancroft. Le Président de la Chancellerie Fédérale m'a dit qu'en effet nous avions fait preuve de tact en adoptant cette ligne de conduite, et que mon CoUègue des Etats-Unis était bien la personnalité .Ia mieux faite pour préparer le terrain.

Je prie V. E. de me faire parvenir de nouvelles instructions, si elle le jugeait utile après avoir pris lecture de ce rapport et des documents annexés.

(l) La lettera di Bismarck del 15 febbraio era la seguente:

(2) Cfr. n. 85.

(l) Non si pubblicano gli allegati.

(l) T. 1410, non pubblicato.

124

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 1296/560. Londra, 22 febbraio 1869 (per. il 26).

Per mancanza d'una occasione particolare a cui affidare la spedizione sicura di questo rapporto, ho dovuto aspettare la partenza del corriere inglese e differire sino ad oggi la mia risposta al pregiatissimo di Lei dispaccio confidenziale di serie politica n. 134 (l).

Per debito di esattezza degg.io anzitutto dire a V. E. che nel mio rapporto delli 20 gennajo (2), da lei citato nel summentovato suo ufficio, io Le rassegnava è vero le voci che qui avevano corso circa una possibile intesa fra la Francia e Ia Russia rispetto alla quistione di Oriente, ma non già che Lord Clarendon me ne avesse fatto parola e se ne mostrasse turbato. In tale mio rapporto io solo esponeva che Sua Signoria si mostrava molto preoccupata della piega che parevano prendere le cose di Grecia in seguito a relazioni assai allarmiste ch'erano pervenute al « Foreign Offj.ce » dalla Legazione Britannica in Atene.

Le voci cui io facevo allusione provenivano da Berlino, e produssero una certa impressione su molti personaggi politici, ed io ne facevo cenno all'E. V. sia come sintomo della situazione politica attuale, sia perché da una attenta disamina delle tendenze che formano l'oggetto degli sforzi della Francia e della Russia in Oriente, l'idea d'un accordo fra quelle due Potenze per agevolarsi a vicenda la realizzazione de' loro fini non parevami inverosimile.

Ciò premesso, dopo d'aver preso conoscenza delle profonde considerazioni contenute a questo riguardo nel predetto dispaccio n. 134, decisi di profittare della prima opportunità che mi verrebbe offerta per ;par.larne con Lord Clarendon.

Mi corre l'obbligo di qui osservare che prima di potere avere con lui questo colloquio già avevo vagamente toccato siffatto argomento con Sua Signoria. Alla domanda da me indirizzatagli se [avesse] qualche ragguaglio confermante i rumori che la Francia fosse disposta in date condizioni a piegarsi verso la Russia tanto per amicarsela in Oriente quanto per istaccarla dalla Prussia, Mylord risposemi negativamente, ma senza respingere l'ipotesi come infondata mi disse: «Dio buono, con chi non intriga la Francia? Intriga con voi, coll'Austria, perché non intrigherebbe anche con la Russia? La cosa è ben possibile».

Scorsi però che Sua Signoria con queste parole alludeva piuttosto alla ver

tenza alemanna che all'orientale. Il dissi, quel giorno non giudicava il momento

favorevole per addentrarmi in questo soggetto e non proseguii più oltre.

Intanto pervenivami l'altro pregiatissimo di Lei dispaccio n. 138 stessa se

rie (3). Quantunque desso abbia per oggetto un diverso argomento, tuttavia

trattandosi pur sempre di tutelare gli interessi che ntalia e l'Inghilterra han

no solidarj nel Mediterraneo, nelle provincie Barbaresche e nell'Oriente, repu

tal conveniente di procurare di vedere Lord Clarendon al più presto, essendo queste varie quistioni strettamente le une colle altre collegate.

Trovato Mylord ben disposto ad ascoltarmi e posta la conversazione sulle cose di Oriente, gli dichiarai che in tesi generale le nostre vedute circa quella quistione erano identiche a quelle della Gran Bretagna, e di ciò aver noi dato prova associandoci alla politica da essa propugnata. Essere inoltre noi d'avviso che i principj conservatori del Governo della Regina costituivano la più efficace barriera alla realizzazione di progetti egualmente dannosi all'Italia che all'Inghilterra.

Questo mi portò naturalmente a parlare delle due Potenze, le quali dimostrano d'avere interesse ad alterare l'ordine di cose esistente e che avendo per iscopo della loro ambizione due campi interamente diversi, sebbene affini nello spirito che li informa, potrebbero forse intendersi per seguire una politica comune che loro faciliterebbe vicendevolmente l'esecuzione dei loro disegni. Feci quindi notare al Segretario di Stato che invero nessuno poteva 1mprendere ad esaminare questa quistione senza essere colpito dal fatto che mentre la Russia mira a diventare ,potente in Asia (e di questo il Governo Britannico comincia ora per la prima volta a seriamente preoccuparsi) e ad esercitare una immensa preponderanza nelle provincie europee dell'Oriente, l'influenza francese è colà comparativamente molto meno spiegata di quello che lo sia sulle coste africane sull'Egitto e sulla Soria, ove la Francia lavora attivissimamente ad acquistare ogni supremazia, e da cui la Russia sembra invece avere ritirato qualunque elemento di azione o ingerenza.

Queste circostanze, continuai, erano di tale natura da meritare la considerazione delle Potenze aventi interesse alla conservazione dello statu quo tanto nel Mediterraneo che in Oriente. Offrir pertanto ciò la spiegazione della speciale rilevanza da noi accordata al mantenimento dell'ordine di cose esistente nelle provtncie barbaresche, per le 'Conseguenze gravissime che s'avrebbero a lamentare ove un tale adito s'aprisse alla Francia.

Lord Clarendon mi ascoltò in silenzio e con profonda attenzione, accennando spesso col capo di assentire con quanto gli andavo esponendo. Ma riservatissimo com'egli è di carattere. non fece commento di sorta ai riflessi da me sviluppati. Badisi però che in tutto il corso della mia conversazione ei non mi interruppe per contraddirmi sopra un sol punto.

Se credette di serbare su questo un tanto cautelato contegno, Mylord fu poi molto espansivo nell'esprimermi la sua soddisfazione per le assicurazioni da me avute circa lo spirito che guida la nostra condotta in Oriente e circa il nostro apprezzamento della politica inglese in quelle contrade, alla quale era ben lieto di sentire che noi ci associassimo. Mi disse che infatti non vedeva quale altro programma potesse convenire di più al nostro paese e conchiuse incaricandomi di congratulare l'E. V. per la saviezza da Lei dimostrata nell'adotta1.1lo.

Prima di por termine al presente rapporto mi rimane a renderLe conto d'un abboccamento che ho avuto su questo stesso argomento col Sottosegretario di Stato politico del «Foreign Office » Signor Otway.

Ella non ignora, Signor Conte, come Lord Clarendon appartenendo alla Camera dei Pari, il solo che risponderà pel Governo alle interpellanze intorno alle quistioni estere nell'importante recinto dei Comuni sarà il Sottosegretario, la cui importanza non deve perciò essere tenuta in non cale. Conoscendolo intimamente e da molto tempo, giudicai opportuno di intrattenermi con lui circa le cose che precedono, e che vennero da me a lui svolte confidenzialmente presso a poco nella stessa guisa colla quale le trattai con Lord Clarendon.

Sulle probabUità di un accordo tra la Francia e la Russia, il Signor Otway fu più comunicativo che noi sia stato Mylord. Egli ammette il fondamento delle congetture che io sottoponeva :->lla sua considerazione, ma dubita che possano realizzarsi, almeno non certo per molto tempo.

«L'Inghilterra è vero, ei mi disse, ha risoluto di non prendere una parte attiva nei conflitti del Continente. Ma sonvi quistioni sulle quali non potrà mai transigere. Una di esse sarebbe per esempio quella di cercare di introdurre un'alterazione qualsiasi nella costituzione dell'Egitto a prò di una estera potenza».

Io feci rilevare al mio interlocutore che tali erano appunto i nostri principj e gli feci quelle altre dichiarazioni che l'E. V. può immaginare e che sarebbe superfluo ch'io qui ripetessi.

Il Signor Otway mi rispose che nulla poteva tornargli più grato che l'udire che l'Italia -una nazione per la quale l'Inghilterra prova sì vive simpatie -si accostasse alla politica di quest'ultima nella importantissima vertenza orientale. «Fu sempre, ei proseguì, sorgente per me di dispiacere il vedere che non regnasse maggiore comunanza d'idee fra il Governo italiano ed il nostro». E qui il Signor Otway fece allusione alla diversa attitudine da noi assunta negli affari di Creta e nella quistione del trasporto dei rifugiati candioti. Io mi affrettai a replicargli che se nella forma abbiamo qualche volta differito dalla Gran Bretagna, nella sostanza non ci siamo da essa scostati; che d'altronde di questo avevamo dato troppe prove per meritare una tale accusa e che in fine la nostra attuale condotta in Oriente ben mostrava quali fossero le nostre vere intenzioni.

Queste comunicazioni di cui fui organo non credo siano state fuor di proposito, poiché tanto Lord Clarendon quanto il Sottosegretario ne presero atto quasi come di cosa nuova e che loro riesciva oltremodo gradita. Mi pare con ciò d'avere adempiuto al compito che l'E. V. mi affidava nello incaricarmene...

P. S. -Mi riserbo di trattare in altro rapporto i punti concernenti la Tunisia e l'Egitto di cui era cenno nel precitato dispaccio ministeriale n. 138.

(l) -Cfr. n. 57. (2) -Non pubbl!cato. (3) -Cfr. n. 77.
125

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 23 febbraio 1869, ore 10,50.

Empereur vous fait dire d'ajouter à l'article dix du projet que Votre Majesté recevra ce soir (2), un article onzième ainsi conçu:

«Les trois puissances contractantes se garantissent réciproquement l'intégrité du territoire respectif ». A Vienne où l'on a connaissance dernier projet on attend résultat décision Florence.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 121, allegato.
126

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 115. Firenze, 23 febbraio 1869.

Ho letto con molta attenzione il rapporto che la S. V. mi ha diretto in data del 7 febbraio (l) per indkarmi il rumore che si faceva nei giornali di pretese alleanze offensive e difensive contratte dall'Italia colla Francia e coll'Austria. Ella mi faceva riflettere se non fosse opportuno di far smentire quella notizia da qualche organo della stampa italiana.

Per verità non è questa la prima volta che dai giornali esteri si mettono in giro simili novelle. Ora trattasi della nostra alleanza colla Prussia e la Russia, ora invece degli accordi che avremmo presi colle Potenze che nell'opinione universale sono ritenute come rivali e quasi naturali avversarie delle due prime.

In Italia se tolgonsi alcuni diarii di quei partiti che anche dalle alleanze cercano di farsi arma per arrivare al potere, quelle voci non producono ormai nessun effetto e lasciano il pubblico profondamente indifferente. Questo Le ,spiega, signor Conte, perché molte volte noi non ci curiamo di smentire le notizie dei fogli esteri, la smentita loro darebbe in certi casi maggior peso di quello che le medesime avrebbero !asciandole passare inosservate. Cionondimeno, vedendo che la S. V. si preoccupava dell'impressione che ultimamente si era prodotta in Germania circa 'la politica dell'Italia non ho esitato a commettere l'incarico ad alcuni fogli amici dell'amministrazione attuale di rettificare al proposito le idee erronee che tendevano a propagarsi.

Intanto possiamo già osservare che anche questa volta tutto il rumore che si è fatto sulla pretesa alleanza conchiusa dall'Italia è ormai cessato. Epperò giova, anche in quest'occasione, notare come lo spargersi ed il cessare di quelle voci il più delle volte si combini coll'accreditarsi nel pubblico italiano dell'opinione contraria o favorevole alla stabHità dell'amministrazione presente.

Non insisterò pertanto sopra questo argomento più del bisogno. Alla S. V. basteranno le poche cose dette per trovare in esse i migliori argomenti i quali dimostrano fino all'evidenza il poco peso che conviene dare alle voci sovramenzionate.

(l) Cfr. n. 83.

127

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A CARLSRUHE, ARTOM (l)

D. 14. Firenze, 23 febbraio 1869.

Per regolarità del carteggio, Le segno ricevuta de' suoi pregiati Rapporti di questa se,rie, pervenutimi fino al n. 85 incluso. La ~ingraz1o delle notizie in essi contenute.

Dai documenti diplomatici compresi nell'invio d'oggi Ella scorgerà come mentre le informazioni trasmessemi da Lei col suo Rapporto n. 83 (2) sono pienamente confermate da quelle fornitemi dal R. Ministro a Stoccarda, il Ministro del Re a Monaco (3) allude invece a negoziati che per iniziativa del Principe Hohenlohe si sarebbero già intavolati per la costituzione di una Confederazione tra gli Stati del Sud. La recisa affermazione del Barone di Freydorf, e le opportune considerazioni. da lei svolte intorno a siffatto argomento, mi fanno supporre che il Marchese Migliorati abbia attinto a fonte meno autentica le sue informazioni. Gradirò nondimeno che la S. V. continui le sue indagini in proposito e me ne riferisca poi il risultato.

128

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. 147. Firenze, 23 febbraio 1869.

Ebbi giorni sono una conversazione con Sir A. Paget circa la situazione delle cose d'Oriente. Esaminando l'opera felicemente compiuta dalla conferenza di Parigi la quale ha tolto di mezzo l'imminente pericolo di una guerra della Turchia contro la Grecia, non potei tralasciare di fare osservare a questo Inviato britannico che il pericolo ora rimosso non tarderebbe probabilmente a ripresentarsi se nella loro saviezza le potenze interessate ad impedire conflitti e guerre in Europa non si accingessero sin d'ora ad esaminare con animo pacato la situazione dei paesi che contengono tanti germi di insurrezione contro il diretto dominio della Sublime Porta.

Tempo più opportuno di questo, diceva io al signor Paget, difficilmente si presenterebbe. L'esame che farebbero ora le Potenze non sarebbe imposto dalla necessità di definire una quistione urgente. Lo studio pacato che farebbe la diplomazia del modo di impedire che abbiano a ripetersi le difficoltà nelle quali l'Europa si è trovata recentemente, sarebbe tanto più profittevole per tutti che il lavoro diplomatico si compirebbe all'infuori d'ogni influenza e di

ogni pressione esercitata da quegli avvenimenti che sogliano impressionare vivamente la pubblica opinione.

Le più recenti relazioni che il Governo del Re ha ricevute dai suoi agent: in Candia accennano al completo ristabilimento dell'autorità del Sultano in tutta quell'isola. Ma la Sublime Porta che non può seriamente esagerare ai propri occhi l'importanza dei soccorsi che dalla Grecia venivano spediti agli insorti candioti non deve dimenticare così presto tutte le difficoltà che ebbe a vincere per domare quella lunga insurrezione. Né meno dolorosa deve riuscire al Governo ottomano la memoria degli immensi sacrifizi sostenuti per vincere quell'ostinata resistenza.

Le pratiche fatte dalle varie Potenze, l'Inghilterra eccettuata, per ottenere che la Sublime Porta facesse alla popolazione di Candia le concessioni necessarie alla pacificazione dell'isola non approdarono ad alcun esito favorevole. Le potenze che nell'ottobre 1867 si videro costrette a rinchiudersi entro i limiti della rigorosa osservanza del principio di non intervento in tutto ciò che concerneva i rapporti del Governo turco coi suoi sudditi Cristiani, hanno dovuto assistere con vero dolore alla continuazione di una lotta che durò con varia fortuna per ben altri 15 mesi, e che fu cagione sul finire di un incidente gravissimo il quale ha seriamente minacciato il mantenimento della pace in Europa.

Nel corso delle discussioni che le Potenze hanno sostenuto colla Porta ottoroana per farla demordere dal proposito di domare colle armi l'insurrezione Cretese, il Divano ha più volte fatto intendere che quando la moderazione del Governo del Sultano non potesse più essere attribuita a sua debolezza, più facile sarebbe riuscito a quest'ultimo l'adottare i provvedimenti che le Potenze riputavano doversi applicare per comune vantaggio della Turchia e dell'Isola di Creta.

Non sarebbe giusto d'altronde omettere di ricordare che le pretese messe innanzi in Atene per una immediata annessione di Candia al Regno Ellenico erano di tale indole da accrescere le esitanze della Porta ad aderire alle proposizioni che le facevano i vari Governi.

Ora che l'insurrezione è domata, ora che l'improbabilità che la Grecia possa esercitare sulle popolazioni dell'Isola di Candia un'attrazione qualsiasi è sufficientemente dimostrata, l'attenzione dei Governi interessati alla conservazione della pace potrebbe utilmente portarsi sui provvedimenti più acconci per impedire che le difficoltà appena vinte abbiano a risorgere nell'avvenire. Il progetto di accordare all'isola di Candia un governo autonomo sotto l'alto dominio della Porta ci sembra quello che dovrebbe maggiormente chiamare in questo momento l'attenzione dei Gabinetti che vogLiono sinceramente impedire il rinnovamento di pericolose complicazioni in Oriente.

Parlando col signor Paget lo pregai a considerare che la storia dell'isola di Creta dimostra che lo spirito di indipendenza che regna in quel paese sarà sempre un impedimento alla stabile instaurazione della diretta dominazione dei Musulmani. Se si vuole efficacemente la pace bisogna che i Gabinetti Europei tolgano di mezzo questo permanente pericolo d'incendio che potrebbe estendersi anche ad altre parti dei domini del Sultano. Lo stabilimento di amministrazioni interne autonome sotto l'alta sovranità del Sultano sarebbe il miglior rimedio per impedire lo scoppio sempre ritardato, ma sempre imminente di insurrezioni simili a quella di Creta che si maturano in Bulgaria ed in altre parti degli Stati componenti la Turchia d'Europa.

Queste idee che noi formoliamo potrebbero essere messe innanzi più opportunamente dall'Inghilterra la quale si trova in situazione migliore d'ogni altra Potenza per dare alla Porta autorevoli consigli. È infatti la Gran Bretagna quella che può vantare presso la Sublime Porta maggiori diritti ad essere ascoltata avendone essa più efficacemente sostenuto sin qui la politica di resistenza contro le varie innovazioni proposte.

Vorrei pertanto che la S. V. portasse il discorso sovra questo argomento sia con Lord Clarendon, sia col Signor Gladstone, ma in modo di semplice entratura avente per iscopo di chiarirci sugli intendimenti del Gabinetto britannico intorno alla situazione nella quale si trovano le quistioni interne dell'isola di Candia e di altre parti dell'Impero Ottomano.

La S. V. è autorizzata a non dissimulare a quegli uomini di Stato la funesta impressione che produsse in noi l'annunzio recente che la Turchia approfittando dell'occasione favorevole che le porge la vittoria riportata in Candia, avrebbe deciso di condurre ad effetto il progetto, già da molto tempo vagheggiato, di togliere alle altre isole del suo arcipelago i privilegi dei quali le medesime erano in possesso sino dai tempi più remoti. Alcuni di questi privilegi furono anzi concessi a quelle popolazioni negli atti di dedizione in forza dei quali passarono sotto la dominazione dei Sultani.

È nostra ferma opinione che con questi provvedimenti la Sublime Porta si prepara in un non lontano avvenire nuove e più gravi difficoltà. II Divano Imperiale mostra in ogni caso di ben mal riconoscere la fedeltà dimostratagli dalle popolazioni, esclusivamente d'origine e di religione greche, che abitano le isole dell'arcipelago durante l'insurrezione candiota. Non è dubbio che un contegno diverso per parte di quelle popolazioni durante la lotta avrebbe posto la Turchia a duro cimento.

Accenno a questa circostanza appunto perché dalla medesima appare evidente la prova di quanto abbiamo detto circa l'efficacia che avrebbe per la conservazione della pace in Oriente il riconoscere all'isola di Creta il diritto di avere un'amministrazione autonoma. L'essere in possesso di questo diritto fu certamente il motivo principale per cui le altre isole non si associarono al movimento insurrezionale di Candia.

Le popolazioni greche dell'arcipelago ottomano trovarono nell'autonomia amministrativa di cui erano in possesso una soddisfazione sufficiente delle loro aspirazioni e resistevano agli allettamenti dei Comitati che avrebbero voluto accendere dappertutto l'incendio insurrezionale.

Ora con quanto accorgimento la Porta lavori a riunire in un interesse comune di resistenza contro l'autorità del Sultano tutte le popolazioni greche delle Isole non è mestieri accennare. Se un moto rivoluzionario dovesse di nuovo scoppiare tutte quelle popolazioni si troverebbero riunite per rivendicare i privilegi che loro furono tolti ingiustamente ed ai quali esse annettevano il massimo pregio e la maggiore importanza. Mancava sinora una causa comune che collegasse fra di loro quelle popolazioni nella resistenza all'autorità della

Porta, e questa causa comune si sta ora preparando incautamente dal Governo stesso del Sultano.

Non potrà dispiacere, cred'io, agli uomini di Stato inglesi che da noi si cerchi di entrare con loro in uno scambio di vedute sopra siffatti argomenti ben degni della preoccupazione di tutti i Governi che vogliono guarentire l'esistenza della pace in Europa. Voglio sperare che le cose ch'Ella esporrà conformemente a questo mio dispaccio troveranno presso codesti uomini di Stato un'accoglienza favorevole.

Le Corti protettrici della Grecia le quali ebbero una così grave parte nella costituzione di quel Regno possono ripetere dagli stessi atti diplomatici dell'anno 1830 il diritto di ingerirsi nell'ordinamento interno dell'Isola di Candia e di Samos. In una nota verbale e collettiva che i rappresentanti delle tre Corti protettrici indirizzavano al Governo greco in data delli 8 dicembre 1828 si leggono queste parole:

~ Quant aux iles de Samos et de Candie, dont l'une a depuis sept ans maintenu son indépendance, et dont l'autre est actuellement encore en pleine insurrection, les représentants se feront un devoir d'exposer tous leurs titres à la haute protection de l'alliance, et à l'application, en leur faveur, des principes du traité de Londres ».

Nel seguito delle trattative che si protrassero nell'anno successivo e nei primi mesi del 1830 quella promessa non ebbe, è vero, alcun valore; ma al momento in cui i rappresentanti delle Potenze comunicavano alla Sublime Porta il protocollo del 3 febbraio 1830, questi, dopo avere spiegato che le Corti alleate aveano imposto ai greci di rinunziare all'isola di Samos ed a quella parte di Creta dove sino allora si erano mantenuti, si esprimevano così: « Les trois Cabinets se plaisent à croire que dans sa sagesse éclairée, la Sublime Porte se convaincra elle méme, qu'attendu les rapports de proximité et de réligion qui unissent les Grecs de Samos et de Candie aux sujets du nouvel Etat, une administration équitable et douce est le moyen le plus certain d'y maintenir sa domination sur des bases inébranlables ».

E così si spiega perché sino a questi ultimi tempi la Porta Ottomana aveva rispettato in gran parte i privilegi di quelle isole, l'abolizione dei quali fu il principale motivo dell'insurrezione cretese.

Se noi entriamo in queste particolarità relativamente al diritto che avrebbero le Corti protettrici di chiedere alla Porta di non valersi del trionfo riportato dopo una lotta così lunga e disproporzionata per peggiorare le condizioni interne del suo Governo nelle isole dell'arcipelago ottomano, si è perché noi conosciamo quanto impegno suole mettere il Gabinetto di Londra a fondare la propria azione diplomatica sovra un diritto incontestabile agli occhi di tutti. Ove dunque l'interesse generale della pace e della tranquillità dell'Oriente non sembrasse sufficiente motivo al Gabinetto britannico per pigliare U:Ui iniziativa tendente a migliorare le condizioni interne delle isole ottomane dell'arcipelago e sovratutto di Candia, rimarrebbe pur sempre a giustificazione della inziativa che il Governo inglese si assumerebbe, il testo preciso di un atto diplomatico anteriore al quale la Porta ottomana ha risposto sino dall'aprile del 1830 con una semplice ed incondizionata adesione.

Prima di chiudere questo mio dispaccio ml rimane una sola avvertenza a fare.

Noi non vorremmo che le entrature confidenziali delle quali io la incarico fossero considerate come un passo suggeritoci da altra considerazione che quella dell'interesse che dividiamo coll'Inghilterra pel mantenimento del riposo e della tranquillità in Europa. Epperò è bene ch'Ella sappia che l'iniziativa che noi prendiamo di queste entrature presso il Gabinetto di Londra è tutta nostra, affinché, ove ne ravvisasse la necessità, Ella possa affermare risolutamente che i passi dei quali Ella è incaricata sono spontanei e non suggeriti

o raccomandati da altri Governi. Essi ebbero origine dalla mia conversazione con Sir A. Paget.

Così stando le cose, la S. V. comprenderà facilmente che da noi si annetta una speciale importanza a mantenere a queste pratiche il loro carattere essenzialmente confidenziale e riservato finché almeno non si conosca il modo col quale le medesime verranno accolte dai Ministri di S. M. Britannica.

(1) -Analogo dispaccio venne Inviato In pari data a Monaco e Stoccarda. Per le risposte cfr. nn. 148, 155 e 160. (2) -Cfr. n. 104. (3) -Con R. 61 del 15 febbraio, non pubblicato.
129

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 450. Firenze, 23 febbraio 1869.

La ringrazio infinitamente del rapporto (l) col quale la S. V. in data del 12 corrente mi rende conto di un colloquio avuto con S. E. il Ministro imperiale degli Affari Esteri circa gli armamenti francesi che si fanno in Civitavecchia. Approvo l'uso prudente che Ella ha fatto delle informazioni che Le erano state somministrate da questo Ministero al riguardo. Ella ottenne per tal guisa ·che il signor Marchese di La Valette si esprimesse con Lei in termini pei quali dovremmo essergli riconoscenti. Non vorrei tuttavia che la S. V. credesse che le informazioni ricevute dal Governo del Re sul concentramento di un considerevole materiale da guerra francese in Civitavecchia fossero state smentite da ulteriori notizie pervenute a codesto Ministero. È anzi avvenuto tutto l'opposto. Sono oggi in possesso d'una lettera di Civitavecchia della quale trovo utile trascrivere qui appresso un brano importante.

«Furono fatti evacuare, dirigendoli a Corneto e ad altre prigioni dello Stato moltissimi galeotti onde valersi di parte del bagno e depositarvi grosse artiglierie di posizione e di campagna coi rispettivi attrezzi, munizioni, carri, sellerie e bardature per i cavalli. Ecco copia della nota delle munizioni e delle

armi depositate in Civitavecchia: Mortai d'assedio di 24 pollici N. 48 Mortai di campagna di 12 pollici N. 36 Pezzi d'assedio in bronzo rigati da 18 N. 64 Pezzi d'assedio in bronzo r,igati da 16 N. 36 Pezzi d'assedio in bronzo irigati da 12 N. 48 12 batterie da 8 rigate N. 72 12 batterie da 8 rigate delle quali se~ composte di pezzi da 6 e le sei altre composte di pezzi di montagna di nuovo modeJlo altri pezzi N. 72 16 batterie di razzi, 24 mitrailleuses tutt'ora incassate, 258 casse di fucili Chassepot, 300 fucili da rempart a retrocarica.

La quantità delle munizioni già grandissima va sempre accrescendosi ad ogni giungere di qualche bastimento francese. Le conserve alimentari in iscatale di latta sono accatastate a centinaia di migliaia ed immenso è il numero delle casse di biscotti venute da Tolone. Sonovi pure quattro vastissime tettoie costrutte dai carpentieri francesi sotto le quali sono ammucchiate grosse e pesanti ~casse delle quali si ignora il contenuto».

Chi dà tutti questi ragguagli fa per ultimo notare che i doni di armi munizioni e polvere che i cattolici fanno al Papa, sono sbarcati a Civitavecchia con grande pubblicità e tosto trasportati al Castel S. Angelo di Roma. Il materiale riunito in Civitavecchia apparterrebbe invece all'ese.rcito francese (1).

Questi ragguagli, signor Ministro, io comunico a Lei affinchè Ella conosca le informazioni ricevute da questo Ministero e possa opportunamente prenderne norma per regolare il proprio linguaggio.

È bene ch'Ella sappia del pari che le numerose reclute pontificie che settimanalmente ritornano in Francia o negli altri paesi di loro origine non sogliano ottenere che un congedo limitato attalchè ove il Governo pontificio stimasse di dover mettere sotto le armi un contingente più numeroso dell'ordinario, lo potrebbe sol che chiamasse sotto le armi anche tutti quei volontari che si sono portati alle case loro. Si calcola pertanto che un considerevole rinforzo potrebbe essere dato all'esercito pontificio che raggiunge già al presente la cifra veramente esagerata di 16 mila uomini.

Queste cose è bene ch'Ella conosca acciocchè all'occorrenza Ella possa mostrarsi perfettamente al corrente di ogni particolarità relativa agli armamenti che si accumulano in Civitavecchia ed alla estesa organizzazione che si è data a quell'esercito ,pontificio che avrebbe dovuto essere mantenuto nelle proporzioni necessar,ie per la tutela deU'ordine pubblico inte·rno dei paesi soggetti al dominio della Santa Sede.

Non è dunque nostro intendimento ch'Ella abbia a rinnovare richiami sovra questo argomento. Desideriamo solo ch'Ella tenga presenti queste cose per dimostrare come male si provveda in Francia a coadiuvare all'opera da noi felicemente oramai compiuta di rappacificare gl~ animi e di ricondurre gli spiriti a più giusti ed a più moderati consigli.

Il --Documenti diplomatici -Serk I -Vol. XI

(l) Cfr. n. 94.

(l) Queste notizie furono comunicate anche a Maff.ei con D. 144, pari data, non pubblicato.

130

VITTORIO EMANUELE II

AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Firenze, 25 febbraio 1869, ore 11,20.

Reçu rapport <2) et contre projet sur le quel on est à peu près d'accord sauf quelques accidents a préciser. Au point où en sont les choses il est necéssaire de faire intervenir Nigra vu que les affaires prennent maintenant un caractère officiel. D'accord avec le président du conseU dites Nig,ra qu'il parte au plus tot pour Florence faisant un détour pour l'Allemagne sous prétexte de voir son fils. Après avoir parlé avec lui nous arriverons à une conclusion définitive.

131

IL CONTE VIMERCATI A NAPOLEONE III (3)

L. P. Parigi, 25 febbraio 1869.

Je n'ai jamais eu d'ambition personnelle, mais j'en ai une très grande pour les destinées de mon pays, la pensée que V. M. Impériale puisse montrer à la France et à l'Europe l'Italie reconnaissante m'exalte au point que je ne puis m'empécher d'annoncer moi-méme à l'Empereur l'acceptation par le Roi du traité d'alliance.

Je me permets d'envoyer à V. M. Impériale une copie du télégramme (2) que je viens de recevoir à l'instant.

132

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (3)

T. Parigi, 26 febbraio 1869, ore 22 (per. ore 23.50).

Empereur très satisfait remercie Votre Majesté. Nigra partira promptement, suivant indication portera projet traité à trois, sur bases convenues, sauf accidents à préciser dont parle votre dépéche dernière (4). Demain détails plus précis.

(-4) Cfr. n. 130.

(l) Da ACR, ed. ln Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. II, p. 1400.

(2) -Cfr. n. 121. (3) -Da ACR.
133

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 359. Berlino, 26 febbraio 1869 (per. il 7 marzo).

Certains organes de la presse allemande ont nouvellement mis sur le tapis des proj.ets de confédèration du Sud. L'un de ces projets émanait du MittelPartei en Bavière. Ce parti voulait une organisation qui eut amené un rapprochement avec la Prusse et l'Autriche. Ce serait à ses yeux une garantie solide de la paix: car une entente entre les Cabinets de Berrlin et de Vienne isolerait d'une part la Russie, et enlèvrai:t à la France un joint quelconque pour s'immiscer dans les affaires de l'Allemagne.

Cette combinaison a été qualifiée d'impraticable et d'utopique par le Prince de Hohenlohe. «L'Autriche disait-il, n'accepterait jamais franchement les résultats de ses défaites en 1866, et profiterait de la première occasion favorable pour tout remettre en question; d'un autre còté le Comte de Bismarck ne verrait jamais dans le Mein une limite infranchissable ».

Il a été également parlé d'un autre projet plus conforme au Traité de Prague, et sur Jequel les Cabinets de Munich et de Stuttgard négocieraient un accord qui aurait toute chance d'aboutir. Mais la situation, d'après tous les renseignements que je me suis procurés, est la meme que le 17 décembre, date oli le Ministre Varnbtiler prononça à la Chambre des députés de Wlirtemberg un discours qui produisdt quelque sensation. A son avis, le Slidbund était une impossibilité. Les traités d'alliance et d'Union douanière combleraient la mesure nécessaire à l'effet de remplir tout devoir national vis-à-vis de la patrie commune. Il n'y avait alors comme aujourd'hui aucun motif de faire un pas de plus. Une confédération du Sud comporterait un pouvoir centrai, un parlement. Elle devrait avo,ir une compétence non inférieure à celle de la Confédération du Nord. Or, le cercle d'action serait non seulement singulière,ment retréci pour le Wurtemberg, mais U se trouverait en minorité. Au reste, les vues bien connues du Grand-Duché de Bade forment à elles seules un obstacle à de pareilles velléités. Il veut, on le sait, l'union nationale de toute l'Allemagne.

Ce dernier plan est trop vaste pour ètre réalisé dans les circonstances actuelles. Avant d'arriver à ce but, il faudrait en des temps tranquilles bien des transitions. Les idées unitaires font, il est vrai, quelque progrès dans l'esprit des populations, mais nous sommes loin encore de cette unanimité requise pour que la Prusse puisse donner une portée pratique au point de vue développé par le Comte de Bismarck dans une dépéche circulaire du 7 Septembre 1867: «Nous voulons éviter, écrivait-il, toute pression, toute insistance; mais si toute la nation allemande voulait l'unité, aucun Gouvernement ni aucun homme d'Etat ne serait assez fort pour pouvoir l'empècher et n'aurait je ne sais si je dois dire assez de courage ou de pusillanìmité pour pouvoir l'empécher ». Une agression ìnjuste de la France accélérerait seule ce mouvement. L'initiative d'une attaque ne vìendra pas du còté de la Prusse. Le Roi semblait

taire allusion à ces circonstances en disant tout dernièrement à un diplomate étranger en présence du Prince Royal et du fils de ce dernier: << L'Union entre le Nord et le Sud s'opérera parce que la force des choses y pousse. Mais je ne sais si ce fait s'accomplira de mon vivant et mème sous le règne de mon

· fils; il ne sera peut-etre réservé qu'à mon petit-fils d'en étre le témoin ». Pour le moment après avoir pris ses garanties, par la conclusion des Traités d'alliance offensive et défensive, le Cabinet de Berlin s'abstient soigneusement de preter le flanc à ses adversaires par une modification du status-quo. En agissant autrement, il nuirait à ses propres convenances toutes dirigées à consolider l'état des choses dans le Nord de l'Allemagne. Et quand il est obligé de donner signe de vie au delà du Mein, c'est presque à son corps défendant et sur des instances réitérées. Ainsi a-t-il procédé vis-à-vis de Bade pour l'accomplissement réciproque du service militaire dans les deux Etats. Depuis plusieurs mois la commission militaire qui avait siégé à Munich lui avait communiqué ses travaux. Sa réponse n'a été préparée qu'avec beaucoup de lenteur. D'après les informations, un peu sujettes à caution, de la Légation d'Autriche, cette réponse devrait étre expédiée prochainement. Le Gouvernement Prussien proposerait qu'une Commission des Etats du Midi, où il ne siègerait pas, fut chargée de l'administration du matériel indivis des forteresses méridionales, mais il aurait de son còté, droit d'inspection sur ce matériel dont il est co-propriétaire, de méme que les Etats du Sud auraient le méme droit d'inspection sur le matériel à Mayence. Ce ne serait pas un comité dont on se préoccupait à Paris comme devant étendre son action, ainsi qu'autrefois celui de Francfort lors de la Diète germanique, à tout le système défensif de l'Allemagne. Ce serait une transaction, et une concession faite aux vues ombrageuses de la France. Gette combinaison serait, il est v.rai, un nouveau pas, quelque peu marquant qu'il soit, vers l'assimilation. Mais du moment où l'indivisibilité du matériel était admise et méme désirée .par les Etats du Midi, la Prusse avait également des intérets à faire valoir et qu'elle sauvegarderait ainsi par le droit pur et simple d'inspection. Ce n'est pas à dire si le Comte de Bismarck se garde soigneusement, dans la limite du possible, de suivre un système de provocation vis-à-vis de la France, qu'il serait assez nai'f, si l'occasion se présentait, de ne pas tirer profit de conjonctures favorables de la politique. Ainsi dans les affaires de Roumanie et de Grèce, s'il s'est jeté pacifiquement en avant pour éteindre l'incendie pour les motifs que j'ai indiqués dans mon rapport N. 358 (l), il a observé une grande réserve dans l'incident des chemins de fer belges. Il est permis de supposer que cette attitude lui était conseillée, non seulement parce qu'on l'accusait à tort de connivence, mais surtout parce qu'il n'avait aucun intéret à empecher que le différend ne devint un casus belli. En effet ou l'Angleterre eut pris fait et cause pour la Belgique, et les alliés ne lui eussent pas manqué contre la France; ou l'Angleterre restait inactive, et alors, en cas de guerre entre la Belgique et la France, la Prusse aurait pu jouer un ròle des plus avantageux, car la Belgique serait peut-ètre devenue un objet de compensation, une prime offerte à l'ambition française à la condition de se désinté

resser en Allemagne. V. E. se souviendra que ce ne serait pas la première fois que le Comte de Bismarck aurait fait miroiter cette idée à Paris. Avec sa façon peu scrupuleuse de procéder, il avaà.t fait en 1865 l'off.ice du diable tentateur en laissant à l'Empereur Napoléon carte bianche pour jeter le filet sur les provinces limitrophes où la langue française domine.

La situation n'en est pas encore venue à ce point à propos de l'incident beige, mais les considérations qui précèdent expliquent peut-etre la conduite récente de ce rude et madré jouteur. L'Italie n'a pa,s à redouter qu'il forme de tels projets de dédommagements atentatoires à son intégrité territoriale. Les intérets de la Prusse et de l'Allemagne dont il est un juste appréciateur, s'y opposeraient autant que notre attitude. Mais prudence est mère de sureté, et tout en maintenant les meilleures relations entre les deux Pays, j'ai oeil au guet.

Le Parlement de la Conférération est convoqué pour le 4 MaJ."s. La nomination du Général de Roon dans le comité des fortifications et de la Marine, de meme que la présentation d'un projet de loi pour transférer dans le budget commun le département des Affaires Etrangères, sont un acheminement vers un Ministère fédéral. Les postes diplomatiques près les Cours du Nord de l'Allemagne, de meme que ceux près les Cours du Sud seront maintenus comme Prussiens, et les représentants à Berlin des Etats du Midi resteront aocrédités, comme par le passé, après du Roi de Prusse comme tel et non comme Chef de la Confédération.

(l) Non pubblicato.

134

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. 148. Firenze, 27 febbraio 1869.

C'est avec une véritable satisfaction que j'ai appris par vos dernières dépeches l'excellent accueil que lord Clarendon a fait aux communications verbales dont je vous avais chargé auprès de lui relativement aux affaires de Tunis. S. S. se serait montrée disposée à prendre en considération les propositions que nous aurions été à meme de lui soumettre pour tirer ces affaires de la situation anormale dans laquelle elles se trouvent. Les changemens survenus en .A!ngleterre et en France dans les personnes qui dir.igeaient la politique étrangère de ces deux pays a causé dans les négociations qui avaient été entamées à ce sujet, une suspension dont les conséquences naturelles ont été d'a.ggraver de plus en rplus le mal auquel on s'était rproposé de remédier.

Pendant que les Cabinets des différens rpays qui ont des intérHs réels à protéger dans la Tunisie s'appliquaient à la recherche du meilleur moyen de mettre de l'ordre dans l'administration financière de la Régence sans toutefois rporter atteinte à la situation politique de ce pays, nous avons du constater que des arrérages de toute sorte s'accumulaient à la charge du Trésor tunisien, sans que le Gouvernement du Bey prit aucune mesure efficace pour satisfaire aux justes exigences de ses créanciers.

Nous avons malheureusement du nous convaincre que notre espoir n'aurait pas une base bien solide, nous attendions de l'initiative spontanée du Gouvernement de Tunis l'adoption de mesures efficaces pour rétablir le crédit financier de la Régence.

Si les renseignements qui nous sont parvenus sont exacts, il paraitrait que quelques occasions se seraient méme présentées au Gouvernement du Bey pour faire des opérations avantageuses aussi bien pour ses nombreux crèanciers de tous les pays que pour lui méme. Une difficulté se serait cependant toujours opposée à la réussite des ces opérations. Les maisons étrangères qui auraient bien voulu entrer en négociation avec le Gouvernement tunisien se montraient justement préoccupées de l'incertitude dans laquelle se trouvent les affaires financières de la Régence. Faute d'un budget réguUer dont l'examen puisse faire connaitre exactement la situation financière du Gouvernement du Bey, les capitalistes étrangers se sont adressés à différentes sources d'informations et ont obtenu des renseignements souvent contradictoires.

Nous avons suivi attentivement la marche de ces négociations, bien qu'elles n'eussent qu'un caractère privé, et nous avons pu nous convaincre que la mesure la plus urgente et la plus avantageuse à adopter à Tunis serait celle de proposer au Bey de dresser avec le concours de commissaires nommés par les Gouve.rnements intéressés, un bilan de la situation financière de son pays. Le travail aurait 'pour effet de faire connaitre les ressour,ces de la Tunisie et les charges qu'elle s'est imposées par ses contrats antérieurs, et servirait ainsi de base à tout projet qui pou.rrait étre ensuite examiné afin de pourvoir aux intéréts des nombreux créanciers étrangers de la Régence.

Vous comprenez bien, M. le Comte, que cette proposition, si elle avait la chance d'étre prise en considération par les autres Cabinets intéressés aurait pour effet de faciliter leur entente sur les mesures qu'il faudrait ensuite adopter pour assurer une bonne administration financière de la Régence. Les Puissances qui auraient enfin sous les yeux un travail exact sur la situation financière de Tunis, aviseraient aux meilleurs moyens de garantir les intérets de Ieurs sujets respedifs. II ne s'agirait, suivant nous, pour le moment, que de s'entendre pour demander au Bey l'institution d'une commission chargée de dresser le budget actif et passif de la Régence et de vaincre, d'un commun acco~rd, des ,résistances que le Gouvernement tunisien pourrait opposer à la réalisation de ce projet. A la commission tunisienne chargée de ce travail les Gouvernements intéressés adjoindraient comme de raison leurs délégués, afin que le travatl fait sous leur contròle eiìt un authenticité que autrement on se refuserait à lui reconnaitre.

Je vous prie, M. le Comte, de soumettre ~ces idées à l'appréciation de Lord Clarendon et de vouloir bien me fatre connaitre le plus tòt possible l'impression qu'elles auront produit sur l'esprit éclairé de Sa Seigneurie.

Les nombreux entretiens que vous avez déjà eus à ce sujet avec le principal Secrétaire d'Etat de S. M. la Reine me dispensent de répéter ici toutes les considérations qui nous font ajouter un prix tout particulier à ce qui peut contribuer au maintien de la situation politique actuelle dont la Tunisie est en possession. Il nous semble urgent de remédier à la situation financière de ce pays et nous croyons que pour cela il faille commencer par constater l'état actuel des finances de la Régence. Le droit des Puissances à intervenir dans une pareille affaire est fondé sur la déplorable ·condition qui a été faite jusqu'à ce jour aux créancie.rs de la 'Iunriste. Les créanciers étrangers réclament auprès de leurs Gouvernements respectifs afin que leurs créances soient respectées, afin que le Gouvernement du Bey maintienne les obligations qu'il a contractées. Le droit des Puissances à réclamer du Gouvernement tunisien des mesures effì'caces est incontestable en pareilles circonstances, et nous ne pensons pas que le Bey veuiHe opposer un refus à la demande que les Cabinets lui adresseraient collectivement afin d'obtenir qu'un budget régulier de la Tunisie puisse étre dressé avec leur concours et sous leur contròle.

Veuillez donner lecture et laisser copie de cette dépéche à Lord Clarendon en lui faisant remarquer que ces ouvertures, toutes confidentielles, n'ont pour but que de préparer par une entente entre l'Angleterre et l'Italie le terrain f.avorable à une négociation avec le Cabinet des Tuìleries et avec le Gouvernement tunisien.

135

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (l)

D. 25. Firenze, 27 febbraio 1869.

Les journaux de l'Europe se sont occupés dernièrement du discours que S. A. le Vice-Roi d'Egypte aurait prononcé en ouvrant la Session du Conseil des délégués du pays. Un passage de ce discours a particulièrement fixé notre attention parce que il y est fait allusion à des négociations auxquelles l'Italie a pris part. En pa;rlant de la réforme judiciaire qui intéresse à un très-haut degré toutes les grandes Puissances de l'Europe, Son Altesse se serait exprimée de la manière suivante:

« Connaissant votre ardent désir de voir se réaliser des réformes d'où résulteront d'immenses avantages pour tous les habitants de ce pays sans distinction de nationalité, j'ai la satisfaction de vous annoncer que j'ai obtenu l'adhésion de la plupart des grandes Puissances aux princ.ipes de la réforme judiciaire. Je ne puis que reme,rcier les Gouvernements qui m'ont promis leur concours, et j'espère obtenir bientòt celui du Gouvernement francais qui s'est toujours montré si sympathique pour les progrès de notre pays. J'ai lieu d'espérer qu'une Commission spéciale sera prochainement formée pour poser les bases de la nouvelle juridiction et définir ses attributions au grand avantage des parties intéressées ».

Ces paroles pourraient étre interprétées dans le sens que les grandes Puissances auraient déjà adhéré aux principes de la réforme judiciaire, telle qu'elle a été proposée dans le mémoire adressé par S. E. Nubar Pacha à S. A. le ViceRoi et communiqué ensuite aux différents Cabinets, et que la France seule ne se serait pas encore prononcée sur ce sujet.

Vous savez, monsieur, que cette interprétation serait tout à fait erronée. Par ma dépéche du 8 octobre 1868 n. 22 (2) je vous ai communiqué la réponse

(-2) Cfr. serie I, vol. X, n. 573.

que j'avais faite aux ouvertures dont S. E. Nubar Pacha avait été chargé auprès du Gouvernement du Roi. Cette réponse était de la teneur suivante:

« Je m'empresse de répondre à la lettre que V. E. a bien voulu me remettre le 2 de ce mois (octobre) relativement au projet de réunir une Commission internationale composée des délégués de toutes les Puissances intéressées afin d'arriver à un résultat pratique et satisfaisant en ce qui concerne les réformes législatives et judiciaires que S. A. le Vice-Roi se propose d'introduire dans ses Etats. Cette Commission aurait pour but d'examiner les garant,ies que, etc. »Cl).

Vous voyez donc, monsier, que le Cabinet de Florence n'avait contracté d'autres engagement que celui de prendre part à une Commission internationale qui se réunirait en Egypte pour étudier la question des réformes à introduire dans l'organisation judiciaire. Les principes de cette organisat.ion n'ayant jamais formé l'objet d'une négociation entre le Gouvernement du Roi et celui du Khédive, ils ne sauraient avoir obtenu une adhésion de notre part.

Dans une question aussi grave et dans laquelle des intéréts importants sont engagés, le Cabinet de Florence est fermement résolu à ne procéder qu'avec toute la pondération nécessaJre. Nous maintenons les engagements que nous avons pris; mais nous tenons à constater qu'au delà des limites de ces engagements nous n'avons pas à nous prononcer avant qu'une occasion favorable se présente d'exprimer notre opinion.

C'est dans ce sens Vous devez Vous prononcer avec S. E. M. le Ministre des affalres étrangères de S. A. le Vice-Roi en lui donnant lecture de cette dépéche et en lui laissant copie s'il la désire.

(l) -Ed. in LV 21, pp. 30-31.
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IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (2)

T. Parigi, 28 febbraio 1869, ore 14,20 (per. ore 18,30).

Emper,eur a fait dire à Nigra craindre son voyage fasse encore parler. Nigra est aux ordres du Roi. J'ai lu traité autrichien qu'on avait préparé séparément du nòtre. France s'engageait employer tous ses efforts pour amener Italie à une triple alliance, auquel cas Autriche consentait stipulat.ions en nòtre faveur qui étaient à sa charge. Actuellement tout est suspendu pour faire traité à trois sur le méme pied. Alliance est faite en vue événements Orient et Occident. France et Autriche prendront engagement employer leurs efforts acceptation modus vivendi et ainsi qu'à marcher d'accord avec Italie pour nouvelle éléction Pontife. A mon avis, avant signature on devrait établir dans quelle mesure France et Autriche entendent agir près Cour romaine pour acceptation modus vivendi. Echange idées préalables nécessaire aussi en vue conclave; est indispensable que l'Italie ressente influence bons rapports avec les alliés avant la connaissance du traité.

(l) -Cfr. serie I, vol. n. 566. (2) -Da ACR.
137

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Firenze, 1° marzo 1869, ore 12,45.

Ferai commission ministre finances. Convient que Nigra parte au plus tòt. Fera,i publier sur journaux mouvement diplomatique et que Nigra veut etre envoyé en Angleterre, plus tard; qu'il est arrivé ici pour cela.

138

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 864. Firenze, 1° marzo 1869, ore 14,50.

M. de Malaret m'a lu hier une dépeche du 26 du marquis de Lavalette, par laquelle on le charge de me notifier l'instance du Gouvernement du Saint Siège pour que la commission de liquidation de la dette pontificale soit convoquée au plus tòt à Rome. Avant de répondre à cette demande veuillez faire connaitre au marquis de Lavalette les motifs qui nous font désirer que le siège de la commission soit à Florence au lieu de Rome, ainsi que je vous l'ai expliqué par ma dépeche du 19 février (2).

139

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. V. Firenze, 1° marzo 1869.

Ella troverà qui uniti due esemplari manoscritti di una memoria relativa ai diritti che la potestà civile può esercitare in occasione di un concilio ecumenico secondo il dirUto canonico e la storia della Chiesa (3).

Questa memoria è dovuta alla penna di un dotto prelato che occupa un posto distinto nella gerarchia ecclesiastica.

Desidererei che la S. V. rimettesse in proprie mani di S. M. l'Imperatoil.'e uno degli esemplari qui uniti chiamando l'attenzione di Sua Maestà sovra un lavoro che nelle circostanze del momento mi sembra degno di tutta l'attenzione di un Sovrano cattolico così illuminato e così desideroso del bene della Chiesa e del progresso della civiltà.

La lettura che la S. V. potrà prendere dello scritto sovra mentovato, la metterà forse in grado di parlare con S. M. l'Imperatore delle materie in esso trattate e così di esplorare gli intendimenti suoi intorno ad un argomento di tanta importanza. Quando ciò fosse, la pregherei di volermi far conoscere quali sieno questi intendimenti perocché grandemente interessa all'Italia di essere tenuta informata del contegno probabile che gli altri Governi assumeranno nell'occasione ora non molto lontana della riunione a Roma di un Sinodo cattolico universale.

(l) Da ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. Il, p. 1398.

(2) -Cfr. n. 113. (3) -Opera del canonico Tosi, cfr. in proposito MORI, pp. 397-398.
140

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 361. Berlino, 1° marzo 1869 (per. il 7).

Le Comte de Bismarck m'a fait appeler chez lui ce matin.

Quoique malade, il avait tenu à me voir pour m'annoncer, lui-méme, que le Comte d'Usedom venait d'étre mis en disponibilité. Cette mesure n'a aucune signification politique. Il était bien aise de m'en donner l'assurance, pour prévenir les commentaires auxquels les journaux ne manqueront pas de se livrer à cet égard. Depuis longtemps il avait travaillé l'esprit du Roi pour le prédisposer à rappeler cet Agent diplomatique, qui, dans sa gestion particulière des affaires, ne lui inspirait pas assez de confiance. Les documents s'égaraient à sa Chancellerie, le dictionnaire des chiffres était mal gardé. Au lieu de se servir des employés de sa Légation, il avait recours à des Secrétaires particuliers, dont le choix n'était pas des plus heureux. En quelques circonstances, il se serait donné l'apparence, au moins, que le sentìment du devoir n'était pas assez fortement enraciné chez lui. En outre, on ne saurait d'aucune manière approuver certaines relations qu'il entretenait à Florence avec des membres du parti d'action, pour se donner l'air d'ètre au courant de leurs faits et gestes. Au demeurant, c'était un bon garçon, agréable causeur, mais nullement approprié à une mission de cette importance. Déjà, lorsque le siège du Gouvernement était encore à Turin, S. E. avait essayé de déplacer ce diplomate, mais le Roi Guillaume avait hésité, ou à lui donner une autre destination, ou à le mettre en disponibilité.

Au reste, pour nous prouver de plus en plus que le changement du chef de la

Légation Prussienne ne touche en rien nos excellents rapports, le Comte de Bi

smarck avait proposé, à Sa Majesté de nommer au poste de Florence le Comte

Brassier de St. Simon. Ce dernier nous sera sans doute persona grata, puisqu'il

avait emporté les meilleurs souvenirs de notre Pays, et qu'il ne s'était mis en

opposition directe avec aucun de nos hommes d'Etat, y compris le Général de La

Marmora. «II est un peu vieux, ajoutait S. E., mais il préfèrera sans doute de

beaucoup terminer sa carrière en Italie qu'en 'l'urquie ».

Le Roi n'a encore pris aucune décision sur le choix du Comte Brassier, mais

jusqu'ici il n'a du moins fait aucune objection (l).

J'ai remercié le Comte de Bisma,rck de cette communicatiòn. Je lui ai dit en meme temps que nous connaissions trop bien ses dispositions amicales, pour en douter un seul instant, lors meme qu'il ne m'eut pas donné toutes ces explications. Je savais d'ailleurs que, prévoyant le rappel du Comte d'Usedom, il avait autorisé

M. de Thile à me parler de cette éventualité. J'avais déjà transmis bien des détails à ce sujet, en voie pr.ivée, à V. E., qud était ainsi déjà préparée à cette nouvelle. Il ne m'appartenait pas, et meme il me répugnerait exprimer un blame quekonque sur le Comte d'Usedom, dont les intentions n'avaient cessé de nous etre favorables, lors meme que des fautes eussent été commises, par excès de zèle ou de tempérament trop passionné. Mais, du moment où le Cabinet de Berlin jugeait à propos d'opérer une mutation, je croyais en effet que le successeur suggéré par S. E. rencontrerait nos suffrages, car nous n'avions pas oublié le ròle très méritoire qu'il avait rempli dans des circonstances les plus épineuses. Au reste, la dépeche ministérielle N. 113 (1), sur un arbitrage pour l'affaire du pyroscaphe le Principe di Carignano, démontrait à elle seule combien nous savwns apprécier son caractère: sans nous en douter, nous lui ménagions ainsi un nouveau titre de bienvenue en Italie.

Le Comte de Bismarck: m'a prié de lui la,isser cette dépeche. Il prendra l es ordres du Roi.

En attendant, nous sommes convenus des termes dans lesquels je télégraphierai à V. E. à propos du Comte d'Usedom (2). Officiellement parlant, il est convenu de dire qu'il a demandé et obtenu sa mise en disponibilité.

Ci-joint une lettre particulière.

Je confie cette dépeche à un courrier prussien qui arrivera à Florence vendredi. M. Longo m'a remis hier au soir son expédition. Il repart ce sorir pour Bruxelles et Paris, avec les dépeches que j'avais déjà préparées et qui arriveront avec quelque retard à destination, vu le long itinéraire tracé à ce courrier de Cabinet.

(l) Brassler venne effettivamente nominato ministro a Firenze ed il Re dette il suo gradimento il 16 marzo (t. 871 di Menabrea, non pubblicato).

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 362. Berlino, 1° marzo 1869.

Dans l'entretien que j'ai eu aujourd'hui avec le Comte de Bismarck, je lui ai réitéré notre satisfaction des échanges de sentiments d'amitié et de confiance que nous avons échangés avec le Cabinet de Berlin à l'occasion de la crise GrecoTurque. On ne pouvait nier cependant que le malaise continuait à régner en Europe et meme une certaine agitation.

«Agitation artificielle, répondait le Président du Conseil, nous en avons eu

la meilleure preuve à propos de l'incident des chemins de fer Belges. Les popu

lations ont su résister aux excitations de la presse officieuse à Paris. Non pas que

je veuille accuser l'Empereur Napoléon d'avoir trempé de loin ou de près dans cette campagne de journaux. Elle n'est que le fait peut etre de spéculations de bourse, et surtout j'y ai vu la main de ceux qui par excès de zèle, ou pour tout autre motif, se font forts d'interpréter à faux la pensée intime de S. M. Impériale, qu'ils ne connaissent nullement. Dans tous les cas l'impassibilité de la grande majorité de l'opinion publique en présence de ce bombardement belliqueux, ne sera pas, il faut l'espérer, une leçon perdue. M. de La Guerronnière et consorts auront du s'apercevoir, à moins qu'ils ne soient incorrégibles, qu'ils ont fait fausse route.

On a voulu meler le nom de la Prusse à ces intrigues. Ce serait odieux, si ce n'était ridicule. Le Souverain en France a trop de perspicacité pour élever un pareil soupçon. Il sait que nous ne désirons point la guerre, mais que si on nous provoquerait nous l'accepterions à regret, mais avec confiance dans notre cause et dans notre armée. Qui sait, soit dit entre parenthèse, si à Paris comme en 1866 un certain parti ne tombe point dans la meme erreur de dépréciation, de calculs inexactes, sur les forces qui sont à notre disposition. Napoléon III sera mieux avisé. D'un autre còté s'il y était forcé par les circonstances, il n'entàmerait pas la lutte immédiatement vers le Rhin. Il ne peut se faire l'illusion de croire à des sympathies de nos provinces limitrophes qui sont et veulent rester allemandes. Le danger serait plutòt du còté de la Belgique, mais alors on ne procéderait pas en criant d'avance ses projets sur les toits. On agirait par surprise en prenant ce Royaume comme un gage, comme une nouvelle consécration du principe bien ou mal interprété des nationalités. Quand on serait en propriété de ce gage, la France se mettrait dans la position avantageuse d'attendre qu'on vint de lui disputer, en prenant ainsi les apparences d'un ròle défensif. Tel serait peut-etre le plan de la France. Lorsque cette éventualité se présente,rait, les puissances prendraient parti selon leurs intérets. Mais, je le répète, on ne nous attaquera pas de front. Si on commettait cette faute, il serait peu présumable que l'Europe resterait l'avme au bras, car le danger d'une France victorieuse, et devenant une puissance trop prépondérante sur le Continent, réveillerait meme l'Angleterre de son apathie. Au reste j'ai lieu de penser que nous pourrions compter sur l'Amérique du Nord, circonstance qui doublerait notre force de résistance, en établissant un certaln équilibre maritime. Quoi qu'il en soit, je ne saurais trop insister sur ce fait, et c'est pour moi, indépendamment des aspirations pacifiques dans l'opinion publlque, une garantie rassurante, à savoir le fait que l'Empereur Napoléon n'est nullement chauvinlste de sa nature, et qu'il fera tout ce qui dépend de lui pour éviter la guerre».

Il n'avait jamais attaché foi aux élucubrations de certains journaux sur une prétendue alliance entre l'Italie et la France. Il ramenait, comme vous, M. le Comte, tous ces bruits aux meme causes indiquées dans la dépeche de V. E.

N. 115 (1).

J'ai proHté de l'occasion pour lui parler des al[usions faites dans son discours relatif au séquestre des biens de l'ex-roi de Hanovre, à des révélations de notre part sur la campagne du 1866 (dépeche N. 112) (2). Il m'a déclaré de la

manière la plus formelle, qu'il n'avait nullement entendu par là inculper la discrétion de notre Chancellerie. En prononçant ce discours, il n'avait eu en vue que les brochures publiées par le Général Lamarmora, par M. Jacini et par M. Bonghi. Quant à l'administration surtout de V. E. il 1ui rendait pleine justice.

Je transmets, currenti calamo, ces détails sur une conversation que je n'ai pas voulu prolonger outre mesure, car le Comte de Bismarck était visiblement souffrant.

Vous remarquerez, M. le Comte, que selon son habitude, il s'est montré moins défiant sur la situation que ne l'est d'ordinaire son Sous-Secrétaire d'Etat. Est-ce parti pris de ne pas découvrir le fond de sa pensée sur la question de paix ou de guerre, ou bien est-ce le sentiment nature! de celui qui ne craigne pas le moment de la lutte, si elle devait jamais s'engager, qui le porte à parler de ce sujet sans trop de préoccupations? Dans tous les cas je sais que d'ici aux élections générales en France on ne s'attend, à moins d'imprévu, à aucune de ces complications d'où dépend le repos du monde.

Un point qui mérite aussi notre attention, c'est son aveu sur la part qu'il attribuerait aux Etats-Unis d'Amérique en cas de conflit. Si on ajoute à ce concours celui, à mon avis bien plus certain, de la Russie, le partage des forces serait à l'avantage de la Prusse, mème si l'Autriche voulait démasquer ses batteries. Et mème, d'après l'avis du Comte de Bismarck, le Cabinet de Vienne ne devrait pas ètre très enclin à courir l'aventure avec la France, dont elle subirait le sort en cas de défaite, et dont elle subirait la loi en cas de victoire. Quant à l'Angleterre je me réfère à l'opinion qu'il a émise sur son attitude en pareille conjoncture.

Ces combinaisons sont très conjecturales. Aussi me suis-je bien gardé d'y piacer le nom de l'Italie, sauf pour la part qui lui reviendrait pour une action dévouée avant tout à prévenir autant qu'il peut dépendre d'elle, une catastrophe.

(l) -Non pubblicato. (2) -T. 1413, pari data, non pubblicato. (l) -Cfr. n. 126. (2) -Non pubblicato.
142

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 82. Vienna, 1° marzo 1869.

Il Signor di Steege, che ho vedu,to ieri e che parte oggi per Bucarest, mi ha comunicato sotto le più grandi riserve, che il Duca di Gramont aveva suggerito al Conte di Beust di chiedere di sottoporre ad una Conferenza delle Grandi Potenze la questione delle Capitolazioni consolari in Rumenia.

m Cancelliere dell'Impero ha, a quanto egli mi disse applaudito assai al concetto; ma vorrebbe che fosse il Gabinetto rumeno che provocasse simile misura. Mi sembra che il Signor Steege dubiti molto che il suo Gove,rno vorrà fare simile proposta.

Il Barone di Werther, che vidi ieri sera ed al quale tenni parola di questa proposta, la conosceva perfettamente e l'approvava personalmente.

Io poi debbo ringraziare la E. V. dell'ultimo dispaccio (l) che Ella si è compiaciuta indirizzarmi. Dalla lettura di esso e dalla lettura d:i quello su questo argomento diretto da Lei al nostro Incaricato d'Affari a Londra (2) sono perfettamente messo in chiaro degli intendimenti del R. Governo, ed Ella può essere sicuro che conformerò la mia condotta alle di Lei istruzioni. Soltanto sono assai rammaricato di essermi così male espresso nel mio rapporto (3), se ho potuto far generare in Lei U sospetto che il Gabinetto austriaco e più specialmente il Conte Andrassy vogliano sollevare la questione Transilvana e promuovere dei mutamenti in Oriente. Il Conte Andrassy ed i suoi colleghi non vogliono solleva,re la questione vogliono eliminarla e si dichiarano risoluti a non !asciarla anzi sollevare. Essi non domandano meglio che di vedere rafforzarsi il Governo del Principe Carlo, non ambiscono ingrandimenti e mutamenti territoriali, vogliono soltanto impedire che il fuoco divampi in loro casa ed in questo proposito io posso assicurarli, Signor Ministro, che sono risoluti a qualunque rischio.

Io credo di dovere insistere su questo punto perché questa questione è un punto scuro che minaccia la pace di Europa se il senno dei Governi Europei non saprà dissiparla dall'orizzonte.

143

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 3. Belgrado, 1° marzo 1869 (per. il 7).

La condizione politica della Servia sfuggì nel mese ora scorso alle agitazioni che conturbarono altri Stati orientali. Il buon risultamento della conferenza di Parigi, alla quale è dovuta la gloria di avere appianato o protratto il grave dissidio insorto fra la Grecia e la Turchia, fu accolto con grande soddisfazione dal Governo serbo, del quale fu così interamente giustificata la prudente condotta; mentre dalla fazione a lui contraria gli si lanciava l'accusa di non avere sporta la mano a chi volea combattere il nemico comune. Ebbi ad avvedermi in quest'occasione, com'ebbi ad osservare altre volte ed in altri luoghi, quanto siano insufficienti le cognizioni di fatto, e con quanta storditezza, direi quasi, si addivenga da questi governi a risoluzioni di un interesse tale, che in esse si agita forse l'intero avvenire della nazione. Così, mentre la Servia dichiarava, come a V. E. fu scritto da chi mi precedette in questa missione, non volere e non poter permettere che la Turchia schiacciasse la Grecia, erano da questi uomini di Stato ignorate in tutto le condizioni militari del futuro alleato, ignorato il numero, l'armamento, la forza di coesione, la formazione dei quadri dell'esercito greco, e la somma di resistenza che da esso poteasi aspettare.

La tassa consumo, intorno alla quale scrivevo nel precedente dispaccio, fu decretata, come lo supposi, per sovvenire alle spese necessarie a trasformare le armi a fuoco. Mi fu assicurato che il prodotto di essa sarà sufficiente nel primo

anno a provvedere alla trasformazione di sessanta mila fucili. Finora sonvene in pronto ventinove mila, del sistema Green; diconmi averlo condotto a maggior perfezione ed ottenere con mirabile giustezza di tiro, nove colpi al minuto; per sicuro v'è dell'esagerazione in quest'ultimo ragguaglio.

Non stannosi contenti a ciò, e studiano ora il sistema adottato in Russia. Si provvede in questo momento a vestire sessanta mila uomini della milizia, ed il denaro a ciò necessario è preparato.

Dev'essere noto al Governo del Re che al Montenegro furono dalla Servia fornite armi di precisione, otto cannoni rigati, due milioni di capsule e altre munizioni di guerra. L'uso delle nuove armi è insegnato ai Montenegrini da ufficiali serbi colà inviati. Quest'affare delle nuove armi sarebbe di grave danno ai popoli orientali, quando insorgessero contro la Turchia; è impossibile far penetrare nell'interno l'istruzione necessaria a servirsene; ciò non basterebbe; e, come succedette in Servia, si durerebbe fatica ad infondere al Bosniaco, all'Albanese ed al Bulgaro assuefatti ai loro lunghi fucili la voluta fiducia nei novelli meccanismi. Le popolazioni insorgenti sarebbero facilmente distrutte; e, più probabilmente, la condizione loro avvenire sarebbe affidata alle armi di potenze condotte da interessi forse contrarli ai loro. Da questo lato eziandio sarebbe quindi a desiderarsi che la crisi ritardi a scoppiare.

Notasi la persistenza di clandestini intrighi russi, specialmente nei confini militar,i dell'Austria. La Servia non teme, diceami il Signor Ristitch, di dover lottare sul terreno delle influenze colla Russia, e solo temerebbe di essa quando un esercito russo dovesse soccorrere a mano armata i cristiani dell'Oriente combattenti e sconfitti. Il Governo attuale mantiensi in buoni e cordiali relazioni col vicino reame d'Ungheria, ed agli Slavi che ricercano il suo ajuto contro i magiari, risponde che userà ogni mezzo morale per vedere migliorata la loro condizione, ma essere determinato a non metter in dimenticanza gli obblighi che songli imposti dalle leggi del diritto deille nazioni.

(l) -Cfr. n. 114. (2) -Cfr. n. 120. (3) -Cfr. n. 71.
144

PROGETTO DI TRATTATO (l)

[Parigi, 1° marzo 1869] (2).

Convaincus de l'identité de leurs intérèts, animés du mème désir de maintenir et de consolider par tous les moyens en leur pouvoir la paix en Europe et décidés à unir leurs efforts pour empécher que cette paix ne soit troublée, S. M. l'Empereur d'Autriche, Roi de Hongrie; S. M. l'Empereur des Français; S. M. le Roi d'Italie; ont arrèté directement les articles secrets suivants:

Article 1er

Les trois Souverains s'engagent à suivre dorénavant une politique commune dans les questions diplomatiques qui pourront se soulever en Europe.

Article 2

Leurs Majestés contractent entre elles une alliance offensive et défensive et se garantissent réciproquement l'intégrité de leurs territoires respectifs.

Article 3 Si, malgré leurs efforts, la guerre éclatait, les trois Souverains s'engagent à se preter le concours de leurs armes. Une convention spéciale et secrète réglera le mode et les conditions de ce concours.

Article 4 Les trois Souverains ne pourront traiter avec d'autres Puissances et régler toutes questions de compensations et de remaniements territoriaux éventuels que d'un commun accord.

En foi de quoi, le présent traité, en raison de son caractère secret, a été revetu directement de nos signatures et du sceau de nos armes, en trois exemplaires qui seront échangés sans délai.

Fait à Vienne le

Fait à Paris le

Fait à Florence le

ALLEGATO

PROGETTO DI CONVENZIONE (l)

En exécution de l'article 3 du traité d'alliance offensive et défensive par eux contracté, S. M. l'Empereur d'Autriche Roi de Hongrie, S. M. l'Empereur des Français, et S. M. le Roi d'Italie, ont arreté la convention spéciale suivante:

Article 1•r La France et l'Autriche promettent à l'Italie de faire tous leurs efforts pour faire adopter par la Cour de Rome le Modus Vivendi dont les bases ont été communiquées au Gouvernement Français par le Gouvernement Italien.

Article 2 La France et l'Autriche promettent de s'entendre avec l'Italie sur l'attitude à prendre dans le Concile Oecuménique et pour l'élection du successeur de Pie IX.

Article 3 En cas de guerre, l'Italie s'engage à fournir à ses alliés une armée d'environ deux cent mille hommes de toutes armes.

Article 4

Les frais de la guerre seront avancés à l'Italie par les deux autres puissances. Ces frais seront recouvrés sur l'ennemi ou seront supportés par la France et par l'Autriche.

Article 5 Les trois Puissances sont placées sur le pied d'une égalité parfaite pour la direction de la guerre et des affaires communes. Les trois Souverains concerteront entre eux les mesures les plus propres à leur défense commune, et prendront les dispositions stratégiques convenables, selon que la guerre éclatera dans tel ou tel pays.

Il est reconnu dès à présent que la France et l'Autriche devront employer avant tout leurs forces militaires à protéger leurs territoires respectifs. Elles ne devront quitter ces positions que lorsque la sécurité de leurs frontières se trouvera garantie par le caractère ou par les événements de la guerre.

Artide 6 Si le sort des armes favorise les alliés, l'Autriche consent à céder à l'Italie le Tyrol Italien et à fixer pour limites des deux Etats la ligne suivante ... Cette cession sera faite sous la condition que l'Autriche obtiendra, en dehors de l'Italie, une compensation équitable.

Article 7 L'Italie aura la faculté de créer, dans l'intérét de son commerce, un établissement maritime, sur les c6tes de Barbarie, dans la régence de Tunis.

Article 8 Les trois Souverains prennent l'engagement forme! de respecter la neutralité de la Suisse. Si toutefois cette neutralité étàit violée par la Suisse elle-mème, les frontières de l'Italie, en cas de victoire, pourraient ètre rectifiées par l'annexion du canton du Tessin. En foi de quoi, la présente convention spéciale, en raison de son caractère secret, a été revétue de nos signatures et du sceau de nos armes, en trois exemplaires qui seront échangés sans délai. Fait à Paris, le Fait à Vienne, le Fait à Florence, le

(l) -Da ACR, ed. in ONCKEN, vol. III, p. 132, e in Origines diplomatiques, vol. XXIII, p. 407. (2) -Annotazione a margine: «Remis par le Min!stre d'Etat le 2 Mars 1869 ».

(l) Da ACR, ed. in ONCKEN, vol. III, pp. 132-134 e in Origines diplomatiques, vol. XXIII, pp. 408-409.

145

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II <l)

T. Parigi, 2 marzo 1869, ore 11.

Nigra partira aussitòt que piecès seront prètes. Je me permets observer que publication journaux du déslr Nigra aller Londres (2) ferait mauvais effet, on s'explique mal ce désir, sachant que personne ne pourrait mieux que lui servir son pays près de l'Empereur.

Dites président du conseil télégraphier Nigra me laisser pendant son absence un chiffrant pour pouvoir communiquer avec ministre affaires étrangères. Ministre d'Etat le désire.

146

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II <l)

T. Parigi, 3 marzo 1869, ore 9,50 (per. ore 16).

Remis Nigra projet traité qui a été expédié hier à Vienne (3). Nigra parlira aussitòt que réponse autriche sera arrivée. Projet faire publier par journaux italiens mouvements diplomatiques et désir Nigra aller Londres plait Nigra. Je retracte mon observation à ce sujet (4).

(-4) Cfr. n. 145.
(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 137. (3) -Cfr. n. 144.

l 4 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. XI

147

IL PRESIDENTE DEL CONSLGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA

D. 88. Firenze, 3 marzo 1869.

n signor Condouriotis è venuto a parlarmi delle disposizioni prese dal Governo ottomano per abolire il regime privilegiato del quale erano sinora in possesso alcune fra le isole dell'arcipelago soggette alla dominazione del Sultano. Il rappresentante di Grecia mi faceva osservare che questi atti della Porta ottomana avrebbero potuto suscitare queJ;le agitazioni che ad opera della conferenza di Parigi erano state calmate, epperò egli si raccomandava al Governo del Re acciocché questi adoperasse la sua influenza per impedke che, col compiersi degli atti deliberati dalla Porta, si desse origine a nuove complicazioni. La mia risposta al signor Condouriotis fu press'a poco così concepita.

La nostra attenzione, gli diss'io, s'è già rivolta alla questione relativa ai privilegi che costituivano, in favore di certe isole dell'Arcipelago, un'autonomia municipale che, secondo noi, avrebbe dovuta essere estesa anziché ristretta dopo gli ultimi avvenimenti. L'Italia al par,i di qualsiasi altra Potenza è interessata alla conservazione della pace in Oriente e desidera perciò vivamente che l'opera pacificatrice della conferenza di Parigi non abbia ad avere un risultamento illusorio. Il linguaggio che terrà l'Italia sarà quindi inteso a dimostrare l'opportunità di far conoscere praticamente alle popolazioni cvistiane dell'Arcipelago il conto che debbono fare dell'appoggio morale delle Potenze quando non ricorrono ai mezzi estremi dell'insurrezione.

Faceva per ultimo osservare al signor Condouriotis che la questione deH'abolizione dei privilegi nelle isole dell'Arcipelago non era ancora stata agitata nei consigli delle Potenze e che si poteva ancora sperare che il Governo del Sultano rinunzierebbe a porre in atto il divisamento che gli si attribuiva.

Il signor Condouriotis mi ringraziò vivamente per le disposizioni che gli manifestava intorno a questo nuovo incidente della questione orientale.

Alle cose sovradette io debbo ora aggiungere alla S. V. che il Governo del Re si è occupato, pria che il rappresentante ellenico venisse a parlarne, dell'incidente in discorso. Noi abbiamo stimato conveniente pigliare l'iniziativa di un'amichevole entratura a Londra (l) per indurre il Gabinetto inglese a chiedere d'accordo con le altre Potenze alla Turchia di applicare all'isola di Candia il regime privilegiato ed autonomo di cui erano in possesso altre isole dell'Arcipelago turco. Abbiamo esposto al Gabinetto inglese quanto agli occhi nostri era deplorevole la decisione presa dal Governo ottomano dì abolire quei privilegi al momento in cui avrebbe trovato ogni suo vantaggio ad estenderli ad altri territori, e prendendo a considerare gli atti diplomatici che costituirono l'attua:!. regno di Grecia abbiamo ricordato come da quegli atti risulti incontestabilmente il diritto degli Stati protettori della Grecia d'intervenire in ciò che concerne l'ordinamento interno dell'isola di Candia e di altre isole. Ma perché l'iniziativa da noi presa

d1 queste entrature potesse giovare rc2Jmente alle popolazioni cristiane del

l'isola ottomana noi avremmo preferito che il Gabinetto di Atene non avesse

fatto pratiche alcune al riguardo. L'utilità e l'opportunità di queste pratiche al

momento in cui attraverso ostacoli di ogni sorta, si è appena riuscito a compor

re le difficoltà deHa questione cre·tese possono infatti sembrare contestabi.:li, e

nuocerebbe poi certamente alla efficacia degli adoperamenti da noi fatti a Lon

dra l'idea che colà nascesse che la nostra azione ci fu suggerita dal desiderio di

compiacere alla Grecia. Il contegno della Gran Bretagna durante tutta la qui

stione di Creta ha sempre dimostrato che le simpatie inglesi non sarebbero mai

state nel senso di favorire le aspirazioni annessioniste del Governo ellenico. Ogni

ingerimento di quest'ultimo negli affari interni delle isole dell'Arcipelago otto

mano non potrebbe dunque che ingenerare sospetti nocivi all'esito delle pratiche

da noi iniziate (1).

Ella dovrebbe far intendere queste cose al Ministro degli Affari Esteri del Re Giorgio nell'occasione in cui Ella gli parlerà dei passi fatti qui dal Signor Condouriotis e della risposta ch'io diedi a questo signore.

(l) Cfr. n. 128.

148

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, MIGLIORATI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 64. Monaco, 4 marzo 1869 (per. il 7).

A completare la riserva fatta nel mio rapporto n. 63 di questa serie (2) mi faccio un dovere d'informare l'E. V. che il Principe di Hohenlohe mi confermò oggi non aver abbandonato l'idea della formazione di una Jega degli Stati della Germania del Sud; poiché forma essa parte integrante del suo programma politico; mi disse essere però un progetto che esiste soltanto sin'oa:a nella mente di Lui e del quale non si accinse per anco ad ordinare le basi, a causa degLi ostacoli che si frappongono alla sua .realizzazione che non si dissimula punto.

Mi dichiarò non aver fatto alcuna comunicazione a questo riguardo ai Gabinetti di Stoccarda e di Carlsruhc; che s. E. il Conte di Bismarck lo assicurò dell'adesione della Prussia, ma non del suo appoggio per far accettar& il suo progetto tanto dalle Grandi Potenze, quanto da quelle che dovrebbero far parte di questa progettata Confederazione.

Io non credo che per il momento il Principe di Hohenlohe si possa decidere ad intavolare serie negoziazim1i coi Gabinetti della Germania Meridionale per farli entrare nelle sue viste politiche, e ciò pure per non !svegliare maggiormente in Baviera le passioni politiche nel momento medesimo in cui le popolazioni saranno chiamate a pronunciarsi per le nuove elezioni, che avranno

«Il signor Delyanni d'altronde convenne meco sull'inopportunità di sollevare altre questioni, che potessero dar luogo a nuove complicazioni, e mi assicurò che si asterrebbe dal fare cosa alcuna, che potesse attraversare le pratiche Iniziate dal Governo Italiano>>.

luogo, si dice, nel prossimo Maggio. Il progetto di Confedemzione di cui ci occupiamo implicherebbe senza dubbio un maggiore e più intimo legame colla Ger-mania del Nord, e sembra che il Principe Hohenlohe non sia completamente convinto dell'opportunità di ciò fare; si limita pertanto a mantenere viva l'idea propagandola ne' colloqui che ha sia con diplomatici, sia con persone influenti del paese. Ciò spiegherà all'E. V. come alle volte possano non coincidere le notizie che Le pervengono emanando esse dai differenti Gabinetti della Germania Meridionale, le cui tendenze non sembra rappresentino una assoluta cmogenei!tà (1).

(l) Con R. 273 del 27 marzo Della Mlnerva comunicò di aver intratwnuto il Ministro degliEsteri greco del contenuto di questo dispaccio e aggiunse:

(2) Non pubblicato.

149

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 50. Cairo, 4 marzo 1869.

In continuazione ai m1e1 precedenti rapporti, di questa serie, sul tentativo del Signor Poujade Agente e Console Generale di Francia, d'impegnare il Governo Egiziano a trattare separatamente con la Fraacia la riforma giudiziaria, ho l'onore rimettere all'E. V. una copia del progetto da esso elaborato con Scerif Pascià, datomi in via confidenzialissima (l).

Confesso che mi attendeva un lavoro di una qualche importanza, ma,

pare a me, che questo progetto non sia altro che una copia incompleta di

quello di Nubar, con il solo scopo di eludere una trattativa internazionale,

e farne una esclusivamente Francese.

Il progetto non tratta che della composizione dei tribunali, cd anche in

questo accorda all'Egitto più di quello che Nubar ha proposto. Delle leggi che

questi tribunali dovrebbero applicare tace assolutamente.

Malamente si può comprendere il rifiuto della Francia ad una conferenza

per studiare la condizione generale del paese, la composizione dei tribunali, le

leggi da mettersi in vigore, le garanzie che il Governo egiziano offrirebbe ed

a fronte di questo rifiuto la proposta del suo Agente per la composizione di

tribunali, da esso solo studiata las.ciando nell'incertezza la più assoluta e ga

ranzie, e leggi.

Il Signor Poujade insiste sempre a dirmi che il suo Governo non avrebbe

mai da sé solo accettato il progetto, riservandosi a sottometterlo alle modifiche

ed accettazioni degli altri Governi; ma che potrebbe essere la base delle future

trattative internazionaH. Sotto questo punto di vista ch'Egli vuol prenderlo ora,

mi sembra che per basi di future trattative, e di studio, potrebbe essere molto

più accettabile il progetto di Nubar, più ampio, più completo, e perciò più

atto a facilitare un risultato, se lo studio sulle condizioni generali del paese

lo faranno riconoscere possibile.

Del resto la continuazione delle trattative di Nubar a Parigi, e pare con

successo se si deve prestar fede a lettere particolari, fa credere che il Signor

La Valette non abbia approvato il progetto del Signor Poujade, inspirato dal Signor Moustier, il quale per questioni personali voleva tolta a Nubar la missione di trattare le riforme.

(l) Non pubblicato.

150

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

N. R. 317. Firenze, 5 marzo 1869.

Importanti notizie son rife,rite dal Prefetto di Torino al sottoscritto, il quale crede suo obbligo informarne, per la loro importanza, l'E. V. Le notizie sono le seguenti: si è testé tenuta presso il Mazzini una riunione dei capi principali del suo partito colà convenuti da diverse città d'Italia. Fra questi è stato il Bertani che reduce da Lugano si è trattenuto qualche giorno in Firenze, donde è poi partito per Livorno. Da Torino vi è andato il Beghelli, uno dei più influenti del partito e direttore del giornale La Democrazia.

Nella riunione si è stabilito d'iniziare una generale sollevazione alla prima occasione di malcontento che un atto del Governo potesse far sorgere nel popolo e, dove un'occasione subito non si presentasse, trovar modo di farla nascere.

Il moto dovrebbe succedere contemporaneamente in diverse province e a preferenza nell'Emilia, nelle Romagne, nelle Marche, negli Abruzzi, nella Sicilia e in qualche parte della Toscana, non esclusa Firenze. I capi del partito avrebbero assicurato che in Toscana e massime in Firenze tutto è pronto e non si aspetta che il segnale.

Quanto alle antiche province e in ispecie Torino si decise non aversi a tentare nulla ancora. Si pensò che in queste il padito mazziniano non ha ancora abbastanza ifluenza che difficilmente vi si riuscirebbe a proclamare la repubblica e la decadenza della dinastia, e che un movimento mancato in una così importante parte d'talia avrebbe pessime conseguenze per la loro causa. Sl decise pertanto che per Torino bisognasse per ora raddoppiare di attività e di zelo nella propaganda repubblicana, massima fra i giovani e sopratutto gli studenti agitando anche le masse con notizie esagerate d'ogni genere fatte diffondere ad arte da' giornali.

Queste notizie coincidono con altre della medesima natura giunte da diverse parti al sottoscritto.

151

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II Cl)

T. Parigi, 7 marzo 1869, ore 9 (per. ore 11,40).

Nigra est parti hier. Aucune réponse de Vienne. Affaire Belgique retardé. Prie Roi dire confidentiellement ministre finances que Foncier est disposé à s'entendre avec Fould. La difficulté est M. Haine.

(l} Da ACR.

Qu'il m'écrive vouloir absolument fus.ion et il l'aura. Prie réponse télégraphique. Nigra m'a laissé chiffrant du président du conseil.

152

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI

D. 130. Firenze, 8 marzo 1869.

L'Inviato di Turchia presso questa Real Corte mi diede lettura di un dispaccio direttogli dal suo Governo circa l'intenzione che si attribuisce al governo di Bukarest di voler farsi rappresentare ufficialmente presso gli esteri potentati. Naturalmente la Sublime Porta protesta contro l'eventuale esecuzione di simile progetto che essa ritiene contrario ai propri diritti di alta sovranità sui Principati Uniti.

Mi limitai a rispondere a Rustem-Bey che nessuna pratica era stata intavolata col Governo del Re per istabilire la permanente ufficiale rappresentanza rumena della quale egli mi parlava. Ove una trattativa dovesse essere aperta a questo riguardo i:l governo del Re porterebbe nell'esame della quistione quello spirito di imparzialità e quei sentimenti di giustizia dei quali ha date prove anche recenti.

A qusti sensi Ella vorrà compiacersi, Signotl' Ministro, di conformare il proprio linguaggio nel caso in cui Le occorresse di ragionare di questi stessi affari coi Ministri della Sublime Porta.

153

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 1311/566. Londra, 8 marzo 1869 (per. il 12).

Sebbene non abbia ancora avuto occasione di parlare a Lord Clarendon del soggetto riservatissimo su cui versa il pregiato di Lei dispaccio n. 142 di questa serie (l), ritengo però che non riuscirà senza interesse per Lei il conoscere quanto tempo fa confidenzialmente seppi dal Conte di Bernstorff circa il dispaccio del Conte di Bismarck stato, dall'Ambasciatore britannico a Vienna comunicato al Conte di Beust.

Mentre pendevano ancora i negoziati per il componimento del conflitto turco-ellenico, il Conte di Bismarck rivolse un dispaccio al suo Ambasciatore presso questa Corte, il quale dopo aver passato in rassegna i motivi di lagnanza che il Governo prussiano credeva di avere contro la politica seguita dall'Au

stria in Oriente, incaricava il Rappresentante del Re Guglielmo d'interessare Lord Clarendon per amore del mantenimento della pace ad interporre i suoi buolll uffici appo il Governo imperiale, onde ottenere che l'atteggiamento provocatore dell'Austria subisse un mutamento.

Questo dispaccio venne sotto pegno della più stretta confidenza lasciato dal Conte di Bernstorff a Lord Clarendon per sua semplice informazione, ed egli crede in buona fede che quest'ultimo non ne abbia tenuto copia. Il Ministro britannico non celò al prussiano che avrebbe scritto al Signor Elliot per avere degli schiarimenti sulla condotta del Governo austriaco in Oriente, ma consenti a prestare la sua amichevole intervenzione.

Dal sopra mentovato dispaccio dell'E. V. risulterebbe che Lord Clarendon invece di cercare ad appianare le difficoltà mandò una copia a Lord Bloomfield d'un dispaccio che non era mai stato calcolato d'essere posto sotto gli occhi del Governo austriaco, aggiungendovi dippiù l'opinione del Signor Elllot, la quale dichiarava senza fondamento le accuse mosse dal Conte di Bismarck.

A spiegare l'apparente discrepanza di questa condotta di Lord Clarendon con i passi che l'E. V. mi accenna ave·re il medesimo fatto a Berlino per far cessare la polemica che ferveva fra la stampa prussiana ed austriaca, mi mancano tuttora dei dati sufficienti. Farò di tutto per giungere a scoprire i minuti particolari di questa strana contraddizione e non è necessario che io l'assicuri, Signor Conte, che nel trattare di questo argomento col Segretario di Stato, userò tutta la riservatezza che la sua natura delicata richiede.

(l) Cfr. n. 106.

154

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II m

T. Parigi, 9 marzo 1869, ore 17 (per. ore 19,50).

Prince de Metternich reçu ordre de demander copie modus vivendi proposé par l'Italie. On l'expédie Vienne accompagné développement Ministre d'Etat Autriche devant s'engager à le faire accepter à Rome, il est nature! que l'Antriche désire le connaitre. Une lettre de Beust à Metternich annnonce probable prompte acceptation.

On attend nouvelles Italie après arrivée Nigra.

155

IL MINISTRO A CARLSRUHE, ARTOM, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R 91. Carlsruhe, 9 marzo 1869 (per. il 13).

Col dispaccio n. 14 serie politica del 23 febbraio scorso (2), l'E. V. chiamava la mia attenzione sopra quanto venivale riferito dalla R. Legazione a Monaco

circa nuovi negoziati intavolati fra i tre Governi del Sud per una Confederazione della Germania Meridionale. Ho cercato, giusta quanto mi veniva raccomandato dall'E. V. di verificare l'esattezza di quella notizia: ma per quante indagini io abbia fatte, non potei ottenerne la conferma. Ebbi invece, cosi da questo Ministro degli Esteri, come da quelli fra i miei Colleghi che dovrebbero essere meglio informati, nuove affermazioni che niun negoziato di tal genere esista fm il Baden e la Baviera. Il Signor di Freydorf, al quale io allegai la persistenza di codesti rumori, mi disse essere possibile, « benché non gli paia punto probabile, che qualche scambio d'idee sopra quell'argomento sia avvenuto fra Monaco e Stuttgart; ma «quanto a noi, soggiunse il Ministro, non ne sappiamo nulla; ed anzi è meno inverosimile un accordo fra le nostre idee e quelle del Principe Hohenlohe sul modo di accostarsi gradatamente alla Confederazione del Nord, che non lo sia l'adesione del Wfrrtemberg a proposte bavaresi di qualsiasi natura. Per dimostrarvi quanto poco s'accordino fra loro quei due Governi, vi dirò che fu bensì firmata fra loro una Convenzione per la fortezza d'Ulm, ma che essa non è eseguita: .perché il gabine>tto di Stuttgart ripugna a sottomettere ad ufficiali bavaresi la parte della fortezza ch'è al di qua del Danubio, e così forse viceversa dal lato della Baviera».

Il R. Ministro a Monaco ebbe però ragione di richiamare l'attenzione di di V. E. su negoziati, che vogliono tenersi segreti, fra n Gabinetto di Baden e quello del Principe Hohenlohe. I quali però si riferiscono, a quanto mi si afferma concordemente da più Iati, alla questione della liquidazione delle fortezze del Sud. Com'è già noto a V. E. per anteriori rapporti di questa Legazione, la Baviera comunicò ufficialmente alla Prussia il risultato dei lavori della Conferenza tenutasi a Monaco nell'Ottobre scorso a questo scopo. La Prussia rispose ringraziando di quella comunicazione e pigliandone atto: dichiaravasi nel tempo stesso pronta a prender parte al lavoro della liquidazione, ed a permettere che Ufficiali Delegati dei tre Governi del Sud venissero ad esercitare ispezione sulla fortezza di Magonza, nel modo stesso con cui Ufficiali Prussiani avrebbero lo stesso ufficio nelle fortezze di questi Stati Meridionali. Tutto pareva quindi inteso, e si aspettava che il Gabinetto Bavarese facesse conoscere il giorno della riunione della nuova Conferenza. Solo dubitavasi qui del buon volere del Wfrrtemberg, per parte del quale non fu ancor ratificata la Convenzione conchiusa nell'Ottobre. Quand'ecco venire ad un tratto da Monaco la proposta, di cui non ho potuto conoscere esattamente i termini, tendente sia, come alcuno afferma, a sostituire alla Conferenza un accordo diplomatico diretto, per mezzo di note, fra Governo e Governo: sia come altri crede, a rimandare la convocazione della Conferenza stessa sin dopo che un accorcto sulle basi stesse della liquidazione sia avvenuto fra i Governi. Ad ogni modo è certo che tale improvvisa proposta fece pessimo senso qui; e so indirettamente che Io stesso Ministro di Baviera a Carlsruhe confessò di non sapersi spiegare la ragione di questo cambiamento nelle determinazioni del suo Governo. Il Signor di Freydorf scrisse al Signor Mohl, Ministro di Baden a Monaco, esser inutile ogni discussione anteriore alla convocazione della Conferenza. Il Principe Hohenlohe avrebbe risposto essere stato quello un malinteso. Quest'incidente dovrebbe quindi riguardarsi come terminato, ed infatti il Signor di Freydorf mi disse oggi che attende sempre di conoscere l'epoca della riunione

della Conferenza. Però, non so nemmeno io come spiegare a me stesso ed all'E. V. l'importanza che si è attribuita a questo episodio, ed il segreto di cui lo si volle circondare. Poco calendo a me d'indagare minutamente tutte le fasi di questa microscopica diplomazia, cercai d'andare al fondo della questione, e chiesi al Signor di Freydorf qual è poi la base da cui si partirà per la liquidazione delle fortezze. Il Ministro rispose che i tre Stati segnatad della Convenzione d'Ottobre avevano formolato le proposte che intendevano fare circa le fortezze alla Confederazione del Nord: «è un accordo puramente negativo, mi disse, ma è pure una prima base. Senonché i tre Governi promisero di serbare il segreto, e perciò non sono in grado di dirvi altro finché non siano pubblicati i protocolli». Non insistei al-trimenti, ma dal seguito della conversazione mi parve di poter desumere che si vuole continuare a tener comune il materiale delle fortezze: le spese di manutenzione sarebbero pur fatte in comune. Ma la difficoltà più grave consiste nelle spese enormi che sono necessarie per mettere le fortezze in grado di resistere ai nuovi e potenti mezzi d'attacco. Cosl Rastadt non ha più alcun valore reale in una guerra se non vi si aggiunge un campo trincerato la di cui spesa fu dal Signor di Freydorf indicata nella somma di 8 milioni di fiorini. Ora, è evidente che il solo Baden non può assumersi questo carico, e che né la Baviera né il Wii.rtemberg vorranno contribuire a questa gravissima spesa. Lo stesso può dirsi delle altre fortezze, in guisa che devo conchiudere colle parole dello stesso Signor Freydorf, che la liquidazione delle fortezze non seguirà realmente se non dopo la soluzione della questione dll'unità Germanica.

S.A.R. la Granduchessa che ho veduta ieri sera mi disse che il Granduca è ancora molto debole e che i medici gli vietano di lasciare il letto. Però la Gazzetta di Carlsruhe reca oggi su ciò il seguente comunicato:

<< La convalescenza di S.A.R. il Granduca ha preso fino ad oggi una piega rassicurante malgrado che proceda assai lentamente: ma null'altro potevasi attendere da simile genere di malattia. Già fino dal 4 marzo il Granduca passa giornalmente parecchie ore fuori del letto ed ha altresì incominciato ad occuparsi degli affari correnti. Intorno lo stato di salute di S.A. Reale verranno comunicate fra qualche tempo ulteriori notizie>>.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 1~7.
156

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERICATI (l)

T. Firenze, 10 marzo 1869, ore 12.

Tout est à peu prés combiné avec Nigra pour le traité sauf quelques points à rectifier.

La question de la signature immédiate nous embarrasse d'autant plus que camme vous vous en rappelercz bien, on avait été d'accord d'un échange de lettres entre les trois Souverains.

Si maintenant il y eiìt une interpcllation à la Chambre comme c'est plus que probable, il est important que le ministère puisse nier rexistence d'un traité.

Je propose un échange de lettres où les Souverains s'engagent dès à présent à accepter le contenu du traité et à le signer en temps opportun. Faites-moi savoir dans la journée si possmte ce que l'Empereur en pense.

(l) Da ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 1041.

157

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T Parigi, 10 marzo 1869, ore 21,50 (per. ore 7 dell'11).

Reçu dépeche de Votre Majesté (2) à sept heures soir. Observations très justes auxquelles on doit se rendre. Réponse demain avant midi.

158

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 832. Parigi, 10 marzo 1869 (per. il 14).

Credo mio dovere di chiamar l'attenzione dell'E. V. sull'intimità ogni dè crescente tra questo Incaricato d'Affari di Prussia, Conte di Solms, ed il Signor Canofari, ex-Ministro napoletano a Parigi. Ne ho seguito i progressi con qualche attenzione, e senza attribuire a questo fatto un'importanza eccessiva, non voglio però !asciarlo più a lungo igno·rare all'E. V. Il signor Canofari, agente borbonico d'un'attività e d'un ingegno non comuni, potrebbe in caso d'avvenimenti ulteriori ordire trame, e preparare i fili d'una sommossa nel napoletano. Certamente il Governo del Re ha messo .forti radici in quelle provincie; grandissimi interessi sono ora irrevocabilmente innestati nelle attuali condizioni di cose; ma egli non è meno probabile che la Prussia all'uopo non indietreggerebbe dinanzi a nessun mezzo per suscitare imbarazzi al Governo del Re, ove credesse suo interesse il farlo. Mi risulta infatti da qualche discorso del Conte di Solms che questo diplomatico si mostra convinto esere già conclusa un'alleanza fra l'Italia, la Francia e l'Austria. «In questo caso, avrebbe egli detto, si potrebbe fare in Italia ciò che si voleva fare in Ungheria nella guerra del 1866 ».

Ho stimato tanto più convenevole di fare d~ ciò un cenno confidenziale all'E. V., dacchè da qualche tempo si mostrano più frequenti i sintomi d'un risveglio dei borbonici, del quale possono forse dare un qualunque indizio anche alcune offerte fatte in questi ultimi tempi alla R. Legazione da sconosciuti che allegavano d'essere stati invitati a presta.rsi peti" qualche ufficio di cospirazione borbonica, ma dell'opera dei quali, m'affretto a dirlo, non sarebbe stato d'altronde il caso di giovarsi in un modo qualunque.

(l) Da ACR.

(2) Cfr. n. 156.

159

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 11 marzo 1869, ore 17,32 (per. ore 20).

Marquise La Valette mourante a fait manquer entrevue ce matin entre Empereur et ministre d'Etat. Je n'a.i e:ncore rien de précis, cependant on projette que les trois Souverains seuls signeront traité qui ne sera contresigné par aucun ministre. Les chefs des troli.s Cabinets pourront et devront déclarer ignorer existence du traité. Ce mode n'est pas encore accepté par Empereur. Je transmets comme simple renseignement. Reçu dépeche ministre flnances, agirai en conséquence avec conviction réussite.

160

IL MINISTRO A STOCCARDA, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 94. Stoccarda, 10-11 marzo 1869 (per. il 13). 10 marzo

Per mezzo del corriere di Gabinetto Longo al suo ritorno da Parigi, ricevetti il dispaccio delli 23 Febbraio anno corrente, (serie politica n. 32) (2) a cui erano uniti 36 documenti diplomatici contrassegnab.i dai seguenti numeri: 57, 58, 59, 61, 62, 63, 64, 65, 69, 70, 71, 72, 73, 74, 75, 76, 77, 78, 80, 81, 82, 83, 86, 87, 88, 89, 90, 91, 92, 93, 97, 99, 100, 101, 103, 104.

Mentre porgo all'E. V. i miei ringraziamenti per queste interessanti comunicazioni, mi pregio di farle conoscere che ho portato specialmente la mia attenzione sui due documenti designatimi daLl'E. V. e contrassegnati dai numeri 91 e 92 concernenti la questione della lega del mezzogiorno. Mi sono quindi occupato di raccogliere le informazioni le più esatte che mi fu possibile.

Due giorni sono il Barone di Varnbtiler, mi disse, che annojato dalla polemica dei giornali e spec~almente dalle officiose comunicazioni a cui la Gazzetta di Augusta apriva docilmente le sue colonne, aveva fatto conoscere al Principe Hohenlohe che sarebbe bene tralasciasse quel modo di agitare la pubblica opinione in favore della lega del mezzodì, e piuttosto gli facesse pervenire direttamente le sue proposte, proposte agg.iunse il Ministro degli Esteri, che non possono avere solida base e quindi non possono condurre a serio risultato.

I miei colleghi di Prussia e di Baden interessatissimi a seguire esattamente i conati qualsiasi tendenti a formolare simili proposte, mi confermarono nella mia convinzione che, sinora almeno, veruna comunicazione venne fatta dal Principe Hohenlohe a.l Barone di Varnbi.ller né credono che verrà fatta, non attribuendo importanza ai discorsi che su questo argomento possono essersi scambiati dal Ministro degli Esteri col Ministro di Baviera.

Del resto i trattati, il militare ed il doganale, tra la Prussia e gli Stati del mezzodì, così fattamente circoscrivono l'azione di questi ultimi, da rendere pressoché impossibile lo spazio necessario per dare vita ad una lega esclusiva del mezzodì. Può essere che sopra alcune questioni d'interesse affatto materiale si avveri un accordo fra il Vllirtemberg e la Bav.iera, come già ciò avvenne per la nomina dei titolari dei rispettivi consolat[ all'estero, ma questi accordi, Io ripeto, non potranno mai essere di tale natura da menomare i vincoli che stringono il Wtirtemberg alla confederazione del Settentrione, sull'intatto mantenimento dei quali invigila con zelo i·l mio collega di Prussia. La naturale diffidenza che regna tra uno Stato di ·poco più di un milione e mezzo d'abitanti verso un vicino che ne conta cinque impedisce quegli accordi che stante la disproporzione delle forze costituirebbero una dipendenza dell'inferiore verso il superiore: superiore poi, nel caso presente, che per deficienza di forze non patirebbe mai essere neppl're un protettore.

Precisati i limiti politici dai quali il WUrtemberg non può uscire senza contraddire agli impegni suoi verso la lega del Settentrione dirò all'E. V. che nel partito retrivo il quale ha stanza principale nel palazzo Reale si va sussurando che il Barone di Varnbtiler parteggi di nuovo per l'antico alleato l'Austria, che vuole ingraziarsi colla Baviera e sinanche coll'Italia, voce questa ultima motivata probabilmente, dai recenti nostri accordi in materia amministrativa e da quelli in discorso, per le vie ferrate.

Il mio collega di Prussia mentre mi assicurava che l'attitudine del Barone di Varnbtiler era inappuntabile riguardo il suo rispetto pei trattati, parvemi usare di qualche reticenza sopra altre questioni che non sono peranco in grado di precisare, ma che suppongo si riferiscano alla ripresa delle conferenze milltari di Monaco, ripresa sulla quale insisterebbe la Prussia.

Che che ne sia io non credo di annettere una importanza speciale a queste oscillazioni del Barone di Varnbtiler, oscillazioni di cui gii più volte fui testimonio senza che abbiano prodotto una sensibile o durevole deviazione dalla linea principale che necessariamente devesi percorrere. Il Barone di Varnbiiler anzicché un uomo politico è uomo di affar.i e questi lo preoccupano esclusivamente. Cosi se in oggi dimostra più espansione, che per lo passato, coi ministri d'Austria e di Baviera si è che probabilmente ha in mente la riuscita di qualche operazione finanziaria od altra riflettente interessi materiali di cui è indefesso promotore, dalla quale il paese può trarre un diretto vantaggio.

Il partito nazionale prussiano dopo l'adunanza di Gaisslingen riprese lena e s'istudiò di usufruttare quella manifestazione per ispingere il Governo a proseguire la via che conduce alla lega del Settentrione. Egli è un fatto che il giorno in cui risulteranno va,ni gli isforzi del partito retrivo e del radicale per contrarre la lega del Mezzodì, sforzi motivati dall'impossibilità per il Wtirtemberg di rimanere isolato, ne verrà di necessità l'ingresso nella lega del Settentrione. Ora il partito nazionale di ciò convinto vorrebbe che il Wlirtemberg entrasse in questa lega in tempo per partecipare alla definitiva sua organizzazione e difendere i suoi interessi particolari, il che non gli riuscirebbe più di fare se il suo ingresso fosse il risultato di una mera necessità.

Per completare gli elementi mediante i quali si può stabilire un approssimativo bilancio delle forze politiche qui in conflitto, mi permetto di aggiungere che in occasione della festa del Re i principali aderenti militari del partito prussiano ricevettero promozioni e distinzioni. Così il signor Wagner Ministro della guerJ)a e che solo da un anno era stato promosso a generale fu fatto tenente generale ed il capo dello Stato maggiore Generale Colonnello Suckow ricevette la commenda dell'ordine di Federigo.

P. S. 11 marzo

Il giorno 9 corrente il Barone di Varnbtiler portassi a Nordlingen ove ebbe una conferenza col Principe Hohenlohe venuto al suo incontro da Monaco. La questione della liquidazione del materiale delle fortezze formò il soggetto principale del loro colloquio. Su questa questione delle fortezze mi riserbo l'onore d'informare ulteriormente l'E. V.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 127, nota 1.
161

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 12 marzo 1869, ore 14,45 (per. ore 20,30).

Confirme officiellement renseignements d'hier (2). Empereur propose que traité soit signé par les trois Souverains sans contre-signature aucune, pour que les ministres interpellés puissent nier. Empereur reconnait qu'il a été toujours question d'échange lettres, mais il ne s'agissait pas a:ors d'un traité a trois. Lettres étaient acheminement à l'acte définitif qui s'accomplit, par lequel Italie devient de fait grande puissance, traitant d'égale avec AuLriche et France. Ce mode exclut tout attaque de servilisme. Autriche accepte définitivement, sauf deux légères modifications peu importantes que l'an ignare (3). Pour faire cesser bruit serait important que l'on annonce prompte retour Nigra son poste (4), dans ce moment opinion publique habilement détournée par journaux français. Prie dire ministre finances que ses dépéches, dont je me suis servi camme je devais, ont fait merveilles. Fusion Fould et foncier accomplie hier, tout marche bien, mais il faut hater conclusion, on attend réponse télégraphique à la partie essentielle de cette dépèche.

162

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI

D. 32. Firenze, 12 marzo 1869.

Facendo seguito alle mie precedenti comunica:doni relative all'incarico affidato alla missione Portoghese in Roma di a,gsumere l'officiosa protezione

degli interessi italiani presso la Santa Sede, nù reco premura di farle sapere che le indicazioni fornite da questo Ministero alla Legazione di Sua Maestà a Parigi (l) e dal Signor Cavalier Nigra esposte a S. E. il Ministro Imperiale degli Affari Esteri, hanno conseguito pienamente il loro scopo il quale era di far comprendere al Gabinetto delle Tuileries che quella nostra determinazione non significava malcontento da parte nostra dell'opera in parecchie occasioni prestataci dalla diplomazia francese in Roma.

Ed infatti al Ministro di Sua Maestà che aveva presentate al Signor Marchese de La Valette le ragioni che determinarono il partito preso dal Governo del Re, il Ministro Imperiale degli Affari Esteri dichiarava che la deternùnazione presa a Firenze gli sembrava conveniente.

Per tal modo rimane ormai esaurito l'incidente intorno al quale io avevo avuto l'occasione di scriverle nei dispacci recati a Lisbona dall'ultimo corriere di Gabinetto (2). A noi non rimane dunque che a ringraziare di nuovo il Governo portoghese per aver egli mantenute le prime istruzioni date nel senso da noi desiderato, ed a felicitarci di avere in breve termine superate le difficoltà che sul principio questo affare presentava.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 159. (3) -Cfr. n. 175. (4) -Durante l'assenza di Nigra da Parigi si sparse la voee della sua sostituzione con Cialdini. La Valette richiese informazioni in proposito ed il Re assicurò che la notizia era assolutamente priva di fondamento.
163

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (3)

T. Parigi, 14 marzo 1869, ore 18,45 (per. ore 21,40).

On me demande réponse dépéche dans laquelle je transmettais officiellement mode procéder pour la signature (4). Conseillez ministre finances de me charger demander offre assurance qui facilitera nos opérations financières, cela soit dans le traité. Cette clause nous sera très utile.

164

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI

D. 132. Firenze, 14 marzo 1869.

Rustem-bey venne a leggermi un dispaccio della Sublime Porta relativamente ai provvedimenti da questa adottati verso le popolazioni di alcune delle isole dell'Arcipelago ottomano per toglier loro i privilegi dei quali erano in possesso. La comunicazione fattami da Rustem-bey comincia col contestare l'esattezza dei fatti che avevano commosso l'opinione pubblica. Non sarebbe per to

gliere privilegi antichi, ma per metter ordine a recenti violazioni delle leggi

che la Porta avrebbe spedito in alcune località dell'Arcipelago una consistente

forza di mare. D'altronde il Divano imperiale fatta eccezione per Samos che

gode d'una costituzione autonoma locale, nega che le altre isole dell'Arcipe

lago appartenenti all'Impero abbiano diritto a speciali immunità e privilegi.

Questi sarebbero stati conceduti dalla Porta in un'epoca recente e come libere

e spontanee concessioni il Governo ottomano potrebbe ora modificare o revo

care a suo talento. Il dispaccio di cui Rustem-bey mi ha dato lettura insiste

particolarmente sul rispetto delle religioni che la Porta professa riguardo a

tutte indistintamente le popolazioni del suo impero; ed attribuisce al Governo

d'Atene la propagazione in Europa di notizie inesatte per nuocere alla conside

razione del Governo del Sultano.

Ho ascoltato con attenzione la lettura fattami da Rustem-bey, ed avendo io incaricato la S. V. di fare pratiche a questo riguardo presso la Porta, mi limitai a dirgli che fra le nostre informazioni e quelle contenute nel dispaccio del Governo ottomano esistevano sensibili differenze e che pur aspettando l'esito degli adoperamenti che il Ministro del Re farebbe in Costantinopoli, io andava intanto lieto di prendere atto delle dichiarazioni fattemi in quella parte che concerneva l'intenzione e la ferma volontà della Porta di rispettare i diritti dei suoi sudditi a qualunque credenza essi appartengano.

Nella mia spedizione d'oggi Ella troverà, Signor Ministro, alcuni documenti riflettenti quest'argomento. Chiamo Ia speciale di Lei attenzione sopra le mie comunicazioni alla R. Legazione in Londra. Dalle medesime Ella potrà vedere come in Inghilterra si divida pienamente la nostra opinione sulla necessità di consigliare alla Porta di astenersi da tutto ciò che potrebbe preparare il terreno a nuove e forse più gravJ. complicazioni. Epperò confermandole pienamente il senso delle mie precedenti istruzioni riguardo al regime interno di Samos e delle Sporadi desidero ch'Ella si faccia a chiedere amichevolmente a

s. A. Aalì Pascià quali disposizioni la Sublime Porta stia per adottare onde impedire che in tempi più o meno prossimi le popolazioni di Candia abbiano di nuovo a creare difficoltà e pericoli per la pace d'Oriente. Portando la conversazione sovra quest'argomento Ella potrà molto utilmente far intendere che la costituzione d'un Governo autonomo sotto la direzione d'un Governatore ottomano, ma godente franchigie serie sarebbe un atto di profonda saviezza politica il quale accrescerebbe alla Povta le simpatie dell'Europa.

La lettura del mio dispaccio del 23 febbraio ultimo passato al R. Incaricato d'Affari a Londra (l) darà alla S. V. modo di svolgere questa proposizione coll'appoggio di argomenti che la Porta stessa non deve aver dificolLà ad ammettere. Ed io spero che tenendo conto dei nostri amichevoli consigli il Governo ottomano vorrà sin d'ora adoperarsi in modo da allontanare ogni pericolo di prossime complicazioni. La Turchia deve essere ormai persuasa del nostro sincero desiderio di contribuire a mantenere la pace e la tranquillità in Europa. Essa non può quindi ascoltare i nostri suggerimenti che come l'espressione naturale di quei nostri voti. In ciò noi crediamo che gl'interessi italiani siano identici a quelli del Governo del Sultano.

(l) -Cfr. n. 66. (2) -Non pubblicati.

(3) Da ACR.

(4) Cfr. n. 161.

(l) Cfr. n. 128.

165

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. 149. Firenze, 14 marzo 1869.

Ho ricevuto il telegramma (l) col quale Ella mi informava di aver fatto presso Lord Clarendon i passi che, in data del 23 febbraio u.p. (2), io la incaricava di muovere presso il Gabinetto britannico, nell'interesse della consolidazione della pace e della tranquillità negli Stati del Sultano.

Ella mi annunziava che sebbene il Primo Segretario di Stato di S. M. la Regina non ravvisasse opportuna una azione colletiva delle Potenze in favore delle popolazioni Cretesi, ciò nondimeno egli si mostrava convinto delle ragioni che noi gli esponevamo per dimostrare di quanto vantaggio sarebbe per tutti, e per la Sublime Porta in particolare, lo adottare sin d'ora provvedimenti conformi ai voti ed ai bisogni delle popolazioni di Candia e delle altre isole che compongono l'arcipelago ottomano.

La S. V. mi annunziava inoltre che Lord Clarendon avrebbe incaricato Sir Augustus Paget di farmi una risposta leggendomi un dispaccio del Foreign Office nel quale sarebbero sviluppate le idee del governo inglese intorno a questo argomento.

Venne infatti, or sono due giorni, l'Inviato britannico a darmi comunicazione di un dispaccio direttogli da Lord Clarendon il quale, entrando intieramente nelle nostre viste in ciò che concerne l'opportunità di provvedere ad uno stabile ordinamento del governo interno di Candia e la convenienza di conserv·are alle altre isole ottomane le istituzioni delle quali sono in possesso, ci fa sapere di aver scritto all'Ambasciatore inglese a Costantinopoli acciocché faccia .i passi necessari per conseguire un tale intento. L'Inghilterra opina come noi che sia nell'interesse vero della Sublime Porta di valersi della posizione nella quale si trova, dopo l'esito avuto dalla conferenza, per ricostituire il Governo delle sue isole in modo sodisfacente per le popolazioni. Sarebbe questo il partito migliore per assicurare la tranquillità di quei paesi e per allontanare il pericolo di future complicazioni.

Vedendo, dalle comunicazioni fattemi da Sir Augustus Paget che le nostre idee coincidevano con quelle del Gabinetto britannico, non ho esitato a dare al rappresentante del Re a Costantinopoli istruzioni nel senso che mi sembrò più confacente allo scopo di pacificaz.Ione che ci proponiamo.

Ella troverà qui unito copia di quelle istruzioni (3) e, nel leggerla osserverà come noi ci siamo studiati di conservare alle pratiche da farsi presso il Divano Imperiale il carattere di amichevoli e disinteressati suggerimenti. Non ha infatti l'Italia in questa quistione altro interesse proprio fuorché quello di vedere assicurata, mercè la sodisfazione delle popolazioni, la pace d'oriente.

(l) -T. 1419 del 10 marzo, non pubbllcato. (2) -Cfr. n. 128. (3) -Cfr. n. 164.
166

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Firenze, 15 marzo 1869, ore 13,05.

Accepte mode de procéder pour la signature traité. Voilà la réponse à la première partie de votre dépèche (2). Pour la seconde je vous charge d'après demande ministre finances de demander à l'Empereur d'introduire dans le traité si c'est possible ce t te phrase e n formule:

«Le Gouvernement français s'engage à favoriser sur les marchés français le succès des opérations que le Gouvernement italien aura à faire, pendant la durée du présent traité ».

Répondez pour chevaux.

167

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1428. Bruxelles, 16 marzo 1869, ore 15,40 (per. ore 17,30).

Par un télégramme arrivé aujourd'hui lord Clarendon engage vivement le Gouvernement beige de cédetr aux réclamations de la France (3). Le Cabinet est hésitant mais, en définitive, je crois qu'il acceptera l'examen de la convention ainsi que de la question économique qui s'y rattache, tel que l'exige absolument le Gouvernement français.

168

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI

D. 54. Firenze, 16 marzo 1869.

Le porgo infinite grazie per il rapporto ch'Ella mi ha indirizzato in data del lo marzo (4) relativamente alle trattative aperte dal Governo pricipesco di Bukarest con Parigi e Vienna all'intento di stabilire con quei Gabinetti accordi precisi e pratici circa la giuDisdiz.ione consolare degli agenti esteri in Rumenia.

I rapporti che quasi contemporaneamente mi giungevano da Bukarest confermavano interamente le informazioni ch'Ella mi favoriva.

l'i --D<;r·umPllti diplomatù·i -SPrl<' l -V,;]. Xl

Ella conosce, Signor Ministro, entrature che noi abbiamo fatte spontaneamente a Londra (l) per predisporre favorevolmente il Gabinetto inglese in questa quistione.

Dalla Francia non ci furono finora fatte proposizioni di sorta a tale riguardo, né il Gabinetto di Pa>figi ha stimato opportuno di farci fare dal Signor di Malaret quelle confidenziali comunicazioni che il duca di Gramont ha fatte a

S. E. il Conte di Beust.

La nostra posizione in questa quistione è ancora interamente libera non avendo noi contratto altro impegno che queHo che risulta dalle entrature di cui abbiamo preso l'iniziativa presso il Gabinetto britannico. In tale situazione noi possiamo recare la massima libertà d'apprezzamento sul merito delle quistioni nonché sulle proposizioni che si fanno per trovarvi una conveniente soluzione.

Non ci sembra ancor venuto il momento di emettere le nostre definitive opinioni sulle sttpulazioni che il Governo di Bukarest vorrebbe sostituire alle vigenti capitolazioni. Basta accennare che prima di esaminare partitamente quelle stipulazioni, bisognerebbe risolvere la quistione preliminare del carattere che si dovrebbe attribuire a quegli accordi di fronte alla pretesa della Sublime Porta che non vuole si ammetta che i Principati Uniti possano stipulare convenzioni internazionali con esteri Stati.

Ma anche la discussione di questa quistione preliminare sarebbe, per quanto ci concerne, prematura.

Può invece essere utile che la S. V. conosca sin d'ora quale sia il nostro modo di vedere circa la proposta di stabilire fra i Gabinetti delle maggiori Potenze un preventivo accordo intorno alla soluzione da darsi alla quistione di cui ora ci occupiamo.

Secondo noi conviene distinguere fra uno scambio di idee che avrebbe luogo da Gabinetto a Gabinetto ed il cui scopo sarebbe di dare un unico indirizzo alla loro condotta nelle trattative che ciascun Governo aprirebbe separatamente coi Principati, ed una discussione preliminare in comune che si farebbe in seno ad una Conferenza appositamente convocata. Incliniamo a credere che mentre lo scambio di idee, mantenuto nei limiti sovra indicati, avrebbe una incontestabile utilità, per contro la proposizione di convocare una apposita conferenza incontrerebbe una invincibile difficoltà che forse è utile e prudente di evitare.

Ella non ignora infatti che il Gabinetto di Russia ha aperto con quello di Bukarest trattative dirette e separate per sostituire alle capitolazioni altri accordi determinanti in modo più pratico e più esatto ~ limiti della giurisdizione consolare nei Principati. Non giunse sin qui a notizia del R. Ministero che in quelle trattative le due parti siano pervenute a conclusione; ma si seppe però che i negoziati erano già tanto inoltrati che gli articoli principali di uno schema completo di convenzione erano già stati intesi.

Ora difficilmente si potrebbe sperare che sopra una quistione, circa le quali sono corsi separati accordi tra i Principati-Uniti ed una delle grandi Potenze, possa venir aperta una discussione in una conferenza generale delle potenze medesime. Oi sembra che il Gabinetto il quale ha già trattato separatamente

e fors'anche preso qualche impegno verso i Principati, non potrebbe più accet

tare di farsi rappresentare nella conferenza che si tratterebbe di proporre.

La riunione di una Conferenza chiamata a discutere di cose riflettenti

l'Oriente alle quali la Russia ricusasse di partecipare non sarebbe, secondo

noi, cosa conveniente. Epperò il solo dubbio fondato che questa potenza possa

prevalersi di un valevole argomento per ri,cusare la sua partecipazione ad una

conferenza ci sembra motivo sufficiente per iscartarne le proposizioni.

Queste generali considerazioni potranno servire alla S. V. di norma per rego

lare il suo linguaggio in una quistione alla quale il Governo del Re prende un

vivo interesse (1).

(l) -Da ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. II, p. 1403. (2) -Cfr. n. 163. (3) -Per la questione delle ferrovie. (4) -Cfr. n. 142.

(l) Cfr. n. 120.

169

IL MINISTRO A MADRID, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1430. Madrid, 17 marzo 1869, ore 15 (per. ore 20,20).

Olozaga vient de me dire qu'il est d'accord avec Serrano et Topete pour provoquer une manifestation légale en faveur du Roi Don Ferdinand afm de sortir de l'état de suspension à cet égard. Le candidature du due de Montpensier a beaucoup perdu ces jours derniers.

170

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1429. Bruxelles, 17 marzo 1869, ore 15,40 (per. ore 17,45).

Les Gouvernements français et beige se sont enfin mis d'accord sur la formule d'acceptation. J'en envoye aujourd'hui le texte par la poste. Le crise est apaisée.

171

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A MADRID, CORTI

D. 48. Firenze, 17 marzo 1869.

La ringrazio delle informazioni successivamente comunicatemi tanto sull'accomodamento degli affari. interni della Spagna come sulle disposizioni che incontravano in codesto paese le varie candidature proposte e ventilate nei

pubblici fogli e nei circoli politici. Nei rapporti trasmessi da V. S., ha fermato la mia attenzione quello relativo al congedo ottenuto in questi giorni dal Signor Mercier, ambasciatore di Francia a Madrid. Non mi sembra priva di fondamento la supposizione che a questa risoluzione il Gabinetto francese sia stato indotto dalla convinzione che a lui meglio convenisse dimostrare che non si preoccupava degli affari di Spagna a segno di voler esercitare sui medesimi un'influenza qualsiasi. Tutto ciò che si seppe sin qui circa l'impressione che produrrebbe in !spagna un'azione più attiva e palese della Francia, conferma infatti ciò che V. S. mi aveva già da qualche tempo riferito intorno alla opposizione sistematica che codeste popolazioni farebbero probabilmente ad ogni partito favorito dal Gov::rao francese. Questi però, se nelle apparenze si mostra quasi noncurante dell'esito finale della rivoluzione spagnuola, non sarebbe perciò meno inquieto della piega che in certe eventualità potrebbe prendere la grave quistione delle candidature.

Venni informato in questi gio,rni che «tanto l'Imperatore che i suoi Ministri fanno spargere con affettazione la voce che la nomina del Duca di Montpensier al trono vacante di Spagna loro riuscirebbe indifferente; ma che, invece, il ristabilimento di un trono orleanista sulle frontiere della Francia è una tale eventualità che suscita attuaJmente le più serie preoccupazioni ed il più vivo makontento delle alte sfere del potere a Parigi. Si temerebbe, stando alle informazioni pervenutemi, che ove il Duca di Montpensier venisse proclamato Sovrano di Spagna, egli volesse tentare la prova di applicare a quel paese quel regime costituzionale più largo che è in aperta contraddizione con quello ora in vigore in Francia. Si temerebbe in tal caso l'effetto che ciò produrrebbe sovra una classe del pubblico francese (la bourgeoisie) che rimpiange, a quanto si afferma, la profonda calma del regno di Luigi Filippo e vedrebbe con soddisfazione consolidarsi l'intimità fra la Francia e la Spagna mercé il ristabilimento della dinastia degli Or,léans sul trono francese».

Senza dare a questi riflessi peso maggiore di quello che meritano, reputo conveniente farne oggetto di comunicazione alla S. V., perché giovano a rendere ancor più complete le informazioni che si hanno sul contegno assunto dal Gabinetto delle Tuileries negli affari di Spagna.

(l) Analogo dispaccio venne inviato in pari data a Londra col n. 151.

172

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 1319/571. Londra, 17 marzo 1869 (per. il 26).

Siccome ho avuto l'onore già di segnalarle per telegrafo (1), appena giungevami il pregiato di Lei dispaccio di questa serie n. 148 Confidenziale (2), di cui formavano oggetto gli affari di Tunisi, m'affrettai di darne lettura a Lord Clarendon !asciandogliene copia in conformità degli ordini dell'E. V.

Mylord nel riceverla mi diè incarico di ringraziarla, Signor Conte, per la comunicazione di tale interessante documento che gli pareva atto a guarentire i diritti delle nazioni implicate nella questione delle finanze tunisine, assicurandomi che lo avrebbe preso in attentissima considerazione, e che avrebbe tosto fatto conoscere il suo modo di vedere intorno a siffatta nostra proposta.

Nel discorrere però di questa vertenza in generale, il Segretario di Stato mi domandò se non mi sembrava che il chiedere al Bey di fare co-l concorso de' commissarii delle Potenze interessate un bilancio della situazione finanziaria del suo paese, non costituisse una offesa alla sua indipendenza ed ai diritti sovrani di cui è investito.

In risposta a simile osservazione, dichiarai che il Governo del Re aveva dato troppe prove dell'importanza che annetteva al rispetto della indipendenza del Bardo, per che si potesse credere un momento che fosse per iscostarsi da tali sentimenti. Dimostrai quindi che i diritti che possedevano le potenze di intervenire in questo affare fondavansi incontestabilmente sulla deplorabilissima condizione fatta fino ad ora ai creditori della Reggenza, e feci riflettere a Sua Signoria che il principio della formazione di una commissione internazionale in Tunisi accettato da tutti, stabiliva da per se stesso una vera ingerenza nell'amministrazione interna della Tunisia, alla quale di necessità si era dovuto ricorrere per porre in salvo i crediti stranieri.

Non durai infine fatica a persuadere Lord Clarendon della differenza che corre fra la nostra proposizione e quella del Marchese di Moustier avente per iscopo la creazione di una commissione amministrativa Tunisina interamente sotto il controllo di un abile impiegato francese, il quale in realtà avrebbe avuto in sua balia la disposizione di tutte le risorse della Reggenza.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 134.
173

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 1320/572. Londra, 17 marzo 1869 (per. il 26).

Non si tosto pervenivami il pregiatissimo di Lei dispaccio n. 138, serie politica (l), io m'affrettai di profittare della prima occasione favorevole che mi si presentò per intrattenere Lord Clarendon sulla importanza che vi era per le potenze aventi interesse ad impedire l'assoluta preponderanza d'uno Stato nel Mediterraneo a detrimento della posizione deg'l'i altri, a non perdere di vista la quistione politica rilevantissima che incontrasi tanto negli affari di Tunisi come in quelli dell'Egitto. Ripetei a Mylord come noi contemplassimo il mantenimento dell'indipendenza e responsabilità de'l Gove,rno del Bey e di quello del Viceré sotto l'aspetto d'una condizione indispensabile al giusto equilibrio delle forze del Mediterraneo. Né essere l'Inghilterra meno dell'Italia interessata in siffatta quistione; per cui stabilita cosi la solidarietà politica e commerciale

dei due paesi m tutto ciò che concerne la conservazione dello statu qua in quelle parti del Levante ove la Francia cerca di accrescere la sua influenza, un accordo perfetto di vedute tra Londra e Firenze diventava dei più urgenti. Imperocché il dissesto finanziario ed amministrativo prevalente in quelle regioni sulle quali la Porta ha diritto alto-sovrano poteva, sotto colore d'indispensabili riforme, offrire il destro all'ambizione francese d'introdurre innovazioni che, alterando l'essenza delle istituzioni politiche, avrebbero avuto per inevitabile risultato di diminuire la responsabilità dei loro governi, la quàle forma la sola guarentigia che posseggano gli altri paesi contro le usurpazioni di chi avrebbe interesse a distruggere un simile ordine di cose.

Rispetto agl'intrighi della Francia a Tunisi, continuai, essere inutile il ripetere quanto sì spesso aveva formato oggetto delle nostre conversazioni; ma per ciò che rifletteva l'Egitto, chiamai l'attenzione di Sua Signoria sul rapporto del nostro Agente e Console Generale in Alessandria, mandatomi dall'E. v. e che posi sotto occhio del mio nobile interlocutore, avvel:'tendolo che sebbene alcuni dei passi in esso narrati potessero essere alquanto esagerati la sostanza era purtroppo confermata dall'attitudine assunta colà da qualche tempo a questa parte dagli Agenti francesi.

Il Ministro della Regina, il quale prestò il più attento ascolto alle parole dette da me a nome dell'E. V., mi dichiarò nuovamente che gli tornava gradito di sentirsi reiterare l'assicurazione dei nostri sentimenti conservativi sia verso le province barbaresche, sia verso l'Egitto, e che sarebbe sempre stato di vera soddisfazione per lui l'essere secondato dall'Italia in tutte le quistioni relative a quei paesi.

Riguardo all'Egitto Sua Signoria mi esternò che non aveva finora ricevuto dal Console Generale inglese nessun rapporto che accennasse alla situazione descritta dal nostro R. Agente. Ma ciò nondimeno non mi tacque che l'atteggiamento del Governo francese in quel Viceregno portava senza dubbio l'impronta dell'intrigo e dell'ambizione. «La France nous donne bien du fil à retordre de ce còté là! » esclamò testualmente Mylord e, da qualche altra osservazione aggiuntami dopo, evidentemente con ciò egli alludeva principalmente alla supremazia acquistata dalla Francia J.n Egitto dal giorno in cui diventò certo che i lavori pel taglio dell'istmo di Suez sarebbero coronati di successo.

*Relativamente poi alle riforme giudiziarie sulle quali Nubar Pascià insiste sempre per avere una definitiva risposta dai Gabinetti, Lord Clarendon mi palesò d'aver fatto dire da Lord Lyons al Marchese di La Valette che avrebbe finalmente bramato di conoscere l'opinione del Governo francese circa i provvedimenti che intendeva adottare intorno a siffatto importante argomento. Sua Signoria mi disse di più che s'era astenuto dal rivol.gere su ciò una nota ufficiale al Ministro ,imperiale degli Affari Esteri, sapendo che questi non amando trattare che una quistione alla volta, era troppo occupato pr,esentemente per potervi dedicare la sua attenzione. Aveva perc,iò preferito di fargli esprimere per mezzo dell'Ambasciatore inglese d'essere pronto ad entrare in negoziati col Gabinetto delle Tuileries onde procedere ad un accordo che potesse servire di base al nuovo ordine giudiziario da stabilirsi in Egitto in sostituzione dello stato di cose attualmente esistente.

Lord Clarendon da quanto mi confidò è d'avviso che non sia lecito il negare la necessità delle riforme richieste dal Viceré, essendo persuaso che malgrado quanto già si conosce degli abusi delle Corti Consolari, non si può avere un'adeguata idea degli scandali commessi talvolta alla loro ombra. Ma conviene del pari della immensa difficoltà di trovare il mezzo di tutelare gli interessi dei sudditi stranieri, quando l'abolizione di siffatti tribunali venisse consentita dalle Potenze, e crede indispensabile che una Commissione internazionale si riunisca ,per istudiare seviamente le misure che solo avranno bco.J.tà di garantire l'amministrazione della giustizia pei forastieri.

Il Marchese di LavaletLe ha fatto dire a Lord Clarendon per il canale di Lord Lyons che si sarebbe quanto prima occupato di questa vertenza, ma essere più che mai indispensabile d'avere un concetto esatto della specie di contro-proposta che si potrebbe fare al Governo Egiziano, e che avrebbe bramato conoscere a questo proposito le idee dei Gabinetti di Firentre e di Londra * <l).

Per quanto si riferisce a noi, V. E. avrà modo di verificare per mezzo della R. Legazione a Parigi l'esattezza di questi cenni che io mi limito a qui riferire come Lord Clarendon me li ha confidati.

*Prima di prendere commiato da Sua Signoria Le ho ancora ripetuto che qualunque potesse essere la decisione che si stava per prendere al soggetto delle riforme predette, le medesime non dovevano in nessuna guisa servire di pretesto per introdurre mutamenti nelle condizioni politiche o per iscemare la responsabilità del Governo locale*. E nella speranza di avere riuscito a bene interpretare gli ordini dell'E. V ....

(l) Cfr. n. 77.

174

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 371. Berlino, .18 marzo 1869 (per. il 24).

Si je n'ai pas encore répondu à la dépeche réservée que V. E. m'a fait l'honneur de m'ècrire cn date de Naples le 7 Février N. 106 (2), et qui m'a été remise le 28 du meme mais par le courrier Longa, c'est parce que j'ai voulu sonder soigneusement le terrain.

A défaut du Comte de Bismarcl{ avec lequei j'avais eu un entretien sur un objet spécial -le changement du Comte d'Usedom -entretien que j'avais dfr abréger parce que S. E. était indisposée, je me suis adressé au Sous-Secrétaire d'Etat. Lui ayant demandé s'il avait des nouvelles récentes d'Espagne, il me dit que le Roi Ferdinand de Portugal semblait avoir aujourd'hui moins de répugnance que par le passé à se mettre sur les rangs pour accepter la cou

ronne, si elle lui était offerte; mais so i t qu'il s'écartat lui-meme, so i t qu'il

fut écarté, toutes les chances seraient alors pour le Due de Montpensier.

On peut en effet en trouver quelques signes caractéristiques dans l'inci

dent qui a eu lieu aux Cortès le 8 Mars. Lors mème que le Gouvernement pro

visoire n'ait pas déclaré qu'il partageait l'opinion individuelle du Conte-amiral

Topete favorable à cette candidature, il n'en a pas au moins désavoué le lan

gage. Le Maréchal Serrano s'est borné à déclarer que c'était là une de ces

questions qu'il convenait de ne trancher qu'avec réflexion et qu'il fallait réser

ver intacte aux délibérations de la Chambre constituante. Ainsi que les jour

naux en font d'ailleurs la remarque, parmi les 30 gazettes qui se publient à

Madrid, quinze plaident pour le Due de Montpensier, cinq pour l'Union Ibé

rique, six pour la républiue, deux pour Don Carlos et deux pour la Reine !sa

belle. L'opposition sérieuse se dessine donc chez les partisans de la forme ré

publicaine, mais ils trahissent déjà par la vivacité de leur polémique, qu'ils

prévoient l'élection du Due.

J'ai touché alors à la question si le Cabinet de Berlin avait été peut-ètre

directement ou indirectement dans le cas d'émettre, ne fut-ce que d'une ma

nière académique, une opinion sur ce sujet.

M. de Thile m'a répondu par des généraUtés qui dénotaient ou un parti pris de réserve, ou qu'il ne jugeait pas le moment venu d'entrer dans quelques explications, d'autant plus que selon sa manière de voir, l'Espagne, après s'ètre débattue depuis plusieurs mois dans les perplexités d'une révolution, « risquait fort de glisser dans la guerre civile».

J'ai dit à mon tour que le Cabinet de Florence se montrait également tres réservé, quoique la candidature de plus d'un Prince de la Maison de Savoie eut été mise sur le tapis et discutée chaque jour dans les organes les plus importants de la presse. D'une part on se rend compte des garanties dans le présent et dans l'avenir qu'offrirait à la Péninsule et à la grande majorité des Etats Européens un tel choix. Mais d'autre part, évidemment, un Membre de notre Famille Royale ne se déciderait à accepter la Couronne d'Espagne qu'en suite d'une manifestation non douteuse de la volonté nationale de ce pays, et quand il aurait acquis la conviction de « concourir, dans l'intéret général de l'Europe, à la consolidation du principe monarchique, et à écarter ainsi des éventualités périJleuses qui se rattacheraient peut-etre aux autres candidatures».

M. de Thile n'ayant rien allégué ni pour, ni contre, j'ai cru devoir diriger mes investigations vers une souvce tout aussi sure et peut-ètre mème meilleure, puisque je m'adressais à un Employé supérieur du mème Ministère mieux à mème de démèler la pensée intime du Comte de Bismarck. Je lui avais parlé dans le meme sens qu'à M. de Thile. Voici sinon textuellement, au moins en substance quelle a été sa réponse.

«L'avenir ne nous occupe pas. Nous ne songeons qu'au présent. Or à ce point de vue, l'avènement d'un Montpensier nous offrirait probablement certains avantages. Dans nos circonstances particulières, tl nous conviendrait peutetre de sacrifier l'avenir au présent, car en admettant l'éventualité qu'un jour les Couronnes de France et d'Espagne soient portées par des Membres de la

Famille d'Orléans, les deux nations, l'histoire le démontre, ne seront pas des

alliées sincères ».

Je n'ai pas besoin de commenter ce langage. Il est facile de lire entre Ies

lignes. J'ajouterai seulement que la Cour de Berlin a toujours entretenu de bons

rapports avec les Orléans. Leurs Majestés ont eu maintes fois l'occasion de

rencontrer dans leurs excursions en Allemagne quelques uns de ces Princes

exilés. Le Prince et la Princesse Royale de Prusse n'ont jamais manqué dans

leurs courses à Londres de leur témoigner les mèmes sympathies que la Cour

d' .Angleterre.

Il me paraitrait dès lors hors de propos de poursuivre, pour le moment, le

cours de ces investigations, à moins de nouvelles instructions de V. E.

Cette dépeche Lui parviendra par l'entremise de mon fondé de pouvoir à

Turin, auquel je l'envoie sous double adresse afin de ne pas m'exposer aux

indiscrétions de la poste.

(l) -I brani fra asterischi sono editi in LV 21, pp. 32-33. (2) -Cfr. n. 82, inviato a Berlino con protocollo 106.
175

PROGETTO DI TRATTATO (l)

[Vienna, 18 marzo 1868] (2).

S. M. l'Empereur d'Autriche, Roi de Hongrie, S. M. l'Empereur des Français et S. M. le Roi d'Italie, convaincus de l'identité de leurs intérèts, animés du mème désir de maintenir et de consolider par tous les moyens en leur pouvoir la paix en Europe, et décidés à unir leurs efforts pour empécher que cette paix ne soit troublée ont résolu de régler par un traité secret l'action combinée qui leur semble la plus propre à atteindre ce but.

En conséquence, les dites Majestés ont nommé pour leurs plénipotentiaires, savoir:

S. M. l'Empereur d'Autriche: ..., S. M. l'Empereur des Français: ... S. M. le Roi d'Italie: ... les quels, après avoir échangé leurs pleins pouvoirs trouvés en bonne et due forme, sont convenus des articles suivants qui doivent rester secrets:

Article I

S. M. l'Empereur d'Autriche, S. M. l'Empereur des Français et S. M. le Roi d'Italie s'engagent à suivre dorénavant une politique commune dans les questions diplomatiques qui pourront se soulever en Europe.

Article II Leurs Majestés contractent entre elles une alliance offensive et défensive et se garantissent réciproquement, en toutes éventualités l'intégrité de leurs territoires respectifs.

pp. 368-369.

Article III Si, malgré leurs efforts, la guerre éclatait, les Souverains s'engagent à agir de concert conformément aux Conventions spéciales qui seront considérées comme faisant partie du présent Traité.

Article IV Les trois Souverains ne pourront traiter avec d'autres puissances et régler toutes questions de compensations et de remaniements territoriaux en conséquence d'une guerre éventuelle, que d'un commun accord.

Article V Le présent Traité secret sera ratifié et les ratifications en seront échangées à Paris dans l'espace de quinze jours, ou plus tòt si faire se peut. En foi de quoi les plénipotentiaires respectifs l'ont signé et y ont apposé le sceau de leurs armes.

Fait à Paris, en triple exemplaire, le...

(l) Da ACR, ed. In ONCKEN, vol. III, p. 148 e In Origines diplomatiques, vol. XXIV,

(2) Inviato da Beust a Metternlch annesso ad una lettera senza data (ONCKEN circa 23, 24 marzo), ed. in ONCKEN, vol. III, pp. 142-144, Origines diplomattques, vol. XXIV, pp. 362-364.

176

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A BRUXELLES, DE BARRAL, A CARLSRUHE, ARTOM, A L'AJA, CARUTTI, A MONACO DI BAVIERA, MI GLIORATI, A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, A STOCCARDA, GREPPI, A VIENNA, PEPOLI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. Firenze, 19 marzo 1869.

Nei dispacci ch'Ella mi ha indirizzato in quest'uUimi tempi ho osservato in particolar modo quelli coi quali Ella mi riferisce intorno ai rumori che correvano nella stampa periodica e nei crocchi politici relativamente al contegno dell'Italia ed alla condotta che questa segue negli affari di generale interesse europeo.

È bene che la S. V. sappia che la politica italiana si mantiene nelle vie pacifiche che V. S. ben conosce per esser stata tante volte descritta nella corrispondenza di questo Ministero cogli Agenti di Sua Maestà. Il nostro più vivo desiderio è che la pace si mantenga e si consolidi, ed è in questo senso che si spiega la nostra azione all'estero. Giudiche,rebbero male la politica italiana coloro che credessero che, non curandoci d'altro, fuorché degli affari che c'impegnano negli interessi nostri più immediati e più diretti non tenessimo in conto la necessità di contribuire per parte nostra ad impedire od almeno ad allontanare i danni che deriverebbero generalmente all'Europa dall'alterazione dei rapporti pacifici esistenti fra le Potenze. Non è in potere nostro di calmare l'agitazione che tiene gli animi in sospeso in tutta l'Europa, ma noi non teniamo certamente una condotta, noi non siamo animati da sentimenti e da intenzioni che aggiungano esca a quella universale sfiducia nel mantenimento della pace.

177

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

ù. 154. Firenze, 19 marzo 1869.

Dai rapporti che questo Ministero ha ricevuto dal Marocco risulterebbe un

fatto di qualche gravità, del quale è bene ch'Ella sia informato.

Or sono alcuni anni il Governo francese accordava, in virtù d'un Senatus Consulto, la nazionalità francese a chiunque potesse contare tre anni di soggiorno sul territorio della sua colonia algerina. Molti sudditi dell'Impero del Marocco, spinti dal desiderio di sottrarsi dalla dipendenza del Governo locale, abusano di questa facilità che loro si accorda per acquistare la naturalizzazione francese, ed invece di stabilirsi a dimora fissa in qualche località dell'Algeria, si accontentano di farvi un breve viaggio per farsi inscrivere nel registro dell'anagrafe seguito poi al termine dei tre anni da altra breve escursione nella località istessa dove, essendo stati iscritti, ottengono una dichiarazione di naturalità .francese. Il fatto anormale avea preso tali proporzioni che nei pochi anni trascorsi dalla data del Senatus Consulto sovra mentovato sino a questi ultimi tempi si annoveravano più di 2500 sudditi del Marocco che aveano abusivamente acquistato la sudditanza francese. Or ciò che più monta è questo che il Ministro di Francia al Marocco avendo denunziato il fatto a Parigi e segnalato gli inconvenienti che ne poteano derivare, s'ebbe in risposta dal suo Governo non si curasse di ciò e riconoscesse e proteggesse chiunque fosse in possesso di un certificato di naturalizzazione francese.

Questo fatto ha una significazione che non può sfuggire a chi osserva attentamente il peggiorare progressivo delle condizioni politiche del Governo interno del Marocco il quale oramai non si sostiene, da quanto ci viene riferito, che per il contrasto di influenze straniere (l).

178

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (2)

D. 459. Firenze, 19 marzo 1869.

Chiamo la di Lei particolare attenzione sul rapporto che il R. Agente e Console Generale in Egitto mi indirizzava il 4 corrente (3) per informarmi deLle pratiche colà occorse, fra l'Agente francese ed il Pacha che regge il Ministero degli Affari Esteri di S. A. il Vicerè, circa la g,rave quistione delle capitolazioni

e delle riforme giudiziarie. La S. V. troverà nella spedizione d'oggi copia del rapporto sovra mentovato.

Dalle mie corrispondenze anteriori e dalle comunicazioni che questo Ministero andò facendole, la S. V. è stata informata esattamente dello stato della quistione. Ella ha potuto quindi vedere con quanto studio noi abbiamo cercato di non pregiudicarne il fondo prima che, con apposite ricerche e con studi fatti in comune fra le Potenze interessate, si giungesse a stabilire in qual misura si sarebbe potuto derogare al diritto attua,lmente in vigore per far luogo ad una riforma nelle istituzioni giudiziarie dell'Egitto. A tale partito il Governo del Re si era deciso, tanto più volentieri che egli vedeva che questo sarebbe stato il solo mezzo di mettere un termine alle continue dubbiezze che rapporti contraddittori ingenerano allorché una quistione relativa all'Egitto viene ventilata. Dubbiezze e contraddizioni sarebbero state eliminate dall'opera autorevole della commissione preparatoria europea la quale avrebbe tracciato una base solida sulla quale edificare il nuovo sistema dell'ordinamento giudiziario in Egitto. Epperò fu con ispiacevole sorpresa che abbiamo saputo che l'Agente di Francia al Cairo avrebbe già gravemente pregiudicata la quistione preliminare aprendo dirette trattative sugli accordi da prendersi per l'istituzione di Tribunali misti o determinare ogni altra particolarità relativa al nuovo ordinamento giudiziario. Ove il signor Poujade avesse agito con approvazione del suo Governo, quest'ultimo si troverebbe di aver riconosciuto che le condizioni presenti dell'Egitto permettono realmente di introdurre una deroga profonda all'antico regime fondato sulle capitolazioni e consacrato dalla consuetudine.

A noi importerebbe sapere se realmente il Gabinetto di Parigi si è data ragione di tutta l'importanza del passo fatto dal signor Poujade e se veramente egli sia intenzionato di ammettere le modificazioni tracciate nelle proposizioni corse fra l'Agente di Francia e Scherif Pacha anche prima di esaminare, d'accordo colle altre Potenze interessate, se le condizioni presenti dell'Egitto permettono una così radicale mutazione di cose.

(l) -Con R. 1367/589 del 27 aprile Maffei informò di aver parlato di questa questione con Clarendon il quale se ne era mostrato al corrente e aveva deplorato «uno stato di cose si irregolare e si poco conforme alla buona fede delle relazioni internazionali». (2) -Ed. con numerose modifiche, in LV 21, pp. 31-32. (3) -Cfr. n. 149.
179

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II <l)

T. Parigi, 20 marzo 1869, ore 15,50 (per. ore 18,50).

J'ai vu prince de Metternich, d'après son désir transmis par ministre d'Etat. Adhésion Autriche au traité général (2) est arrivée. Pour les clauses additionnelles, quelques réserves d'un ordre stratégique pour le cas d'attaque de la Russie contre Autriche sans le concours prussien, et d'attaque de la France contre Prusse non soutenue par la Russie. Prie Votre Majesté me télégraphier de demander les articles additionnels qui concernent Autriche qui a demandé copie des notres, Les deux juments partiront ce so.ir. Suit lettre à Castellengo.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 175.
180

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. R. 121. Firenze, 20 marzo 1869.

Ho seguito con molta attenzione la corrispondenza pervenutami da codesta

R. Legazione e sovra tutto in quella parte che concerne il contegno assunto dal Gabinetto di Berlino a fronte delle complicazioni sorte recentemente per la vertenza delle ferrovie del Belgio.

Le considerazioni svolte nel rapporto del 26 febbraio (l) ed i riflessi che l'accompagnano meritano di essere profondamente meditati e ciò principalmente dacché certi sintomi che si vanno qua e là raccogliendo porterebbero a credere che V. S. dice con ragione che la prudenza è madre di sicurezza e che per adoprarsi a mantenere le mi~liori ,relazioni fra i due paesi Ella terrà aperti gli occhi sull'andamento delle cose che La attorniano. Unicamente per agevolarle questo compito reputo utile che la S. V. conosca che da qualche tempo fu osservata l'intimità di rapporti che si è stabilita fra il signor Conte di Solms, Incaricato d'aUari di Prussia ed il signor Canof,ari, uno dei più attivi, dei più intelligenti e dei più pericolosi agenti della reazione borbonica in Italia. Il diplomatico prussiano avrebbe tenuto recentemente tali discorsi da aggiungere credito alle voci che naturalmente dovea ingenerare la sua singolare intimità coll'ex rappresentante delle Due Sicilie in Torino e poscia in Parigi (2).

Per altra parte da qualche tempo corrono voci vaghe ma spesso ripetute di una vicina alzata di scudi del partito rivoluzionario fomentato a quanto appare dall'elemento reazionario.

Era stata segnalata al Governo del Re la partenza da Londra di un tal Giuseppe Porro, il qual:e stando all'indicazione data, avrebbe dovuto accompagnare in Italia una clandestina importazione d'armi per conto del partito reazionario. Ogni diligenza messa in opera da questo Ministero per seguire le tracce di questo agente, che avea per qualche tempo potuto eludere la sorveglianza degli Agenti governativi, ci condusse in questi giorni a scoprire che il Porro si trovava recentemente in Germania, daddove scriveva ad amici suoi in Gibilter,fla che gLi affari suoi andavano benissimo.

Se il Ministero giungerà a conoscere dove si sia recato precisamente il Porro, mi affretterò di farne cenno alla S. V. acciocché si possa all'evenienza vedere se i sospetti contro di lui concepiti siano o non siano fondati.

Queste cose, ripeto, sono destinate esclusivamente ad informazione a V. S.

Dolersi o recriminare non giova in affari di tal sorta. Invigilare val meglio, ed a ciò fare con profitto può tornare utile lo aver conoscenza delle particolarità che Le ho sopra narrate.

(l) -Cfr. n. 133. (2) -Cfr. n. 158.
181

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI

D. IV. Firenze, 20 marzo 1869.

A tempo debito ho ricevuto i rapporti che la S. V. mi ha diretti relativamente a quel gravissimo interesse che è la riunione di un concilio ecumenico in circostanze così difficili per l'Italia quali sono le presenti.

La ringrazio delle informazioni datemi sui principali membri dell'alto clero portoghese e mi riuscì utile di conoscere l'opinione che sul loro contegno, qualora dovessero riunirsi in Roma, si forma Monsignor Vescovo di Viseu il quale certamente meglio d'ogni altro può essere in grado di conoscere le tendenze vere dell'episcopato di codesto Regno. Se la S. V. raccoglierà altri dati che completino le biografie personali dei prelati portoghesi la prego di volermeli trasmettere, essendo vantaggioso, in ogni eventualità, che il Governo possegga simili notizie.

Anche la particolarità ch'Ella mi ha riferito circa gl'inviti dei Principi Sovrani per assistere al Concilio ebbero per me un vero interesse. La prego di continuare a darmi le informazioni ch'Ella potrà avere intorno a tutte queste cose.

Le nostre proprie informazioni non ci permettono per ora di veder chiaro negli intendimenti di chi dirige l'opera del Concilio. Stando a certi avvisi che si ebbero recentemente sembrerebbe che recenti notizie giunte a Roma sulle disposizioni di una parte dei Governi e dei prelati a quest'ultimi devoti, abbiano fatto nascere in alcuni, fra i più zelanti fautori del Concilio, la persuasione che convenga ad ogni costo ritardare la convocazione. Ma per altra via si sarebbe invece venuti a sapere che il Santo Padre si mostra sempre più deciso a non volere soprassedere in un affare ch'Egli reputa unicamente appartenente alle cose della fede.

È probabile che anche a Lisbona siano giunti avvisi a questo riguardo, epperò, se ciò fosse la pregherei di farmi conoscere l'impressione che siffatte notizie avranno prodotto sovra codesto Governo. Il fatto dell'essere nata spontanea a Roma l'idea di sospendere la riunione del Concilio ed il vedere che quest'idea è caldeggiata appunto dai più zelanti ultramontani, potrebbero infatti essere prov.e irrecusabili dello scopo politico anziché religioso che si erano dapprima proposti ~ promotori delle riunioni del Sinodo.

Sopra tutte queste cose desidero ch'EHa stabilisca una corrente di idee e di comunicazioni con codesto Governo, e mi sembra che per questo fine converrà ch'Ella abbia intorno a quest'argomento dei colloquii con Monsignor Vescovo di Viseu. Ho veduto con piacere che S. M. Fedelissima si occupa essa stessa personalmente di conoscere le disposizioni dei dignitari della Chiesa di Portogallo. Certamente l'alta influenza del Principe può molto giovare a formare anche nell'episcopato portoghese un nucleo di persone che per impegno e fermezza di propositi potrebbero opporre un solido argine alle irrompenti tendenze esagerate dell'ultramontanismo.

La quistione del Concilio è delle più complesse che si possano immaginare. I punti direi preliminari che conviene esaminare e discutere sono molti e gravi. Le varie quistioni che si affacciano a chi considera 1a riunione de.l Concilio al punto di vista dei rapportd che questo fatto crea fra la Chiesa e le Potestà civili sono svolte con molta chia~:~ezza e con singolare dottrina nella memoria qui unita (l). Ne raccomando la lettura alla S. V. la quale vi troverà infinità di vrulidissimi argomenti per dimostrare che il concorso delle potestà civili è indispensabile per la validità di tutti gli atti del Concilio e persino per la validità delle convocazioni.

Bramerei ch'Ella comunicasse questa memoria alla Maestà del Re di Portogallo e ne facesse prendere lettura anche a Monsignor di Viseu, a questo fine le invio due esemplari di detta memoria, uno dei quali Ella potrà consegnare privatamente alle auguste mani di Sua Maestà valendosi dell'altra per farne conoscere il contenuto al più volte nominato Vescovo di Viseu.

182

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI

D. III. Firenze, 20 marzo 1869.

Le trasmetto una memoria (2) nella quale sono riassunte le principali quistioni riflettenti il concilio ecumenico.

Benché voci contl1addittovie facciano dubitare che la riunione del Concilio

possa esser differita ad epoca più remota, stimo utile che V. S. abbia cono

scenza dei punti più essenziali che si connettono con quel fatto.

Le rammento, Signor Marchese, il contenuto delle mie anteriori comuni

cazioni intorno a questo argomento e, segnatamente in quella parte che con

cerne l'interesse che il Governo del Re annetterebbe ad aver dati precisi circa

le disposizioni dell'alto clero austriaco nel caso in cui la riunione del Concilio

dovesse effettuarsi. A questo riguardo, quanto più minute saranno le investi

gazioni che V. S. potrà fare sulle singole Individualità che compongono l'Episco

pato dd codesto Impero, tanto magg,iore sarà l'utilità che da dette informazioni

potrà ritrarre il Ministero.

183

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 373. Berlino, 20 marzo 1869 (per. il 24).

En me référant à ma dépéche confidentielle N. 354 du 22 février échu (3), j'ai l'honneur de transmettre de nouveaux renseignements sur mes pourpariers avec M. Bancroft.

Ainsi que j'en avais prévenu V. E., il fallait s'attendre à quelque retard en suite du changement de Présidence (1), retard qui s'est encore prolongé par l'incertitude sur le choix définitif du secrétaire d'Etat.

Dans l'intervalle mon collègue des Etats-Unis était venu me lire la minute de ses lettres, et je m'étais permis de lui suggérer des changements qui me paraissaient nécessaires pour laisser à ma démarche son véritable caractère. Je suis retourné chez lui avant hter. Je lui ai répété que si j'étais autorisé à recourir particulièrement à son entremise privée, c'était non point à l'effet d'invoquer les bons offices de son Gouvernement, mais uniquement dans le but de nous prévaloir de ses rapports personnels avec des personnages influents à Mexico. Dans ces conditions, il lui serait peut-étre facile de sonder, par leur intermédiare et en voie tout-à-fait non off.icielle, Jes dlispositions du Président Juarez sur la question du rétablissement des rapports régulie.rs entre l'ItaUe et le Mexique.

Il m'a communiqué hier la copie des deux lettres amendées et déjà expédiées le méme jour, l'une à Mexico au Ministre des Finances M. Romero; l'autre à Washington au Secrétaire d'Etat M. Fish.

Je joins ici le texte anglais et une traduction italienne (2).

La première me semble parfaitement appropriée à nos vues.

La seconde pourrait impliquer une démarche de M. Fish lui-méme, mais un passage de cette lettre indique à quel titre et dans quelle mesure je me suis adressé à M. Bancroft. J'eusse cependant voulu plus de netteté dans ce passage. Mais les documents ayant été déjà acheminés vers leur destination, il ne me restatt qu'à établir nouvellement l'exacte portée de nos pourparlers. C'est ce que j'ai fait brièvement dans la rèponse dont copie est ci-annexée, par laquelle je le remerciais de son concours si bienvetllant. Il eut été préférable peut-étre, que pour le moment du moins, il eut agi en dehors de toute correspondance méme particulière avec un membre du Cabinet des Etats-Unis, mais d'un autre còté on comprend qu'un diplomate ne se donne pas carte Wanche.

V. E. remarquera qu'il est di t que nous n'aurions aucune réclamation à faire valoir .près le Gouvernement mexicain en suite [des] derniers événements. C'est là un point sur lequel j'ai été interpeNé par M. Banoroft. Mais à défaut de notions précises, j'ai répondu d'une manière assez vague. Il m'a aussi demandé si nous tenions à la condition de réciprocité dans ·le cas où nous nommerions un Agent diplomatique à Mexico. N'ayant reçu aucune instruction ultérieure de Florence, j'ai nouvellement déclaré que c'était là, selon mon avis, un point abandonné au libre arbitre du Gouvernement de la République, aux exigences de son budget.

A ce propos, mon Collègue des Etats-Unis avait d'abord attribué à l'Agent que nous enver11ions la qualité de Ministre. J'ai tenu à ce qu'il fut ajouté: « ou Chargé d'Affaires ». Je ne voulais pas préjuger les intentions de notre Cabinet. Je crois d'ailleurs qu'il vaudrait mieux, comme la Confédération de l'Allemagne du Nord, débuter par un simple Chargé d'Affaires Consul Général, afin d'éviter

que notre Roi fut le premier des Souverains qui signat des lettres de créance pour le Président Juarez dont le nom a été apposé à la condamnation à mo.rt de l'Empereur Maximilien. Le Roi de Prusse s'y seil"ait posit,ivement refusé. C'est pour ce motif qu'on a choisi le biais d'accréditer un Agent d'une catégorie inférieure auquel il suffit une simple lettre ministérielle.

M. Bancroft désirait également savoir si nous avions conclu des traités avec 1e Gouvernement déchu. Je me suis tenu sur une extréme réserve à ce sujet. Quant au Cabinet de Berlin, M. de Schloezer, parti le 10 de ce mais, a l'ordre de négocier un traité de commerce et de navigation, mais il bénéficie de l'heureuse circonstance que les anciens arr.angements stipulés pa.r la Prusse ont exp1iré, ne fut-ce que par le fait méme de la transformation de l'Allemagne depuis 1866.

Dès que je connaitra.i Ie premli:er résultat des démarehes de M. Bancro.ft, je m'empresserai de le faire savoir à V. E. Mais l'affaire continuera à marcher avec une certaine lenteur s'il est vrai qu'une crise intérieure se prépare au Mexique. Un pronunciamento aurait méme eu lieu à Puebla. En attendant il serait peut-étre convenable qu'une lettre particulière et ostensible de V. E. me chargeat de remercier M. Bancroft de son intervention amicale.

(l) -Cfr. n. 139, nota 3. (2) -Cfr. n. 139, nota 3. Analoghi dispacci vennero Inviati in pari data a Berlino, Bruxelles, carlsruhe, L'Aja, Londra. Madrid, Monaco e Stoccarda. (3) -Cfr. n. 123. (l) -Era stato eletto Ulysses S. Grant, repubblicano. (2) -Non si pubblicano gl! allegati.
184

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Firenze, 21 marzo 1869, ore 17,45.

Nigra arrivera Paris. Combinez avec lui dans le sens que vous m'écrivez, faites moi savoir résultat merci chevaux.

185

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 7. Belgrado, 21 marzo 1869 (per. il 26).

L'atteggiamento della Russia verso la Servia mette in grave pensiero ed ansietà questo Governo. La malevolenza del Gabinetto di Pietroburgo, sorta alla morte del Principe Michele ed all'inaugurarsi della reggenza attuale, traducesi oggi in tentativi di distruggere l'egemonia serba sulle popolazioni delle finitime provincie turche, e di sostituirvi l'influenza del Montenegro; e dalle insinuazioni e dalle accuse non è esente la dinastia degH Obrenovitch.

Il giornale ufficiale rese pubblica una decisione secondo la quale è interdetta in Servia l'introduzione di due diarii di Neusatz perché contrarii alla dinastia ed anche all'avvenire della nazione, come scrive l'organo del Governo.

16 --lJol'll'lnrnli dip!ornalid -fkri<' I -Vol. XI

La legazione del Re a Pietroburgo ha per sicuro scritto a V. E. intorno ai cordiale accoglimento fatto al Principe Nicola. A V. E. sarà parimente noto che il Principe Dolgoruki rappresenta a Cettigne l'Imperatore Alessandro padrino del quarto nato al Principe montenegrino. Forse, all'incontro, non Le sarà noto che, a norma degli usi Slavi, a quel padrinaggio dovea essere scelto il Principe Milano, perchè membro della famiglia Obrenovitch alla quale apparteneva il Principe Michele, padrino di tutte le altre figlie del Principe Nicola. Qui si mostrano feriti da quest'oblio e non valse a tranquillarli l'invito .fatto, per mezzo dell'Agente russo, di inviare alcuno che assistesse a quel battesimo in nome del Principe Milano.

A quest'ufficio è destinato il Senatore Signor Cristitch. Naturalmente egli ha missione d'indagare e di riferire intorno ai maneggi ed agli incoraggiamenti russ:i, ed alle nascenti ambizioni del Principe del Montenegro.

Interrogai se da queste mene nasceva grave pericolo allo stato attuale delle cose. I Reggenti credono di non aver nulla a temere: ma se scorresi la storia vedrassi quanto facile fu di sconvolgere questo Stato, e, imparato in essa con quale cura la Russia cercò ed ottenne sempre d'impedire l'avviamento dei popoli orientali ad una forte autonomia, dovrassi purtroppo nutrire alcun sospetto e temere che i mutamenti prossimi nell'organamento interno del Principato non offrano una facile occasione ad un altro sconvolgimento in Servia.

Se i Governi occidentali intendono incoraggiare gli Stati danubiani a conquistare colle loro forze e colla loro propria attività l'intera indipendenza e lo sviluppo della loro prosperità, sarebbe utile che i loro rappresentanti porgano a questi governanti parole di conforto e di simpatia nei loro sforzi a prosciogliersi dalle troppo propotenti influenze straniere. È questa la norma di condotta scelta da me, ed usata con la massima prudenza, fino a che io non sappia se essa è esplicitamente approvata da V. E.

(l) Da ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 1405.

186

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 22 marzo 1869, ore 23 (per. ore 7 del 23).

Nigra est arrivé. Espère faire accepter modifications (2). Ministre d'Etat observe qu'une partie des nouvelles clauses ne pourrait entrer dans le traité,

«Conditions spéciales. 1o -S.M. l'Empereur d es Français adressera à S.M. le Roi d'Italie une !ettre confidentielle dans laquelle sera indlquée une époque bien r·approchée pour le rappel des troupes Françalses du territoire pontifica!.2° -Le traité et la Convent!on seront pour le moment simplement signés par !es trois Souverains, sans contreseings de Ministres. 3° -La frontière entre la France et l'Italie du còté de Nice sera rectifiée de manière à faire disparaitre les inconvénients de la délimitation actuelle. Dans ce but, une partle du bassin de la Roja appartenant à la France, sera annexée à J'Italie et la délimitatlon suivra la

mais pourra etre stipulée séparément. Lettre Empereur et rappel troupes pourra etre obtenu. J'ai modifications aux conventions Autriche, expédierai demain par télégraphe. Remboursement frais de guerre sera payé par France ou par ennemi.

(l) -Da ACR. (2) -Le modificazioni richieste sono probabilmente quelle contenute nel seguente documento, privo di data, conservato in ACR, che reca la seguente annotazione: «Menabrea 3 Remis à Nigra»:
187

IL CANONICO TOSI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

L. P. Cremona, 22 marzo 1869.

Ho l'onore di inviare a V. E. il manoscritto che Le annunciai nell'ultima mia lettera col quale si fa appello al Clero Minore in relazione al futuro Concilio. Esso è l'opera quasi per intero dei due egregii ecclesiastici Don Antonio Perazzi, arciprete di Viadana, e del sacerdote prof. Luigi, suo fratello.

Ho condotto a buon punto, ed entro l'aprile avrò dato termine ad un Commonitorio diretto ai Padri del Concilio col quale si mettono sull'avvertita tanto su ciò che è loro debito di non permettere che si faccia, quanto su ciò che loro incombe di volere, e di fare in una Sinodo Ecumenica, perchè sia pia, e libera. Compito che sia, lo spedirò a V. E.

Anche col pericolo di essere accusato di temerità oso fare una proposta. Io reputo che convenga illuminare sì il Clero che il Laicato sulle cose più importanti che riguardano n Concilio. Per ottenere questo intento, non vi ha altro mezzo che la stampa di opuscoli di piccola mole, che sono letti da un gran numero più che le opere voluminose, e riescono utili come quelle, quando vi si condensi quanto è sparsamente detto in molti volumi. Quando il governo ripatasse di usare di questo mezzo parmi che si otterrebbero i seguenti vantaggi: si formerebbe la pubbUca opinione su questo argomento del Concilio, l'Episcopato italiano, composto di persone dabbene, ma poco versate nella dottrina, e nella giurisprudenza conciliare, colla lettura di questi opuscoli potrebbe farsi un più degno concetto dei proprii diritti, e dei proprii doveri, e qualche prelato, se non molti, in parte per coscienza avendo conosciuta la verità, e in parte per rispetto alla pubblica opinione, che saprebbero essere informata dei loro diritti, e dei loro doveri terrebbe fermo contro la fazione curialistica, e gesuitica: chi sa che da una scintilla nascesse un incendio. Già in Francia, ed assai più in Germania molti prelati non intendono d'intervenire al Concilio, come avvenne in altre unioni, solamente come taciti testimoni, e so da buona mano che Roma

crete des contreforts qui Jimitent la vallée de ce torrent à l'Ouest su!vant la ligne !nd!quée dans la carte ci jointe. [Nota a margine: «N.B. Ce paragraphe pourrait former un article de la Convention].

4° -Les manifestations de nature à !ndiquer I'explosion de la guerre devraient étre suffiaemment retardées afin de laisser le temps nécessaire pour accomplir !es opérations f!nancières entreprises par le Gouvernement Italien.

S.M. l'Empereur des Français promet de favoriser, autant qu'il dépend de Lui, ces opérat!ons financières et !es autres que le Gouvernement Italien aurait occasion de faire sur le marché Français pendant la durée du présent Traité ».

è impensierita del commoversi dell'Episcopato ultra montes: i più avveduti fra i Cardinali vorrebbero che si differisse la convocazione del Concilio; ma il partito ultramontano che domina il Papato, resiste, e fino ad ora ha il sopravvento. Se in Italia si pubblicassero scritture opportune, e si divulgassero sopra una grande scala, se queste scritture giungessero a produrre una qualche agitazione, e guadagnassero alcuni Vescovi italiani, si metterebbe in grave angustia il partito romano. Basterebbe costituire nel Concilio un partito qualunque anche in minoranza composto dai prelati di tutte le nazioni cattoliche, ma un partito tenace, compatto, e confortato dalla pubblica opinione per indurre, come ci ammaestra la Storia ecclesiastica a sciogliere la Sinodo, il che è il meglio a desiderarsi.

Ma lo stampare non basta: è necessario far pervenire le pubblicazioni alle persone che più interessa che le leggano; converrebbe che il Governo ne sussidiasse la stampa senz'apparire che lo faccia; che il prezzo degli opuscoli fosse assai basso; che ne fosse spedita una o più copie ai Vescovi, e ciò gratis ché altrimenti, tolti pochiss.imi i più non ne prenderebbero cognizione; che egualmente fossero spedite alcune copie agli ecclesiastici, ed ai laici, che si riputassero più opportuni per divulgarli; ed in fine la pubblica stampa periodica se ne occupasse e desse loro qualche valore.

I clericali spargono scritti molti, e a buon mercato, che sviano la pubblica opinione; sono scritture leggere povere di dottrina, e ricche di declamazioni. Si spediscono anche gratis: esse non fanno quel male che sperano i divulgatori, però sono infeste, e nocive. Chi ha gran fede nella verità, è sicuro del trionfo sopra l'errore, quando senza passione, e lealmente si faccia conoscere la verità.

Mi sono dilungato di troppo, ne chieggo scusa a V. E....

188

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1435. Londra, 23 marzo 1869, ore 15,55 (per. ore 19).

Ce n'est qu' aujourd'hui que j'ai pu entretenk lOJrd CJarendon du contenu de votre dépéche confidentielle (1). Je connais par expérience ses opinions sur les Principautés danubiennes. Je prévoyais la difficulté qu'il y aurait à lui faire partager nos vues sur la politique à suivre dans ce pays. Je lui en ai donc parlé avec beaucoup de circonspection et je crois avoir bien fait car malheureusement mylord est tout à fait hostile à l'idée d'apporter un changement quelconque dans les conditions actuelles de ces Principautés. J'écrirai par la première occasion sure.

(l) Cfr. n. 120.

189 IL MINISTRO A CARLSRUHE, ARTOM,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 95. Carlsruhe, 23 marzo 1869 (per. il 27).

Ho ricevuto ieri per mezzo del Corriere di Gabinetto Signor Armillet i dispacci serie politica n. 15 e 16 del 19 corrente (1). Ringrazio l'E. V. delle istruzioni circa la politica generale del Governo del Re contenute nell'ultimo dei dispacci suddetti e non mancherò di conformare ad esse il mio linguaggio e la mia condotta.

Ho letto con vivo interesse i documenti diplomatici consegnatimi pure dal Corriere arrivato ieri. Mi sono prevalso delle notizie attinte in quella lettura per avere oggi una conversazione politica con questo Ministro degli Affari Esteri. Ho richiamato di nuovo la sua attenzione sopra il colloquio ch'ebbe luogo a Nordlingen fra il Principe d'Hohenlohe ed il Barone di Varnbiiler. Il Signor di Freydorf, benché continui a non voler dare a questo coLloquio alcuna importanza, e pretenda di non avere aLcuna notizia su quello che siasi fatto in quell'occasione, soggiunse però che tre versioni circolano sopra lo scopo di quel convegno. Alcuni pretendono che si sia parlato soltanto delle ferrovie intorno a cui verte da lungo tempo discussione fra la Baviera ed il Wiirtemberg. V'ha chi crede invece che i Ministri di quei due Governi, temendo che la Prussia accampi nuove pretese nella questione delle fortezze durante le conferenze della Commissione di liquidazione, e che il Baden appoggiasse codeste nuove esigenze, abbiano voluto mettersi anticipatamente d'accordo per impedire ogni mutazione allo stato attuale delle cose. Il Signor di Freydorf mi parve inclinare ad accettare come contenente gran parte del vero, questa seconda versione. Finalmente non manca chi crede che il Principe d'Hohenlohe siasi proposto di convertire il Barone di Va,rnbii:ler aile sue idee circa l'organizzazione politica che converrebbe dare alla Germania Meridionale. Adopero questa espressione per evitare quella di Confederazione della Germania del Sud, la quale mal esprimerebbe, secondo il mio interlocutore, il concetto del Principe d'Hohenlohe. Questi che, in sostanza è animato da sentimenti nazionali, non vorrebbe già creare nel Sud una federazione distinta ed affatto isolata da quella del Nord. Vorrebbe piuttosto costituire fra il Sud ed il Nord della Germania una Confederazione più larga (Weitem Bund). Ma, sempre secondo il Signor di Freydorf, codesto concetto generico non si è mai svolto in formale concrete e discutibili. Quando se ne parlò per la prima volta, quel progetto pareva accennare alla formazione d'un Consiglio Federale comune, in cui gli Stati del Sud sarebbero rappresentati egualmente che quelli dei Nord. Ma le decisioni o proposte fatte da quel Consiglio, avrebbero dovuto essere sottoposte ed accettate da ciascuno dei Parlamenti degli Stati del Sud prima di avere forza ed autorità

di legge. Quel progetto fu trovato inaccettabile dal Baden e dalla Prussia, che hanno dimostrato la impossibihl.tà deLla sua esecuzione. I quattro Stati del Sud (Assia-Darmstadt compresa) hanno ciascuno due Camere: basterebbe il rifiuto di una di queste, per impedire alla Germania intera il benificio di una legislazione comune. A quel progetto fu dunque sostituito, per le cose doganali, il Zollparlament: ed il Signor di Freydorf è convinto che la necessità stessa delle cose trarrà seco inevitabilmente l'adozione dello stesso metodo anche nelle materie politiche. Intanto e finchè per riguardi internazionali si considera ciò come troppo arrischiato, non altro rimane agli Stati del Sud che introdurre in casa loro gli stessi ordinamenti legislativi che sono sanciti dal Parlamento della Confederazione del Nord. Il Governo Badese, almeno, è deciso a ciò fare, come già annunciai all'E. V., per l'arresto personale, le società commerciali, e i pesi e le misure.

A rischio di annoiare l'E. V. e di cadere in qualche ripetizione sono entrato in questi ragguagli. V'ha infatti contraddizione f,ra le tendenze nazionali che si attribuiscono generalmente al Principe d'Hohenlohe ed i progetti di Sudbund che non meno ostinatamente gli si attribuiscono. Ho voluto perciò obbligare in certo modo questo Ministro degli Esteri ad uscire dalle formole generali ed a parlarmi con qualche maggior chiarezza. Il concetto che io mi sono fatto delle idee del Presidente del Gabinetto di Monaco si è che egli si proponga di trovare un vincolo politico comune per tutta la Germania, conservando pure intatto quanto rimane deJl'autonomia di ciascuno degli Stati del Sud. Questo concetto risponde a quanto si sa delle tendenze del Re di Baviera: giovane, desideroso da un lato d'avere una brillante iniziativa politica a prò della Germania, geloso dall'altro della Sovranità ereditata, e fiero di essere il discendente dei Wittelsbach. Lo scopo del Principe d'Hohenlohe è forse lodevole, ma la sua attuazione è ta'lmente difficile, che frattanto egli trovasi esposto ad essere frainteso ed osteggiato da tutte le parti. I Francesi per esempio lo credono un intrigante che cela le velleità unitarie e prussiane sotto il manto dell'amore all'autonomia bava,rese. I nazionali invece vedono in lui un pericoloso strumento dei Gabinetti di Vienna e di Parigi. Ad ogni modo non credo probabile che egli riesca a vincere l'opposizione da un lato del Wiirtemberg il quale trova che già s'è sacrificato fin troppo gli interessi particolari degli Stati del Sud all'interesse generale della Germania, o piuttosto a quello della Prussia: dall'altro lato alle obbiezioni del Governo Badese, che non sa trovare altro modo pratico di unire le sorti del Sud a quelle del Nord che con un Parlamento che rappresenti veramente l'unità della Germania. Intanto, saremo condannati, finchè le sorti dell'Europa durano nell'incertezza attuale, ad udire di quando in quando queste voci ripetersi per essere smentite, ed essere smentite per essere ripetute di nuovo.

P. S. Non presentandosi finora alcuna occasione per Bruxelles e per l'Aja, manderò posdomani per la posta, giusto quanto venivami ordinato, i due pieghi per Le RR. Legazioni in queHe due residenze.

(l) Cfr. n. 176, inviato a Car!sruhe con numero di protocollo 16; il D. 15 non è pubbllcato.

190

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 830. Parigi, 23 marzo 1869 (per. il 27).

n giornale ufficiale dell'Impero francese nel suo numero d'oggi porta in capo alle sue colonne l'articolo seguente:

«A la suite des pourparlers qui ont eu lieu entre le Gouvernement de Sa Majesté l'Empereur des Français et celui de Sa Majesté le Roi des Belges, les deux cabinets sont tombés d'accord sur les termes de la déclaration suivante:

"La présentation et le vote de la loi du 23 Février dernier sur les cessions de concessions de chemin de fer ont donné lieu en Fmnce à des appréciations au sujet desquelles le gouvernement du Roi s'est fait un devoir de transmettre à Paris des explications d'une loyale et complète franchise.

" Afin de se donner un mutuel témoignage de leurs disposìtions coxdiales et confiantes et dans le désir de concilier les intéréts des deux Pays, les gouvernement Français et Beige se sont entendus pour instituer une commission mixte qui sera chargée d'examiner les diverses questions èconomiques que font naitre, soit les rapports existants, soit de récents projets de traités de cession d'exploitation et dont la solution semit de nature à développer les relations commerciales et industrielles entre les deux pays" ».

Questa pubblicazione fa prevedere una prossima e favorevole soluzione della questione sollevata a proposito della presentazione della legge sancita dal Belgio sulle cessioni delle strade ferrate. Il Marchese di Lavalette, a cui, malgrado il recente lutto di famiglia, ho potuto parlare un momento ieri, mi confermò questa previsione. Egli non dubita punto d'un equo accomodamento fra i due Governi in ordine a questa vertenza.

191

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 831. Parigi, 23 marzo 1869 (per. il 27).

Facendo seguito al mio rapporto di serie politica, n. 826 in data del 4 corrente (1), ho l'onore d'informare l'E. V. che in una conversazione ch'ebbi col Marchese di La Valette, il Ministro imperiale degli affari esteri mi espose varie considerazioni sull'opportunità di convocare in Roma, anziché in Firenze, la Commissione mista incaricata d'esaminare le questioni riservate dall'art. VI della Convenzione del 7 dicembre 1866 relativa al Debito pontificio. S. E. osservò che a suo parere la presenza di RR. funzionari nella capitale degli Stati pon

tifici gioverebbe a facilitare l'opera di conciliazione desiderata dal Governo del Re, e che in questo intendimento sarebbe utile di profittare d'ogni simile circostanza per moltiplicare e rendere quindi meno aspri i contatti tra gli agenti dei due Governi.

Ho stimato utile di riferire all'E. V. quest'osservazione che non mi pan~ senza peso, salvo a comunicarle tostoché l'avrò ricevuta la risposta ufficiale che attendo dal Marchese di La Valette in riscontro alla lettera da me scrittagli conformemente a quanto ebbi l'onore d'esporle nel mio rapporto sovra·· citato.

(l) Non pubblicato.

192

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 375. Berlino, 24 marzo 1869 (per. il 29).

La Gazette de l'Allemagne du Nord, dans deux articles publiés hier au soir qui portent une empreinte officieuse, attaque vivement l'Autriche et la Cour de Hietzing dont la presse se plait à ébranler la confiance dans le maintien de la paix, par des nouvelles alarmantes. Elle est secondée dans ses manoeuvres par les agioteurs de la bourse. Farmi ces nouvelles, on cite celle d'une alliance entl'e l'Italie, l'Autriche et la France, ou tout au moins d'un mpprochement, dès maintenant acquis entre ces Puissances. Le premier article termine par ces mots: « Nous n'avions jusqu'ici lu aucune allusion à cette triple alliance dans les feuilles favorables aux intéréts de la France, mais seulement dans quelques organes de la presse, en Allemagne, en Italie et en France, qui reçoivent leurs inspirations du centre dualiste de Hietzing et de la presse officieuse Viennoise ».

Dans un second article, le journal précité explique pourquoi il entre nouvellement en lice contre la politique autrichienne. S'il s'était abstenu, dans ces derniers temps, c'était sous la condition tacite de réciprocité, condition qui n'a pas été observée par la Gazette de Vienne, ~a Neue Freie Presse, laquelle se trouve à l'entière dévotion du Comte de Beust.

Lors méme que le branle parte de Vienne, cette polémique ne contribuera certainement pas à faciliter la tache des Gouvernements qui s'emploient, comme le nòtre, à empécher, ou du moins à éloigner, les complications menaçantes.

Sous ce rapport je reme,rcie V. E. de sa dépéche du 19 de ce mais, N. 119, Série Politique (l). J'en ai utilisé le contenu auprès de M. de Thile, et, plus notre langage sera explicite sur un pareil sujet, plus nous nous ménagerons les bonnes dispositions des Cabinets qui veulent sincèrement la paix. Je ne saurais trop insister pour recevoir, au risque méme de tomber dans des redites, toute indication qui nous dégage de plus en plus de toute politique ayant pour effet de nous faire sortir, méme en apparence, de notre attitude expectante, éminemment conforme aux ~ntéréts de l'Italie.

(l) Cfr. n. 176, Inviato a Berlino con numero di protocollo 119.

193

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI

Firenze, 25 marzo 1869.

D. 168.

Nella mia spedizione d'oggi Ella troverà la copia d'un dispaccio comunicatomi dall'Inviato di Russia a Firenze nonché una copia di un mio dispaccio in data d'oggi al Ministro del Re ad Atene (1), l'uno e l'altro documento relativi entrambi alla questione della nazionalità di quei sudditi elleni i quali, optando per la sudditanza ottomana, credettero sottrarsi agli effetti dell'ultimatum che la Porta aveva intimato alla Grecia.

Dalla semplice lettura di quei documenti la S. V. vedrà in che cosa consiste la sostanza di tale questione.

Per effetto della nuova legge sulla cittadinanza ottomana, la Porta sembrerebbe pretendere che coloro i quali scelsero la sudditanza del Sultano piuttostoché esporsi al pericolo imminente d'una rovinosa espulsione, ora fossero posti in questa alternativa, o di persistere nella scelta sudditanza, o di vedersi perpetuamente esiliati dal paese dove hanno da anni stabile domicilio.

La S. V. troverà fra i dispacci de' quali Le trasmetto copia con questo corriere quello che in data d'1eri io ho diretto al Ministro del Re a San Pietroburga (2) per fargli conoscere l'impressione che avevano prodotto sul Gabinetto di Firenze le difficoltà sorte fra la Grecia e la Turchia riguardo alla questione sovra esposta. Dal linguaggio adoperato in quel dispaccio la S. V. deve pigliare norma per sapere in qual modo interpretare gli intendimenti del Governo del Re in siffatta vertenza. Questa può essere considerata sotto due punti di vista diversi; in considerazione cioè dell'interesse comune di tutti i Governi di non lasciare pregiudicare le questioni relative alla cittadinanza degli stranieri stabiliti in Turchia, ed in considerazione della condizione speciale che è fatta a quei sudditi elleni i quali rinunziarono alla propria nazionalità sotto la minaccia dell'imminente espulsione dal territorio Ottomano.

La S. V. conosce a quest'ora dal mio dispaccio del 16 corrente (3) quale sia il modo di vedere del Governo del Re in ciò che concerne in generale la nuova legge relativa alla cittadinanza ottomana. I riflessi che ho sottoposto alla considerazione della S. V. in quella mia comunicazione Le hanno già dato a conoscere che secondo noi una simile materia non può formare oggetto di cambiamenti e riforme senza un preventivo concerto del Divano imperiale coi Gabinetti principalmente interessati.

Per quanto poi particolarmente riguarda la condizione di quei sudditi elleni che nelle circostanze sovra narrate rinunziarono aJla loro nazionalità, il Governo del Re ritiene che l'ultimatum essendo stato ritirato, dopo l'accettazione per parte della Grecia della dichiarazione emessa dalla conferenza, ogni effetto

immediato di quell'atto della Sublime Porta debba considerarsi come annullato di pien diritto. Secondo la nostra opinione l'accettazione della dichiarazione per parte del Governo ellenico ed il ritiro dell'ultimatum per parte della Turchia ebbero per effetto di ristabilire lo statu quo ante senza veruna eccezione e senza riserva di sorta.

È pertanto in questo senso ch'io La prego di voler parlare a S. E. il Ministro degli Affari Esteri di S. M. I. il Sultano, dimostrandogli il titolo speciale alla benevolenza ed alla amicizia degli altri Governi che si acquisterebbe la Sublime Porta ove, desistendo dalle accampate pretese, evitasse di dare appiglio a nuove discussioni che lasciano sempre apparenti le vestigia dell'incidente che con tanto studio i Gabinetti europei si adoperarono a risolvere nella recente Conferenza di Parigi.

Il Governo del Re vedrebbe con tanto maggior dispiacere la Porta persistere nel suo divisamento per ciò che concerne i sudditi elleni che si fecero naturalizzare Ottomani, che non potendo egli riconoscere la validità degli effetti che la nuova legge della Turchia può produrre sui medesimi, si vedrebbe nella necessità di considerare quel divisamento come un nuovo atto di ostilità del Governo del Sultano verso la Grecia, atto interamente contrario allo spirito di conciliazione che ha presieduto alle deliberazioni dell'ultima conferenza di Parigi.

Quando V. S. avrà fatto la comunicazione verbale che queste mie istruzioni comportano, La prego di volermi fare tosto conoscere la risposta che Le sarà data da S. E. il Ministro degli Affari Esteri. Che se da taluno o da parecchi di Lei colleghi Ella venisse sollecitato ad unirsi ad una dimostrazione collettiva verso il Divano Imperiale, Ella vorrà espormi per telegrafo l'oggetto di tale dimostrazione e la forma proposta, acciocché io possa trasmetterle per la stessa celere via le ulteriori istruzioni del Governo del Re.

(l) -Non pubblicati. (2) -Cfr. n. 194. (3) -Non pubblicato.
194

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA

D. 48. Firenze, 25 marzo 1869.

M. de Kisselew est venu me donner lecture et m'a laissé prendre copie de la dépèche dont Vous trouverez ci-joint un exemplaire (l).

Le cabinet de St. Pétersbourg désire que nous associons nos vues à celles des autres Cabinets qui se seraient déjà montrés disposés à appuyer une demande de la Grèce tendant à obtenir une solution de la question des nationalités avant la reprise de ses relations diplomatiques avec la Sublime Porte. Le Gouvernement russe voudrait nous voir partager son opinion, c.a.d. que les relations diplomatiques entre la Grèce et la Turquie devraient ètre retablies avant tout et sans retard. S. E. M. le Prince Chancelier nous fait savoir en

outre que cette mamere de voir est adoptée de l'avis unanime des autres Grandes Puissances qui admettent, ainsi que la Russie, camme indispensable pour la poursuite des négociations la présence d'un représentant hellénique à Constantinople.

De notre còté nous avons toujours cru que le p.rompte rétablissement des rélations diplomatiques entre la Turquie et la Grèce était une mesure conforme à ,la pensée qui a dirigé les travaux de la conférence dont le résultat a été de dissiper les craintes que le diffèrend turco-grec avait fait surgir. Aussi avons nous manifesté à plusieurs reprises, soit à Constantinople, soit à Athènes, la satisfaction que nous aurions èprouvée en apprenant que, par la rétablissement des rélations diplomatiques entre ces deux pays, l'oeuvre de la conférence venait enfin de recevoir san accomplissement. Le Gouvernement du Roi a été heureux d'apprendre que les Légations qui avaient été retirées de Constantinople et d'Athènes ont é.té rétablies après le départ de la dépeche dont M. de Kisselew a été chargé de nous donne'r communication. Il ne serait dane plus le cas pour nous d'insister davantage sur des recommandations que nous avons déjà faites verbalement et dans une forme toute amicale, à Athènes et à Constantinople, avant de connaitre l'opinion des autres Oabinets.

II resterait à voir dans quelle mesure le Gouvernement ottoman pourrait appliquer aux sujets hélléniques demeurant dans les Etats du Sultan, les dispositions d'une nouvelle loi qu'il aurait publiée récemment pour régler les questions de nationalité en Turquie. Le texte de cette loi ayant été communiqué au Gouvernement du Roi par le représentant de la S. Porte à Florence, nous nous sommes empressés de demander à Constantinople des explications qui nous ne sont pas encore parvenues. Dans les instructions générales que nous avons adressées au Ministre du Roi auprès de la S. Porte nous avons toutefois déjà exprimé l'opinion que les questions relatives à la nationalité des étrangers en Turquie ne peuvent etre réglées que par suite d'une entente préalable avec les Gouvernements intéressés. Dans la question soulevée par l'application de la nouvelle loi sur les nationalités, l'intéret de la Grèce est donc identique à celui de la plupart des autres Puissances ayant de nombreuses colonies dans les Etats du Sultan. Il nous semble par conséquent peu probable que cette question puisse recevoir pour la Grèce une solution différente de celle qui lui sera réservée dans les négociations que d'autres puissances ont déjà entamées à Constantinople. En adhérant toutefois au désir exprimé par

M. de Kisselew, au nom de son Gouvernement nous nous proposons d'écrire par le premier courrier à M. Be~rtinatti (l) de voulo1r bien faire connaitre à

S. E. le Ministre des Affaires Etrangères du Sultan que, dans l'opinion du Gouvernement italien le retrait de l'ultimatum par suite de la déclaration de la conférence, acceptée par la Grèce, impliquait l'abolition de toutes les mesures qui avaient été que la conséquence de l'ultimatum et le rétablissement du statu quo ante quant aux nationalités.

Veuillez, M. le Marquis, donner lecture de cette dépeche à S. E. M. le Prince Gortchakoff.

(l) Non pubbl!cato.

(l) Cfr. n. 193.

195

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI

D. 5. Firenze, 25 marzo 1869.

Mi pervennero molto regolarmente i rapporti ch'Ella mi ha indirizzato sino al N. 6 incluso. Le informazioni che nei medesimi ho trovato mi riescirono di molto interesse.

Nel di lei rapporto del 3 marzo (1), la S. V. accenna alla propaganda russa nelle provincie slave dell'Austria. È probabile che questa propaganda dispiaccia al Governo serbo; ma sarà bene aver occhio ai possibili cambiamenti che in tali disposizioni della Reggenza principesca o della popolazione serba potrebbero prodursi.

Intanto è pur notevole che le relazioni fra la Serbia e la Turchia si siano fatte alquanto più amichevoli da alcun tempo in qua. Forse è questo un effetto delle viste più indipendenti da ogni preponderante influenza straniera, che ora guidano la condotta politica del Governo serbo.

Saranno probabilmente queste stesse previsioni dell'avvenire quelle che spingono la reggenza a spiegare una grande attività nel ricostituire l'interno reggimento del Principato sovra basi che permettano col tempo il progressivo suo sviluppo. La Costituzione attuale della Serbia avrebbe infatti difficilmente potuto applicarsi utilmente sovra estensioni territoriali maggiori di quelle di una vasta provincia. Anche l'intento della Serbia di condurre il transito del commercio dell'Ungheria colle rive del Bosforo attraverso il suo territorio mira essenzialmente ad impedire che si facilitino le comunicazioni fra gli Slavi dell'Austria e quelli della Turchia.

Se dall'insieme di questi fatti risulta che la Serbia è intenta al lavoro ch'essa crede doverla condurre a realizzare il suo programma nazionale, conviene al tempo istesso riconoscere che quest'opera si compie con quei mezzi pacifici che ogni Stato è in diritto di adoperare. In questa via la politica del Governo di Belgrado non potrà probabilmente incontrare difficoltà suscitategli da interessi contrari o rivali.

Ella troverà qui uniti n. due dispacci. I medesimi sono destinati ad informazione particolare della S. V. la quale dalla lettura dei medesimi potrà trarre una regola generale di condotta.

196

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI

T. 872. Firenze, 26 marzo 1869, ore 13,40.

J'apprends que le Gouvernement portugais est sur le point de nommer un ambassadeur à Rome. Veuillez employer votre influence pour que le person

nage destiné à cette haute charge ne nous soit pas contraire vu que la légation portugais est maintenant chargée de nos affaires à Rome. On parle d'un M. da Costa qui s'est toujours montré très hostile à l'Italie. Ce choix s'il avait lieu serait facheux pour nous.

(l) Recte 3 del l" marzo cfr. n. 143.

197

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 378. Berlino, 26 marzo 1869 (per. il 30).

En me prévalant des notions contenues dans la dépeche de V. E. n. 109 (série politique) du 21 Février échu (l) et dans les documents diplomatiques

n. 66 et 6D, j'ai parlé au Président de la Chancellerie Fédérale des inconvénients sérieux que pourrait off:rir nommément en Egypte une influence dominatrice vers laquelle est dirigée l'attitude de M. Poujade. La marche des négociations pour la réforme judiciaire laisse assez entrevoir que cet agent français agissait, au moins sous l'administration de M. de Moustier, conformément aux instructions de son Gouvernement.

* M. Delbriick évitait d'abord de se prononcer en alléguant qu'une telle situation présentait bien moins de danger pour l'Allemagne qui, dans ces contrées, n'avait pas à sauvegarder des intérets aussi importants que d'autres Puissances * (2). Il ne paraissait pas admettre que la distinction accordée par le Roi Guillaume au Vice-Roi d'Egypte Cl'Aigle rouge et non l'Aigle noire) eut été l'indice d'une tentative de réagir contre des tendances de prépondérance absolue.

Je lui fis cependant observer qu'indépendamment des conditions d'équiIibre européen qui semit en jeu si on changeait peu à peu l'Egypte et la Régence de Tunis en vassales de la France, l'Allemagne du Nord, gràce au développement de son commerce et de sa marine, verrait à son tour grandir ses rapports, et que dès lors il ne saurait lui convenir de laisser en quelque sorte le haut du pavé à une Puissance déjà trop disposée à empiéter, là surtout où elle ne rencontre qu'une faible résistance.

*M. Delbrlick sortant alors un peu de sa réserve, m'a dit qu'il lui semblait en effet que les Cabinets de Berlin et de Florence ne pouvaient que s'appliquer à marcher d'accord dans une ligne de conduite qui vise à soustraire le Gouvernement du Vice-Roi à toute influence exclusive *. S. E. espérait au reste que les vues du Marquis de La Valette seraient plus modérées que celles de son prédécesseur.

*M. Delbriick n'avait au reste reçu dans ces derniers temps aucune communication sur les négociations séparées ouvertes par M. Poujade. Je ne me

« En me prévalant des notions contenues dans !es documents que v. E. m'a fait transmettre, J'ai parlé au Président de la ChanceHerie fédérale de la marche des négociations pour la réforme judiciaire en Egypte et des inconvénients sérieux qu'elle pourra!t offrir>>.

suis par cru autorisé, vu le caractère très réservé du rapport du Consul du Roi au Caire (document diplomatique N. 144) de donner lecture du projet de réforme judiciaire élaboré par l'agent français *.

(l) -Non pubblicato. (2) -I brani fra asterischi sono editi in LV 21, pp. 33-34, preceduti dal seguente capoverso:
198

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 97. Bruxelles, 26 marzo 1869.

Un diplomate, qui revient de Londres, me confie qu'en lui parlant de l'incident Belge, Lord Clarendon lui a dit que si le Cabinet Britannique avait si vivement insistè auprès de celui de Bruxelles pour l'engager à céder, c'est qu'il avait crù devoir accepter pour sincère la déclaration du Gouvernement français qu'il ne s'agissait que d'intéréts purement économiques, mais que du moment que la question viendrait à prendre la moindre nuance politique, la Belgique pouvait compter, a1nsi que cela lui avait été formellement promis, sur l'appui énergique du Gouvernement Anglais. Lord Clarendon a ajouté que, en ce qui concernait d'une manière générale les véritables intentions politiques de l'Empereur, jamais depuis quelque temps Sa Majesté ne s'était montrée si taciturne et si impénétrable (l).

199

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (2)

T. Parigi, 27 marzo 1869, ore 16 (per. ore 21).

Le comte Vitzhum saxon que le Roi connait est rintermédiaire de l'Empereur d'Autriche et l'ami de Beust. Il est parti pour Vienne pour obtenir cession Tyrol tel qu'il est indiqué sur la carte apportée par Nigra. Pour la Roja Empereur n'a pas encore décidé mais le ministre d'Etat insiste pour que réponse soit affirmative. Lettre pour évacuation Etat pontificai sera écrite, reste marchera d'après les demandes de l'Autriche. Article quatre de la convention additionnelle serait modif.ié ainsi «les frais de la guerre seront avancés à l'Italie par le trésor français et recouvrés sur l'ennemi ou seront supportés

«Les bruits qui avalent couru il y a quelque temps sur la possibilité d'une union douanière entre la France et la Belgique ont donné lieu hler dans la chambre des Représentants à une interpellation de M. Delaet, à la quelle le Ministre des Affaires Entrangères à répondu en déclarant de la manlère la plus formelle que non seulement aucune ouverture de ce genren'avait été faite par Je Gouvernement français au Gouvernement Beige mals que mème il n'avait été fait entre !es deux Gouvernements aucune allusion soit directe soit lndirecte à un semblable projet ~.

par la France». Pour adhérer aux désirs de l'Autriche, après l'article cinq on insérera un nouveau article ainsi conçu: «Si Autriche se voyait attaquée à l'improvise par la Prusse, France prend engagement entrer en campagne sans attendre d'autres sommations et d'appuyer Autriche de tout le concours de ses armes dans le but d'assurer son intégrité ». Ces modifications ne paraissent pas à l'Empereur des f.rançais d'une nature à changer les stipulations existantes entre l'Italie et la France. Ministre d'Etat désire avoir appréciation personneUe du Roi <1).

(l) Si pubblica qui un brano del r. 107 di Barrai del 18 aprile:

(2) Da ACR.

200

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. 158. Firenze, 27 marzo 1869.

Mi pervennero regolarmente i rapporti che la S. V. mi indirizzava sotto i nn. 569 sino a 573 inclusivamente (2).

Le sue comunicazioni mi riuscirono molto interessanti *approvo in generale il linguaggio che Ella ha tenuto nelle sue conversazioni con Lord Clarendon, cil.'ca le importanti quistioni dell'Egitto * (3) e della Tunisia tanto sull'una che sull'altra *importerebbe che una via più precisa fosse tracciata, alla condotta politica dei due Gabinetti di Londra e Firenze*. Se un accordo si formasse non solamente sulle tdee più generali, ma anche sulle pratiche concrete da farsi per risolvere la quistione delle riforme giudiziarie al Cairo, e quella delle riforme finanziarie a Tunisi, noi crediamo che il fatto solo deHa uniformità di vedute esistente fra l'Italia e la Gran Bretagna basterebbe ad impedire che altri dessero a tali quistioni un carattere politico che non dovrebbero avere punto. Ora *la S. V. conosce che il Governo del Re ha emesso il suo avviso favorevole sul tema che la quistione delle riforme giudiziarie in Egitto venga studiata da una Commissione internazionale incaricata di esaminare se le medesime possano senza inconveniente venire adottate e di proporre le modificazioni che si dovrebbero fare ai progetti esistenti. ln ciò ci sembra di essere perfettamente d'acwrdo col Primo Segretario di Stato della Regina perché noi non respingiamo la proposizione di una riforma, ma soltanto desideriamo che la riforma stessa sia la conseguenza di un esame preliminare delle condizioni dell'Egitto fatto in comune e sotto le guarentigie del concorso delle potenze principalmente interessate. Noi desideriamo dunque moltissimo che l'Inghilterra ci tenga a giorno dei passi che fa in questa quistione la cui favorevole soluzione dipenderà in grandissima parte dal buon accordo del Gabinetto inglese col Governo di Sua Maestà *.

(l) -Per la risposta cfr. n. 204. (2) -Cfr. nn. 172 e 173; gli altri rapporti non sono pubbllc•atL (3) -I brani fra asterischi sono editi in LV 21, p. 33.
201

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. 159. Firenze, 27 marzo 1869.

Il telegramma (l) col quale Ella mi annunziava che in presenza delle poco favorevoli disposizioni che aveva incontrato in Lord Clarendon, Ella avea stimato savio consiglio il limitarsi a tenergli discorso sulle generalità riguardo alle condizioni presenti dei Principati Danubiani, mi pervenne regolarmente.

Dappoiché era nel convincimento della S. V. che un'entratura più precisa non avrebbe trovato un'accoglienza quale noi l'avremmo desiderata, Ella ha fatto molto bene a tenersi sulla riserva. Le cose che Ella disse a Lord Clarendon bastarono però perché questi incaricasse Sir Augustus Paget di avere meco un abboccamento sulle condizioni della Rumania e sulla progettata modificazione delle Capitolazioni ancora esistenti, almeno in diritto, per quel paese.

L'inviato inglese mi disse che Lord Clarendon non credeva possibile l'abolizione delle capitolazioni nei Principati Uniti. S. S. vede un ostacolo a tale abolizione sopratutto nella circostanza che ove si facesse una simile concessione alla Rumania bisognerebbe aderire ad analoghe istanze che la Sublime Porta non mancherebbe certamente di fare.

Stimai conveniente di far osservare anzitutto a Sir A. Paget la sospensione temporaria delle capitolazioni e non già la loro abolizione avere formato oggetto della conversazione che la S. V. aveva avuto con Lord Clarendon. Quindi gli dissi che a nostro avviso anche questa sospensione avrebbe dovuto formare oggetto di un preliminare accordo colle Potenze.

Per verità noi non comprendiamo il timore che Lord Clarendon sembra avere che una sospensione, anche parziale, delle Capitolazioni nei Principati Uniti possa creare difficoltà ai Governi che vi hanno interesse. Nella situazione attuale di quel paese Sua Signoria non ignora che le Capitolazioni, sempre esistenti in diritto non ricevono quasi più alcuna pratica applicazione oltre i limiti di quelle concessioni che potrebbero facilmente comprendersi in una convenzione provvisoria la cui durata sarebbe limitata ad un breve periodo d'anni. In questa convenzione non si farebbe che riconoscere lo stato presente delle cose togliendo molte incertezze che spesse volte hanno creato anche in questi ultimi tempi spiacevoli conflitti di autorità.

La convenzione medesima poi stabilirebbe il ripristinamento dello statu qua ante, qualora dopo l'esperienza di pochi anni i governi non credessero conveniente di rinnovare la stipulazione.

Queste cose aggiunte a quelle che ebbi già l'onore di esporre a V. S. la metteranno in grado, ove l'opportunità si presentasse di sempre meglio spiegare a Lord Clarendon il pensiero del Governo del Re in questa quistione.

20()

(l) Cfr. n. 188.

202

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A MADRID, CORTI

D. 51. Firenze, 27 marzo 1869.

La ringrazio vivamente delle informazioni datemi circa le cose di codesto paese ed apprezzo la cura colla quale Ella ne segue il movimento.

Fra i vari dispacci ch'Ella mi ha diretto fermò particolarmente la mia attenzione quello nel quale sotto la data del 17 marzo (l), Ella mi rendeva conto d'una interessante conversazione da Lei avuta col Signor Olozaga. Approvo il linguaggio ch'Ella tenne in quella circostanza essendo il medesimo conforme alle ottime disposizioni dell'Italia verso la Spagna. Dappoiché il Signor Olozaga ha dimostrato il desiderio di avere più tardi altri abboccamenti con la S. V., io mi lusingo ch'Ella potrà essere ancora in grado di tenermi al corrente di quanto quel Signore verrà a dirle. Intanto Ella potrà ringraziarlo delle confidenziali comunicazioni ch'egli ci fece pervenire per mezzo della S. V.

ALLEGATO

Il est nécessaire que vous sachiez pour votre gouverne que la Prusse semble préférer à toutes les autres candidatures celle du due de Montpensier (2). Le Cabinet de Berlin ne se soucierait pas beaucoup de l'avenir et ne chercherait pour le moment qu'à favoriser la combinaison qui parait devoir etre la plus favorable à ses propres intérets.

J'ai des données qui me permettent de supposer que le nommé Edouard Porro qui a été lié avec le Général Bosco lorsque celui-ci demeurait à Tanger soit en ce moment en Espagne pour y travailler pour le compte de quelque prétendent. Cet individu, signalé au Gouvernement du Roi comme un des plus actifs agents bourbonniens, a quitté Londres depuis plus d'un mois et il a depuis voyagé en France et en Allemagne avant de se rendre à Madrid où on dit qu'il se trouve actuellement. On aurait remarqué qu'après son retour de l'Allemagne il dispose de sommes qui ne sont point en rapport avec sa fortune personnelle très petite.

Je pense que vous pourriez vous procurer sur cet individu quelques informations. Elles vous amèneraient peut-etre à des découvertes intéressantes sur le travail des émissaires en Espagne.

203

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 380. Berlino, 27 marzo 1869.

Avant son départ, ce matin, pour sa terre de Varzin où il passera une huitaine de jours, le Comte de Bismarck voulait me faire une communication

17 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. XI

confidentielle. Le temps lui ayant manqué, il a chargé le Sous-Secrétaire d'Etat d'etre son interprète.

Le 11 Avril, à l'occasion du cinquantenaire de la première messe de Pie IX, il y aura de grandes démonstrations de la part des catholiques en Allemagne. Les Eveques ont déjà préludé par des exhortations publiques, en engageant les fidèles à exprimer leurs félicitations par des adresses et des offrances. Le Roi de Prusse juge convenable de charger le Due de Ratibor, membre de la Chambre des Seigneurs, frère du Cardinal de Hohenlohe, de complimenter en son nom le Saint Père et de lui remettre à cet effet une lettre de Sa Majesté. Il sera dit, en substance, dans cette lettre que le Roi, conformément aux traditions de ses ancetres, qui n'ont jamais cessé de marquer tous les égards dus à la personne du Chef Vénérable de l'Eglise Catholique, saisit avec plaisir cette circonstance pour faire parvenir ses félicitations. Le Due de Ratibur se mettra en route dans quelques jours.

Le Comte de Bismarck était bien aise de nous donner avis dès à présent de cette mission qui n'a aucune signification politique, et qui entre autres n'a absolument rien à faire avec la question du pouvoir temporel. Sous ce rapport son opinion était connue: «le Vatican et un jardin ». Nous saurions ainsi la vraie portée qu'il fallait attribuer à cette démarche toute de courtoisie, et indiquée d'ailleurs par la position de la Prusse dont le territoire renferme une population catholique très nombreuse. Nous pourrions ainsi réduire les choses à leur juste valeur, quand certains organes de la presse voudront peut-etre leur donner le caractère d'une manifestation politique. Avec sa manie de meler la religion au temporel, le parti ultramontain, surtout dans le midi de l'Alle

magne, cherche constamment à se faire une arme contre le Cabinet de Berlin de ses sentiments, à son avis, trop protestants, et à piacer sous un faux jour sa conduite cependant très réservée vis-à-vis de la Cour de Rome. Il sera maintenant un peu dérouté, et se lancera dans des suppositions tout aussi privées de fondement.

Ce que M. de Thile ne m'a pas dit positivement, mais ce qu'il m'a laissé entendre à demi mots, c'est qu'un certain entorurage du Roi, dont j'ai parlé récemment dans une lettre particulière, a beaucoup travaillé à cette mission du Due de Ratibor. Elle a eu surtout en vue de ménager des convictions très ardentes dans les Provinces Rhénanes. On n'eut pas manqué d'exploiter, en deçà et au delà du Rhin, de la manière la plus hostile une abstention complète de la Cour de Prusse.

Le Comte de Wesdehlen recevra prochainement une dépeche à ce sujet, mais en attendant le Comte de Bismarck avait cru opportun de nous prévenir par mon entremise.

J'ai remercié M. de Thile de cette communication, en me bornant à dire que les démonstrations du monde Gatholique n'avaient rien que de très louable et de très légitime pour une personnalité si digne de respect par sa dignité, son age et ses vertus, mais que nous blamerions à notre tour, de meme que les ames vraiment pieuses, tout ce qui tendrait à dégager de ces memes manifestations une signification que lui refusait d'ai:lleurs le Gouvernement Prussien.

A propos des affaires de Rome, le Comte de Beust, en parlant récemment au Chargé d'Affaires de Prusse, a fait quelques allusions à l'envoi à Trieste du Lieutenant-Général Della Rocca. Le Chancelier avait à peine échangé quelques mots avec lui. Le Gouvernement Impérial désirait vivement consolider de plus en plus ses bons rapports avec l'Italie, et tiendrait surtout à s'entendre ave,c nous sur la question Romaine. Quant au Cabinet de Berlin, il continuait à n'ajouter aucune créance aux bruits de double ou triple alliance.

(l) -Non pubbllcato ma cfr. n. 169. (2) -Cfr. n. 174.
204

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMEiRCATI (l)

T. Torino, 28 marzo 1869, ore 11,25.

Approuve votre dépeche (2) mais après l'immixtion «Si Autriche se voyait attaquée par Prusse etc. » il faudrait dire «France et Italie etc. » et pas laisser Italie en dehors question et parler seulement de la France. Chevaux pas arrivés.

205

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (3)

T. Parigi, 28 marzo 1869, ore 15,45 (per. ore 18).

Observation de Votre Majesté (4) très juste, mon avis est que de toutes les stipulations militaires on devrait établir un protocole à trois, séparé et ad hoc. Prie Votré Majesté de consulter président du conseil.

206

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 1328/574. Londra, 29 marzo 1869 (per. il 9 aprile).

Antiveggendo che non avrei potuto farle pervenire con sicurezza un mio rapporto confidenziale prima della partenza d'un altro corriere del Foreign Office, ho ravvisato opportuno di rassegnarLe per telegrafo l'esito delle pratiche da me fatte presso questo Ministro degli Affari Esteri onde indurlo a considerare l'opportunità che vi sarebbe nell'interesse del mantenimento della tranquillità europea d'accrescere la forza morale del Governo principesco di

(-4) Cfr. n. 204.

Bucarest e d'abilitarlo in questi momenti di crisi a trionfare del partito sovversivo che purtroppo esercita tanta influenza nei Principati danubiani.

Io dissi a V. E. nella mia segnalazione telegrafica delli 22 corrente (l) che Lord Clarendon non accolse favorevolmente queste idee, ma onde farle apprezzare viemmeglio quali siena le vere opinioni di Sua Signoria circa la MoldoValachia, mi cade in acconcio prima di procedere più oltre di darLe, Signor Conte, i seguenti retrospettivi ragguagli:

L'E. V. col suo pregiatissimo dispaccio di questa serie n. 131 -11 scorso gennajo (2), m'esponeva che Sir A. Paget le aveva dato comunicazione di un Rapporto dell'Ambasciatore britannico a Costantinopoli relativamente al ritardo frapposto dal Governo del Re a chiedere al Divano imperiale i firmani e berat pei nuovi agenti destinati a Bucarest e a Belgrado, argomento che a suo tempo io trattavo nella mia corrispondenza. In questo dispaccio che mi veniva inviato per mia norma, Ella aggiungeva quindi che, a di Lei avviso, sì doveva andare a rilento nell'accettare gli apprezzamenti che gli agenti locali emettono sulle cose riguardanti i loro colleghi. Or bene, qualche tempo prima che io mi recassi al « Foreign Office » per intrattenere Mylord del contenuto del di Lei dispaccio politico n. 143 (3), conversando un giorno con lui degli affari dell'Oriente in generale e ripetendogli quanto l'Italia s'associasse in tali quistioni alla politica conservativa della Gran Bretagna, Egli, tuttoché mostrandosene lieto, non si trattenne dal farmi nuovamente allusione a tale precitata nostra omissione riflettente i berat.

Io espressi tosto la sorpresa che destavasi in me nel vederlo a insistere sopra un fatto sul quale mi pareva di avergli dato ogni più rassicurante spiegazione e, profittando del destro che ciò mi porgeva, gli dissi che francamente il Governo del Re non credeva che la Porta ottomana o le altre Potenze sarebbero state in diritto di muoverei un richiamo se per ragioni speciali di servizio noi avevamo seguito l'esempio datoci da altri Governi nel destinare persone che avevano percorso la carriera diplomatica ai posti di Belgrado e di Bucarest. Addussi infine che la prova più palese di quanto avanzava veniva fornita dalla Porta medesima, la quale né a Costantinopoli né a Firenze aveva sporto lagnanza al Governo del Re intorno a siffatto incidente.

Ma Mylord m'interruppe: «Non ingannatevi sul silenzio del Divano» esclamò egli, «se questi non vi fece osservazione a tale riguardo fu solo per la negligenza e noncuranza caratteristiche del Governo turco. Ma esso non tacque però al Rappresentante britannico la penosa impressione che ciò produsse in lui, e deggio confessarvi che in me l'effetto fu eguale».

Nel ritornare sopra questo incidente, ormai completamente esaurito e che non converrebbe risollevare, io non ho avuto altro scopo che quello di fornire all'E. V. il mezzo di formarsi un giusto criterio dello spirito da cui Lord Clarendon è animato rispetto alle vertenze de' Principati, e le paure ed i sospetti del Gabinetto Inglese verso il Governo del Principe Carlo non potevano venir meglio definiti di quello che fece il Signor Marchese Pepoli nel suo dispaccio

delli 3 febbrajo scorso (1), colà dove el-oquentemente li paragona alle paure che aveva l'Inghilterra verso il nostro paese nei giorni in cui le Alpi austriache impedivano alle grida di dolore dell'Italia di giungere a Londra.

Ciò premesso l'E. V. non durerà fatica a comprendere come, conscio di questo stato di cose, prevedessi la poca probabilità che avrei avuto di riuscita nelle mie pratiche presso Lord Clarendon circa la questione rumena. Fu per conseguenza mia special cura di osservare la più grande riservatezza nel toccare tanto delicato argomento con Sua Signoria. Diedi perciò principio alla mia conversazione col porre in rilievo il fatto che le vedute dei Governi di Italia e d'Inghilterra accordandosi su molti punti nel riconoscere la necessità di mantenere ne' Principati rumeni una politica conservativa era naturale che. nel nostro desiderio vivissimo di contribuire per quanto possibile alla conservazione della pace europea, stimassimo utile lo avere uno scambio d'idee col Gabinetto britannico in ordine ai provvedimenti che secondo noi sarebbero atti a dare al Governo del Principe Carlo un appoggio efficace a tenerlo nel limiti d'una saggia moderata e non sovversiva condotta.

A questi miei riflessi Mylord cominciò per rispondere non sapere veramen~e con quali mezzi aumentare il prestigio e il potere del Governo principesco agli occhi della Nazione rumena, se questo, nonostante tutto ciò che l'Europa aveva fatto per esso, non era capace a mantenere né l'uno né l'altro rimpetto alle sue popolazioni. Non potersi ragionevolmente pretendere che quelle potenze medesime, le quali quasi avevano ora campo a pentirsi della condiscendenza e parzialità dimostrate alla Moldo-Valachia, si prestassero oggi col pretesto di afforzare il Governo di Bucarest ad una violazione dei diritti alto-sovrani della Porta. Io feci notare a Mylord che ciò di cui si sarebbe trattato non avrebbe costituito nessuna seria violazione di cosif,atti diritti, che il Governo italiano non aveva menomamente il desiderio di vedere alterati mercè la introduzione di qualche importante mutamento nella costituzione dei Principati, la qual cosa anzi verrebbe da noi considerata nelle attuali circostanze come assai inopportuna; ma agg.iunsi però che era lecito chiedersi in questo momento se le potenze nel concedere al presente Gabinetto quanto ricusarono al suo antecessore non farebbero atto di saggia politica potendo esse con ciò rialzare nell'interesse dell'ordine e della pace il credito di un'amministrazione che è sul punto di affrontare la dura prova delle elezioni generali. Essere perciò nostro parere che senza abolire le capitolazioni o diminuire con qualche altro atto, di cui era lungi da noi il pensiero, la guarentigia europea che protegge la Rumenia, si potrebbe per esempio introdurre delle convenzioni consolari, le quali risolverebbero in molti casi la giurisdizione consolare degli agenti esteri, mentre permetterebbero la sospensione temporaria delle capitolazioni che pesano in modo sì umiliante sul Governo del Principe Carlo.

Acquistar poi questo provvedimento un carattere tutto speciale in considerazione dei negoziati che sta appunto facendo la Russia coi Principati per la conclusione d'un accordo di simile natura, e feci riflettere a Sua Signoria se converrebbe lasciare che il solo Gabinetto di Pietroburgo si mostri disposto ad

aderire ai desiderj di Bucarest. Sfortunatamente l'E. V. venne già da me ragguagliata, Lord Clarendon giudica questa quistione sotto un punto di vista completamente diverso dal nostro. Egli è opposto a qualunque idea di introdurre modiHcazioni o cambiamenti di sorta in tutto ciò che concerne i Principati danubiani, e dimostra a questo riguardo una ostinazione tutta particolare. Mi disse che seriamente non si poteva proporre nessuna modificazione in favore della Rumenia senza ledere essenzialmente i priV'ilegi della Porta. Aversi poi nella cessione delle fortezze serbe, stata consigliata a questa ultima, un esempio dell'inutilità di siffatto sistema di concessioni, che a null'altro tendeva fuorché ad annullare l'autorità del Sultano.

Quanto alle capitolazionri Mylord mi dichiarò che con un corpo giudiziario così corrotto e spregevole come quello che esiste nei Principati danubiani era assurdo di pensare ad accettare un mutamento a tale riguardo. « Quale guarentigia avrebbero le Potenze~ mi osservò egli, «da un paese il quale non ha guari voleva distruggere l'inamovibHità della sua più alta Corte di Giustizia? L'idea poi che mi suggerite di sospendere le Capitolazioni, sono di parere, equivarrebbe ad un'abolizione pura e semplice, e non ho mai inteso, prima d'oggi, che la Russia stia trattando una convenzione come voi mi dite~.

Ravvisata l'impossibilità di trarre il Segretario di Stato ad altri consigli mi sforzai a persuaderlo dei motivi disinteressati che nel nostro sincero desider,io di veder mantenuto su solide basi lo statu qua della Moldo-Valachia ci avevano spinto ad abboccarci col Gabinetto britannico circa il modo più acconcio ad ottenere un tal fine. Mi accomiatai quindi esprimendo il vivo dispiacere che provava nello scorgere che aventi entrambi un identico scopo differissimo di op1nione sui mezzi da seguirsi onde assicurarlo.

Mylord mi parve infatti convinto della perfetta sincerità delle nostre intenzioni, ed applaudendomi di avere se non altro riuscito a tanto, essendo Sua Signoria assai facile ad insospettirsi in simili questioni, mi riserbo di ulteriormente comunicarLe in una prossima occasione alcuni riflessi su questo stesso argomento...

(l) -Da ACR, ed. in italiano in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. Il, p. 1406. (2) -Cfr. n. 199. (3) -Da ACR. (l) -Cfr. n. 188, in realtà del 23 marzo. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 120.

(l) Cfr. n. 71.

207

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI

D. 6. Firenze, 30 marzo 1869.

Col rapporto che la S. V. mi ha indirizzato in data del 21 corrente (l) Ella ha chiamato l'attenzione del Governo del Re sul contegno della Russia la quale, al dire degli uomini che compongono codesta Reggenza Principesca eserciterebbe una influenza sfavorevole al primato della Serbia sulle popolazioni Slave dell'oriente controbilanciandone lo sviluppo progressivo col contrapporvi l'azione del Montenegro il cui Principe sarebbe stato segno di speciali favori alla Corte di San Pietroburgo.

Ella mi suggerisce, Signor Conte, di confortare codesti governanti con pa

role di simpatia per gli sforzi che fanno allo scopo di prosciogliersi dalle pre

potenti influenze straniere, incoraggiandoli così a conquistare colle toro sole

forze la posizione alla quale aspira il loro paese.

Dai documenti diplomatici che il R. Ministero ha trasmesso, la S. V. è in grado di conoscere quale importanza convenga attribuire dal punto di vista politico al viaggio del Principe di Montenegro a San Pietroburgo. La semplice lettura di quei documenti basterà a farle comprendere come non si debba esagerare la significazione di quel viaggio e delle dimostrazioni alle quali dovea necessariamente dar luogo.

L'antagonismo fra il Principe Montenegrino e la Casa regnante in Serbia è un fatto che dovea naturalmente prodursi tosto che qualche circostanza speciale avesse favorito l'ingrandimento della posizione del Principe Nicola rispetto a quella del Principe di Serbia. Non vi può esser dubbio che sotto questo punto di vista la Reggenza ha molto contribuito a diminuire l'importanza della Serbia fra i popoli slavi orientali. I mutamenti prossimi nella interna costituzione del Principato mentre preparano alla Serbia una posizione più conforme alle condizioni dewla progredita sua civiltà, ingenerano [sic] però certamente nel periodo dì transizione giovare al Principe Nicola per meglio fondare la propria influenza. Ma di tutto ciò non debbonsi per ora preoccupare oltre misura i Gabinetti i quali come il nostro non sono intenti ad altro che a mantenere la pace e la tranquillità in Europa. Che una lotta di influenze si impegni tra Oettinje e Belgrado poco importa per il mantenimento delle relazioni pacifiche delle grandi Potenze fra di loro. Se in questa lotta d'influenze s'impegnassero interessi stranieri (cosa probabile trattandosi di Principati orientali) converrà osservare l'andamento e la piega delle cose per non influire fuori di tempo e senza opportunità. Intanto sembra poco probabile che le Potenze che potrebbero aspirare ad esercitare una preponderanza in codesti Paesi vogliano spiegare un'azione che le comprometterebbe in faccia agli altri Governi, e le forze proprie della Serbia, l'attività stessa del suo Governo la mettono a riparo d'ogni danno che potrebbe risultare per lei da un'azione imperfettamente spiegata da estranee potenze in favore del Montenegro.

Ritengo pertanto che pur incoraggiando la Reggenza principesca nell'opera ordinata che ha incominciato e nella politica savia e prudente che mostra di volere seguire, convenga per ora astenersi dallo immischiarsi in ciò che riguarda l'antagonismo nascente fra la medesima ed il Principe montenegrino.

(l) Cfr. n. 185.

208

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Firenze, 1° aprile 1869, ore 13,08.

Je vous prie de me dire où vous avez puisé les paroles que vous dites prononcées par mai à la députation napolitaine (2), je n'ai parlé à ces messieurs

que du beau temps et de la pluie. Je regrette retard autrichien en échange je viens de voir aujourd'hui ~énéral Moering qui est très belliqueux. Reçu chevaux, merci, la noire est un peu petite, alezane vielle et a les pieds plats du reste elles sont bonnes et sages.

(l) -Da ACR. (2) -Risponde ad un t. non rinvenuto ma cfr. n. 211.
209

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI

D. 145. Firenze, 1° aprile 1869.

Rustem bey mi parlò in questi giorni delle pretese del Principe del Montenegro di ottenere un porto sul mare e delle sue viste su quello di Spizza. Le informazioni che il Ministro di Turchia in Firenze avea ricevuto a tale riguardo gli permettevano di credere che la Sublime Porta ravviserebbe come inammissibili tali pretese e tali desiderii. Se il Principe Nicola è vassallo della Turchia, direbbe la Porta, tutti i porti ottomani sono a sua disposizione, ma se invece egli è principe indipendente la Turchia non vuol in alcuna maniera contribuire ad aggrandirne il territorio a proprie spese.

Sembrerebbe che al suo passaggio in Berlino il Principe Nicola avesse te

nuto parola del bisogno in cui si trova il Montenegro di avere uno sbocco al

mare, ed il Conte di Bismarck avrebbe partecipato questo desiderio del Principe

montenegrino all'Ambasciatore ottomano in Prussia.

La comunicazione fattami da Rustem bey sarebbe dunque da considerarsi

come una risposta anticipata alle pratiche che per avventura i Governi si fos

sero decisi a fare in favore del Montenegro. Noi dobbiamo quindi prender nota

di questo rifiuto aspettando però di conoscere meglio lo stato della quistione

la quale sembra essere stata agitata anche presso altre Corti.

210

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 383. Berlino, 1° aprile 1869 (per. il 5).

M. Rancès y V:illanueva, Ministre d'Espagne à Vienne, a fait récemment à Berlin un séjour, durant lequel iJ. a été reçu par le Roi et, à deux reprises, par le Comte de Bismarck. Pour expliquer son voyage, il alléguait que les bons souvenirs qu'il avait emportés d'une longue mission à cette Cour, lui faisaient presque un devoir de s'y présenter à l'occasion de la féte de Sa Majesté. On prétendait en outre qu'il avait le double but de se poser à Madrid camme un personnage de quelque importance, en affichant ses bons rapports avec le Roi et Son Gouvernement, et surtout de se ménager les moyens de retourner à son ancien poste.

Ces explications ne paraissaient guère sérieuses, car, s'il avait obtenu l'autorisation de s'absenter de Vienne, on était presque induit à croire qu'!il avait peut-etre une mission secrète. D'après une version dont je ne garantis nullement I'exactitude, quoiqu'eHe provienne cependant d'une source ordinairement digne de foi, M. Rancès aurait eu I'instruction, en l'absence momentanée de tout représentant de son Pays, de sonder adroitement le terrain sur une nouvelle candidature au tròne d'Espagne. Il s'agirait du Prince héréditaire de Hohenzollern-Sigmaringen, allié aux Napoléon par sa grand'mère, la princesse Antoinette Murat, et par sa mère, fille de la Princesse Stéphanie de Bade. Son Altesse Royale est marié à une Infante de Portugal. On comprendrait en effet que le Gouvernement Espagnol voulO.t avoir plus d'une co11de à son are, dans le cas où d'autres candidats ne seraient pas agréés.

Si M. Rancès a cherché à pressentir sur ce sujet, j'ignore quelle réponse n a pu recevoir, mais il me semble qu'on aura du s'abstenir de se prononcer d'une manière formelle. Lors meme qu'on doive avoir la certitude que la France du moins préférerait tout autre choix à celui du Due de Montpensier, il est évident que 1a plus grande réserve est de mise, surtout de la part de la Prusse, dont les moindres actes sont examinés sous le jour le plus suspect.

211

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

L. P. Parigi, 1° aprile 1869.

Le parole dette alla deputazione di Napoli che [ giornali attribuiscono a

Vostra Maestà hanno allarmato la pubblica opinione e risvegliate le suscetti

bilità di chi tenendo infinitamente alle progettate combinazioni non ancora

stabilite, teme di vederle cadere.

S'attende da Vienna riscontro per la questione del Tirolo, fu inviata la

carta che Nigra portò da Firenze. Non posso nascondere a Vostra Maestà

d'essere io un po' diffidente sulla riuscita dei progetti vedendoli temporeggiare,

il tempo che si perde è nocivo in due sensi, poiché dà mezzo agli opponenti di

sollevare ostacoli ed intiepidisce gli interessati in vista degli ostacoli presenti.

Qui acclusa troverà il Re la riproduzione delle sue parole nei Débats, le

considerazioni che le seguono non è da sorprendersi che abbiano dispiaciuto.

La più grande riserva è indispensabile sempre, tanto più poi allorquando

la combinazione non è ancora stabilita. Nelle condizioni in cui travasi la corona

d'Italia è necessario che i fatti precedano le parole.

Scrivo queste righe sotto l'impressione delle dicerie e dei commenti che si

fanno alle frasi attribuite a Vostra Maestà.

Castellengo mi scrive che le due cavalle piacquero a Vostra Maestà prego

il Re a volerle esperimentare cacciando e perdonar loro l'allure al galoppo

alla quale, né l'una né l'altra sono esercitate.

(l) Da. ACR.

212

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Firenze, 2 aprile 1869, ore 20,45.

Je vous répète que je n'ai nullement parlé po.Utique avec la députation napolitaine. Je ne trouve pas de journaux itaiiens qui en parlent et personne n'en parle ici Je suis étonné de ce que vous me dites (2) Menabrea qui sait ce que j'ai dit est étonné également de ces craintes de la part du Gouvernement f,rançais et de ce que vous me dites des journaux français. Demandez à Nigra s'il a fait à l'Empereur communication de ce que je lui ad dit par rapport à l'argent que le parti républicain reçoit Ici et de ce que je lui ai dit à cet égard. Cela continue.

213

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 384. Berlino, 2 aprile 1869 (per. il 6).

J'ai pu m'assurer que dans ces derniers temps aucune nouvelle ouverture n'a été faite à Berlin sur l'importante question de la juridiction Consulaire dans les Principautés Danubiennes (documents diplomatiques n. 121 e 140).

M. de Steige viendra probablement bientòt dans cette Capitale pour chercher à regler cette affaire. Mais, d'après l'opinion du Président de la Chancelerie fédérale, le Gouvernement Roumain, déjà par ses premières démarches ne semblait pas se rendre compte de ses véritables intéréts, au moins pour ce qui concerne ses rapports commerciaux avec l'Allemagne du Nord. Les places de Leipzig, de Breslau, et de Berlin, feraient entendre de vives protestations, et se refuseraient méme à expédier leurs marchandises à Jassy ou à Bucarest, si on voulait procéder à rabolition des Capitulations car c'est précisément dans le maintien de l'ordre de choses actuel que les négociants voient encore la meilleure garantie pour la sécurité de leurs transations (3).

A propos de M. de Steige, je crois devoir mentionner que la réponse faite par M. de Thile aux observations formulées par l'Envoyé de Turquie contre le projet attribué au Gouvernement de Bucarest, de se faire représenter officiellement près les Puissances étrangères (dépéche de cette Legation n. 358 du 25 fevrier échu (4) et document diplomatique n. 113) n'exclue nullement la faculté pour les Principautés-Unies de d:O:éguer, comme par le passé, des Agents Officieux. Aristarchi-Bey lui-méme, ne contestait pas cette faculté au Prince de Roumanie.

(l) -Da ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 1407, con data 3 aprile. (2) -Cfr. n. 211. (3) -Launay comunicò con R. 407 dell'8 maggio: «M. Steege, dont, par mon rapport du 2 Avril j'avais annoncé le prochain passage à Berlin, y est en effet arrivé ces jours derniers. Après un court séjour, il est parti pour St. Pétersbourg. L'Agent Roumain à diì se convaincre ici, quelque fiìt le vif désir de J.a Prusse de se rendre abréable aux Provinces-Unies, que !es négociations dont il est chargé pour obtenir l'abolition des Capitulations, n'·avaient ici, pour le moment du moina, aucune chance de succès. J'en ai indiqué !es motifs dans mes dépèches précedentes ~ (4) -Non pubblicato.
214

IL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 275. Atene, 3 aprile 1869 (per. il 9).

Accuso ricevuta dei dispacci che V. E. mi fece l'onore d'indirizzarmi in data 16, 20 e 25 marzo ai n. 90, 91 e 92 di questa Serie (1). A questa spedizione erano uniti n. 47 documenti dipil.omatici compresi f.ra il n. 116 e H n. 168, non che il

n. 107 bis.

Ringrazio distintamente V. E. per essersi degnata di pormi a giorno delle principali questioni politLche, che si agitano sia in Oriente sia in Occidente, e sulle quali il R. Governo ha fissato la sua attenzione.

Ho intrattenuto oggi il Ministro degli Affari Esteri sull'argomento che forma oggetto del dispaccio n. 92. Il signor Teodoro Delyanni mi pregò innanzi tutto di ringraziare l'E. V. per le felicitazioni a motivo delle riprese relazioni, ma più vivamente per l'interesse che con tanta benevolenza il Governo italiano ha preso, e prende per un soddisfacente scioglimento della questione delle nazionalità.

Il Ministro degli Esteri divide pienamente il nostro modo di vedere, cioè che la soluzione d'ogni vertenza sarebbe stata più facilmente appianata dopo il ristabilimento delle relazioni, e si è per ciò che egli aspetta con impazienza l'arrivo del signor Rangabé per dargli le istruzioni opportune onde intavolare le negoziazioni a Costantinopoli. Il signor Delyanni nel pregarmi di assicurare l'E. V. che il Governo ellenico non si dipartiva da quella via pacifica e prudente, che gli viene tracciata, mi ha manifestato la speranza che i Governi amici, e fra questi in principal modo l'Italia vorranno appoggiare in Costantinopoli le pratiche del Rappresentante ellenico in tutto ciò che di giusto e ragionevole egli sarà per chiedere, e fra [e altre cose che la questione della nazionalità sia rimessa nello statu qua ante. A questo proposito il Ministro mi fece parte della spiegazione che il signor Photiades bey gli avrebbe dato, quella cioè che la legge non avrehbe avuto effetto retroattivo, della quale spiegazione il signor De.lyanni mi disse che aveva preso atto.

Nell'udienza che lunedì sco.rso Sua Maestà acco.rdò a.l Ministro ottomano, il Re intrattenne su questo argomento il Signor Photiades, il quale rispose che la legge non era stata emanata esclusivamente per gli elleni, ma bensì per tutte le nazionalità ed il solo suo scopo era quello di togliere gli abusi, lo che avrebbe giovato ad eliminare motivi di attrito fra i due paesi, e rendere le relazioni pìù amichevoli.

Dalla conversazione che ebbi col signor Delyanni mi parve scorgere essere egli animato da spirito di concHiazione, ma nel tempo stesso non mi nascose che quella questione preoccupava assai la pubblica opinione, e che ove per causa di renitenze per parte della Turchia non venisse sciolta in un modo soddisfacente ai reclami deHa Grecia, le relazioni fra i due paesi non potrebbero mai avere quel carattere amichevole che le Potenze europe desideravano

(l) Non pubblicati. Il D. 92 del 25 marzo è analogo al n. 194.

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IL MINISTRO A MADRID, CORTI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1442. Madrid, 4 aprile 1869, ore 15,50 (per. ore 18,40).

Hier au soir dans un conseil des ministres auquel Olozaga et Rivero ont assisté on a définitivement adopté candidature du Roi don Ferdinand du Portugal et déelaré celle du due de Montpensier impossible.

216

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (l)

L. P. 3. Berlino, 4 aprile 1869.

Dans l'entretien que j'ai eu hier avec le Comte de Bismarck et qui s'est prolongé au-delà d'une heure, il m'a semblé opportun de faire une charge à fond en lui donnant lecture de votre lettre particulière essentiellement politique du 28 mars (2). J'ai cependant adouci quelques passages, et j'ai répondu à ses interruptions par des observations qui rentraient dans le cadre de cette lettre, et qui avaient en mème temps pour but de le mettre en demeure de découvrir sa pensée avec le moins de réticences possibles.

Il rendait pleine et entière justice au sentiment de franchise et d'amitié qui avait dicté votre :langage. Vous avez dane tous ses remerciments quoique, de prime abord au moins, vous ne lui avez pas fourni de très-forts arguments pour combattre, camme H l'eiìt désiré, certaines tendances alarmantes à la Cour.

Je le laisserai parler en reproduisant, autant que ma mémoire me le permet, san langage.

«Vous semblez très préoccupés des armements en France. Ce serait une bouteille de Leyde chargée d'électricité que le moindre choc peut faire éclater. La mème comparaison s'appliquerait à la Confédération du Nord, à cette différence près qu'il faudrait une rude pression pour en disjoindre les parois; en d'autres termes, à moins d'une agression de l'étranger, la machine n'offre aucun danger. Elle est sous bonne garde et il ne dépend d'aucun parti à l'intérieur de faire jaillir l'étincelle fata~le. Je ne saurais croire d'un autre còté que vous fussiez également sous le mirage d'une supériorité incontestable de la France sur l'Allemagne. Les parements jaunes de mon uniforme rougiraient d'un tel jugement. Sans etre enclin à la forfanterie, toutes mes fibres se révolteraient à l'idée que 30 millions d'Allemands du Nord et 40 millions en y ajoutant le Sud, ne seraient pas à méme de se défendre pro aris et tocis. En cas de lutte nous aurions plus d'un million de combattants. Dans ce calcul,

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approximatif, iJ ne s'agit que de la Confédération. Je laisse de coté le midi qui en A:llemagne comme partout est un peu le défaut de la cuirasse. Il faudrait en distraire 80 mille hommes pour surveiller ~es cotés de la baltique et de la Mer du Nord, force parfaitement suffisante pour nous prémunir contre des tentatives de débarquement d'une quarantaine de xrnlle hommes, car les moyens manqueraient à la France pour un transport plus considérable. Je veux meme défalquer encore du chiffre total, 40.000 hommes vers les frontières de l'Autriche que la Russie se chargerait elle meme de tenir en échec, et 100.000 hommes de troupes des nouvelles Provinces qui ne seraient pas assez complètement exercées et disctplinées à la prussienne. Dans ces conditions, nos treize corps d'armée ne présenteraient pas moins un actif très considérable et dépassant de plus de 200.000 hommes l'effectif de 340 à 400.000 hommes dont la France pourrait disposer sur le Rhin. Or. dans 21 jours nous concentrerions dans ces contrées une armée égale. Et meme, d'après l'avis du Généml de Moltke, si nous voulions comme on l'avait proposé à l'époque de Jéna, éviter de livrer des combats jusqu'à l'arrivée des renforts russes, il suffirait de piacer 100.000 hommes dans les forteresses Rhénanes pour tenir en arret, pendant quatre ou cinq semaines une armée envahissante qui hésiterait à s'avancer avec la perspective de se voir coupée dans sa ligne de retraite. Mais nous ne sommes plus aux temps de Jéna. Nous avons une surabondance de soldats que nous aurions tort de ne pas utiliser sans retard.

Quant aux armements, si le fusil Chassepot a ses avantages, le fusil à aiguille a aussi les siens. Il a déjà fait ses preuves. Toute l'armée en connait le maniement. La France aura environ un million de ces armes se chargeant par la culasse. Nous en avons trois millions. Nos magasins regorgent de munitions, d'équipements de tout l'attirai! perfectionné de campagne.

Au besoin, nous ne manquerions pas d'ailiés: ila Russie et meme l'Angleterre. Celle-ci-ne saurait admettre le rétablissement d'une suprématie ecrasante de la France sur le continernt. Et une pareille éventualité où la Prusse serait en jeu, est peut-etre la seule qui aménerait un accord entre la Grande Bretagne et l'Amérique du Nord. Quant à l'Italie, nous ne lui demandons aucun appui. Ce serait à elle d'aviser si en cas de confilit sur le Rhin, il lui conviendrait de marcher vers le Tibre, ou de se contenter meme de ce coté à observer une attitude expectante. Mon bon sens refuse à admettre-je ne vous demande pas meme une réponse sur ce sujet -que l'opinion de vos hommes d'Etat, que celle de la grande majorité de la nation, soit favorable à une alliance avec la France contre la Prusse. Je me rends compte néanmoins de votre situation géographique, des ménagements que comporte votre voisinage au Nord, à l'Est et à l'Ovest; mais vous avez la ligne des Alpes, des Apennins, la meilleure de toutes les défenses pour qui veut rester maitre chez soi et ne pas se meler des querelles d'autrui.

N'oublions pas l'AutrLche. J'ai dit plus haut que la Russie, le cas échéant, se chargerait de la contenir. Mais si elle se posait en adversaire déclaré nous n'hésiterions pas à marcher aussi contre elle. 100.000 Prussiens arriveraient aux portes de Vienne avant qu'elle ait pu réunir un chiffre égal de troupes pour protéger sa capitale. La nouvelle organisation ne fonctionne pas encore.

Ses compagnies dans beaucoup de régiments sont réduites à vingt hommes, tant se ressouvces sont modiques pour conserver un certain pied de paix. Les anciens fusils ne sont pas encore remplacés. La France d'ailleurs aurait-elle lieu de compter en tout état de cause sur son concours? N'aurions-nous des moyens de séduction? Une promesse de notre part d'assurer au Cabinet de Vienne la possession de la vallée de l'Inn et meme d'Ulm. Quelques allusions nous ont été faites à Nikolsbourg, ma:is nous avons fait la sourde oreille. Nous ne voulions pas dédommager l'Autriche aux dépens de la Bavière, et surtont rouvrir à l'Autriche Ies portes de l'Allemagne. Au reste chez cette Puissance, et c'est là le principal argument, l'opinion publique penche-t-elle vraiment vers le Gouvernement français qui le premier lui a porté Ies coups Ies plus rudes?

Quoique nous ayions ,la conscience de notre force, avons-nous peut-etre montré peu d'égards pour la France? Avons-nous témoigné de quelque mideur dans l'af.faire du Luxembourg? N'aurcions-nous pas assez ménagé l'Empereur Napoléon?

Raisonnons en jétant sur Jes événements un coup d'oeil rétrospectif.

Lors de mon excursion à Biarritz en 1862, je n'ai rien promis, ni de vive voix, ni par écrit, pas meme par un clignement d'oeil affirmatif. Je ne voulais m'enquérir que sur ce seul point: quelle serait l'attitude de la France dans l'éventualité d'une guerre entre la Prusse et l'Autriche? Nous n'aurions pu évidemment nous Iaisser engager dans cette voie, si nous courions Ies chances d'avoir à la fois sur Ies bras deux adversaires au lieu d'un. n eùt fallu alors ajourner la partie et attendre la bénéf~ce du temps et des circonstances. J'obtins, il est vrai, une déclaration de neutralité bienveillante, peut-etre parce qu'on partageait à Paris une opinion, assez généralement accréditée, que nous serions vaincus, que nous tomberions dans le précipice. Gràce à cette déclaration nous pouvions néanmoins, si l'Autriche nous defiait relever le gant, en nous réservant d'avoir l'oeil ouvert pour parer à une immixtion française dans le but de ti:rer profit, à notre détriment, d'une melée où l'on croyait que nous épuiserions nos forces. J'avais mème parlé à l'Empereur de mes projets politiques à l'intérieur. Il m'avait écouté, sinon d'un air paterne!, du moins un peu camme un oncle accueillerait les divagations d'un mauvais sujet de neveu auquel on laisse la bride sur le cou en le supposant un cerveau briìlé s'engageant dans une voie sans issue. C'est que je connaissais mieux que Lui Ies conditions de l'Allemagne. Ce ne fut qu'en 1866, que nous fiìmes forcés de faire front contre l'Autriche. Nous avions alors 643.000 hommes som: les armes. Survint Koniggraetz et presque aussitòt les démarches de la France. Nous étions en mesure de poursuivre nos succès. Le Général de Roon offrait au Roi de mettre encore sur pied 200.000 hommes pour Ies piacer en observation sur le Rhin. Si la France eiìt voulu nous attaquer, elle n'avait que

240.000 hommes. Cependant par esprit de conciliation, nous avons arreté l'élan de nos troupes. Qui sait méme si l'Autriche, en présence d'une menace contre le territoire allemand et faisant taire ses rancunes contre nous pour ne se souvenir que des traditions anciennes de sa politique, ne nous aurait pas offert de réunir nos forces contre la France?

Quant au Luxembourg, en quoi aurions-nous blessé la susceptibilité de nos voisins d'outre-Rhin par une certaine raideur? Que la France s'en prenne à elle-mème, et à la maladresse de sa diplomatie si ses pl.ans ont échoué. A la mème place où vous ètes assis, j'avais dit à M. Benedetti: « conduisez votre barque avec prudence, évitez tout éclat prématuré. Laissez-nous les chances du subir l'indignation patriotique. Quand le fait sera accompli, nous vous adresserons les notes les plus vives pour sauver les apparences, mais nous ne nous battrons pas pour autant ». Qu'est-il-arrivé? Le Roi de Hollande écrit à Mon Souverain pour presentir ses dispositions. D'un autre coté des Agents français se répandent dans le Grand Duché, font publiquement de la propagande pour l'annexion. La mine est éventée. La presse allemande s'émeut, on m'interpelle au Parlement et je suis obligé de répondre en me retranchant derrière le sentiment national si imprudemment provoqué par la faute d'autrui. Eh bien à cette époque de toute part on nous conseillait de joueir le tout pour le tout. J'ai su résister à ces excitations et la paix n'a pas été troublée. Nous étions assez bien renseignés pour savoir que nous aurions en nombre et en armements de grands avantages sur la France. Mais indépendamment des principes d'humanité, il nous a semblé qu'il valait mieux ne pas brUler nos amorces tant que nous n'aurions pas la certitude morale qu'une coHision serait inévitable. Meme si nous eussions réussi à occuper Paris, ce n'éut été comme en 1806 pour la France en Allemagne que la première étape d'une lutte de plusieurs années, et pour nous sans objet palpable, car nous ne méditons aucune conquéte sur nos voisins.

« En quoi aurions-nous manqué de quelques ménagements vis-à-vis de la France? Nous ne lui avions rien promis. Elle n'avait donc rien à rédamer. A-t-elle combattu à nos còtés, comme aux vòtres, pour faire appel à notre reconnaissance, à des compensations pour le sang versé dans notre cause? La neutralité en 1866 ne cachait-elle pas quelque arrière-pensée? Au reste, vous ne voudriez pas vous montrer plus Bonapartiste que l'Empereur lui-méme. Or, en 1867, j'ai revu Sa Majesté Impémale et en convenant que sa diplomatie avait commis des .fautes dans l'affaire du Luxembourg, Elle s'est plue à rendre justice à la loyauté de notre conduite. Dans cet entretien je me permis mème sur les circonstances intérieures de l'Empire quelques rermarques qu'il parut accueHlir sans témo.igner du moindre ressentiment.

En pareil état de choses nous devrions chercher à désintéresser la France à faire la guerre! Mais la désintéresser où et dans quelque mesure? En supposant qu'on lui accordait la Belgique, •les cantons de la Suisse française et méme la rive gauche du Rhin qui nous garantit qu'elle se déclarerait satisfaite, et qu'entre autres elle ne voudrait pas étendre son inf.luence sur la rive droite de ce méme fleuve? Et d'ailleurs nous n'avons pas un seuJ village allemand à céder. Nous ne désirons point la guerre, veuillez en donner l'assurance de ma part à S. E. le Comte Menabrea. Pour l'éviter nous ferons tout ce qu'on peut raisonnablement attendre de nous, mais si on nous attaque, nous l'accepterons sans crainte. Il est un proverbe allemand qui dit mieux

vaut une fin sans crainte, qu'une crainte sans fin. Si nous devions succomber, nous tomberions noblement. Mais j'insiste sur ce point: sans vouloir

nous surfaire, nos forces sont au moins égales à celles de la France et elles seront doublées par le sentiment que nous combattrons pour le droit et la justice et pour 'la défense de nos foyers. Franchement il me semble que quelques passages de la lettre que vous avez expliquée et commentée avec le meme esprit, qui l'a dictée, d'amitié et de franchise, s'appliqueraient mieux à la France qu'à l'Allemagne. Nous ne cherchons querelle à personne, mais nous voulons garder en po-che les clefs de la maison, de la cave au grenier. Le maintien de la paix ne dépend donc surtout de l'attitude de l'AHemagne.

Les impressions de M. le Comte Menabrea me paraissent très sombres. J'ignore sur quels renseignementes eUes sont fondées. Mais ces renseignements ne cadrent pas avec les nòtres. Nous continuons à recevoir et à échanger avec Paris des assurances pacifiques. En outre le programme électoral soit de la part du Gouvernement Impérial, soit de la part de l'opposition, sauf quelques nuances, est basé sur le maintien de la paix. Il y aurait, il est vrai, l'éventualité d'un coup de main contre la Belgique. La France se placerait ensuite sur la défensive. L'Europe devrait alors aviser ».

Il est surperflu, mon cher Comte, que je cite mes propres arguments qui n'ont été que le développement des pensées tracées dans votre lettre. J'ai donné maintes répliques dans ce sens, et si j'ai reproduit tout d'un trait le langage du Comte de Bismarck, c'est pour coordonner avec plus de suite et plus de clarté ses idées que j'ai tàché de reproduire aussi exactement que possible. Je reviendrai sur ce sujet dans ma lettre particulière n. 4.

(l) -Da ACS, Carte VIsconti Venosta, Inviata In copia da Launay a VIsconti Venosta allegataad una !.p. del 3 gennaio 1870. (2) -Non rinvenuta.
217

IL MINISTRO A STOCCARDA, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 96. Stoccarda, 5 aprile 1869 (per. l'B).

Il Conte di San Vallier già capo del Gabinetto del Ministero degli esteri a Parigi allorché il Marchese di Moustier ne teneva il portafogli e che da poco tempo prese possesso di questa legazione di Francia, s'adopera assai per distogliere il Governo del Wiirttemberg da ulteriori concessioni alla Prussia. Di squisita entratura, esperto nelle arti diplomatiche le più insinuanti, questo giovane ministro, è già molto avanti nelle grazie di questa corte ove il Re e la Regina gli fanno lietissimo accoglimento. Frequentissimi sono poi i suol colloqui col Barone di Varnbiiler: cose tutte che destano l'attenzione di questo corpo diplomatico e specialmente del Ministro di Prussia.

Osservasi infatti che la resistenza va crescendo nelle aule officiali ad ogni pratica del Governo prussiano per facilitare i rapporti tra il Mezzogiorno e la confederazione del Settentrione, e naturalmente si fa ciò dipendere dalla azione del nuovo ministro di Francia il quale avrebbe per iscopo principale di disturbare quegli accordi militari, tendenti a sviluppare e rendere più efficace il sistema di difesa del mezzogiorno.

Sembra che la conferenza militare di Monaco non s'occuperà per il momento che di lavori di poca importanza e che prevalerà il sistema di mantenere ilndivisa Ia propr~età mobUiare delle fortezze. Il Barone di Varnbiller ha rinunziato al progetto di partecipare alla conferenza e neppure vi assiste il colonneno Sukow capo dello Stato Maggiore generale, essendo affidata la rappresentanza militare ad un semplice maggiore di Stato maggiore per tenersi all'unisono colla Prussia, che si fa rappre8entare da un ufficiale di egual grado. Con tutto ciò il Barone di VarnbiHer non ha deposto ogni ~Sospetto di qualche inattesa domanda per parte della Prus8ia e fece venire qui il Ministro del Wiirttemberg a Monaco, Barone Soden, per comunicargli anche verbalmente le sue istruzioni.

Non credo l'allarme in cui vive il Barone di Varnbiiler in nessun modo giustificato. n Barone di Rosenberg assicura che anche in questa circostanza la Prussia benché malcontenta della diffidenza dimostratagli dal Wtirttembeg non escirà da quella via di moderazione di cui si fece una legge: ed aggiunge: se gli stati del mezzogiorno preferiscono di rimanere indifesi, la Prussia non si preoccuperà punto di loro, fidando nello isviluppo delle proprie forze e nella bontà delle proprie armi per riportare nei primordii istessi di una campagna, vantaggi di tal natura da paralizzare immediatamente qualsiasi velleità d'opposizione per parte della Germania me11idiona:le.

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IL MINISTRO A MADRID, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1444. Madrid, 6 aprile 1869, ore ... (1) (per. ore 21,30).

Ce ministre du Portugal vient de communiquer au Gouvernement espagnol un télégramme de son président du Conseil portant que le Roi Don Ferdinand refuse cette couronne et que si on lui envoyait un mission il ne la recevrait pas.

219

IL MINISTRO A CARLSRUHE, ARTOM, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 98. Carlsruhe, 6 aprile 1869 (per. il 9).

Il Signor di Freydorf, cui mi recai oggi a far visita, non seppe dirmi ancora nulla circa i lavori della Conferenza mUltare riunita a Monaco. NeLla prima seduta non si sarebbe ancora trattato che della parte formale: cioè ele~one del Presidente e dei Segretari e'cc. Chiesi al Ministro se sapesse quali siano le istruzioni date dalla Prussia ai suoi Commissari. S. E. mi rispose che ne ignorava il contenuto, e che non sapeva quindi presagire l'indirizzo dei lavori della Commissione suddetta.

Ho ernesto al mio onorevole interlocutore quale origine possa avere la strana voce apparsa negli scorsi giorni sui giornali di Vienna e di Parigi

18 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. XI

intorno alla pretesa intenzione della Prussia di denunciare i trattati d'alleanza cogli Stati del Sud. li Ministro Badese dichiarò d'ignorare l'origine di siffatta voce: aggiunse essere evidentemente improbabile la cosa per se stessa, e non valer la pena d'indagarne la fonte. «Egli è evidente, diss'egli, che gli Stati deHa Germania meridionale non possono rimanere isolati a fronte delle complicazioni che possono nascere: ora la Pruss,ia è la sola potenza ne1la quale gli Stati del Sud possono cercare appoggio secondo le disposizioni del trattato di Praga. Infatti non può essere questione di cercare un appoggio nella Francia: e poichè l'Austria cessò di far parte della Germania, la Prussia è la sola potenza nazionale cui il Baden, il Wtirtemberg e la Baviera possono allearsi. Dirò di più: non credo ingannarmi affermando che H Wtirtemberg desiderò egli stesso di stringere il trattato d'alleanza colla Prussia. Quanto a noi i nostri desideri andavano più in là». Queste parole del Signor di Freydorf mi richiamarono alla mente i discorsi tenutimi circa due anni fa dal Signor di Bismarck, il quale mi raccontava che la Baviera accettò con gratitudine l'offerta del trattato d'alleanza, per evitare lo smembramento di alcune sue provincie e la loro annessione al territorio prussiano. Parmi quindi di non essere avvent!llto affermando che quei trattati d'alleanza sono in realtà una necessità politica per questi Stati del Sud: malgrado le varie interpretazioni cui le disposizioni di quei trattati possono dar luogo, non è ormai più nè nel loro interesse nè nella facoltà di svincolarsene.

(l) Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

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IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (l)

L. P. Parigi, 6 aprile 1869.

Le Ministre Nigra qud désire faire partir ce soir des papiers importants a choisi mon ami Grassi dont il connait la discrétion à toutes épreuves et qui est avec moi depuis bien des années en qualité de Secrétaire pour mes affaires particulières et qui a traversé avec moi toutes les phases politiques auxquelles j'ai été mèlé. M. Grassi a des remerciements à vous faire pour la décoration que vous avez bien voulu lui envoyer. Je n'ai besoin de rien ajouter à la dépèche avec laquelle Nigra accompagne le projet définitif (2). Le Prince de Metternich et le Comte de Vitzthum que j'ai vus assez souvent pendant cette négociation, me disent qu'il leur a été impossible de décider leur Souverain à la cession du Tyrol au dela de Rovereto, Bozen, disent-ils et Meran sont des pays Allemands. On peut parfaitement soutenir la thèse contraire car Meran s'appelle Merano et Bozen Bolzano, du reste dans les pays de ,montagne, pour la délimitation des frontières c'est le cours des eaux qu'il faut consulter et c'est ainsi que la France a établi ses frontières au petit

plateau du Mont Cenis et c'est comme transaction qu'en 1810 l'Empereur Napoléon a désigné cette frontière militaire qui passe au dessus de Bolzano pour ne pas l'apporter jusqu'au sommet des Alpes, suivant la théorie énoncée. De toute façon à en croire M. de Vitzthum l'Empereur d'Autriche et M. de Beust ne ·consentiront jamais à stipuler la cession du Tyrol telle qu'elle a été marquée sur la carte que V. E. a envoyée de Florence.

Quant à la contre-signature d'un Ministre nul peut mieux apprécier la situation que V. E.

L'Empereur Napoléon que j'ai vu hier au soir espère qu'on trouvera un moyen pour se mettre d'accord, car il tient plus que jamais à la prompte conclusion de cet1le triple alliance.

Vous connaissez mon cher Comte ma manière de voir à ce sujet, pour moi c'est un acte politique qui égafe celui de notre participation à la guerre de Crimée et si les résultats seront moins grands matériellement, ils peuvent les ègaliser mo.ralement. P!rofondément convaincu comme je suis qu'une des plus grandes causes de nos embarras est l'abaissement en Italie de tout prestige du pouvoir, j'insiste pour qu'on saisisse l'occasion de la rétablir par la va;leur de nos so1dats et l'importance de nos a1liances. J'ajoute encore à ce sujet que quoique le traité ne contienne aucune stipulation pour la question Romaine, à mon avis, en contient la solution par l'enchainement des événements et par les sympathies que l'Italie va acquérir en France. La Cour de Rome se charge elle-meme de faire ressortir vis-à-vis de l'opinion publique la différence qu'il y a entre une nation jeune, régénérée et reconnaissante et un Gouvernement basé politiquement sur des vieilles institutions qui ont fait leur temps et de nouvelles rancunes.

Quant aux troupes françaises, elles seront retirées après les élections, l'Empereur est pret à écrire au Roi, la frontière du còté de Nice sera aussi rectifiée dans le sens demandé.

N'ayant pas le temps d'écrire à Sa Majesté je vous prierais mon cher Comte de vouloir lui communiquer ma lettre qui ne contient rien d'important du reste, si ce n'est que me•s appréciations qui sont déjà connues par Sa Majesté.

(l) -Da ACR. (2) -Non rinvenuta.
221

VITTORIO EMANUELE Il AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Pisa, 7 aprile 1869, ore 0,15.

J'ai chargé président du conse:Ll de répondre directement Nigra c.royant que vous étiez d'accotrd nous verrons ce que votre envoyé m'apporte et puis déciderons. Je suis étonné qu'on en vienne aux signatures ministérielles quand l'Empereur avait proposé autrement. La notre peut compromettre Ministère. Tenez ferme pour Tyroi si non on ne fera rien. Tenez moi au courant.

(1) Da ACR.

222

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 7 aprile 1869, ore 16,40 (per. ore 19,30).

Nigra et moi marché d'accord complètement. C'est Nigra qui expédie mon secrétaire Florence, le sachant étranger à la politique et discret. Difficulté pour signature est soulevée par Empereur d'Autriche. Empereur Napoléon fera tout ce que Votre Majesté voudra. Je continuerai à tenir Votre Majesté au courant. Si mes dépeches avancent cenes de Nig,ra c'est parce que je suis lié intimement avec Rouher et marqws La Valette et je transmets plus promptement leurs appréciations.

223

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARACCIOLO DI BELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 87. Pietroburgo, 7 aprile 1869 (per. il 14).

Ho l'onore di segnare ricevimento all'E. V. dei dispacci politici n. 45, 46, 47, 48, in data del 13, 19 e 25 marzo (2), nonché di n. 57 documenti diplomatici annessi al Politico 47, e di altri 8, annessi al Politico 48.

Diedi lettura del dispaccio dell'E. V. in data del 25 marzo a S. E. il Principe Cancelliere, il quale fu oltremodo soddisfatto di questa comunicazione, il cui contenuto ritrovò pienamente conforme al suo punto di vista quanto al modo di considerare la vertenza sulla nazionalità promossa, durante il conflitto turco-eLlenico, dalla Porta Ottomana.

Il Principe Gortchacow m'incaricò espressamente di renderne le più vive grazie all'E. V. soggiungendo che non meno s'aspettava dal senno politico del

R. Governo.

L'opinione delle grandi potenze sulla vertenza summentovata non è ancor chiara del tutto; i dubbi e le resistenze alle proposte della Russia continuando specialmente per parte del Governo Britannico, che non mostrasi ancora convinto della convenienza di revocare o di mutare essenzialmente la legge Otto;mana. Un memorandum in forma ragguagUata ed estesa fu testè compilato su tal controversia dalla Cancelleria Russa: vi è fatta distinta menzione di tutte le fasi che essa ebbe da più di trent'anni a questa parte, e vi si conchiude col formulare le istruzioni date all'Ambasciatore dello Czar a Costantinopoli nei .quattro punti qui appresso: 1°: ritorno alla nazionaUtà di tutti i greei divenuti Raya per tema della spoliazione al sorgere del conflitto che fu composto nella Conferenza di Parigi; 2°: revoca o rimutamento della legge; 3°: procacciare che il Governo Ottomano si contenti per avverare la nazionalità degli stranieri dimoranti sul suo territorio dei passaporti e delle carte di soggiorno

in regola, senza procedere all'esame dei titoli, di cui riusdrebbe intricata e difficile la ricerca, ma, quando tal disamina fosse risguardata dalla Porta come assolutamente necessaria, richiedere a tal uopo la formazione di una giunta internazionale; 4°: consigliare alla Grecia di non concedere troppo facilmente i diritti di nazionalità Ellenica ai rifuggiti sudditi della Porta, e possibilmente, non senza preventivo accordo col Divano Imperiale.

Il Generale Ignatieff ha inviato a questo Ministero di Affari Esteri un foglio di modif.icazioni da lui proposte agli articoli della legge suddetta, le quali si riferiscono principa,lmente all'art. V che non riconosc,e la natura1ità acquistata all'estero dai sudditi de'l Turco senza facoltà avutane dal suo Governo, all'art. VIII che non riconosce la quaUtà di straniero nel figlio minore di un musulmano naturalizzato aU'estero, e all'art. IX per cui ogni individuo che abiti il territorio dell'Impero è considerato come soggetto Ottomano finchè la sua qualità di straniero non sia dimostrata regolarmente; delle quali disposizioni tutte il Diplomatico Russo richiederebbe l'abrogazione o una severa revisione come contrarie ai principii che reggono generalmente il diritto internazionale.

(l) Da ACR.

(2) Cfr. nn. 176 e 194; gli alU'i dispacci non sono pubblicati.

224

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 8 aprile 1869, ore 13,30 (per. ore 18).

Prlnce de Mette:rnich déclaré Empereur que Empereur d'Autriche n'étendra pas cession préalable au de là des limites contenus dans projet que le Ro! recevra ce soir.

Empereur et prince Napoléon très désireux connaitre intentions Votre Majesté pour contre-signature ministres. Je prie Votre Majes.té me télégraphieJ." ses impressions après réception p.rojet.

225

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, MIGLIORATI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. VI. Monaco, 8 aprile 1869.

Oggi ho veduto H Principe Hohenlohe e siccome mi proponeva intavolare con Sua Altezza la conversazione intorno alla riunione del Concilio Ecumenico gli domandai se il Vaticano avea indirizzato al Re di Baviera l'invito di assistere o di farsi rappresentare al Concilio. Il Principe mi rispose che la Corte di Roma non ha indirizzato alcun invito formale di questo genere a~ Re, ma aveagli bensl fatto sapere ch'egli potrebbe ove il desiderasse intervenire

-o farsi rappresentare a Roma in que1l'oc,casione. Osservai a Sua Altezza che un tale procedere implicava una deroga assoluta agli usi seguiti in simili circostanze che equivale ad una usurpazione dei diritti riconosciuti in altre differenti epoche ai Sovrani poichè non solo vi era accordato ai Capi di ogni Stato Cattolico il permesso d'intervenire, ma sempre in ciò riconosciuto il loro diritto si consultavano pur anco sulla opportunità della convocazione. Mi parve che questa osservazione abbia prodotto grave impressione sul mio interlocutore e ne prese nota in mia presenza dicendomi che si riservava di studiare la questione e di far indagare quale sia a questo riguardo l'opinione degli altri Governi Cattolici. Sua Altezza mi domandò quale sia il nostro modo di vedere in proposito. Gli risposi che mentre ci limitiamo per ora a seguire attentamente l'andamento di Roma in ordine al modo di preparare questa convocazione il mio Governo non si è sinora pronunciato in merito, ma che io debbo ritenere che ~l'opinione sua in questa materia non può essere che conforme a quanto deriva dalla storia.

Il Principe mi disse che i Prelati Bavaresi si recheranno senza dubbio a quella sacra convocazione, ma che si potrà forse deplorare che trovandosi a sanzionare atti che appartengono più alle cose temporali che alle religiose arrecheranno alla Chiesa medesima più danno che vantaggio; mi ripetè poscia un'osservazione che io già emisi in una mia relazione a V. E. che cioè questi prelati pochissimo !strutti neUa lingua latina si troveranno ad accettare proposizioni delle quali non avranno neppure compreso il senso.

Mi permetto infine, Signor Conte, di confermarle l'opinione ch'ebbi già l'onore di manifestarle or son pochi giorni allorché la vidi a Firenze sull'opportunità di arrecare lumi utili tanto nel basso clero quanto negli uomini più elevati intorno ad una questione di sì grave importanza quale quella della Convocazione del Concilio Ecumenico al cui scopo risponderebbe perfettamente la divulgazione della memoria inviatami coll'ossequiato dispaccio di V. E. n. III di questa Serie (l) della quale dovrebbersi pur stampare mtgliaia di esempJarj in francese ed in tedesco.

P. S. Prego V. E. di far apporre aHa precedente mia relazione di questa serie (2) il n. V, a vece del VI, postovi per errore.

(l) -Da ACR.
226

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (3)

T. Pisa, 9 aprile 1869, ore 6.

Suis S. Rossore pas encore vu votre envoyé. Sera difficile capituler sur affaire Tirol qui était déjà bien faible chose en totalUé. Contre signature est une manière de gater les choses. H me parait que l'Autriche est devenue bien

puritalne en comparaison de ce qu'elle était i!1 y a une douzaine d'années. Elle souffre mème maJadie que nous avons souffert, à present nous sommes en convalescence. Le cheval noir est bon mais petit, l'autre a tous les défauts du monde et porte la langue hors de la bouche.

(l) -Cfr. n. 182, nota 2. (2) -Del 17 marzo, non pubblicata. (3) -Da ACR, ed., con alcune varianti, In Lettere Vittorio Emanuele II, vol. n, p. 1409.
227

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1445. Lisbona, 9 aprile 1869, ore 15,30 (per. ore 21,55).

Le comte de Lavradio ministre portugais à Londres est nommé à Rome. Le Roi m'a dit que cette nomination est encore confidentielle, mais il espère par ce choix avoir été agréable à l'Italie. En effet je la considère comme la meilleure sous tous les rapports.

228

VITTORIO EMANUELE II A FRANCESCO GIUSEPPE (l)

L. P. Firenze, 9 aprile 1869.

Malgré les événements qui pendant plusieurs années ont tenu divisés nos deux pays, je n'ai jamais oublié les liens qui unissent nos deux familles et qui ont toujours été (2) chers à mon coeur. C'est pourquoi je m'estime heureux de pouvoir temoigner à Votre Majesté combien j'aprprécie son amitié en la priant d'agréer le Collier de m0111 ordre suprème de l'Annonciade comme un gage de la sincère affection que je lui porte et dont, en toute occasion, je m'empresserai de lui donner des preuves.

229

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 1343/579. Londra, 10 aprile 1869 (per. il 23).

Facendo seguito al mio rapporto di questa ser~e n. 566 (3) e conformandomi alle istruzioni contenute nel dispaccio ministeriaJe n. 142 Politico riservato (4), dopo aver preso informazioni da varie parti e studiato bene l'argomento or

già fa qualche tempo tenni parola con Lord Clarendon della contraddizlone che si notava nei negoziati dei Rappresentanti britannici a Vienna e a Berlino per far cessare quelle irritanti rappresaglie della pubblica stampa, e che avrebbero potuto degenerare in più gravi pericoli per la pace del continente. Il dispaccio confidenziale prussiano in senso avverso all'Austria, posto so t t'occhio al Conte Beust, formava il punto culminante di ciò su cui io doveva attirare l'attenzione del Ministro inglese; e questi, alle mie entrature, mostrassi un poco turbato, e accennandomi al tempo che è trascorso da che ciò avvenne, alla poca reminiscenza dei particolari e ad altre vaghe simili cose venne in altri discorsi.

Persuaso che in cosi delicato affare sarebbe quasi impossibile condurre il Segretario di Stato a convenire con me della mancanza di delicatezza da lui commessa nel rendere palese al Governo austriaco il dispaccio confidenzialmente comunicatogli dal Conte Bernstorf.f, ho creduto prudente non più rimestare quest'argomento e prendere informazioni da altre autorevoli persone.

Ad attenuare l'apparente discrepanza dell'attitudine del Governo inglese a Berlino con quella tenuta a Vienna debbo informare l'E. V. che, almeno da quanto mi risulta, sarebbe stato il Gabinetto prussiano medesimo che avrebbe pel primo fatto intendere a Lord Clarendon d'essere pronto a dismettere qualora dall'altra parte se ne facesse altrettanto. Mylord avrebbe quindi fatto note a Berlino le disposizioni concilianti del Governo austriaco. Ove veramente così stessero le ,cose l'opera prestata dal Ministro per gli Affari Esteri della Regina in questa civcostanza perderebbe molto della sua importanza. Da ultimo poi da quanto Sua Signoria stessa mi disse, tutte le pratiche a tale scopo condotte nella capitale prussiana furono strettamente per via di lettere particolari che tolgono di molto alla gravità della menzionata contraddizione.

Forse nella condotta osservata da Lord Olarendon verso il Governo austriaco

nel dare conoscenza a quest'ultimo del precitato dispaccio del Conte di Bi

smarck potrebbesi scorgere Ja traccia di quel sentimento di sospetto verso la

Prussia da cui non è sempre scevro il Segretario di Stato.

Comunque ciò possa essere non ho omesso nella mia conversazione con

Mylord di accennare alla penosa impressione che ciò produsse sul Governo del

Re, e alla convenienza che secondo noi vi sarebbe a non più imitare simili

precedenti irritanti in avvenire.

(l) -Da ACR, minuta di pugno di Menabrea, ed. in ONCKEN, vol. III, p. 155. (2) -Qui nel testo inviato fu aggiunta la parola «bi~n ~ che non esiste nella minuta di Menabrea. (3) -Cfr. n. 153. (4) -Cfr. n. 106.
230

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 1345/581. Londra, 10 aprile 1869 (per. il 23).

Al ricevere de' pregiatissimi di Lei dispacci di questa serie ai n. 151 (l) e 152 (2) mi recai al «Foreign Office » onde consultare il Segretario di Stato

(l} Cfr. n. 168, nota l, p. 177.

sulle cose ch'Ella mi esponeva circa la favorevole 31Ccoglienza che avrebbero avuto le pratiche intavolate a Parigi ed a Vienna dagli Agenti ufficiosi della Rumenia per ottenere il consenso della Francia e dell'Austria ad esaminare ed a risolvere le quistioni relative alla giurisdizione consolare degli Agenti esteri nei Principati Riuniti.

L'E. V. è già stata a lungo da me ragguagliata delle opinioni di Mylord su questa materi:a. Non trattandosi però qui come in una antecedente occasione di suggerire al Ministro inglese la convenienza d'int:rodurre una riforma nel sistema delle capitolazioni che secondo noi vi sarebbe, ed avendo solo a sottomettergli le informazioni che a siffatto riguardo pervenivano all'E. V. da Bucarest e da Vienna, mi lusingava che Sua Signoria avrebbe accettato una imparziale discussione su questo rilevante argomento, il quale benché poco gradito a Lord Clarendon non cessa d'essere uno dei più urgenti della quistione d'Oriente.

Ma se Mylord prestommi attento ascolto allorché gli feci riflettere quanto sarebbe nocivo agl'intere1ssi europei di permettere che la Russia, in seguito ai negoziati per una convenzione consolare ch'essa sola sta conducendo col Governo di Bucarest, si mantenesse i:n un'attitudine sepamta qualora le potenze volessero venirne ad un accordo preliminare relativamente alle capitolazioni, egli, appena trattossi d'esprimersi sul merito d'una siffatta loro azione comune, ricadde nel consueto suo sistema d'ostinata opposizione.

Mi disse non essere affatto a sua conoscenza che Francia o Austria più dell'Inghilterra fossero disposte a rinunziare alle capitolazioni, e ch'era convinto che i rumori sparsi a questo riguardo dagli Agenti officiosi del Governo Principesco o fossero da loro diffusi a disegno oppure si riducessero ad una pura e semplice esagerazione del linguaggio a loro tenuto dalle persone ufficiali (1).

Munito delle ultime istruzioni a questo riguardo dall'E. V. impartitemi con

suo pregiato dispaccio di questa serie N. 159 (2) il quale già m'era a quell'epoca

pervenuto, richiamai l'attenzione di Lord Clarendon sul fatto già da me spie

gatogli nelle mie antecedenti conversazioni cioè che il Governo del Re non

aveva mai in tutto questo affare contemplato l'abolizione delle capitolazioni,

ma bensi la loro temporaria sospensione o trasformazione in convenzioni con

solari, le quali assicurerebbero tutti quei privilegj che solo rimangono osservati

nella pratica applicazione delle capitolazioni, e la cui durata avrebbe potuto

essere limitata a un breve numero di anni, stipulandosi nel tempo stesso il

ripristinamento dello statu qua ante qualora l'esperienza dimostrasse alle Po

tenze l'utilità di ritornare all'antico ordine di cose. Posi quindi in rilievo la

ctrcostanza che anche questa provvisoria sospensione doveva a nostro avviso

venire sottomessa ad un preliminare accordo deHe Potenze, aggiungendo che da quanto mi risultava le medesime idee parevano eziandio divise dal Conte di Beust.

Mylord mi rispose che tranne da noi non aveva ultimamente ricevuto nessuna entratura a questo soggetto da alcuna aLtra Potenza, e che non abbisognava ripetel'mi che v'era opposto e che secondo lui la sospensione delle capitolazioni avrebbe equivalso alla loro completa abolizione.

Lord Clarendon conviene con noi dei pericoli che vi potrebbero essere per le Potenze se si lasciasse che la Russia assuma un'attitudine diversa verso la Moldo-Valachia; ma mi rinnovò l'assicurazione che non era a suo conoscimento che a Pietroburgo si trattasse una convenzione consolare dell'importanza riferitami dall'E. V., e mi esternò di dubitare moltissimo che il Governo russo medesimo osasse introdurre una sì grave alterazione senza il concorso delle altre nazioni.

Ancora un mandato rimanevami a compiere presso n Segretario di Stato, cioè a porgli sott'occhio la circolare confidenziale del Principe Ghika ai suoi Agenti all'estero, che l'E. V. m'inviava col dispaccio N. 152. Questo documento gli era nuovo e ne prese subito conoscenza. Chiestogli dopo di ciò quale impressione essa avesse prodotto in lui, «quella, diss'egli, che una politica irrequieta e d'intrigo è sempre all'ordine del giorno in Bucarest, e che n Principe Ghika è non meno degli altri uomini di Stato rumeni animato dall'unico pensiero di fare una quistione europea dell'agitazione interna dei Principati; agitazi('ne che molto meglio che col rivolgere un perpetuo appello alle potenze potrebbe venire efficacemente combattuta da un Governo fermo, risoluto ad osservare gli obblighi che gl'impongono i trattati ed a rinunciare alla idea d'affrancarsi dall'alto dominio del Divano imperiale, ~a quale, checché se ne dica, forma purtroppo la vera base dell'indirizzo politico di tutti i Gabinetti che si sono succeduti a Bucarest,,

Dalla mia passata corrispondenza su questo argomento e da quella che giungerà a codesto Ministero colla presente spedizione, l'E. V. potrà formarsi un criterio esatto delle disposizioni da cui è animato n Governo della Regina nelle quistioni principali che agitano l'Oriente, e soprattutto di quelle a cui s'ispira personalmente Lord Clarendon.

In uno dei miei rapporti sul conflitto turco-ellenico allorquando tutto era nel dubbio, quando l'esito della Conferenza era pieno d'incertezza, io scriveva a V. E. come n Segretario di Stato se si preoccupava molto di siffatta situazione, si preoccupava poi assai poco dei rimedj che, dando soddisfazione alle legittime aspirazioni delle popolazioni cristiane avrebbero più d'o.gni altra cosa contribuito a mantenere solidamente l'ordine di cose esistenti in Oriente, mentre avrebbero tolto n mezzo ad un'altra potente nazione di atteggiarsi a sola protettrice degl'interessi d'una parte dei sudditi o dei vassalU della Porta ottomana. Questa posizione non ha mutato. Come il Governo del Re l'Inghilterra vuole il mantenimento dello statu quo, ma diversamente da noi essa crede che questo risultato si possa meglio assicurare con uno scrupoloso rispetto agli antichi trattati, o, per parlare più correttamente, alla odierna loro interpretazione, e con una rigida astensione dal prendere la responsabilità di consigliare

una anco lieve riforma. Forse essa cosi agisce allo scoiX> di serbarsi interamente indipendente onde fn caso di conflitto non essere in esso travolta se ciò non le conviene.

Non è mio compito di qui esaminare la saggezza o la fallacia di tale sistema. Ma non posso terminare lo studio deHa questione che forma oggetto speciale del presente rapporto senza dichiarare all'E. V. con una profonda convinzione che negli attuali momenti l'Italia patrocinando a Londra la causa dei Principati prima di tutto non otterrà gran fatto, in secondo luogo correrà il rischio di sollevare il più illlfondato dei sospetti, quello cioè d'avere interesse ad appoggiare la politica russa.

(2) Non pubblicato.

(l) -Con r. 1349/584 del 18 aprile 'Maffel comunicò: «i negoziati ch'Ella m'Indica essere statl fatti a Parigi e a Vienna dagli Agenti Ufficiosi rumeni per la modificazione delle capitolazioni, non giunsero a conoscenza degli Ambasciatori di Francia e d'Austria qui accreditati. Il primo di essi mi dichiarò che non considerava l'Istante attuale opportuno per effettuare una tale riforma. Il secondo mi disse che da sei mesi non aveva più ricevuto nessuna comunicazione dal suo Governo circa tale questione; che non credeva il Conte Beust alieno dall'accordarvi la sua attenzione, ma solo quando 1 Principati danubiani possedessero un'amministrazione capaced'offrire sufficienti guarentigie alle potenze estere. Doversi intanto riconoscere 1 lodevoli sforzi che sta facendo il presente Governo di Bucarest per raggiungere simile soddisfacente risultato~. (2) -Cfr. n. 201.
231

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

N. 251. Firenze, 11 aprile 1869.

Con riferimento alle mie precedenti note sullo stesso oggetto, mi pregio di trasmettere altresì in copia all'E. V. l'annessa nuova lettera, pervenuta recentemente al Signor Prefetto di Caserta dal suo solito corrispondente a Roma e contenente notizie politiche di quello Stato.

ALLEGATO

Roma, 2 aprile 1869.

Credo utile darvi la seguente notizia:

L'altra sera è giunto un telegramma al Colonnello d'Argy del Ministro della Guerra francese, che gli diceva, nOill prendere parte attiva nella difesa del patrimonio della Chiesa; giacché si era ratificata la Lega austriaca-franco-italiana. Quindi conchiudeva: la LegaziOille nOill deve far uso in circostanza della bandiera francese, come nelle primitive istruzioni ma della sola bandiera pontificia.

Ieri poi il Colonnello riuni tutti gli ufficiali e comunicò loro l'importante telegramma e nel contempo telegrafò al Cardinale Arcivescovo di Besançon, protettore della Legione, per domandare la dimissione. Questi in questa notte gli ha risposto di no, perché, se Napoleone cessava di proteggere la Legione, vi era la Francia che suppliva.

Questi due teiegrammi sono ufficiali ed il comune amico conosce la fonte dove li ho attinti. Potete pure comunicarli a chi credete, benché qui siano conosciuti solo dal Governo papale.

Ieri il Conte di Caserta offri una caccia al suo cognato prossimo, le di cui nozze si celebrano Lunedi. Oggi vi è tavola di famiglia da Trapani, perchè festa del suo nome. Molte visite questa mattina ha ricevute. La penna, che si è regalata dal Re Francesco ad Ulloa, non è stata accompagnata da autografo, come dice l'Osservatore Romano di jeri sera, ma con parole lusinghiere.

Carbonelli per questo regalo fatto al suo rivale e per non essere stato invitato alle cinque tavole diplomatiche, fulmina tempeste e minaccia voler partire, rivelare e tante altre belle cosette.

Non manca qui che qualche giorno si rompano le teste i Ministri in paribus; ed io ne sono quasi certo.

P. S. -Riflettete bene alle notizie che vi rimetto. Questo annunzia un ravvicinamento forte fra Italia e Francia. Questo fatto non potrebbe riprodurre le trattative che il Barone Arnim, Ambasciatore prussiano a Roma, fece nel 1868 presso Francesco II per volerlo ajutare?

Ricordatevi che già vi dissi che in quell'epoca la Prussia mandò denari a Napoli per promuovere rivoluzioni, che poi presero la via di Spagna.

232

IL MINISTRO A MADRID, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

ANNESSO CIFRATO (l). Madrid, 11 aprile 1869 (per. il 17).

Olozaga dit à ses amis qu'il faut attendre encore, tout espoir d'avoir un Prince Portugais n'étant pas perdu.

Lorsque le Ministre de Portugal a communiqué au Général Prim le refus du Roi don Ferdinand le Général Prim lui a dit «Faites bien savoir de ma part à Sa Majesté Portugaise qu'elle peut faire ses malles, car la république en Espagne ne respecterait pas la Royauté en Portugal. ), Hier on a continué à parler entre autres choses de directoire et de Régence.

233

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 91. Vienna, 11 aprile 1869.

Le missioni del Generale Della Rocca, del Generale Moering e del Generale De Sonnaz (2) furono argomento in questi ultimi giorni di vivlssimi commenti, vuoi dalla stampa vuoi dane popolazioni e dalla diplomazia.

Credo mio debito di richiamare l'attenzione di V. E. sovra di essi, poiché

da essi si può ragionevolmente ritrarre una idea esatta della situazione politica

di questi paesi.

Non esito dunque a dirle che l'opinione generale si è manifestata in un

senso molto favorevole ad un riavvicinamento dell'Italia e dell'Austria, e che

gli uomini liberali sovratutto veggono in questa linea di condotta un pegno

di una politica di progresso e sopratutto anticlericale. S'ingannerebbe però a partito chi credesse che l'approvazione che questa politica di conciliazione trova generalmente origini da un sentimento ostile verso la Prussia o dal desiderio di tentare con nuovi alleati imprese guerresche.

L'opinione generale approva un riavvicinamento fra l'Italia e l'Austria perché in esso vede anzi un pegno di pace, una guarentia che la quiete così necessaria agli interessi economici dell'Impero non sarà turbata, e sovratutto applaudono a questa politica gli uomini che appartengono all'opinione liberale, poiché essi veggono che l'Austria non può rimanere isolata e perché sanno per le esperienze fatte che le altre alleanze sono o g·ravi, o prepotenti, o incerte; ed approvano senza reticenza che l'Austria si stringa all'Italia contro il comune nemico, il partito Ultramontano, e che la libertà cementi e fortifichi la loro unione. Questo partito che è certo ora il più gagliavdo e che in ciò cammina pienamente d'accordo col Governo ungherese, vede con sospetto l'alleanza Francese. Esso non approverebbe una lega stretta fra la Francia e l'Austria contro il Governo prussiano, esso vuole la pace, esso non desidera imprese guerresche anche coronate di successo, perché nelle vittorie il partito militare che per tanto tempo ha ucciso in Germania ogni aspirazione liberale, ricupererebbe la vita. Egli non vuole acquistare gloria e vendicare Sadowa a prezzo delle 1ibere istituzioni od a prezzo della rovina delle proprie finanze. Un ministro dei più influenti Cisleitani mi diceva or pochi giorni sono: «l'opinione pubblica che consiglia e domanda un'alleanza fra l'Austria e l'Italia è pienamente nel vero, e noi desideriamo vivamente che i nostri rapporti diventino ogni giorno più intimi ed efficaci. Ma s'ingannano coloro che danno a questa alleanza un carattere belUcoso, facendovi partecipare la Francia. Se la Francia vi partecipasse attivamente, sarebbe un grande errore, di cui ogni uomo savio rampognerebbe il Governo. Una alleanza fra la Franoia, l'Italia, e l'Austria condurrebbe alla guerra. Un'alleanza intima fra l'Austria e l'Italia dileguerebbe invece ogni paura di guerra. Una triplice alleanza è forse il sogno del partito militare ed ultramontano; non è certo il concetto del partito liberale. Una triplice alleanza farebbe l'Austria e l'Italia vincolate e sogge·tte alle volontà guerresche francesi. Una dupltce alleanza invece farebbe l'Austria e l'Italia indipendenti nella loro politica e libere nelle loro aspirazioni. Purtroppo, continuò egli, esistono molte illusioni in alto! Si crede che l'Austria potrebbe consentire che la Francia si impadronisse delle frontiere del Reno. Quella dinastia che lo tollerasse sarebbe una dinastia perduta,.

Queste idee che ricevono una maggiore importanza da ciò che esse non sono l'impressione individuale di un Ministro, o le aspirazioni di un partito, ma sono le idee dell'immensa maggioranza del paese, mi pajono meritevoli di essere prese in considerazione dall'E. V., poiché se è utile il conoscere le idee del Governo, molte volte è ancor più utile conoscere l'opinione vera delta nazione, per non anda·re incontro a dolorosi disinganni, come avverrà purtroppo a certi Governi che qui confidano esclusivamente nei rapporti e nelle idee architettate nei Gabinetti, dai diplomatici e dai Ministri. Né saprei abbastanza ripetere che queste idee degli uomini più influenti del Gabinetto cisleitano e della maggioranza dei cittadini cisleitani collimano colle idee del Governo a

Pesth e colle idee del popolo ungherese. È fuori di dubbio che l'Impero austriaco ha un solo scopo! Combattere la Prussia colla libertà. Al fucile ad ago di Sadowa contrappone la potenza della stampa, l'efficacia della Costituzione, i benefici della pace, e le conquiste deHa civiltà.

n partito liberale è sicuro della vittoria, e non vuole compromettere la vittoria certa con opere arrischiate. Esso, lo ripeto, non ha veruna simpatia vera per l'alleanza francese. Un uomo eminente di stato mi diceva: c Credete voi che se Francesco Primo avesse potuto rimanere alleato di suo genero, non l'avrebbe personalmente preferito? Non lo ha potuto perché le idee Germaniche vi si opponevano.

Le Provincie tedesche nell'Impero austriaco vedono l'alleanza francese attraverso le rive del Reno, e sanno che se vi è un mezzo di rafforzare la Prussia, e di crearle una immensa popolarità, è di lasciare a lei sola la custodia delle frontiere della patria, e della dignità della bandiera tedesca. Non bisognava dimenticare, mi diceva il Ministro Becke, che se la Francia s'impossessa delle frontiere del Reno, rivedremo rinnovarsi in Europa quelle coalizioni periodiche che si formarono contro il Primo Impero e che finirono per rovesciarlo. Noi vedremo l'Unità ,germanica sorgere forse dalle vtttor!e francesi~

Ora lasciando in disparte delle eventualità, il cui grado di probabilità

V. E. potrà meglio apprezzare di quello che lo possa io, non posso tacerle le parole dettemi da un membro eloquente del Parlamento austriaco: «Io applaudirei altamente ad una alleanza intima fra l'Austria e l'Italia, e mi duole che questa alleanza non sia finora che un rumore incerto seminato dai giornali, ma spero non tarderà ad essere tradotta in atto, se, come io credo fermamente, il Conte di Beust è un abile uomo di Stato. E per l'Italia, non sarebbe forse questa alleanza una buona ventura? Essa troverà nell'alleanza Austro-Ungherese quella indipendenza della propria politica che non troverebbe in una alleanza colla Francia o colla PrussLa, perché l'alleanza con questi due paesi sarebbe sempre offuscata dalla memoria dei servigi resi. E mal risponderebbero queste due alleanze allo scopo della politica italiana, ai bisogni della situazione economica del paese. Alleanza colla Prussia vuoi dir guerra. Alleanza colla Francia vuoi dire parimenti guerra. Non vi ha che l'alleanza coll'Austria che significhi pace ».

(l) -Al R. 266, non pubblicato. (2) -Morozzo della Rocca era stato Inviato da VIttorio Emanuele II a Trieste per complimentare Francesco Giuseppe In occasione de!.la sua visita In quella città. Moring s! era recato a Firenze per ringraziare Il Re d! questa dimostrazione d! amicizia e De Sonnaz aveva avuto l'Incarico d! portare a Francesco Giuseppe !l Collare dell'Annunziata.
234

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 12 aprile 1869, ore 8 (per. ore 10).

Pour adhérer désir de l'Empereur Napoléon prie Votre Majesté me faire connaitre ses tntentions indépendamment de ce que président du conseil écrit à Nigra (2).

(l) Da ACR.

(2) Per la risposta cfr. n. 2S4.

235

IL MINISTRO A MADRID, CORTI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1451. Madrid, 12 aprile 1869, ore 15,40 (per. ore 19,40).

Le due de La Torre vient de me dire qu'il lui intéresse beaucoup de savoir positivement si le due d'Aoste accepterait le trone espagnol dans le cas où les Cortes le voteraient, éventualité de ~ésoiution subite pouvant se présenter prochainement. Il salt que la France est contraire à cette solution mais il pense qu'il ne faut pas se soumettre à ses exigences. Il m'a dit si je pouvais lui procurer informations désirées. J'ai répondu d'une manière évasive. La démarche du due de La Torre n'est pas faite au nom de tout le Ministère. Détails par le courrier de Cabinet espagnol parti aujourd'hui.

236

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. 162. Firenze, 12 aprile 1869.

Ho letto con molta attenzione il rapporto (l) col quale Ella mi ha reso conto della conversazione avuta con Lord Clarendon sulla quistione relativa alle modificazioni che, secondo noi, conveniva introdurre nello stato presente delle cose per ciò che concerne la giurisdizione consoJare nei Principati Uniti. Era nostro convincimento che queste modificazioni puramente provvisorie avrebbero avuto un risultato soddisfacente, tanto al punto di vista di dare un appoggio al partito moderato in Rumenia, quanto a quello dell'interesse di toglier di mezzo non pochi motivi di dissidi e discussioni fra il Governo rumeno e le Agenzie Consolari estere stabilite in Bucarest.

Sebbene la S. V. si sia espressa in quei termini che erano i più convenienti per pe·rsuadere Lord Clarendon ad appigliarsi al partito che gli suggerivamo, ciò nondimeno S. S. si sarebbe mostrato affatto contrario a tutto ciò che tenderebbe ad introdurre nei paesi Rumeni una qualche innovazione. Lord Clarendon avrebbe anzi espresso alla S. V. la sua convinzione che il sospendere n regime delle capitolazioni equivarrebbe ad un'abolizione pura e semplice delle medesime. Il Primo Segretario di Stato della Regina Le avrebbe inoltre dichiarato che nessuna notizia gli era giunta delle trattative in corso fra la Rumenia e la Russia per !stipulare una Convenzione destinata a rimpiazzare le capitolazioni ora in molte parti cadute in disuso.

Anzitutto è bene che la S. V. sappia che il Governo del Re è in possesso del progetto di Convenzione Russo-Rumeno, la esistenza del quale non è un mistero per alcuno, dappoiché a tutti furono noti i negoziati e le pratiche a tale effetto condotte dai Governi di Bucarest e S. Pietroburgo. Lord Clarendon

nella conversazione che ebbe colla S. V. mostrava inoltre di supporre che, nel fatto, le capitolazioni sieno ancora strettamente osservate anche nei Principati Uniti; il che non è, essendo le Capitolazioni stesse in molta parte cadute in desuetudine dopo che il nuovo governo di quei paesi ha ammesso gli stranieri al godimento incondizionato di vari diritti che la legislazione ottomana loro non riconosceva. E forse, il Primo Segretario di Stato della Regina non rifletteva che mentre il Gabinetto britannico aveva già derogato in parte al regime delle Capitolazioni in favore della Sublime Porta, e come corrispettivo della concessione che questa faceva ai sudditi inglesi di possedere beni stabili in Turchia, difficilmente avrebbe potuto fare col Governo Rumeno una quistione di principio, sostenendo che qualunque modificazione si introducesse nel regime delle capitolazioni equivarrebbe alla loro completa abolizione.

Anche in Egitto le Potenze si mostrano disposte ad ammettere certe modificazioni al regime in vigore, aderendo con ciò alle istanze del Governo locale. Ora, non potrebbesi, secondo noi, usare verso la Turchia e l'Egitto, paesi che hanno legislazione in gran parte ignota, ed essenzialmente dissimile a quella in v.igore in Europa, un trattamento migliore di quello che si vorrebbe concedere ai Principati rumeni. Se in questi ultimi paesi gli ordinamenti giudiziari sono ancora imperfetti, i medesimi però sono stabili:ti colle norme vigenti nelle contrade meglio ordinate di Europa, e la Legge codifLcata esistente è del tutto consimile a quella che fu generalmente accettata in tutti i paesi dotati di un codice di leggi recente, sebbene nella applicazione molto vi sia ancora a desiderare.

Da queste considerazioni scaturiscono naturalmente moltissimi argomenti che varrebbero a dimostrare sempre meglio che nella proposizione che la S. V. ebbe occasione di fare a Lord Clarendon, non si nascondeva alcun segreto fine od occulto disegno, tendente a creare una modificazione nello stato politico dei Principati Uniti. Vorrei che Lord Clarendon ne fosse persuaso, perocché nulla entra meno ne' progetti del Governo del Re che di creare pericolose novità in Oriente. La nostra politica in quei paesi è diretta allo scopo di conservazione; ma appunto pereiò, ci crediamo in debito di prevedere le complicazioni che potrebbero prodursi, se si volesse resistere in modo assoluto a quelle modificazioni che, riflettendo unicamente l'ordinamento interno, darebbero soddisfa2lione alle popolazioni senza recar pregiudizio alla situazione politica di quelle contrade.

(l) Ctr. n. 206.

237

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 92. Vienna, 12 aprile 1869.

A completare il dispa;ccio che ebbi l'onore di scriver le ieri (l), credo molto utile che Ella conosca l'opinione personale del Conte Potocki, Ministro d'Agri

coltura nel Gabinetto cisleitano. Io però le faedo questa comunicazione nel modo più riservato e mi lusingo che Ella intenderà di leggieri la ragione che mi muove a chiedere all'E. V. la maggiore discrezione in proposito. lo non ho d'uopo di aggiungere che feci e fo ripetendole sopra sifatte parole le più ampie riserve.

H Conte Potocki parteggia nel modo più assoluto per la pace e vagheggia un'unione intima coll'Italia appunto per consolidarla. Egli respinge qualunque idea guerresca del Governo austriaco e nega nel modo più formale che da una guerra potesse sorgere opportunità favorevole all'Austria. Egli mi ha ripetuto gli argomenti che un suo collega mi avea già detto e che io mi son studiato di riprodurre nel precedente di:spll!ccio, però egli aggiunse due considerazioni che mi paiono molto importanti e che però egli dichiarava essergli affatto personali. Egli traeva un argomento contro una politica guerresca dall'indole e dai precedenti dell'Imperatore Napoleone, indole e precedenti che nessuno poteva scancellare o modificare. L'instabilità delle sue alleanze, la prontezza con cui egli modificava i suoi piani politici, rompeva la guerra, stipulava la pace non erano mezzi efficaci a potergli assicurare delle alleanze sicure. Non poteva dimenticare la sua guerra contro la Russia e la pace stipulata quando l'Inghilterra desiderava continuarla, la sua guerra d'Italia e la pace di Villafranca, la spedizione del Messico e il suo improvviso ritorno. Nessuno in Austria poteva dimenticare che erano i suoi consigli, la sua tacita approvazione che avevano spinto la Prussia ad unificare la Germania. Quale era il piano della sua politica? un piano esclusivamente personale e che teneva sopratutto conto delle condizioni inteme della Francia. Infatti ora la pace e la guerra da che dipendono? dalle elezioni francesi, da una questione dinastica, non già da un vero interesse d'equilibrio europeo. E posto questo principio che pone l'Europa alla discrezione dei partiti in Francia, chi ci assicura, dice egli, che dopo una vittoria ottenuta sopra i Prussiani egli non faccia improvvisamente la pace e la faccia a danno dell'Austria, qui paierait les pots cassés? Chi ci afferma che gli .interessi dinastici non lo consiglino di prendersi d'improvviso amore per il Re di Prussia come dopo Solferino 'lo consigliavano ad accendersi di un improvviso affetto per l'Imperatore d'Austria? Dopo Solferino egli rinnegò la rivoluzione! Dopo una battaglia vinta contro i Prussiani forse egli proclamerà nuovamente il principio delle nazionalità. No, un'alleanza offensiva con la Francia è inevitabilmente poco sicura e poco logica e sarebbe certamente inconsulto quel governo che in essa fidasse. V. E. non dimentichi però che il Conte Potocki è polacco e come tale ha la bocca amareggiata di fiele per la memoria del 1863.

Le altre osservazioni che il Conte Potocki faceva riguardavano l'Inghilterra. Egli non crede, e soggiunse essere questa una sua opinione puramente persona·le, che il Gabinetto di Londra sarebbe molto dolente se una guerra scoppiasse. Certamente egli non provocherà mai una guerra, ma una guerra potrebbe momentaneamente offendere largamente e ferire per molti anni il commercio e le industrie tedesche che prendono dei sviluppi straordinari e che inquietano assai l'Inghilterra. Imperocché la Germania produce ed esita

19 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. XI

come essa oggetti e mercanz'ie per le masse e a miglior patto che essa non fa-ccia. La conclusione del Ministro era questa: la politica dell'Austria è pacifica, se facessimo una politica guerresca noi faremmo una politica francese non una politica nazionale. Noi desideriamo di essere in buonissimi rapporti coll'Imperatore dei Francesi, noi desideriamo essere i suoi intimi alleati per controbilanciare l'influenza russa e prussiana in Europa, per impedire col nostro contegno che egli slealmente sia aggredito. Noi patteggiamo con lui in Oriente, in Germania ed in America! ma lo scopo della nostra alleanza è di mantenere la pace e di consolidare colla pa.ce la libertà. Questa almeno è la politica dei Gabinetti cisleitano ed ungherese. Politica proclamata senza ambagi, senza mistero e senza reticenza. E da ciò l'lisulta, diceva egli, che le provincie tedesche aspettano una rivincita della loro disfatta, ma sapete da chi l'aspettano? dai principii conservatori medesimi violati dal Re di Prussia. Il Re di ItaLia fu sempre logico, egli ha annesso tutta l'Italia in nome del diritto popolare! ha accettato lealmente questo diritto in tutta la sua integrità e pienezza. Egli non ha nulla a temere da questo nuovo principio. Ma il Re di Prussia ha aggredito, ha spogliato i suoi vicini in nome del diritto divino. Le annessioni prussiane sono il risultato di una violenza, sono la negazione di quel principio che il Re Guglielmo afferma essere la base della sua poUtica e la meta della sua condotta. Egli poteva 1n Germania essere il rappresentante del diritto popolare, ha preferito di essere il fedifrago rappresentante dell'antica tradizione feudale! In questa contradizione, in questa violazione sta il pericolo della situazione per il Re di Prussia. Re per volontà della nazione era inattaccabile, re conquistatore potrebbe forse un giorno dirsi di lui chi di coltel ferisce di coltel perisce. Queste comunicazioni Eccellenza sugli intendimenti degli uomini che governano l'Austria completano quelle che ebbi l'onore di trasmetterle intorno agli abboccamenti col Conte Andrassy.

In quanto alla politica del Conte Beust essa è più francese di quella degli altri Ministri. Dalla sua bocca non udii mai parole di amicizia e di plauso pell'Imperatore dei Francesi. Io credo che il Cancelliere nego2lii a.ccol'ldi segreti, esamini eventualità future, vegga nell'alleanza italiana un mezzo per isolare la Prussia ed apparecchi complicazioni favorevoli aLl'Austria. Da qualche giorno egli si mostra più confidente con me che non e.ra pel passato, egli mi ha espresso il suo gradimento pel mio soggiorno in Vienna e mi ha parlato di una sua memoria presentata all'Imperatore d'Austria sull'opportunità di un'alleanza coll'Italia, mi ha promesso di comunicarmene dei brani e non mancherò, se questo avviene, di tenerla informata.

In tutti i colloqui avuti mi son tenuto sempre sulle generali in ossequio alle istruzioni avute replicatamente dall'E. V. Ho sempre parlato del desiderio dell'Italia di mantenere la pace e degli sforzi fatti in questo senso dal mio Governo. Però ho creduto di modificare alquanto il mio linguaggio intorno alla Prussia! Serbo silenzio sopra di essa, imperocché non credo sia utile qui di difendere la politica di Bismarck. Ciò, come mi disse Beust, avea raffreddato un tempo la sua confidenza in me. I tentativi di conciliazione non sono

qui riguardati con occhio benevolo, non servono a rappacificare, servono ad irritare almeno per ora. Nell'accusar ricevimento all'E. V. dei pregiati dispacci ministerri.ali affari politici dal n. 53 al n. 58 inclusivo e Gabinetto in data 13 marzo ultimo (1), ..•

(l) Cfr. n. 233.

238

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A MADRID, CORTI

T. Firenze, 13 aprile 1869, ore 14.

Remerciez le général Serrano de sa communication confidentielle (2). Le due d'Aoste nouvel1ement interpeihlé persiste à crocire que dans sa position il ne peut pas accepter la candidature du tròne d'Espagne. Vous exprimerez en conséquence au général Serrano nos regrets d'une détermination qui contrarie les projets du Gouvernement espagnol en tous points honorables pour les princes des notre dynastie.

Dans mon opinion personnelle, et non point comme ministre, je persiste à croire que la seule solution convenable pour l'Espagne est le choix du jeune due de Genes qui a maintenant quinze ans et qui par son caractère, par son int'elligence et par son bei aspect promet de devenir un des princes les plus distingués de l'Europe. C'est une idée que vous pourriez suggérer come vòtre sans avoir l'air de fai:re des propos[tions vu que j'ignore encore si les parents du jeune due consentiraient et que je ne les interpellerai que lorsque je saurai que l'idée est agréée.

239

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 390. Berlino, 13 aprile 1869.

Si les nouvelles du Midi de l'Allemagne reflètent un certain vague, c'est qu'il ne saurait en etre autrement. La position respective des Etats empechera de longtemps encore une entente non seu1ement pour un amalgame complet avec le Nord, mais meme pour l'établ,issement d'une Confédération du Sud. La Hesse Grand Ducale, scilndée en deux parts, est en quelque sorte paralysée par l'impossibilité de servir deux maitres à la fois. Le Grand Duché de Bade pousse à l'unification; il est par conséquent contraire à une Confédération restreinte. La Bavière viserait à s'attribuer dans le Sud la meme suprématie que la Prusse dans le Nord, mais elle se heurte aux répugnances du Wilrtemberg, dont au reste le premier Ministre est un véritable camaléon politique. En outre

les différents Gouvernements doivent compter avec les partis surtout en Bavière, où les tendances autonomistes et cléricales sont accentuées à tel point qu'il est douteux si le Ministère Hohenlohe obtiendra la majorité aux prochaines élections. Dans ces circonstances, il ne faut guère s'attendre pour le moment qu'à un accord sur la question des forteresses fédérales, dont j'ai déjà parlé dans mon rapport d'hier N. 389 (1).

D'un autre còté, le Cabinet de Berlin n'est guère disposé aujourd'hui à favoriser une union plus étroite avec le Sud, ou du moins il a du se convaincre que des efforts dans ce but auraient, dans les conditions actuelles, peu ou point de chances de réussite. Il se manifeste méme dans des régions influentes un courant d'idées dont il est intéressant de prendre note. Le Général de Moltke, entre autres, serait d'avis que mieux vaudrait s'organiser en dehors du Sud, dont l'appui en cas de guerre serait presque nul, tandis qu'il faudrait distraire, non sans danger, un chiffre assez considérable de troupes du Nord pour la protection de l'Allemagne méridionale, en affaiblissant d'autant les forces d'attaque. L'opinion se fait également jour, qu'il conviendrait de rappeler les plénipotentiaires militaires à Carlsruhe, à Stuttgard et à Munich, et meme résilier les traités d'alliance offensive et défensive si ces Gouvernements en témoignaient le moindre désir. Bien entendu, ces considérations n'ont cours que dans les cercles militaires, et le Comte de Bismarck n'est nullement gagné à cette manière de voir, car ce serait en quelque sorte renier son programme de 1866. Aussi je ne mentionne ces détails que pour fournir une preuve de plus que, pour le moment du moins, on ne saurait songer à franchir la ligne du Mein. Une immixtion de l'étranger aurait pour effet de réveiller le patriotisme et d'établir l'unité des vues pour une nouvelle constitution germanique.

Si on ne pense pas sérieusement à modifier le status qua du Sud, le Comte de Bismarck se montre tout aussi prudent dans la question de réformes dans le Nord. Vers la mi-Février, 95 membres du parti national libéral et du centre gauche ont présenté au Parlement fédéral une proposition ayant pour but de mettre le Gouvernement en demeure de se prononcer pour la formation d'un ministère fédéral responsable. Il entrait meme dans les vues des auteurs principaux de la proposition (Comte de Mtinster, etc. etc.) d'engager la Chambre à voter en meme temps un nouveau titre pour le Chef de la Confédération, celui de roi des Allemands -Deutscher Koenig -, bien plus monarchique que celui de Président qui rappelle trop, selon l'appellation moderne, le chef d'une république. Le Comte de Mtinster s'étant ravisé, il ne reste que la motion d'un ministère fédéral resposable. Elle sera incessamment discutée. En attendant on sait d'avance que très probablement la majorité lui sera acquise. Mais le Chancelier et le Conseil fédéral combattront cette mesure, et dès lors elle perdra toute valeur pratique. Ce serait en effet une désorganisation à peu près complète de l'état des choses. Ce serait non seulement un grand pas de plus pour réduire au minimum le ròle des autres Gouvernements Confédérés, mais ce serait en quelque sorte la médiatisation de la Prusse au profit de l'Allemagne septentrionale. Or le Roi ne consentira jamais à se dessaisir des

prérogatives que la législation actuelle lui confère, nommément dans la direction sans contròle de l'armée. Quoi qu'il en soit, il est de fait que le Gouvernement à Berlin s'applique depuis quelque temps à ménager l'autonomie des autres Etats. Il y aurait, croit-il, un grave danger de compromettre la consolidation de l'ordre des choses en blessant par une pression intempestive les scrupules du Conseil fédéral. Cependant en s'opposant aux voeux du Parlement en faveur d'une eXitens~on des ga.ranties constitutionnelles, il s'expose à quelque échec dans ses propositions de nouveaux impòts. Les députés ne seront guère plus traitables lorsqu'H s'agira d'augmenter des charges déjà assez lourdes pour subvenir à des dépenses dont le bon emploi n'est pas garanti par un ministère responsable. Ainsi il est à prévoir que s'ils acceptent la taxe sur les lettres de change, ils repousseront l'augmentation de l'impòt sur les spiritueux, et que dès lors le déficit de 6 millions de thalers ne sera pas encore entièrement couvert.

C'est là une situation qui ne permettrait guère une attitude provoquante surtout vis-à-vis de l'étranger, et sous ce rapport c'est là aussi un nouveau gage pour le mantien de la paix.

Je-joins ici un état de l'armée fédérale sur pied de paix, ... (1).

(l) -Cfr. nn. 168 e 176; gli altri dispacci non sono pubbllcatl. (2) -Cfr. n. 235.

(l) Non pubblicato.

240

IL MINISTRO A CARLSRUHE, ARTOM, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 99. Carlsruhe, 13 aprile 1869 (per. il 16).

Le dichiarazioni pacifiche del Marchese di La Valette fecero la migliore impressione su questo Ministro degli Affari Esteri, il quale mi espresse quest'oggi la sua convinzione che la pace non sarà turbata in quest'anno. Io gli chiesi scherzando se per caso le discussioni della Conferenza militare di Monaco non potessero ridestare i pericoli di guer.ra. Il Signor di Freydorf rispose videndo essergli impossibile di dividere queste apprensioni; quella Commissione finora non si sarebbe occupata che della parte puramente tecnica: i suoi lavori furono anzi sospesi in questi giorni per dar tempo al Commissario dell'Assia di prende!'e contezza dei processi verbali delle sedute dello scorso autunno, alle quali l'Assia non era stata rappresentata. Pregati il Ministro Badese di dirmi se i Commissari Badesi erano incaricati di presentare qualche proposta circa H modo di amministrare in comune le fortezze, oppure se si -sarebbero limitati ad appoggiare le proposte della Prussia. Il Signor di Freydorf non volle spiegarsi su questo punto, e si limitò a dirmi che i Commissari Badesi avevano ancora le stesse istruzioni che erano state loro impartite l'anno scorso. Proseguendo nelle mie indagini, cercai di sapere dal mio interlocutore se la Baviera ed il Wtirtemberg tenessero una stessa linea di condotta nelle Conferenze, in guisa che si potesse dedurne che il colloquio di Nordlingen non fosse stato senza frutti. Il Signor di Freydorf mi rispose che infatti i Gabinetti

di Monaco e di Stuttgard paiono essersi messi d'aecordo circa la questione delle fortezze: «fors'anche, soggiunse il Signor di F11eydorf, non esiste più una si grande divergenza d'idee fra il Principe Hohenlohe ed Ll Signor Varnbtiler sopra il vincolo federale da creare fra gli Stati del Sud da un lato e la Confederazione del Nord dall'altro. Almeno, da certi indizi, mi pare di potere supporre che fra qua1che tempo si presenterà di nuovo qualche proposta a questo riguardo. Non dovreste però sgomentarvene, e vedere con ciò accrescersi i pericoli di una guerra: anzi se si trovasse il modo di realizzare quei rapporti fra il Sud ed il Nord della Germania di cui parla il trattato di Praga, il sentimento nazionale tedesco sarebbe sodd~sfatto e questa sarebbe la migliore guarentigia della pace ».

Chiesi al Ministro se il Governo Badese che si dichiara pronto ad entrare nella Confederazione del Nord, accetterebbe le idee del Principe d'Hohenlohe che creerebbero col Nord rapporti meno intimi e Jascerebbero certo maggiore autonomia agli Stati del Sud. H Signorr Freydorf mi rispose !asciandomi capire che accetterebbe il meno, non potendo ottenere il più. L'essenziale sarebbe, a parer suo, che quel vincolo nazionale che sotto forme storiche diverse esisteva in Germania da oltre mille anni, fosse rdstabilito di nuovo, ed il popolo tedesco fosse verso le potenze straniere di nuovo come fu sempre un solo

Stato.

Domandai allora se la Prussia vedrebbe con piacere organizzarsi allato

alla Confederazione del Nord e con questa una Federazione più larga com

prendente col Nord gli Stati Meridionali Germanici. Il mio inter,locutore rispose

non avere alcuna idea di quanto deciderebbe il Gabinetto di Berlino a questo

proposito. Affermò però che né il Re né il Conte Bismarck credono possibile

per molti anni ancora di applicare alla Germania meridionale la Costituzione

federale del Nord. Potrebbe quindi avvenire che trovassero accettabili delle

proposte le quali non sarebbero che l'esecuzione rigorosa del trattato di Praga,

ma soddisferebbero sino ad un certo punto le aspirazioni nazionali. «In ogni

caso l'unità tedesca, di cui tanto si sgomentano gli uomini di Stato francesi,

non è così prossima a compiersi da dovere temere perciò una generale confla

grazione».

Ringraziai il Signor di Freydorf delle assicurazioni da lui datemi e mi

servii di nuovo degli argomenti fornitimi da V. E. col Suo dispaccio n. 16 del

19 marzo (l) per dimostrare che lo SCO!}O del Governo del Re è di mantenere

la pace in Europa. Il Ministro Badese mi fece osservare che anche in caso di

guerra sarebbe interesse dell'Italia di mantenersi neutrale. Ma io osservai dal

mio canto, che anche la neutralità e, sovra tutto la neutralità armata, avrebbe

para:lizzato i nostri sforzi per raggiungere coi più gravi sacrHizi, l'equilibrio

fra le spese e le rendite dello Stato. Noi abbiamo quindi il più grande interesse,

anche sotto il punto di vista puramente finanziario, a che la Francia e la Ger

mania vivano in buon accordo fra loro e siano entrambe amiche all'Italia. Il

Ministro Badese ammise ciò senza difficoltà, e ml ripeté di nuovo ch'egli faceva

con me i più caldi voti pel mantenimento della pace.

(l) Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 176, inviato a Carlsruhe con numero di protocollo 16.

241

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1456. Londra, 14 aprile 1869, ore 16,20 (per. ore 19,20).

N'ayant aucun ordre de V. E. je n'ai jamais fait mention à lord Clarendon de notre a1ititude dans le différend surgi entre la Grèce et la Turquie à propos des nationalités. Pourtant éta:nt aHé hier au Foreign Office pour traiter toute autre question que celle de l'Orient milord en prit :J.ui-mème l'initiative et LI se montra très irrité de l'information qui lui est parvenue je ne sais d'où mais probablement de Constantinople que les sympathies du Gouvernement italien sont entièrement acquises à la Grèce dans le différend susdit. Vos instructions sur notre politique en Orient sont si complètes qui'il ne me fut pas difficile de rétablir les choses sous leur jour véritable en les dépouillant d'exagération, mais je manquerais au plus strict devoir en vous cachant la mauvaise fmpression que cela a produit sur l'esprit de lord Clarendon, Il trouve que notre conduite est en contradiction avec nos déclarations sur la communauté de nos vues avec l'Angleterre dans les affaires d'Orient.

242

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 52. Alessandria, 14 aprile 1869 (per. il 23).

• Durante il mio soggiorno al Cairo, in esecuzione degli ordini di V. E., ho dato lettura a Scherif Pascià del dispaccio del 27 scorso febbraio serie politica n. 25 (1). Il Ministro egiziano ha ammesso che alle frasi, usate dal Vicerè nel discorso di apertura del Consiglio dei delegati, si può dare un'tnterpretazione più estesa di ciò che fosse n suo pensiero, e, dopo di aver preso le istruzioni di Sua Altezza, mi ha formalmente dichiarato che il Vicerè ha inteso dire, non di avere avuto l'adesione delle grandi Potenze, eccetto la Francia, alle proposte di riforma giudiziaria formulate da Nubar Pascià, ma l'adesione di prendere parte ad una Conferenza internazionale, da riunirsi in Egitto, per studiare soltanto la quistione delle riforme da introdursi nell'organizzazione giudiziaria.

In diverse conversazioni col Vicerè su questo argomento, ho potuto comprendere che le trattative di Nubar Pascià sono sospese, e che Sua Altezza si riserva di riprenderle, andando egli stesso in Europa nel prossimo giugno* (2).

I[ Signor Poujade, che del resto ho sperimentato aver un carattere molto volubile, si mostra adesso piuttosto circospetto con me in questo soggetto.

Da un dispaccio del Ministro degli Affari Esteri inglese, comunicatomi da questo Agente e Console Generale inglese, ho rilevato però che il Signor La Valette, dopo qualche esitanza, rifiutando però di accettare il progetto combinato dal Signor Poujade e da Scherif Pascià, ha abbracciate le idee del Signor Moustier di credere inutile la riunione della Conferenza internazionale chiesta dal Vicerè.

(l) -Cfr. n. 135. (2) -Il brano fra asterischi è edito, con alcune varianti, in L V 21, p. 34.
243

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

L. P. Vienna, .. (l) aprile 1869.

Vi ho ufficialmente trasmesso due dispacci (2) intorno alle voci che corrono a Vienna di un'alleanza Franco-Austro-Italiana, consentite ora, che confidenzialmente aggiunga alcune informazioni, e vi sottoponga alcune considerazioni personali che non debbono né voglio che vestano alcun carattere diplomatico. È l'amico che scrive all'amico nella pienezza della sua fiducia nella integrità della sua stima per voi.

Il vostro dispaccio intorno alle notizie da me avute a Parigi ed avute senza che le cercassi, mentirei se dicessi che mi ha pienamente tranquillizzato, io due cose so per sicuro e sono: che l'Imperatore di Francia ed il partito militare che lo circondano desiderano la guerra e che naturalmente il Governo italiano ed il Governo austriaco sono fatti segno deiie loro lusinghe.

Io non mi addentro di più, non ho argomenti sicuri per farlo, non ho ragione di sollevare se esistono i veli diplomatici della politica napoleonica. Ma stimo che mi consentirete ch'io discuta con voi le condizioni del paese e del Governo presso il quale sono accreditato e vi esponga lealmente la mia opinione. Dai dispacci che vi ho inviati risulta chiaramente che l'opinione generale qui è avversa ad un'alleanza francese e che si vedrebbe di malocchio che l'Italia e l'Austria stringano segreti accordi con essa per combattere la Prussia. E per verità è facile convincersi di questa verità considerando le condizioni delle diverse parti della Monarchia.

In quanto all'Ungheria voi conoscete l'opinione del Conte Andrassy. È necessario che l'Austria si stacchi completamente dalla Germania per mantenere l'influenza a Pest e perché Pest diventi il centro la vita il cuore della monarchia degli Asburgo. Ora una lega che avesse per iscopo di disfare l'opera di Sadowa sarebbe oppugnata vivamente al di là della Leita.

In quanto al partito liberale e nazionale tedesco esso non vuoi sapere di imprese guerresche e non ha nessun rancore colla Prussia per Sadowa, esso guarda con maggior sospetto la Francia pel Reno che non guardi la Prussia pel Meno. Questo partito ragiona così, fino a che ci teniamo stretti alla politica

di libertà noi finiremo per vincere ed assorbire la Prussia mantenendo l'unità della nazione.

Rimangono le provincie polacche e czeche, ebbene queste desiderano che l'Impero austriaco si disfaccia non si fortifichi.

Ve Io ripeto l'Imperatore di Francia è ingannato dai rapporti dei suoi ministri, lo spirito che vivificò ed ingagliardì la coalizione del 1815 è sempre qui vivo ardente implacabile esso finirebbe per ristringere uniti in un fascio come nel 1814 e il partito nazionale e il partito feudale.

Io amo personalmente molto l'Imperatore e credo sa.rebbe un gran servizio che io potrei rendergli aprendogli gli occhi a questo proposito mostrandogli in quale abisso Io vogliono strascinare gli adulatori di oggi che diventerebbero poscia i calunniatori dell'indomani ma non lo oso senza il vostro consenso perché non vorrei così facendo male corrispondere alla vostra fiducia,

o rompere segreti accordi già conchiusi.

Egli mi scrisse una lunga ed affettuosa lettera che conchiude dicendo che il tempo degli odi è passato e che il tempo delle conciliazioni è venuto e che egli tiene molto a conservare la mia amicizia. Se credete che un linguaggio franco possa giovare ditemelo e sarò lieto di farlo al servigio del mio paese e vostro. In quanto all'alleanza coll'Austria credo sarebbe utile profittare delle buone disposizioni che qui regnano e cercare una circostanza in cui la politica dei due paesi procedesse d'accordo e procedesse indipendentemente dall'influenza di qualunque altro Governo sovra tutto del Francese. -Forse la politica dei principati dell'oriente potrebbe farsene il pretesto. Intanto mi pare che forse bisognerebbe modincare il Trattato commerciale in quelle parti che sollevano molte objezioni nella nostra camera e conchiudere accordi nuovi, per le poste e per la navigazione imperocché i recenti sono molto di

fettosi. II partito liberale desidera vivamente la presenza di S. M. il nostro Re

a Vienna egli vorrebbe contrappOTre le ovazioni della capitale tedesca alle ovazioni fatte dal partito cattolico a Roma al Papa. Ma ne tenne parola Io Giskra, Beust no, so però che l'Imperatore desidererebbe questo abboccamento e che Egli potrebbe schiudere la Vlia ad accordi molto impor.tanti.

(l) -La lettera, tratta dal fondo Ambasciata a Vienna, non reca il giorno di partenza. Sl Inserisce qui poichè è posta dopo un documento del 14 aprlle. (2) -Cfr. nn. 233 e 237.
244

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

T. 883. Firenze, 15 aprile 1869, ore 13,40.

Je ne comprends pas la colère de lord Clarendon (l); il faut qu'il ait été mal informé sur nos intentions dans ila question de la nationailité turque. Nous sommes toujours conséquents avec nous memes nous portons un égal intéret à la Turquie et à la Grèce, et si dans la conférence nous avons pris

l'attitude que nous croyons la plus convenable pour amener la fin du conflit élévé, nous pensons que maintenant nous devons conseiller ce qui peut éloigner de nouvelles complications. La question de nationalité intéresse aussi d'une manière particulière l'Italie à cause de ses nombreuses adhrérences en Orlent.

Je vous écrirai à ce sujet (l) pour vous mettre bien au courant de la question, après quol lord Glarendon se persuadera que nous ne changeons pas aussi facilement qu'il paraitrait le croire.

(l) Cfr. n. 241.

245

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (2)

T. Parigi, 15 aprile 1869, ore 24 (per. ore 7 del 16).

Existe divergence entre ministre d'état et ministre affalres étrangères, Rouher veut cessation occupation française aussitot après élections, et prononce la date du premier juin, marquis La Valette tout en se déclarant favorable à l'évacuation, voudrait le retarder après Concile, ou motiver Concile comme la cause de l'évacuation. On interpellera Empereur Napoléon. Marquis La Valette s'est offusqué par la phrase Menabrea, qui dit, justement, ne pouvait point signer avant cessation occupation française. Par exigence autri:chienne nous heurtons malgré nous écueil que nous avions évlté, ne voulant pas faire de l'évacuation qui nous est due, une condition du traité. J'emploie toute mon influence près de Rouher. J'al parlé à l'Empereur, il faut que le Roi me donne force pas ses bonnes et habiles dépeches, camme la dernière.

246

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 391. Berlino, 15 aprile 1869 (per. il 20).

Ainsi que je m'en suis assuré au Ministère des Affaires Etrangères, la communicatdon que j'avais annoncée par mon rapport n. 380 (3), a été transmise au Comte de Wesdehlen le 5 Avril, et s'est par conséquent croisée avec la dé,peche de V. E. du 4 de ce mois n. 124 (4). En attendant le Due de Ratibor est déjà arrivé à Rome où, camme de raison, il a reçu le meilleur accueil. Il a été fort remarqué que le Roi Guillaume a été le seul Souverain qui alt envoyé un pe11sonnage pour complimenter le Pape à l'occasion de la fete commémorative du 11 Avril, tandis que les autres Cours se sont bornées à falre parvenir

leurs félicitations par le canal de leurs Légations respectives. Mais il ne faudrait pas non plus s'exagérer la portée de ce fait sur lequel la Gazette universelle de l'Allemagne du Nord s'est expliquée récemment da.ns un article dont j'ai transmis une traduction. Je sais que l'Ambassade de France à Berlin voudrait voir dans cette mission, aussi bien que dans les politesses qui s'échangent entre Florence et Vienne, ampie matière à provoquer un sentiment de défiance entre l'Italie et la Prusse. Ce seraàt en effet tirer de l'eau à son moulin. Il est vrai que si la Cour de Prusse se f1it abstenue ou qu'elle se f1it méme contentée d'une démarche peu accentuée, on n'e1it pas manqué d'accuser sa tiédeur pour le Chef spiritue'l des nombreux Catholiques de ce Royaume surtout dans les Provinces Rhénanes. Or celles-ci sont exposées à devenir l'enjeu d'une guerre dont le Marquis de Lavalette s'applique à détoumer les esprits, mais dont l'éventualité n'est nullement é·cartée, tant que les armements resteront sur le mème pied. Dans ces circonstances, on comprend que le Cabinet de Berlin, sans vouloir préjuger en rien la question du temporel à Rome, cherche à se concilier de plus en plus les sympathies de popu'lations très ardentes dans leurs croyances religieuses.

Elles viennent d'en foumir un témoignage dans la manière tout-à-fait expansive avec laquelle, à Cologne nommément, elles ont célébré le cinquantenaire de prétrise du Pape P.ie IX. La politique n'a joué aucun ròle dans ces manifestations, et si les autorités civiles et militaires s'y sont associées, c'est par égard pour les subo.rdonnés appartenant en grande majorité au culte catholique. Or pour ce qui concerne les troupes, V. E. sait qu'un des traits caractéristiques du système d'organisation de l'armée prussienne, est la coincidence de la division territoriale avec l'unité tactique, puisqu'i:l y a un corps d'armée par province. Sauf pour la Garde, chacque Corps d'Armée se recrute dans la province méme et n'est pas soumis aux changements de garnison.

(l) Cfr. n. 278.

(2) Pa A.CR.

(3) -Cfr. n. 203. (4) -Non pubblicato.
247

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (l)

R. 840. Parigi, 15 aprile 1869 (per. il 18).

Ho l'onore d'accusar ricevuta dei due dispacci riservati che l'E. V. mi diresse in data del 6 febbraio e del 19 marzo corrente sotto i n. 447 e 459 di Serie politica (2) e che si riferiscono alle cose d'Egitto e principalmente alla condotta tenuta dall'Agente e Console generale di Francia in quella residenza in ordine alla questione delle capitolazioni e delle riforme giudiziarie. Inspirandomi alle riflessioni contenute in detti dispacci, tenni a S. E. il Marchese di La Valette un conforme linguaggio intorno a questa vertenza. So d'altra parte che Lord Lyons, Ambasciatore d'Inghilterra a Parigi, fu incaricato dal suo

Governo di spingere il Governo francese a consentire a mandar un Delegato alla Commissione internazionale d'inchiesta.

Oggi sono in grado d'informare l'E. V. che S. E. il Marchese di La Valette mi ha assicurato che la Francia manderà in Egitto un proprio Delegato. Secondo il concetto del Marchese di La VaJlette, l'avviso de!lla Commissione internazionale non dovrà essere che consultivo. Il Marchese di La Valette mi ha detto inoltre che avrebbe comunicato alla Commissione internazionale il rapporto della Commissione che la Francia aveva instituito in proposito, e che potrebbe formare la base del lavoro d'inchiesta della Commissione internazionale (l).

Il Marchese di La Valette mi disse poi che avrà cura di comunicare all'E. V. una copia di detto rapporto, e d'informarla per mezzo della Legazione imperiale a Firenze delle risoluzioni sopra enunciate.

(l) -Ed. ln LV 21, p. 34. (2) -Cfr. nn. 79 e 178.
248

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1461. Londra, 16 aprile 1869, ore 18 (per. ore 21).

Il me revient de très bonne source que c'est de Pétersbourg que sont parvenus à lord Clarendon les détails sur notre attitude dans la question de la nationlité ,turque que j,e vous ai télégraphiés <2). Ce serait le prince Gortchacoff qui aurait dit au représentant d'Angleterre que le Cabinet de Florence avait donné son entière adhésion aux vues du Gouvernement russe et ce sont précisément les efforts que fait ce dernier pour donner un caractère européen à cette question qui irritent lord Clarendon au plus haut degré.

249

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. Firenze, 16 aprile 1869.

Vous savez que les pourparlers qui ont eu lieu entre les différents cabinets sur les affaires concernant l'administration financière de la Tunisie, n'ont amené jusqu'à ce jour aucune résolution déf[nitive de la part des Gouvernements intéressés. Nous avons eu le regret de devoir constater que la situation

financière de la Régence tendait à s'aggraver de plus en plus par suite du retard des Puissances à se mettre d'accord sur le parti, qu'H f.allait adopter afin de préserver d'une manière équitable les droits de tous les créanciers étrangers de la Tunisie.

Un examen approfondi de la question ainsi qu'une étude consciencieuse des différents incidents qui se sont produits dans cette affaire nous porte à croire que la mesure la plus urgente et la plus avantageuse, que le Gouvernement de Tunis devrait adopter dans son propre intéret, consisterait à instituer une commission internationale chargée de dresser le bilan de la situation financière de la Régence. Les données que l'on possède aujourd'hui sur la situation financière de la Tunisie sont en effet trop vagues pour qu'il soit possible d'espérer que des capitalistes sérieux veuillent se présenter pour faire avec le Gouvernement du Bey des opèrations sans lesqueilil.es le trésor tunis.ien ne saurait sortir méme provisoirement de l'état de détresse dans lequel il se trouve. La connaissance exacte de l'état des finances de Tunis étant un élément indispensable pour rendre possible une opération future, il nous semble que les constatations nécessaires à cet effet devraient ètre faites par une commission convoquée par le Bey dans laquelle les Gouvernements principalement intéressés se feraient représenter par leurs commissaires respectifs.

Le mandat confié à cette commission devrait étre limité pour le moment à la constatation des ressources de la Tunisie et des charges qu'elle s'est imposées par ses contrats antérieurs. Il devrait étre convenu entre les Puissances qui prendraient part à ces arrangements et le Gouvernement du Bey que celui-ci s'interdirait la faculté de contracter de nouveaux emprunts, de faire de nouvelles émissions de titres quelconques et de contracter en général d'autres charges et obligations soit à l'intérieur, soit à l'ètranger avant que les travaux de la commission internationale ne soient achevés.

Les Gouvernements intéressés à la conservation de la situation politique dont la Tunisie est actuellement en possession, devraient, selon nous, se réserver la faculté d'aviser aux meilleurs moyens de garantir les intérèts de leurs sujets respectifs dès que le résultat des travaux de la commission leur fournirait une base exacte pour établir la mesure dans laquelle le Gouvernement du Bey pourrait ètre obligé de satisfaire aux engagements contractés en son nom. Une entente de tous les Cabinets intéressés deviendrait assurément beaucoup plus facile sur ce second point dès que les travaux de la commission auraient éclairci tous les éléments nécessaires à la discussion.

Il nous semble qu'il ne devrait point ètre difficile aux Cabinets principalement intéressés dans cette affaire de formuler sur ces bases une proposition au Gouvernement tunisien dans une forme identique. Nous sommes convaincus qu'une démarche simultanée des agents des Puissances pour demander au Bey son adhésion à un projet conçu sur les bases susénoncées ne devrait rencontrer aucune opposition de la part du Gouvernement tunisien qui ne devrait voir dans l'attitude des Puissances qu'une nouvelle preuve de l'intérèt qu'elles portent à concilier le respect des droits de leurs sujets respectifs avec la nécessité de préserver la Tunisie des dangers que pourrait lui faire courir une catastrophe économique et financière.

Je vous prle, M ...., de !aire connaitre ces propositions à S. E. M. le Ministre des Affaires Etrangères en lui faisant remarquer qu'elle nous sont inspirées non seulement par l'intérét que nous attachons à régler d'une manière définitive les affaires financières de nos nationaux avec le Gouvernement tunisien, mais aussi par le désir de trouver de concert avec les puissances intéressés une solution également satisfaisante pour tous dans une affaire au règlement de laquelle nous attachons un grand prix.

Veuillez donner lecture de cette dépéche à ... et lui en laisser copie s'il le désire.

(l) -In LV 21 qui è aggiunta la frase seguente: «Il Marchese di La Valette mi disse poi che la Francia non pensa ad agire separatamente in tale questione, e quanto al negoziati separati con l'Egitto, S.E. mi diede le più ampie assicur.azlonl ». (2) -Cfr. n. 241.
250

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 464. Firenze, 16 aprile 1869.

In quella parte del discorso che S. E. il Marchese di La Valette ha recentemente pronunciato sugli affari di Tunisi, nella quale è detto che l'Inghilterra e l'Italia avevano aderito al progetto del Marchese di Moustier, è occorsa un'inesattezza che la S. V. ha certamente già rilevata prima che io la indichi alla attenzione di Lei. Il progetto del predecessore del Marchese di La Valette non fu mai concretato in formali proposizioni sulle quali il Governo del Re potesse pigliare una definitiva deliberazione. Sopra le indicazioni sempre incerte che erano pervenute a questo Ministero circa il progetto in discorso, noi avevamo anzi stimato opportuno di fare certe riserve che dalla S. V. furono certamente comunicate al Ministro Imperiale degli Affari Esteri. Fu appunto per intendersi sulle basi essenziali del progetto, che il Marchese di Moustier aveva proposto che un lavoro preparatorio si facesse da un funzionario del Ministero Imperiale degli Affari Esteri unitamente ad un Segretario della R. Legazione e ad un Segretario dell'Ambasciata Britannica in Parigi. Questo lavoro non fu neppur cominciato, ed il Governo italiano, che ha accettato in massima il partito di chiedere al Bey di Tunisi di istituire una commissione finanziaria, ha ognora dimostrato col:le sue parole e col suo contegno di non avere con questa sua limitata adesione inteso di pregiudicare le questioni relative alla composizione della Commissione medesima ed al suo mandato.

Con altro mio dispaccio {l) io Le annunziava che, volendo contribuire nel miglior modo possibile all'assestamento delle cose finanziarie di Tunisi, io aveva l'intenzione di fare una proposta al Governo francese, per !stabilire un accordo necessario fra le Potenze interessate. E 'la S.V. mi faceva conoscere (2) che le disposizioni del Gabinetto Imperiale erano favorevoli a simili entrature.

Dopo aver investigato quali fossero le disposizioni del Governo Britannico al proposito, ed essermi assicurato che Lord Clarendon farebbe buon viso alle nostre proposizioni, mi sono applicato a ristringere in poche parole le basi di un accordo fra i Governi, le quali, ove fossero accettate dai medesimi, costi

{2) Cfr. n. 97.

tuirebbero i punti essenziali di una domanda che, secondo noi, dovrebbe essere diretta in forma identica dai vari Gabinetti al Governo del Bey.

La S. V. troverà neLla spedizione che le faccio oggi un dispaccio (l) da comunicare al signor Marchese di La Valette, tendente appunto a promuovere questo accordo.

Voglio sperare che il Ministro Imperiale degli Affari Esteri vedrà in questo passo che noi facciamo la prova evidente del nostro desiderio di metterei d'accordo colla Francia, e colle altre Potenze principalmente interessate, per trovare la soluzione di una vertenza che a tutti importa ugualmente di presto definire.

(l) Cfr. n. 51.

251

IL MINISTRO A MADRID, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 268. Madrid, 16 aprile 1869 (per. il 21).

Ho ricevuto il dispaccio politico confidenziale n. 52 del 6 aprile pel quale l'E. V. mi ragguagliava delle voci corse a Berlino intorno alla candidatura del Principe Er:editario di Hohenzollern Sigmaringen per questo trono (2) e mi domandava qual fondamento esse potessero per avventura avere.

Da buone sorgenti trassi quel che segue. Questa candidatura sarebbe nata piuttosto fuori di Spagna che in !spagna, e se ne attribuisce la prima invenzione al Re Don Fernando di Portogallo il quale, poco disposto egli stesso a sobbarcarsi e volendo tuttavia dimostrare la sua benevolenza alla nazione spagnuola, avrebbe proposto il proprio genero. Il solo fra questi uomini politici cui si dice aver sorriso per un istante siffatta soluzione è il Signor Olozaga, il quale mentre da Pa·rigi dirigeva i consigli diplomatici della Spagna, può anche avere incaricato il Signor Rancès, di procurargli ragguagli sulle disposizioni di quel Principe affine di tenersi per ogni possibile eventualità in relazione anche con quel progetto, ma egli non ne parlò mai come di cosa seria. Debbo aggiugnere che in questi giorni quella voce corse anche ne' circoli di Madrid, sotto la denominazione di candidatura del Principe tedesco, che messa in chiaro si trovò essere precisamente quella del Principe in discorso. Essa avrebbe invero il merito di riattaccarsi, sebbene in modo indiretto, alla famiglia che regna nella Penisola Iberica, ma finora non è presentata come avente alcun serio fondamento. E l'E. V. conosce quali siano le candidature che hanno alcuna possibilità di riuscita se la Spagna debba reggersi a forma monarchica.

Mi vien riferito che jeri il Signor Ministro di Portogallo diede al Presidente del potere esecutivo lettura d'una lettera del Re Don Fernando nella quale protesta di non aver mai inteso dire alcuna cosa che offendesse un paese 3Jllico, e ripetè la sua risoluzione di non voler accettare in verun caso la Corona di Spagna.

(l) -Cfr. n. 249. (2) -Cfr. n. 210.
252

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

T. 885. Firenze, 17 aprile 1869, ore 14,40.

Je crains beaucoup que lord Clarendon se fasse des illusions sur la portée du dernìer décret de la Turquie relatif à la nationalité ottomane. J'ai lieu de croire que les dispositions relatives aux sujets grecs donneront lieu à des complications qu'H serait prudent l'écarter, et qui pourront compromettre la pacification que la conférence a eu tant de peine à obtenir, en donnant de nouveaux prétextes aux ennemis de la Turquie. Telles sont mes appréhenslons, je désire me tromper.

253

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 17 aprile 1869, ore 23 (per. ore 7,05 del 18).

Il est entendu avec Rouher, qui seul connait véritable intention de Empereur, que ce que l'on propose sera premièrement soumis à Votre Majesté car Empereur des français et ministre d'état comprennent réserve de votre président du conseil. Il est urgent avant départ de Votre Majesté s'entendre pour que Empereur ne souffre pas de rétard. Lundi il y aura une décision. Je tiens ferme, pour que les idées de Votre Majesté triomphent.

254

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (2)

T. Firenze, 17 aprile 1869.

Question évacuation seion projet Rouher qui est le nòtre est la seule qui puisse etre acceptée. Evacuation à l'occasion du Concile de quelque manière qu'elle se fasse avant ou après est inadmissible car l'époque du ConcHe est éloignée et il y a meme quelque doute qu'il puisse se réunir.

Notre honneur national ne peut admettre de ratifier officiellement traité tant que les troupes françaises occupent Rome. Je regrette les exigences autrichiennes qui sont très compromettantes, mais je ne peux pas faire autrement. Je pars demain pour Naples où je m'arreterai 8 jours.

(l) Da ACR.

(2) Ed. in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 1411.

255

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 465. Firenze, 17 aprile 1869.

Ieri mi pervenne da Londra la notizia che il Governo britannico aderisce ad inviare un suo commissario al Cairo per trattare in una riunione dei delegati deile Potenze la grave quistione della riforma giudiziaria in Egitto sulla base dei lavori fatti dalla commissione francese in Parigi.

Il R. Governo era stato informato dell'esistenza di siffatti lavori preparatori ed avea anzi avuto motivo di credere che quando i medesimi sarebbero stati compiuti ne avrebbe avuto ufficiale od almeno ufficiosa comunicazione. Per altra parte la S. V. che, dalle varie comunicazioni fattele dal R. Governo avea potuto vedere quale importanza noi annettevamo all'intavolata pratica delle riforme giudiziarie in Egitto non avrà certamente mancato di tenersi a giorno dello stato delle trattative che si conducevano in Parigi fra il Governo deU'Imperatore e gli agenti de'l Vicere. Bisogna dunque credere che se una separata intelligenza ha potuto essere stabilita fra la Francia e l'Inghilterra in un affare di tanta importanza anche per noi, senza che la S. V. me ne desse avviso, ciò debba attribuirsi all'animo deliberato del Gabinetto francese di non volerei interpellare in questa questione in quel modo che sarebbe conforme ad un retto apprezzamento degli interessi considerevoli che l'Italia ha impegnati in tale questione. Il silenzio serbato dal Ministro Imperiale degli Affari Esteri a nostro riguardo trattandosi d'una vertenza nella quale l'Italia non ha interessi diversi e separati da quelli de\Ll'Inghilterra, della Francia e delle altre maggiori potenze è un atto che potrebbe sembrare meno conforme alle buone relazioni esistenti fra Parigi e Firenze. Quando una simil condotta a nostro riguardo fosse conosciuta essa non mancherebbe certamente d'essere interpretata in un senso sfavorevole all'intimità dei rapporti fra i due Governi. Non le nascondo, Signo.r Ministro che il modo d'agire del Governo francese verso l'Italia anche in questa quesUone nella quale il Jato politico spariva quasi in presenza dei considerevoli interessi privati che sono in giuoco, ha prodotto in noi una spiacevole impressione.

Noi saremo costretti di far sapere a Londra che i lavori che il Gabinetto britannico accetta come base dei negoziati da aprirsi in Egitto non ci sono noti perché mai comunicati; ed al Governo egiziano che da molti mesi si tenne con noi in una assoluta riserva ed osservò il più completo silenzio intorno a questa questione, noi dovremo rinnovare la dichiarazione che disposti sempre ad esaminare d'accordo con gli altri Gabinetti le riforme che fossero ravvisate opportune ed utili di comune consenso dei Governi noi non riterremo mai come menomata la nostra piena libertà di apprezzamento quand'anca le varie questioni ci si presentassero come già parzialmente risolute dagli accordi separati che il Governo Vicereale avesse preso con altre potenze.

Noi non comprendiamo per verità quale vantaggio possano trovare alcuni Governi a cercare accordi separati relativamente ad affari d'identico interesse

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20 -Documentt diplomatici -Serle I -Vol. XI

comune. L'esempio di quanto è accaduto per le mutazioni introdotte nel regime delle capitolazioni in Egitto a seguito della facoltà concessa agli stranieri di possedere beni stabili nell'Impero ottomano non ci sembrava per vero aver dato risultamenti cosi soddisfacenti da incoraggiare i Governi a mettersi su quella via.

Noi avevamo sempre ritenuto sin qui che in materie nelle quali i vari Gabinetti hanno identici interessi da tutelare, il loro accordo fosse un elemento di autorità verso i Governi orientali ed una indistruttibile guarentigia contro l'introduzione d'una inopportuna innovazione. Una vera politica di conservazione in Oriente non dovrebbe a nostro avviso dimenticare l'importanza pratica di questo principio della solidarietà dei Gabinetti europei nei rapporti riflettenti lo stabilimento e le prerogative dei loro sudditi nei paesi ottomani. Disconoscere questo principio è aprire una lizza di pretese influenze delle quali l'artificio e la destrezza orientale saprebbero trarre ogni giorno nuovi profitti a da1mi dell'interesse vero che ai Governi importa tutelare.

Al marchese di La Valette, che molto profondamente conosce la S. V. non deve esitare a parlare in tono chiaro e preciso, esponendo il dispiacere provato dal Gabinetto italiano nello scorgere che oramai gli affari di comune interesse sono trattati dalla Francia in negoziati separati. Ella deve far comprendere al Ministro Imperiale degli E.steri che pur deplorando la confusione che non tarderà a nascere come natura:te conseguenza deill'adozione d'un simile sistema il Governo del Re si vedrà egli pure obbligato di seguire l'esempio che gli viene dato dal Gabinetto di Parigi quando sia ben accertato che quest'ultimo non desidera associarsi all'Italia nelle trattative rif:lettenti interessi comuni.

P. s. Questo dispaccio, che deve servire di norma per dJ. di Lei linguaggio, non deve essere comunicato testualmente.

256

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. 28. Firenze, 17 aprile 1869.

Mi sono regolarmente pervenuti i suoi pregiati rapporti di serie politica fino al N. 51 incluso.

Ho sottoposto a S. M. il Re quanto Eùla mi ha riferito nel suo rapporto riservato, senza numero, del 29 marzo prossimo passato (l) c.irca il desiderio statole confidenzialmente manifestato da S. A. hl Vice•re di ave-re ad ospite alcune tra i Principi della Reale famiglia in occasione dell'inaugurazione del Canale di Suez.

Su Maestà accetterà volent1eri l'invdto ed un Principe delùa Reali. Casa assisterà a quella cerimonia la quale si connette sì strettamente cogl'interessi del

l'Italia. Ella potrà quindi, Signor Canliere, annunciare confidenzialmente la cosa al Khedive soggiungendo all'Altezza Sua che finora Sua Maestà non ha designato il Principe che recherassi costì. Nell'istessa circostanza Ella potrà far conoscere a Sua Altezza come siano riusciti graditi i sensi d'amicizia e devozione che Sua Altezza Le espresse per Sua Maestà e la Reale famiglia.

(l) Non pubblicato.

257

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1462. Londra, 18 aprile 1869, ore 17 (per. ore 19,10).

Malgré son apparence irritante je crois qu'il y a lieu d'espérer une solution amiable au différend produit par les récents décrets tures relatifs à la nationalité. Gette question comme vous savez a un double aspect. Premièrement celui qui touche aux nationalités en général qui sont affectées par la loi du 19 janvier dernier, et lord Clarendon a soumis ce point à l'étude ainsi que l'a fait le Gouvernement français et en a saisi le Contentieux diplomatique; pour ce qui regarde ensuite les intérèts des sujets grecs milord s'est déclaré prèt à soutenir leurs réclamations en ce qu'elles peuvent avoir d'équitable, mais il exige que le Gouvernement grec lui présente préalablement un mémoire du quel ressorte la validité de ses droits. Ce mémoire ne lui a pas encore été remis et lord Clarendon croit que ce retard provient de l'embarras que l'on a prouvé à Athènes à trouver des raisons suffisamment solides sur lesquelles baser un pareil document.

258

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 1351/586. Londra, 18 aprile 1869 (per. il 23).

Mi duole di non essere ancora in gl'lado di riSIPondere alla domanda da Lei fattami col suo pregiatissimo dispa,ccio di questa serie N. 160 (l) all'oggetto di conoscere l'opinione definitiva di Lord Clarendon intorno alla proposizione ch'Ella m'incaricò di presentargli sugli affari di Tunisi.

Alcuni giorni prima che il Signor di La Valette facesse al Corpo Legislativo francese le note sue dichiarazioni su tale questione, ebbi al «Foreign Office » una lunga conversazione con Mylord sul medesimo argomento, e si fu in questa occasione che mi disse di non essere in grado ancora di dare una risposta alla

nostra proposizione, la quale da quanto confidenzia,lmente mi risulta venne da lui comunicata a Lord Lyons. In quello stesso giorno Sua Signoria ebbe la cortesia di leggermi un brano d'una lettera privata rivoltale da quest'ultimo, il quale era presso a poco del tenore seguente:

«Ho veduto il Marchese di La Valette ed egli è sempre molto imbamzzato sul da farsi nella vertenza tunisina. È contrario tanto al progetto di commissione ideato dal defunto Marchese di Moustier, quanto al sistema di usare le violente coercizioni verso il Bey poste in opera sotto l'amministrazione del medesimo suo predecessore; ma non sa finora a quale partito appigliarsi. Egli è però d'avviso che i negozianti francesi, i quali scientemente entrarono per solo amore d'immoderato guadagno in un'operaz'ione che non afferiva nessuna guarentigia, non meritavano che il Governo si esponesse al rischio di sollevare qualche seria complicazione per sostenere i loro reclami».

È ora a conoscenza di tutti come il Signor di La Valette abbia sviluppato quest'ultimo concetto nel suo precitato discorso al Corpo legislativo.

È superfluo ch'io assicuri l'E. V. che sarà mia cura speciale di vedere di poterLe annunciare fra breve qualche cosa di concludente circa le intenzioni del Governo inglese a questo riguardo.

(l) Del 27 marzo, non pubblicato.

259

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1464. Berlino, 19 aprile 1869, ore 15,20 (per. ore 18,30).

Bismarck va répondre en ce sens à la note bavaroise (l) il trouve heureuse l'idée du prince Hohenlohe et il serait pret à s'associer dans une certaine mesure à des pourparlers préalables mais il préférerait que le Cabinet de Munich lui fit connaitre ses propres vues sur les matières dont le concile s'occuperait et sur les meilleurs moyens de parer à certaines tendances éventuelles.

260

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, MIGLIORATI

D. IV. Firenze, 19 aprile 1869.

Je venais à peine de recevoir votre dépeche du 8 Avril (2), dans laquelle vous me rendiez compte de l'intéressante conversation que vous aviez eue avec

(2} Cfr. n. 255. S. -A. Ie Prince de Hohenlohe relativement au Concile, lorsque M. le Comte de Paumgarten est venu m'entretenir sur ce meme sujet. Le Représentant de S. -M. le Roi de Bavière ètait chargé par son Gouvernement de nous donner communication et de nous laisser copie d'une Circulaire dont vous trouverez le texte dans mon expédition d'aujourd'hui.

Le Cabinet de Munich fait preuve d'une louable sollicitude en se préoccupant des graves conséquences qui pourraient découier d'un Concile, dont les travaux et les délibérations seraient dirigés dans un sens contraire aux principes qui forment la base de la vie publique moderne telle qu'elle s'est développée au sein des peuples civilisés. Nous partageons avec le Gouvernement bavarois ces appréhensions, d'autant plus que nous avons trouvé dans la Circulaire du Cabinet de Munich la confirmation des nouvelles que nous avions nous memes reçues au sujet de la direction dans laquelle on poursuit à Rome les travaux préparatoires du Concile.

La proposition que S. A. le Prince de Hohenlohe a formulée pour provoquer un concert des Puissances, en vue d'adopter une ligne de conduite conforme aux exigences d'une situation aussi grave, nous semble digne d'etre prise dans la plus sérieuse considération. Nous nous appliquerons volontiers, en ce qui nous concerne, à faire partager cette opinion par les autres Puissances intéressées. Mais il nous parait que l'entente que l'on voudrait établir entre les différents Gouvernements, pourra etre facilitée par un échange préliminaire d'idées entre les Cabinets qui s'intéressent à cette question. On se communiquerait ainsi réciproquement le résultat des études et des investigations qu'on aurait faites. Animés d'un désir sincère d'éviter les complications auxquelles pourraient donner lieu des décisions imprudentes sur des matières à la fois politiques et religieuses, les Gouvernements trouveraient selon nous un grand avantage à s'éclairer rédproquement sur des affaires touchant à leurs intéréts communs. Nous nous proposons de faire incessamment des ouvertures dans ce sens auprès des di:fférents Cabinets, et nous espérons qu'ils voudront bien imiter notre ex;mple. C'est pourquod je vous autorJse, M. le Marquis, à annoncer dès à présent à S. A. le Prince de Hohenlohe une communi:cation de notre part relativement au grave sujet des droits de l'Etat dans les affaires du Concile. La démarche dont vous ne ta·rderez point à etre chargé auprès de Son Altesse, aura pour but de faire connaitre au Cabinet de Munich nos propres idées sur ce point délicat. Nous serions très-heureux de pouvoir constater qu'il existe entre les deux Gouvernements une identité de vues permettant l'établissement d'une entente parfaite sur la ligne de conduite à suivre en présence d'un événement qui peut avoir des conséquences graves au point de vue politique, aussi bien qu'au point de vue religieux.

En exprimant cet espoir à S. A. le Ministre des Affaires Etrangères de Bavière vous voudrez bien M. le Marqui:s, le féliciter de l'initiative que la Bavière a jugé à propos de prendre dans une question qui intéresse également tous les Etats dont les sujets professent la religion catholique.

Je vous autorise, M. le Marquis, à donner lecture de cette dépéche à S. A. le Prince de Hohenlohe, et à lui en laisser copie s'il le désire.

ALLEGATO

HOHENLOHE A PAUMGARTEN

N. LXVI Monaco, 9 aprile 1869.

Il parait certain que le Concile convoqué par Sa Sainteté le Pape Pie IX aura lieu au mois de Décembre prochain. Le nombre des prélats qui y afflueront de toutes les parties du monde, sera bien plus considérable qu'à tous les conciles antérieurs. Ce fait seui va sans doute contribuer à donner à ses décrets une autorité imposante, telle qu'elle convient à un concile oecuménique. En vue de cette circonstance il me semble indispensable pour tous les gouvernements d'y porter leur attention, et c'est dans ce dessein que je viens Vous adresser quelques observations.

Il est peu probable que le concile n'ait à s'occuper que de doctrines appartenant à la Théologie pure; il n'existe à l'heure qu'il est aucun problème de cette nature qui attende une solution conciliaire. La seule thèse dogmatique que Rome voudrait voir décidée par le concile et qui forme l'objet des agitations de l'ordre des Jésuites en Italie et en Allemagne, c'est la question de l'infaillibilité du Pape. Il est évident que cette prétention érigée en dogme dépasserait de beaucoup le domaine purement spirituel, et deviendrait une question éminemment politique en élevant le pouvoir du Souverain Pontife, méme en matière temporelle, au dessus de tous les Princes et peuples de la chrétienté. Cette doctrine est donc de nature à éveiller l'attention de tous les gouvernements dont le pouvoir s'étend sur des sujets catholiques.

Il est une circonstance qui augmente encore la gravité de la situation. J'apprends que parmi les commissions chargées de l'examen des matières qu'on soumettra plus tard aux délibérations du Concile, il s'en trouve une qui ne s'occupe que de questions mixtes, touchant également aux matières du droit publique, de la politique et du droit Canon. Tous ces préparatifs nous autorisent à supposer que l'intention bien arrétée du St. Siège, ou au moins d'un parti momentanément puissant à Rome, est de faire promulguer par le concile une série de décrets sur des questions plutòt politiques qu'ecclésiastiques.

Ajoutez à tout cela que la Civiltà cattolica, journal rédigé par des Jésuites et revétu d'un caractère officieux par un bref du St. Père, vient de revendiquer au Concile la tache de transformer en décrets conciliaires les condamnations du Syllabus publié le 8 Décembre 1864. Or, les articles de cette encyclique étant dirigés contre des principes qui forment la base de la vie publique moderne telle qu'elle s'est développée au sein de tous les peuples civilisés, il en résulte pour les gouvernements la nécessité de se demander s'il ne serait pas de Ieur devoir d'appeler l'attention sérieuse, tant des évéques Ieurs sujets que du futur concile, sur les suites funestes que pourrait entrainer un tel ébranlement prémedité et systématique des relations actuelles entre l'Eglise et l'Etat. Certes on ne peut disconvenir qu'il ne soit d'urgence pour les gouvernements de se concerter à l'effet de protester, soit par leurs agents à Rome, soit d'une autre manière contre toute décision que le Concile pourrait rendre sans le concours des représentants du pouvoir séculier dans des questions qui sont à la fois de nature politique et religieuse.

Je croyais devoir attendre que l'initiative d'une démarche aussi importante partìt d'une des grandes puissances; mais n'ayant reçu jusqu'ici aucune communication à ce sujet, il m'a semblé nécessaire de provoquer une entente réciproque destinée à sauvegarder nos intéréts communs et ne souffrant plus de retard vu le bref délai qui nous sépare de la réunion du concile.

Je viens donc Vous charger de soumettre cette affaire au gouvernement auprès duquel Vous étes accrédité et de Vous informer des vues et des intentions de la Cour de Florence à l'égard de la conduite qu'elle jugerait convenable de tenir à ce sujet. Vous sournettrez à l'appréciation de M. le Comte Menabrea la question s'il ne conviendrait pas de fixer à l'avance les mesures, sinon collectives du moins identiques qu'il faudrait prendre pour éclairer le S. Siège sur l'attitude que les gouvernements du continent prendront vis-à-vis du Concile oecuménique, ou bien si des conférences composées de repré

sentants des états intéressés ne seraient pas considérées comme le moyen le plus propre à amener une entente entre les gouvernements.

Je Vous autorise à laisser copie de cette dépeche à M. le Ministre des affaires étrangères, s'il le désire, et Vous invite à m'informer le plÙs tòt possible de l'accueil qui aura été fait à cette communication.

(l) -Cfr. n. 260, allegato.
261

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 467 (1). Firenze, 19 aprile 1869.

Era appena spedito il mio dispaccio del 16 corrente (2) relativo alle cose di Tunisi, quando venne da me il Barone di Malaret per leggermi un dispaccio del suo Governo intorno allo stesso argomento. Questa comunicazione del Governo imperiale porta essa pure la data del 16 corrente. In essa, S. E. il Marchese La Valette propone di ripigliare la proposta fattaci altre volte da S. E. il Marchese di Moustier, allo scopo d'istituire due commissioni, una esecutiva, l'altra di controllo, pel riordinamento della finanza tunisina. S. E. il Marchese La Valette, ripetendo ciò che aveva detto nel suo discorso innanzi al Corpo Legislativo di Francia, afferma che noi avevamo a·ccettato in massima quella proposta.

Non esitai a rispondere al Barone di Malaret che, a nostro avviso, il signor de La Valette avrebbe dovuto essere meno assoluto ne' suoi apprezzamenti. Noi avevamo accettato in massima il progetto, riservando però pienamente ogni cosa concernente le attribuzioni e la composizione della Commissione o delle Commissioni che si sarebbero volute institu!i.re. Ricordai al signor Malaret il progetto, che però non ebbe seguito, di riunire, per un lavoro da farsi in comune, i segretari dell'Ambasciata inglese e della Legazione Italiana in Parigi con un funzionario del Ministero imperiale, e ciò appunto per dar forma concreta alla proposta fatta vagamente dal signor di Moustier ai due Gabinetti di Londra e di Firenze. Quindi passai a parlare al signor di Malaret dei motivi che ci avevano indotto ad indirizzare a Londra ed a Parigi un dispaccio per eccita·re quei due Governi a mettersi con noi d'accordo intorno a provvedimenti che ogni giorno sembravano divenire sempre più urgenti. Ed acciocché il signor di Malaret fosse meglio in grado di comprender le nostre idee al proposito, mi feci a leggergli il testo medesimo del dispaccio che Le ho indirizza·to il 16 corrente circa questo argomento. Quindi, a modo di conclusione, dissi al mio interlocutore che questa nostra comunicazione essendo partita per Londra e per Parigi, noi dovevamo aspettare di conoscere l'effetto che la medesima produrrebbe prima di pigliare altre risoluzioni. Il signor di Malaret sembrò gradire queste nostre spiegazioni, e non insistette per avere immediatamente una risposta alla comunicazione deHa qUJa>le eg1i era stato incanicato da codesto Ministero Imperiale degli Affari Esteri.

(1) -Il D. 466 (cfr. n. 270) reca la data del 24 aprile. Evidentemente i due dispacci furono protocollati e spediti insieme. (2) -Cfr. n. 249.
262

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1467. Tunisi, 20 aprile 1869, ore 10 (per. ore 13,15).

Le Bey vient de communiquer par circulaire aux consuls le décret qui confère à Pinard, directeur du Comptoir d'escompte à Par,is, opération d'uinification du 35 pour 100 de la dette intérieure et étrangère, y affectant les garanties et les droits qui sont déjà donnés aux conversions.

Grande agitation et mécontentement dans le commerce. Je me crois en devoir de protester verbalement devant Son Altesse. Le consul anglais partage mon avis et se propose lui ainsi faire méme démarche.

263

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

T. 891. Firenze, 20 aprile 1869, ore 18,30.

Je suis surpris que le Bey ait pris la détermination de contracter avec Pinard (l) au moment où les puissances s'occupent de régler les affaires financières de la Tunisie. Je vous engage dane à faire les plus amples réserves sur cet acte du Bardo et de protester en faveur des iritéréts de nos nationaux.

264

IL MINISTRO A CARLSRUHE, ARTOM, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 101. Carlsruhe, 20 aprile 1869 (per. il 23).

A:1cuni giorni sono fuvvi ad Achern una riunione di circa cinquanta membri del partito democratico, neHa quale si stabrLli di presentare a S.A.R. H Granduca un indirizzo per chiedere una riunione straordinaria del Parlamento e la riforma della legge elettorale sulla base del suffragio universale.

Non mi pare probabile che il Governo si decida a riunire i rappresentanti del paese, prima del mese di settembre. Esso non è poi favorevole alla introduzione del suffragio universale, la ,cui applicazione per le elezioni al Parlamento Doganale diede, com'è noto, dei risultati dei quali il Governo Granducale non fu troppo soddisfatto. E per ciò, sebbene sia probabile che la proposta di adottare il suffragio universale venga messa innanzi nella prossima

sessione delle Ca1Ilere da alcuni deputati,. ~l Ministero . cercherà.· di evlt!,l.re la discussione, rispondendo non essere conveniente di far mutazioni considerevoli allo stato attuale delle cose, finché non è decisa la grande questione dei rap~ porti che dovranno stabilirsi fra la Confederazione del Nord ed il Sud della Germania.

Ho chiesto di nuovo quest'oggi al Signor di Freydorf se potesse mettermi in grado di fornire all'E. V. qualche informazione sulla fase attuale dei negoziati relativi alla questione delle fortezze. Il Ministro degli Esteri mi rispose che doveva serbare la più grande riserva intorno ad una vertenza, che non è entrata nello stadio ufficiale, ed è ancora d'indole affatto confidenziale. Lodai moltissimo la prudenza del mio interlocutore. Soltanto mi permisi di fargli osservare che la prolungazione di questi negoziati misteriosi avrebbe fatto supporre, temere, o sospettare che si tratti di cose di grande importanza politica e non soltanto del modo di amministrare il materiale di qualche fortezza. Il Signor di Fneydorf ammise la giustezza di questa osservazione, e mi assicurò che appena qualche risultato sia stato ottenuto, m'informerà subito di quanto sarà stato fatto. Intanto si prolunga a quanto pare una fase di discussioni confidenziali penose e diHicili. Le sedute deLla Commissione di liquidazione sono sospese, ma durano le trattative segrete direttamente fra Governo e Governo. A quanto ho potuto raccogliere da qualche frase sfuggita ad alcuni dei miei colleghi, i commissari si trovarono sin dalle prime sedute impacciati da un problema che niuno di essi osò ancora affrontare apertamente. Ammesso che il materiale delle fortezze debba rimanere indiviso, come costituire l'organo comune che dovrà assumerne o controllarne l'amministrazione? Questa autorità non dovrà ella costituire altresì quel:la commissione permanente delLa difesa della Germania del Sud proposta l'anno scorso dalla Baviera ed accettata in massima nelle conferenze tenutesi a Monaco l'ottobre scorso? Ma come non fare parte alla Prussia in questa Commissione permanente di difesa, poiché essa avrebbe sempre la comproprietà del materiale delle fortezze? Il Wiirtemberg pare ben deciso a non ammettere l'ingerenza ulteriore della Prussia nelle questioni politico-militari pendenti: sembra altresì che la Baviera sia poco disposta a fare alla Prussia ulteriore sacrificio d'alcuna parte della sua autonomia. E veramente non è facile spiegarsi come la Baviera abbia messo innanzi la proposta deUa Commissione permanente di difesa senza esse,rsi prima formata un concetto chiaro e preciso delle relazioni a stabilirsi sotto il punto di vista militare fra il Sud e il Nord della Germania. La situazione attuale intanto è assa,i singolare: tre Stati, che non solo non sono alleati f<ra loro, ma fra i quali esiste in ogni questione politica importante, una grande divergenza d'idee dovrebbero accordarsi fra loro per costituire un sistema comune di difesa, ed intanto si dovrebbe escludere da questo accordo la Prussia, colla quale ciascuno dei Governi del Sud è legato da trattati d'alleanza offensiva, difensiva, e la Prussia che è pure comproprietaria d'un matedale di fortezze che vuoJsi tenere indiviso. L'assurdo di questa condizione di cose è così evidente che il mio Collega di Baviera afferma ora l'iniziativa delle proposte dell'anno scorso non essere dovuta al Principe d'Hohenlohe. Alla mia domanda chi avesse avuto pel primo quell'idea, rispose imbarazzato, ora cercando di farne cadere 11 merito o la responsabilità sul Governo Badese, ora lasciando intendere che il Presidente del Gabinetto Bavarese fu costretto a fare quelle proposte dalla volontà del suo Re. Checché sia di ciò, mi pare si possa desumere da queste risposte che la Baviera travasi pentita od imbarazzata di quella sua iniziativa. Non VIi era infatti akuna urgenza di discutere Ja questione delle fortezze: il materiale di queste poteva essere amministrato come lo era stato in addietro, né questa era la sola questione la cui soluzione doveva rinviarsi ad un'epoca in cui il problema della costituzione definitiva della Germania fosse stato finalmente risolto. Supponendo poi che fosse veramente necessario di trattar la questione della fortezze, il Wtirtemberg e la Baviera dovevano, per escludere la Prussia, insistere per la divisione del materiale, anzicché ammettere la continuazione della comunione esistente. Il desiderio di uscire dall'inerzia di uno Stato secondario e di pigliare un'iniziativa che aumentasse il prestigio della Baviera, spiega più che non iscusi, l'incoerenza di queste determinazioni. Spetta al mio Collega di Monaco d'informare più esattamente l'E. V. così sopra la lotta di influenza che sembra esistere a questo riguardo nella Corte e nel Gov,erno Bavarese, come sulla questione delle conferenze stesse, sulla quale il silenzio ostinato del Signor di Freydorf mi costringe a limitarmi ad esporre a V. E. soltanto delle congetture anziché, come vorrei poterlo fare, dei fatti precisi e dei giudizi non arrischiati.

S. A. Granducale il Principe Carlo di Baden è ritornato pochi giorni sono dal suo viaggio in Oriente ed in Italia.

(l) Cfr. n. 262.

265

PROGETTO DI CONVENZIONE SPECIALE (l)

21 aprtle 1869.

En exécution de l'article II du traité d'alliance par Eux contracté.

Sa Majesté l'Empereur des Français, Sa Majesté l'Empereur d'Autriche, Roi de Hongrie, Sa Majesté le Roi d'Italie ont arrété la convention spé,ciale suivante:

Article I

Placés sur le pied d'une égalité parfaite pour la direction des affaires communes tant diplomatiques que militaires, les trols Souverains concerteront entr'Eux les mesures les plus propres à assurer la solidarité de leur défense selon que la guerre éclatera dans tel ou tel pays.

Artide II

L'Italie, grace à sa situation géogra.phique, se trouvant par le fait méme de son alliance avec la France et l'Autriche à l'abri de toute invasion de ses

frontlères septentrionales, contrlbuera à la défense cornmune avec une armée d'environ 200 000 hommes de toutes armes devant agir dès qu'un des deux Alllés de l'Italie sera entré en campagne.

Artlcle III

Si l'Autriche se voyait attaquée à l'impreviste par la Prusse ou si, par tout autre motif, la guerre éclatait entre l'Autriche et la Prusse, la France et l'Italie prennent l'engagement d'entrer immédiatement en campagne et d'appuyer l'Autriche de tout le concours de leurs armes dans le but d'assurer son intégrité.

Article IV

Si l'Autriche se voyait entrainée da:1s une guerre avec la Russle, la France et l'Italie ne pourraient etre obligées à envoyer un corps d'armée dans ces contrées lointaines et elles auraient le droit de déclarer leur neutralité. Mais eHes seraient tenues * de mettre leurs armées sur le pied de guerre et de piacer des forces en observation sur les frontières du Rhin. Elles devront entrer * <l) en lice du jour où la Prusse intell.'viendrait en faveur de la Russie.

Les deux Souverains de France et d'ItaHe s'engagent à se concerter et à prendre une détermination commune sur la question de savoir, si dans le cas prévu par le présent article ils doivent ou non user du droit de déclarer leur neutralité.

Article V

Si la guerre éclate entre la France et l'Italie d'une part (2) et !.a Prusse de l'autre, t'Autriche <aura le droit de déciarer sa neutralité, mais elle devra • mettre ses armées sur le pied de guerre et placer des forces en observation sur ses frontières. L'Autriche devra * (3) p(l'endre une parte active à la lutte dans le cas où la Russie donnerait à la Prusse le concours de ses armes.

Article VI

La France et l'Autriche promettent de s'entendre avec l'Italie sur l'actlon à exercer dans le concile oecuménique et à l'occasion de l'élection du successeur de Pie IX.

Article VII

L'Italie aura la faculté de créer dans l'intérét de son commerce un établissement maritime sur les cotes de Barbarie dans la Régence de Tunis.

Artlcle VIII

Les trois Souverains prennent l'engagement de respecter la neutralité de la Suisse. Si toutefois cette neutralité était violée par la Suisse elle-meme, les frontières de l'Italie, en cas de victoire, pourraient etre rectifiées par l'annexion du Canton du Tessin.

En foi de quoi la présente convention spéciale à raison de son caractère secret a été revetue directement de Nos signatures, du sceau de nos armes et du contreseing de Nos Ministres en trois exemplaires qui seront échangés sans délai.

Fait à Paris, le

Fait à Vienne, le

Fait à Florence, le

ALLEGATO

PROTOCOLLO FRA LE POTENZE (l)

21 aprile 1869.

Article 1•r

L'Autriche, après une guerre victorieuse à laquelle l'Italie aurait pris une part active, consentira à une rectification des frontières du Tyrol méridional assurant à l'Italie la possession de Trente et de Rovereto, à la condition que l'Autriche obtiendra, en dehors de l'Italie, une compensation territoriale convenable.

Article 2

La France consent, dans le cas où le sort des armes favoriserait !es alliés, à la rectification de sa frontière avec l'Italie, du còté de Nice, conformément à la ligne 6Uivante...

Article 3

La France s'engage à avancer à l'Italie, en cas de guerre, !es sommes qui lui seront nécessaires pour entrer en campagne et pour faire face à ses dépenses militaires, jusqu'à la conclusion de la paix. ,

Ces frais seront recouvrés sur l'ennemi ou supportés en définitive par la France.

Article 4

La France s'engage à faciliter, par tous les moyens en son pouvoir, la négociation d'un emprunt dont l'Autriche aurait besoin avant d'entrer en campagne. Les articles du présent protocole secret ont la méme force que les Traité et Convention intervenus aux mémes dates entre le irois Souverains. (2)

Fait, en trois exemplaires,

à Paris, le

à Vienne, le

à Florence, le

(l) Da ACR, ed. In ONCKEN, vol. III, pp. 166-167 e In Origines diplomatiques, vol. XXIV, pp. 390-392. Il testo reca l'annotazione: << Refusé par l'Italie à cause des modifications proposées par l'Autriche ». Le modifiche sono indicate a ma.rgine nel documento conservato in ACR. Ctr. anche ONCKEN, pp. 179-181.

(l) -Modif.!ca proposta. dall'Austria per il brano fra aste,rtschi: «de piacer des forces suffisantes en observation sur !es frontières du Rhin et d'entrer ». (2) -Modifica propos,ta dall'Austria: aggiungere qui « ou l'une de ces deux Puissances ». (3) -Modifioa proposta dall'Austria per il brano fra asterischi: «piacer des forces suffisantes en observation sur szs frontières et ». (l) -Da ACR, ed. in ONCKEN, vol. III, pp. 167-168 e !n Origines diplomatiques, vol. XXIV, pp. 392-393. (2) -Nota a margine: «Refusé par l'Ital\e à cause des modifications proposées par l'Autriche ».
266

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI,

AL PREBIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1473. Londra, 22 aprile 1869, ore 17,07 (per. ore 19,15).

Lord Clarendon ne savait rien de ce qui s'est passé à Tunis et que vous m'avez télég,raphié (1). Il vient de me dire que le marquis de La Valette ne sachant pas après tout comment se défaire des engagements pris par son prèdécesseur dans cette question a fini par décider de s'en tenir aux projets de celui-<Ci c'est à dire à la commission divisée en deux sections dont une avec des elll[lloyés tunistens et un f~rançais... Milord m'a avoué que cette proposition ayant déjà premièrement été acceptée par ie Gouve,rnement britannique il ne peut pas aujourd'hui donner son refus à la France mais il insiste pour qu'oa donne des garanties sérieuses c'est à dire il exige que la commission exerce un véritable contròle, que toutes les nationalités intéressées soient également représentées par des individus choisis parmi les différentes colonies locales, que les contrats antérieurs soient respectés. Il déclare en outre que son consentement ne serait pas dé.finitdf tant que nous ne eussions pas donné le nòtre, mais il nuos engage à accepter afin de sortir une fois de cette mauvaise affaire.

267

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

T. 892. Firenze, 23 aprile 1869, ore 13,40.

Pour complaire à lord Clarendon nous avons communiqué à Paris aussi Plen qu'à Londres notre avant projet pour régler les ad'faires de la Tunisie (2); nous attendons en conséquence une réponse du Gouvernement français avant de prendre de nouvelles résolutions. Pour ce qui concerne l'Egypte nous n'avons encore reçu aucune communication officielle de la réunion de la commission, lorsque nous y serons invités nous répondrons.

268

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II A NAPOLI (3)

T. Parigi, 23 aprile 1869, ore 17 (per. ore 22).

Idées Rouher ont été adoptées pour évacuation immédiatement après élections. Notre contre signature sera donnèe en temps opportun. Retard à conclu ..

slon, definitive, causé par cas de neutmlité que Autriche veut se réserver sl Russie prend pas part à la lutte. Projet pour régler cette neutralité a été envoyé, et à Vienne n'a pas été jugé convenable. On en a fait hier un nouveau qui semble satisfaire prince de MetJter:Illich (1). Par ce dernier projet neutralité Autriche sera conséquence neutralité Russie. Neutralité Italie et France serait conséquence neutralité Prusse. Dans chacun des deux cas la Puissance, ou les Puissances qui resteraient neutrales devront mettre leurs armées sur pied de guerre et les faire marcher à la frontière menacer l'ennemi de la puissance alliée.

(l) -Con t. 890 del 20 apr!le Menabrea aveva comunicato a Londra e Parlgl l nn. 262 e 263. (2) -Cfr. n. 249.

(3) Da ACR.

269

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1482. Parigi, 24 aprile 1869, ore 19,05 (per. ore 20,45).

J'ai ·Laissé à La Valette copie de le dépeche du 16 (2) sur les affaires de Tunis. Je lui ai exposé en meme temps Le contenu de votre télégramme du 20 (3). La Valette m'a assuré que le Gouvernement français était complètement étranger à l'opération de M. Pinard qui a été faite à son insu; il a ajouté qu'il me déclarait ce qu'il avait déclaré à Pinard savoir que la France maintenait ses engagements avec l'ItaJie et avec l'Angleterre et quelle ne se considérait nullement liée par cette opération fatte sans sa part1cipation et son autorisation.

270

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 466. Firenze, 24 aprile 1869.

F'acendo seguito ,a;l mio dispaccio n. 461 di questa se.rie (4), mi pr:egio di significarle che ieri mi fu comunicato dal Barone di Malaret un dispaccio del Marchese di La Valette in data del 17 corrente nel quale questi insiste officialmente perché la commissione mista, incaricata di risolvere i punti stati riservati in occasione del 'fiparto del debito pontificio, abbia a riunirsi in Roma a termini del protocollo finale del 31 luglio 1868. Il Ministro imperiale degli Affari Esteri espone a tal proposito quelle consideraz1oni istesse che già avea svolte verbalmente nel colloquio avuto con Lei e fa notare che a Roma riuscirà più

agevole il compito della commissione, alla quale tornerà opportuno di consultare il Gran Libro del Debito pubblico pontificio ed altri documenti riflettenti la stessa materia ed esistenti presso quegli archivii.

La questione essendo ormai risoluta in senso affermativo anche per parte del

R. Governo, ho promesso al Barone di Malaret di scrivere aJ mio collega delle Finanze affinché egli voglia sollecitamente provvedere alla designazione del rappresentante italiano presso la commissione mista.

Mi riservo di farle conoscere 11 riscontro che il Conte Cambray-Digny non tarderà a farmi pervenire al riguardo.

(l) -Cfr. n. 265. (2) -Cfr. n. 249. (3) -Cfr. n. 266, nota l. (4) -Non pubblicato ma cfr. n. 191.
271

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1483. Tunisi, 25 aprile 1869, ore 9,50 (per. ore 12,30).

J'ai remis hier personnellement une protestation au Bey et je ne suis nullement satisfait des exp1ications eues ensemble. Il a dit que l'exécution du dècret était subordonnée à l'approbation des puissances, mais lui ayant demandé cette déclaration dans une note H m'a renvoyé à son Ministre après avoir répondu à la protestation. La colonie est plus calme étant rassurée par l'action et rattitude du Gouvernement du Roi.

272

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE U (l)

T. Parigi, 25 aprile 1869, ore 15,45 (per. ore 17,20).

J'ai remis .confidentiellement Nigra nouveau projet (2) qui a été envoyé de Vienne, dont resumé était contenu dans ma dernière dépeche au Roi (3).

iRésistance Cabinet Hongrois est cause du changement. Mon appréciation est que le traité à trois pour tout événement était bien préférable, blessant directement aucune des puissances. Nigra télégraphié à Menabrea ses appréciations (4), que Votre Majesté demande communication de la dépeche.

(l) Da ACR.

(2) -Cfr. n. 265. (3) -Cfr. n. 268. (4) -Cfr. n. 274.
273

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1487. Berna, 25 aprile 1869, ore 16,45 (per. ore 17,20).

D'après dépé:che dont le chargé d'affaires vient de me donner communication thl paraitrait que Mazzini ne renonce pas à ses entreprises. Il est maintenant entouré de complices avec lesquels H prèparerait un autre coup pour le 25 mai. Demain j'entretiendrai le président de la Confédération aujourd'hui absent. Je vous ai déjà demandé plusieurs fois chiffre pour correspondre avec consul du Roi à Lugano qui ne m'écrit de ce qui se passe dans le Tessin que ce que disent les gazettes locales et italiennes.

274

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (l)

T. Parigi, 25 aprile 1869.

L'Autriche semblant décidée à ga1.1der une neutralité armée en cas de guerre entre la F1rance et la Prusse ce nouveau projet se discute en ce moment entre la France et l'Autriche. Voici les bases de ce projet qui ne m'a pas été communiqué. Le traité à trois semit signé directement par l es trois Souverains; il resterait rèdigé dans la forme convenue sauf les deux modifications suivantes, savo,ir: à l'article deux on ajouterait les mots: « sous les conditions énoncées aux conventions spéciales qui seront considérées comme faisant partie du Traité ».

L'article trois serait conçu ainsi: «Si malgré leurs efforts la guerre éclatait, le trois souverains s'engagent à agir de concert pour la direction de la guerre et des affaires communes ».

Un protocole annexe établinait: la cession éventuelle de Tnente et Rovereto et la rectification de la frontière de Nice. L'avance des frais de la guerre à l'Italie par la France et leur payement par l'ennemi ou par la France et la facilitation par la France d'un emprunt en faveur de l'Autriche. Une convention spéciale signée également par les trois Souverains, établirait ce qui suit: l'article premier p~ace sur le pied d'une égalité parfaite les trois Souverains qui concerteraient entr'eux les mesures les plus propres à assure,r la solidarité de leur action selon que la guerre éclatera dans telle ou telle position géogmphique.

Article deux L'ItaH.e gràce à sa lcosition centrale se trouvant par le fait mfune de son alliance avec la France et l'Autr[che à l'abri de toute invasion de ses frontières septentrionales, contribuera à la dèfense commune avec une armée de deux oent mi11e hommes prete à agir dés qu'un des deux aUiées de l'Itaàie sera entré en campagne Artide trois. Sd l'Autr1che se voyait attaquée à l'improviste par la Prusse ou si pour tout autre motif la guerre éclatait entre l'Autriche et la Prusse, l'engagement est pris par la France et par l'Italie d'entrer immédiatement en campagne et d'aider l'Autriche de tout le concours de Jeurs armes dans le but d'assurer son intégrité. Article quatre. Si l'Autriche se voyait entrainée dans une guerre avec la Russie, la France et l'Italie ne pourraient etre obligées à envoyer des corps d'armée en Orient et elles auraient droit de déclarer leur neutralité; mais elles seraient tenues de mettre leurs armées sur le pied de guerre et de piacer des forces en observation sur la frontière Rhénane. Elles devront entrer en lice dès que la Prusse interviendrait en faveur de la Russie. Les souverains de France et d'Italie s'engagent à concerter et à prendre une détermination commune sur la question de savoir si dans le cas prévu par le présent article, ils doivent ou non user du droit de déclaration de guerre ou de neutralité.

Article cinq. Si La guerre éclatait entre la France et l'Italie d'un coté et la Prusse de l'autre, l'Autriche aura droit de déclarer sa neutralité; mais elle devra mettre ses armées sur le pied de guerre et piacer des forces en observation sur ses frontières; l'Autriche devra prendre part active à la lutte dans le cas où 1a Russie donnerarit à la Prusse le concours de ses acrmes. Les articles six, sept et huit renferment les choses que Sa Majesté connait rélatives au Concile, à Tunis et au canton du TesSiin. Ce projet de convention change, à mon avis, entièrement les bases précédemment établies; les négociations se poursuivent en ce moment à V.ienne.

(l) Da ACR, copia autografa d! Menabrea.

275

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 846. Parigi, 25 aprile 1869 (per. il 29).

Il dispaccio di serie politica n. 465, confidenziale, che l'E. V. mi diresse in data del 17 corrente (1), s'incrociò con quello ch'ebbi l'onore di dirigerle il 15 (2), e che si riferisce al medesimo oggetto, alla questione cioè d'una Commissione internazionale da istituirsi in Egitto per l'esame delle riforme giudiziarie da introdursi in quef paese. Mi recai cionondimeno da S. E. il Marchese di La Valette, a cui esposi le considerazioni contenute nel dispaccio dell'E. V. Ma il Marchese di La Valette mi disse che aveva avuto cura di scrivere alla Legazione di Francia a Firenze incaricandola di annunziare all'E. V. che la Francia con

21 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. XI

sente a mandare un delegato per partecipare alla Commissione internazionale in Egitto, e di comunicare ad un tempo all'E. V. il rapporto fatto dalla Commissione francese a Parigi, rapporto comunicato di già al Governo britannico, ed il quale potrebbe servire di base ai lavorj_ della nuova Commissione. Il Marchese di La Valette mi disse poi che non ci fu negoziato vero tra la Francia e l'Inghilterra a questo proposito, e che certamente la Francia non pensa ad agire separatamente coll'Inghilterra ad esclusione dell'Italia in tale questione. Quanto a negoziati separati della Francia coll'Egitto, il Marchese di La Valette mi assicurò che non aveva ancora nemmeno veduto Nubar Pacha.

Prego per conseguenza l'E. V. di voler indicarmi in modo preciso, ora che Le saranno pervenute le comunicazioni del Governo francese, se e quali altre nratiche io debba fare intorno questa vertenza presso il Governo imperiale.

(l) -Cfr. n. 255. (2) -Cfr. n. 247.
276

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

D. 29. Firenze, 26 aprile 1869.

Lorsqu'au mois d'octobre dernier, je vous ai invité à appeler toute l'attention du Gouvernement auprès duquel vous étes accrédité sur les intrigues que l'on ourdissait à Lugano, sous la direction de Mazzini, contre l'ordre monarchique établi en Italie, S. E. M. le Président de la Confédération, tout en déplorant les motifs qui donnaient lieu à nos plaintes, avait tenu à constater que le Gouvernement fédèrai aurait pu difHcilement prendre des mesures eff1caces ,pour prévenir les conséquences de ces tentatives criminelles. L'insuffisance des moyens que la Constitution et les lois de la Suisse fournissent aux Autorités fédérales et cantonales en pareLlle matière a été l'argument principal sur lequel M. Dubs a insistè, afin de décliner toute responsabHité du Gouvernement helvétique au sujet des conspirations qui s'ourdissaient sur nos frontières (1).

Dans les <:onversations que vous avez eues alors avec S. E. M. le Président de la Confédération, vous n'avez pas omis de lui faire remarquer qu'aucun Etat ne pouvait permettre à des étrangers de s'établir sur son territoire pour y préparer les moyens d'attenter à la constitution et à l'ordre public d'un pays ami et limitrophe. De pareils actes constituent en effet une violation des lois de l'hospitalité, et tendant à troubler profondément les rapports d'amitié et de voisinage des nations entre elles, ils doivent étre envisagés comme des attentats contre la sùreté du pays où on les commet, et, comme tels, ils doivent nécessairement donner lieu à des mesures sévères contre leurs auteurs.

Dans la correspondance qui a suivi cette première démarche, nous nous sommes attachés à démontrer par votre entremise au Gouvernement fédéral,

combien l'état de choses toléré à Lugano par les autorités du Tessin était nuisible aux intérèts réciproques de l'Italie et de la Suisse. Nous n'avons pas manqué de vous mettre à mème de fatire comprendre au Gouvernement fédéral que les hommes d'ordre en Italie étaient profondément blessés de l'indifférence dont continuait à faire preuve l'Autorité tessinoise à l'égard d'un noyau de conspirateurs, qui constituaient sur notre frontière un danger permanent de troubles et de désordres.

Nos démarches, inspirées pas un sentiment de bienveillance et d'amitié qui ne s'est jamais démenti envers le Gouvernement Fédéral, n'ont malheureusement pas produit l'effet que nous en attendions. Il m'est pénible de devoir constater que, depuis le mois d'Octobre dernier, le travail des conspirateurs dans le Tessin a été toujours de plus en plus actif. Le Gouvernement du Roi qui avait connaissance des intrigues dirigées par Mazzini, et de ses relations avec les sectaires italiens e1t étrangers, a pu suivre les fils de la conspiration que l'on préparait à Lugano.

Les découvertes faites rècemment à Milan, à Florence mème, et dans quelques autres villes du Royaume, ont fourni d'ailleurs les preuves les plus concluantes, non seulement de la complicité de Mazzini dans une conjuration destinée à jeter l'effroi parmi nos paisibles populations au moyen du meurtre et de l'assassinat, mais aussi des préparatifs qui ont été faits sur le territoire helvétique pour l'exécution de ces projets criminels. C'est en effet de Lugano que sont partis non seulement les ordres et les instructions des sectaires, mais aussi une partie des armes et des projectiles dont ces derniers devaient ètre munis pour l'exécution de leurs coupables desseins.

Les premiers résultats de l'enquète judiciaire qui se poursuit en ce moment à Milan, ont déjà fourni les preuves les plus irrécusables de ce que nous venons d'avance,r.

En présence de pareils faits, nous sommes convaincus que le Gouvernement fédéral n'hésitera point à prendre envers Mazzini et ses complices toutes les mesures nécessaires pour sauvegarder les intérèts qui se rattachent aux bons rapports existant entre la Suisse et l'Italie. Il a été désormais suffisamment prouvé que la présence à Lugano de cet agitateur et des sectaires qui l'entourent, constitue une menace permanente dirigée contre l'ordre intérieur du Royaume. Si le Gouvernement italien s'est abstenu jusqu'ici de prendre envers la Suisse en général et envers le Canton Tessin en particulier des mesures exceptionnelles, c'est parce qu'il a toujours espéré que le Gouvernement fédéral puiserait dans sa haute sagesse et dans ses sentiments de justice et d'équité, des motifs pour agir efficacement dans l'intérèt général de la conservation de l'ordre.

En adressant ces réclamations au Gouvernement fédéral, vous ne devez point omettre de faire remarquer à S. E. M. le Président de la Confédération que le Gouvernement de Sa Majesté ne doit pas s'exposer à ce que l'opinion publique en Italie puisse l'accuser d'une négligence, dont les conséquences seraient des manifestations séditieuses, des troubles, et mème des crimes dans une des principales villes du Royaume éloignée de quelques milles seulement

de la frontière helvétique. Nous ne devons pas vous laisser ignorer, M. le Ministre, que la population de Milan s'est vivement émue à la nouvelle des dangers qu'elle avait couru ces derniers jours. L'immense majorité de cette ville riche et prospère a appris avec horreur qu'un noyau de sectaires avait pu préparer sur le territoire suisse une conjuration destinée à porter chez eux le meurtre et la désolation. Aussi, l'opinion générale en Italie réclame-t-elle hautement du Gouvernement de Sa Majesté des mesures efficaces pour protéger l'ordre public contre de pareilles atteintes. Nous nous flattons de l'espoir que nos démarches trouveront auprès du Gouvernement fédéral un accueil empressé et conforme aux voeux que nous avons exprimées. Celui-ci nous rendrait ainsi plus faciles les mesures qu'il est de notre devoir de prendre afin de rendre aux populations la confiance pleine et entière qu'elles doivent conserver dans l'efficacité des moyens dont le Gouvernement du Roi dispose pour les préserver dcs conséquences funestes des tentatives criminelles de quelques conspirateurs.

Je m'empresse de vous transmettre par ce courrier quelques indications détaillées sur la conspiration de Lugano (1). Vous y trouverez les noms des pcrsonnes qui devraient étre immédiatement éloignées de nos frontières. Les faits qui les concernent formant en ce moment l'objet de poursuites de l'Autoriti:! judiciaire je dois m'abstenir d'en parler en détail dans cette dépéche offici~lle, mais vous pourrez, M. le Ministre, faire usage des informations que je veus transm2ts, dans vos conversations avec S. E. M. le Président de la Confédératlon, afin de lui démontrer le bien fondé de nos réclamations.

Je vous autorise, M. le Mirùstre, à donner lecture de cette dépéche à S. E. M. le Président de la Confédération...

(l) Cfr. serle l, vol. X, nn. 623 e 644.

277

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

D. 30. Firenze, 26 aprile 1869.

Era già scritto il mio dispaccio d'oggi relativo alle cospirazioni preparate a Lugano contro l'ordine pubblico e 'la sicurezza del Regno (2) quando venne da noi il Signor Pioda per annunziarmi che presto mi trasmetterebbe un suo rapporti sugU ultimi fatti di Mhlano. Così que:ll'occasion:e per dke al Rappresentante svizzero ch'.io non gLi potevo nascondere la penosa impressione che produceva in noi il contegno della Svizzera la quale avea permesso che alla vista di tutti H Mazzini organizzasse una cospirazione che meritava di essere designata come un'associazione di assassini e di ladri anziché come una congiura politica. Non ho taciuto al Signor Pioda ch'io mi proponeva di far sentire al Governo

federale che i doveri internazionali avrebbero richiesto una vigilanza più attiva per parte dell'autorità elvetica e che qualunque paese avea sempre il diritto di pronunziare l'espulsione degli stranieri che, approfittando dell'asilo loro concesso, tramavano contro la tranquillità di Stati amici.

Più tardi ho ricevuto il teleg·ramma (l) col quale Ella mi annunzia che

S. E. il Presidente della Confederazione ha già ottenuto che Mazzinl si decida ad ab{)andonare il Canton Ticino. Sebbene io veda in quest'atto del Supremo Magistrato esecutivo di codesta Repubblica una prova dei suoi buoni sentimenti a nostro riguardo, cionondimeno credo opportuno di dar seguito alle nostre rimostranze come che queste non riguardino unicamente il Mazzini, ma anche varie altre persone. La partenza volontaria del Mazzini dal Canton Ticino non implicherebbe d'altronde l'interdizione per lui di recarsi tra poco tempo in quello stesso paese per ivi ricominciare il lavoro che poté felicemente essere scoperto e sventato a tempo.

(l) -Non pubblicate. (2) -Cfr. n. 276. Sul fatti di Milano cfr. Il n. 439.
278

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. 160. Firenze, 26 aprile 1869.

Ho ricevuto i di Lei rapporti dai quali risulterebbe che Lord Clarendon avrebbe mostrato qualche dispiacere nel sapere che noi non approvavamo le disposizioni della legge pubblicata recentemente in Turchia per regolare la materia della sudditanza ottomana.

Essendo venuto a vedermi in questi giorni Sir A. Paget mi manifestò ad un di presso quegli stessi sentimenti che Lord Clarendon avea già espressi conversando colla S. V.

Motteggiando risposi al Ministro d'Inghilterra ch'io avrei dovuto dolermi col Governo inglese perché questi sembrava considerarmi quasi come un rivoluzionario per non essere io indefesso ammiratore di tutto ciò che ordina e fa la Porta ottomana. Poi presi a dire: «ritenete che noi non siamo né russi, né francesi, né inglesi, ma sì puramente italiani in tutto ciò che concerne gli affari del Levante. Non ricerchiamo un'influenza od un'azione esclusiva, ci adoperiamo soltanto acciocché la Turchia possa consolidarsi mercè una retta amministrazione interna la quale sia conforme alle esigenze della situazione vera delle varie contrade che compongono l'Impero Ottomano. Errerebbe a partito chi credesse che l'Italia abbia maggior interesse allo indebolimento della Turchia che alla sua conservazione. Ma appunto perché siamo animati da cotali sentimenti, noi dobbiamo esaminare imparzialmente il bene ed il male che succede in quel paese e non esitare ad esprimerci secondo l'esito delle

nostre osservazioni. I veri amici del Governo del Sultano sono quelli che non temono di dirgli la verità».

Quindi soggiunsi che le nostre informazioni ci portavano ad esprimere un avviso molto diverso di quello di Sir Elliot circa le condizioni presenti dell'isola di Creta e di altre contrade dell'Oriente. Confrontando la relazione dell'ambasciatore britannico a Costantinopoli con i rapporti che noi avevamo ricevuto recentemente, non potevamo associarci alle idee ottimiste espresse da que'l distinto diplomatico. «Vorrei bene, dissi a Sir A. Paget, che questi nostri timori fossero privi di fondamento. La completa pacificazione dei paesi soggetti alla dominazione del Sultano è un desiderio che noi dividiamo pienamente coll'Inghilterra, ma sin qui ci sembrerebbe prematuro l'abbandonarci a simili liete previsioni perché tanto la situazione interna di alcune provincie, quanto la condotta del governo del Sultano non ci danno sufficiente motivo di nutrire fondate speranze». Passai poscia a pal'\lare col Signor Paget del dec,reto ottomano relativo alla cittadinanza turca e straniera, e mi espressi presso a poco in questi termini: «la quistione ci inte,ressa sotto due aspetti. Primieramente perché ogni modificazione riguardante la condizione degli stranieri in Turchia può considerarsi come un tentativo diretto contro la conservazione del regime introdotto dalle capitolazioni confermato e sviluppato dalle consuetudini e dagli usi generalmente riconosciuti. In secondo luogo poi le modificazioni che la Sublime Porta pretendeva introdurre senza alcun preventivo accordo erano tali da poter dar luogo ad infinite contestazioni anche intorno alla nazionalità di persone che da tempo immemorabile vennero sempre riputate straniere benché stabilite da molte generazioni nei paesi del Levante. Se tutte le Potenze aveano uguale interesse ad impedire che la Turchia cercasse di aprire una nuova breccia nel sistema delle capitolazioni, l'Italia era poi particolarmente impegnata a pigliare la difesa di moltissimi suoi sudditi che non avrebbero potuto produrre all'autorità ottomana prove giuridiche della loro cittadinanza italiana. Numerosissime sono infatti le famiglie, italiane d'origine, stabilite in Oriente ai tempi delle dominazioni genovesi e veneziane, le quali conservano la loro sudditanza d'origine. La maggior parte di queste famiglie non potrebbero altrimenti produrre la prova della loro nazionalità italiana che appellandosi all'opinione generale che ognora li considerò come stranieri. Non vi ha dubbio che ove sorgessero contestazioni sulla nazionalità italiana di queste famiglie noi dovremmo prenderne Ia difesa». E cosi conchiudendo dissi all'Inviato britannico che il suo Governo avrebbe dovuto trovare ben naturale che il Gabinetto di Firenze avesse fatto ogni riserva necessaria per tutelare tanto gli interessi ch'egli divide colle altre Potenze quanto quelli che gli sono particolari, interessi che dal recente decreto della Sublime Porta venivano ad essere gravemente compromessi. Ho fiducia che quando Sir A. Paget avrà reso conto di questa conversazione ch'egli ebbe con me, le impressioni di Lord Clarendon in riguardo alla nostra condotta in questo affare si modificheranno in un senso a noi vantaggioso. Se alla S. V. si presenterà l'opportunità di parlare di nuovo di questo argomento con S. S. io la autorizzo a valersi delle

cose espresse in questo mio dispaccio per sempre meglio spiegare al Primo Segretario della Regina i motivi del nostro contegno in codesta qulstione.

(1) T. 1485, non pubblicato.

279

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI

D. 60. Firenze, 26 aprile 1869.

Appena qui di ritorno dal congedo che avea preso, S. E. il Barone di Kiibeck venne a vedermi annunziandomi di aver ricevuto l'incarico di consegnare a

S. M. il Re nostro Augusto Sovrano le insegne dell'ordine di Santo Stefano.

Nel tempo stesso l'Inviato d'Austria mi leggeva un dispaccio di S. E. il Conte di Beust nel quale si piglia atto dei buoni rapporti esistenti fra l'ItaJ.ia e l'Impero Austriaco. Le parole cortesi di cui si servi il Signor di Beust nelle sue comunicazioni trovano una corrispondenza perfetta nei sentimenti del

R. Governo ed li.o prego la S. V. di vo~erne dar l'assicurazione a S. E. il Cancelliere dell'Impero.

280

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI

D. 35. Firenze, 27 aprile 1869.

Le notizie che riceviamo sulle disposizioni degli animi in Portogallo, su!.le difficoltà interne di codesto paese, nonché su quelle che gli risultano dall'agitazione iberica che si verifica nella limitrofa Spagna, mettono il Governo del Re in grave pensiero. La S. V. ben conosce per quante ragioni noi desidereremmo vedere codesto Regno progredire nelle vie tranqui:lle e sli.cure che conducono gli Stati a godere della più invidiabile prosperità.

Animati da questi sentimenti noi ci siamo particolarmente applicati a far conoscere al Governo portoghese tutta l'importanza che noi annettevamo a che il principio monarchico potesse trionfare in !spagna procurando cosi il consolidamento della dinastia di Portogallo.

Nelle circostanze presenti il nostro punto di vista non è mutato. Noi continuiamo a desiderare vivamente tutto ciò che può contribuire a quel doppio scopo. Il rifiuto del Re Ferdinando ha prodotto un'emozione non iscevra di pericoli a Madrid, ma la maggioranza del popolo spagnuolo sembra ciò nondimeno affezionato al reggimento monarchico il quale è sperabile potrà venir ristabilito nella Spagna a vantaggio comune dei due paesi che compongono la penisola Iberica. DaJ canto nostro auguriamo aà Portogallo di superare felicemente la crisi che traversa in questo momento. Abbiamo fiducia ch'egli saprà trovare in una politica inspirata da larghe vedute e da alti interessi i mezzi di vincere tutte le difficoltà che lo circondano. Il Regno portoghese, appoggiato dalle simpatie dei Governi esteri, potrà certamente conservare la propria posizione indipendente ove sappia con una condotta prudente e savia coadjuvare al ristabilimento del Governo monarchico in !spagna senza suscitare contro di sé il malumore di alcuno dei Gabinetti amici. Nella qual cosa non pare mal soverchia la prudenza di cui farà prova il Governo di Lisbona perocché non vi ha forse altro argomento che più di quello della candidatura ai troni dia origine a sospettose diffidenze. Dappokhé il Portogallo si è mostrato ripugnante ad una combinazione che avrebbe portato sul trono di Spagna un principe della Real casa di Braganza, a noi sembra che la politica del Gabinetto di Lisbona dovrebbe ora assecondare unicamente quelle candidature che potrebbero avere maggiore probabilità di riuscita senza essere, o somigliare, in opposizione cogli interessi dinastici di altri Governi.

È in questi sensi ch'io l'autorizzo a parlare di tale delicato argomento usando però molta riserva e molta prudenza come il soggetto lo richiede.

281

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA

D. 10. Firenze, 27 aprile 1869.

Si andò dicendo in questi ultimi tempi che vi fosse il pericolo che nuovamente si formassero sul territorio rumeno delle bande destinate ad invadere le vicine provincie turche. Sebbene le condizioni generali dell'Impero Ottomano siano tali in questo momento da non dare occasione ad alcuno di meditare simili intraprese, ciò non di meno si affermava che la formazione di queste bande potrebbe essere un fatto imminente, se H Gabinetto di Bucarest non fosse per pigliare in tempo i provvedimenti che tali circostanze richiedono. Né io voglio tacerle, Signor Barone, una versione che si faceva per ispiegare la tranquillità apparente del Ministero rumeno in mezzo a quei rumori inquietanti. Si diceva che la formazione delle nuove bande sarebbe stata ad un tempo l'opera del Governo rumeno e del partito Bratiano. n primo vi concorrerebbe con !studiata inazione; il secondo invece con attivissimi maneggi. Scopo di quello sarebbe di lasciar che il Bratiano ed il suo partito sempre più si screditassero presso la diplomazia estera, che li avrebbe come perturbatori incorreggibili dell'ordine pubblico; mentre invece, l'opposizione darebbe mano a questi intrighi per forzare il Governo ad opporvisi ed aver così l'opportunità dl render inviso alle popolazioni il partito che sta al potere, come partito composto di uomini nemici delle nazionali aspirazioni.

Noi non possiamo certamente affermare che siffatti disegni siano effettivamente stati concepiti, anzi speriamo, per il bene della Rumenia che simili supposizioni siano puramente gratuite. Ma, mentre corrono tali voci, noi faremmo prova di indifferenza verso il Governo principesco se non lo mettessimo in avvertenza dei gravi danni che deriverebbero alla sua considerazione, ove col suo contegno e co' suoi atti non dimostrasse apertamente che i disegni attribuitigli sono unicamente il frutto dell'immaginazione de' suoi avversari.

Giammai, come ora, la necessità di una politica tranquilla e conservatrice si è imposta così imperiosamente al Governo dei Principati rumeni. È tratto di amicizia, e prova di interesse, H non tacerlo ai Ministri del Principe Carlo. Ed io confido che, valendosi delle occasioni che le si presenteranno, Ella saprà tenere un linguaggio con codesti uomini di Stato, che loro non lasci alcun dubbio sul nostro modo di vedere circa la migliore politica, dalla quale non vorremmo vederli dipartirsi (l).

282

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1494. Bruxelles, 28 aprile 1869, ore 16 (per. ore 18,50).

Voici la situation telle qu'elle m'est confiée simultanément par le ministre de France et par le ministre des affaires étrangères. Signature hier à Paris d'un protocole portant la nomination d'une commission mixte chargée d'examiner Ies propositions be.lges d'après les quelles les compagnies belges resteraient en pleine propriété et exploitation de la ligne mais permettraient dans des larges conditions liberté de parcours à l'est français. Cet examen n'implique cependant point renonciation de la part du Gouvernement français à sa première demande de ratification des traités entre les deux compagi:ùes. L'Angleterre a beaucoup contribué à ce résultat. M. Frère Orban reviendra après demain et donnera immédiatement à la Chambre les explications strictement nécessaires sans attendre les interpellations.

283

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A LISBONA. OLDOINI

D. 36. Firenze, 28 aprtle 1869.

Ella ebbe notizia del cattivo effetto che ha prodotto in Madrid la rinunzia del Re Don Ferdinando a qualunque candidatura per il trono di Spagna.

Il partito monarchico spagnuolo ha rivolto ora i suoi sguardi verso l'Italia ed è ad un Principe della Real Casa di Savoia che sembra disposto ad offrire la Corona. La S. V. conosce che il solo Principe al quale questa potrebbe essere offerta è S.A.R. il duca di Genova. Ignoriamo però ancora se l'offerta verrebbe gradita.

Altre candidature sono ventilate come Ella sa. Quella del Duca di Montpensier, che incontrerebbe viva resistenza in coloro che comprendono quanto interessi alla Spagna il non dar al vicino Impero motivo di adoperarsi a favo

rire altre combinazioni, sembra aver in oggi poca probabilità di riuscita. Si parla anche a Madrid di una candidatura che colà chiamasi candidatura tedesca e che sarebbe in favore di un Principe della Casa di Hohenzollern del ramo cattolico di Sigmaringen marito alla Principessa Donna Antonia di Portogallo. Ma il pensiero di mettere sul trono di Spagna un principe appartenente ad una famiglia che per le recenti sue fortune suscita qualche diffidenza in alcune parti d'Europa non ci sembra molto felice, e ci spiacque di sentire che a Madrid si attribuisce al Re Don Ferdinando di Portogallo di aver avuto la prima idea di tale candidatura (l). Basta infatti rendersi conto delle difficoltà che circondano il Principe Carlo di Romania per comprendere come lo stabilimento di un altro principe della stessa casa sopra un altro trono potrebbe esser cagione di complicazioni difficili a superare.

Questi cenni sono unicamente destinati a farle conoscere, Signor Ministro, quanto noi pensiamo intorno alla quistione della candidatura spagnuola nella sua fase attuale.

(l) Per la risposta cfr. n. 352.

284

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

N. R. 629. Firenze, 29 aprile 1869 (per. il 1° maggio).

Dal Signor Prefetto di Milano mi pervennero testé le seguenti notizie sui progetti del partito esaltato; notizie che accenna essergli state fornite da un confidente che avrebbe sempre trovato serio e veritiero; che il Mazzin! voglia trasferirsi e forse siasi già trasferito a Lucerna. Di là si recherebbe a Londra e quindi a Malta; che il migliore e più intimo accordo regna ormai fra Garibaldi e Mazzini; che il partito garJbaldino sta già tramando una nuova spedizione su Roma, il di cui nucleo sarebbe costituito dalle varie associazioni dei reduci, i quali perciò verranno epurati, organizzati e disciplinati colla massima cura; che positivamente il danaro, tanto per i tentativi mazziniani che .per quelli garibaldini, vien fornito dalla Prussia: la quale avrebbe dato carta bianca ad entrambi i capi-setta, onde iniziino ciò che loro meglio aggrada, purché iniziino e facciano qualche cosa; che finalmente alcune fra le associazioni politiche di colore più avanzato della Germania avrebbero fatto invito a Garibaldi di recarsi a Berlino, ove troverebbe accoglimento ed onoranze assai maggiori di quelle che ebbe a Londra; ma che tuttavia Garibaldi non s'era peranco deciso ad a::cettare l'offerta.

Nell'informarne l'E. V. reputo non inopportuno di soggiungerle, avere il Signor Prefetto di Milano partecipato in pari tempo che, essendosi rivolto al Prefetto di Como per sapere se il Mazzini si fosse già allontanato o intendesse effettivamente allontanarsi da Lugano, avrebbe avuto in riscontro che il Mazzini annunzierebbe bensì la sua partenza, ma che però pare voglia nascondersi in casa Grillenzoni.

(l) Cfr. n. 251.

285

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 30 aprile 1869, ore 15,55 (per. ore 20).

Votre Majesté ayant pris connaissance de la dépeche écrite par Nigra au président du conseil (2), depeche que lui ai communiqué confidentiellement et qui a été expédiée à Vienne, je crois utile de faire savoir à Votre Majesté que l'Empereur et Rouher partagent mon avis que ce droit des gens [sic] est odieux et inconnu. Si la jumente alezane ne convient pas à Votre Majesté le marchand s'est obligé à la reprendre la changeant contre autre jumente à ma pleine convenance au meme prix.

286

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE. Firenze, 30 aprile 1869.

Appena la Santa Sede ebbe convocato un ConciUo in Roma il Governo del Re dovette preoccuparsi delle conseguenze che questo avvenimento era destinato a produrre.

Agli studi indispensabili delle quistioni relative al Concilio, tanto al punto di vista della costituzione moderna della civile società, quanto sotto l'aspetto del diritto storico ed ecclesiastico si accoppiarono le più diligenti investigazioni intorno a ciò che poteva illuminare l'opinione del Governo sull'andamento dei lavori preparatori, sulle generali tendenze dell'episcopato cattolico, sulle conseguenze che dagli atti conciliari potrebbero derivare nell'ordine delle cose attinenti alla vita civile e politica della nazione.

Ed anzitutto il Governo di Sua Maestà dovette proporsi il quesi:to se, in presenza dei principii dei quali egli si era fatto propugnatore in documenti solenni, ormai passati nel dominio della storia ed al cospetto delle tendenze della società civile in Italia a riconoscere una indipendenza assoluta della Chiesa nei suoi rapporti collo Stato, fosse da considerarsi non che come opportuno, ma anche come legittimo l'ingerimento governativo nelle cose attinenti alla prossima riunione della Sinodo ecumenica.

Non ignora infatti la S. V. come, sino dal 1861, il R. Governo si mostrasse disposto a rinunziare, in un solenne documento, in vista di un accordo da stabilirsi fra il Sommo Pontefice ed il Re d'Italia, ad ogni ingerimento in ciò che concerne la facoltà di convocare concilii e sinodi ecclesiastici nei luoghi e nei modi che la Santa Sede credesse opportuni. Ma la S. V. ricorda ugualmente che questa ed altre rinunzie consimiLi erano state proposte dal Governo di Sua Maestà come corrispettivi, direi quasi come logici corollarii della trasformazione

che allora si sperava di poter introdurre, d'accordo col Pontefice, nella costituzione politica della Sede di Roma.

Sebbene gli sforzi fatti in quel tempo dal Governo del Re per condurre una riconciliazione fra l'Italia ricostituita ed 11 Pontificato romano non raggiungessero la meta che la grande maggioranza degli Italiani avrebbe desiderato conseguire, ciò nondimeno la potestà civile in Italia non si stancò mai dal battere la via che avrebbe dovuto, col tempo, preparare il terreno ad una necessaria e naturale trasformazione.

Senza spogliarsi delle armi che le leggi civili e canoniche gli mettevano in mano, il potere civile assecondò ognora le tendenze della pubblica opinione portata sempre a non frapporre ostacoli al libero esercizio dei diritti religiosi dei cittadini ed a limitare l'azione e l'ingerimento dello Stato a quelle cose soltanto che hanno attinenza alla costituzione civile del medesimo.

Il Governo del Re dimostrò così di avere piena fiducia nelle conseguenze necessarie dei ·principii dei quali curava lo svolg,imento e la pratica applicazione nelle sue leggi interne e nell'esercizio della sua sovrana potestà sulle cose appartenenti alla vita civile e politica degli italiani. Senonché gli effetti desiderabili e desiderati di siffatto prudente e savio atteggiamento furono costantemente contrariati dall'opposta condotta seguita dalla Curia Romana la quale, confondendo sempre maggiormente le cose tempora1i colle quistioni della fede, sembrò prevalersi d'ogni avvenimento politico, d'ogni circostanza, foss'anche fortuita, per persistere pertinacemente nella via che avea prescelta e nella quale dovea consacrare la confusione la più assoluta e completa delle cose spettanti alla vita civile con quelle che appartengono alla credenza religiosa dei popoli. L'Enciclica ed il Sillabo delli 8 Dicembre 1864 costituirono la prova manifesta di tali tendenze della Curia Romana.

All'annunzio pertanto della convocazione d'un Concilio Ecumenico noi abbiamo dovuto riflettere anzitutto se non vi fosse pericolo che alle dottrine del Sillabo si cercasse di dare forza di dogma suscitando così le coscienze cattoliche a resistenza contro la civile potestà che quelle massime non ammette e non riconosce. Non vi è dubbio che se il concetto della libertà religiosa, praticamente da noi adottato, avesse diggià potuto ricevere tutto l'esplicamento di cui è suscettibile ed avesse prodotto nella sua più larga applicazione tutti quei risultamenti che si potevano desiderare, noi avremmo potuto contemplare l'opera puramente ecclesiastica e canonica del futuro concilio e limitarci fors'anche ad un semplice monito sull'incompetenza della Sinodo nelle materie civili e politiche. La trasformazione compiutasi nelle relazioni della Chiesa e dello Stato avrebbe dato sicurtà suffciciente che nissuna inammissibile pretesa sarebbe ventilata nella sacra assemblea. Ma nello stato presente delle cose sarebbe utopia il credere che le deliberazioni del Concilio rimarranno circoscritte entro i limiti anzi accennati. Farebbe prova di poca previdenza il Governo Regio se non riconoscesse nei dati che già possiede la prova irrefragabile dell'intenzione della Curia Romana di presentare nelle sessioni conciliari proposizioni riflettenti materie politiche.

E quando aUre prove non s'i avessero, basterebbe il sapere che fra le Commissioni congregate in Roma pel futuro ConciJio, una ve ne ha che s'intitola appunto Commissione politico-ecclesiastica. Nè si creda che sotto questo nome si sia voluto designare una Commissione incaricata di preparare materie che non appartengono esclusivamente alla vita politica e civile dei popoli, perocché la Civiltà Cattolica, che da un Breve Pontificio venne rivestita del carattere di giornale ufficioso di Roma per le cose riflettenti il Concilio, non ha esitato a proclamare in apposita pubblicazione la competenza della Chiesa a condannare certe massdme non solo della filosofia e del diritto, ma anche dell'economia, della politica e di quasi tutte le scienze. E così si esprime quell'organo ufficioso: « Questi errori corrompendo l'intelletto ed il cuore dell'uomo, ne guastano la social convivenza; dilatandosi nei Governi, gettano gli uni e gli altri in rivoluzioni eterne e finalmente nell'anarchia, come purtroppo da un pezzo vediamo. Laddove la condanna fattane in tempo leva loro presso molti l'autorità, salva non pochi, i quali, se possono per inganno andar travolti, non sono tuttavia disposti a mantenerli con ostinazione, quando ne sono avvisati, e confortando in gran maniera i buoni a combatterli, accresce il numero di quelli che li avversano 1>.

Bastano a parere nostro questi pochi versi per far palese in quale errore cadrebbero i Governi nello sperare che l'opera del Concilio non invaderà il campo riservato alla sola ed esclusiva potestà dello Stato. Epperò avvicinandosi sotto tali auspici un avvenimento di tanta importanza quale è quello che può creare un'agitazione pericolosa nelle popolazioni cattoliche contro i Governi costituiti, annunziandosi perfino che fra 1 progettati canoni del futuro Concilio uno ve ne sia che verrebbe a dichiarare infallibile il Pontefice in ogni materia anche temporale, è debito dei governanti di considerare se nelle condizioni attuali della società e nello stato presente delle cose possa loro convenire di astenersi dal valersi di tutti quei mezzi efficaci di difesa preventiva e di eventuale repressione dei quali il Principato civile è tuttora in pieno possesso anche allo stretto punto dd vista del diritto risultante dai Canoni e dalla Storia della Chiesa.

Noi avremmo certamente preferito che lo stato della pubblica opinione cl permettesse di confidare ch'essa saprebbe da se stessa reagire contro tali pretese e contro così imprudenti tentativi; noi saremmo ben lieti se potessimo credere che nel seno stesso dell'assemblea religiosa sarà per sorgere una resistenza rispettosa, ma ferma e seria contro tendenze tanto pericolose. Ormai però sarebbe vana lusinga lo abbandonarsi a simili speranze. Il concetto dell'indipendenza dello Stato e della Chiesa nei loro reciproci rapporti è !ungi dall'aver ricevuto il necessario sviluppo pratico presso le masse popolari non solo in Italia ma aDche negli altri paesi, e sotto altro rispetto si può ragionevolmente temere che l'alto clero convocato in Roma si lasci guidare dalla sfavorevole impressione che nella maggior parte dell'episcopato cattolico hanno prodotto le difficoltà inerenti ai tempi di transizione e gl'inconvenienti che accompagnano le trasformazioni tutt'ora incomplete.

Quindi è che sotto l'aspetto del tempo in cui devesi riunire il Concilio ogni ragione di opportunità e di convenienza sembra mancare. Di siffatte considerazioni il Governo del Re non crede dover fare astrazione.

Le condizioni della società, le disposizioni degli animi sia nel clero, che nelle popolazioni, la costituzione della Chiesa romana come società cosmopolitica e come sovrana temporale sono argomenti dei quali il Governo del Re deve tener conto.

Ora appare indubitato che apprezzando al loro giusto valore tutte cotali circostanze, il Governo del Re non debba e non possa esitare a valersi di tutto ciò che potrebbe giovare ad allontanare i pericoli che sorgerebbero per lui rlalla perturbazione delle coscienze in materia di diritto pubblico interno ed esteriore. Allo scopo non mancherebbero i mezzi, ove fosse il caso di applicare oggidì quelle norme ond'erano in addietro governate le attenenze fra la Chiesa e lo Stato, prima che quest'ultimo entrasse nel proposito di stabilire l'indipendenza reciproca delle due potestà. In correlazione a tali norme, si potrebbero sostenere le seguenti proposizioni, le quali si troverebbero conformi all'antica disciplina canonica e conciliare: l o Lo Stat o ha il diritto di partecipare agli atti di convocazione del Concilio Ecumenico; 2° Lo Stato ha il diritto di intervenire alla determinazione del luogo e del tempo nel quale si deve celebrare 11 ConciLio; 3° lo Stato ha il diritto d'intervenire a tutte le radunanze conciilari, e di essere ascoltato; 4° allo Stato compete un posto d'onore nel Concilio, ed un effettivo ingerimento negli atti sìnodali; 5° nessuna risoluzione conciliare può aver forza e vigore, ove non venga accettata e promulgata cl.allo Stato; 6° è di competenza dello Stato H permettere od il vietare ai Vescovi di intervenire al Concilio; so può lo Stato, in certi casi, richiamare i Vescovi dal Concilio.

Ma, a fronte delle dottrine più consentite oggidì, può dubitarsi non tanto se sia nel diritto, ma se sia nell'interesse dello Stato di insistere su tutte le proposizioni sovra enunciate. Alcune di esse, e segnatamente la quinta, che riguarda la promulgazione delle decisioni conciliari, non potrebbero però in alcun caso essere abbandona;te, giacché è evidente che lo Stato ha piena facoltà e diretto interesse di esercitare per esse una e,ffettiva ingerenza.

Giova pertanto aver presenti tutte siffatte proposizioni che costituiscono, a così dire, il diritto storico della potestà civile rimpetto ai Concili Ecumenici. Ben più arduo riuscirebbe il determinare entro quali limiti ed in quale mi

sura i Governi civili dovranno valersi di siffatte loro prerogative.

È nostra opinione che l'uso che delle medesime dovranno fare i Governi, dipenderà in gran parte dalla maniera colla quale mostrerà la Sede Romana di saper tener conto essa stessa delle prerogative del Principato civile, dalla maggiore o minore libertà di discussione che si potrà prevedere sarà lasciata ai Prelati convocati, dallo spirito dal quale la maggioranza dei membri dell'episcopato che si propongono di recarsi in Roma manifesteranno di essere animati.

Al quale proposito, per ora noi crediamo doverci limitare a considerare che purtroppo negli atti preparatori del Concilio, e nelle manifestazioni di una parte dell'episcopato cattolico, si riscontrano gravissimi argomenti per dimostrare la necessità per lo Stato di non abbandonare nessuna delle armi che per diritto storico competono al Principato civile.

Mentre infatti è incontestabile il diritto di quest'ultimo di essere consultato intorno al tempo ed al luogo opportuno per la convocazione del Sinodo, non ci risulta che alcun negoziato sia neppur stato intavolato coi vari Governi prima della pubblicazione della Bolla d'indizione. Ed in questa Bolla, a differenza di quanto si era costantemente praticato per lo addietro, omettevasi la formala colla quale si invitavano i legittimi e naturali rappresentanti del laicato ad intervenire al Concilio.

Che se cotali fatti non bastassero a dimostrare la tendenza della Santa Sede a sottrarre gli atti conciliari da qualsiasi azione moderatrice del potere civile, anche in quelle cose che alla religione ed aJla fede non appa;rtengono esclusivamente, noi avremmo ancora altre ragioni per impensierirci delle conseguenze che potrebbe produrre il Concilio negli Stati ove Ja maggioranza dei cittadini professa la cattolica credenza. Da notizie raccolte con diligenza ci risulta infatti che molti Prelati distinti per pietà e per dottrina de' vari paesi, si propongono di non intervenire al Concilio prevedendo la inutilità degli sforzi che farebbero per opporsi alla soverchiante co·rrente della fazione che della reUgione si fa arma e scudo nelle lotte politiche. È questo un fatto gravissimo, che rivela in quelle savie e pie persone il timore di non aver agio e libertà di discutere per far prevalere la sana dottrina. Nè siffatto timore manca totalmente di fondamento.

Per quanto ripugni a noi di farci denunziatori di atti che svelano la poca fiducia che meritano le procedure delle congregazioni romane, ciò nondimeno trattandosi di affare di tanta importanza, noi crederemmo mancare al debito nostro, se non ricordassimo qui almeno alcuni fatti, i quali debbono servire d'esempio per l'avvenire.

Nessuno ignora come, adottando una procedura insolita, or sono alcuni anni, la Santa Sede consultasse l'episcopato cattolico sulla verità di una proposizione dogmatica, e sull'opportunità della promulgazione della medesima. Malgrado che l'avviso della grande maggioranza dei Prelati consultati fosse contrario al punto di vista dell'opportunità della promulgazione, la Santa Sede non si arrestava in cammino, e proclamava il nuovo Dogma.

V'ebbe esempio d'un insigne prelato straniero all'Italia, che avendo ricusata la sua firma all'atto d'adesione sottoscritto dai 470 Vescovi riuniti in Roma nel 1852, vide il proprio nome figurare ai piedi di quell'Atto, ed ebbe, per risposta alla sue proteste, si dovesse allontanare sollecitamente da Roma.

Nè mutate sono le condizioni presenti nella sede della cattolicità. Un pio ecclesiastico che non mostrò animo proclive ad ammettere certe proposizioni volute dalla Curia, preferì recentemente uscire dalla Commissione di cui faceva parte, quasi chè nel seno stesso delle Commissioni ogni disparità d'opinione, in ciò che è voluto dalla Curia, costituisse motivo di espulsione.

Tristissime sono pertanto, com'Ella vede, le condizioni presenti, per la riunione di un Concilio. Cospirano a scemare la piena libertà dei membri della Sinodo, per una parte l'agitazione politica e le preoccupazioni di ogni sorta che signoreggiano gli spiriti dei molti vescovi e prelati, e dall'altra, le esigenze asselutiste della Curia Romana.

Prender atto di cosi triste stato di cose val quanto accennare alla necessità pei Governi di vegliare a stornare 11 pericolo di gravi e profonde perturbazioni nelle masse delle loro popolazioni cattoliche.

Per la qual cosa, il Governo del Re ritiene che se i Gabinetti che seco lui dividono queste idee, si intendessero sopra una linea di condotta comune da seguirsi in presenza delle difficoltà che suscita la convocazione di un Concilio, la loro azione potrebbe tornare utilissima per allontanare i danni che se ne possono temere. Potrebbero a nostro avviso i Governi intendersi per una Dichiarazione solenne dei diritti che spettano aLla Potestà civile, e per manifestare la loro intenzione di valersene.

Ma anzitutto noi opiniamo si debbano prender certe misure di savia precauzione contro ogni possibile sorpresa che si meditasse in Roma. Benché non si abbiano prove positive del fatto, giova tener presente che fra le notizie che si vanno spargendo, v'ha pur quella che accennerebbe all'invio fatto segretamente da Roma ai vescovi della cattolicità di un elenco delle proposizioni sulle quali si vorrebbe preparare una decisione per ac.clamazione al primo aprirsi dell'Assemblea cattolica. Se realmente esistesse un simile disegno, ognun comprende la inutilità dei mezzi che, per impedire decisioni imprudenti, i Governi civili si riserverebbero di adoperare in seno della Sinodo riunita. Epperò, anche contro il pericolo di siffatte sorprese potrebbero pronunciarsi i Governi, se nelle loro dichiarazioni si esprimessero come conviene contro tal modo di procedere nelle sinodali deliberazioni.

Queste sono, egregio signore, le principali considerazioni che ci suggeriscono le investigazioni e gli studi da noi fatti intoTno al delicato ed importante argomento che ci occupa. Ella vorrà adoperarsi sollecitamente per indagare se le nostre opinioni trovano consonanza in quelle degli uomini che presiedono a codesto Governo.

Prescindendo da ogni quistione religiosa, v'ha una quistione d'ordine pubblico che tutti gli stati ugualmente concerne, perocché degli interessi generali della civile società tutti i Governi sono tutori solidari. Di minore importanza sembrerà forse l'interesse, al quale rivolgiamo tutta la nostra attenzione, a quei Governi le cui popo1lazioni sono divise in grandi gruppi professanti diverse credenze, perocché le tendenze di una parte dei loro sudditi sarebbero in ogni caso controbilanciate dalla contraria influenza delle altre frazioni delle loro popolazioni. Ma nei paesi dove la grande maggioranza del popolo professa la fede cattolica, la perturbazione delle coscienze, che verrebbero poste nel bivio di disconoscere l'autorità della Chiesa o di resistere a quella della legge civile, ed agli ordina;menti politici in vigore, costituisce un fatto del quale importa riconoscere a tempo l'incontestabile gravità.

La S. V. non avrà difficoltà a far comprendere questi nostri pensieri al Governo presso il quale Ella è accreditata, ed io la autorizzo a dare confidenzirulmente copia di questo mio dispaecio a S. E. il Ministro degli Affari Este.ri, se questi mostrasse desiderare di conoscere in modo più preciso il punto di vista sotto il quale noi consideriamo le importanti quistioni che si riferiscono alla riunione del Concilio Ecumenico.

(1) Da ACR.

(2) Cfr. n. 274.

287

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE. Firenze, 30 aprile 1869.

Le mando oggi la raccolta completa della parte ufficiale del carteggio tenuto da questo Ministero relativamente all'intimata riunione di un Concilio ecumenico.

Dalla lettura dei documenti che compongono questa raccolta la S. V. potrà formarsi un esatto concetto dello spirito che anima la maggioranza dell'episcopato straniero, degli ,intendimenti che prevalgono in Roma, nonché del grado diverso in cui si preoccupano i vari Governi dell'annunziato avvenimento e delle sue conseguenze. Vedrà inoltre la S. V. come il Governo del Re abbia osservato colla massima attenzione tutto ciò che rif,lette questo grave argomento, ed Ella si renderà conto cosi sempre più dell'interesse che noi annettiamo ad avere intorno al medesimo abbondanti e sicure informazioni.

Ma ciò che deve fermare maggiormente l'attenzione della S. V. è il dispaccio di questo Ministero diretto al R. Rappresentante in Baviera (l) in risposta alla circolare del Gabinetto di Monaco stataci comunicata dall'Inviato bavarese presso questa Real Corte.

A quel nostro dispaccio del 19 corrente fa seguito la circolare che oggi stesso Le invio (2), e nella quale sono esposte le idee del R. Governo circa la condotta da seguirsi riguardo alla convocata assemblea ecumenica.

Da tali nostre comunicazioni la S. V. potrà scorgere come noi approviamo l'idea di quei Gabinetti che credono possa riuscir utile lo intendersi anticipatamente intorno ad una linea di condotta comune in ciò che concerne gli interessi generali, e quindi io La prego di chiedere al Governo presso il quale Ella risiede se questo nostro modo di vedere sia da lui diviso e quale risposta egli abbia fatta alla proposta contenuta nella Circolare del Gabinetto di Monaco.

Nella conversazione ch'Ella avrà a questo proposito col Signor Ministro degli Affari Esteri, Ella potrà valersi del contenuto della mia circolare in data di oggi in quella misura che l'e sembrerà più conveniente tenendo conto, nel savio di Lei apprezzamento, delle disposizioni che animano presentemente codesto Governo.

288

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (3)

T. Parigi, 1° maggio 1869, ore 22,50 (per. ore 7 del 2).

Réponse de Vienne est arrivée. On se rendra pour délibérer chez l'Empereur. Pour signature, trois Souverains signeront seuls, ministres contresigneront à un

(-2) Cfr. n. 286.

:Z87

22 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. XI

délai à fixer. Ne sais pas encore comment on pourra satisfaire exigence Autriche. Nigra et moi serons appelés 1lundi pour recevoi.r communication de ce qu'avons déjà commun1qué et des modifications introduites pour rendre la combinaison pratique.

(l) -Cfr. n. 260. (3) -Da ACR.
289

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. R. 126. Firenze, 1° maggio 1869.

Gli ultimi tentativi del partito mazziniano in Italia e segnatamente in Milano hanno posto il R. Governo in grado di confermarsi sempre maggiormente nell'opinione che quella fazione incorreggibile lavora non solamente contro l'ordine stabilito in Italia ma bensì contro il principio monarchico ovunque il medesimo si trova applicato in Europa.

Epperò fa non poca meraviglia il sentire ripetere continuamente che gli uomini addetti a così criminose opere abbiano relazioni e ricevano sussidi pecuniari nelle sfere governative della Prussia comecché alla Germania non meno che alle altre parti d'Europa si estenda il lavoro di quell'universale cospirazione.

Recenti avvisi avuti da varie fonti (l) accennano sempre alla provenienza prussiana del denaro di ·Cui ultimamente si mostravano forniti gli aderenti di Mazzini. Dagli atti dell'istruttoria risulterebbe inoltre che negli ultimi giorni del ma·rzo ultimo scorso un ufficiale prussiano, il cui nome suonerebbe come Withum si sarebbe recato a Lugano ed ivi, trattenutosi 3 o 4 giorni, vi avrebbe visitato più volte il Mazzini. Cosa questa che merita qualche considerazione, perocché non è facile lo accedere alla presenza di quel cospiratore, che si tiene costantemente nascosto a coloro che non hanno con lui intimità di rapporti.

290

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

D. 31. Firenze, 1° maggio 1869.

Ho ricevuto il di Lei rapporto in data 26 aprille (2) ed ho sentito con molto piacere che il Consiglio federale abbia deeiso in massima l'allontanamento di Mazzini dal Canton Ticino. Sono poi particolarmente riconoscente a S. E. il Presidente della Confederazione per la sollecitudine colla quale volle farle sapere che l'accennata risoluzione del Consiglio verrebbe eseguita.

Stando all'avviso telegrafico datoci da questa R. Legazione, noi avevamo dapprima creduto che l'allontanamento del Mazzini non fosse stato deliberato dall'autorità federale, ma che soltanto il Signor Welti si fosse adoperato per decidere quell'agitatore ad allontanarsi dalle nostre frontiere. La situazione essendo alquanto diversa da quella che noi supponevamo, la S. V. si sarà forse trovata nel caso di modifica,re in parte il senso delle comunicazioni ch'io La pregai di fave al Governo federale (1). Nel memorandum annesso a quella comunicazione del R. Ministero Ella avrà trovato però tutte le indicazioni necessarie per dimostrare a S. E. il Presidente quanto il provvedimento già adottato dal Consiglio fosse fondato in diritto. Colla scorta delle indicazioni medesime Ella avrà potuto segnalare al Governo federale varii altri cospiratori che hanno fatto di Lugano H loro centro d'opera2lione e la S. V. avrà parimenti manifestato al Signor Welti il sospetto che si ha che il Mazzini, anziché partire da Lugano, voglia piuttosto fa·r credere alla sua partenza nascondendosi nella villa Grillenzoni.

Ciò ch'Ella mi scrisse sopra l'intenzione dei cospiratori di tentare un nuovo colpo è del resto pienamente confermato dalle notizie che abbiamo noi stessi r1cevute. Ella fece dunque molto bene di parlare al proposito al Presidente federale perocché la vigilanza del Governo elvetico potrebbe esserci di molta utilità per isventare anche quest'altro insensato tentativo.

Terminando questo mio dispaccio desidero farle conoscere, Signor Ministro, l'ottima impressione prodotta sul Governo del Re dalla sollecitudine di cui fece prova in quest'occasione a nostro riguardo il Governo federale. Noi speriamo quindi che i provvedimenti che il medesimo adotterà definitivamente confermeranno il buon concetto che ci siamo fatto delle amichevoli disposizioni deJla Confederazione a nostro riguardo.

(l) -Cfr. n. 284. (2) -R. confidenziale 50, non pubbllcato.
291

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 848. Parigi, 1° maggio 1869 (per. il 5).

Nella seduta tenuta jeri dal Senato, in occasione dell'esame del bilancio pel 1870, il Conte di Ségur d'Aguesseau fece un'improvvisa escursione sul campo della politica estera nello scopo principale di ·rimettere sul tappeto la questione di Roma e quella della durata dell'occupazione francese negli Stati pontif1ci. Il Signor Ségur d'Aguesseau pronunciò un discorso appassionato e violento, accusando il Ministro imperiale degli affari esteri di mostrarsi troppo corrivo nella sua condotta e nel suo linguaggio verso il Governo italiano, rimproverandogli alcuni termini secondo lui troppo miti dei quali s'era servito nel recente suo discorso in seno al Corpo legislativo relativamente ai rapporti esi

stenti tra 11 Gabinetto di Firenze e la Santa Sede, e mirando principalmente a dimostrare la necessità che il Governo imperiale tolga ogni illusione al Governo del Re nella questione romana, che alla sua volta diffidi degli impegni italiani, e che né mostri prossima né s'appresti a far si tosto cessare l'occupazione delle sue truppe a Roma.

s. E. il Marchese di La Valette prese immediatamente dopo il Conte di Ségur la parola per rispondergli. Si querelò della veemenza del suo discorso, che accusò di rimettere in questione fatti compiuti e d'attaccare in troppo vivi termini un Governo amico. Ritornò poi a parlare in favore della conciliazione tra l'Italia e la Santa Sede, presentata come ineffettuabile dal Conte di Ségur, e disse che non volerla sarebbe un voler la disgrazia e dell'Italia e di Roma. Giustificò la sua asserzione emessa in seno al Corpo legislativo, che il Papa non sentivasi sicuro di bastare da sé al mantenimento della tranquillità pubblica nel suo Stato, e che l'Italia colla sua recente condotta aveva fatto concepire la speranza ch'essa poteva tornare in grado di mantenere gli impegni assunti colla Convenzione del 15 settembre. «L'Italia, egli disse, non è sventuratamente finora entrata in relazioni dirette col Sovrano Pontefice; ma nei rapporti che per mezzo d'una Potenza amica perdurano, essa mantenne i suoi impegni pel debito pontificio, diede prove manifeste della sua risoluzione di vivere nella migliore armonia col Governo della Santa Sede, e malgrado ogni difficoltà propose un formale modus vivendi ». Il Ministro imperiale constata la profonda divergenza che havvi tra le intenzioni del Governo francese, e quelle d'un oratore il quale mostra sdegno pel solo proposito di ravvicinare due Governi e due popolazioni.

Dopo avere rettificata l'interpretazione d'un epiteto dato dal Marchese di La Valette alla giornata di Mentana ed incriminato amaramente dal Conte di Ségur, il Ministro imperlale protesta che il massimo scopo degli sforzi del Governo è la sicurezza del Santo Pad,re. E la maggiore guarentigia di questa sicurezza sta secondo lui tuttora nel trattato del 15 settembre, sospeso per colpa dell'Italia, egli dice, ma non abrogato e in questo momento di nuovo eseguito dal Governo italiano. Ripetendo all'incirca le sue precedenti dichiarazioni, il Marchese di La Valette dice che pure il Governo imperiale non si sente ancora intieramente rassicurato, ma che fa voti per la continuazione di quelle prove che sono atte ad ingenerare una completa fiducia. Egli contesta l'autorevolezza della fonte a cui il signor di Ségur attinse la notizia che il Governo imperiale s'appresterebbe a ritirare le sue truppe da Roma dopo le nuove elezioni francesi, e dichiara che per parte sua egli non potrebbe prefiggere veruna data. « Ciò che non perderemo giammai di vista, ei dice, nella risoluzione che dovremo prendere, si è la sicurezza del Papa, e soltanto il giorno in cui la stimeremo perfettamente assicurata ci decideremo a ritirare le nostre truppe ed a rientrare nelle stipulazioni detlla Convenzione di settembre».

Passo sotto silenzio le parole dette a mio proprio riguardo in questa seduta dal Conte di Ségur e da S. E. il Marchese di La Valette, che mi feci premura di ringraziare pel modo benevolo col quale rispose agli apprezzamenti del Conte di Ségur.

(l) Cfr. n. 276.

292

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1501. Tunisi, 2 maggio 1869, ore ... (1) (per. ore 19,50).

J'ai appris confidentiellement qu'une dèpeche de Paris au Bardo annonce l'arrivée prochaine à Tunis du prince Napoléon dont l'ancien aide de camp Bonfils a signé le contract d'unification. Cela étant le prince ne viendrait que pour a;ppuyer décret Bey et obtenir d'autres concessions. L'agent anglais prie d'en vouloir informer son Gouvernement pour qu'il ait des instructions de s'unir à moi dans les démarches à faire en pareille circonstance.

293

VITTORIO EMANUELE II AL GENERALE CIALDINI, A PISA (2)

T. Firenze, 2 maggio 1869, ore 17,30.

Je n'ai pas pu vous répondre avant d'avoir parlé avec Menabrea. La chose est délicate, je ne sais comment faire pour recevoi.r la personne (3) puisque nous avons ici le chargé d'affaires d'Espagne et que nous sommes en bonne rélation avec le gouvernement. Je crois que vous pouvez le diriger à Menabrea; ce sera plus régulier et plus •prudent. D'ailleurs vous savez que vu la résistance du due d'Aoste, je ne pourrai pas lui faire une réponse plus favorable que les précédentes.

294

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 403. Berlino, 2 maggio 1869 (per. l'B).

Des renseignements tout à faiL confidentiels m'ont été fournis sur la marche des négociations entre la France et la Belgique relativement aux chemis de fer.

Le 25 mars échu, on était encore très éloigné d'une entente. M. Frère Orban d'une part, se récriait à l'idée qu'on put faire dépendre les relations entre les deux pays du bon ou du mauvais vouloir de quelques spéculateurs. Il devait suffire que les moyens fussent reconnus justes et légitimes par les Gouvernements. Le

Ministre Beige répondait ainsi à une objection de M. Gressier prévoyant le cas où les compagnies n'accepteraient pas une transaction. D'autre part, le Marquis de La Valette, à propos de l'intention attribuée au Cabinet de Bruxelles d'invoquer l'intervention des Puissances signataires du Traité de 1839, se prononçait avec vivacité contre une telle intention. Malgré ses tendances pacifiques il n'hésiterait pas alors à conseiller à l'Empereur de résister « dut-il sacrifier son dernier homme et so n dernier écu ».

M. Frère-Orban répliquait avec dignité: « Notre indépendance, c'est notre droit. Notre neutralité, c'est notre devoir. La neutralité, n'est pas de notre choix; elle nous a été imposée dans l'interét de l'Europe. Si l'une ou l'autre des Puissances peut nous accuser de violer cette neutralité, elle peut nous mettre dans l'obbligation de déférer le conflit aux Puissances garantes de notre indépendance et de notre neutralité. De là, la nécessité pour nous de bien peser les actes qui pourraient entrainer d'aussi graves conséquences >>.

Ce ne fut qu'après deux autres conférences, le 26 et le 27, qu'on réussit à s'entendre sur les termes d'un protocole·dont le texte vient d'étre publié par les journaux, et qui institute une commission mixte à l'effet d'examiner si 1es moyens offerts par la Belgique sont justes et suffisants en principe, abstraction faite de savoir s'il conviendra aux compagnies de les accepter. En d'autres termes, on est convenu d'étudier une fois encore la question.

Si quelque un a reculé, c'est plutòt la France que la Belgique, puisque celle-ci a maintenu son refus d'approuver les conventions. Non seulement elle a résisté, mais on a du comprendre à Paris qu'elle n'était pas isolée dans le monde. En effet l'Angleterre, tout en agissant avec beaucoup de mesure, a parlé en sa faveur, de méme que la Russie et l'Autriche. Ces Puissances ont laissé entendre que la Belgique, à tort ou à raison, ne voulait pas des premières propositions de la France; mais qu'il serait de bonne politique dans une affaire essentiellement économique de ne pas lui imposer une solution, et surtout de ne pas avoir l'air de gener son action dans la limite des Traités signés par les Puissances garantes de son indépendance. Quant à la Prusse, elle s'est tenue dans une extrème réserve pour n'offusquer en rien les susceptibilités de la France. Il lui suffisait de savoir que d'autres Gouvernements s'intéressaient à préveni>r un conflit et à empècher que l'incident ne prit des proportions périlleuses. D'ailleurs si, comme on le suppose, le Cabinet des Tuileries avait le projet de préparer le terrain à une union douanière entre la France et la Belgique, la position de la Prusse n'est plus la méme que celle qu'elle avait soutenue sous le règne de Louis Philippe. Alors le Cabinet de Be.rlin, dont certes les allures étaient très modestes, avait cependant déclaré qu'à son av.is un pays neutre ne pouvait conclure une union douanière. Mals cet argument de son còté a perdu aujourd'hui de sa valeur, depuis que le Luxembourg, dont la neutralité a été reconnue en 1867, continue néanmoins à faire partie du Zollverein.

Que tel fut et méme soit encore le projet ou l'arrière pensée du Gouvernement Impérial, on serait presque induit à I'admettre à en juger par le langage tenu, il Y a une quinzaine de pours, par M. le Viconte de Laguerronière à M. le Baron Lambermont, secrétaire général du Ministère des affaires étrangères à Bruxelles. «Je ne suis pas venu ici, disait ce diplomate improvisé, pour marcher sur les traces de mon prédécesseur le Comte de Comminges-Guitaud. Autrement mieux etlt il valu pour moi de rester à Paris. J'inaugure une nouvelle politique. A cet effet, je n'ai pas besoin d'instructions. Je connais et j'interprète la pensée de mon Gouvernement. Une transformation s'est opérée en Europe depuis 1866. La France doit à son tour se transformer. Non pas qu'elle vise à des conquetes, à des annexions, mais elle doit amener entre elle et la Belgique une fusion d'intérets. Les Traités que vous invoquez ont perdu leur raison d'etre ».

M. de Laguerronière, dans son noviciat diplomatique, s'emportait trop loin, se perdait peut etre dans les nuages. Mais ses appréciations étaient peut etre aussi celles de l'enfant terrible, surtout si on les raJpproche des idées émises par le Prince Napoléon lors de sa visite à la Cour de Berlin au mois de mars de l'année dernière. Son Altesse Impériale diisait que la France devmit grouper autour d'eHe les nations de race latine et meme la Hollande, et que rien ne saurait empecher, entre autres, le Cabinet de Florence de déléguer des représentants à un parlement douanier qui se réunirait à Paris.

Dans ces circonstances, il est permis de croire que c'est l'Empereur lui meme qui a enrayé le char de l'Etat dans une voie aussi dangereuse au moment où il lui convient de rallier les suffrages des électeurs dont la grande majorité semble dévouée au triomphe des idées pacifiques. En attendant, il est certain que l'incident belge n'est pas clos. Le compromis énoncé dans le protoco.le n'a pour but que de trainer les choses en longueur, et de parer, pone le moment, à un échec trop manifeste de la France dans un equestion où elle s'était avancée avec cette légèreté dont elle a déjà donné plus d'une preuve.

(l) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza. (2) -Da ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. Il, pp. 1414-1415. (3) -Montemar.
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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 1373/592. Londra, 2 maggio 1869.

Deggio confessare che poco m'aspettava l'ultima volta ch'ebbi l'onore di rivolgerle un rapporto sulla quistione di Tunisi (18 aprile) (1), in cui io diceva non esservi nulla di deciso ancora circa la soluzione di quella vertenza, che alcuni giorni dopo avrei dovuto annunziarle essere di nuovo l'antico progetto di commissione del Marchese di Moustier quello che veniva sostenuto dal Gabinetto delle Tuileries e che l'Inghillterra, o stanca di combatterlo o mossa da un sentimento di condiscendenza verso la Francia, finiva per accettare.

Infatti il modo col quale Lord Clarendon s'era espresso circa la precitata proposta e la spontaneità con la quale m'aveva incaricato di pregare l'E. V. di fare un controprogetto mi dava certamente ·campo a sperare una soluzione ben diversa da quella in cui pare sia ora addivenuto.

La lettera di Lord Lyons che di recente Lord Clarendon gentilmente comunicavami pur contribuiva a mantener viva siffatta speranza, e che il Marchese di La Valette si mostrasse poco favorevole alle idee del suo precedessore mi veniva anche confermato dal linguaggio di questo Ambasciatore di Francia, il quale ordinariamente cieco difensore degli atti del suo Gove•rno, mi parlava in questa occasione del progetto del Marchese di Moustier come di cosa che non incontrasse tutta l'approvazione del Ministro Imperiale degli Affari Esteri.

Ella venne da me informata per telegrafo addì 22 dello sco.rso mese (l) che essendomi recato da Lord Clarendon per annunziargli, secondo la di Lei segnalazione telegrafica del giorno 20 (2), l'operazione finanziaria sanzionata dal Bey per l'unificazione del consolidato 5% a detrimento delle conversioni -notizia che Mylord tuttora ignorava -egli mi disse d'avere ricevuto avviso da Parigi che il Marchese di La Valette, riconosciuta l'impossibilità di liberarsa. dagl'impegni assunti dal suo predecessore per l'assetto della vertenza tunisina aveva infine dovuto decidersi a mantenere lo schema da lui ideato d'una commissione suddivisa in due sezioni, a cui l'Inghilterra aveva fatto adesione.

Il Segretario di Stato mi parve ansioso di scusarsi presso di me per questo repentino cambiamento.

Egli mi esternò che essendo già stata questa proposta francese accettata da Lord Stanley, non era in suo potere di rifiutarla ora che il Governo imperiale pareva nella impossibilità d'indietreggiare davanti ad impegni già presi solennemente. Mi accertò che a tutela dei crediti anglo-ita.Uani avrebbe domandato ogni più seria guarentigia. Vale a dire che avrebbe richiesto che la sezione internazionale deHa commissione eser;citasse un ufficio di vero controllo, che da essa fosse rigorosamente escluso il funzionario francese facente parte della sezione amministrativa tunisina, che ogni contratto anteriore venisse rispettato, che infine ognuna deLle nazionalità interessate fosse eguaJmente rappresentata in seno alla sezione di controllo da membri appartenenti alle rispettive colonie locali ed eletti dai loro connazionali.

Sua Signo.ria mi disse quindi, siccome V. E. già sa, d'aver dichiarato al Governo francese che il suo consenso non poteva venire considerato come definitivo fintantoché l'Italia avesse pure dato il suo. Nel tempo stesso Mylo<rd mi pregò d'assicurarLa, signor Conte, che ove si fosse affacciata una soluzione migliore egli non avrebbe esitato ad adottarla; ma che dopo tante dilazioni non vedeva altro mezzo d'uscire dalle complicazioni di questa ingrata controversia.

Io non mancai d'esprimere la dolorosa sorpresa che tali notizie producevano in me al momento appunto in cui parevami lecito sperare che l'Inghilterra mossa dal>l'.interesse che comune ha a Tunisi con l'Italia avrebbe fatto trionfare a Parigi le nostre proposte, le quali ben meglio avrebbero guarentiti i diritti dei sudditi delle due nazioni. Dichiarai inoltre al nobile mio interlocutore che av.rei subito portato queste cose a conoscimento dell'E. V., ma che non ero in grado di dire in qual guisa siffatto ritorno all'antico programma del Marchese di Moustier sarebbe stato da Lei accolto, dopo gli sforzi che avevamo fatto per dimostrarne i pericoli e l'ingiustizia.

Mi accomiatai quindi rammentando a~ Sua Signoria di porre ben mente al modo in cui avrebbe richiesto le guarentig·ie del Governo francese di cui mi faceva parola, qualora avesse realmente da trionfare il progetto delle due commissioni, ciò che ancora avevo ripugnanza a credere, e chiamai specialmente la sua attenzione sullo sconcio che risulterebbe dalla presenza nella sezione tunisina amministrativa d'un funzionario imperiale non prosciolto da ogni suo vincolo governativo.

Due giorni dopo diedi lettura e lasciai copia al Ministro della Regina de,! di Lei dispaccio n. 163 (1), annunziandogli contempomneamente in conformità del telegramma di V. E. delli 23 (2) che una comunicazione identica essendo stata rivolta al Gabinetto francese, il Governo del Re aspettava la risposta di quest'ultimo prima di passare a novelle risoluzioni.

A spiegazione della condotta del Governo inglese in questa circostanza non è fuor di proposito ch'io qui sottoponga alcuni riflessi all'attenzione dell'E. V. In primo luogo Lord Clarendon pare avere la convinzione che le finanze tunisine siano in sì cattivo stato che qualunque possano essere i provvedimenti che saranno adottati sarà impossibile che si trovino fondi bastanti da soddisfare tutti i crediti esteri. In secondo luogo, io ho avuto spesso occasione di rassegnare all'E. V. come l'Inghilterra possedendo su quasi tutti i punti del globo ave esistono Governi falliti, dei sudditi i quali spinti dal desiderio d'enormi guadagni danno ad imprestito i loro .capitali a Stati rovinati ed insolvibili nella speranza d'essere sostenuti dal loro proprio Governo, s'è trovata alfine costretta a prendere il sistema di lasciare in massima a codesti speculatori la piena responsabilità dei loro atti e delle conseguenze che da essi panno derivare. Da ultimo poi, conviene dirlo f.rancamente, finora i commercianti inglesi interessati nelle finanze della Reggenza hanno ben poco cercato ad esercitare una pressione sull'animo di Mylord, onde impetrare il suo appoggio per la difesa dei loro diritti. Sua Signoria giunse persino a dirmi che, tranne io, nessuno gli avea parlato degli affari della Tunisia da che era giunto al potere.

Queste cose faranno comprendere all'E. V. perché Lord Clarendon si mostri sì tiepido in una quistione alla quale noi annettiamo tanta importanza.

Dell'arrendevolezza spiegata dall'Inghilterra verso la Francia molte ne sono purtroppo le cause. Fin dai tempi di Lord Stanley io mi proeccupava dell'indifferenza dimostrata dal Governo britannico verso la politica aggressiva della Francia sulle coste africane del Mediterraneo. Ma lasciando anche questa considerazione in disparte quante sono le ve.rtenze in cui la Gran Bretagna ama d'avere seco il Gabinetto delle Tuileries, e di conservare il diritto di dargli un consiglio! Non è così per esempio nella quistione d'Oriente ed in quella recente del Belgio?

Queste ragioni accoppiate alla poca attività dei creditori inglesi del Bardo, gettano molta luce sull'attitudine del Governo britannico nella controversia di Tunisi.

(l) Cfr. n. 258.

(l) -Cfr. n. 266. (2) -Cfr. n. 266, nota l. (l) -Cfr. n. 249, inviato a Londra con numero di protocollo 163. (2) -Cfr. n. 267.
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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 1374/593. Londra, 2 maggio 1869.

* Col pregiato di Lei dispaccio di questa serie n. 153 (1), Eila chiedevami di procurare di sapere quale impressione avesse prodotto sopra questo Governo la notizia delle separate trattative aperte dall'Agente di Francia in Egitto intorno alle riforme giudiziarie di quel paese.

Appena ne ebbi l'opportunità, tenni di ciò discorso con Lord Clarendon, il quale mi disse d~ averne bensì avuto conoscenza nel tempo, ma che il progetto Francese appoggiato al Cairo dal Signor Poujade essendo principalmente dovuto all'ispirazione del Marchese di Moustie.r, era sua opinione che dopo la morte di lui fosse stato abbandonato dal Marchese di La Valette * (2). In conclusione, Mylord mi palesò che questi negoziati appartenevano al passato, e che per ora non eravi nulla di nuovo circa codesta questione. Si fu in quel giorno che Sua Signoria commise quella confusione tra gli affari d'Egitto e quelli di Tunisi che m'indusse sì completamente in errore circa la comunicazione da Lui rivolta a Sir Augustus Paget intorno a questi ultimi. Quantunque vittima d'un equivoco di Lord Clarendon, non pertanto chiedo umilmente scusa all'E. V. del malinteso contenuto nel mio telegramma dem 13 dello scorso mese <1).

A termini dell'altro pregiatissimo di Lei dispaccio n. 158 (3) * io esposi al Ministro Inglese come in questo affare noi eravamo d'avviso che non si dovesse dare un carattere politico alle innovazioni che si volevano introdurre, e che avevamo la convinzione che la comunanza di vedute esistente tra l'Italia e l'Inghilterra avrebbe contribuito a f,rustrare qualunque tentativo che a tale effetto si cercasse di Lord Clarendon, non pertanto chiedo umilmente scusa all'E. V. del malinteso

* Essendosi perciò il Governo del Re, al pari di quello della Regina dichiarato in favore di una Commissione Internazionale incaricata di studiare le proposte riforme e di formulare quali modificazioni si potrebbero fare allo schema presentato, era nostro desiderio di essere tenuti a giorno dei passi che l'Inghilterra fa in questa questione, la cui soddisfacente soluzione dipendeva in gran parte dal buon accordo del Gabinetto di Firenze con quello di Londra.

Sua Signoria fece buona accoglienza a tali mie dtchiarazioni; disse che il Governo inglese non aveva infatti altro scopo che quello di vedere a migliorarsi l'amministrazione della giustizia in Egitto senza alterare le sue istituzioni politiche, e che gli riusciva gratissimo di sentirsi a ripetere ch'era intenzione nostra di non scostarci dalla linea di condotta che in questo l'Inghilterra si era tracciata.

Trovandomi intanto alcuni giorni dopo dall'Ambasciatore di Francia, ricevetti da lui informazione che l'Inghilterra aveva defintivamente consentito a

(-3) Cfr. n. 200.

farsi rappresentare nella Commissione predetta, la quale dovrà in un periodo più o meno lontano assembrarsi. n Principe de La Tour d'Auvergne, che considerava questo come un passo molto importante, ebbe la gentilezza di leggermi un dispaccio del Marchese di La Valette a questo riguardo, in cui il Ministro Imperiale degli Affari Esteri prendeva atto di siffatta risoluzione del Governo inglese non che della sua disposizione ad accettare per base il rapporto o studio preliminare delle proposizioni di Nubar-Pacha stato fatto originariamente da una Commissione sedente aJ Ministero degli Affari EsterJ in Parigi. * Io conosceva da molto tempo l'esistenza di questa commissione F,rancese e fin dal 25 Gennajo dell'anno scorso ne faceva menzione col mio rapporto politico n. 366 (l).

Tale lavoro venne comunicato al Foreign Office in dicembre ultimo.

Ecco quali erano le notizie che mi dava l'Ambasciatore di Francia, mentre poco tempo prima Lord Clarendon m'avea detto che nessun nuovo incidente era insorto nel corso della pendenza in parola.

Impaziente di verificare come stessero realmente le cose * decisi di interrogare nuovamente il Segretario di Stato. Effettivamente Sua Signoria mi affermò che aveva accettato di mandare un rappresentante presso la Commissione, ma che non avendo egli mai celato questa sua intenzione e non essendovi nulla di fissato intorno alla riunione di essa, non considerava che pel semplice fatto di questa sua accettazione la ve,rtenza avesse progredito * (2).

Chiesto allora a Mylord se fosse esatto che avesse pure acconsentito a prendere il precitato rapporto francese per base delle future deliberazioni, egli mi rispose: « Non me ne rd.cordo precisamente, ma siccome è * deJ tutto indifferente quale sia il documento sul quale si apriranno i lavori della Commissione, scopo di questa essendo solo di discutere e studiare la questione delle progettate riforme sotto tutti i suoi aspetti, rimanendo libera ogni Potenza in essa rappresentata di respingere o no le conclusioni *, può darsi benissimo che discorrendo di ciò col Principe di La Tour d'Auvergne, io non mi sia dimostrato contrario all'idea di prendere per base di discussione lo studio preliminare fatto fare dal Governo francese ».

Non mi fu possibile di avere alcun cenno al Foreign Offi.ce circa il tenore di siffatto rapporto. Ma a giudicarne dal fatto che mentre, come dissi più sopra, l'Ambasciatore di Francia accordava molta importanza alla determinazione definitiva del Governo inglese di prender parte alla Commissione, egli pareva far sì poco caso della sua condiscendenza relativamente a detto rapporto, che in verità desso non deve possedere molta rilevanza agl'occhi del Governo Francese medesimo.

Circa poi l'epoca della riunione di essa Commissione, non sono in grado di dir nulla di positivo all'E. V., a questo proposito però solo aggiungerò che il Colonnello Stanton Console Generale Britannico al Cairo chiese recentemente al Foreign Office l'autorizzazione di venire in Inghilterra in congedo, e questo, da quanto Lord Clarendon mi confidò, gli venne concesso sotto condi

zione di esser pronto a ripartire per la sua residenza ad ognl istante, potendo essere la sua presenza in Egitto richiesta da un momento all'altro dall'adunanza della medesima.

Memore di quanto l'E. V. una volta mi scrisse su questo particolare, palesai a Mylord che meglio varrebbe ad assicurare l'indipendenza dei rappresentanti esteri, se gli stessi non fossero scelti dalle Potenze tra i loro Agenti nel Vice Reame, potendo in caso contrario la loro azione essere in mille guise inceppata da considerazioni d'ordine locale.

Sua Signoria mi confessò che tale questione non gli si era ancora affacciata, ma credo che, stando al credito di cui gode il Colonnello prefato fra le alte sfere del Foreign Office, siffatta missione verrà a lui confidata.

* In massima d'accordo sulla utilità di una riforma, i Governi d'InghHterra e di Francia differiscono però in più d'un punto secondario, sebbene io sia d'avviso che bramino entrambi di procedere per quanto possibile in comune in que:;ta contingenza *.

Eccole, Signor Conte, la conferma dei telegrammi da me spediti ultimamente all'E. V. intorno ad una vertenza di sì gmn momento, e ritengo che quanto precede possa essere riguardato come la fedele esposizione dello stadio in cui trovansi i negoziati per le sì spesso menzionate riforme giudiziarie d'Egitto.

(l) -Non pubbllcato. (2) -I brani fra asterischi sono editi in L V 21, pp. 35-36. (l) -Non pubblicato. (2) -In LV 21, il periodo seguente è sostituito da: «Le risposte d! Mylord circa il suo consenso d! prendere il rapporto francese come base delle del!beraz!on! della Commissione !n Egitto. tolgono molta Importanza a questo fatto. Sua Signoria ritiene che sia».
297

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 1377/595. Londra, 3 maggio 1869.

Non avendo più avuto occasione di scriverle riservatamente ho dovuto rimettere fino ad oggi la trasmissione di alcuni cenni relativi al delicato argomento che da me venne trattato col mio rapporto di questa Serie n. 587 (1).

Incontrato Lord Clarendon due giorni dopo che siffatto rapporto veniva da me indirizzato all'E. V., egli mi prese in disparte e facendo allusione alle conversazioni che fra di noi avevano avuto luogo circa l'attitudine del Governo del Re nella quistione della nazionalità ottomana, mi tenne il linguaggio che qui appresso cercherò di riferirle il più testualmente possibile:

«Vogliate, vi prego, far conoscere al Conte Menabrea », disse Egli, «ch'è ben !ungi da me il pensiero di volere influenzare la sua politica o di pretendere di dare alla medesima o questo o quell'altro indirizzo. Il Governo italiano è libero ed indipendente quanto altri mai di scegliere la via che gli conviene. Solo comprenderete che, mentre m'avete dichiarato essere vostro interesse e vostro desiderio d'associarvi alla politica dell'Inghilterra nell'Oriente, mentre vi conviene far causa comune con noi in Egitto e nella Tunisia, sia stata una

dolorosa sorpresa per me il vedervi atteggiare in modo sì repentino e spiegato verso le idee russe -idee cotanto contrarie al mantenimento della pace -e ciò senza consultarmi, senza uno scambio di comunicazioni di sorta col Governo della Regina». Io esternai a Mylord il rincrescimento che provavo nel sentirlo ad esprimersi in tal guisa; gli dissi che avrei certamente riferito le sue parole all'E. V., ed aggiunsi che desse mi provavano una volta di più quanto spesso accada che alcuni atti altrui, sebbene ispirati dalle migliori intenzioni, vengano erroneamente interpretati. Riserbandomi quindi di difendere ulteriormente in altra occasione la nostra condotta, non permettendolo tl luogo ove ci trovavamo in quell'istante, protestai energicamente contro la supposizione che da noi si potesse parteggiare per la politica agitatrice della Russia.

Se nella passata amministrazione Tory, Lord Stanley presentava il fenomeno d'un membro radicale, nell'attuale Gabinetto liberale Lord Clarendon offre purtroppo quello d'un ultra-conservatore; da ciò i suoi sospetti e i suoi falsi giudizi sulle tendenze avanzate di certi Governi.

Nel palesarle, Signor Conte, il dispiacere che risento d'essere costretto ad adempiere il triste dovere di riJpeterle queste viv.e espressioni del Ministro Inglese, non posso non osservare dal mio canto che deve esserci di conforto che la grande ira di Lord Clarendon è anch'essa chiarissimo indizio del forte interesse e direi quasi bisogno che ha il Gabinetto di St. James di mantenere comunione di mezzi e di fini con noi nelle pratiche diplomatiche da esercit.arsi in tutto il Levante.

Credo di avere ora completamente :ragguagliato l'E. V. non solo sulla opinione degli uomini di Stato, ma su quella del pubblico di questo paese nelle quistioni d'Oriente, e se il Governo del Re crede conveniente di determinarsi a una parità d'azione con la Gran Bretagna, ciò non dipenderà che dall'alto volere dell'E. V.

(l) Non pubblicato.

298

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1503. Berna, 4 maggio 1869, ore 10,30 (per. ore 13,45).

Le président de la Confédération auquel j'ai donné lecture de la dépèche de V. E. du 26 avril (l) et communiqué la téneur du memorandum qui y était annexé, m'a promis de provoquer du Conseil fédéral la résolution interdisant dorenavant le séjour du Tessein à Mazzini et complices. Le président désire qu'il soit bien établi que la Suisse n'a pas attendu la réclamation de l'Italie pour remplir dans cette occasion devoir de bon voisinage.

(l) Cfr. n. 276.

299

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 471. Firenze, 4 maggio 1869.

Il signor di Malaret mi diede lettura avant'ieri d'un dispaccio del suo Governo in risposta alla proposizione da noi fattagli relativamente agli affari di Tunisi.

Il Ministro imperiale degli affari esteri insiste perché anche l'Italia accetti la proposizione altra volta fatta dalla Francia e già gradita dall'Inghilterra. Questa proposta sarebbe quella che formò già l'oggetto di varie conversazioni della S. V. col signor di Moustier e di un mio colloquio ool signor di Malaret senza che peraltro si giungesse mai a .ridurre a proposizioni concrete e precise le idee di quel Ministro Imperiale degli affari esteri. A tale fine si era progettata la riunione dei segretarii delle rappresentanze diplomatiche d'Inghilterra e d'Italia con un funzionario del Ministero degli Affari Esteri di Francia, acciocché di concerto fra di loro lavorassero a formulare quelle proposizioni. Questa riunione come Ella sa, non venne poi mai effettuata, sicché delle proposte del Gabinetto delle Tuileries non si sentì più a parlare per varii mesi.

Ciò premesso, io non ebbi difficoltà a spiegare al signor di Malaret che la proposizione che avevamo fatto alla Francia era stata appunto suggerita dal Gabinetto inglese al quale, sino dal mese di febbraio, avevamo fatto conoscere le nostre idee al proposito. Lord Clarendon, pnchi gJorni prima che la vertenza tunisina formasse oggetto di discussione innanzi al Corpo legislativo di Francia, c.i facea sollecitare di presentare ufficialmente al Gabinetto delle Tuileries le proposte che noi avevamo delineato nelle nostre comunicazioni del febbraio.

Quindi io dissi al mio interlocutore che la proposta alla quale ora rispondeva il signor di La Valette dovea essere considerata come l'espressione dell'accordo formatosi fra i Governi d'Italia e d'Inghilterra, a fronte del silenzio osservato da molto tempo dalla Francia, malgrado che le condizioni finanziarie della Tunisia rendessero sempre più urgente il deliberare sovra il partito da adottarsi.

Poscia soggiunsi che il Governo del Re avea accettato in principio il progetto del Governo francese, che certamente non disdirebbe quella sua adesione subordinata però sin dal primo giorno a varie riserve che il Governo del Re sarebbe chiamato a prendere nel controllo dell'amministrazione finanziaria della Reggenza e sovra tutti quegli altri argomenti che avevano formato oggetto di osservazioni da nostra parte. Mi applicai in seguito a far comprendere al signor di Malaret che la proposta che noi stessi avevamo fatta non escludeva in alcuna guisa i provvedimenti che pel tratto successivo le Potenze stimerebbero utile di adottare. Noi proponevamo in sostanza una commissione d'inchiesta per avere un rapporto esatto della situazione finanziaria ed economica della Tunisia. Una simile inchiesta è divenuta oggidì il primo ed indispensabile lavoro al quale dovrà applicarsi la commissione, sia che le si voglia attribuire funzioni permanenti, sia che si giudichi più oppo,rtuno affidarle un mandato puramente temporario. Non vi ha dubbio a parer nostro che dopo la dichiarazione contenuta nell'ultimo decreto del Bey di non potere soddisfare integralmente agli impegni contratti, un'inchiesta sia diventata indispensabile. In vista poi dell'urgenza di provvedere a questo bisogno e della necessità di mettere termine prontamente all'agitazione gravissima cagionata dalla notizia dal contratto stipulato recentemente dal Bacrdo col signor Pinard, noi av.remmo stimato più vantaggioso per tutti riservare ogni altra questione attinente all'amministrazione futura della finanza tunisina, limitando per ora l'opera delle Potenze a ver1ficarne esattamente ed ufficialmente lo stato presente, acciò si possa avere la base indispensabile per apprezzare in quale misura il Governo del Bey possa venire costretto ad osservare i varii e molti impegni da loro assunti.

Noi siamo del resto, diss'io al signor Malaret, disposti a prendere in sollecita considerazione anche il progetto francese appena il medesimo ci venga comunicato regolarmente in un documento scritto, del quale si possa prendere accuratamente cognizione per quindi sul medesimo appoggiare una ben ponderata deliberazione. La necessità di questa comunicazione pare d'altronde sufficientemente dimostrata dall'essere rimaste senza esito alcuno tutte le trattative anteriori appunto perché il Governo del Re non potrebbe in un affare di tanta importanza impegnarsi senza avere esatta cognizione delle proposizioni alle quali verrebbe ad aderire.

Senonché oggi stesso il signor di Malaret essendo ritornato da me, mi sollecitò di nuovo accioché il Governo del Re pigliasse una pronta determinazione, per facilitare le nostre deliberazioni a tale riguardo egli mi rimetteva un suo foglio di cui qui unito Ella troverà l'originale.

Noi siamo ben riconoscenti verso l'Inviato francese per così cortese comunicazione, ma non possiamo a meno d'osservare che per potere dare una risposta che contenga tutte le idee del Governo del Re ed in ogni caso abbastanza concreta per poter servire di base alle pratiche che dovrebbero condurre a positivi accordi fra le Potenze, è desidembile che il Governo francese ci faccia comurucazione di progetto completo in quella forma che in simili negoziati è adottata fra i Gabinetti. Noi prenderemo allora in considerazione la nota che il signor di La Valette ci farà comunicare ed egli può andar sicuro che, animati come siamo di un vero spirito di conciliazione, metteremo tutto l'impegno a far sì che Ui.1 accordo possa facilmente stabilirsi fra le Potenze sovra basi giuste ed ugualmente accettabili da tutti gli interessati.

Intanto ho stimato necessario far osservare ai signor di Malaret, e lo ripeto qui a Lei, ch'io non credo che la vertenza tunisina potrà essere definitivamente composta fra i soli Gabinetti di Londra, Firenze e Parigi. In nome degli interessi tedeschi impegnati nelle operazioni di credito della Reggenza tunisina, la Prussia ha già mostrato voler essere associata a quanto le altre Potenze vorranno fare per guarentire gli interessi dei loro sudditi rispettivi. Sembrerebbe d'altronde che questi interessi siano realmente abbastanza importanti per merita·re l'attenzione del Gabinetto di Berlino. Questo ha già fatto anche presso il Governo francese quelle pratiche che erano necessarie per riserbarsi di pigliare nella definitiva so~uzione della vertenza tunisina quella parte che gli assegnerebbero gli interessi che è chiamato a tutelare. Noi comprendiamo che sempre più difficili riescono gli accordi quanto più numerose sono le parti che vi debbano prendere parte, ben conosciamo che la costituzione d'una commissione riuscirà ancor più malagevole se troppo numerosi ne debbono essere i membri; ma tenendo conto delle trattative anteriori, noi siamo d'avviso che non si possa ora omettere di invitare il Gabinetto di Berlino ad associarsi all'opera comune e concorde delle Potenze principalmente interessate per il riordinamento finanziario della Tunisia.

La prego di esporre tutte le cose contenute in questo mio dispaccio in una prossima conversazione con S. E. il Marchese di La Valette rinnovandogli l'assicurazione del nostro vivo desiderio di veder terminata questa vertenza con reciproca soddisfazione di tutti i Governi.

ALLEGATO

MEMORIA RIMESSA DAL BARONE DI MALARET

Les dèlégués destinés à faire partie du comité de contròle devraient étre désignés par les intéressés eux-memes. Les trois nationalités italienne, anglaise et française seraient seules représentées dans le comité. Le nombre des délégués de chacune des trois nationalités serait limité à deux. On établirait nettement l'incompatibilité des fonctions respectivement attribuées aux membres des deux comités.

300

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

D. 472. Firenze, 4 maggio 1869.

Il giorno 1° del corrente mese mi venne data lettura dal signor di Malaret di dispaccio del suo Governo portante la data del 17 aprile e relativo alle riforme giudiziarie progettate in Egitto.

Contemporaneamente l'Inviato Francese mi consegnava un esemplare della re-lazione della Commissione appositamente r,iunita in Parigi per lo studio della quistione e per l'esame delle proposizioni fat~e dal Governo egiziano ai vari Gabinetti d'Europa.

Accostandosi alle idee già manifestate dalla maggior parte dei Governi interessati il signor d~ La Valette ci fa sapere che il Gabinetto delle Tuileries aderisce al progetto di una Commissione internazionale da riunirsi in Egitto per farvi anzi tutto un'inchiesta sulle condizioni vere del paese al punto di vista delle riforme che sarebbe possibile introdurre nelle istituzioni giudiziarie di quel paese. Il Governo Imperiale desidererebbe che il lavoro fatto dalla Commissione francese fosse preso come base degli studi e delle indagini che

dovrebbe intraprendere la Commissione internazionale. A questo effetto 11

Gabinetto di Parigi avrebbe anzi interpellato quello di Londra e ne avrebbe

avuto risposta affermativa subordinata però a due condizioni cioè: 1° che ogni

governo conservi la piena ed assoluta libertà di apprezzamento; 2° che le idee

emesse dalla Commissione francese abbiano ad essere considerate come base,

ma non come limite della discussione che verrebbe aperta, e che potrebbe

quindi estendersi secondo le circostanze ad ogni argomento riflettente le

progettate riforme.

Ho ringraziato il signor di Malaret della comunicazione che egli mi faceva e gli ho detto che vedevamo con piacere che la Francia si fosse accostata alle idee che noi avevamo emesse sino dall'epoca in cui il Governo egiziano cl avea fatto fare le sue proposte per mezzo di Nubar Pacha. Non avendo dal canto nostro alcun motivo di mutare parere in questa quistione, potevamo oggi come allora dichiararci pronti a farci rappresentare in una Commissione internazionale la quale avrebbe però un mandato puramente consultativo ed alla quale ci sembrava per conseguenza doversi lasciare molta libertà, tanto riguardo alla direzione quanto riguardo ai limiti degli studi e dei lavori da eseguirsi.

Avendo poscia esaminato sommariamente il rapporto della Commissione francese, mi parve che quello fosse un pregevole lavoro di molta utilità per rischiarare vari punti sin qui rimasti alquanto oscuri nelle questioni sulle quali i Governi desiderano ancora essere illuminati. Per ora non reputerei necessa,rio emettere un'opinione sulle conc~usioni della Commissione francese. Ciò richiederebbe uno studio speciale delle medesime, studio che non può essere improvvisato. D'altronde nei lavori che la Commissione internazionale dovrebbe eseguire essa stessa si terrà conto certamente di quelle conclusioni e noi siamo convinti che l'opera dei commissari europei faciliterà grandemente la soluzione di una vertenza sulla quale è oramai indispensabile che le Potenze abbiano a deliberare non foss'altro per far cessare uno stato di incertezza molto pregiudizievole alla buona amministrazione della giustizia ed al disbrigo di molti affari in Egitto.

Riassumendo quindi le cose dette in questo mio dispaccio io La autorizzo a far conoscere a S. E. il Marchese di La Valette che il Governo di Sua Maestà aspetta che quello del Vicerè lo convochi alla Conferenza da lui già accettata da molto tempo e che noi siamo perfettamente d'accordo colla Francia e coll'Inghilterra sul mandato da affidarsi alla Conferenza medesima, mandato che deve limitarsi ad una inchiesta sulla convenienza di adottare le riforme giudiziarie suesposte.

La S. V. osserverà però al Ministro Imperiale degli Affari Esteri che anche noi, come l'Inghilterra, riputiamo che il mandato essendo puramente consultivo, non convenga imporgli troppo stretti limiti circa gli argomenti che possono venire in discussione (1).

«Il signor Rouher osservò a sua volta che veramente, nel pensiero del Governo francese, non vi sarebbe stata utilità ad oltrepassare nelle future discussioni i limiti delle materie trattate dalla commissione francese, e riservò l'opinione del suo Governo in questo punto~

23 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. XI

(l) Ed. !n L V 21, pp. 34-35.

(l) Con R. 858 del 15 maggio Nigra comunicò di aver dato notizia a Rouher del contenuto di questo dispaccio e riferì: _ ..

301

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO, CENTURIONE,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. VII. Monaco, 4 maggio 1869.

Il corriere di Gabinetto mi ha rimesso jeri l'interessante corrispondenza indirizzata a questa R. Legazione e mi son tosto affrettato a dare corso agli affari ivi menzionati.

A tal uopo mi resi dal Principe Hohenlohe al quale diedi oggi lettura del dispaccio di V. E. n. IV di questa serie in data 19 aprile (l) come pure del dispaccio del 30 aprile, annesso alla Circolare della stessa data (2), nel quale sono sviluppate le idee del R. Governo circa la condotta da seguirsi riguardo al convocato Concilio ecumenico. Tanto del dispaccio n. IV che di quello del 30 aprile lasciai copia a questo Ministro degli Affari Esteri, il quale mi ha incaricato di porgere a V. E. i suoi ringraziamenti per quelle importanti comunicazioni.

Sua Altezza si mostrò meco assai soddisfatta della premurosa accoglienza che si fece dal R. Governo alla sua proposta di concertarsi onde prevenire i tristi effetti di decisioni sovversive che portessero adottarsi dal Concilio ecumenico contro il potere civile e mi soggiunse che si lusingava di vedere pure accettate le nostre idee dagli altri Governi europei come il solo mezzo onde imporne alle esigenze inconsiderate dalla Curia Romana.

Chiamai allora l'attenzione del Principe Hohenlohe sopra i sette punti principali sviluppati nel dispaccio di V. E. del 30 aprile come le basi sulle quali si potrebbe stabilire l'accordo preliminare tra i Governi onde formolare m quel senso una dichiarazione solenne che valesse a ben precisare i diritti ~he essi intendono far rispettare dalla Chiesa: ed appoggiandomi sulle autorevoli parole di V. E. e su quelle poco prima raccolte dalla bocca stessa di un famoso teologo che riveste qui una delle più alte dignità dello Stato, insistetti presso il Principe di Hohenlohe sull'urgenza in cui trovavansi i Governi di concertarsi sopra questa dichiarazione e protestare in tempo contro ogni decisione che o per acclamazione all'aprirsi del Concilio o per altro genere di sorpresa venisse, senza esame preUminare, ammessa da quell'assemblea.

Sua Altezza mostrò dividere meco tali apprensioni ed è pur compreso della necessità dei Governi di prevenirne a tempo gli effetti. In quanto alle basi del futuro accordo alle quali accenna il dispaccio di V. E. del 30 aprile mi disse prenderle in ser1a considerazione ma in quistioni sì gravi non voler pronunciarsi senza prima consultare persone specialmente versate in tale materia. Che però, in quanto all'articolo 5 cioè che «nessuna risoluzione conciliare possa aver forza né vigore, ove non venga accettata e promulgata dallo Stato» non aver difficoltà a dare la sua adesione perché conforme al diritto

pubblico vigente nel regno ed al concordato che regola i rapporti tra la Ba

viera e la Santa Sede.

Passando poscia ad esaminare l'accoglienza che la proposta bavarese aveva incontrato presso i principali Gabinetti, il Principe di Hohenlohe mi disse esserle stata in massima favorevole il giudizio del Gabinetto delle Tuileries ma che il Marchese La Valette nel mentre lo encomiava per l'iniziativa presa, si era riservato far conoscere le ulteriori intenzioni del Governo imperiale in merito alla medesima; a Vienna esse.rsi mostrati molto riservati ed il Conte Beust aver insistito sulla necessità di evitare di prendere misure intempestive, solo la Prussia essere pienamente d'accordo colle viste enunciate dalla Baviera.

Questo Ministro degli Esteri chiuse il suo colloquio coll'affermarmi che troppo era compreso della gravità della situazione per omettere di fare quanto valga ad agevolare l'esito della sua proposta ma che la posizione della Baviera gl'incombeva l'obbligo di attendere di conoscere le intenzioni definitive dei diversi Gabinetti sul concerto da prendersi, avanti di rispondere adeguatamente alla comunicazione che ebbi l'onore di fargli a nome di V. E.

Fra i motivi che decidono questo Governo a porre qualche ritardo nel far conoscere le sue idee in tale questione debbo annoverare, il timore di vederle porre a profitto a suo danno dal partito ultramontano ne:lle prossime elezioni.

Il principe Hohenlohe è partito quest'oggi in congedo per dieci giorni per la sua campagna di... (1).

(l) -Cfr. n. 260. (2) -Cfr. nn. 286 e 287.
302

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSLGLIO E 1\UNISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (2)

T. Parigi, 5 maggio 1869.

M. Rouher et le marquis de La Valette m'ont remis le projet (3) que je vous ai télégraphié (4). On y a joint un projet de protocole portant que les traités tout en étant obligatoires dès à présent seront seulement paraphés par les Souverains; qu'ils recevront les signatures et les contresignatures dans le délai de quatre mois. L'Empereur Napoléon est disposé à l'accepter pour sa part tout en trouvant le projet autrichien défectueux. Toutefois comme le Gouvernement français prévoit, d'après mes observations qu'un semblable projet ne serait pas accepté tel quel par l'Italie, on m'a prié d'en suspendre l'envoi.

M. Rouher s'occupe de l'améliorer; s'il réussit, M. Vimercati partirait pour vous porter la nouvelle combinaison qui, bien entendu, ne sera prise que ad referendum Veuillez bien dire au Ro1 que le comte Vimercati ne lui télegraphie pas parce qu'il ne pourrait que lui répéter ce que je vous écris.

(-4) Cfr. n. 274.

(l) Il nome manca nell'originale.

(2) Da ACR.

(3) -Cfr. n. 265.
303

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1505. Berna, 7 maggio 1869, ore 17,20 (per. ore 20).

Aujourd'hui le Conseil fédéral sur la proposition du président a arreté que le séjour dans les cantons limitrophes de l'Italie sera interdi à Mazzin! aussi bien qu'à ses complices et que Mazzini ne pourra pas non plus fixer son séjour dans les cantons limitrophes de la France.

304

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 1383/5:16. Londra, 7 maggio 1869 (per. il 12).

Già coll'ultimo Corriere Inglese avea intenzione d'intrattenerla minutamente sulla parte presa dall'Inghilterra nel recente compromesso cui la Francia ed il Belgio addivennero per l'assetto della questione delle Strade Ferrate.

Altri importanti affari me lo impedirono, ed avendo avuto ora dei ragguagli ulteriori, credo che i cenni benché retrospettivi che avrò l'onore di qui esporre all'E. V., non le torneranno completamente senza interesse.

Io non entrerò affatto nel merito di questa vertenza, tal cosa non essendo compito mio, e mi limiterò puramente a considerare l'attitudine serbata dal Governo inglese in tutto il corso di queste trattative.

Se da principio la Gran Bretagna diede consigli di conciliazione al Belgio ed espresse il desiderio di vederlo dare una soddisfazione alla Francia, ben inteso entro quei limiti che la sua indipendenza e neutralità gli perme,ttevano, essa era a ciò spinta da una sola considerazione, quella cioè di togliere in futuro ogni appiglio all'Impero Francese di sollevare nuove pretese; in una parola bramava la pronta soluzione di siffatta controversia onde evitare che ai molti pericoli già esistenti nell'orizzonte politico d'Europa s'aggiungessero quelli di una questione Belga che più d'ogni altra la Nazione Inglese paventa.

Ma, come ebbi campo di riferire nel tempo all'E. V., il Gabinetto di Saint James non tardò ad accorgersi che non era sul Belgio, ma bensì sulla Francia che faceva d'uopo esercitare la sua pressione.

Ai consigli amichevoli da prima dati alle Tuileries succedettero istanze di

un carattere più esplicito. Diffatti la situazione, malgrado la presenza del

Signor Frère-Orban a Parigi peggiorava invece di avvicinarsi ad uno sciogli

mento, ed una lettera qui rivolta da Bruxelles da chi molto s'interessava all'in

tervento dell'Inghilterra e che un Membro del Ministero, di cui non mi è lecito

palesare il nome mi fece leggere, recava essere impossibile per il Belgio lo assoggettarsi alle domande della Francia, le quali, ove consentite, l'avrebbero fatto uscire dalla sua egida di neutralità, mentre l'avrebbero gravemente compromesso in faccia alla Gran Bretagna ed alla Prussia.

Questa però per bocca del suo Ambasciatore qui dichiarava essere sua ferma intenzione di rimanere fredda spettatrice di simile delicatissimo incidente senza intromettervi assolutamente la sua azione in alcuna guisa.

Intanto il Ministro Be~ga presso questa Corte era in costanti comunicazioni con Lord Clarendon, e più di una volta mi espresse l'opinione che a fronte delle esigenze francesi era inutile d'illudersi colla speranza di un accordo amichevole.

A questo punto, Lord Clarendon mutò linguaggio e s'interpose presso il Gabinetto delle Tuileries in modo molto più autorevole che non avesse fatto fino allora. In quel frattempo l'opinione pubblica di questo paese aveva avuto campo a manifestarsi, e la cattiva impressione che l'atteggiamento della Francia qui produceva diventava troppo palese perchè si potesse porre in non cale. Conseguenza ne fu che l'Ambasciatore Britannico a Parigi ricevette istruzione di adoperarsi attivamente presso il Governo Imperiale onde indurlo a desistere dalle sue inammissibili pretensioni.

Ma ciò che ebbe maggior potere di tutto sulle risoluzioni più concilianti adottate da ultimo dall'Imperatore Napoleone, furono le pratiche condotte personalmente da Lord Clarendon con il Principe di La Tour d'Auvergne. Queste· trattative vennero gelosamente circondate dal più profondo mistero, e so che Sua Signoria motteggiando disse che molti erano i membri del Corpo Diplomatico qui accreditato, i quali cercavano a scoprire da lui la verità intorno a siffatti confidenziali negoziati, ma che era risoluto a mantenerli segreti.

Quantunque non abbia creduto della mia dignità di offrire al Segretario di Stato l'opportunità di collocarmi nel novero dei precitati Agenti esteri, tuttavia ho saputo in modo non dubbio le cose che ho l'onore di riferire all'E. V.

L'Ambasciatore di Francia non poté fare a meno di dare alle sollecitazioni del Ministro Britannico tutto quel peso che meritavano, e vi chiamò sopra l'attenta considerazione del suo Governo. Egli rassegnò al Gabinetto delle Tuileries che se la Francia bramava dissipare n sentimento di diffidenza che la sua condotta in questo affare destava in Inghilterra, e se voleva evitare di lasciare una indelebile impressione di sospetto nel Governo della Regina, conveniva mutar consiglio e cessare dal chiedere al Belgio ciò che questo non poteva concedere.

Il Marchese di La Valette sebbene, da quanto mi confidò il Principe di La Tour d'Auvergne, alquanto punto da questa insistenza spiegata dalla Gran Bretagna, pur non poté a sua volta celare all'Imperatore il contenuto del dispacci che riceveva daU' Ambasciata di Londra. L'attitudine ferma di Lord Clarendon avrebbe dunque deciso S. M. Imperiale ad entrare in una nuova e più amichevole fase di cui la presente Commissione internazionale è il felice esito.

Lord Clarendon va superbo del risultato ottenuto dalla sua influenza ed il poco che trapelò nel pubblico circa siffatti negoziati produsse un ottimo effetto.

305

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 96. Tunisi, 7 maggio 1869.

Nell'andata settimana ebbi occasione di vedere di nuovo il Khasnadar nella sua villa di Cartagine. Lungo sarebbe di riferire a V. E. la nostra conversazione 2 soli punti accennerò: 1° La dichiarazione avuta che non si farebbe un passo innanzi per mettere in esecuzione il contratto Pinard aspettando la decisione delle Potenze.

2° L'appoggio realmente prestato dal Signor di Botmiliau a questa combinazione finanziaria malgrado le assicurazioni del Marchese di La Valette di aver avuto luogo la medesima ad insaputa e senza la partecipazione del Governo francese. Mi soggiunse pure che le carte di cui era latore il Comandante Bonfils, come la procura del Signor Pinard e la minuta del contratto erano state vidimate e legalizzate dal Ministero degli Affari Este.ri di Parigi, e dippiù che lo stesso Signor Botmiliau gli avea confermato le insinuazioni ricevute da altra parte, vale a dire che la presunta opposizione dell'Italia al Decreto del Bey non sarebbe stata in ogni caso che apparente, come pro forma qualunque protesta fosse venuta dalla medesima.

Queste stesse cose mi furono ripetute dal Bey sabato scorso alla Goletta, ove per espresso suo invito fui a vederlo, e se devo prestar fede ad entrambi, la Francia in questa circostanza avrebbe, come suoi dirsi gettata la pietra e nascosta la mano, come del resto è andata sin qui praticando in tutte le faccende di Tunisia per riuscire in un modo o nell'altro nel suo intento. E prova ne sia che non più tardi di jeri il Signor di Botmiliau mi assicurava di trovarsi tuttora senza istruzioni, per cui era obbligato a mantenersi nella stessa riserva.

Il Bey, come d'altronde usa ne' momenti difficili, mi disse poi che si confidava nell'amicizia e protezione dell'Italia, che la sua forza non era nella estensione del suo territorio e ne' suoi mezzi di difesa, ma sibbene nella posizione del paese necessaria al mantenimento dell'equilibrio e della libertà del Mediterraneo, onde non solamente l'Italia, ma l'Inghilterra erano del pari impegnate a sostenere la sua indipendenza. Ed io risposi: <<Altezza, se non separate i nostri interessi dai vostri, non vi mancherà, come sinora non vi venne mai meno l'amicizia e la protezione dell'Italia. Né vi negherò tampoco che importi grandemente a-ll'Europa la conservazione dello statu quo della Reggenza; ma vi prego di riflettere bene che l'Europa sarebbe imbarazzata a trova•re i mezzi di provvedere a questo bisogno politico in altro modo che non sia il presente, ove da parte vostra non si pensi seriamente a riformare l'amministrazione e a dare tutte le guarentigie indispensabili al mantenimento dell'ordine e della tranquillità rispettando gl'impegni presi e facendo diritto ai più giusti riclami ».

Mi sono accorto che queste parole raddolcite dal tuono il più amichevole

furono bene accolte, e che anzi fecero impressione nell'animo di Sua Altezza;

ma ciò per altro non mi soddisfa punto, perché il Khasnadar appoggiandosi

ora sulla Francia ed ora sull'Italia e l'Inghilterra, come ha fatto sin'adesso non cesserà di attraversare nel suo proprio interesse l'istituzione della Commissione finanziaria internazionale e l'introduzione delle più piccole riforme, senza di che, a mio avviso, non si verrà mai a capo di nulla.

Comunque, io mi affretto di riportare a V. E. queste nuove dichiarazioni del Bey, perché congiunte alle sempre migliori disposizioni nei creditori locali di accettare le possibili transazioni riguardo ahle conversazioni lasciano sperare che nulla venga ulteriormente a turbare l'opera delle Potenze diretta al riordinamento dell'amministrazione e delle finanze tunisine.

306

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 8 maggio 1869, ore 12,15 (per. ore 16) (2).

Jugeant propositions Aut!riche (3) inacceptables par Votre Majesté ai refusé à Empe.reur de l.es aporter à Florence. On accuse prince Napoléon d'avoir influencé le Ministère hongrois dans un sens contraire au traité. Prusse a fait offres et concessions très grandes qui pourraient coùter cher à l'Autriche. Notre position est très bonne. Communiquez cette dépeche confidentiellement au président du conseil. Vu hier Empereur, le verrai encore demain, il approuve notre conduite, et fatigué par finasseries et tiraillements Autriche proposera entente avec Italie, à tout événement. Cette dépeche sous toute réserve. Viendrai Florence aussitòt qu'aurait du précis.

307

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 406. Berlino, 8 maggio 1869 (per. il 13).

Il m'a paru opportun, dans un entretien que j'ai eu hier avec S. E. M. de Thile, de toucher quelques mots sur la dépeche réservée de V. E. en date du premier Mai n. 126 (4). En garder par devers moi le contenu, ou en d'autres termes le passer sous silence, c'eùt été me donner l'apparence que j'accordais implicitement quelque crédit aux bruits d'une certaine connivence de la Prusse aux dernières tentatives du parti mazzinien.

Il m'a donc semblé convenabJe, je dirai meme consciencieux, d'appeler confidentiellement l'attention du Sous Secrétaire d'Etat sur des rumeurs qui

se propagealent avec quelque insistance, et auxquelles dans tous les cas nous

n'ajoutions foi d'aucune manière. Nous avions pour garants non seulement Ies

sentiments d'amitié du Cabinet de Berlin, mais son esprit de Ioy~uté.

J'ai également mentionné qu'il résulterait des actes de l'instruction, qu'un prètendu officier prussien Withum aurait fait plusieurs visites dans le mois de mars échu à Lugano chez Mazzini.

M. de Thile, tout en rendant justice à notre Gouvernement qui n'hésitait pas à repousser ces calomnies, m'a exprimé son indignation égale à sa surprise que de telles rumeurs fussent colportées en Italie. Bien des accusations tout aussi fausses ont été lancées contre la Prusse, mais jamais elles n'ont été aussi loin que de mèler son nom, que de la rendre en quelque sorte complice d'assassins et de révo1lutìonnaìres de la pire espèce. On nous serait très reconnaissant de chercher à découvrir l'origine de ces odieuses insinuations, et quant au prétendu officier prussien, visiteur de Mazzini, et dont le nom n'a d'analogie qu'avec celui de la famille Saxonne des Vitzhum, il se.rait également très important que notre Gouvernement fournit quelques données plus précises à cet égard. Il existe en effet un officier prussien, un comte de Vizthum-Eichstadt capitaine dans un régiment d'infanterie, stationné à Saar-Louis, mais avant de procéder à des investigations, il faudrait savoir si tel est bien le nom de l'individu soupçonné. C'est là une affaire qu'il faut vider à fond, et de Thile nous le demande expressément, car il nous importe, à l'un comme à l'autre, que la vérité se fasse jou.r.

En vous priant, M. le Comte, de me mettre à mème de communiquer des détails ultérieurs à ce sujet, ...

(l) -Da ACR. (2) -Il telegramma reca !"annotazione: << Répétition de la Dép~che d"hler 7 mal 1869 ~. (3) -Cfr. n. 265. note. (4) -Cfr. n. 289.
308

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1506. Alessandria, 9 maggio 1869, ore 20 (per. ore 5 del 10).

Le Vice Roi est extrèmement sensible à la bonté de Sa Majesté d'accepter l'invitation pour l'ouverture du canal de Suez (l). Il partira pour l'Europe dans quinze jours. La Reine d'Angleterre, l'Empereur d'Autriche lui ont fait dire par leurs agents qu'ils seraient heureux de le voir dans leurs capitales. Je me suis assuré qu'il partirait directement pour Florence si j'en faisais autant au nom de Sa Majesté ou du Gouvernement. Je supplie V. E. de me donner cette autorisation, les résultats ne pourront ètre que bons. Veuillez me répondre le plus tòt possible (2).

(1) -Cfr. n. 256. (2) -Per la risposta cfr. n. 313.
309

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

L. P. Lisbona, 7-9 maggio 1869.

7 maggio

Faisant suite à man dépèche IV (réservée du 15 avril) (l) j'ai l'honneur d'informer V. E. que le Comte de Lavradio, après m'avoir confirmé derechef ses premières impressions et m'avoir assuré que le Memorandum romain lui avait été fort utile, m'a aussi dit qu'il compte demander pour sa mission à Rome des instructions discutées et arretées d'avance en Conseil de Ministres, attendu l'actualité du ConcHe et le ròle que doit et peut y jouer le Portugal camme l'une des quatre Cours, qui ayant fe droit de veto, ont une ingérence politique reconnue par Rome elle-meme.

Je n'ai pas besoin de dire à V. E. que je comprends d'e plus en plus, après cela, l'opportunité et l'utilité de préparer ici le terrain dans les sphères Gouvernementales pour que les instructions désirées par le Comte de Lavradio soient autant que possible conformes à nos vues.

Nous avons avant tout le Roi qui personne1lement sera notre auxlllaire. L'opinion du Pays qui meme dans les sphères cléricales est loin d'etre ultramontaine. Le Ministre du Reino, Evèque de Vizeu, qui, certes n'est point l'ami de Rome. Je crois qu'il n'y a rien à craindre non plus pour les autres Ministres, personnages libéraux et nullement empreints d'idées romaines, surtout le Marquis Sà da Bandeira, Président du Conseil.

Quant à ce dernier, depuis que le Comte de Lavradio m'a exprimé son déslr de provoquer les instructions du Conseil des Ministres, j'ai eu ces jours-ci un long entretien avec le Marquis et j'ai taché, malgré son infirmité d'oreilles, de lui développer nos idées, lui rendre compte de l'appui que nous avions trouvé chez ,le Roi, des bonnes dispositions du Comte de Lavradio, enfin tout ce que j'ai crù à propos dans notre intéret aussi bien que dans le véritable intéret de l'Eglise Elle-meme et de tous le Gouvermens en général.

Le Marquis de Sà qui est un esprit très llbéral en tout, accusé meme un peu de radicalisme, n'avait pas besoin d'etre converti et m'a tenu un langage des plus satisfaisans, en m'assurant que le Portugal n'a jamais accepté et jamais acceptera aucune ingérence romalne dans les affaires temporelles, et que de ce còté-là toute décision du Concile serait sans valeur pour ce pays meme moralement parlant, comme I'on été le Syl~abus et autres Bulles de ce genre.

Quant aux instructions à donner au Comte de Lavradio, le Marquls de Sà m'a exprimé premièrement l'idée de se concerter d'avance avec les autres trois Cours ayant le droit de veto, la France, l'Autriche et l'Espagne.

Il m'a semblé a prima facie que cette idée n'était pas bonne pour nous, car en réfléchissant aux conditions politiques actuelles de ces trois Pays,

ou je me trompe fort, ou nous n'avons rien à gagner à ce que le Portugal se mette d'accord exclnsivement avec leurs gouvernemens pour l'attitude à prendre dans le Concile.

La France, ce me semble, a tout intérèt politique à ètre prépondérante à Rome, ce qui ne peut nullement nous convenir, et l'élément clérical français, du moins la haute prélature, est plus papiste que le Pape.

L'Autriche a un grand intèrèt à ètre arnie de la France pour des futures éventualités de politique ,inte.rnationale, et malgré san libéra.Jisme gouvernemantal actuel, l'esprit clérical chez les anciens partis doit conserver un certain poids, témoin l'opposition aux lois confessionnelles.

L'Espagne, toute révolutionnaire qu'elle soit ne pourra guère à la longue ne pas tenir compte des traditions réligieuses de ses populations, ni certes s'ériger en champion anti-romain, et soit elle soit l'Autriche ne me semblent guère aptes à s'opposer par leurs vues politiques camme par les élémens qu'Elles enverront au Concile à la prépondérance française.

De tout cela j'en conclus que le Portugal ou resterait seul parmi les quatre Cours à représenter politiquement et religieusement l'élément libéral au Concile (et dans ce cas mieux vaut que ses bonnes dispositions ne soient pas discutées d'avance au risque d'ètre plus ou moins ébranlées) ou sera attiré dans l'orbite française, d'autant plus que 1es rapports personnels en hault lieu sont toujours tels que j'ai maintes fois eu occasion de !es signaler.

Tout ce raisonnement, je le répète, fut fait par mai à prima facie et camme il fallait ne pas laisser à l'idée du Marquis de Sà le tems de se développer, je crus ne pas devoir l'encourager, sauf si le Gouvernement du Roi en juge autrement à me conformer aux instructions ultérieures de V. E., n'ayant parlé que accademiquement et sans engager en rien la politique italienne.

Le Marquis de Sà parut mème frappé de mes observations quant à l'alternative où se trouverait le Portugal s'il entamait des pourparlers avec les autres trois Cours, et me répondit « au fait je crois que vous avez raison et que mieux vaudrait garder sa pleine et entière liberté d'action ».

S. E. en écoutant en resumé les raisons développées dans notre Memorandum romain, me pria non seulement de le lui donner à li:re en extensum, ce que j'ai p11 faire connaissant ses idées et sa discrétion, mais aussi de permettre qu'il en fasse faire une copie pour éclairer le Conseil des Ministres quant au future Concile.

Avant d'adhérer à ce désir j'en demande la permission à V. E., tout en croyant que nous pourrions ·le faire sans danger, mème avec quelque utilité. J'ai référé tout ce qui precède particulierèment à V. E., ces détaHs me paraissant de nature délicate pour ne pas en faire l'objet de dépèche officielle.

P.S. 9 maggio.

D'après les documens reçus par le courrier de Cabinet, surtout la Dépèche circulaire sur le Concile (l) et l'ordre d'en délivrer copie à ce Ministre des

Affaires Etrangères, je me crois autorisé à lui laisser copie aussi du premier Memorandum romain. En attendant j'ai déjà communiqué la Dépèche circulaire précitée au Roi qui est notre plus grand auxiliaire. Quant à l'entente préalable de tous les Gouvernemens sur leur attitude au sujet du Concile, nous verrons ce qu' on me répondra ici, tout me permettant d'obser-ver particulièrement à

v. E. que comme entente générale nul doute qu'elle sera utile, mais l'entente spéciale entre le Portugal et les autres trois Cours qui ont le droit de verto, serait à mon avis nullement bonne pour nous, car outre les raisons signalées plus haut, elle se passerait sans notre intervention et il importe grandement ce me semble que le Portugal qui sera l'élément le plus libéral au Concile religieusement, politiquement, et le plus ami de Italie se maintienne dans les bonnes dispositions que j'ai trouvées ici dès le commencement de tout coté.

(l) Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 286.

310

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 10 maggio 1869, ore 14,45 (per. ore 17,10).

Mon départ pour Florence ne peut pas avoir ll:eu avant fin de la semaine étant indispensable attendre réponse de Vienne à une proposition plus acceptable qu'on a envoyée d'ici. Je prie Votre Majesté de me télégraphier si je la trouverai Florence lundi de la semaine prochaine.

311

PROGETTO DI TRATTATO (2)

10 maggio 1869.

Convaincus de l'identité de leurs intérèts, animés du mème désir de consolider, par tous les moyens en leur pouvoir, la paix en Europe et décidés à unir leurs efforts pour empècher que cette paix ne soit troublée, Sa Majesté l'Empereur des Français, Sa Majesté l'Empereur d'Autriche, Roi de Hongrie, Sa Majesté le Roi d'Italie ont arreté directement les articles secrets suivants:

Article l

Les trois Souverains contractent entr'Eux un traité de paix, d'alliance et d'amitié.

Arttcle II

Ils s'engagent à suivre dorénavant une politique commune dans les questlons diplomatiques qui pourront se soulever en Europe.

Article III

Leurs Majestés s'engagent à ne porter, en aucun cas, les armes l'une contre l'autre.

Article IV

Elles se garantissent réciproquement, contre toutes éventualités, l'intégrité de leurs territoires respectifs.

Arttcle V

Si, malgré leurs efforts, des symptòmes de guerre venaient à se produire en Europe, les trois Souverains s'engagent à contracter entr'Eux une alliance offensive et défensive, dont les conditions seraient alors réglées par une convention spéciale.

Article VI

Leurs Majestés ne pourront traiter avec d'autres Puissances et régler toutes questions de compensations et de remaniements territoriaux en conséquence d'une guerre éventuelle que d'un commun accord.

En foi de quoi le présent traité, à raison de son caractère secret, a été revetu directement de Nos signatures, du sceau de Nos armes et du contre-seing de Nos Ministres, lequel interviendra dans le délai de

Fait à Paris, le

Fait à Vienne, le

Fait à Florence, le

ALLEGATO

PROTOCOLLO FRA LE POTENZE (l)

10 maggio 1869.

Article 1er

Plr,cés sur le pied d'une égalité parfaite pour la direction des affalres communes. tant diplomatiques que militaires, les trois Souverains concerteront entre Eux, en cas de guerre, les mesures les plus propres à assurer la solidarleté de leur défense, selon que la guerre éclatera dans tel ou tel pays.

Article 2

L'Italie, grace à sa situation géographique, se trouvant, par le fait meme de son alliance avec la France et l'Autriche, à l'abri de toute invasion de ses frontières septentrionales, contribuera à la défense commune avec une armée d'environ 200.000 hommes de toutes armes, devant agir dès qu'un des deux alliés serait entré en campagne.

Article 3

Si l'Autriche se voyait attaquée à l'impreviste par la Prusse, ou si, par tout autre motif, la guerre éclatait entre l'Autriche et la Prusse, la France et l'Italie prennent l'engagement d'entrer immédiatement en campagne et d'appuyer l'Autriche de tout le concours de leurs armes, dans le but d'assurer son intégrité.

Article 4

La France et l'Autriche promettent de s'entendre avec l'Italie sur l'action à exercer dans le Concile Oecuménique et à l'occasion de l'élection du successeur de Pie IX.

Article 5

L'Italie aura la faculté de créer, dans l'intéret de son commerce, un établissement maritime, sur les còtcs de Barbarie, dans la Régence de Tunis.

Article 6

Les trois Souverains prennent l'engagement de respecter la neutralité de la Suisse. Si, toutefois, cette neutralité était violée par la Suisse elle-meme, les frontières de l'Italie, en cas de victoire, pourraient etre rectifiées par l'annexion du canton du Tessin.

Article 7

L'Autriche, après une guerre victorieuse à laquelle l'Italie aurait pris une parte active, consentira à une rectification des frontières du Tyrol méridional assurant à l'Italie la possession de Trente et de Rovereto, à la condition que l'Autriche obtiendra, en dehors de l'Italie, une compensation territoriale convenable.

Article 8

La France consent, dans le cas où le sort des armes favoriserait les alliés, à la rectification de ses frontières avec l'Italie, du coté de Nice, conformément à la ligne suivante: ...

Article 9

La France s'engage à avancer à l'Ital1e, en cas de guerre, les sommes qui lui seront nécessaires pour entrer en campagne et pour faire face à ses dépenses militaires jusqu'à la conclusion de la paix.

Ces frais seront recouvrés sur l'ennemi ou supportés en définitive par la France.

Article 10

La France s'engage à faciliter par tous les moyens en son pouvoir, la négociation d'un emprunt dont l'Autriche aurait besoin avant d'entrer en campagne. Les articles du présent Protocole secret ont la mème force que le Traité, signé aux mèmes dates, entre les trois Souverains.

Fait, en trois exemplaires,

ò. Paris, le à Vienne, le à Florence, le

(l) -Da ACR. (2) -Da ACR, ed. in ONCKEN, vol. III, p. 186, e In Origtnes dtplomatiques, vol. XXIV, pp. 402-403.

(l) Da ACR, ed. in ONCKEN, vol. III, pp. 186-188 e in Origines diplomatiques, vol. XXIV, pp. 403-404.

312

IL MINISTO A LISBONA, OLDOINI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 56. Lisbona, 10 maggio 1869 (per. il 17).

Mi pregio accusare ricevuta dei Dispacci politici di V. E. e loro annessi, recatimi dal corriere di Gabinetto Signor d'Armillet, il quale r1parte oggi latore dei miei, enumerati nella lista unita alla mia spedizione.

Offro anzi tutto i miei ringraziamenti a V. E. per le interessanti nozioni favoritemi nelle sue recenti comunicazioni, le quali mi pongono in grado di ben conoscere il pensiero del Governo del Re sopra importanti questioni di attualità e di uniformare qui la mia azione a norma delle idee italiane.

Anche il contenuto dei Dispacci politici n. 35 (l) e 37 (2), mi fu assai utile perché potei farli leg,gere jeri al Re ed al suo Ministro degli Affari Esteri, e tanto Sua Maestà come il Marchese di Sà si mostrarono meco molto soddisfatti dell'interesse che l'Italia ed il suo Governo mostrano costantemente al Portogallo: mi giova anzi sperare che i consigli implicitamente contenuti in tali dispacci, sì abilmente redatti, avranno qualche peso nella politica interna ed esterna di questo paese.

Sua Maestà nel leggere con molta attenzione il Dispaccio confidenziale

n. 35 sembrommi comprendere non solo il tenore esplicito, ma quello importantissimo e:ntre les lignes, di cui V. E. si è compiaciuta favorirmi la chiave, per mia precisa e particolare norma, nel Dispaccio riservato n. 36 (3), e soggiunse: «se volete sottintendere candidature Italiane vi ho già detto da lunga pezza il mio pensiero, cioè, che saranno sempre graditissime al Portogallo; quanto alle altre ev.entuali, fuori di quella Montpensier, per la quale conoscete ugualmente il nostro modo di vedere, ed avete potuto anche constatarlo dall'accoglienza da noi fattagli, non ne so niente affatto; circa quella di mio cognato Hohenzollern l'ho soltanto letta nei giornali».

Evidentemente Sua Maestà non gradiva ulteriori commenti in proposito, poiché cambiò discorso, ma il mio scopo era ottenuto, quello di un utile hint al Portogallo sui pericoli eventuali di certe candidature spagnuole.

n re parlommi a lungo dell'Italia e si mostrò lietissimo della recente fausta ed abile fusione testé operatasi da noi tra i diversi partiti liberali-conservatori, dicendomi che ne avea seguito giornalmente con molto interesse tutte le fasi e tutti i commenti nei giornali italiani ed esteri, soggiungendo con molta acutezza d'ingegno e felicità di espressione «avete riescito a quanto di megàio potevate sperare, vinte e conciliate colla fusione le opposizioni politiche di partiti e di provincie non rimane che l'opposizione di idee: ridotta la questione a questo estremo il Governo sarà stabile e forte in Parlamento e nel paese, e la maggiorità dei suoi fautori, enorme come il recente voto parlamentare lo ha testé chiaramente manifestato».

(-3) Cfr. n. 283.

Il Marchese di Sà mi fece pur esso le sue sincere felicitazioni sulle cose nostre. Lesse egli pure con molta attenzione n Dispaccio confidenziale, n. 35, e rispose quanto segue:

«Comprendo la portata delle vostre preoccupazioni. Quanto alla nostra politica spagnuola la conoscete. Dall'epoca della rivoluzione di settembre, il Portogallo non si è mischiato né si mischierà delle cose spagnuole ed accetterà i fatti compiuti, perfino la Repubblica se tal forma di Governo fosse pure possibile in Spagna, ed in caso di gravi perturbazioni farà il suo dovere di buon vicino rispettando le leggi internazionaii né lasciando agglomerare sulle frontiEre e neppure in terraferma emigrati pericolosi, i quali come altre volte saranno confinati nelle Azzorre e ben trattati ma resi innocui. Quanto alle possibili candidature dopo quella declinata dal Re Don Fernando, le ignoro: della candidatura Hohenzollern non ne abbiamo alcun sentore officiale né officioso né la credo probabile; della vostra italiana ne saprete più di me, ma tengo a dirvi che per mio proprio conto la credere! buona ed utile pel Portogallo e peT l'Italia e se il candidato fosse il giovane Duca di Genova con una Reggenza spagnuola per i due o tre anni che gli rimangono di minorità, non sarebbe sfortunata combinazione perché la responsabilità delle ire, dei rancori, delle ambizioni e di tutte le tristi conseguenze di una rivoluzione senza programma determinato a priori, come la spagnuola, sarebbe sopportata dalla Reggenza e non dal Sovrano. Ma quanto a noi vi ripeto non ci mischiammo, né ci mischieremo mai di niente circa gli affari spagnuoli. Le fasi della candidatura del Re Don Fernando le sapete tutte in dettaglio, io assunsi ultimamente la responsabilità mia propria e non Ministeriale collettiva, di couper court a questo intrigo spagnuolo in seguito del desiderio formale del re Don Fernando. Ma prima di spedire il noto telegramma al Conte d'Alte dissi francamente a Sua Maestà Imperiale, parlando però in mio proprio nome come il Marchese di Sà e come devoto alla Dinastia di Braganza ed al mio Paese, che la corona spagnuola sul suo capo a mio modo di ?edere personale, sarebbe un'utilità portoghese, un'utilità spagnuola ed un'utilità europea~.

(l) -Cfr. n. 280. (2) -Non pubbllcato.
313

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 897. Firenze, 11 maggio 1869, ore 13.

Le Roi serait charmé que le Vice-Roi d'Egypte vint visiter l'Italie (1). Sa Majesté qui part bientòt pour Turin, reviendra pour quelques jours vers la fin de mai puis retournera en Piémont d'où il sera de nouveau ici vers la fin de juin (2).

«Le V!ce-Ro! arr!vera le 25 ou le 26 à Ven!se et le jour après à Florence où !l ne peut rester que cLnq jours >>. Con R. 893 del 17 giugno Nigra comunicò che 11 Vicere l'aveva Incaricato d! ringraziare il Re e 11 Governo !tallano per la calorCJsa accogl!enza ricevuta a Firenze.

(l) -Cfr. n. 308. (2) -con T. 1511 del 12 maggio De Martino comunicò:
314

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 1391/601. Londra, 13 maggio 1869 (per. il 22).

Quantunque già avessi esaurita con Lord Clarendon la quistione relativa alle proposte ch'Ella mi dava ordine di fare circa la sospensione delle capitolazioni nei Principati Danubiani, tuttavia a viemmeglio dimostrargli come in esse non si nascondesse alcun segreto f-ine od occulto disegno nostro, mi sono valso delle istruzioni contenute nel pregiatissimo di Lei dispaccio riservato di questa serie n. 162(1) per nuovamente toccare questo argomento in una delle mie conversazioni con lui. Naturalmente, conoscendo il carattere sospettoso del Segretario di Stato, io ciò fed solo incidentalmente e riferendomi alle osservazioni da lui mossemi nel tempo circa la sua pretesa ignoranza della convenzione russo-rumena che a tale effetto venne trattata tra i Governi di Bukarest e di San Pietroburgo.

Dissi perciò a Mylord che non solo il Governo del Re era in possesso del progetto di detta convenzione, ma che l'Ambasciatore d'Austria m'aveva esternato non essere un mistero pel suo Governo che la Russia aveva rinunziato alle capitolazioni nella Rumenia; questo fatto doveva dunque provargli quanto sincere fossero le intenzioni nostre allorché, nel proporre di rimpiazzare mercé la conclusione di convenzioni consolari quelle antiche stipulazioni in molte parti cadute in disuso, noi suggerivamo d'impedire che il Governo russo potesse vantarsi d'essere il solo a mostrare di comprendere i bisogni e le esigenze della situazione presente nei Principati Danubiani.

Siccome m'aspettavo Lord Clarendon mi fece la consueta abbiezione degli ostacoli che la Turchia muoverebbe qualora una consimile risoluzione venisse adottata da tutte le Potenze, e palesando ad un tratto tutta l'animosità che nutre per il Governo del Principe Carlo m'aggiunse: «In ogni caso non sarebbe seguendo l'esempio della Russia che i Governi interessati al mantenimento della pace avrebbero probabilità di raggiungere il loro scopo».

Io non insistetti più oltre ravvisandolo inutile quanto inopportuno, e mi limito a riferire ciò che precede all'E. V. onde sempre più rischiararla sulle vedute di questo Ministro degli Affari Esteri intorno alle questioni relative alla Moldo-Valachia.

315

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE 68. Firenze, 14 maggio 1869.

Ieri il Ministero è stato ricostituito sotto la mia Presidenza. Piacque a Sua Maestà riconfermarmi nella carica di suo Ministro per gli Affari Esteri, e furono

ugualmente riconfermati il Signor Conte Cambray-Digny Ministro delle Finanze, il Signor De Filippo Ministro di Grazia e Giustizia, il Generale BertoléViale e l'Ammiraglio Riboty, Ministri il primo della Guerra, e l'altro della Marina. Il portafoglio dell'Interno venne affidato al Deputato Ferraris, quello dell'Agricoltura e commercio al Signor Minghetti, e gli Onorevoli Bargoni e Mordini ebbero rispettivamente le cariche di Ministro della Pubblica Istruzione, e dei Lavori Pubblici.

Nel presentare alla Camera dei Deputati il nuovo Gabinetto, io ho pronunziate alcune parole che V. S. troverà nel resoconto ufficiale della tornata d'oggi. In quelle parole ho riassunto il concetto che ha inspirato la fusione delle varie frazioni del partito conservatore.

Il Ministero presente è l'espressione della maggioranza parlamentare ricostituita con generale soddisfazione del paese. Questo, infatti, vedeva non senza qualche apprensione prolungarsi l'esistenza di certi dissidi, che tenevano fra di loro separati gruppi d'uomini distinti e provetti nelle cose della pubblica amministrazione, i quali però tutti erano animati dalle stesse idee d'ordine. Ed il voto manifesto della maggior parte delle popolazioni, imponendosi, per così dire, da se stesso alle constderazioni degU uomini che le rappresentano nel Parlamento, non tardò a produrre l'effetto onde vanno lieti oggi gli Italiani.

Né a questo fatto, che sotto tanti rispetti può aversi come vantaggiosissimo per il buon andamento della cosa pubblica in Italia, manca un significato importante, anche avuto riguardo alla politica estera del nostro paese. Non ignora infatti la S. V. come molto si avvalori l'azione politica di un Governo ne' suoi negozi internazionali, quando è accompagnata da un indirizzo ben determinato all'interno, sostenuto dal sicuro suffragio parlamentare. Ora, questo indirizzo sarà reso possibile dalla ricostituita maggioranza conservativa, perocché il fatto stesso della crisi ministeriale, e la soluzione che essa ebbe, hanno dimostrato fino all'evidenza che le passioni politiche non formano più ostacolo alla pacificazione degli spiriti ed all'accordo perfetto delle intelligenze e delle volontà di tutti gli uomini di parte governativa, nell'unico scopo di conseguire il maggior bene del paese, promuovendone alacremente il riordinamento finanziario ed amministrativo.

Considerando sotto questo aspetto il fatto parlamentare della fusione delle

varie frazioni del partito conservatore, fatto la cui espressione si riscontra nella

ricostituzione del Gabinetto, le si affacceranno molti riflessi ai quali la S. V.

saprà certamente dare tutto lo sviluppo che meritano. Ella ben conosce infatti

quanti e quali interessi nostri si connettano col grado di considerazione che il

Governo del Re può ottenere all'estero, sotto il rapporto non soltanto della

sua solidità, ma pur anche della fermezza de' suoi principi, della forza morale

che possiede, e della autorità che esercita nel paese. Epperò, io non dubito che

la fusione delle frazioni che vengono ora a costituire un solo grande partito

governativo sarà considerata anche in codesto paese come una prova decisiva

dell'ottimo spirito che anima le nostre popolazioni, e che si trasfonde nella

Rappresentanza nazionale; perocché simili fatti non sono possibili che quando

la pubblica opinione additandone la via, appiana essa stessa le difficoltà che

altrimenti si opporrebbero al loro compimento.

Z4 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. XI

(l) Cfr. n. 236.

316

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. 170. Firenze, 14 maggio 1869.

Le Ministre du Roi à Paris m'avait déjà informé que Lord Lyons avait été chargé de faire connaitre à S. E. M. le Marquis de La Valette l'adhésion du cabinet de Londres au projet français concernant les affaires de Tunis, lorsque j'ai reçu la dépeche (l) par laquelle vous m'a.ppreniez que Lord Clarendon préférait l'ancien projet de M. de Moustier, à la proposition que je vous avais chargé de lui soumettre. C'est dans ce meme sens que de son còté Sir A. Paget m'a parlé, d'a,près les instructions qu'il avait reçues de son Gouvernement.

Je ne saurais vous cacher, M. le Comte, la pénible surprise que nous avons éprouvée en recevant cette nouvelle. Nous avions espéré qu'un tout autre accueil serait fait à Londres à nos ouvertures. Vous n'ignorez pas en effet que notre dépéche du 16 avril dernier (2) nous avait été pour ainsi dire suggérée par une démarche officie1le et pressante dont Sir A. Paget avait été chargé auprès de moi. Le Cabinet de Londres avait désiré que nous présentions le plus tòt possible au Gouvernement français un projet dans le sens de notre dépeche du 27 février (3), dépeche dont vous aviez laissé copie à Lord Clarendon. Nous nous sommes empressés d'obtempérer au désir du Gouvernement britannique et nous nous flattions de l'espoir que le principal secrétaire d'Etat de S. M. la Reine aurait trouvé que nos propositions étaient entièrement conformes aux idées que nous lui avions précédemment manifestées et qu'il avait bien voulu approuver.

Il est donc malaisé de comprendre pourquoi l'appui du Cabinet de Londres nous a fait défaut au moment mème où, d'après ses conseils, nous présentions nos propositions au Gouvernement français.

Nous désirons que vous fournissiez à Lord Clarendon l'occasion de s'expliquer sur cet incident qui pourrait donner lieu à une facheuse impression en ce qui concerne l'entente que nous avons toujours eu à coeur d'établir entre l'Italie et la Grande Bretagne dans plusieurs affaires d'intéret commun.

Je suis convaincu que Lord Clarendon comprendra parfaitement le sentiment qui inspire notre langage en cette occasion.

Nous ne nous proposons certainement pas de demander au Cabinet anglais de conserver à nos propositions le préférence qu'il leur avait d'abord accordée. Nous esperons mème que dans la suite des négociations les deux Gouvernements marcheront l'un à còté de l'autre dans une voie idéntique, mais nous pensons qu'il serait désormais préférabJe que ce résultat fut obtenu par la force des circonstances et par la nature des choses plutòt que par des négociations qui jusqu'ici n'ont eu d'autre effet que celui de créer des engagements unilatéraux pour notre conduite dans cette affaire.

Je me réserve toutefois, M. le Comte, de vous mettre à mème de tenir constamment Lord Clarendon au courant de nos idées sur la solution préférable des affaires de Tunis et je vous autorise à donner lecture de cette dépèche au principal secrétaire d'Etat de S. M. la Reine.

(l) -Cfr. n. 295. (2) -Cfr. n. 249. (3) -Cfr. n. 134.
317

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 410. Berlino, 14 maggio 1869 (per. il 20).

Par mon <rapport n. 383 (1), j'ai communiqué à V. E. des nouvelles qui laissaient supposer que certaines ouvertures avaient été ifaites ici en faveur d'une nouvelle candidature au tròne d'Espagne.

Je viens d'apprendre par M. de Thiele qu'en effet on a fait sonder indire,ctement le terrain à Dusseldorf soit auprès du Chef de la Famille des HohenzoHern-Sigmaringen, soit auprès de son .fils ainé le Prince Lépold, mais que la réponse a été un refus péremptoire. Le ·père ne saurait donner le moindre encouragement au prince héri.tier de se lancer dans une voie aussi aventureuse, et ce dernier partageait la mème manière de voir. Il ne voudrait pas s'exposer à courir les chances ou d'une fin tragique, ou d'en ètre réduit, comme la Reine Isabelle, à une fuite ignominieuse. Le Roi de Prusse s'est entièrement rangé à l'opinion de Leurs Altesses Royales.

Je n'ai pu savoir qui avait été chargé de ces ouvertures très confidentielles. Le Sous Secrétaire d'Etat ne convenait nullement que c'eut été M. Rances y Villanueva. Au reste, ce diplomate, comme il le disait tout récemment à son collègue de Prusse à Vienne, ne voyait de salut pour son pays que dans la candidature du Due de Montpensier. Si celle-ci échouait -or elle semble perdre du terrain -l'Espagne aurait encore de longues et douloureuses étapes à parcourir avant de se replacer dans les conditions d'un régime régulier.

318

IL MINISTRO A BTI::ct.LINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 411. Berlino, 14 maggio 1869 (per. il 20).

Les renseignements que je me suis procurés colncident avec ceux de mes collègues à Carlsruhe, Stuttgard, et Munich dont j'ai lu avec intérèt quelques rapports dans le dossier des documents diplomatiques confié au courrier Longo. La conférence militaire réunie à Munich rencontre en effet à chaque pas des obstacles qui n'ont d'autre cause qu'un esprit de défiance du Wtirtemberg et de la Bavière contre la Prusse. Cehle-ci se mont11e très modé.rée dans ses prétentions. Elle affecte mème dans ces derniers temps une grande indifférence. Le Comte de Bismarck va jusqu'à dire que les Etats du midi sont parfaitement

libres d'agir camme ils l'entendent, de ::;~ prononcer pour le partage de la pro

priété mobilière des forteresses, de procéder s'ils le préfèrent à une enchère

publique. Seulement du moment où la propriété resterait indivise le Cabinet

de Berlin ne saurait renoncer à un droit d'inspection, en consentant de son

còté à ce meme droit d'inspection pour la forteresse de Mayence.

Il est vrai qu'il ne court pas grand danger en se donnant ces airs d'insouciance, car ses intérets trouvent un chaleureux interprète dans le Grand Duché de Bade. Il me résulterait en effet que le commissaire Grand Ducal, en partant du point de vue de l'absolue nécessité d'une entente entre le Nord et le Midi de l'Allemagne pour un système de défense commune, voudrait pousser à l'établissement d'une commission militaire permanente, dont les attribuitions seraient analogues à celles fixées par l'ancienne Constitution Germanique.

D'un autre còté, on lit dans quelques journaux que les Cabinets d'outre Mein ne désespèrent pas et s'occupent meme de former entre eux une union fédérale aux termes de l'article IV du Traité de Prague. D'après des paroles assez mystérieuses de M. de Freydorff (document diplomatique n. 206), un certain rapprochement aurait déjà eu lieu entre la Bavière et le Wiirtemberg. Le Comte de Bismarck pressenti par Lord Loftus, sans nier ou affirmer des négociations dans ce but, se bornait à répondre que sous certains rapports une telle solution rentrerait dans ses convenances, en ce sens qu'eUe simplifierait la situation, puisqu'H n'aurait plus à traiter, camme aujourd'hui, avec quatre différents Etats mais avec un seul Gouvernement fédéral. C'est là cependant un propos sans grande valeur pratique, car indépendamment de l'esprit de rivalité qu'on réussira difficilement à faire disparaitre entre les Cabinets de Munich et de Stuttgard, il y aurait toujours la question préalable, assez malaisée à résoudre, à savoir quel serait l'apport, dans un régime de communauté, de la part de chacun des Etats du Midi. Ils sont déjà liés à la Prusse par les Traités d'alliance offensive et défensive; leurs intérets commerciaux sont réglés par l'acte de reconstitution du Zollverein et représentés dans le Parlement douanier dont les députés siègent à Berlin. Ils sont également solidaires pour les affaires postales. En outre, en supposant meme que la Bavière et le WUrtemberg parvinssent à un accord pour l'administration en commun entre les Etats du Midi de la mince propriété dont ils disposent encore, si cette combinaison n'était pas goùtée par le Gouvernement Prussien, il aurait toujours le moyen de la faire échouer par l'action pleine de complaisance du Cabinet de Carlsruhe. En attendant il est de fait que la Prusse a perdu terrain dans le Midi, et que meme depuls quelque temps elle semble moins préoccupée d'y gagner des adhérents. On comprend jusqu'à un certain point que ses sympathies se soient un peu refroidies en voyant avec quelle négligence la Bavière nommément remplit les obligations militaires qui découlent, sinon de la lettre, du moins de l'esprit du traité d'alliance en date du 22 Aoùt 1866. Du moment où le Roi de Prusse est appelé, en cas de guerre, à prendre le commandement des troupes et que les forces militaires des parties contractantes doivent faire cause commune, ces clauses impliquent l'uniformité d'armements, de réglements, de dispositions sur l'entretien, équipement, mobilisation etc. etc. Dans cet ordre d'idées, il est de toute évidence que c'est à la minorité de céder à la majorité qui, le cas échéant, aura à preter les plus grands services et à sup

porter les plus lourdes charges. Il est un fait avéré que si le Midi avait élevé ses réformes au meme niveau que nous voyons dans le Nord, ce dernier pourrait diminuer son effectif de paix d'une cinquantaine de mille hommes, ce qui épargnerait au Trésor près de quarante millions de francs et permettrait de rétablir la balance, et meme d'avoir un excédent dans le budget des recettes.

I:l suffirait à cet effet que Ia Confédération du Nord ,régHìt son effectif de paix à 5/6 pour cent de la population, au lieu du l pour cent actuellement étabH. Mais il faudrait alors que l'Allemagne du Sud eùt sur pied quatre corps d'armée ajoutés aux treize corps d'armée du N':Jrd.

S'il y a un temps d'arret, meme de recul dans la transformation de l'Allemagne en un seui pays fédéral ou unitaire, le motif principal est non seuJement la nécessité pour la Prusse de s'assimiler d'abord ses nouvelles provinces, et les autres Etats du Nord; mais il faut aussi en voir la cause dans le désir du Cabinet de Berlin d'éviter tout ce qui semblerait une provocation de sa part contre la France. D'un autre còté, s'il y a une opposition assez marquée au delà du Mein à se rallier au grand tronçon du Nord, c'est moins par antipathie de caractère, c'est moins une aversion contre la Prusse proprement dite, que contre le système actuellement en vigueur dans cette monarchie. Ainsi on critique les allures dictatoriales du Comte de Bismarck, un régime militaire trop prèpondérant dans les hautes sphères de la Cour, un certain sans-façon dans la manière de traiter les formes constitutionnelles. On cite ce mot preté à tort ou à raison au Président du Conseil: « Je tuerai le Parlementarisme par les Parlements ». Au train dont on 1les mène, dont on les multiplie, dont on les accable de besogne, il faut en effet qu'ils aient une santé des plus robustes pour ne pas s'épuiser un peu. Mais que le système change et on ne tardera pas à regagner le terrain perdu. Ce changement, à moins d'événements imprévus, ne parait pas devoir se produire sous le règne actuel. Le Roi Guillaume à l'aide de son habile cornac, -c'est ainsi que le Due de Saxe-Cobourg désignait le Comte de Bismarck -et de ses généraux distinguées, a pu passer en sept jours sur le champ de bataille à l'état de Grand Capitaine, mais ce n'est pas à son age, à plus de 70 ans, qu'on s'improvise un programme libéral contraire à son éducation, à ses principes et à ses habitudes de commandement dont il se montre très jaloux.

Tout porte à croire que l'héritier du tròne gouvernera plus constitutionnellement, et qu'alors les idées libérales et nationales suivront une marche mieux dessinée qu'aujourd'hui. En attendant il ne semble pas qu'il y ait péril en la demeure. La fortune, meme à cette époque de stagnation, n'abandonne pas le Comte de Bismarck. C'est le cas de dire qu'elle tourne tout à l'avantage de ceux qu'elle favorise. La Bavière a un souverain .poète, romanesque et musicien. Avec le quart de l'esprit de son auguste grand père, il pourrait créer de sérieux embarras à la politique Prussienne. Le Grand Due de Bade envisage un peu sa position comme une sinécure ou une doublure de la Prusse, et parait dire: « Après moi le déluge >>. Le Roi de Wtirtemberg et le Grand Due de Hesse sont aussi généralement reconnus comme étant fort au dessous de leur tache. Dans ces circonstances on peut se bercer de l'espoir que rien ne sera sérieusement compromis, et calculer, avec quelque certitude, sur le seui bénéfice du temps.

(l) Cfr. n. 210.

319

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 856. Parigi, 14 maggio 1869 (per. il 18).

Il Marchese di La Valette essendo partito in congedo, ho fatto al signor Rouher, incaricato provvisoriamente del ;portafoglio degli Affari Esteri, la comunicazione verbale sugli affari di Tunisi, della quale l'E. V. m'incaricò col dispaccio del 4 corrente n. 471 di serie politica {l). Questa comunicazione fu fatta in data di oggi, ed affinché essa fosse in ogni punto esatta, ho avuto cura di dar lettura al signor Rouher delle parti più importanti de'l dispaccio di V. E. che commentai e sviluppai. Non las.ciai però copia del dispaccio al Ministro imperiale, non essendone stato espressamente autorizzato dall'E. V. Il signor Rouher ascoltò attentamente le osservazioni che io gli esposi e mi disse che, a suo avviso, era venuto il tempo di dare eUetto ·alle proposte fatte precedentemente dal Marchese di Moustier, d'instituire cioè le due commissioni, accettate in principio dall'Italia e dall'Inghilterra, e recentemente ancora mantenute da quest'ultima Potenza, la quale s'era pronunziata in favore del progetto delle due commissioni preferibilmente a quello proposto dal Governo del Re d'una sola commissione d'inchiesta. Il signor Rouher soggiunse che aveva preparato le occorrenti istruzioni al Console generale di Francia a Tunisi perché provocasse dal Bey l'esecuzione delle proposte francesi, accettate in princiJpio dalle due potenze cointeressate, e che queste istruzioni dovevano essere spedite prossimamente. In queste istruzioni il Governo francese dichiara, ben inteso, ch'esso non può approvare la convenzione recentemente conchiusa tra il signor Pinard ed il Governo del Bey, e che esso mantiene gli impegni presi coll'Italia e coll'Inghilterra. Osservai al Ministro imperiale, che secondo i termini del dispaccio che l'E. V. m'aveva diretto, il Governo del Re per poter dare una risposta definitiva e concreta che possa condurre ad un accordo fra le potenze, desiderava che il Governo francese gli comunicasse ufficialmente e per iscritto il progetto da esso proposto in tutti i suoi particolari, la qual cosa non era stata fatta finora. Il signor Rouher mi disse allora che avrebbe sospeso l'invio delle istruzioni e che le avrebbe intanto comunicate a Lord Lyons ed a me. Seppi difatti da Lord Lyons, che egli aveva comunicato al Governo francese una memoria tendente a disapprovare la convenzione Pinard, e che aveva domandato al signor Rouher di non spedire le istruzioni al Console generale di Francia a Tunisi prima che queste fossero state comunicate ai Governi d'Inghilterra e d'Italia. La comunicazione di queste istruzioni sarà fatta a Lord Lyons ed a me fra due o tre ,giorni, ed io m'affretterò a mandarle in copia alla E. V. Sembra che nel pensiero del signor Rouher questa comunicazione dovrebbe tener luogo di quella che l'E. V. manifestò il desiderio d'avere nel dispaccio precitato. Quando l'E. V. avrà sotto gli occhi il documento in questione, Ella vedrà quale risoluzione sarà il caso di prendere in propo

sito. Non 1)osso però a meno d'insistere sopra un fatto che mi sembra importante ed è, che mentre dalle comunicazioni del R. Ministero parrebbe risultare che il Gabinetto britannico s'era mostrato favorevole alla proposta fatta dal Governo del Re d'una commissione unica e dirò quasi pregiudiziale d'inchiesta, risulterebbe per contro da quanto mi fu detto da Lord Lyons e dal signor Rouher, che l'Inghilterra si sarebbe pronunziata pel mantenimento della proposta di due commissioni fatta dal Marchese di Moustier. Parmi che vi sia in ciò un malinteso che è utile il chiarire, essendo il perfetto accordo tra l'Italia e l'Inghilterra una delle basi principali della condotta che il Governo del Re s'è proposto di tenere in questa diHicile vertenza.

Rimane ch'io Le renda conto della risposta fattami dal signor Rouher intorno alla partecipazione deUa Prussia a questi negoziati. In conformità del dispaccio dell'E. V. io dissi al Ministro Imperiale che il Governo del Re credeva che il Gabinetto di Berlino avesse diritto di prender parte ad una questione nella quale erano implicati interessi di sudditi prussiani. II signor Rouher mi rispose che il Governo francese non era di quest'avviso, che gli interessi prussiani sono affatto secondarii in questa questione, che non conveniva moltiplicare le difficoltà, e che pevciò la Francia non poteva consentire all'ammissione della Prussia nella negoziazione.

(l) Cfr. n. 299.

320

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 15 maggio 1869, ore 14 (per. ore 16).

Demain arrive courrier Vienne. Prince Metternich dit son Gouvernement accepte modifications proposées (2) qui tendent à faire disparaitre le mot neutralité proposé par l'Empereur d'Autriche. Je serai prét à partir dimanche soir. J'attends les ordres de Votre Majesté pour savoir si je dois la voir à Turin ou bien attendre son retour Florence, ce qui me semble vaudrait mieux s'agissant de conclure définitivement. Mes appréciations sur la situation n'ont pas changé, malgré les déclarations et protestations pacifiques du marquis La Valette. Prie Votre Majesté me télégraphier sans retard.

321

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 899. Firenze, 15 maggio 1869, ore 18.

Par ma dépéche du 4 (3) je vous ai fait connaitre les communications que

M. de Malaret m'avait faites au sujet des a'ffair.es de Tunis et je vous priais de

solliciter de M. de La Valette l'envoi d'un projet sur lequel nous puissions déllbérer après avoir pris connaissance des conditions proposées relativement à la composition et aux attributions de la commission de contrale. Aujourd'hui

M. de Malaret vient me dire de vouloir bien donner au consul du Roi à Tunis des instructions afin qu'il s'associe à ses collègues de France et d'Angleterre pour demander au Bey un décret de convocation de cette commission. Je réponds à M. de Malaret que je ne puis donner des instructions dans ce sens avant de connaitre votre réponse. M. de Malaret a ajouté aujourd'hui que le Gouvernement français ne voudrait pas admettre des commissaires prussiens dans la commission et que celle-ci serait présidée par un président tunisien et un vice président délégué français. Cette dernière condition n'était pas comme vous l'aurez vu indiquée dans les dernières communications de M. de Malaret. Il est très regrettable que nous ne puissions jamais voir clair dans cette affaire faute de communications explicites et surtout d'un langage constant. Veuillez donc solliciter une prompte réponse à ma dépeche du 4.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 311. (3) -Cfr. n. 299.
322

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. vm. Berlino, 15 maggio 1869.

Ensuite d'un entretien que j'ai eu ce matin au Ministère des Affaires Etrangères, je viens compléter mon rapport n. VII de cette sér,iJe (1).

M. de Thile a eu l'obligeance de me lire quelques passages de la réponse que le Comte de Bismarck avait faite à l'invitation circulaire du Prince de Hohenlohe. L'idée d'une entente préalable afin de parer aux inconvénients éventuels que le ConcHe présenterait pour le pouvoir civil, paraissait ici heureuse et opportune surtout du moment que la proposition en venait d'un Gouvernement catholique. La Prusse ne devait cependant pas perdre de vue, que, pour ce qui la concerne, le ConcHe n'est qu'une affaire intérieure de l'Eglise, aussi longtemps du moins que son oeuvre reste dans le domaine des affaires religieuses; la Prusse, au surplus, comme puissance pro,testante était tenue à une grande réserve à l'égard de la partie catholique de sa population.

Le Sous Secrétaire d'Etat me disait en outre que, d'après les derniers rapports des Légations prussiennes, la proposttion bavaroise avait été accueillie en général avec beaucoup de réserve, sauf à Florence. A Vienne nommément on y avait répondu d'une façon peu satisfaisante pour le Cabinet de Munich: le Comte de Beust l'avait fort peu goutée, et il avait exprimé la crainte que les précautions que l'on proposait de prendre n'eussent pour effet de provoquer des complications, au lieu de les écarter. Le meme sentiment se manifeste dans les Etats de l'Allemagne du Nord.

Dans mon rapport n. VI (1), je parlais de la promesse qui m'avait été faite ici, d'examiner les points mentionnés dans la circulaire de V. E. du 30 Avril dernier (2), et de me faire connaitre de quelle façon o n l es envisageait ici. J'ai pu me convaincre dans une conversation de ce matin que, sur tous ces points, le Cabinet de Berlin suit }e meme principe que le Comte de Bismarck a adopté dans sa réponse au Prince de Hohenlohe, à savoir que le Concile est une affaire intérieure de l'Eglise, ce qui pour la Prusse exclut dès lors tous les doutes sur la convocation, le droit de participer aux délibérations, le droit des éveques de s'y rendre, etc. L'Etat comme tel ignore pour ainsi dire le fait. Mais ce n'est là qu'un principe général de droit, qui souffrirait des exceptions s'il était clairement démontré que l'Assemblée oecuménique a un programme de nature à provoquer des conflits avec le pouvoir civil (3).

(l) Non pubblicato.

323

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. VIII. Parigi, 15 maggio 1869.

Ho avuto cura d'esporre a S. E. il Signor Rouher, incaricato del Ministero imperiale degli Affari Esteri, le osservazioni contenute nell'elaborato dispaccio relativo al Concilio Ecumenico, che l'E. V. mi fece l'onore di dirigermi in data del 30 aprile scorso (2). In seguito al desiderio manifestatomi dai Signor Rouher e conformemente alle istruzioni dell'E. V., lasciai in via confidenziale al Ministro Imperiale una copia di questo dispaccio. Il Signor Rouher s'astenne dall'emettere alcun apprezzamento su questa comunicazione. Egli si limitò a dirmi che l'avrebbe esaminata con cura. Alla mia domanda, se il Governo francese avesse di già preso una determinazione in ordine alle varie questioni sollevate dalla convocazione del Concillo, il Signor Rouher rispose, che il Governo francese non aveva finora ricevuto nessun invito da Roma e che non aveva ancora esaminata la questione intorno alla convenienza di farsi rappresentare o no, in seno al Concilio stesso. L'opinione Personale del Signor Rouher si è che il Governo imperiale dovrebbe astenersi dal farvisi rappresentare. Egli mi disse poi che il Governo imperiale ignorava finora la natura delle questioni che sarebbero sottoposte alla sanzione del Concilio, e che prima di pronunciarsi avrebbe domandato per mezzo dell'ambasciata di Francia in Roma, di conoscere in modo preciso queste questioni. Il Signor Rouher sembra propenso a credere che la riunione del Concilio subirà una proroga. In sostanza la sola determinazione che sembra fissa finora nel pensiero del Governo francese si è di non opporsi a che i prelati francesi si rechino liberamente e senza condi

zioni al Sinodo convocato in Roma. Non dubito che passato il periodo delle elezioni generaU le quali preoccupano ora quasi esclusivamente il Governo francese, questo importante e grave fatto del Concilio E,cumenico sarà da esso fatto oggetto di più serio esame che non sia stato fatto finora.

(l) -Non pubbl!cato. (2) -Cfr. n. 287. (3) -con R. IV del 16 maggio Greppi comunicò di aver parlato del Concilio col barone di varnbU!er il quale era d'avviso <<valer meglio per ora lasciare libero campo alla Corte di Roma di palesare le sue tendenze, anziché immaturatamente combatterla e fornirle così l'ambito pretesto di gridare al martirio e quindi destare tra i credenti cattolici sentimenti di commiserazione e di entusiasmo religioso, mentre che !asciatole le briglia sul collo, correrà improvvidaad eecessi tali da provocare contro di lei quella istessa opinione che in oggi pare disposta a secondaria».
324

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEJL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

L. P. Berlino, 15 maggio 1869.

Par la lettre particulière qui accompagnait mon rapport n. 406 du 8 mai (1), je me réservais de vous indiquer les motifs qui m'avaient induit à parler ici -mutatis mutandis -de votre dépéche réservée du 1•r de ce mois n. 126 (2).

Le Courrier Longo ne m'avait apporté aucune réponse de votre part à mes quatre lettres particulières du 4 avril dernier (3), réponse qui m'eftt permis de reprendre avec le Comte de Bismarck une conversation des plus intéressantes. Je n'ai pas méme osé me présenter chez lui de crainte qu'il ne me demandat comment nous avions accueilli ses confidences. Il m'eftt été pénible de lui avouer qu'il ne m'était pas méme parvenu un accusé de réception. Dans l'expédition du Courrier de Cabinet je trouvais au contraire une dépéche sur les bruits de connivence de la Prusse dans les dernières tentatives mazziniennes. D'un autre còté un avis précédent du Ministère signalait le nombre de télégrammes échangés entre Berlin et Rome, et les assiduités de M. Canofari à l'Ambassade de Prusse à Paris (4).

H m'a paru qu'en me taisant d'une manière absolue, je rendrais un mauvais service au maintien des bonnes relations entre les deux Gouvernements, surtout si le Cabinet de Berlin s'éprenait lui aussi du mème sentiment de réserve. Sans nous en douter, et sans raisons bien avérées, nous nous trouverions un beau jour dos-à-dos, boudant chacun dans notre coin. Ce serait tomber dans le piège qu'on nous tend probablement de Paris et de Vienne, ou de la part de toute autre Puissance qui aurait un intérét à semer des germes de défiance réciproque entre l'Italie et la Prusse. A cet égard je mentionnerai que la Neue Freie Presse de Vienne a voulu donner un coup de massu à ce Gouvernemnt, en imprimant que l'année dernière le Général de Roon, Ministre de la Guerre, avait remis ni plus ni moins que 3750 mille francs à Mazzini, somme dont les 3/5 auralent passé entre les mains de Kossuth! La dose était trop forte méme pour les gens les plus crédules et ,chacun a ri de ces révélations.

Quoi qu'il en soit, il m'a semblé convenable de ne pas laisser condenser des nuages et j'ai provoqué une petite décharge pour dégager l'horizon d'un trop plein d'électricité.

M. -de Thile un instant a pris la mouche, mais le Comte de Bismarck, moins sensible aux piqlìres, a répondu avec beaucoup de calme au Sous-Secrétaire d'Etat de ne pas s'agiter pour de semblables rumeurs auxquehles nous étions les premiers, ainsi que je l'avais déclaré, à ne pas ajouter foi; et que quant au prétendu officier prussien impliqué dans cette affaire, il comptait sur notre loyauté pour découvrir la vérité. Dans ma longue carrière, la franchise m'a toujours bien servi, et m'a attiré celle de tous ceux avec qui j'ai eu à traiter. Vous en avez une preuve dans mon rapport d'aujourd'hui N. 414 (1). M. de Thile est entré, camme moi, dans la vaie de parler sans détours pour éviter tout malentendu.

J'espère que Vous m'approuverez. Mais l:l serait essentiel que dans les dépeches qu'on m'adresse il fut mentionné expressément si je suis autorisé ou non à faire usage des notions qu'on me communique.

Permettez-moi d'insister pour avoir un accusé de réception de mes quatre lettres particulières précitées. Je vous laisse juge vous-meme si, en mon lieu et piace, Vous ne tiendriez pas à savoir que des renseignements d'une nature aussi confi:dentielle ne se soient pas égarés en route.

(l) -Cfr. n. 307. (2) -Cfr. n. 289. (3) -E' edita solo la Lp. 3 (n. 216). (4) -Cfr. n. 180.
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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1518. Parigi, 16 maggio 1869, ore 8 (per. ore 10).

J'ai lu votre dépeche n. [471] du quatre (2) à Rouher et je vous ai envoyé réponse (3) retour courrier. Rouher sur ma demande et sur celle de lord Lyons a suspendu l'envoi des instructions au consulat de France à Tunis et il a promis communiquer ces instructions à lord Lyons et à moi. Je communiquerai ces instructions aussitòt que je les aurai reçues. Ces instructions contiendront j'espère les renseignements désirables et vous pourrez dèlibérer et répondre. Je vous prie de répondre par une dèpeche que je puisse communiquer en copie.

326

IL MINISTRO A MADRID, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1519. Madrid, 16 maggio 1869, ore 14,50 (per. ore 20).

On m'assure que le ministre d'Etat vient de donner sa démission. La mission extra-officieHe de M. de Montemar à Florence (4) en est la cause principale Serrano et Topete exerceraient provisoi:rement fonctions de ministre d'Etat jusqu'à la reconstitution du pouvoir exécutif.

(l) -Non pubbllcato. (2) -Cfr. n. 299. (3) -Cfr. n. 319. (4) -Cfr. n. 293.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI

D. 63. Firenze, 16 maggio 1869.

L'Incaricato d'Affari d'Austria presso una delle minori Corti di Germania ha dato comunicazione al Rappresentante del Re di una circolare del Conte di Beust colla quale questi gli ordinava di uniformare il suo linguaggio al tenore di un dispaccio indi·rizzato dal Governo Austriaco al Barone di Kubeck. Tale dispaccio avrebbe per iscopo di spiegare l'indole dei rapporti d'intimità stabiliti recentemente fra i Governi e le Corti di Firenze e di Vienna. Il diplomatico italiano che mi trasmette confidenzialmente questi cenni soggiunge però ch'egli non si dilunga maggiormente sull'argomento in quistione, giacché il testo del dispaccio austriaco sarà certamente sotto i miei occhi.

Si tratta probabilmente della comunicazione fattami dal Signor Barone di Kubeck ai suo ritorno dal recente congedo ch'egli avea 01ttenuto dal suo Governo. Di quella comunicazione io avea preso atto nel mio dispaccio del 26 aprile diretto a codesta Legazione (1), ma del medesimo non mi venne offerta copia come, per maggior regolarità, si sarebbe dovuto fare di un documento destinato, a quanto pare, ad avere una vera importanza nell'indirizzo degli affari politici dell'Impero Austro-Ungarico.

Comunque ciò sia io avrei desiderato che di un dispaccio di tal fatta mi fosse stata rimessa una copia affinchè anche dal canto nostro gli si potesse attribuire tutto il valore che al medesimo sembra essere stato dato dal Gabinetto di Vienna. Questo nostro desiderio sembrerà poi ancor più naturale quando si rifletta che, perdurando il Governo Imperiale nella pratica sin qui adottata di far di pubblica ragione i documenti risguardanti la sua politica estera, il dispaccio al Barone di Kubeck, nonché la circolare alle Legazioni imperiali saranno probabilmente nel numero dei documenti diplomatici che il Signor Conte di Beust destina alla pubblicazione. Epperò vorrei che la S. V., senza entrare nella particolarità sovra narrata, si facesse a parlare al Cancelliere imperiale della circolare anzidetta e dell'opportunità che di un documento, destinato a prender atto delle buone relazioni dell'Austria coll'Italia, si avesse anche a Firenze un'esatta notizia.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL CANONICO TOSI (2)

L. P. Firenze, 16 maggio 1869.

Ho ricevuto il di Lei graditissimo foglio del 15 corrente (3) e mi reco a premura di riscontrarvi.

La memoria, o meglio le varie memorie riunite nello scritto che V. S. Reverendissima mi ha da qualche tempo comunicato e che formano un appello al clero, furono da me attentamente fatte esaminare allo scopo di vedere in quale migliore maniera se ne dovesse trarre partito per il maggiore bene di tutti coloro i quali hanno gravi interessi impegnati nelle questioni in quegli scritti profondamente discusse e risolutamente trattate.

Mi parve che l'indole dell'argomento richiedesse che, nel dare pubblicità a quelle memorie, si dovesse evitare tutto ciò che alle medesime potrebbe attribuire un colore ufficioso o governativo.

Mi sembra inoltre che facendo qualche modificazione più di forma che di sostanza la massima parte di quello scritto avrebbe potuto essere utilmente divulgata non solamente in Italia ma anche in Germania dove il Clero piglia una parte assai viva alle discussioni in materia di gerarchia e di disciplina ecclesiastica. A questo fine però converrebbe in alcune parti generalizzare gli argomenti evitando fors'anche allusioni troppo vivaci alle circostanze politiche nelle quali versano reciprocamente l'Italia e Roma.

Tutto questo lavoro, nonché quello della versione in lingua tedesca, è già predisposto ed io sarei sommamente grato alla S. V. di un suo cenno di approvazione a questa mia progettata pubblicazione.

Ella mi fa inoltre conoscere di avere oramai terminato un altro scritto indirizzato particolarmente ai Vescovi e mi esprime il desiderio che anche di quello si faccia una versione in lingua francese. Aspetterò con impazienza questo altro di Lei pregevole lavoro, e sin d'ora sono convinto dell'utilità che vi sarebbe a farlo conoscere ai prelati delle altre nazioni.

Dell'opusco~o già pubblicato furono trasmessi per la posta esemplari a moltissimi Vescovi del Regno. I giornali ultramontani francesi ebbero grande dispetto di simile pubblicazione ed in vari articoli si sono scagliati contro lo scritto non adducendo né argomenti né prove, ma limitandosi semplicemente a generali invettive, tacciando di eretiche le proposizioni, ma guardandosi bene dall'indicarle e daLl'entrare in una seria polemica. Sembrerebbe che ciò che dispiace dippiù al partito ultramontano è il vedere che le dottrine esposte in quell'opuscolo quadrano a capello colle opinioni gallicane per le quali sembra vi sia qualche movimento in una frazione del Clero francese. Intanto, se si deve prestar fede alle notizie particolari di Roma, la pubblicazione dell'opuscolo parve colà un fatto gravissimo e tale da meritare una solenne confutazione per parte di Mons. Nardi il quale si sarebbe tosto messo all'opera per compiere il più presto possibile siffatto lavoro.

sue gravissime occupazioni volesse darsi la pena di indicarmi se trovasS€ opportuno di pubblicarlo, ovvero r,inviarmelo, le sarei obbligatissimo.

Ho ricevuto sotto fascia due copie dell'Opusco,lo «Il Concilio Ecumenico e lo Stato». Al mio povero scritto è stata data una splendida veste traducendolo in francese. A Milano ne sono giunte parecchie copie che furono presto spacciate. Qui pure fu acco;to con favore, e invio a

v. E. un brano di un giornale che ne ha parlato. Tanto a Milano, come qui è ritenuta una scrittura di un Prelato francese. Sta bene cosi, poiché ove appena si dubitasse che io ne sono l'autore, non so da quali fulmini sarei colpito. Per me non li temo: mi potrebbero dar noja per ,la posizione in cui mi trovo.

Ho oramai terminato un Direttorio per l Vescovi che interverranno al Concilio. Oh come sarebbe bene, che si potesse pubblicare in francese, perché in questo caso potrebbe più facilmente essere letto anche dai Prelati e dal Clero degli altri Stati».

Appena mi sarà pervenuta la confutazione di Mons. Nardi, io mi recherò a premura di comunicarla alla S. V. Reverendissima per il caso in cui una replica sembrasse opportuna.

Quello che maggiormente importa è che colla discussione si illuminino le menti e si impediscano le sorprese che altrimenti sarebbero troppo frucili in tempi ne.i quali la maggioranza deHe popolazioni non prende sufficiente interesse ad un argomento che pur tocca davvicino ai più gravi interessi della vita civile dei popoli.

Occupandomi in persona di ciò che concerne questo argomento gravissimo, e tenendo io segretissimo il di Lei nome, ho ferme speranze che non deriverà dalla nostra corrispondenza aicun disgusto alla S. V. Reverendissima, ed io vorrei che, senza risvegliare sospetti, mi si porgesse il destro di dimostrarLe in alcuna cosa quanto siano apprezzati i distinti servigi che Ella rende al Governo.

(l) -Cfr. n. 279. (2) -Ed. in MORI, pp. 599-600. (3) -La lettera di Tosi a Menabl:"ea del 15 maggio era la seguente: «Io ebbi l'onore d'inviare a V. E. un manoscritto che conteneva un appello al Clero pel futuro ConcUio. Ove Ella fra le
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IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1521. Berna, 18 maggio 1869, ore 10,35 (per. ore 12,35).

Afin d'ètre a mème de donner au Tessein des indications précises pour exécuter résolution fédérale ,le président voudrait savoir les noms des individus qui prenant part aux dernières conspir:ations contre le Royaume ont manqué aux devoirs de l'hospitalité dont ils jouissaient en Suisse, ainsi que de ceux auxquels l'asi! ne peut ètre accordé à cause d'action quelconque dont ils se seraient rendus responsables en Italie. Jusqu'à présent les mesures délibérées ne peuvent atteindre que les déserteurs récemment arrivés et les individus indiqués dans le memorandum de V. E.

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IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. III. Carlsbad, 18 maggio 1869.

Ho tardato a renderle conto dell'abboccamento che ho avuto col Conte di Beust sulla riunione del Concilio in Roma, imperocché nei primi giorni del mio soggiorno a Carlsbad la salute non mi consentiva in alcun modo di occuparmi. Ora che mi sono alquanto rinfrancato non vogiio più oltre indugiare ad adempiere all'obbligo mio.

II Conte di Beust non crede che ora sia opportuno di occuparsi delle questioni gravissime .che può sollevare il Concilio Ecumenico: a,Imeno egli non ravvisa per ora alcuna imperiosa necessità per il Governo austriaco di uscire dalla riserva che egli ha fin qui rigorosamente mantenuta.

Egli ha risposto in questo senso al Governo bavarese (1), e mi sembrò riconoscere che egli non ha fatto buon viso alla proposta del Principe di Hohenlohe imperocché ha ravvisato in essa un atto destinato ad esercitare influenza sulle elezioni politiche della Baviera, piuttosto che un atto diplomatico destinato veramente a sollevare e discutere una questione internazionale. In ogni modo egli ha creduto di sottomettere la ci~co~are all'esame dei due Ministeri cisletano e ungarese, mostrando però quell'atto con alcune osservazioni generali.

S. E. il Conte di Beust crede che l'Austria cadrebbe in una contraddizione manifesta colla politica liberale che propugna, col nuovo diritto pubblico inaugurato dal sistema rappresentativo, se ella rivendicasse in Roma il diritto della podestà civile di concorrere alla riunione ed alle deliberazioni del Concilio.

Allorquando egli assunse il potere, seguendo egli le norme della Chiesa protestante, egli reputò suo obbligo per non offendere le paurose coscienze cattoliche, di dichiarare in un suo discorso che l'Austria era una potenza cattolica.

Questa sua dichiarazione sollevò una fiera tempesta contro di lui. Da quel giorno egli ha dovuto convincersi che l'Impero Austro-Ungarese ripudia altamente quella qualifica, ed infatti quella qualifica non è giustificabile né può annunziarsi colle recenti leggi che infrangono il Concordato, leggi votate dal Parlamento e sancite dal potere esecutivo. Per governare rettamente, efficacemente non bisogna mai offendere la logica: non bisogna disfare con una mano ciò che si crea coll'altra. Il Governo che ha rotto il vincolo che univa la Chiesa allo Stato promulgando le nuove leggi sul-l'istruzione pubblica e le leggi confessionaU, non può opporsi alla libera riunione dei Vescovi: non può in questa riunione vedere che l'applicazione del principio proclamato dalla Costituzione e cioè la libertà di associazione. Egli aveva ragione di credere che i due Ministeri dell'Impero avrebbero approvato le sue idee e consigliato il Governo centrale dell'Impero a perdurare in questa savia linea di condotta. Egli non dissimulava però a se medesimo che le deliberazioni del Concilio avrebbero potuto creare delle difficoltà allo Stato, ma egli aveva invitato il Governo bavarese a riflettere che i:l potere civile avrebbe avuto tanta maggiore autorità ad opporsi ad esse, quanto più avrebbe lasciato libertà piena al religioso consesso.

L'autorità civile sarebbe stata meno libera di negare la propria sanzione ad atti contrari alla civiltà ed al progresso, se essa avesse incominciato per immischiarsi negli atti del Concilio, riconoscendone così la legittima autorità.

D'altronde quali accordi potevansi prendere dalle potenze cattoliche? Combattere a priori le deliberazioni del Concilio? Ma questa condotta sarebbe stata assurda ed avrebbe anzi accresciuto il potere e l'autorità di Roma.

Dichiarare che le potenze cattoliche non consentirebbero mai che l'autorità religiosa si mescolasse in materie politiche e usurpasse i diritti dello Stato? Ma ciò era mettere in dubbio la propria autorità e la propria forza.

Proclamare che lo Stato voleva mantenere la propria ingerenza nelle questioni religiose e nelle proclamazioni dei dogmi? Ma ciò era lo stesso che dichiarare che si voleva mantenere quel vincolo fra la Chiesa e lo Stato, che gli atti legislativi recenti dichiaravano sciolto.

E sopra quale base porsi d'accordo, soprattutto pensando alla diversità delle legislazioni dei diversi Stati europei? Il Conte di Beust aggiunse sorridendo esser più facile a dugenta vescovi il porsi d'accordo che a tre Governi tedeschi il camminare sopra una identica linea politica. Conchiuse dicendo che Egli però avrebbe preso in a,ttenta considerazione la nota del Governo italiano, imperocché questa sua risposta non era ancora ufftciale riservandosi egli di nuovamente esaminare il difficile problema. Però egli fin d'ora poteva dichiararmi che se dovessero sorgere delle difficoltà con Roma egli desiderava procedere d'accordo col Governo francese e col Governo italiano, e che a Parigi egli si era inteso in questo senso.

Io ho ringraziato il Conte di Beust di questa comunicazione, ed ho insistito vivamente perché egli voglia prendere conoscenza della nota italiana che però ho fatto tradurre in francese acciò egli possa più agevolmente esaminarla.

Al mio ritorno da Carlsbad le renderò conto Signor Ministro della impressione che la lettura della Nota avrà prodotto sull'animo di S. E. il Cancelliere dell'Impero. Intanto debbo aggiungere che quasi le identiche cose che disse a me, ripetè pochi istanti dopo al Minist,ro di S. M. il Re di Baviera, che era venuto per insistere nuovamente in favore della proposta del proprio Governo.

Il Conte Bray, ebbe anzi la somma cortesia in questa occasione di leggermi una lettera del Principe di Hohenlohe in cui refuta gli argomenti del Conte di Beust, sovratutto in ciò che concerne il pericolo d'improvvide deliberazioni per parte del Concilio.

Il Ministro Presidente bavarese è sovrattutto occupato dal pericolo che il Concilio proclami l'infallibilità del Papa, atto che getterebbe la perturbazione nelle coscienze cattoliche, e che quindi bisognerebbe ad ogni patto impedire. Gli argomenti nuovi del Pr,incipe di Hohenlohe non pare però abbiano prodotto maggiore effetto sul Conte di Beust di quelli svolti neUa nota circolare (1).

(l) Cfr. n. 354.

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IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II <2)

T. Parigi, 19 maggio 1869.

Partirai jeudi, arriverai Turin vendredi soir. Samedi matin irai directement Florence. J'ai vu hier Empereur qui m'a retenu deux heures. La guerre ne sera pas i:mmédiate m'a-t-il dit, mais il faut s'y préparer. De vive voix je dirai le reste à Votre Majesté (3).

(l) -Artom trasmise con R.V. del 25 maggio la risposta del Governo del Baden alla circolare bavarese sul Concilio. Tale risposta aveva carattere interlocutorio e proponeva di tentare di farne rinvia;·e la convocazione. Barra! comunicò con R.r. IV del 2 giugno che van der Stichelen aveva ribadito l'intenzione del Governo belga di mantenersi in un atteggiamento di perfetta astensione rispetto al Concilio. (2) -Da ACR. (3) -Vimercati ,arrivò il 22 mag~io a Firenze ove si incontrò con Menabrea, Visconti Venosta, Cambray Di;;ny e Minghetti, come risulta da alcuni biglietti conservati in ACR in cui vengonofissati i relativi appuntamentL Il 24 maggio inviò a Grassi a Parigi il seguente telegramma (ibid.): «Je réussirai ». Rientrò a Parigi il 29 maggio.
332

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI

D. 9. Firenze, 20 maggio 1869.

La ringrazio delle informazioni contenute nella di Lei corrispondenza politica che ho ricevuto regolarmente sino al N. 19.

Gli schiarimenti dalla S. V. favoritimi circa lo spirito pubblico del paese e le interne difficoltà che circondano la Reggenza mi furono molto utili per formarmi un'idea ognor .più precisa della situazione di codesto Principato al quale si sogliano attribuire disegni ed aspirazioni ch'egli sembra per ora almeno impossibilitato a realizzare.

È notevole tuttavia una circostanza che emerge dalle varie comunicazioni fattemi dalla S. V. La Serbia spiegherebbe, stando a quanto Ella mi scrive, una gagliarda resistenza alle tendenze di coloro i quali vorrebbero che della politica russa si facesse il punto d'appoggio dell'azione che il Principato dovrebbe, a loro credere esercitare sugli altri paesi slavi.

Questa circostanza se può esser causa di qualche difficoltà interna per parte di questo Governo, ci sembra però assai favorevole per l'avvenire della Serbia che altrimenti rischierebbe di essere, almeno moralmente assorbita nell'orbita di un troppo potente amico. La forza di codesto piccolo paese risiede infatti nel modo col quale egli saprà schermirsi da tutte le esclusive influenze, sotto qualunque forma si presentino per farsi accettare. Epperò a raggiungere questo scopo può giovare alla Serbia la conservazione delle condizioni politiche nelle quali i trattati l'hanno posta rispetto all'Impero Ottomano. La soggezione <Che fu stabilita nelle convenzioni internazionali non crea attualmente per i Serbi un vincolo ·Che ne impedisca il regolare sviluppo civile ed economico ed è invece una guarentigia non disprezievole contro i tentativi che si facessero per costringere ii principato a prender partito per l'uno o l'altro dei suoi potenti vicini. V. S. ben sa invero come vi siano potenze le quali professano sì altamente il rispetto dei diritti della Sublime Porta da essere sempre pronte a tutelarli contro ogni impresa tendente a scalzarli, mentre invece io ritengo che si potrebbe dubitare dell'impegno 'che metterebbero quelle stesse potenze nel difendere il Principato da ogni esclusiva influenza quando il medesimo cessasse di essere politicamente collegato coll'esistenza dell'impero ottomano.

Noi crediamo dunque che si debba andar lieti della moderazione delle idee che sembrano dominare in questo momento a Belgrado per ciò che concerne le relazioni della Serbia collo Stato alto-Sovrano, queste condizioni dello spirito pubblico allontanano certamente molti pericoli che altrimenti sarebbero da temersi.

La S. V. conosce abbastanza a quest'ora le idee che guidano la politica del

R. Governo in una via essenzialmente ma saggiamente conservativa anche nelle quistioni orientali, Le sarà dunque facile misurare il proprio linguaggio in modo da corrispondere pienamente al concetto che suggerisce la linea di condotta da noi seguita. Converrà però che in ogni circostanza la S. V. si circondi di quella prudente riserva che se è utile ovunque, diviene indispensabile in un paese ove

25 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. XI

interessi ed influenze contrarie si combattono ed ove a noi conviene di non pigliar partito per alcuno dei contendenti.

Noi abbiamo fiducia che la vertenza relativa all'evacuazione del piccolo Zvornik non sarà d'indole a creare difficoltà tra il Governo principesco e quello di Costantinopoli. La moderazione delle idee che si riscontra attualmente in Serbia ci assicura che tale quistione potrà trovare un facile componimento.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Vous avez bien fait de garder une très grande réserve sur l'affaire de la réunion

de l'eglise de Bosnie au siège de Belgrade. Ce projet trahit l'intention de parvenir petità-:,etit à la réalisation d'autres projets concernants l'administration civile de cette province ottomane.

Vous pouvez ètre sur de mon approbation toutes les fois que tout en inspirant de la confiance au Gouvernement Serbe vous saurez éviter d'engager d'une façon quelconque le gouvernement du Roi.

333

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 859. Parigi, 20 maggio 1869 (per. il 23).

Da tre giorni le riunioni elettorali sono cessate. Dopo l'ultimo rapporto ch'ebbi l'onore d'indirizzare all'E. V. intorno alle circostanze che accompagnarono alcune di queste riunioni, la pubblica tranquillità non fu più turbata, e com'era agevole a prevedersi il buon senso della maggioranza della popolazione parigina ed il contegno delle Autorità, fermo senza essere provocatore, evitarono disordini e conflitti maggiori. Talché il vero risultato ottenuto dagli istigatori delle dimostrazioni tumultuose della scorsa settimana è quello d'avere provata l'inanità di siffatti tentativi e d'aver rigettata una parte degli elettori nelle braccia del partito conservatore.

Le più generali tendenze manifestatesi nelle discussioni elettorali, i principii più universalmente ammessi possono riassumersi nei seguenti punti:

l) Il mantenimento della pace. L'espressione di questo voto fu comune a tutti l partiti ed a quasi tutte le assemblee. Un distinto candidato alla deputazione, alludendo alle velleità d'una rivincita per lo scacco morale subito dalle vittorie prussiane, non esitava a compararle a quelle del giuocatore che raddoppia la posta, ricordando gli avversi eventi del Messico. Egli è incontrastabile che un simile sentimento prevale in molti, indipendentemente dalle considerazioni di solo ordine economico.

2) L'estensione, il consolidamento della libertà nell'interno. Sopra questo punto, salve le varianti estreme, non v'ebbe quasi discrepanza. Difatti, anche l meno convinti sanno di non potersi fare d'alcuna altra rivendicazione un'arma più efficace contro il Governo imperiale, come gli amici sinceri di questo vedono la crescente necessità di temperarne vieppiù il carattere personale ed in molta parte tuttora arbitrario.

3) L'astensione nella questione di Roma. So che in vari dipartimenti trovaronsi elettori che pretendevano un contrario impegno da loro candidati; ma pure l'enunciato principio guadagnò terreno e fu quasi incontestato nelle riunioni parigine.

Non può esservi dubbio circa l'esito nella maggior parte al Governo favorevolissimo delle elezioni generali nell'Impero, malgrado i progressi dell'opposizione. Tra pochi giorni l'urna avrà pronunciato, e sarà mia cura d'informare l'E. V. colla possibile prontezza del suo verdetto.

334

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 861. Parigi, 20 maggio 1869 (per. il 22).

Il signor Desprez, direttore della divisione politica nel Ministero imperiale degli Affari Esteri, è venuto oggi a rimettermi a nome di S. E. il signor Rouher il progetto d'istruzioni al Console di Francia a Tunisi (l) e il progetto di decreto da emanarsi dal Bey che ho l'onore di mandare qui unito all'E. V. Il signor Desprez fece oggi egualmente la medesima trasmiss,ione a Lord Lyons, Ambasciatore di Sua Maestà britannica. Questi due documenti sono allo stato di semplice progetto. Il signor Rouher m'ha detto e il signor Desprez mi ha ripetuto ch'essi non saranno spediti a Tunisi se non dopo che i Gabinetti di Firenze e di Londra saranno interamente caduti d'accordo con quello delle Tuileries intorno al loro contenuto. Questa comunicazione, nel pensiero del Governo imperiale, risponde al desiderio più volte manifestato dall'E. V. e da me ancora recentemente ricordato al signor Rouher in seguito al dispaccio che l'E. V. mi diresse il 4 corrente (2), di avere cioè sotto gli occhi un documento scritto contenente le idee del Governo francese intorno al modo di comporre le commissioni esecutiva e di controllo da istituirsi a Tunisi, ed intorno al loro mandato.

L'E. V., essendo in possesso di questi due documenti, potrà esaminare il progetto e dare una risposta definitiva, intorno alla quale il signor Rouher mi pregò di raccomandare la maggior possibile sollecitudine. La medesima raccomandazione è fatta, credo, al Governo inglese, al quale furono fatte le medesime comunicazioni che al Governo ded Re.

Siccome nei due progetti qui uniti non è fatta menzione della presidenza della commissione esecutiva né di quella della commissione di controllo, domandai al signor Desprez se il Governo imperiale avesse qualche intenzione prestabilita al riguardo. Il signor Desprez mi rispose che la presidenza della commissione di controllo dovrebbe, a suo avviso, essere nominata dai membri stessi della commissione. Quanto alla commissione esecutiva, essendo essa nominata dal

Bey, il suo presidente ed il vicepresidente dovrebbero pure essere nominati dal Bey. Aggiunse che il presidente dovrebbe essere un tunisino, ed alla vicepresidenza dovrebbe essere chiamato l'ispettore francese di finanza che la Francia mette a questo scopo a disposizione di Sua Altezza. L'E. V. ben ricorda che questa medesima idea mi fu esposta dal Marchese di Moustier fin dall'ottobre scorso, come risulta dal mio dispaccio del 9 ottobre 1868 (1), e penso che non in altra guisa si sia espresso iJ Barone di Malaret nel recente suo colloquio coll'E. V.

Ho domandato poi al signor Desprez quale fosse la situazione verso il Governo imperiale di questo ispettore francese di Finanza che dovrebbe far parte della commissione esecutiva secondo il progetto di cui si discorre. Il signor Desprez mi disse che questo ispettore, durante tutto il tempo in cui sarebbe membro della commissione esecutiva tunisina, dipenderebbe esclusivamente dal Bey e non avrebbe per nulla a dipendere dal Governo francese, senza che per ciò questa sua posizione temporaria venisse a nuocergli nei suoi diritti di carriera e di pensione verso il Governo francese.

Nel progetto d'istruzioni al ConsoJe di Francia non è fatta menzione della recente operazione intervenuta fra il signor Pinard e il Governo del Bey. Sull'osservazione ch'io gli feci in proposito il signor Desprez mi disse che il Governo francese aveva dichiarato al signor Pinard ed aveva con altre comunicazioni fatto dichiarare al Governo del Bey dal Console di Francia a Tunisi che esso non approvava un'operazione fatta all'infuori d'ogni sua azione ed a sua insaputa, ma che aveva creduto miglior partito di non farne cenno nel presente progetto d'istruzioni, come se si trattasse di cosa non avvenuta.

Prego l'E. V. di volermi mettere in grado di dare al Governo imperiale una risposta intorno al contenuto dei due documenti qui uniti, e Le sarei grato se questa risposta fosse data con dispaccio destinato ad essere comunicato in copia. Trattandosi d'interessi gravi, sopra i quali è necessario l'accordo di tre Governi, reputo importante che la comunicazione che avrò a fare a nome del Governo del Re sia consegnata per iscritto, onde evitare così ogni anche minima inesattezza ed ogni malinteso sulle idee dei rispettivi Governi.

ALLEGATO

PROGETTO DI DECRETO

Art. I

La Commission instituée par notre décret du 4 avril 1868, sera divisée en deux comités distincts, un comité exécutif et un comité de contròle.

Art. II

Le Comité exécutif sera composé de la manière suivante: deux fonctionnaires tunisiens nommés par le Gouvernement de la Régence, et un inspecteur des Finances français, également nommé par le Gouvernement de la Régence et préalablement désigné par le Gouvernement de S. M. l'Empereur dcs Français.

Art. III

Le Comité exécutif aura toutes les attributions primitivement dévolues à la Commission telles qu'elles se trouvent définies dans notre décret précité.

Art. IV

Le Comité de contrale sera composé de la manière suivante: deux membres français représentant les créanciers des emprunts de 1863 et 1865; deux membres anglais et deux membres italiens, représentant les porteurs des titres dc la dette intérieure.

Chacun de ces délégués recevra directement son mandat des porteur& de titres des emprunts et conversions de l'Etat Tunisien dument prévenus à cet effet, par les soins du Gouvernement de In Régence et sous la surveillance du Comité exécutif.

Art. V

Le Comité de contrale connaitra de toutes les opérations du comité exécutif. Il sera chargé de les vérifier et de les approuver, s'il y a lieu. Son approbation sera nécessaire pour donner un caractère exécutoire aux mesures d'intérét général délibérées par le Comité exécutif.

Les cinq articles ci-dessus ont été stipulés le ...

(l) -Non pubbllcato. (2) -Cfr. n. 299.

(l) Cfr. serie I, vol. X, n. 578.

335

IL SEGRETARIO GEJ.'J"ERALE AGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

T. 906. Firenze, 23 maggio 1869, ore 16,40.

On me communique de Paris le projet français pour l'institution d'une commission financière à Tunis (l). Pendant que nous l'étudions informez vous au plus tòt de l'opinion du Gouvernement anglais à qui il a du etre soumis aussi notamment au sujet du vice président dèlégué français (2).

336

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1532. Londra, 24 maggio 1869, ore 16,25 (per. ore 18,58).

Lord Clarendon est absent depuis une semaine et ne reviendra pas avant jeudi, je sais pourtant qu'il a reçu projet français relativement Tunis; il ne

s'en est pas trop occupé encore, mais il me revient de très bonne source qu'il exigera des modifications entre autres la révocation du décret du Bey de Tunis de l'année dernière auquel on en substituerait un autre qui comprendrait les dispositions à arreter au sujet des commissions françaises. L'absence de mylord m'a empeché de lui donner lecture de votre dépeche n. 170 (l). En le voyant dois-je lui faire d'abord cette communication ou bien entrer en matière sur le nouveau projet français? J'attends instructions (2).

(l) -Cfr. n. 334. (2) -Per la risposta cfr. n. 336
337

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1531. Tunisi, 24 maggio 1869, ore 17,55 (per. ore 21,50).

Agent anglais vient me dire que le baron Castelnuovo l'a informé d'avoir mission de V. E. de conclure nouveau projet d'unification avec Bey de Tunis et que camme l'Angleterre dans cette question venait de se séparer de l'Italie il s'était adressé à lui pour m'engager à avoir ensemble les trois une entrevue à la quelle j'ai cru pour à présent devoir me refuser. Or agent anglais ayant des instructions de Londres diamétralement opposées il me demande là dessus des explications que je n'ai pu lui donner. En attendant qu'il plaise à v. E. de me donner la clef de cette affaire, si toutefois il y en a une, je ne dois pas cacher que l'ingérence de Casteinuovo me met dans une très fausse position, affaiblit l'action des deux consuls et force mon collègue à prendre des mesures encore plus sérieuses pour maintenir <l'attitude prise par son Gouvernement (3).

338

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 97. Vienna, 24 maggio 1869.

Il Conte di Beust ha diramato agli Agenti Diplomatici presso le minori Corti di Germania una circolare destinata ad essere pubblicata nel Libro Rosso.

In questa circolare egli si preoccupa assai della situazione, e dei rapporti colla Confederazione del Nord, del Regno di Baviera, del Regno di Wtirtemberg e del Gran Ducato di Baden, e dichiara nel modo più categorico che l'indipendenza della Germania del Sud è una quistione vitale per l'Austria.

(-2) Per le istruzioni cfr. n. 340.

Ignoro se questa dichiarazione sia stata concordata anticipatamente col Ministero Ungaro. Se ciò fosse, converrebbe credere ad un mutamento radicale nell'indirizzo politico del Gabinetto del Conte Andrassy.

Io non mancherò di tenere informato V. E. sopra un argomento che reputll assai gra ve (l) .

(l) -Cfr. n. 316. (3) -Per la risposta cfr. n. 339.
339

!L PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

T. 909. Firenze, 25 maggio 1869, ore 13,45.

Le baron de Castelnuovo m'a parlé de son projet d'unification (2). Je l'ai laissé comme de droi t libre d'agir comme bo n lui semblerait; mais il n'a de moi aucun mandat spécial, lorsqu'il y a quelque chose à faire auprès du Gouvernement de Tunis, j'ai recours à l'agent du Roi qui est son consul général, mais non à personne autre; je tiens à ce qu'on sache que je ne fais rien qui puisse diminuer l'autorité du représentant du Gouvernement du Roi. Vous pouvez parler en conséquence.

340

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

T. 910. Firenze, 25 maggio 1869, ore 14.

Donnez Jecture à lord Glarendon de ma dépèche du 14 (3) en omettant pourtant la phrase de l'avant derniere alinéa relative à notre renonciation à des négociations qui n'engagent que nous. Demandez ensuite son opinion sur le projet français et tàchez de l'avoir au plus tòt, de manière pourtant que nous restions libres de faire à Tunis les communications que nous jugerons convenables sans attendre celles de l'Angleterre si elles doivent trop tarder.

341

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1540. Tunisi, 26 maggio 1869, ore 14,40 (per. ore 17,40).

P,lusieurs chiffres de la dernière dépèche de V. E. (4) ne répondent pas mais de l'ensemble j'ai assez compris pour savoir à quoi m'en tenir et calmer

(-4) Cfr. n. 339.

l'agitat!on de la piace. Mon attitude ainsl reste la meme comme les memes sont les dispositions du Bey de ne rien faire ultérieurement qui change l'état des choses jusqu'à la décision des puissances à la quelle Son Altesse se dit prete à se conformer.

(l) -Con D. riservato del 5 giugno Menabrea r-Ichiese ai ministri a Carlsruhe, Monaco e Stoccarda informazioni circo. l'impressione prodotta in quel paesi dalla circolare austriaca. Per le risposte cfr. i nn. 399, 408 e 440. (2) -Cfr. n. 337. (3) -Cfr. n. 316.
342

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, BERTINATTI (l)

D. R. 149. Firenze, 26 maggio 1869.

Da quanto mi viene riferito dal Ministro del Re in Berlino, la Sublime Porta non vorrebbe riconoscere all'Egitto il diritto di regolare, con accordi parttcolari da prendersi colle varie Potenze, la quistione delle riforme giudiziarie. Il Divano imperiale non s'opporrebbe, per quanto affermasi, alle riforme stesse, anzi spererebbe avvantaggiarsene, come che egli creda che le medesime si applicherebbero non soltanto all'Egitto, ma anche a tutte le altre parti dell'Impero del Sultano. Quello che più dispiace a Costantinopoli è il metodo adottato dal Governo del Cairo nelle sue trattative colle Potenze. Epperò la Porta sarebbe decisa a valersi, nella circostanza presente, di certe restrizioni colle quali limitava le concessioni fatte ad Ismall Pascià, allorché nel 1867 gli concedeva il firmano nel quale si riconosceva all'Egitto la pienezza del diritto di fare tutte le sue leggi interne senza ricorrere alla sanzione del Sultano.

Se queste cose sono vere meriterebbero la nostra più seria considerazione. Anzi tutto noi esitiamo a credere che il metodo seguito dal Governo egiziano nelle sue trattative colle estere Potenze, abbia potuto dispiacere a Costantinopoli. Partendo da un punto di vista che ci sembra giusto, il Governo del Vicere ha stimato che per condurre a buon termine un negoziato molto difficile il quale risguardava questioni riflettenti interessi gravi delle Colonie straniere, un accordo preliminare coi Governi esteri era indispensabile. Le basi da lui preparate e fatte conoscere ai Gabinetti non avendo incontrata l'approvazione del medesimi, egli ha invitato le Potenze ad un lavoro dal cui risultamento dipenderà in gran parte ciò che si potrà fare in seguito per migliorare le condizioni dell'amministrazione della giustizia negli Stati del Vicere. Questo divisamento è interamente conforme a ciò che noi stimiamo essere vantaggioso per tutte le parti: cioè, per il Governo locale, in quanto che evita i richiami e le proteste che altrimenti potrebbero seguire, per i Gabinetti esteri, i quali trovano in quel lavoro preliminare l'occasione di tutelare efficacemente gl'interessi dei loro connazionali, e finalmente anche per le Colonie, gli interessi delle quali sono in gioco, perocché non hanno a soffrire dei danni che sempre derivano dall'incertezza nella quale le lasciano quelle disposizioni legislative

che, incor1trando opposizione per parte dei Governi esteri, rimangono quasi come lettera morta, benché non siano né totalmente, né parrzialmente, revocate.

Non sarebbe dunque, secondo noi, da approvarsi la pretesa che emettesse la Sublime Porta, contrariamente alla generale aspettativa, per cui si credesse fondata a consigliare all'Egitto di desistere dal progetto di sottoporre all'esame preliminare di una Commissione internazionale la quistione relativa alle riforme giudiziarie.

Questo sistema presenta agli occhi nostri dei vantaggi reali senza scemare in alcuna guisa la libertà legislativa del Governo vicereale. L'opera della Commissione internazionale non può naturalmente essere che consultiva. Il suo voto farà conoscere all'Egitto quali disposizioni egli potrebbe prendere riguardo all'amministrazione della giustizia senza incontrare opposizione per parte delle Potenze. Che se la realizzazione di qualche speciale provvedimento che abbia ottenuto il voto favorevole della Commissione richiedesse la conclusione di qualche particolare accordo fra l'Egitto e gli esteri Stati, questi accordi non sarebbero che la naturale conseguenza di regolari trattative. Non vi è dunque Ce questo è il punto più importante), per parte dell'Egitto alcuna deroga o rinunzia alla piena sua potestà legislativa in favore delle Potenze; nel metodo scelto dal Governo del Vicere, si vede soltanto la prova di un sano e giusto apprezzamento delle difficoltà che, procedendo con diverso sistema, si sarebbero incontrate.

Intorno a questo argomento ebbi già occasione di scriverle che io crederei superfluo sviluppare maggiormente il nostro concetto alla S. V., che certamente ha potuto, coll'esperienza fatta, riconoscere i vantaggi che praticamente presenta il metodo preferito al Cairo, per raggiungere l'intento d'una importante riforma interna che tocca interessi delle Colonie straniere.

Non è qui il luogo né il tempo di esaminare le quistioni che l'interpretazione e l'applicazione del firmano del 5 sefer 1284 (1867) potrebbero sollevare. Basta per il momento accertarsi che nelle trattative seguite fra l'Egitto e le estere Potenze non si vede che cosa possa avere in qualche maniera offesi i diritti di alta sovranità della Sublime Porta. Intanto però non è da pretermetcersi che il R. Governo troverebbe inammissibile la pretesa del Divano imperiale che qualunque concessione fatta da Iui, mediante particolari accordi, agli Stati tributari della Turchia, debba ipso jure estendersi a tutte le parti dell'Impero. Senza impegnarsi in una discussione di diritto, forse prematura, sta in fatto che in quegli Stati dipendenti dall'alta sovranità del Sultano, il trattamento degli stranieri non fu mai conforme a quanto si pratica nelle provincie soggette al diretto dominio del Sultano.

Su questo punto le nostre riserve debbono essere in ogni occasione molto esplicite perché è troppo ormai palese la tendenza della Porta a cogliere qualunque motivo e qualunque circostanza per tentare di scalzare con ripetute brecce l'edifizio tanto necessario delle capitolazioni e degli usi introdottisi nell'applicazione delle medesime.

Gradirò avere dalla S. V. precise notizie intorno all'oggetto di questo dispaccio iJ quale le servirà intanto di utile norma di linguaggio nel caso le occorresse esprimere un'opinione al proposito.

(l) Ed., con alcune varianti, In L V 21, pp. 37-38.

343

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1541. Londra, 27 maggio 1869, ore 4,50 (per. ore 7,25).

Je viens de lire a lord Olarendon vo,tre dépèche n. [170] (l) avec la modification que vous m'avez suggérée et il espère que les explications que je vous écrirai de sa part pourront vous satisfaire. Quant au projet français qui lui a été présenté au sujet de Tunis voilà ce qui est. Le Gouvernement français ne consent pas à la révocation du premier décret mais il promet de comprendre dans le nouveau toutes les dispositions relatives à la formation de la commission financière et il s'est engagé à soumettre ici une minute à cet effet. Mylord tient beaucoup à définir cette question voulant éviter toute possibilité qu'on invoque ancien décret dans l'exécution du nouveau. Rassuré sur ce point lord Clarendon acceptera je crois les propositions françaises. Quant à la viceprésidence du délégué impérial il l'a subie comme faisant partie du projet, mais il compte la contrecarrer par le véritable contrale qu'exercera l'autre section de la commission et il pense que ceci pourrait suffire à protéger nos intérèts communs.

344

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1543. Tunisi, 28 maggio 1869, ore 13,50 (per. ore 17,05).

Pendant que le consul français m'a annoncé que trois puissances sont tombées d'accord pour la nomination de la commission internationale, celui d'Angleterre me communique une dépèche de Londres du 18 mai qui lui enjoint de renouveler ses protestations, s'il le croit nécessaire à sauvegarder intérèts de ses administrés. Je n'y comprends rien, mais le cas échéant est-ce que je pourrais m'unir aux démarches de mon collègue d'Angleterre?

345

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (2)

T. Parigi, 29 maggio 1869, ore 15 (per. ore 17).

Ministre d'Etat chargé par Empereur me prie télégraphier à Votre Majesté de ne pas tenir compte du démenti que le Moniteur Otficiel donne au Moniteur Universel sur l'existence d'un traité entre l'Italie et France pour la retraite

des troupes de Rome. Publication Moniteur est passée à l'opposition, et a répandu ce bruit pour les élections qui restent encore à fatre. Gouvernement français très content résultat électoral, une très grande majorité pour le Gouvernement et une opposition irréconciliable très restreinte. Télégraphierai aussitòt vu l'Empereur. Troupes françaises rentreront en France au mois de ao11t (1).

(l) Cfr. n. 316.

(2) Da ACR.

346

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 127. Firenze, 29 maggio 1869.

La ringrazio vivamente della premura colla quale Ella raccoglie continuamente nell'interessante sua corrispondenza tutto ciò che riflette le questioni sulle quali si porta l'attenzione del R. Governo.

I suoi rapporti di questa serie mi pervennero regolarmente fino al n. 416. Di quanto Ella mi scrisse nel dispaccio n. 413 (2) ho preso nota per con fermare al Ministro del Re a Vienna l'istruzione di non tentare in alcuna guisa

"J'al rencontré ", me dlt-ll, "comme je vous l'avais prédit des dlfflcultés provenant de la déclaratlon fatte par M. de Menabrea à ses nouve,aux collègues, qu'on n'aurait pas pris des arrangements avec la France. Ces dlfficultés scront vaincues. Le Rei m'a chargé de dire à I'EmpereurNapoléon qu'Il Lui donnait sa parole d'honneur d'amener dans un bref dé!ai Ses Minlstres à la conclusion du traité désiré. Tout ce qu'on demande, c'est ,Je temps de préparer !es voies et de clore la session actuelle des Chambres. A cet effet j'ai été chargé d'lnvlter M. Nigra à écrlre quelques Iettres ostensibles à M. de Menabrea, ostensibles pour le conseil, qui sera sa!sl de I'affaire comme d'une proposition nouvel!e. C'est une comédie rendue indispensable par Votre demande du contre-seing ministériel. Dans quinze jours ou trois semaines tout sera terminé. J'al déjà sondé Minghetti, qui dispose de 150 voix de la droite. Il est gagné. Mordlnl sera travalllé par Cialdini. Il ne restera donc que Ferraris et un autre mlnlstre qui ne seront lnltiés qu'au moment où l'affalre sera portée devant le consell. Tous !es autres étant indlviduellement pour l'adhésion au traité, on se passera au besoin de ces deux Messieurs qui sortiront s'lls ne veulent pas entendre raison. L'affaire se fera alors régulièrement par plénipotentiaires qui signeront le traité à Paria, en stipulant l'échange des ratifications dans l'espace de huit ou dix jours.

Seulement M. de Menabrea supplle M. de Beust de lui faciliter sa tàche, en lnsérant la clause relative à la rectification de la !lgne de l'Isonzo. C'est une frontière impossible, telle qu'elle est, et l'Autriche gagneralt à cette rectificatlon tout autant que nous. J'al falt valoir ce que Vous m'avlez suggéré, que cette rectlfication pourrait se faire en dehors du traité par une négoclation spéclale; mais on m'a répondu que l'on tenait blen molns à la chose, qu'à l'apparence d'une concession, afln de pouvoir un jour motiver devant le pays le falt sl difficile à digérer pour l'Italle d'avolr conclu une alliance avec la France, sans attendre le départ des troupes françaises de Rome".

M. de Vimercati attache une telle importance à ce point secondalr'l qu'il m'a pr!é de me rendre à Vienne ou à Gastein pour Vous en parler.

Il y a encore quelques amendements que M. Menabrea propose dans !es rédactions de certalns artlcles. Ce Ministre, entre autres, voudrait abandonner l'engagement tripartlte, quant à l'élection du successeur dc Pie IX, en se bornant à demander que !es trois Puissances s'engageassentà protester contre toute ingérence du Concile oecuménique dans le règlement d'affaires appartenant à l'autorité civile.

M. de Vimercati m'a cependant donné à entendre qu'II vaudrait mieux de ne pas nous occuper de tout ceci, pour le moment, puisqu'.il était à prévoir que !es idées de M. de Menabrea subimient encore des modifications après qu'il aurait entendu M. Minghetti sur ces details.

M. le Comte Vimercati prétend du reste avoir acquis à Florence la preuve de ce qu'il m'avait dit sur le comte Andrassy qui aurait été "travaillé dans un sens hostile à I'aiUance depuis que

V. E. l'avait sondé à Agram ".

"Il y aurait un moyen blen simple ", ajouta l'Italien, "pour couper court à toutes ces difficultés Hongroises... Vous n'avez qu'à demander Ics Principautés Danubiennes. L'EmperetirNapoléon, je puls Vous l'·assurer, senit tout dlsposé à Vous !es accorder sur-Ie-champ ".

Il va sans dire que je n'ai répondu à cette proposition, mais je me suis demandé si, dans !es circostances présentes, le remède ne serait pas plre que le mal».

di intromettersi !1eile discussioni fra l'Austria e la Prussia. Se un'azione in questo senso riesce quasi impossibile all'Inghilterra, è pur facile vedere che per riuscire a simile intento, noi avremmo a vincere ben maggiori difficoltà. Le polemiche della stampa di Berlino e di Vienna non ci sembrano d'altronde costituire un pericolo reale ed imminente, il quale possa suggerirei di abbandonare la linea di condotta riservata che ci siamo tracciata in quest'ordine di cose.

Con telegramma ho diggià risposto anche al suo rapporto confidenziale

n. 414 0). Non posso che confermarle quanto Le scrisse al proposito il Cav. Barbolani. Sta in fatto, e lo riconosco volentieri, che mai il Gabinetto di Berlino ha fatto allusione colla S. V. alla creduta esistenza di segreti accordi che vincolassero l'azione dell'Italia a danno della Prussia. I rapporti che il Ministro prussiano ha ricevuto da Firenze non si fondavano che sopra private conversazioni alle quali non si poteva attribuire alcuna importanza politica. Approvo pertanto la lettera che V. S. ha scritto al signor De Thile pur osservando che ad un simile incidente si è attribuita un'importanza a mio credere molto esagerata.

(l) Cfr. la seguente lettera di Vitzthum a Beust del 30 maggio, edita In ONCKEN, vol. III, pp. 194-196 e in Origines diplomatiques, vol. XXIV, pp. 418-419: «Le Comte Vimercati est revenu hler de Florence. N'ayant pas trouvé le Prlnce de Metternich chez lui, le Comte est venu me volr ce matin pour me !aire le réclt sulvant:

(2) Non pubblicato.

347

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. III. Firenze, 29 maggio 1869.

In una recente conversazione che ebbi con Sir A. Paget il discorso si portò sulla Circolare che il Gabinetto di Monaco ha inviato ai suoi Agenti all'estero per chiamare l'attenzione dei varii Governi sui pericoli e sui danni che potrebbero derivare alla civile società dalle intemperanze di una potente frazione dell'alto clero che si teme possa dominare nel Concilio convocato in Roma. L'Inviato britannico il quale non conosceva il documento emanato dalla Cancelleria di Baviera, sembrava voler sapere quale fosse il nostro pensiero sull'idea che avea suggerito un passo cosi grave al Governo bavarese. Ond'io stimai dover cogliere l'occasione che si presentava, per palesare all'Inviato d'Inghilterra il nostro modo di vedere intorno a questo affare.

Incominciai dunque col dire a Sir A. Paget di quale grave pericolo sarebbe per tutti i Governi l'imporre che si farebbe da una universale società diretta da un clero numeroso e potente come verità dogmatiche le massime tutte che sono raccolte nel Syllabus. Siffatta società propugnerebbe in tutto il trionfo dei principi diametralmente contrari a quelli che regolano la società moderna, quindi soggiunsi che senza domandare la riunione di un'apposita conferenza a noi sembrava utile si promuovesse fra i vari Governi uno scambio di idee intorno ad un argomento che tutti li interessava ugualmente. Da questo scambio di idee si poteva sperare nascesse un accordo fra i Gabinetti delle principali potenze per mantenersi in una via identica e conforme agli interessi generali che importa tutelare.

Credeva il mio interlocutore che Lord Clarendon apprezzando giustamente la gravità della cosa sttmasse però più opportuno lo aspettare sino all'ultimo momento per agire; ma Sir A. Paget meco conveniva che un affare di tanto rilievo non poteva riuscire indifferente anche per l'Inghilterra avuto riguardo sopratutto agli interessi speciali che sono impegnati per lei in Irlanda.

Reputo conveniente informare la S. V. di questa conversazione acciocché Ella ne possa trarre argomento per intavolare altri discorsi sopra un argomento che altamente interessa il nostro paese e perché dalle cose ch'io dissi all'Inviato britannico Ella possa trarre norma anche per il linguaggio da tenersi con codesti uomini di Stato. Non sono del resto questi pochi cenni che una conferma di quelle idee che sono svolte con moìta maggiore ampiezza nelle mie precedenti comunicazioni delle quali la S. V. ebbe a tempo debito cognizione.

(l) Non pubblicato.

348

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 479. Firenze, 29 maggio 1869.

Sino dal 22 di questo mese il signor Barone di Malaret venne a darmi lettura di un dispaccio del suo Governo relativo all'istituzione di due commissioni, l'una amministrativa, l'altra di conLrollo, per sistemare gli affari di finanza della Reggenza di Tunisi. A quel dispaccio andavano uniti il progetto di decreto da suggerirsi al Bey e la minuta delle istruzioni che il Gabinetto delle Tuileries si proporrebbe d'indirizzare al suo agente in Tunisi per ottenere che il Governo tunisino accetti e faccia suo quel progetto di decreto.

Ascoltai con molta attenzione la comunicazione fattami dal signor di Malaret e gli dissi che aspettavo da un giorno all'altro che la S. V. mi trasmettesse copia dei documenti che egli mi avea letto. Appena li avessi ricevuti mi sarei recato a somma premura di esaminarli minutamente per essere tostamente in grado di farci una definitiva risposta. Soggiunsi però che, trattandosi di prendere una deliberazione che per molti riguardi dovea aversi come importantissima per noi, io dovea riservare ogni giudizio definitivo sul da farsi finché non avessi consultato il consiglio dei Ministri.

Intanto mi giungeva il di Lei rapporto del 20 corrente (l) e così ìo mi trovavo in possesso di quei documenti che mi erano indispensabili per formarmi un concetto esatto delle idee del Governo imperiale circa la soluzione da darsi alla vertenza tunisina.

Ora mi occupo di presentare al giudizio dei miei colleghi lo stato della questione e, sentito il parere del Consiglio dei Ministri, io non tarderò a far conoscere al Governo imperiale il nostro modo di vedere intorno alle comunicazioni ch'egli ci ha fatte.

Al signor Barone di Malaret, che ieri l'altro ancora mi sollecitava perché io dessi un pronto riscontro, dissi intanto che in massima avremmo potuto intenderei pel progetto di costituire due commissioni invece di una sola, ma che importava metterei d'accordo sopra vari punti particolari di applicazione e sul significato di alcune clausole che non ci sembravano abbastanza chiare. In ogni maniera si dovea, a nostro avviso, evitare che il nuovo decreto del Bey facesse cenno di quell'antico contro del quale avevamo protestato insieme coll'Inghilterra. Rammentai quindi al signor di Malaret che quel primo decreto faceva temere che si volesse procedere all'unificazione ed al pareggiamento di tutti i debiti della Tunisia perché si concedeva espressamente alla commissione che si voleva stabilire, il diritto di revisione di tutti i contratti anteriormente stipulati dal Bardo. Queste attribuzioni da noi credute eccessive non meno che la formazione della commissione aveano sempre formato oggetto delle nostre riserve le più esplicite e su questi due punti si fondarono anche ognora le opposizioni fatte dal Gabinetto di Londra all'applicazione del primo decreto. Del resto io mi riservava nelle mie conversazioni col signor Barone di Malaret di risponder più distesamente tosto che la questione avesse potuto essere più profondamente e più minutamente studiata.

Il mio interlocutore m'espresse l'intenzione di scrivere subito al suo Governo circa il nostro desiderio che nel nuovo decreto non si avesse a far allusione all'antico, ed io lo ringraziai di tale sua premura assicurandolo dell'impegno che dal canto nostro metteremmo perché una soluzione soddisfacente possa essere sollecitamente ottenuta.

La prego, Signor Ministro, di valersi di questa mia comunicazione per rendere informato S. E. il Marchese di La V alette, della premura che noi metteremo nell'esame del progetto che il Governo francese ci ha comunicato. Appena quest'esame sarà ultimato, sarà mia cura di scrivere a Lei, signor Ministro, un dispaccio di risposta che Ella possa comunicare testualmente al Governo Imperiale.

(l) Cfr. n. 334.

349

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

T. 913. Firenze, 30 maggio 1869, ore 14,30.

Veuillez de nouveau déclarer au Bey de Tunis que le baron Castelnuovo n'a aucune mission du Ministère pour l'unification des dettes. Il agit pour son propre compte tandis que dans toute cette question nous marchons d'accord avec l'Angleterre (1). Les trois puissances sont je l'espère sur le point de s'entendre dans l'intéret com.mun.

«È giunto sul momento il telegramma seguente del Console generale Signor Wood, per la via di Malta, donde fu spedito nella giornata di jeri:

• Il barone Castelnuovo è arrivato a Tunisi, da Firenze, con una missione del Generale Menabrea, !l quale dice che l'Inghilterra avendo dichiarato la non esistenza di creditori britannici,

(l) Paget aveva comunicato a Menabrea il seguente telegramma ricevuto da Clarendon !l 28 maggio:

350

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 872. Parigi, 30 maggio 1869 (per. il 2 giugno).

Nel confermare all'E. V. il mio dispaccio del 20 corrente (l) con cui ebbi l'onore di trasmetterle copia del progetto di decreto e d'istruzioni comunicatomi dal Governo francese e relativo alla questione finanziaria di Tunisi, mi pregio d'accusarle ricevuta del dispaccio n. 478 di serie politica che l'E. V. mi scrisse il 20 corrente (2) sul medesimo argomento. Noto per ogni buon fine che quest'ultimo dispaccio mi pervenne per la posta solamente jeri, 29 maggio corrente.

Secondo quanto l'E. V. mi scrive, il Barone di Malaret Le avrebbe annunziato nella recente sua conversazione che la commissione di controllo dovrebbe essere presieduta da un funzionario tunisino assistito da un vice-presidente francese appositamente delegato. Ha dovuto succedere qui una confusione che non so bene spiegarmi, tra la commissione esecutiva, e la commissione internazionale di controllo. Non fu mai questione della presidenza e vice-presidenza di quest'ultima commissione. Si è relativamente alla commissione esecutiva che il Governo francese propose fin dall'ottobre scorso, come Le scrissi col mio dispaccio del 9 ottobre 1868, che fosse composta di due tunisini e d'un ispettore di finanze francese, che fosse presieduta da un tunisino e che la vicepresidenza fosse confidata all'ispettore francese. Del resto il mio dispaccio del 20 corrente completò anticipatamente questa rettificazione ed avrà messo l'E. V. in grado di conoscere più esattamente le proposte francesi.

Secondo le istruzioni dell'E. V. avrò cura di comunicare a S. E. il Marchese di La Valette, in via confidenziale, le indicazioni raccolte dal R. Console generale a Tunisi intorno alle finanze tunisine. Questa comunicazione sarà fatta non più tardi di domani.

Il progetto di decreto che il Governo francese vorrebbe proporre al Bey di Tunisi, d'accordo coi Gabinetti di Firenze e di Londra, e che ho avuto l'onore di comunicare all'E. V. col mio dispaccio del 20 corrente, mi suggerisce alcune osservazioni che prendo la libertà di sottomettere all'apprezzamento dell'E. V.

Anzitutto il progetto di decreto si riferisce al precedente decreto del Bey del 4 aprile 1868, contro il quale l'Italia e la Inghilterra avevano protestato. L'E. V. ricorderà che la Francia, malgrado queste proteste, persistè ad esigere

separa la sua azione, negli affar! d! Tunis!, da quella dell'Italia per eu! questa trovandosi abbandonata, cede alle domande della Francia. Il Castelnuovo è in comunicazione col Bey, e le sue dichiarazioni trovandosi in contraddizione colle definitive Istruzioni d! V. S., la mia attitudine ne riesce grandemente Indebolita. Hanno quelle dichiarazioni fondamento di fatto? Desidero saperlo per mia norma'.

Il Governo di Sua Maestà non sa comprendere come il Signor Castelnuovo possa avere affermato cose d! tal natura. Nel porre una copia del telegramma del Signor Wood sotto gli occhi del Conte Menabrea, V. S. lo pregherà d! volerla mettere !n grado d! spiegare la cosa al Governo della Regina, aggiungendo che ebbi jeri una conversazione col Conte Maffe!, dalla quale risultò una completa concordanza fra le ncstre opinioni ».

quel decrzto, ma promise ai Gabinetti di Firenze e di Londra che intorno alle modificazioni da introdursi nel decreto stesso e nella sua applicazione, 11 Governo francese si sarebbe messo d'accordo coll'Italia e coll'Inghilterra. Si può domandare se sia utile che il nuovo decreto richiami l'antico, e se non sarebbe stato più conveniente il proporre un nuovo decreto che non si riferisse all'antico. In verità, è questa una questione di forma che a' miei occhi non ha grande importanza. L'importante parmi debba essere la sostanza stessa dei provvedimenti da prendersi, i quali devono guarentire gli interessi politici dei Governi interessati, non meno che gli interessi pecuniari dei sudditi rispettivi. La vera questione parmi adunque che dovrebbe essere la seguente:

Il decreto proposto dalla Francia contiene desso queste guarentigie in modo equo pei Governi principalmente interessati? Non v'è dubbio che nella commissione esecutiva la Francia eseJ.'Iciterebbe un'azione speciale, ad esclusione del Governi d'Italia e d'Inghilterra, giacché l'anima, per dir così, di questa commissione sarebbe l'Ispettore di finanze francese, il quale, comunque passi al servizio del Bey di Tunisi, conserverà pur sempre le tendenze del Governo francese, del quale è funzionario. Ma d'altro lato, nella commissione internazionale di controllo, composta di due italiani, di due francesi e di due inglesi, la preponderanza rimarrebbe incontestabilmente all'Italia ed all'Inghilterra, se esse procedono unite. E siccome la commissione esecutiva non può far nulla senza il concorso della commissione di controllo, le due opposte influenze possono contemperarsi equamente. Ne risulterebbe quindi l'alternativa seguente: o le due commissioni riescono a camminare d'accordo, ed in questo caso i diversi interessi possono considerarsi come sufficientemente guarentiti; ovvero non riescono a procedere d'accordo, ed allora nulla sarà fatto, e converrà pensare ad un'altra combinazione.

Nella prima ipotesi, dissi che i diversi interessi possono considerarsi come sufficientemente guarentiti. Parlo, bene inteso, degli interessi pecuniari immediati. Vi sarebbe certamente qualche riserva a fare intorno all'influenza politica. Ma mi sembra che questo argomento non abbia mai chiamato seriamente l'attenzione del Governo britannico, il quale non pare preoccupato che della soddisfazione degli interessi pecuniari positivi ed immediati, implicati in questa vertenza.

Nella seconda ipotesi, la quale non è improbabile in presenza della divergenza degli interessi, e fors'anche in presenza di gelosie e suscettività locali, quale altra combinazione potrebbe mettersi sul tappeto? Io credo che se la combinazione francese facesse mala prova, e non potesse procedere a buon termine, converrebbe che le questioni principali da risolversi fossero discusse e risolte lungi da Tunisi, a Parigi, a Londra o a Firenze, in una conferenza diplomatica, all'infuori d'ogni influenza locale e al di sopra d'ogni considerazione di personalità interessate.

Del rimanente l'E. V., essendo ora in possesso delle proposte francesi, farmolate per iscritto, ed essendo meglio in grado di conoscere a questo riguardo l'opinione del Governo inglese, potrà definitivamente pronunziarsi in piena cognizione di causa.

(l) -Cfr. n. 334. (2) -Non pubblicato ma cfr. n. 321.
351

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 99. Vienna, 30 maggio 1869.

Ho l'onore di trasmetterle qui unita una copia del dispaccio indirizzato da

S. E. il Conte di Beust al Rappresentante di S. M. Imperiale e Reale Apostolica a Firenze il 19 aprile ultimo scorso, come pure una copia della circolare colla quale H Cancelliere dell'Impero comunicava il testo del predetto dispaccio agli Agenti diplomatici austriaci all'estero.

Quantunque, secondo quanto ebbi l'onore di telegrafarle ieri (1), io debba supporre che questi documenti perverranno pure per altra via all'E. V. tuttavia ho creduto opportuno di inviarle direttamente quelli che mi furono consegnati dall'istesso Conte di Beust.

ALLEGATO I BEUST A KuBECK

19 aprile 1869.

S. M. l'Empereur et Roi qui vient de recevoir des mains de M. le Lieutenant Général Comte de Sonnaz, envoyé ici à cet effet, le collier de l'Ordre de l'Annonciade, charge

v. -E. de remettre à son retour à Florence, le Grand Cordon de l'Ordre de St. Etienne à S. -M. le Roi d'Italie et l'Ordre de la Toison d'or à S. A. R. Monseigneur le Prince Humbert.

Cet échange de décorations et !es missions de courtoisie remplie par M. le Lieutenant Général Comte Morozzo della Rocca et M. le Feld-Maréchal-Lieutenant Méiring constatent d'une manière assez éclatante combien !es relations entre l'Empire austrohongrois et le Royaume d'Italie ont pris un caractère de cordiale amitié.

Nous nous félicitons sincèrement de cet état de choses et nous croyons pouvoir le faire avec d'autant plus de droit que ce rapprochement entre !es deux pays n'est point un fait accidente! ou nouveau, mais bien une des conséquences de la politique poursuivie avec persévérance par le Gouvernement actuel de S. M. Impériale et Royale Apostolique. Depuis que la paix a rétabli les rapports si longtemps interrompus entre !es Cours de Vienne et de Florence, tous mes soins se sont appliqués à effacer la trace des anciens dissentiments et à prouver que nous acceptions loyalement sans la moindre arrière-pensée de rancune, la position que les événements nous avaient faite. Appelé à étre le premier Représentant à Florence de S. M. notre Auguste Maitre, Vous savez mieux que personne, M. le Baron, à quel point nos efforts ont constamment tendu vers l'entretien et le développement des relations amicales que le voisinage des deux pays rend si utiles à leurs intéréts mutuels. Je me plais à reconnaitre combien l'attitude personnelle de V. E. m'a aidé dans l'accomplissement de cette tache; mais ce que je dois surtout relever ici, c'est l'empressement avec lequel le Gouvernement italien est allé au devant de mes voeux, en contribuant, de san còté, autant que possible, à rendre notre réconciliation sincère et complète. Dans toutes les occasions, le Roi Victor Emmanuel et ses Ministres ont témoigné un vif désir de voir la meilleur harmonie rég-ner entre l'Autriche et l'Italie. Dans les derniers temps surtout M. le Général Menabrea a particulièrement facilité le rétablissement des bons rapports par sa politique conciliante et le soin qu'il met à aplanir toutes !es difficultés qui découlent de l'exécution de certaines stipulations de la paix de 1866.

26 -Documenti diplomatici • Serie I • Vol. XI

La ligne de conduite smv1e invariablement par les deux Gouvemements depuis près de trois ans foumit donc l'explication tout naturelle des démonstrations amicales qui viennent d'ètre échangées entre les deux Souverains. Il ne faut pas y chercher le prélude de combinaisons politiques nouvelles, d'une portée alarmante, mais bien le couronnement d'une oeuvre de paix et de réconciliation qui donne une solide garantie de plus au maintien de la tranquillité en Europe. A ce point de vue, nous comprenons que ces manifestations attirent l'attention de l'opinion publique et è.es Cabinets. Mais, loin de provoquer aucune inquiétude, elles doivent ètre accueillies avec satisfaction par tous les esprits éclairés.

En effet, pu;sque l'inimitié de l'Autriche et de l'Italie ètait une cause permanente de trouble et de rnalaise pour l'Europe, la cessation de cet état de choses sert puissammer.t à raffermir la paix générale. Si un accord assez intime venait à succéder à l'aneier, r,nt::è<;onisme, il n'y aurait là rien de surprenant, ou qui pùt inspirer de la méfiance ::;,·l.V< 2ut1es Pmss<l.né.es. Occupés l'un et l'autre de travaux d'organisation intérieure, CJ.Ui c.t>sorbent à c.:n h-mt degré leurs forces et leur attention, l'Empire austro-hongrol3 et ~" r:oyanne d ItJ.Ji0 sont, plus qu'aucun autre p::o.ys, intéressfs à se soustraire aux <::ecou:~~s c~ ;:;:.lx ,)érils ùe toute complication europfenne. Guidée par cet intérét com:_JL~ .;, polit'c;.ue c1c~ deux Cabinets est naturellement appelée à se dir"ger souvent vers l..; mé~"e 1.~ut y_u,!.nd il s'a;:;it de donner un ferme appui aux idées pacifiques qui réponC.ént ~:..::..;: t-: .:;~~vl:t:3 (:ccs L:et~x nP,tions.

Ccttc ·~onsL:tration a pu sans doute influer sur lcs tendances vers un rappro:hemcnt ntti s" so'·.t f<ii~ se;1tir à Vicnne, aUS.3i b:en qu'à Florence. Nous y voyons assurér-.8r.t t:.;1 cno~ì.i Je l,lus r-our cultiver et consoEder des rebtions dont les effets prometter;.:· d'Hrc m,s:;i saluLires. J'espère que le Gouven:err.ent italien part2.ge nos apprénations et qu il envi:>age comrne nous les conséquences qu'on doit tirer de notre uttituc:e rèciproque è.epuis le retablissement de la paix.

Veuillez Vous exprimer dans ce sens envers M. le Généml Menabrea et lui dire, que je m'estimerai toujours heureux de pouvoir m'entendre avec lui afin de mieux assurer à nos deux pays les bìenfaits du repos qui leur est si précieux.

ALLEGATO Il

BEUST AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI AUSTRIACI ALL'ESTERO

Vienna, 22 apTile 1869.

Les relations amicales qui subsistent entre l'Empire austro-hongrois et le Royaume d'Italie ayant dans ces cterniers temps donné lieu à de nombreux commentaires, je crois devoir Vous transmettre dans l'annexe, copie d'une dépèche que je viens ci'udresser à M. le Baron de Kiibeck afin de préciser le sens et la portée des démonstrations de courtoisie récemrnent échangées entre les Souverains des deux pays.

Veuillez conformer Votre langage aux indications contenues dans cette p1ece, en

ayant soin de faire particulièrement remarquer les tendances pacifiques qui ont

présidé au rapprochement des deux Gouvernements.

(l) Non pubbllcato.

352

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 73. Bucarest, 30 maggio 1869 (per. il 6 giugno).

Ho l'onore di segnar ricevuta e di ringraziare l'E. V. dei pregiati dispacci di questa serie che si è compiaciuta indirizzarmi fino al n. 11 inclusivamente.

Mi pervennero anche l 32 documenti diplomatici annessi al n. 11 (1), dei quali sono oltremodo riconoscente al R. Ministero.

Malgrado le voci corse nel passato aprile di nuove formazioni nel territorio rumeno di bande destinate ad invadere le provincie tur,che, le mie informazioni particolari che avevo motivo di credere veridiche mi porgevano la misura delle esagerazioni di quei rumori. Stimai per questo motivo superHuo d'intrattenerne

V. E., ed i fatti mi hanno dato ragione.

Ciò non pertanto appena mi pervenne il 5 del corrente il dispaccio confidenziale n. 10 (2) mi feci un dovere di richiamare in abboccamenti separati l'attenzione del Principe Ghika, del Signor Kogalniceano e dello stesso Principe Regnante dopo il suo ritorno da Jassi su quei rumori inquietanti, e sulle chiose che si facevano circa l'inazione del ministero Rumeno. Fu anzi mia principal cura di mettere con essi in rilievo i danni gravissimi che emanerebbero da un contegno equivoco che potrebbe dar appigli ad erronee interpretazioni sui disegni attribuiti al Governo Principesco, e pesai più specialmente sulla necessità di non discostarsi punto da quella politica tranquilla e conservatrice che sempre, ed ora più che mai, s'impone di per sé ai Principati. Aggiunsi che il non tacer loro le voci che circolavano, era tratto di vera amicizia e prova di sincero interesse.

Nel ringraziarmi della simpatia cosLante che l'Italia non ha mai cessato di mostrare alla Rumenia, ed esternandomi tutto il prezzo che egli annetteva ai consigli di una potenza cosi amica e disinteressata, il Principe Regnante mi porse assicurazioni, come me lo aspettava, che mai prima di quel giorno aveva inteso a parlare di coteste voci, sembrargli anzi le medesime insussistenti, ma che divideva pienamente in ogni caso il mio parere di non scostarsi guarì dalla sana politica già da lui adottata, quella cioè di tarpare con fatti eloquenti le ali alla troppa fervida immaginazione degli avversarii del suo Governo.

Il Ministro degli Affari Esteri dopo avermi da parte sua accertato che egli fu ed è vigile perché non si rinnovino i fatti di Petrochani, mi aggiunse che in niun caso egli vorrebbe compromettere la sua riputazione presentandosi al giuoco che gli si attribuisce, ed il suo collega dell'Interno ricordandomi aver già dato prova di sorvegliare queste mene fini con una frase energica, la di cui verità non vorrei esser chiamato a contestare: «Coloro che spargono questi rumori, cosi il Ministro dell'Interno, hanno bisogno di guadagnare in qualche modo la loro paga».

Le voci infatti menzionate nel dispa,ccio cui rispondo erano foggiate in queste Cancellerie di Francia, Austria ed Inghilterra, cui facevano naturalmente eco Bourée, Prokesh ed Elliot da Costantinopoli. Ed erano poi lanciate nel giornalismo estero dalla Terca (Pays Roumain) diario che finora ebbe sussidii ed attinse le sue ispirazioni all'Agenzia francese di Bucarest, ma che oggi ha dovuto sospendere le sue pubblicazioni perché gli vennero meno gli associati dopo che i famosi tre redattori Carp, Blaremberg e Pascal, oppositori di ogni Gabinetto che non desse [oro tre portafogli, ebbero hl dolore di non vedersi eletti nella nuova camera.

In quanto a me, spettatore imparziale e disinteressato di quanto avviene nei Principati, non posso non constatare che almeno in questo momento le velleità di bande bulgare sono qui fuori di moda, e che il Ministro attuale è stato fino al giorno che scrivo fedele al programma della politica esterna da esso svolto alla Camera. Che sianvi comitati bulgari a Bucarest, a Galatz ed altrove come vi sono in Bulgaria, a Costantinopoli ed a Parigi ciò è noto, e non è certo V. E. che ne attende da me la conferma. Che nei Balcani sianvi gli elementi ed il nerbo di future bande le quali in un'epoca propizia rileveranno il capo, e tenteranno perfino di avere ajuti ed assistenza dai bulgari disseminati in Moldo-Valacchia ciò non è dubbio per chicchessia; ma se le mie informazioni desunte a fonte sicura non fallano, i bulgari di Romania son persuasi che l'ora della riscossa non solo non è suonata per essi ma pel momento è allontanata. Un incidente avvenne nel passato aprile che potrebbe fino ad un certo punto comprovare queste disposizioni degli animi dei Capi bulgari qui risiedenti.

Agenti stipendiati dalla Porta giunsero a Bucarest, vi stabilirono una stamperia clandestina, confezionarono proclami nell'intendimento di spedirli di preferenza all'estero, quando il Comitato bulgaro avutone sentore ne diè notizia al Ministro dell'Interno, il quale fece sorprendere la stamperia, confiscare i proclami, disperdere gli agitatori senza molto strepito lasciando loro il campo di traversare liberamente il Danubio.

Ho indizii per asserire che il Barone d'Offemberg, da cui il Comitato bulgaro prende le sue ispirazioni, non fu estraneo alla denuncia fatta relativamente a questa stamperia bulgara al soldo della Turchia.

È stato forse questo incidente che svegliò lo zelo di qualche Agente estero, il quale fu lieto di ridestare, fosse anche per un giorno solo, le bande sempre annunziate e sempre dileguate.

Da quanto precede non vorrei però s'inferisca che ogni agitazione bulgara debba considerarsi come completamente spenta. Il mio parere è che essa è solamente sopita, finché una circostanza favorevole non si presenti per risvegliarla principalmente nei Balcani, nel cuore della Bulgaria. Con le trepidanze che non nasconde, con le sollecite accuse che lancia agli Stati limitrofi, la Turchia mostra la sua debolezza e prova implicitamente che la sua mano vacilla e che essa non basta a se stessa, malgrado il patibolo che Midhat Pachà innalzò non è ancora un anno sulle sponde del Danubio.

Ciò non pertanto mi son tenuto e mi terrò sempre desto onde non mi sfugga per quanto è in me nessun fatto, nessun indizio degno di esser portato a conoscenza del Governo del Re, avendo in pari tempo cura di ripetere a questi uomini di stato il linguaggio suggeritomi da Lei, Signor Conte, linguaggio che fin dal mio primo giungere a Bucarest non ho mai mancato di tenere.

Sarò però sempre riconoscentissimo a V. E. se si compiacerà di tenermi in ogni eventualità al corrente delle indicazioni che con gli estesi mezzi di cui il Ministero dispone pervenissero a di Lei conoscenza, indicazioni che potranno grandemente facilitare il mio compito nell'interesse della politica pacifica e di conciliazione che sono incaricato di far prevalere presso il Governo Principesco.

(l) -Non pubbllcato. (2) -Cfr. n. 281.
353

IL MINISTRO ULISSE BARBOLANI

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. Londra, 31 maggio 1869, ore 16 (per. ore 20,40).

Nous avons eu un long entretien avec le général Avogadro. Le général ira voir aujourd'hui le due de Genes pour le préparer à bien recevoir demain

M. Montemar. Il croit que le prince devrait répondre qu'il fera en tout la volonté du Roi. C'est une réponse dont M. Montemar serait très satisfait puisqu'il connait déjà les bonnes dispositions de Sa Majesté dans cette affaire.

354

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI

D. 67. Firenze, 31 maggio 1869.

Dal Barone di Kiibeck mi venne data lettura d'un dispaccio del Signor Conte di Beust in data del 17 corrente relativo alla grave quistione del Concilio Ecumenico.

Il Cancelliere imperiale commette all'Inviato austriaco in Firenze l'incarico di consegnarmi la versione in lingua francese della risposta che il 15 corrente il Gabinetto di Vienna faceva aHa Circolare del Governo bavarese. Con questa comunicazione il Signor Conte di Beust crede aver anche adeguatamente risposto alle nostre entrature intorno allo stesso oggetto. È opinione del Governo austriaco che il potere civile sia abbastanza forte per resistere efficacemente alle imprese di qualsiasi potere religioso che volesse invadere il campo della sua autorità. Senza affermare o negare che la situazione possa presentare più tardi qualche pericolo il Gabinetto di Vienna non crede che il futuro indirizzo del Concilio possa dar luogo per ora ad altro che a supposizioni ed esprime le speranze che i vescovi venuti da paesi già secolarizzati eserciteranno sul Concilio una favorevole influenza; ma ammette del resto che sarà utile di stabilire concerti fra i Governi per la difesa dei diritti Sovrani quando vi saranno indizi positivi ed autentici che il Concilio tenti d'invadere i diritti dello Stato.

355

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 1° giugno 1869, ore 9,45 (per. ore 14)

Nigra éprouve certaine répugnance écrire lettres demandées (2), sans avoir comme j'ai, la conviction que la guerre réellement décidée, en tout. Cette pruden

ce est justifiée par la responsabilité qu'il va prendre. Son incertltude s'explique par les assurances pacifiques du marquis La Valette qui contrastent avec les tendances belliqueuses, mal déguisées du ministre d'état. Dans cet état de choses il est indispensable que Nigra connaisse comme moi les raisons qui me font considérer la guerre comme certaine. Je me suis arrangé avec ministre d'état pour cela. Je verrai Empereur dans la journée, télégraphierai résultat ma conversation. Sais que Empereur Napoléon est désolé du retard adhésion italienne. Avec Autriche on est d'accord ce qui est une bonne chose, car Nigra pourra annoncer alliance austro-française comme entendue. Si Autriche et Italie étaient pretes, la guerre aurait lieu en septembre. Voila ce que ministre d'état me charge de dire à Votre Majesté très confidentiellement. Je prie Votre Majesté communiquer président du conseil cette dépéche dont je le prie de prendre acte.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 345, nota l, p. 345 e n. 379.
356

IL MINISTRO ULISSE BARBOLANI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. Londra, 1° giugno 1869, ore 15 (per. ore 20).

Le prince a reçu aujourd'hui à 3 heures en audience M. Montemar qui a prononcé en français un petit discours pour dire qu'il était chargé par son Gouvernement de demander si, dans le cas que le choix du par1ement espagnol tombe sur la personne de Son Altesse, elle accepterruit la couronne d'Espagne. Le due de Génes a repondu qu'il était aussi surpris qu'honoré d'une telle demande; que s'il écoutait seulement ses inclinations personnelles il ne désirerait pas abandonner sa patrie, qu'à son age et dans sa position il ne pouvait prendre une résolution affaire aussi grave mais qu'il s'en remettait entièrement à la volonté du Roi chef de la famille et serait pret à lui obéir en tout ce qu'il lui ordonnerait de faire. Après cela M. Montemar a pris congé très satisfait du résultat de sa mission. Je crois que si le Prince qui a été ces jours-ci et est encor·e très ému recevait directement du Roi par le télégraphe adressé à la légation une parole d'approbation et d'encouragement il serait très content.

357

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II <l)

T. Parigi, 1° giugno 1869, ore 17 (per. ore 21).

Ministre d'état me charge vous demander si le Ministère et ministre des finances qu'on sait avoir connaissance des projets sont menacés par le vote de la Chambre.

Prie Roi répondre immédiatement (2).

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 368.
358

IL MINISTRO ULISSE BARBOLANI

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. Londra, 1° giugno 1869, ore 20,40 (per. ore 23,30).

Par mon télégramme préeédent (l) j'ai rendu eomte à V. E. de tout ce qui s'est passé. Le due de Genes me charge de prier V. E. de vouloir soumettre au Roi sa réponse à M. Montemar. Il désirerait connaitre la décision qu'il plairait à Sa Majesté de prendre dans le cas que son èlection vienne à se vérifier. Il s'en remet complètement à la volonté du Roi et est persuadé qu'il fera lui tout ce qu'il ferait pour son propre enfant.

359

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (2)

T. Firenze, 1° giugno 1869, ore 23,05.

Pas encore eommuniqué votre dernière dépéche (3) Menabrea, mais je trouve solution question qui vous embarrasse avec raison.

Nos Chambres seront ajournées fin du mois, j'aurais besoin pour le 20 ou le 25 de recevoir une lettre particulière de l'Empereur m'indiquant situation européenne et nécessité d'une alliance en cas d'événemens, faisant appel à notre ancienne amitié que je partage sineèrement et finissant me dire qu'Il est décidé retirer ses troupes de Rome dans le moLs d'aout.

Je ferai voir la lettre à quelque membre important du conseil des ministres aussitòt la Chambre ajournée, cela fait, Nigra pourrait, peu de jours après, envoyer de la part de l'Empereur le projet d'alliance qui serait immédiatement signé.

Répondez-moi si cela peut aller ainsi, après avoir consulté le Ministre d'Etat et vous etre entendu avec l'Empereur. Maintenant je vous prèviens d'une circonstance qui ne doit etre cachée à l'Empereur Napoléon lui-méme.

A Naples ayant fait eonna,issance de la Princesse Feodora de Saxe Cobourg Gothe Meiningen, je l'ai invitée venir passer quelques jours ici à Pitti, elle vint avee son mari qui l'a rejointe après une séparation de huit à neuf mois. Je me suis aperçu des discours du prince qu'il avait une mission secrète auprès de moi. Il employa toute son habilité pour me persuader à une alliance prussienne avec Italie, me faisant méme des propositions extraordinaires en cas de réponse affirmative de ma nart. Il était accompagné d'un major prussien très capable qui lui faisait la leçon. Je ne lui ai laissé rien comprendre de mes projets ni de mes sentiments et j'ai fini par lui dire que nous avions besoin de

paix pour nous organiser à l'intérieur et que quand meme je voulusse faire la guerre, nous n'avions pas d'argent. Le prince et la princesse partent ce soir. Répondez-moi à tout cela. Agissez avec prudence j'ai entière confiance en vous.

(l) Cfr. n. 356.

(2) Da ACR.

(3) Cfr. n. 355.

360

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 418. Wiesbaden, 1° giugno 1869 (per. il 5).

Hier le Ministre des Etats-Unis d'Amérique à Berlin a fait prier M. Tosi de se rendre chez lui, et il lui a communiqué la lettre que M. Romero venait de lui adresser au sujet du rétablissement des rapports entre l'Italie et le Mexique, objet en dernier Heu de mon rapport politique N. 392 (1).

M. Bancroft a consentì à laisser prendre copie de la lettre précitée, dont

V. E. trouvera ci-joint une traduction (2).

En recevant les ouvertures confidentieHes que M. Bancroft lui faisait, et dont une traduction accompagnait mon rapport politique N. 373 (3), M. Romero a jugé à propos d'en faire l'objet d'une communication au Ministre mexicain des Affaires Etrangères, en le priant de lui faire connaitre sa manière de voir à ce sujet.

M. Lerdo de Tejada, avant de répondre à son Collègue, de son còté a soumis les observations de M. Bancroft au Président de la République, qui les a trouvées opportunes, sages et bien fondées. Dans sa lettre du 3 Mai dernie·r, le Ministre des Affaires Etrangères mentionne deux circonstances qui sont de nature à éliminer entre l'ltalie et le Mexique les obstacles qui s'opposeraient au rétablissement des rapports réguliers: il approuve la pensée de M. Bancroft que l'Italie, dans sa forme actuelle, est une puissance nouvelle, pensée qui avait dejà été mise en avant pour la Confédération de l'Allemagne du Nord; il a ajouté que, si le Gouvernement de la République doit se conformer au vote du Congrès qui a déclaré nuls et non avenus les traités conclus avec le Gouvernement Impérial par des Puissances qui se sont trouvées conclus avec le Gouvernement Impérial par des Puissances qui se sont trouvées en état de guerre ou qui ont violé la neutralité envers la République durant l'intervention française, ce vote ne trouve pas son application dans le cas actuel, car la République a bten conclu un traité avec le Royaume dc Sardaigne, mais elle ne c'est pas encore trouvée dans le cas de stipuler auctln accord international avec le Royaume d'Italie dans sa forme actuelle. M. Lerdo de Tejada conclut en disant que la République a toujours été dans d'excellents rapports avec le Royaume de Sardaigne: qu'elle a toujours nourri les meilleurs sympathies pour l'Italie: et enfin que la Répubiique est animée des meilleures dispositions pour le cas où l'Italie voudrait conclure un traité et que de méme, si elle se décide à envoyer un Ministre ou un

Chargé d'Affaires à Mexico, celui-cl sera reçu avec Ies honneurs et la considération qui lui sont dus. Je joins ici également une copie des lettres précitées de M. Romero et de

M. Lerdo de '!1ejada. Inutile d'ajouter que toutes ces pièces sont d'une nature confidentielle.

V. E. verra dans la lettre de M. Romero à M. Bancroft que le représentant de la Confédération de l'Allemagne du Nord à Mexico devait, par le méme courrier, informer son Gouvernement des bonnes dispositions du Gouvernement mexicain pour le rétablissement de ses rapports avec l'ltalie. M. Tosi tachera de connaitre, si possible, la nature de cette communication, auquel cas je me réserve d'en informer V. E.

Je pense qu'il ne sera pas sans intérét pour le Gouvemement du Roi de Ilre ,le passage ci-joint du Siglo XIX, qui a été reproduit par le Diario Oficial de Mexico, et qui, en exprimant l'espoir de voir prochainement rétablis les rapports réguliers de la République avec l'Italie et l'Espagne, comme ils le sont déjà avec la Confédération de l'Allemagne du Nord, fait ressortir l'importance qu'il y a pour le Mexique, dans ses relations diplomatiques avec les Etats Européens, de s'occuper beaucoup des intérétes commerciaux et peu de la politique.

Cet article nous a été aussi obligeamment communiqué par M. Bancroft, qui l'a donné à lire au Chevalier Tosi. Ce dernier l'a vivement remercié de ces diverses communications, ainsi que de l'intérét et de la sollicitude avec laquelle il s'était prété aux ouvertures confidentielles que j.e l'avais prié de faire à Mexico. Je serais bien reconnaissant à V. E. de vouloir m'adresser à ce sujet une dépéche dont je puisse donner lecture à M. Bancroft et lui en laisser copie, s'il en exprime le désir.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non si pubblicano gli allegati. (3) -Cfr. n. 183.
361

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 99. Tunisi, 1° giugno 1869.

Conformemente agli ordini segnaUmi nel telegramma di V. E. delli 30 caduto Maggio (l) mi recai jeri alla Goletta, ed avendo avuto l'onore di essere stato ricevuto dal Bey mi son fatto un dovere di dichiarargli che il Barone Castelnuovo non era stato incaricato dal Governo del Re di alcuna missione speciale che avesse tratto all'unificazione dei debiti tunisini, e che ove egli per avventura trattasse a questo riguardo, non lo facea che per suo proprio conto. Sua Altezza mi ringraziò di questa comunicazione; ed aggiunse di non aver esitato un momento a crederlo, non essendo ei stato da me presentato, né tampoco munito di lettere di V. E.

Nel sentire poi che le tre Potenze erano sul punto di mettersi d'accordo sull'invio di una commissione internazionale, mi disse che confidava sempre

nella protezione dell'Italia e dell'Inghilterra perché non venisse lesa in qualunque siasi caso la sua sovranità; disposto com'era d'altronde di eseguire quanto compatibilmente colla medesima le Potenze sullodate trovassero conveniente per il regolamento del suo debito.

E passando a parlare del famoso contratto Pinard il Bey mi confermò che ben lungi di pensare a metterlo in esecuzione non desiderava ora di meglio che di essere forzato ad annullarlo per salvare con ciò la sua responsabilità verso dei contraenti. Ma le sue belle dichiarazioni non mi tranquillano affatto, e duolmi averlo a ripetere che il Khasnadar non vuole che sino ad un certo punto la commissione e niente affatto le riforme amministrative, e per impedire l'una cosa e l'altra spingerà il suo Sovrano persino alla resistenza.

L'agente inglese divide gli stessi miei timori, benché nell'udienza ch'ebbe due giorni fa, siasi pure Sua Altezza espressa seco lui nel medesimo senso, ed a ciò aggiungendosi di non avere sino ad oggi avuto risposta alle nostre note protestative, il Signor Wood si propone di protestare nuovamente; come del resto gli viene ordinato da Lord Clarendon.

Sebbene ravvisi ancor'io non essere la sua determinazione del tutto inopportuna, non fosse per altro che per mettere sempre più in guardia il Khasnadar contro le sorprese e le esigenze del Console di Francia, non mi sono tuttavia peranco deciso di fare altrettanto, aspettando a prendere consiglio dalle circostanze.

(l) Cfr. n. 349.

362

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 2 giugno 1869, ore 5,30 (per. ore 8).

Empereur Napoléon me recevra demain matin à dix heures. Je crois que mode proposé par Votre Majesté (2) sera adopté. Je prévois cependant que lettre pour rappel des troupes sera faite séparément et qu'on dira qu'on retirera les troupes dans le courant de l'automne tout en le,s rétirant dans le mais d'aoiì.t.

Télégraphierai après entrevue avec Empereur (3).

363

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DELL'INTERNO, FERRARIS

D. 61. Firenze, 2 giugno 1869.

Il Console francese in Ancona avrebbe riferito al suo Governo che il Ministro dell'Interno in Firenze aveva ricevuto dal Sotto-prefetto di Terni, il quale dichiarava averne le prove materiali, la notizia che segue:

Una Circolare segreta del VaMcano a tutti i Vescovi dell'Impero francese ha suggerito a questi ultimi di usare d'ogni mezzo in loro potere per combattere nelle

elezioni le candidature governative, ed appoggiare invece, se offrono qualche probabilità di riuscita, quelle dei clericali-legittimlstl, ed, al bisogno anche quelle dei rossi, dei repubblicani, degli orueanisti; insomma, tutte le candidature dell'opposizione.

Importando conoscere esattamente ciò che vi può essere di vero in tale notizia, il sottoscritto si rivolge all'onorevole suo collega il Ministro dell'Interno oregandolo di voler assumere le informazioni necessarie per verificare se realmente il Sotto-prefetto di Terni abbia avuto cognizione positiva dell'esistenza della Circolare anzidetta; ed in tal caso, chi scrive desidererebbe avere il più presto possibile nelle mani la prova della verità del fatto allegato.

Trattandosi di affare di molto rilievo, il sottoscritto raccomanda al suo onorevole Collega il Ministro dell'Interno di attenergli un sollecito riscontro.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 359. (3) -Cfr. n. 364.
364

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 4 giugno 1869, ore 8,50 (per. ore 12).

Hier vu Empereur après pris connaissance de la situation dans la quelle se trouvent Roi et prèsident du conseil vis-à-vis du nouveau Ministère et de la difficulté pour Nigra de prendre initiative du traité alliance sans avoir aucune donnée qui couvre sa responsabilité et qui servira d'expériment logique dans la voi e officielle [sic]. Seulement, Empereur re>fuse absolument, malgré mes instance, à parler dans une lettre de la retraite des troupes, qui reste cependant arrètée et fixée pour aoùt, ou premiers jours septembre, suivant situation. Il est pret à donner pour cela des nouvelles assurances au Roi et à Nigra, mais d'une manière à ce qu'on ne puisse pas mèler évM!uation dans le traité pour éviter d'ètre accusé avoir acheté alliance Italie par abandon du Pape. Empereur s'est beaucoup intéressé de Votre Majesté de état armée et du manque de chevaux qu'on aurait tout le temps de les acheter en cas de guerre, les sommes nécessaires aux approvisionnements de tout genre seraient avancées par gouvernement français. Prie Votre Majesté de communiquer au président du conseil et m'envoyer réponse catégorique (2).

365

IL .PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL CONSIGLIO DEI MINISTRI

RELAZIONE. Firenze, 4 giugno 1869.

L'origine della quistione che attualmente si tratta di risolvere a Tunisi risale all'anno 1866. Nel settembre di quell'anno lo stato finanziario della Reg

genza avea prodotto conseguenze tanto funeste per il commercio straniero che gli Italiani colà residenti facevano espressa petizione al R. Governo per ottenere dalla di lui diplomatica intervenzione un riparo ai danni gravissimi che già si verificavano.

Dalla petizione presentata allora al Governo del Re dagli italiani residenti in Tunisi si rileva che a quell'epoca il Governo del Bey avea già da quattro mesi cessato di soddisfare regolarmente ai suoi impegni verso i creditori della Reggenza. Intanto il mercato riboccava di moneta di rame alla quale il Governo attribuiva nei propri pagamenti un valore cinque o sei volte superiore all'intrinseco e tale era il numero dei buoni di tesoreria in circolazione che anche questi perdevano quasi ogni valore. Chiedevano pertanto gli interessati italiani che il Governo tunisino venisse costretto a soddisfare ai suoi impegni ed insistevano acciocché nella Reggenza si istituisse un'amministrazione più civile e più regolare allontanando per tal guisa il pericolo di vedere la Tunisia passare sotto la dipendenza di un'estera potenza.

Quest'ultimo riflesso merita considerazione perché è l'espressione di un sentimento vivissimo che domina nella nostra Colonia di Tunisi la quale più d'ogni altra cosa teme l'assorbimento o fors'anche la completa annessione del territorio tunisino alla limitrofa colonia di Algeri.

Alla petizione direttagli da Tunisi altre si aggiungevano che le Camere di Commercio di Livorno e di Genova indirizzavano al R. Governo, attalché questi, stanco delle continue promesse non mai mantenute, rivolgeva all'Agente e Console Generale in Tunisi istruzioni colle quali faceva presentire l'intenzione deliberata di provvedere in qualsiasi modo alla tutela degli interessi italiani così gravemente compromessi. (Disp. 10 ottobre 66) (1).

Però malgrado che il linguaggio del R. Agente corrispondesse esattamente alle istruzioni del Gabinetto di Firenze, il Governo tunisino non si scuoteva. Risulta da un rapporto del febbraio 1867 (2) che la situazione rimaneva per sempre la stessa e che i rovinosi ripieghi ai quali ricorreva il Bardo per provvedere ai suoi più urgenti bisogni aveano di molto accresciuto la cifra totale del debito non consolidato che a quel tempo si valutava poter essere di circa 50 milioni di piastre.

Un nuovo prestito della Reggenza stipulato a Parigi per una somma di poca importanza era stato totalmente assorbito nel pagamento delle cedole scadute dei prestiti anteriori i cui titoli trovavansi quasi tutti in Francia.

Non fu che nel marzo successivo che finalmente le cose incominciarono a pigliare un migliore aspetto. Il Bardo si era deciso a cercare un componimento coi suoi creditori ed aveva conchiuso un contratto per 5 milioni di lire da pagarglisi con teschere scadute (buoni dell'amministrazione locale) mediante la cessione da parte sua di un capitale corrispondente rappresentato dai diritti di esportazione degli oli e la corrisponsione di un interesse de'l 12 % sul capitale anticipato. E giova notare che il diritto di esportazione essendo percepito a Tunisi sotto forma di un permesso che l'amministrazione concede all'esportatore, l'intero capitale di 5 milioni potè essere consegnato subito a mani dei negozianti

che stipulavano il contratto in tante teschere ossia permessi di esportazione che i negozianti avrebbero poco alla volta smerciato ed il Bardo avrebbe ritirato di mano in mano che gli sarebbero stati presentati nei suoi uffici doganali dagli esportatori d'olio.

Si insiste sulle particolari condizioni di questo contratto che venne di poi chiamato conversione perché vi ha in esso un carattere che lo distingue dal prestito con guarentigia o pegno e lo farebbe piuttosto classificare fra i contratti di compera-vendita giacché tutte ,le teschere sono passate sino dal primo momento in mano degli acquisitori che le pagarono presentando al tesoro tunisino 5 milioni di sue anteriori obbligazioni da annullarsi.

Questo accomodamento trovò imitatori. In breve periodo di tempo si stipularono quattro contratti i quali diedero origine al debito che ora si chiama comunemente delle Conversioni. Varii altri cespiti della pubblica entrata furono ugualmente dati in pegno ai creditori.

Il contegno del Governo del Re e quello del suo Agente in Tunisi fu di non pigliar parte attiva o diretta nella conclusione di tali contratti pur dimostrando di veder con piacere che il Governo della Reggenza pervenisse ad accordi coi suoi creditori.

E l'influenza di queste operazioni era infatti benefica quanto lo si poteva desiderare perocché gli affari del commercio di Tunisi riprendevano nuova vita dopo che il mercato veniva sgombrato dall'eccedente quantità di titoli del debito non coasolidato, ed il tesoro tunisino sollevato dal peso eccessivo di quell'ingente massa di debiti scaduti poteva far fronte ad altri suoi impegni per i quali insistenti ed urgenti erano le istanze che gli venivano fatte dai vari Governi.

Fu allora che gli italiani creditori per ingenti somme dei principi della famiglia del Bey poterono finalmente assestare i loro conti ed essere soddisfatti. (22 Aprile 1867 e 7 maggio stesso anno).

Debito di verità esige però che qui si aggiunga che alle conversioni presero parte quasi unicamente i creditori italiani ed inglesi della Reggenza perché l'Agente francese in Tunisi andava dissuadendo i sudditi dell'Imperatore dall'aderire a quegli accomodamenti, sicché pnchissimi iurono i francesi che stipularono accordi dell'indole di quelli sovra indicati, non tenendo conto delle esortazioni della loro autorità consolare.

Questo contegno dell'Agente e Console Generale di Francia è spiegato dalla circostanza che i titoli del debito consolidato tunisino si trovavano in massima parte a Parigi ed i contratti coi quali il Bardo alienava alcune fra le principali sue rendite davano luogo a temere che gli impegni da lui anteriormente presi non potessero più essere regolarmente adempiuti.

Questi timori, convalidati dal fatto che nell'agosto 1867 il Governo del Bey non avea eseguito il pagamento degli interessi semestrali del consolidato, produssero una viva emozione in Francia. I detentori dei titoli in discorso si riunirono a Parigi per muovere rappresentanza al Governo imperiale acciocché i loro diritti fossero meglio tutelati. Si metteva innanzi allora (agosto 1867) per la prima volta che il Governo di Tunisi avesse aJienato, nelle Conversioni, dei cespiti di entrata che erano prima vincolati in favore dei portatori dei titoli del debito consolidato. Quest'accusa ripetuta nel giornali commosse grandemente il

R. Governo il quale subito si adoperò per avere al proposito imparziali ed esatte informazioni.

Riferiva allora il R. Console, (rapp. 10 settembre 1867) (1), che infatti le guarentigie concesse ai nuovi crediti risultanti dalle Conversioni erano già state pochi mesi prima concedute alla Casa Erlander e C. di Parigi la quale avea assunto l'impegno di emettere, in un termine prestabilito, un prestito di 100 milioni di franchi per conto del Governo tunisino, ma il prestito essendo andato fallito il Governo del bey era rientrato nella pienezza dei suoi diritti ed avea potuto regolarmente disporre delle sue rendite in favore di altri creditori. Non taceva però il R. Console la gravità della situazione che sarebbe per risultare al Governo del Bey dall'alienazione dei migliori cespiti delle sue entrate, ed anzi conchiudeva nei suoi carteggi dell'ottobre 67 col Ministro, non vedersi altro mezzo d'impedire una crisi rovinosa che nell'azione concorde delle Potenze le quali mandassero loro commissari speciali per riformare e riscontrare gli atti della amministrazione tunisina e guarentissero un prestito di non meno di 100 milioni di franchi.

Quando quelle notizie giungevano a Firenze il Governo del Re distratto da altre cure non si diede carico di esaminare in qual misura convenisse tener conto dei savi suggerimenti del suo Agente. E per veriti, riportandosi all'ottobre 1867, ben si comprende che difficile sarebbe riuscito al R. Governo di pigliare ìn quell'epoca l'iniziativa di negoziati che avrebbero richiesto una grande intimità di rapporti coi due Gabinetti di Parigi e di Londra.

Ciò spiega perché l'azione del Gabinetto di Firenze rimanesse per parecchi mesi quasi paralizzata benché nulla nella situazione degli affari tunisini permettesse di concepire una fondata speranza di esito soddisfacente.

Fu sul finire di marzo del 1868 che il Ministero ripigliò a trattare con energia la vertenza tunisina.

Era comparsa in quei giorni nei giornali d'oltre monte una lettera del Marchese di Moustier al Signor Forcade nella quale il in allora Ministro degli Affari Esteri dell'Imperatore accennava ad una pressione che il Governo imperiale era risoluto ad esercitare sopra il Bardo per ottenere che i crediti francesi prevalessero agli altri e che il Bey ritirasse i suoi decreti posteriori coi quali aveva deteriorata la sorte dei portatori dei titoli del suo debito collocato in Francia.

In presenza di una tale manifestazione delle intenzioni della Francia il Governo del Re avvisava quello di Tunisi delle gravi e spiacevoli proporzioni che potrebbe avere un provvedimento qualsiasi che, sotto la pressione francese, egli fosse per adottare contrariamente ai diritti acquisiti degli italiani; ed il Gabinetto di Firenze, considerando l'identità degli interessi italiani ed inglesi impegnati in questa quistione commetteva all'Agente di Sua Maestà in Tunisi si concertasse per una linea di condotta comune da seguirsi coll'Agente britanntco in quella residenza (28 marzo 68) (2). Quindi senza alcun indugio il R. Ministero si rivolgeva al Gabinetto di Londra chiedendo quali disposizioni volesse prendere per tutelare i contratti nei quali italiani ed inglesi aveano impegnati vistosi interessi e sin da quel primo momento in cui si presentava la questione al

Gabinetto di Londra non si ometteva di chiamare l'attenzione della Gran Bretagna sull'incontestabile gravità che potevano avere le minacce della Francia in vista delle condizioni politiche della Reggenza tunisina di fronte alla vicina colonia d'Algeri. (29 Marzo 1868) (l).

Intanto giungeva da Tunisi la notizia che il Console italiano ed il Console inglese avendo avuto notizia che il loro collega di Francia si adoperava per far decretare al Bey la istituzione d'una commissione internazionale nella quale gli interessi francesi sarebbero stati rappresentati da una grande maggioranza di voti e dalla presenza d'un apposito commissario imperiale, si erano recati dal Kasnadar e dal Bey ed aveano anticipatamente protestato contro siffatti progetti che avrebbero fatto agli interessi dei sudditi italiani ed inglesi una condizione inferiore a quella riservata ai creditori francesi della Reggenza. Prometteva allora il Bey di non fare concessioni agli uni che potessero riuscire dannose agli altri; ma il R. Agente a Tunisi mostravasi assai inquieto dello stato delle cose e scriveva al Ministero in questi precisi termini:

«Secondo il mio avviso la concessione che il Bey farebbe alla Francia, implicando l'occupazione morale del paese, finirebbe per compromettere, insieme coi nostri interessi politici e commerciali, quella legittima influenza che abbiamo da lungo tempo largamente usufru~to ». (rapp. Tunisi 24 marzo 1868) (2).

Cionondimeno il Bardo dando seguito al progetto suggeritogli od impostogli dalla Francia, inviava ai Consoli d'Italia e d'Inghilterra un suo messaggio scritto col quale loro comunicava il testo del decreto già conc·ertato coll'Agente francese. I due Consoli anzidetti opinavano che nell'insieme le progettate riforme fossero accettabili; ma respingevano assolutamente qualunque disposizione che avesse per effetto di mettere i loro Governi in una condizione inferiore a quella della Francia. E siccome il progetto di decreto faceva allusione all'unificazione del debito tunisino e quindi alla revoca delle obbligazioni assunte dal Governo tunisino nei contratti delle conversioni che interessavano moltissimo gli italiani e gli inglesi, così anche su questo punto il R. Console Generale chiamava l'attenzione del R. Ministero domandando istruzioni. Il Console d'Inghilterra intanto presentava al Bardo un suo controprogetto nel quale mantenendo in sostanza le riforme promesse dal Bey alla Francia si tenevano nel debito conto 1e osservazioni sovra esposte. (31 marzo 1868) (3).

L'Allegato A (4) contiene la prima proposta di decreto del Bey e la controproposta dell'Agente britannico.

Al ricevere di queste notizie il R. Ministero approvava le riserve e le proteste fatte dall'Agente di Sua Maestà contro il progettato decreto; gli commetteva di mettersi d'accordo col collega inglese; e gli prescriveva di esprimersi apertamente col Kasnadar nei senso che il Governo italiano non accetterebbe un progetto le cui conseguenze sarebbero di creargli in Tunisi una posizione inferiore a quella di un'altra potenza e che in nessuna maniera ed in nessun caso potrebbe acconsentire a che ,i diritti acquisiti dei negozianti italiani venissero di nuovo posti in discussione. (8 aprile 68) (5).

Si rinnovavano intanto le istanze presso il Gabinetto di Londra per raggiungere lo scopo di stabilire una linea di condotta comune da prescriversi agli Agenti d'Italia e d'Inghilterra in Tunisi per la tutela degli identici interessi politici e commerciali dei due paesi.

Al Rappresentante italiano in Parigi il R. Ministero prescriveva di mettersi in relazione con Lord Lyons e di agire d'accordo con lui presso il Gabinetto delle Tuileries come le circostanze lo esigevano. (12 aprile 1868). Si era saputo infatti che Lord Stanley avea ordinato all'Ambasciatore britannico in Parigi di fare passi energici per tutelare gli interessi inglesi nella Reggenza tunisina:. (Disp. a Londra 12 aprile 1868) (1).

Se non che nel frattempo la pressione della Francia avea riuscito a forzare il Bey ad accettare il progetto che il Console francese gli avea presentato ed il decreto di cui si esigeva la pubblicazione era concepito in tali termini che non solo implicavano l'esautoramento del Bardo ma annullavano arbitrariamente 1 contratti che questo avea stipulato cogli italiani e cogli inglesi spogliandoli delle guarentigie che con solenni stipulazioni loro erano state assicurate. Al Governo tunisino appena riusciva di ottenere dall'Agente francese che la commissione, che la Francia voleva instituire, avesse soltanto ad occuparsi della parte finanziaria che ha tratto ai debiti dello Stato, senza entrare negli altri affari relativi alla generale amministrazione della Reggenza.

Gli articoli del decreto escludevano del resto totalmente l'elemento italiano ed inglese dal seno della commissione quasi che a Tunisi esistessero soltanto interessi francesi da tutelare.

Appena il nuovo progetto di decreto venne portato a notizia dei Consoli di Italia e d'Inghilterra questi protestavano altamente presso il Bey acciocché egli ricusasse di firmare quel documento. Il Console inglese dichiarava che romperebbe le relazioni se non si aspettavano le istruzioni da lui domandate a Londra.

L'allegato B (N. 23) contiene ti secondo progetto di Decreto di cui sopra è parola.

L'esame di questo ultimo documento dimostra come l'Inghilterra e l'Italia avessero due punti essenziali da difendere a Tunisi; cioè: l) il diritto degli inglesi e degli italiani ad essere rappresentati ad ugual titolo e nella stessa misura nella commissione finanziaria; 2) il rispe-tto dei contratti stipulati anteriormente dal Bey coi suoi creditori italiani ed ing.lesi e delle guarentigie assicurate al contratti medesimi.

Risulta poi da tutte le cose esposte come di due sorta erano gli interessi che l'Italia e l'Inghilterra doveano difendere in questa vertenza; cioè: uno commerciale ed economico riflettente la prosperità delle loro colonie, prosperità che non può ottenersi senza che i diritti dei coloni siano efficacemente protetti;

l'altro politico, tendente ad escludere la preponderanza francese nell'amministrazione della Reggenza, preponderanza che potrebbe in certi casi anche essere foriera di una completa annessione della Tunisia alla colonia d'Algeri.

È sotto questi due aspetti che la quistione fu posta dal Gabinetto di Firenze a quello di Londra e, perché fossero in tutto osservate le forme del più rigoroso

{l) Non pubblicato.

dirit.to internazionale, il R. Governo non ometteva di informare anche la Porta Ottomana (Potenza Alta Sovrana) della vertenza sorta fra il Governo del Bey e quello d'Italia in seguito al progettato decreto di cui sopra si è parlato.

Ma intanto l'atteggiamento preso a Tunisi dai vari Agenti in presenza deU'imminente pubblicazione del Decreto del Bey avea creato una quistione di dignità la quale in quei paesi avea pure una certa importanza; e questa quistione consisteva ne,l sapere chi fra il Console di Francia che domandava la pubblicazione del decreto ed i Consoli d'Italia e d'Inghilterra che protestavano contro la pubblicazione stessa, dovesse aver ragione. Si noti però che gli Agenti di Francia e d'Inghilterra mina,cciavano di rompere le relazioni col Bey mentre invece il Console italiano non impegnava tant'oltre la politica del suo Governo. La proposta scritta consegnata dal Console italiano al Governo tunisino forma l'allegato C (n. 34).

E questa situazione veniva poi part'icolarmente aggravata dalla circostanza che mentre addì 17 aprile 1868 il Signor di Moustier dichiarava al Cavalier Nigra ed a Lord Lyons che 11 Governo imperiale era disposto ad intendersi direttamente coll'Italia e coll'Inghilterra su tutto ciò che concerneva questa ve11tenza (1), dieci giorni dopo, all'arrivo del postale di Francia a Tunisi, il Console francese imponeva colle minacce al Bey di sottoscrivere il decreto contro ii quale Italia ed Inghilterra av,eano protestato. (rapp. Tunisi 28 aprile 1868) (2). Il Bey resistette alquanto, ma il Console francese ruppe le relazioni ed il Governo tunisino si vide costretto a subire la pressione di quello di Francia pigliando atto però della dichiarazione che gli veniva fatta da Parigi che H Governo imperiale si metterebbe egli stesso d'accordo coi Gabinetti di Firenze e di Londra sull'applicazione del decreto e sulle modificazioni da introdursi nel medesimo.

Quindi la Francia affacciava la singolare pretesa che nella vertenza tunisina esistessero due quistioni: una fra il Governo imperiale ed il Bey, l'altra fra il Gabinetto delle Tuileries e quelli di Firenze e di Londra quasi che il governo francese fosse subentrato nei diritti e nei doveri della Reggenza di Tunisi verso gli altri Governi (disp. di Parigi 7, 9 e 15 maggio 1868) (3). Ed intanto il Signor di Moustier invitava i Governi d'Italia e d'Inghilterra a mettersi d'accordo con quello dell'Imperatol'e aprendo una trattativa apposita in Parigi. Alla quale proposizione aderivano i Gabinetti di Firenze e di Londra, respingendosi però per parte dell'Italia tutto ,ciò che potesse far credere che a Parigi e non a Tunisi l'Italia dovesse tutelare i diritti de,i suoi sudditi (disp. a Parigi 15, 21 e 31 maggio 1868) (4).

Nel frattempo la Prussia chiedeva di prendere parte ai negoziati l'elativi alla quisti!one tunisina essendo nella medesima impegnati degli interessi di sudditi della Confederazione della Germania del Nord.

Il Governo del Re, assicuratosi dell'esistenza di tali interessi (rapporto Tunisi 12 maggio 1868) (2), informava .il Gabinetto di Berl,ino dello stato deHe trattative.

Il Gabinetto di Berlino si dichiarava nel senso dell'Inghilterra e dell'Italia. (rapporto Berlino 17 maggio 1868) (5).

27 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. XI

In questa situazione le cose stettero sino al febbraio dell'anno corrente. L'Italia sollecitava la Francia a formulare proposte concrete e procurava di ottenere che l'Inghilterra s'associasse ai suoi passi senza però che si pntesse mai giungere ad avere da Parigi una proposta abbastanza precisa per aprire una discussione. Soltanto da conversazioni verbali si sapeva che il Marchese di Moustier avrebbe voluto fare invece di una sola, due commissioni una amministrativa ed esecutiva, l'altra di semplice controllo. La prima dovea comporsi di funzionari turrisini e d'un commissario governativo francese, l'altra dovea essere formata da delegati francesi, italiani ed inglesi in numero uguale.

E dalle scambiate comunicazioni fra Firenze e Londra risulta che mentre l'Italia teneva d'occhio ad un tempo e gli interessi dei creditori italiani e l'interesse politico di non lasciare che la Francia divenisse preponderante in Tunisi; l'Inghilterra invece di quest'ultimo interesse mostrava di aver poca cura, (rapp. di Londra 17 agosto 1868) (1), limitandosi strettamente ad invigilare per la sicurezza dei crediti inglesi verso la Reggenza e dimostrandosi in ogni altra cosa molto arrendevole verso la Francia. (rapp. di Londra 17 ottobre 1868) (2).

Intanto esaminando le proposte verbali che gli venivano fatte da Parigi il R. Governo in vari dispacci emetteva le opinioni seguenti:

-doversi egli astenere dal concorrere alla formazione di una commissione (queUa esecutiva) nella quale non sarebbe stato rappresentato e nella quale la Francia soltanto avrebbe avuto un suo commissario.

-doversi nella commissione di controllo o di sorveglianza far in modo che non solo i creditori muniti di titoli consolidati o convertiti; ma anche tutti gli stranieri che hanno interessi di vario genere a Tunisi potessero esservi rappresentati <disp. a Parigi 4 dicembre 1868) (3).

Quindi il Governo deì Re conchiudeva si lasciasse che, nella pienezza della sua responsabilità, il Bey amministrasse i suoi Stati come meglio intendeva, o da sé o per mezzo di una commisstone, e chiamasse, se così gli piacesse, anche un funzionario stranie•ro a farne parte; ma che i Governi interessati si mettessero d'accordo per instituire una commissione internazionale di controllo e chiedessero al Bey di riconoscerne .l'autorità.

Per ridurre poi a proposte concrete le osservazioni sovra esposte il Governo del Re interpellava il Gabinetto di Londra sul proposito di abbandonare, per il momento, ogni idea di commissioni amministrative e di limitarsi ad instituire una commissione internazionale provvisoria coll'incarico di verificare lo stato attivo e passivo della Reggenza, stato sul quale divers1ssimi erano gli avvisi (disp. a Londra 27 febbraio 1869) (4).

Lord Clarendon aspettò sino alla metà di aprile a dare riscontro alla comunicazione fattagli dal Gabinetto di Firenze. Pochi giorni prima che il Marchese di Lavalette venisse interpellato al Corpo legislativo sugli affari di Tunisi il Io Segretario di Stato della Regina

(-3) Cfr. serie I, vol. X, n. 721.

ordinava a Sir A. Paget di sollecitare da parte del Governo italiano l'invio simultaneo a Londra ed a Parigi di un progetto nel senso del dispaccio del 27 febbraio. Il 16 aprile il R. Governo indirizzava ai suoi rappresentanti nei due paesi sovraindicati un dispaccio contenente appunto il progetto domandato da Lord Clarendon (1). Allegato D (N. 149). Intanto il Signor Marchese di La Valette, rispondendo al discorso di Jules Favre, dichiarava solennemente che il Governo di Tunisl era nell'impossibilità di far fronte ai suoi impegni finanz,iari. DichiaraZ'ione pericolosissima della quale la Reggenza non dovea tardaTe a cercare di trarre profitto.

Infatti il 20 aprile già si sapeva da Tunisi che il Governo del Bey avea stipulato una certa sua convenzione colla casa Pinard di Parigi per l'unificazione di tutto il suo debito esteriore. La quale operazione, fatta senza tenere conto delle varie categorie di debito e dei diritti e guarentigie che ad alcuni di essi erano stati assicurati avrebbe avuto per effetto di ridurre ad una sola stregua tutte le ragioni dei creditori esteri della Reggenza. Basta, per apprezzare la ingiustizia di tale operazione, riflettere che, al momento in cui si pubblicava il contratto Pinard, il Governo tunisino avea titoli in circolazione ai quali si accordava in piazza il valore dell'SO% mentre ad altri non si riconosceva va,lore di sorta.

Il progetto Pinard, conosciuto in tempo dai Consoli d'Italia e d'Inghilterra formò ,!'oggetto delle loro proteste e più tardi contro il medesimo si dichiarava anche il Governo francese attalché il dec11eto che avrebbe dovuto rendere esecutoria la ,convenzione non venne emesso dal Bey.

Ma in mezzo a queste cose diveniva sempre più urgente provvedere, ed avendo H Signor Marchese di La Valette ripigliato a sostenere il progetto delle due commissioni ideato dal suo predecessore, Lord Clarendon si dichiarava favorevoie a quest'ultimo progetto preferendolo a quello che, dietro suo suggerimento, era stato formulato a Firenze.

Ed infatti non tardava il Governo imperiale di Francia di trasmettere al Governo del Re un progetto di decreto del quale 1 tre Gabinetti interessati di Parigi, di Londra e di Firenze dovrebbero chiedere al Bey l'esecuzione.

Il proge,tto in questione è qui unito. Allegato E (N. 178) (2). Per maggiore intelligenza delle cose esposte si unisce pure uno stato dei crediti italiani a Tunisi. Allegato F (N. 104).

(l) -Da ACR. (2) -Per la risposta cfr. n. 368. (l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. serie I, vol. VIII, n. 183. (l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. serle I, vol. X, n. 188. (l) -Cfr. serie l, vol. X, n. 194. (2) -Cfr. serie l, vol. X, n. 182. (3) -Cfr. serie I, vol. X, n. 206. (4) -Non si pubblicano gli allegati. (5) -Cfr. serle l, vol. X, n. 220. (l) -Cfr. serie I, vol. X, n. 243. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. serle I, vol. X, n. '.!79. I rapporM del 9 e 15 maggio non sono pubblicati ma eu. l nn. 284 e 296. (4) -Cfr. serie I, vol. X, n. 314; gli altri dispacci non sono pubbUcatl. (5) -Cfr. serle I, vol. X, n. 304. (l) -Cfr. serie I, vol. X, n. 477. (2) -Non pubblicato. (4) -Cfr. n. 134.
366

L'INCARICATO A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1557. Londra, 5 giugno 1869, ore 14,05 (per. ore 20,30).

Lord Clarendon vient de me dire que quoiqu'il n'alt point encore donné de réponse définitive il trouve que le p!'ojet de décret qui lui a été présenté par la France est de nature a etre accepté.

(l) -Cfr. n. 249. (2) -Cfr. n. 334, allegato.
367

L'INCARICATO D'AFFARI A WNDRA, MAFFEI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. Londra 5 giug.no 1869, ore 18,10 (per. ore 21).

Je me suis rendu auprès du due de Genes pour lui donner communica.tion et lui laisser copie de la dépèche télégraphique que vous m'avez envoyée pour lui de la part du Roi (1). Son Altesse Royale qui est encore fort ému a:ccueiUit avec beaucoup de reconnaissance les paroles bienveillantes du Roi et il me charge de lui en faire parvenir les remerciements par l'entremise de V. E.

368

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (2)

T. Firenze, 6 giugno 1869, ore 6.

Ministère basé solidement ne chancelle pas comme je vous ai dit déjà dans ma précedente dépèche, loi sur les banques pas retirée ministre finances se réserve la présenter de nouveau memeure époque. Chambre sera ajournée par décret royal dans une semaine jusqu'à la fin novembre, il me faudrait recevoir lettre Empereur vers 19 courant à Turin, n'oublLez pas que dans cette lettre Empereur doit me parler d'un avenir orageux qui se présente et d'un projet d'alliance entre France Autriche et Italie, me dire que Autriche a déja accepté et demandé concours Italie, je répondrai Empereur trois jours après temps nécessaire pour présenter la chose au Ministère, cela fait Nigra peut envoyer tout de suite projet alliance déjà convenu et il sera immédiatement signé par moi et par Menabrea. Pour affaire Rome si l'Empereur veut m'écrire une let.tre confidentielle sera beaucoup mieux mais s'il ne veut pas, tachez de prendre acte vous et Nigra d'une déclaration de l'Empereur à ce sujet et m'écrire en son nom époque précise du !'etrait des troupes de Rome. Je vous préviens que je pars demain pour Turin.

369

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI

D. 68. Firenze, 6 giugno 1869.

La ringrazio vivamente delle informazioni trasmessemi col di Lei rapporto del 31 maggio u.p. (N. 101 politico) (3) relativamente alla pubblicazione del libro rosso austriaco che si sta preparando a Vienna.

Siamo ben lieti di sapere che, quanto all'Italia, il Signor Conte di Beust si proponga di pubblicare solamente la nota diretta al Barone di Ktibeck sulle voci diffuse in Europa di alleanza fra i due paesi e la circolare di cui con quel dispaccio ci si dava comunicazione (1). Saranno così evitati quegli inconvenienti ai quali le precedenti pubblicazioni diplomatiche del Gabinetto di Vienna hanno purtroppo sempre dato origine. Ed è perciò che delle intenzioni che attualmente sembra avere il Signor Conte di Beust riguardo alla prossima pubblicazione del libro rosso ci piace di prender atto come di una prova del desiderio del Governo Imperiaie che dalla nuova pubblicazione abbia a risultare soltanto il ristabilimento dei buoni accordi fra l'Austria e l'Italia.

(l) -Non rinvenuto. (2) -Da 1\.CR. (3) -Non pubbliCato.
370

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI

D. 10. Firenze, 6 giugno 1869

La di Lei corrispondenza politica mi è pervenuta sino al N. 22 inclusivamente. Col dispaccio del 20 maggio ultimo passato (2) io Le ho tracciato le norme di .linguaggio che converrà che la S. V. adotti tanto per ciò che concerne le quistioni interne di codesto Principato, quanto per ciò che riguarda le relazioni del medesimo colle Potenze alto Sovrana.

Quasi contemporaneamente la S. V. mi chiedeva, nel suo rapporto del 18 maggio (3), s'io approvassi le idee in esso sviluppate. Queste idee conchiudevano a dire che le riforme interne sembrano oggi essere il solo affare al quale la Reggenza della Serbia deve consacrarsi, e che questa non deve respingere le quistioni esteriori evitando però di farle sorgere. Le istruzioni che a quest'ora la S. V. avrà ricevute prescrivevano una norma di condotta affatto riservata di fronte alle quistioni della politica interna del Principato e, per quanto riflette le quistioni esteriori, nelle medesime indicavano il piace:re che ci procurava la notizia dei rapporti soddisfacenti che esistevano fra Belgrado e Constantinopoli. Non è dunque per ora il caso che il Governo del Re abbia ad emettere un'opinione qualsiasi sopra quistioni nelle quali non vede impegnato un suo diretto interesse. Certamente noi applaudiremo sempre a tutto ciò che, colla prosperità della Serbia, otterrà pure il principale scopo al quale dobbiamo mirare di evitare cioè complicazion~ internazionali in Or,iente; ma per conseguire quest'intento non crediamo che il partito di pigliare un ingerimento negli affari interni della Serbia possa essere il migliore che le Po:tenze potranno scegliere. Se talune di esse sembrassero volersi mettere in questa via, noi gradiremo molto di essere minutamente informati dei passi che faranno, ma nelle circostanze attuali non sal'emmo noi che dovremmo imitare un tale esempio.

(l) -Cfr. n. 351, allegati. (2) -Cfr. n. 332. (3) -Non pubbllcato.
371

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

T. 918. Firenze, 7 giugno 1869, ore 16,45.

Faites comprendre au Bey qu'il ne pomrait que compromettre la situation à son propre prejudice en prenant des déterminations qui préjugeraient l'accord que les trois Puissances sont au moment de conclure.

372

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LA UNAY

D. 128. Firenze, 8 giugno 1869.

La ringrazio della comunicazione che Ella mi ha fatto col p11egiato rapporto del 1° giugno (n. 418 di questa serie (1)), de.Ua corrispondenza scambiata dal rappresentante degli Stati Uniti d'America in codesta città col Signor Romero circa l'eventuale stabilimento di relazioni diplomatiche fra l'Italia ed il Messico. Anche dal Signor Bancroft cui furono direttamente trasmessi i medesimi documenti, dai quali si ottiene la soddisfacente certezza che 1e aperture che fosse per fare il R. Governo presso quello del Messico per l'invio di un nostro rappresentante presso la repubblica incontrerebbero un favorevo1e accoglimento. Ella troverà qui unita una mia lettera (2), destinata al Signor Bancrnft, che la prego di far tenere al Ministro americano, poi che avrà preso conoscenza del contenuto, pl'ecipuamente inteso a porgere i debiti ringraziamenti a chi si fece cortese intermediario in questo negoziato.

Assicurato ormai delle favol'evoli disposizioni del Governo messicano, non tarderò a sottoporre ai miei colleghi l'opportunità chi si offrirebbe all'Italia di regolare stabilmente i suoi rapporti internazionali con quella Repubblica.

Mi riserbo, Signor Conte, di comunicarle, a suo tempo le deliberazioni che per tale effetto saranno adottate dal Governo del Re, ...

373

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 922. Firenze, 9 giugno 1869, ore 11,30.

Veuillez me tenir au courant des événements de Paris et m'indiquer le degré de gravité qu'ils peuvent avoir car les dépeches de l'agence arrivent ici en retard. La nouvelle de la destination du Général Fleury à Florence annoncée par le journal Le public se confirme-t-eUe? (3)

(l) -Cfr. n. 360. (2) -Non pubblicata. (3) -Con t. 1438 del 17 marzo NigTa aveva comunicato a MenabTea che Fleury aveva richiesto all'Imperatore il posto di ministro a Firenze.
374

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1562. Parigi, 9 giugno 1869, ore 14,20 (per. ore 16,40).

Je vous ai écrit hier et je Vous écris aujourd'hui pour les éléctions et les incidents aux quels elles ont donné lieu à Paris lundi soir .Ces incidents consistent dans des attroupements, des cris et dans une centaine d'arrestations. Tout cela n'est pas grave en fin -méme mais c'est un mauvais symptome.

Nomination du général Fleury à Florence est toujours probable mais jusqu'ici elle n'est pas arrétée d'une manière positive (1).

375

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1568. Parigi, 9 giugno 1869, ore 17,45 (per. ore 19,40J.

La Valette vient de me dire qu'il a reçu par le baron de Malaret votre première réponse sur Tunis (2). Il m'a fait observer que si les membnes italiens de la commission de contrale devaient étre élus par tous les créanciers italiens il en résulterait que !es créanciers autrichiens, espagnols, prussiens et grecs auraient le méme droit; qu'il est donc impossible de modifier le décret dans le sens de votre réserve. Quant aux précautions contre les conversions le marquis de La Valette m'a fait observer que le projet du décret et surtout l'art. 9 y pourvoient suffisamment. Le marquis de La Valette m'a informé que les instructions du Gouvernement anglais à son Consul approuvent sans réserve le projet de décret, et établissent en outre que la meilleure sécurité pour les anglais et les italiens était d'identifier leurs intéréts avec !es intéréts français. En me faisant cette communication verbale, le marquis de La Valette m'a fait remarquer la diffé~ence entre notre attitude et celle p,lus conciliant de l'Angleterre, et tout en ne .formuJant encore plainte, il s'en est montré effecté.

376

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. R. 129. Firenze, 9 giugno 1869.

Nel di Lei rapporto (n. 406) dell'8 maggio u.p. (3) rendendomi conto della conversazione ch'Ella avrà avuta coi signor De Thile circa le voci che correvano relativamente alla partecipazione di emissari prussiani al lavoro di agitazione

che si cerca di mantenere vivo in Italia, Ella mi scriveva che il Sotto Segretario di Stato desiderava, e ci chiede,va espl"essamente, che gli comunicassimo maggiori ragguagli sulle visite ,che si dissero essere state fatte a Mazzini in Lugano da un ufficiale prussiano il cui nome suonerebbe Withum.

Desiderando soddisfare al desiderio ed alla domanda del Signor De Thile, mi sono affrettato di solLecitare per mezzo del Ministero dell'Interno quelle più ampie indicazioni che si potevano a vere, ma la risposta di quel ministero non aggiunge alcuna circostanza di rilievo al1e cose che ebbi già a portare a di Lei notizia.

Il personaggio che la voce pubblica designava in Lugano come ufficiale prussiano e che avea detto alla Locanda ove avea preso alloggio chiamarsi Withum, o con altro nome consimile, si era annunziato in altro luogo col nome di Peterzoff, parlava il tedesco con pronunzia che fu giudicata berlinese, e si fermò in Lugano pochi giorni, durante i quali visitò spesse volte Mazzini. Quest'ultimo si circonda di tanto mistero che una persona, la quale non abbia con lui rapporti intimi di amicizia, o di affari, non può in alcun modo avvicinarlo. Fu fra H 6 od il 7 marzo u.p. che il viagg,iatore in questione ha fatto in Lugano l'apparizione che diede luogo alle voci sopra accennate.

Trattandosi di cose succedute all'estero non fu possibile avere notizie più precise; ma le indicazioni sovra riferite, sembrano, per la fonte alla quale erano attint;e, meritare qualche considerazione. E noi spinti dal desiderio di mettere il Governo prussiano in grado di fare dal canto suo quelle investigazioni che stimasse più opportune per riscontrare l'origine delle voci che correvano sulle relazioni di un suo ufficiaLe col Mazzini, abbiamo stimato non poter fare meglio che !'lenderlo informato di quanto a tale riguardo ci era risultato.

Siamo convinti che il Gabinetto di Berlino vedrà in questo nostro modo di agire una prova del desiderio che ci anima di metterlo nell'occasione di dimostrarci egli stesso l'insussistenza delle voci che circolano e che gli attribuiscono intendimenti contrari agli interessi dell'ordine nel nostro paes·e. Che se per avventura qualche suddito prussiano mantenesse cogli uomini del partito rivoluzionario cosmopolita e precisamente col Mazzini del1e seg11ete intelligenze, il Gabinetto di Berlino non si rincrescerà certamente che da noi gli vengano indicati gli indizi che ad un tal fatto possono far credere.

(l) -Con t. 1577 del 12 giugno Nigra comunicò: «Très confidentiellement La Valette vlent de me dire que par suite des indiscrétions commises par !es journaux au sujet de la destination à Florenc·e du général Fléury l'Empereur vient de décWer que cette destinR.t.lon n'aura olus lieu ». (2) -Cfr. n. 348. (3) -Cfr. n. 307.
377

IL MINISTRO DELL'INTERNO, FERRARIS, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

N. R. 347 Firenze, 9 giugno 1869 (per. l'11).

Nella seconda metà dello scorso mese di maggio, l'Ispettore scolastico di Tempio ed Ozieri, avendo dovuto recarsi a Caprera, per un incarico del Provveditore agli studii della Provincia, portatosi a far visita al Generale Garibaldi, questi lo invitava a pranzo con lui.

Durante il pranzo, e dopo molti altri discorsi, l'ex Capitano garibaldino, Cuneo, che pure trovavasi fra i commensali, avendo per incidenza pronunziato il nome di Mazzini, avrebbe ciò dato luogo alla seguente dichiarazione da parte di Garibaldi:

«Sentite caro Cuneo, voi conoscete i miei principii, le mie convinzioni, miei fermi ed irremovibHi propositi, ebbene vi giuro sulla memoria della mia Anita (la sua defunta moglie) che è assai (calcò assai queste parole) più f~ile che mi vediate inginocchiarmi davanti al pre1te di Roma, che dividere una delle idee di questo mestatore d'idealismo. E se un'invasione, .impossibile a dirsi, se un'invasione mazziniana avvenisse armata mano, io volerei a combatterlo dovessi esser certo di morire sul campo. Ritenete caro Cuneo che Mazzini costa più sangue all'Italia che non tutte le mie battaglie, compresa Mentana. Mazzini non è solo un matto, è un briccone ed un codardo».

Quanto :precede rnevasi da un rapporto dello stesso Signor Ispettore suU'esito della sua missione, e, siccome trattasi di persona degna di fede credo perciò di informare la E. V. per di Lei notizia.

378

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTEiRI, MENABREA

R. 879. Parigi, 9 giugno 1869 (per. l'11).

Il risultato delle ele~ioni generali in Francia è oggi intieramente conosciuto all'eccezione dei pochi collegi ove una nuova elezione sarà resa necessaria in seguito a doppie eLezioni o ad irregolarità avvenute nelle operazioni elettorali. Si può qundi fin d'oggi avventurare un calcolo approssimativo sulla composizione e sulle tendenze delle varie frazioni di cui sarà composto il nuovo Corpo legislativo. Anzitutto deve notarsi che nel secondo squittinio di domenica e lunedì scorsi, il partito liberale, relativamente moderato, ebbe in sostanza la vittoria sul partito rivoluzionario, e che colla disfatta di Rochefort a Parigi si evitò una nomina che portava seco il carattere d'ostilità personale verso il Capo dello Stato.

La maggioranza riuscì ancora questa volta favorevole al Governo imperiale. Circa 200 deputati appartengono senza dubbio alla parte governativa. Ma l'oposizione d'ogni colore riuscì a riunire circa 80 o 90 nomine. Non si può a meno d'essere colpiti da questo progressivo aumento dell'opposizione nelle tre ultime successive elezioni generali. II movimento liberale, che già s'era disegnato con evidenza, ma con poche forze, nel 1863, venne sviluppandosi nella scorsa legislatura ed ora s'annunzia con un'energia che cresce ogni giorno e che può fxa poco diventare irresistibile. In seguito al primo scrutinio delle presenti elezioni si potè per un momento dubitare che il suffragio universale si fosse mostrato avv.erso alle tendenze liberali non rivoluzionarie, e si fosse pronunziato invece per una lotta aperta tra ·i conservatori governativi e la rivoluzione. Ma esaminando più addentro il significato delle prime elezioni, e specialmente poi delle seconde, ne risulta chiaro il concetto che la maggioranza della Francia, condannando la rivoluzione, sta per l'Impero, ma per l'Impero liberale e costituzionale. Giacché non si può negare che fra i 200 deputati che a ragione si considerano come favorevoli al Governo una frazione abbastanza considerevole di essi è portata a reclamare le libertà costituzionali, e prima fra tutte la risponsabilità ministeriale.

Di fronte a questa tendenza che sembra dover prevalel'e nella nuova Camera, quale sarà l'attitudine, quali le risoluzioni del Governo, o per meglio dire dell'Imperatore Napoleone?

Finora l'Imperatore si limitò ad osservare, a studiare, ad interrogare. I consigli i più divergenti gli sono dati da chi più gli sta vicino, secondo le varie propensioni de' consiglieri.

Lasciando in disparte i consigli di coloro che si pronunziano nettamente per la reazione, consigli in verità poco autorevoli e poco ascoltati, due sono le tendenze che tentano farsi adito nello spirito dell'Imperatore. Gli uni riassumono il loro programma nella formola: nessuna reazione, ma nessuna concessione, cioè a dire consigliano lo statu qua. Ma si può domandar con ragione se il mantenimento dello stato presente sia possibile di fronte al risultato delle elezioni. Questo r·isultato, ove ben si consideri, non è desso fino ad un certo punto la condanna del sistema attuale? Gli altri consigliano d'entrare arditamente nella via delle riforme e delle concessioni, senza perdita di tempo. Dicono questi che non c'è altro modo di disarmare la rivoluzione che si appresenta minacciosa se non quello di pigliare ad essa le proprie armi, e d'appropriarsi ed inalberare alto il vessillo della libertà. Consigliano perciò d'accordare la responsabilità ministeriale e le altre guarentigie del sistema costituzionale, e di chiamare all'attuazione di queste riforme ministri nuovi che rappresentino sinceramente queste idee.

Nessuno può preveder·e ora a quale partito l'Imperatore finirà per appigliarsi intorno a queste quistioni di Governo e d'ordinamento interno. La cosa è d'una gravità eccezionale, e piena di pericoli d'ogni parte.

Il sistema della resistenza e quello delle concessioni presentano quasi uguali inconvenienti. Le cose sono venute ad un punto tale che tanto è pericoloso il resistel'e, quanto il concedere. Tuttavia (se avessi ad esprimere un avviso) non esiterei a dichiarare che la via migliol'e e la meno incerta sia ancora quella delle concessioni. Bisogna considerare che questo paese, dopo un lungo periodo di silenzio e di calma, durante il quale rimase poco partecipe dell'esercizio della vita pubblica, si è risvegliato a po,co a poco, ed ora reclama con una febbrHe vivacità e con crescente energia le pubbliche libertà. Ora, se si pone mente che l'Imperatore Napoleone tiene il massimo conto dei desiderj manifesta.ti dal suffragio universale, sul quale poggia l'Impero, e che d'altra parte ha già derogato esso stesso alla primitiva rigidità della costituzione imperiale, si può forse conchiudere che anche questa volta invece di racchiudersi ne·l sistema deHe resistenze, fatale a' suoi antecessori, entrerà, sia pur con moderazione e con riserva nel sistema del1e concessioni liberali.

Intanto una breve sessione del Corpo legislativo per la verifica dei poteri sarà fissata pel 28 del corrente mese.

Egualmente, se non più difficile, è il prevedere le conseguenze delle elezioni sullo spirito dell'Imperatol.'e, per quanto spetta alle questioni di politica estera, ossia, pe,r precisare meglio, per quanto spetta alla questione di pace e di guerra. Se s'esaminano le professioni di fede dei candidati per le elezioni, se si osserva la tendenza generale del paese, si dovrebbe conchiudere che il risultato delle elezioni è favorevole al mantenimento della pace. Non v'ha dubbio altvesì che se il paese domanda ed ottiene un maggior diritto di controllo, la probabilità d'una guerra ne viene di necessità diminuita. Ma d'altra parte è innegabile che il menomato p11estigio del sistema imperia·le di Governo e le difficoltà presenti hanno la loro origine nell'infausta spedizione del Messico, e nei successi della Prussia a Sadowa. L'Impemtore può quindi domandarsi se una guerra felice e gloriosa contro la Prussia, col ristabilire la superiorità delle armi fracesi e il prestigio del nome francese nel mondo, non sia ancora il miglior .rimedio al male presente. Non credo d'ingannarmi affermando che l'Imperatore s'è fatto più volte e si fa tuttavia questa domanda, e che è molto possibile che si risolva a dave ad essa una risposta affe["mativa. I preparativi di guerra si stanno facendo con grande alacrità da due anni. Ora sono terminati,

o quasi. L'Imperatore dispone d'una forza formidabile, docile, disciplinata, piena d'ardore. Non mi stupirebbe quindi se il risultato delle elezioni lo decidesse ad ultimare i preparativi di guerra ed a pensare fin d'ora ad un sistema d'alleanza per un'eventualità di conflitto. Forse m'inganno, e desidero che queste previsioni, se possono chiamarsi tali, siano fallaci. Ma è mio dovere il segnalare fin d'ora questa eventualità, comunque lontana, a tutta l'attenzione del Governo del Re.

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IL CONTE VIMERCATI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI MENABREA (l)

L. P. Parigi, 9 giugno 1869.

Je profite du départ pour Flovence de M. Joubert pour vous envoyer quelques indications sur l'état des négociations que nous poursuivons à Paris.

Par Nigra et par les dépeches que j'ai écrites au Roi, vous devez etre déjà au courant et savoir où en sont les choses, mais puisque l'occasion se présente, je prefère r·esumer dans cette lettre ce qui s'est passé.

Arrivé à Paris j'ai remis d'abord à M. Rouher les modifications faites par

V. E, aux articles 2, 4 ·e 7 du dernier projet (2).

«Articie 2.

Les trois puissances concourront à l'action commune, chacune avec ses propres armées; !'Italie fournira une armée de deux cent mille hommes environ de toutes armes. Néanmoins !'Autriche, suivant !es circonstances, pourra se borner à .Ja défense de ses frontières, pourvu toutefois que !es opérations des autres puissances ne puissent pas en etre compromises.

Article 4.

La France, l'Autriche et l'Italie s'entendront pour agir de manière à éviter que le Concile oecuménique convoqué à Rome, puisse troubler la paix publlque et porter atteinte à l'autorité du pouvoir civil.

Article 'l.

Après .Ja guerre, si cette guerre est vidorieuse, l'Italie obtiendra un agrandissement de territoire proportionné à l'étendue de ceux qu'auront acquis !es deux autres omssances. et a la force armée que chaque al!ié aura fourni pour l'action commune; l'augmentation de territoire pour l'Italie aura lieu de préférence vers ses frontières naturelles. En tous cas du c6té de l'Autrichc ses limites seront au minimum Iixées par l'annexion du Tyrol Italien au territoire du Royaume et par la ligne de Confin qui avait été établie du c6té de l'Isonzo par le Traité de Fontainebleau du ... ».

A la première partie de fArt. 2, le Ministre d'Etat n'a fait aucune observation, mais dans la partie qui touche l'Autriche et qui dit << NéanmoL.'1S l'Autrlche suivant les cil'constances pourra se borner à la défense de ses frontières pourvu toutefois que les opèrations des autres puissances alliées ne puissent pas en etre compromises ». M. Rouher trouve que cette latitude laissée à l'Autriche est trop grande et qu'elle la piace en quelque sorte dans une situation trop appa.remment différente des autres alliés. Vous ne verrez, j'espère aucun inconvenient à que cette dernière phrase soit autrement exposée.

A l'art. 4 le Ministre d'Etat ne voit aucune obj.ection à faire, si ce n'est qu'il trouve trop dure la phrase ap,pliquée au Concile Oecuménique, qui dit, << puisse troubler la paix pubiique » il desirerait l'atténue1r sans cependant rien òter à nmportance du fond. Camme opinion toute personelle, M. Rouher trouve que l'ltalie a tort de ne pas solida:riser dans la question Romaine les Gouvernements alliés, car à son avis ce serait piacer l'impossibilité du pouvoir temporel vis-à-vis des nouveaux principes qui sont la base fondamentale des trois Gouvernements alliés.

C'est une question d'une très haute importance sur laquelle je me permets d'appeler l'attention de V. E. L'art. 7, est le plus important car il touche aux compensations que l'Italie aurait après une guerre victorieuse. Pour ce qui concerne l'Isonzo l'Empereur,

M. Rouher et moi-meme nous avons très catégoriquement déclaré au P.rince Metternich que pour l'Italie c'était une question sine qua non. Cette demande minime camme compensation, était pour le Gouvernement du Roi d'une nécessité absolue, car la frontière établie telle qu'elle est actuellement, est impossible.

M. de Metternich en a de suite informé son Gouvernement, on attend la réponse de Vienne qu'on a lteu de croire favorable.

Pour le Tyrol, l'Italie aurait jusqu'à Trento et Rovereto, de ce còté V. E. sait qu'elle a déjà été envoyèe à Florence. On aurait tenu compte de vos observations dans un nouveau projet rectifié, si je n'avais pas prié M. Rouher d'attendre à le faire que nous soyons entrés dans la voie ofHcielle.

J'ai pensé qu'en communiquant le pr.ojet d'alliance à quelques uns de vos collègues, quelque modifications nouvelle deviendrait nécessaire et qu'alors nous serions entrés dans un nouveau remaniement des choses convenues qui n'aurait pas fait bon effet.

J'ai pensé que laisser une porte ouv,erte à l'amour propre des nouveaux participants au secret, était une bonne chose.

En arrivant, j'ai remis votre lettre à Nigra, il me l'a lue, et comme elle contenait ce que vous aviez eu la bonté de me dire, j'ai taché de le convaincre de la nécessité de commencer immédiatement la campagne des lettres confidentielles mais ayant 11emarqué en lui une certaine répugnance à prendre la responsabilié de l'initiative d'un si grand acte, j'ai cru bien faire de signaler au Roi ses hésitations (1). Sa Majesté m'a répondu (2) en suggérant, d'accord avec vous, je n'en doute point, un nouveau système qui était de faire prendre l'initiative à l'Empereur par une lettre dans laquelle S. M. Impériale en demandant

l'alliance de l'Italie, prenait l'engagement de retirer ses troupes des Etats Pontificaux.

J'rui été moi-méme chez l'Empereur qui a bien voulu consentir à écrire la lettre autographe au Roi, mais se refusant pertinemment à parler dans la lettre de la retraite des troupes pour ne pas avok l'air, a-t-il dit, d'acheter l'alliance Italienne par l'abandon du Pape, mais il m'y' a formeHement décla.ré que les troupes auraient été retirées dans le courant du mois d'Aòut, ou au commencement de l'automne et qu'il était disposé à en donner verbalement à Nigra les assurances les plus explicites

J'ai rendu compte à Sa Majesté (1), le Roi m'a répondu par un télégramme (2), que quoique il aurait mieux aimé que la dé.claration d'évacuation fut dans les lettres impériales, il accepte pourtant le mode proposé par l'Empereur à la condition que Nigra et moi nous aurions pris acte de la déclaration Impériale au sujet de la retraite des troupes

Une dernière dépeche que le Roi m'a adressée (3) témoigne le desir que dans la lettre que l'Empereur doit lui adresser il soit fait mention d'un avenir orageux qui se prépare et enfin d'une tendance toute belliqueuse qu'H désirerait vous donner à la 1-ettre Impériale. Sur ce point il est très difficile d'entamer une négociation, car ce serait faire prendre à l'Empereur la ve:sponsabilité d'une guerre, responsabilité que la F.rance voudra rejeter sur la Prusse, profitant du premier prétexte qu'elle pourra donner. La triple alliance oUrant des avantages moreaux très grands, soit en temps de pa.ix qu'en cas de guerre, la Iettre de 1'Empereur, j'en suis sur, satisfera le Roi.

Me rendant en Italie pour y amener ma fille je compte pol'ter moi-mème la lettre que je 11emettrai à Sa Majesté à mon passage à Turin où il m'à dit rester jusqu'au 19 courant.

En communtquant au Roi Ies hésitation de Nigra, j'ai cru devoir les motiver, elles sont dictèes par une sage prudence qui doit étre appréciée; cette hésitation s'explique f.acilement par les déclarations absolument pacifiques du Marquis de La Valette, les réticences belltqueuses du Ministre d'Etat et l'opinion hésitante de l'Empereur, qui varie suivant les informations qu'il reçoU d'Allemagne et les difficultés intérieures qui se présentent ·tantòt sous une forme tantòt sous nne autre.

Quant à moi je maintiens mon opinions, et je n'hésite pas à le déclarer surtout après les élections, que les di:fficultés actuelles ne pourront se vaincre que par une guene heureuse.

L'Empereur n'abdiquera jamais son pouvoir personnel, sans qu'un succès politique et mUitaire vienne effacer les erreurs qui lui sont journeJiement reprochèes.

Vous seriez bien aimable de répondre un mot à ma lettre, la combinaison de la triple alliance que je crois un acte de clairvoyance et d'une grande sagesse politique va entrer dans la phase officielle, je ne manquerai pas de la suivre pour le peu que je pourrai, de toute mon assistance, mais je voudrais avant

que ce moment arrive voi.r les choses établies de façon à ce qu'il ne puisse pas y avoir de malentendu dont je pourrais étre la cause involontaire.

Je vous pri:e de m'envoyer la croix que M. Rohuer demande pour M. Cottin Sécretaire général de M. Rouher dont vous avez pris note dans mon dernier voya.ge à Florence, je vous serai aussi reconnaissant si vous vouliez faire tenir par la Légation à M. Grassi le rembarsement des 400 francs dont j'ai lu l'honneur de vous remettre la note.

Je compte m'arreter une quinzaine de jours à Monza, je saisirai une occasion pour venir vous serrer la main.

P.S. A 1titre de renseignement je crois devoir dire que le refus de l'Empereur à parler de la retraite des troupes dans la lettre au Roi, vient du Marquis de la Valette, car le jour avant Rouher ayant été chez Sa Majesté pour lui communiquer le désir du Roi, l'Empereur m'a fait dire qu'il n'aurait parlé dans la méme lettre, d'alliance et d'évacuation, mais qu'il aurait écrit pour les deux choses deux lettres séparées à differénce de date, c'est La Valette qu~ a dètoumé l'Empereur de sa première pensée. Ceci je vous le d1s sous le sceau du plus grand secret, en garantissant la vérité de ce que j'expose. Demain l'Empereur écrira la lettre, dans deux jours Nigra sera appelé pour recevoir la confirmation sur la retraite des troupes. On par,le ici de modifications ministérielles, elles pourront avoir lieu, mais c'est Rouher qui tient toujours .le haut du pavé, il n'est nullement mécontent des éléctions, à son avis se résument de la maniére suivante-les anciens partis ont été détruits, le Gouvernement de l'Empereur se trouve en face de la révolution la

plus avancée et la majorité des hommes qui formaient le tiers parti sera obligée de marcher avec le Gouvernement pour ne pas étre avec les communistes.

M. Thiers lui-méme avoue son très grand embarras et les voix qu'il a pris à M. D'Alton Shee le placent dans la Chambre dans une très fausse position. On parle toujours de l'envoi de Fleury à Florence. L'Empereur lui a promis, mais ni La Valette ni Rouher ne sont nullement pressés de satisfaire au désir Impérial.

(l) -Da ACR. (2) -Le modifiche, anch'esse conservate in ACR, erano le seguenti: (l) -Cfr. n. 355. (2) -Cfr. n. 359. (l) -Cfr. n. 364. (2) -Cfr. n. 368. (3) -Si tratta in realtà dello stesso telegramma pubblicato al n. 368.
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IL MINIS'I1RO ULISSE BARBOLANI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1572. Parigi, 10 giugno 1869, ore 18 (per. ore 20,10).

Je viens de voir la Valette. Il m'a parlé en présence de Nigra avec beaucoup de ressentiment d'une dépéche télégraphique de Malaret relativament à la

italiano sarà rappresentato.Dovrebbe parimenti il Governo di sua Maestà insistere perchè l'articolo 10 venga modlfl

décision prise par le Conseil des ministres (l) sur les propositions françaises par les affaires de Tunis. Il s'est beaucoup recrié sur les protestations et les réserves faites par V. E. et il a déclaré qu'il aime mieux tout rompre que d'accepter la situation que vous voulez lui ,faire et qui contraste tellement avec l'attitude de l'Angleterre qu'a a·ccepté sans reserv,e. J'ai cru de mon devoir après avoir pris avis de Nigra de vous télégraphier car l'affaire pourrait bien prendre une mauvaise tournure.

(l) n Consiglio del Ministri aveva approvato il 9 giugno le seguenti «conclusioni>>: «Nello stato attuale delle cose, e tenendo conto che già si conoscono le intenzioni del Gabinetto di Londra favorevoli all'accettazione del decreto quale fu da ultimo proposto dalla Francia, sembrerebbe che il Governo italiano dovrebbe limitarsi a dichiarare ch'egli non farà opposizionealla pubblicazione del nuovo decreto ma non concorrerà ad appoggiare presso il Governo tunisino che la domanda riguardante l'istituzione della commissione di controllo nella quale l'elemento

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 483. Firenze, 10 giugno 1869.

Le projet de décret modifié, qui vous avait été communiqué par le Ministre Impérial des affaires Etrangères et que Vous m'avez transrmis pour l'institution d'une cormmission de Finances à Tunis, a été de notre part l'objet d'un examen approfondi.

D'après ce que Vous m'avez écnit le 20 mai dernier (l) ce projet de décret serait destiné dans la pensée du Gouvernement impérial a étre proposé au Bey de Tunis afin que Son Altesse puisse le revetir de la forme requise pour les lois de ses Etats. Le Cabinet des Tuileris se proposerait en outre de donner à son Agent et Consul Général à Tunis des instructions de1stinées à lui prescrire les démarches à faire pour obtenir la promulgation du nouveau décret et à expliquer 1e sens de la mesure à prendre.

Nous avons hautement apprécié les sentiments d'equité et l'espl'it de conciliation qui ont conseillé au Gouvernement impérial de nous faire parvenir ces communications importantes. En agissant des deux còtés aussi ouvertement que possible et se communiquant réciproquement leurs propres idées, les Cabinets de Florence et de Paris pa•rviendront, je l'espère, à établir dans ce.tte affaire un accord complet et une identité de vues qui seront certainement les meilleures pour tous Ies intérèts étrangers dans la Régence. Les modifications portées au décret du 4 avril 1868 sont d'ameurs un gage assuré de cet esprit de conciliation dont nous mémes nous avions fait preuve en acceptant que le premier décret du Bey fut signé, en consideration de la déclaration du Gouvernement impérial, qu'il était prét à examiner sans retard, d'accord avec nous et avec l'Angleterre, .en quoi les dispositions de ce décret devaient étre modifiées dans l'intérét de nos nationaux. Aussi pouvons nous annocer, M. le Ministre, que le Gouvernement du

cato in modo da far sì che non solo i possessori del titoli delle conversioni ma anche gli altri Italiani aventi interessi di vario genere a Tunisi possano essere rappresentati nella commissione di controllo.

Finalmente nell'art. 11 si dovrebbe domandare che sia espresso con maggior chiarezza sin dove si estendono le attribuzioni della commissione di controllo, e nell'art. 9 si dovrebbe estendere il concorso obbligatorio della Commissione anzidetta non soltanto al caso di nuovi prestiti ma anche a quello di conversioni di prestiti antichi.

Tutte queste modificazioni si potrebbero ottenere sia chiedendo di farle inserire nel testo del progettato decreto, sia per mezzo di dichiarazioni da consegnarsi in apposite Istruzioni indirizzate al R. Agente e Console Generale a Tunisi con ordine di rimetterne copia al Governo del Bey ».

Roi s'abstiendra de toute opposition contre la promulgation du nouveau décret que le Gouvernement français prés,entera au Bey de Tunis.

Nous nous proposons meme d'appuyer efficacement la partie du décret concernant l'institution d'un comité international de contrale et dans les instructions que nous donnerons à l'Agent et Consul Général du Roi à Tunis nous nous appliquerons à bien précise.r le sens et la portée des dispositions dont nous conseillerons volontiers au Bey l'adoption.

S. E. M. le Ministre des Affaires Etrangères de S. M. l'Empereur comprendra facilement que notre point de départ dans cette affaire étant autre que celui du Gabinet des Tui1ertes, nos instructions ne sauraient etre les memes que cel1es qu'il se propose de donner à son Agent et Consul Général à Tunis, mais nous sommes convaincus que l'examen de ces instructions, dont Vous voudrez bien donner communication à S. E. M. le Marquis La Valette, le persuadera de notre intentton sincère de contribuer à ce que le nouveau décret du Bey ait les menleurs résutats possibles.

(l) Cfr. n. 334.

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IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. IV. Lisbona, 10 giugno 1869.

Conformemente alle istruzioni contenute nella circolare politica dei 30 aprile scorso (1), mi feci un dov.ere di comunicare l'annesso dispaccio, dei 19 detto (2), a questo Ministro degli Affari Esteri, come lo avevo già comunicato anteriormente a S. M. il Re, che tanta parte degna prendere personalmente alla grave questione del futuro Concilio.

Il Marchese Sà da Bandeira nel restituirmi, dopo letto, l'importante dispaccio, mi espresse il desiderio di averne copia soggiungendomi la cosa essere di tale gravi.tà che S. E. credeva doverla sottoporre, pr.ima di rispondermi, al Consiglio dei Ministr,i, del che del resto io aveva già previsto la probabilità e la convenienza in uno dei miei r•ecenti dispacci a Firenze.

In previsione di taLe risposta io avevo preparato una minuta di Nota che prima d'indirizzargliela sottoposi al Marchese di Sà, il quale si compiacque approvarla pvegandomi a trasmette,rgliela prontamente, il che feci senza indugio, e della quale mi pregio di qui unire una copia.

La latitudine favoritami da V. E. mediante l'ultima frase della circolare 30 aprile: «Ella potrà valersi della mia circolare in quella misura che le sembrerà più conveniente tenendo conto nel di lei savio apprezzamento delle disposizioni che animano codesto Gov,erno », ed i noti sentimenti del Re, del suo Governo e della generalità del Paese, di cui ebbi occasione di rendere sovente conto a V. E., segnatamente suUe giuste resistenze presenti e storiche del Portogallo verso la ingerenza di Roma in affari temporali, mi sembrano autorizzare quei

passi più accentuati che una semplice comunicazione verbale sopra cosa di tanto rilievo. È perciò che credei dovere accentuarli nella ,redazione della mia Nota, gradita come dissi anteriormente dal Marchese di Sà, e provocare una risposta da questo Governo più certa e più concreta.

Il Marchese di Sà mi disse che tale risposta non potrà essere così pronta perché oltre il motivo della importanza della decisione eravi pur quello che il Governo portoghese non ebbe sin'ora comunicazione di sorta circa la proposta bavarese, della quale neppure io potei comunicargli il testo, poiché la copia di tale documento manca nella collezione di quelli trasmessimi dal R. Minis,tero con l'ultimo Corrie,re di Gabinetto. Rimisi ugualmente al Marchese dì Sà un esemplare del fascicolo «Il Concilio ed i diritti dello Stato », come av,evo già rimesso uno a Sua Maestà ed uno al Conte di Lavradio, chiedendo al Ministro degli Affari Esteri, se in merito deUa attuaUtà e della importanza del soggetto non sarebbe utile che la stampa officiosa e liberale cominciasse a discutere tale questione ed injettare nel pubblico sane idee in proposito. S. E. risposemi essere d'uopo intendermi per ciò col Ministro della Marina, Signor Latino Quelho, ex redattore in capo del giornale Il Commercio, iJ periodico più accreditato della capitale, promettendomi di prevenirlo anzi me del,l'oggetto della mia visita, come infatti lo prevenne. Trovai le idee del Latino Quelho unisone a quelle del Ma,rchese di Sà e disposto ad utilizzare il suo giornale a pro' dello scopo comune, anzi fece chiamare l'attuale redattore in capo di questo periodico e gli dette, me presente, analoghe istruzioni, che questi accolse di buon grado unitamente ad un esemplare del << Concilio ed d diritti dello Stato » da me rimessogli in questa circostanza.

Non mancai di conferire simultaneamente con altri Ministri a Portafoglio di mia personale conoscenza, annunziando loro che il Consiglio dei Ministri sarebbe saisi della importante questione del Concilio e tutti furono concordi nel riconoscere l'importanza e l'attualità pel Governo portoghese di preoccuparsene seriamente. Di più quello della Giustizia soggiunse che la costituzione portoghese vieta ogni forza legale alle bolle pontificie senza il previo placet Sovrano e quindi a fortiori decisioni romane contrade alla potestà civile.

Osservai al mio interlocutore, come già lo avevo osservato al Marchese di Sà ed al Conte di Lavradio, che una saggia previdenza diminuisce sovente le difficoltà poiché qua1ora il Concilio emettesse dogmi quale si ha mo,tivo di temere, ogni Governo si trover,ebbe nell'ardua alternativa o di abdicare non solo la sua Sovranità in ogni vertenza mista, laica-,religiosa ma porre un freno impossibile al progresso della società dv.Ue, oppure di porsi, resistendo, in aperta ostilità con Roma, fatto che commoverebbe grandemente le coscienze delle popolazioni e recherebbe ben tristi conseguenze dal lato religioso-poutico e sociale.

Quanto al vescovo di Viceu, Ministro del Regno, col quale già ebbi l'onore di anteriori colloqui, riferiti nei miei dispacci, ed al quale feci leggere officiosamente il testo dei recenti dispacci di V. E. non ebbi d'uopo di lunghi né ulteriori commenti. Monsignore ripetemmi quanto già avevami detto precedentemente che, cioè, il concilio è diretto contro tutti i Gov,erni liberali e principalmente contro l'Italia e che ,era d'uopo combattere Roma colle sue proprie e stesse a11mi, provando il diritto della podestà civile. È a tale intento che sarà qui creata

28 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. XI

una comm1sswne di persone idonee per indagare i diritti storici riconosciuti, di diritto o di fatto, del Portogallo per le convocazioni e decisioni Sinodali.

Sua Eminenza Reverendissima soggiunse che in questo importantissimo affare, come in qualunque altro, l'Italia ed il suo Re avrebbe in Lui un sincero e devoto amico (sic).

Dopo quanto precede sembrami avere interpretato del mio meglio le istruzioni di V. E., né mancherò di spingere per quanto sarà possibile l'azione di questo Governo a seconda del bisogno. Nullameno per quanto il terreno sia propizio qui, forse a mio credere il più propizio in Europa tra i governi e popolazioni tutte cattoliche, non deesi troppo sperare, se mal non mi appongo, che la sua azione sarà vigorosa, né le sue determinazioni precise ed adeguate allo scopo. Avvi in Portogallo una forza d'inerzia che inceppa le migliori intenzioni e che a vero dire, dal loro punto di vista, finisce per essere una forza relativa quale il non possumus romano, sebbene come quello non esplicito. Di più dissi già, e mi giova ripetere a V. E., che le molto favorevoli disposizioni da me sin'ora incontrate in ogni sfera e che senza dubbio si conserveranno tali nella loro essenza, possono essere però modificate nella loro applicazione dalla azione di altri Governi verso i quali si hanno qui deferenze non dubbie. Intanto credo avere bene agito, e gli ultimi dispacci di V. E. mi sembrano implicitamente confermarlo, di avere distolto questo Governo dal porsi in previo ed esclusivo accordo colle altre tre Corti che hanno comune a questa il dtritto di veto, pei motivi svolti nella mia particolare in data dei 7 maggio (1), e patrocinato invece il concerto generale, saggiamente indicato nella Circolare Ministeriale dei 30 aprile, del quale parmi fortunato evento che la Baviera, e non noi, abbia presa l'iniziativa.

(l) -Cfr. n. 286. (2) -Cfr. n. 260.
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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. VI. Pietroburgo, 10 giugno 1869.

Stamane, primo giorno in cui dava udienza, ho avuto l'onore d'essere ricevuto dal Principe Cancelliere, e mi sono affrettato a volgere la conversazione sul tema del Concilio Ecumenico esponendo sommariamente quale era il modo di pensa,r,e del Governo del Re, e quali i suoi desiderii: finii chiedendo sotto qual punto di vista il Governo dell'Imperatore considerasse la riunione del Sinodo, e se, e quali misure avesse preso relativamente all'invio a Roma dei vescovi sudditi della Russia.

Il Principe Gortchacow mi rispose esser convinto che non di sole quistioni religiose si occuperanno i vescovi congregati a Roma nel prossimo dicembre, ma anche e più specialmente di questioni esclusivamente politiche e sociali fra le quali primeggerà quella di accrescere quanto più sarà possibile l'autorità del Papa fino al punto di proclamare qual domna la infallibilità del Pontefice

in ogni materia anche temporale: non essere sicuro che a questo atto si abbia in animo di arrivare per via direUa, ma credere piuttosto che per mezzo di quei sotterfugii e di quelli ingarbugliati provvedimenti, nei quali la corte di Roma è così esperta, si cercherà di giungere ad imporre quale atto di fede un principio che tanto lederebbe i diritti della autorità governativa in qualunque Stato che abbia sudditi di religione cattolica, rendendo questi più soggetti ai voleri .ed ai decreti del Ponteftce che a quelli del loro proprio Governo; opinare che quest'attitudine della Santa Sede di voler porre a soqquadro il mondo colla proclamazione di principii che forse nemmeno nei secoli meno civili avrebbero potuto essere accettati finirà per ridondare più a suo danno che a suo vantaggio; essere però cosa gravissima e degna di richiamare tutta l'attenzione dei Governi non solo cattolici ma aventi anche in minoranza sudditi cattolici. Passando 'poi all'attitudine particolare assunta dal Governo imperiale a questo proposito il Principe Gortchacow continuò dicendomi, essere state dal Nunzio pontificio a Vienna rimesse all'Incaricato d'affari di Russia colà residente, una ventina di lettere destinate ai varii vescovi dell'Impero e del Regno di Polonia, e nelle quali si invitavano a recarsi al Concilio; si pregava al tempo stesso il Governo dello Czar a volerne curare il ricapito colla s.peranza che nessun ostacolo sarebbe stato posto alla partenza dei vescovi per la convocata riunione.

In risposta a questa comunicazione il Principe Cancelliere aveva direUo una nota all'Agente russo a Vienna dicendogli di farla conoscere al Nunzio: in questa il Governo imperiale nei ternùni più concilianti esprimeva il suo desiderio di conoscere in certo modo qual fosse il programma del futuro Sinodo, dicendo che, ove fossegli sembrato che la Sede di Roma, nettamente separando ciò che è puramente di ordine religioso da quello che alle politiche e civili considerazioni della società si riferisce, avesse in animo di non far·e discutere al Concilio che materie di sola natura ecclesiastica, non avrebbe avuto difficoltà di permetteve che i vescovi sudditi dell'Imperatore si recassero al Sinodo, giacché la Russia da secoli ha scdtto nelle sue leggi massime di tolleranza per tutti gli atti di qualunquesiasi religione e non ha mai mancato di praticarle quando questi a-tti non erano destinati a servire di pretesto a dimostrazioni ostili al Gov·erno; vedendo come da qualche tempo nessuno incidente spiacevole era sorto fra i due Governi per cui malgrado le interrotte relazioni, una calma relativa esisteva, e prova ne era il viaggio recente d.el Granduca Vladimiro a Roma e la buona gentile accoglienza fattagli dal Pontefice, il Gabinetto di Pietroburgo sperava che la Santa Sede lo avrebbe seguito su questo terreno di conciliazione rispondendo in modo soddisfacente alle domande fatte. Seguendo il solito suo sistema la corte di Roma aggiungevami il Cancelliere dell'Impevo, che tutto vuole ottenere senza nulla cedere, ha risposto a questi passi fatti da noi in senso conciliativo con una comunicazione giuntami per mezzo sempre del nostro rappresentante a Vienna, la quale non è altro che una serie di lamenti e di insulti al Governo dell'Imperatore, tale che se un simile documento mi fosse giunto in via ufficiale av•rei dovuto vespingerlo e sono certo che non fu redatto dal Cardinale Antonelli ma da una congregazione qualunque ignara perfino delle forme che si osservano nei rapporti fra Governo e Governo. Vede:1do come male si rispondesse ai legittimi desiderii espressi dal Governo imperiale, e come nessun cambiamento si operasse nella condotta di Roma a nostro riguardo, proposi nell'ul-timo consiglio dei Ministri di rinviare le lettere destinate ai vescovi dell'Impero e del Regno di Polonia per lo stesso mezzo pel quale mi erano pervenute dichiarando che dietro l'accaduto impediremo a ciascuno dei vescovi sudditi di Sua Maestà di prendere parte ad un Concilio nel quale si discuteranno per certo principti sovvertitori dell'ordine sociale, e forse anche si pronunzieranno discorsi specialmente offensivi pel loro Sovrano; tale proposta fu accolta e già messa ad esecuzione. Se poi la Corte di Roma farà recriminazioni contro di noi per questa decisione presa oppure pel fatto recente della deportazione a Brno di Monsignore Soubensky, vescovo di Sienno il quale faceva la più viva opposizione alle misure che il Governo sta prendendo in Polonia, e cercava di impedire che gli altri vescovi inviassero, conforme e ordinato, loro delegati al Collegio, allora, sebbene a malincuore, mi vedrò costretto a pubblicare tutto il ca.rteggio che tratta di questa materia, e sono certo che si riconoscerà aver noi agito con tutta la moderazione possibile e secondo il nostro diritto. Ecco la storia esatta della condotta da noi tenuta in questo incidente politico che in confidenza vi racconto non avendone parlato finora con chicchessia, e pregandovi a non fame parola con alcuno dei membri del corpo diplomatico qui residenti.

Ringraziai il Principe e promisi che soltanto all'E. V. ed in via riservata avrei reso conto di questa importante conversazione.

Come l'E. V. il vede non a torto, fino dal momento in cui Le accusai ricevimento della Circolare del 30 aprile (l), dicevo che non sarei stato in grado di indicarle con precisione il contegno del Governo imperiale rispetto al Concilio se non quando avessi avuto campo di intrattenere di questo soggetto il Principe Gortchacow; allorché infatti io ebbi col Signor Westmann la conversazione riferita col mio pr.ecedente dispaccio n. V (2), la maggior parte dei fatti riferitimi oggi dal Cancelliere erano accaduti perché si fu appunto in un Consiglio di Ministri tenuto or sono quindici giorni sotto la presidenza dell'Imperatore nella camera da letto del Principe, che fu deciso il rinvio delle lettere di convocazione, ma per quanto io mi studiassi, non potei sapere dal Signor Westmann nulla di quanto più sopra riferii, e che sono certo, avrei ben prima potuto conoscer se prima avessi potuto essere ricevuto dal Principe.

Per due ragioni da quanto ho potuto rilevare sta a cuore al Governo imperiale che nulla trapeli, per ora almeno, di queste pratiche, la prima si è per evitare qualunque polemica che i gio,rnali di qui potrebbero aprire inasprendo la questione e fors'anca snaturando i fatti che io credo il Gov.erno finirà pe·r portare pel primo a cognizione del pubblico dando, in ogni modo, alla stampa il carteggio scambiato su tale soggetto; la seconda è il desiderio di ritardare per quanto è possibile il momento in cui tale contegno della Russia sarà noto al Governo franc.ese col quale non si ama tener discorso di simili

faccende, .e ben m'accorsi a che il Principe mirava raccomandandomi il silenzio cogli altri !Tappresentanti esteri qui residenti.

Creduto utile inviare qui unito all'E. V. l'articolo (l) col quale H giornale ufficiale annunzia la misura di rigOII'e sta;ta presa contro il vescovo di Sienno; e di cui mi tenne parola il Cancelliere dell'Impero.

(l) Non pubblicata.

(l) -Cfr. n. 286. (2) -Non pubblicato.
384

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 923. Firenze, 11 giugno 1869, ore 11,30.

Nous ne faisons pas d'opposition à la pwmulgati-on du décret proposé pour les affaires de Tunis. Nous croyons toutefois indispensables quelques déclarations et réserves préalables. Nous ne voulons point sanctionne•r pour une approbation tacite le principe énoncé qu'un fonctionnaire français doive de droit faire partie du comité exécutif; nous faisons nos réserves sur l es conséquences qui pourraient dériver ou que l'on voudrait déduire de ce fait. Nous nous réservons de donner nos instructions pour interpréter les articles relatifs à la composition et aux attributions du comité de surveillance de manière à ce que les intéréts italiens soient le plus amplement représentés et sauvegardés. Malgré les observa;tions du marquis de La Valette je ne sais comment on pourra exclure l'intervention des 1ntéressés des autres pays. Nous n'avons pas non plus 1e droit d'identifier les droits privés de nos nationaux aux intéréts français. Aprés ces déclarations nous nous préterons de notre mieux pour que l'application du décret soit la plus avantageuse aux intéréts de tous (2).

385

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1574. Parigi, 11 giugno 1869, ore 17,30 (per. ore 19,15).

Je ferai connattre demain matin au marquis La Valette le contenu de votre télégramme sur les affaires de Tunis (3) mais d'après ce que le marquis de La Valette a dit hier à Barbolani et à mol (4) je crois que la France n'accepte•ra pas de réserves et de déclarations. Il est à craindre dès lors qu'en présence

«Le Gouvernement anglais est llbre de ne pas s'associer à nos réserves s'il ne le juge pas nécessaire, mais le Gouvernement du Roi !es croit indispensables pour ne pas préjuger la posit!on politique du Barde non plus que les droits privés des nationaux itallens >>.

de l'acceptation sans réserves de l'Angleterre et des instructions expédiées dans ce sens au consul anglais les deux puissances se mettent d'acco~d à agir sans nous. Je crois devoir vous faire part de cette appréciation pour toute bonne fin.

(l) -Non pubblicato. (2) -Il testo d! questo telegramma venne inviato !n pari data, ore 13, a Maffei col n. 924 e la seguente aggiunta: (3) -Cfr. n. 384. (4) -Cfr. n. 380.
386

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

T. 927. Firenze, 11 giugno 1869, ore 17,45.

Aujourd'hui partent les instructions du Gouvernement à Pinna, conçues dans le sens de mes demiers télégrammes. Il déclarera au Ba~do que nous sommes d'accord pour la promulgation du décret et que nous appuyons partie r~elative au comité de contròle. Nous préterons tout notre concours pour que le ~ésultat soit satisfaisant pour les intérets de tous.

387

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 928. Firenze, 11 giugno 1869, ore 23,55.

Je vous ai dit que nous ne faisons pas opposition au décret. Nous avons meme ,envoyé aujourd'hui à notre consul à Tunis (l) des instructions pour qu'il agisse de manière à ce que sa mise en exécution n'éprouve aucune entrave. Mais je ne vois pas ~comment M. le ma,rquis de La Valette voudrait nous empecher de donner aux articles qui concernent 1e comité de contròle J'interprétation la plus large dans l'intéret de nos nationaux. Quant au comité exécutif nous considérons sa constitution comme en dehors de nos attributions et de notre responsabilité. Je ne vois pas non plus comment le marquis de La Valette pourrait nous empeche,r de failre au Bey de Tunis sur un décret émanant de lui des observations ou des réserv,es tendant à sauvegarder les intérets de nos nationaux sans porter aucune atteinte aux intérets français ou anglais. Nous n'avons aucun acte aucun document à signer entre la France et l'Angleterre. J,e ne sais donc d'où pourraient venir les difficultés que vous semblez prévoir dans votre dépéche (2). Réellement c'est à n'y plus rien comprendre.

(1) -Cfr. n. 388. (2) -Cfr. n. 385.
388

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

D. 38. Firenze, 11 giugno 1869.

Je puis enHn vous apprendre que les Cabinets de Florence, de Londres et de Paris se sont mis d'accord sur la conduite qu'ils se proposent respectivement de suivre en ce qui concerne les réformes de l'administration des Finances tunisiennes.

Vous n'avez c·ertainement pas oublié, M. le Chevalier, qu'à la suite des protestations que nous avions faites contre le Décret du 4 avril 1868, le Gouvernement framçais a déclaré qu'il était pret à examiner avec nous et avec l'Angleterre en quoi ce décret pouvait léser nos nationaux. Les longues négociations qui ont suivi cette déclaration entre les Cabinets principalement intéressés, et qui vous sont connues dans tous leurs détails, ont abouti à un résultat favorable.

Le Gouvernement français nous a fait connaitre son intention de demander au Bey la rpromulgation d'un Décret qui rtout en rappelant celui du 4 avril, contient des modifications dont nous avons apprécié la portée et la valeur.

Vous trouverez ci-joint une copie de ce projet de décret (1).

Connaissant déjà parfaltement les vues du Gouvemement du Roi, vous ne pouvez pas ignorer notre manière d'envisager l'institution d'un ComLté exécutif des FLnances tunisiennes, S. A. le Bey pourra PJ'endre à ce sujet telle mesure qu'il jugera utiLe et appeler à la haute direction financière de ses Etats les personnes qu'il jugera les plus capables, sans que nous ayons à nous préoccuper d'une mesure que nous considérons camme ayant un caractère exclusivement intérieur. A nos yeux la responsabilité pleine et entière du Gouvernement tunisien envers les Puissances ne peut pas etre diminuée par le choix que le Bey ferait à l'étranger des administrateurs de ses Finances. Nous faisons donc toutes nos réserves sur les conséquences qui pourraient dériver ou que l'on voudrait déduire de ce fait.

Mais il y a une partie des mesures que le Bey devrait adopter qui mérite tout notre appui et toute notre attention. Vous comprenez que je vous parle ici de l'institution d'un comité de contròle composé de six membres dont deux italiens, deux français, et deux anglais, choisis par les porteurs des titres des emprunts et des conve,rsions de l'E,tat tunisien.

La façon dont cette commission sera instituée, et dont san fonctionnement sera réglé, doit former l'objet de vos plus vives soJlicitudes. Les dispositions contenues dans les articles du projet de décret, que je vous transmerts avec cette dépeche, sont satisfaisantes sous bien des rapports. Le Gouvemement de Tunis doit comprendre que plus le comité de contròle exercera une action sérieusement efficace moins il y aura des risques d'injustice et de traLtement inégal pour les intérèts privés, moins il y aura de danger que l'indépendence

de la Tunisie dans les affaires relatives aux Finances de ses Etats soit exposée à des influences exclusives ou prépondérantes.

C'est pourquoi nous pensons que le Gouvernement du Bey n'apportera aucune interprétation restrictive à la formule par laquelle il est établi dans l'Art. 11 du Déoret que: «le comité de contròle connaitra de toutes les opérations du ,comité exécutif, et que son approbation sera nécessaire pour donner un caractère exécutoire aux mesures d'intéret général délibérées par le comité exécutif ».

Cette formule générale comprend, et devait en effet comprendre, non seulement toutes les opérations indiquées dans les articles du Décret, mais aussi les opérations de conversion ou d'unification de la dette existante, ainsi que 'toutes les autres qui pourraient modifier les conditions des contrats antérieurement stipulés par le Gouvernement du Bey avec des oréanciers étrangers.

Nous entendons en outre que dans la composition du comité de contròle et dans son fonctionnement il soit tenu compte, autant que la justice et l'équité peuvent le demander, des droits des créanciers de la Régence qui ne sont pas munis de titre de la dette consolidèe, et des intérets italiens engagés dans le commerce ou l'industrie de la Tunisie, droits et intérets au sujet desquels nous formulons dès à présent et en attendant l'expèrience, les plus amples réserves.

C'est dans ce sens et en vous p~riant de tenir scrupuleusement compte des considérations que je viens de vous exposer, que je vous autorise, M. le Chevalier, à préter tout votre concours afin que Je décret que S. A. le Bey promulguera puisse avoir les meilleurs résultats possibles.

Vous voudrez bien communiquer ces instructions au Gouvernement de S. A. le Bey et vous demanderez qu'il vous soit donné acte de cette communication.

(l) Cfr. n. 334, allegato.

389

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

D. 39. Firenze, 11 giugno 1869.

Dai documenti che Le trasmetto con questo corriere la S. V. può vedere in quale stato si trovi la vertenza relativa agli affari finanziari di Tunisi.

Tenendo conto delle osservazioni fattegli dai Gabinetti di Londra e di Firenze quello delle Tuileries ha introdotto nel primo progetto di Decreto, di cui avea chiesto ed ottenuto la firma dal Bey, delle modificazioni di molta importanza. Se il Governo francese non ha aderito in ogni caso alLe considerazioni che gli abbiamo presentate, conviene riconoscere che ne ha tenuto conto in larga misum.

Infatti il Gabinetto di Londra che si era in gran parte associato alle nostre idee nella quistione tunisina ha trovato che le ultime proposizioni della Francia erano accettabili. Gli avvisi telegrafici che ci sono pervenuti da Parigi e da

Londra accennano all'invio d'istruzioni concepite in tal senso all'Agente e Console Generale d'Inghilte11ra a Tunisi. Era dunque tempo che anche da noi si prendesse una definitiva deliberazione e si tracciasse una linea di condotta ben determinata da seguirsi dalla

S. V. nella fase attuale della vertenza. A tale effetto ho consultato il Consiglio dei M1nis0ri ed il contegno che L2 è prèscritto nel mio dispaccio in data d'oggi (l), è pienamente conforme alla decisione presa dai miei colleghi dopo un maturo esame di tutti i negoziati e di tutte le pratiche che ebbero luogo.

Lo scopo ed il significato delle istruzioni sovra indicate sono abbastanza chiari perché io mi dispensi dall'entrare intorno a ciò in maggiori ragguagli. V'hanno tuttavia alcwni punti sui quali non riuscirà inopportuno lo aver fissato in modo confidenziale ed in via riservata la di Lei attenzione.

Ed anzi tutto deve rimanere fuori di dubbio per la S. V. che l'avere noi preso un contegno alquanto diverso da quello della Francia di fl·onte al progettato nuovo Decreto, non può essere motivo o pmtesto per il Bey ed il suo Governo di ricusare la promulgazio:r1e del Decreto nella sua ultima forma convenuta. A questo riguardo Ella non deve lasciare nell'animo del Bey e dei suoi Ministri alcuna illusione. Le riserve che facciamo e delle quali chiediamo al Dardo che ci dia atto, sono unicamente dirette a prese:rvare i diritti e gli interessi dei nostri concittadini contro gli inconvenienti che potrebbero sorgere in avvenire.

Promulgato poi che sia il Decreto, converrà che la S. V. si faccia un'idea ben precisa deìla parte ch'Ella è chiamata ,ad avere in tutto ciò che il Decr~to stesso direttamente od indirettamente concerne.

L'esecuzione del Decreto secondo la let,tera e lo spirito del medesimo, è pos';a naturalmente sotto l'alta sorveglianza dei Rappresentanti deUe Potenze interessate. Il modo di esercitare questa sorveglianza ed i limiti entro i quali deve rinchiudersi l'azione dei Rappresentanti stessi sono tracciati dal testo d:;l Decreto che ha indicato la compo:;izione e la funzione dci Comitati che si tratta di instituire, ma saranno poi nella pratica ancor meglio determinati dal grado di ingerenza che piglieranno i di Lei colleghi di Francia e d'Inghilterra nelle cose riflettenti le riforme finanziade.

In una parte però dell'esecuzione del Decre,to in questione io vorrei in ogni caso si spiegasse la di Lei influenza in modi indiretti ma efficaci. Impor~a agli interessi generali non solo d'Italia ma anche delle altre Potenze che non abbiano a sorge.re conflitti d'interessi fra le categorie di creditori che saranno rappresentati nel Comitato di controllo e coloro che hanno aitri crediti verso la Reggenza e che vi eserc1tano industrie o commerci. Ora ad evitare che simili conflitti sorgano gioverebbe moltissimo che la scelta dei due Commissari i1;alianl cadesse sopra persone le quali rappresentassero non solo gli intevessati nella convenzione, ma anche coloro che in altre operazioni di credito, di commercio o d'industria hanno impegnato vistosi interessi. Ritengo che a conseguire questo intento potrà esseve assai vantaggioso l'influenza che il R. Consolato potrà naturalmente esercitare tanto sulla convocazione degli

Italiani chiamati a nominare i loro Commissarii, quanto nella scelta dei Commissarii medesimi. In ogni caso poi, la difesa dei diritti e degli interessi italiani non rappresentati nel Comitato di Controllo è naturalmente affidata al Consolato di Sua Maestà al quale spetta di tutelarli efficacemente presso l'Autorità tunisina contro qualunque danno che loro potesse derivare dagli atti della Commissione finanziaria.

Per gli affari che dal Decreto sono nominatamente affidati alla commissione in discorso e sui quali quindi si eserciterà la sorveglianza del comitato composto di Commissarii italiani inglesi e francesi riesce difficile determinare la partecipazione che vi dovrà avere il Consolato di Sua Maestà dal giorno in cui il Comitato stesso sarà entrato in funzione. Anche in ciò deve servire di norma alla S. V. il contegno dei suoi colleghi d'Inghilterra e di Francia avvertendo però che a nostro avviso sarebbe buon consiglio il lasciare che quel comitato funzioni liberamente e senza essere sottoposto all'influenza diretta od indiretta della Autorità consolare. Saremmo pertanto ben soddisfatti di sapere che il contegno dei suoi colLeghi Le avrà permesso di mantenersi in una tale assoluta riserva circa le operazioni del Comitato anzidetto.

Rimane per ultimo che io faccia riflettere alla S. V. come nella soluzione che sta per ricevere la quistione tunisina il Governo del Re abbia ottenuto serii e rilevanti vantaggi. Basta perciò confrontare il testo del Decreto 4 Aprile 1868 contro il quale abbiamo protestato con quello del Decreto che ora verrà proposto al Bey dal Governo francese. Il tempo impiegato nei lunghi e difficili negoziati che ci hanno condotto a questi l'isultamenti non fu certamente perduto per la considerazione del R. Governo e per la tutela dei veri interessi dell'Italia nella Tunisia. Noi possiamo andar lieti. dell'esito di questa pratica, ed io debbo in quest'occasione attribuire alla S. V. gli encomii che merita la di Lei condotta ferma e prudente, che ha contribuito a condurre le cose nella situazione soddisfacente in cui si trovano.

(l) Cfr. n. 388.

390

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 929. Firenze, 12 giugno 1869, ore 14,15.

Je vous expédie aujourd'hui par la poste les instructLons envoyées au consul de Sa Majesté à Tunis (l) dont il ne doit naturellement pas faire usage jusqu'à ce que l'accord indispensable des trois puissances soit bien constaté, sauf le cas où les deux autres consuls demande,raient la promulgation du décret. Je vous autorise à communiquer ces instructions si vous le croyez au marquis de La Valette afin que nous puissions nous entendre définitivement sur cette question tout en maintenant nos principes.

(l) Cfr. n. 388.

391

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1576. Parigi, 12 giugno 1869, ore 18,59 (per. ore 20,45).

J'ai exposé ce matin à La Valette les considérations et les explications contenues dans vas télégrammes d'hier et d'aujourd'hui (l). La Valette est allé en conférer avec l'Empereur après quoi il m'a répeté que l'Empereur et son Gouvernement n'acceptaient pas nos réserves. La Valette m'a dit qu'il ne pouvait que me confirmer le contenu de san dernier télégramme à Malaret dans lequel il est dit que si nous persistons dans nos réserves la France agira sans nous. J'ai demandé à La Valette si le Gouvernement Impérial avait bien pesé la portée de ce:tte déterminati:on et si c'était là san dernier mot. J'ai le regret de vous dire qu'il m'a répondu afHrmativement.

392

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (2)

T. Parigi, 12 giugno 1869 ore ... (per. ore 22).

Troubles Paris pas sérieux, donnent force au Gouvernement qui n'a pas devoir agir vigoureusement, cause mouvement n'était pas importante. Empereur a préparé sa lettre dans les termes convenus. Nigra sera appelé par Empereur pour lui renouveler assurances sur évacuatton Etat romain. Fleury a .fait faire article annonçant san envoi en Italie d'une façon qui ne peut nous convenir. Prie dane Votre Majesté m'envoyer immediatement dépeche ainsi conçue: « Envoyez mai explicat.ion articles de la Patrie et du Débat concernant général Fleury, qui me sont signalés de Florence» (3).

Lundi télégraphierai. Votre Majesté ricevra lettre Empereur pour le 19 courant.

393

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 484. Firenze, 12 giugno 1869.

Col mio dispaccio del 29 maggio scorso N. 479 (4), le partecipavo ia comunicazione fattami dal Barone di Malaret di un dispaccio del suo Governo r,ela

(-4) Cfr. n. 348.

tivo alla istituzione di una commissione finanzia,ria in Tunlsi, divisa in due comitati, uno esecutivo, l'altro di riscontro. Ailldavano uniti a quel dispaccio il progetto di decmto e la minuta d'istruzioni che a Lei erano state comunicate officiosamente dal Ministro Imper.iale e che to trovai unite al pregiato di Lei rapporto del 20 maggio (1). Com'Ella sa, io mi riservai di studiare il nuovo progetto presentatomi; e feci al Barone di Malaret quelle prime obbiezioni che mi si affacciavano, rimettendo però il mio definitivo giudizio dopo che avrei potuto consultare il Consiglio dei Ministri sulle deliberazioni da prendersi.

Mi era infatti avveduto fin dalla prima lettura di quel documento che s'e nel medesimo si erano introdotte molte rilevanti disposizioni, che modificavano essenzialmente quelle del Decreto 4 aprile 1868, contro il quale l'Italia e l'Inghilterra avevano protestato, non si erano però tenute in debito conto alcune importanti osservazioni che nel corso delle verbali trattative tra Firenze e Parigi, noi avevamo con qualche insistenza poste innanzi.

Posso ricordare infatti alla S. V. come tutte le osservazioni che, ancor oggi, stimiamo dover nostro di fare iln ordine al progettato decreto, furono da parecchi mesi pr;esentate al Governo Imperiale, il quale ne ebbe e da Lei e dall'Inviato francese in Firenze perfetta notizia.

Basterebbe per dimostrare quanto Le vengo dicendo, riferirsi al mio dispaccio del 4 dicembre 68 (2) al contenuto del quale non venne mai fatta alcuna seria abbiezione né dal Barone di Malaret né dal Ministro Imperiale degli Affari Esteri nei colloqUi ch'io e Lei abbiamo avuto con questi Signori.

Rammento questa circostanza perché non è inopportuno che si chiarisca bene quale fu il nostro contegno in tutta questa ver<tenza e perché attualmente più che mai ci sembra indispensabile lo stabilire esattamente i veri termini della questione.

E siccome in questi ultimi giorni pressantissime furono le istanz,e del Signor Barone di Malaret perché il Governo del Re pigliasse una deliberazione favorevole al decreto progettato dalla Francia; cosi riesce anzitutto indispensabile ricordare che per molti mesi fummo noi ad insistere a Parigi pe~r la compilazione di una proposta conc11eta in iscritto sulla quale si potesse discutere e che perciò non può in alcuna guisa sembrar lungi l'indugio di pochi giorni per parte nostra a deliberare.

Or venendo alla sostanza dell'affare non bisogna che si dimentichi l'origine della vertenza presente, perocché dalla medesima dipende in gran parte il trovare un modo soddisfacente di so,luzione.

Riducendo a sommi capi la storia della vertenza in discorso, noi troviamo che l'Italia e l'Inghilterra avevano protestato contro un dec,reto del Bey di Tunisi, col quale decreto s'istituiva una commissione di Finanze nelle Reggenze, ,e che la Francia insisteva invece perché il Bey promulgasse quel Decreto. Il conflitto sorto fra le tre Potenze non tardava pe!I'ò a comporsi, perché la Francia avendo dichiarato di volersi intendere coll'Italia e coll'Inghilterra sulle modificazioni da introdursi nel decreto medesimo queste due Potenze

cessarono dal far opposizione a che il Bey pigliasse verso la Francia impegni conformi alle promesse da lui fatte al Governo Imperiale.

Per intendersi sulle modificazioni da farsi al Decreto del Bey, modificazioni che quest'ultimo dichiarava esser pronto ad accettare, si aprirono negoziati tra Firenze, Londra e Parigi, negoziati che condussero il Gabinetto deHe Tui1eries a farci la proposta concreta contenuta in un nuovo progetto di decreto comunicatoci dalla S. V. il 20 maggio u.s. L'Inghilterra av,endo fatto qualche osservazione sulla fo,rma più che sulla sostanza di quel progetto, il Barone di Malaret veniva incaricato di rimetterei il lo giugno corrente uno schema dello stesso decreto riformato secondo il desiderio di L. Clarendon.

Chiamato a pronunziarsi sopra questa proposizione della Francia, il R. Governo si è fermato alle conclusioni che sono esposte nel dispaccio che Le ho diretto sotto la data de'l lO giugno (l) e nelle istruzioni che ho spedite ieri al

R. Agente e Console Generale in Tunisi (2).

V. S. osserverà che, per giungere ad una soluzione della vertenza Tunisina, si potevano avere due mezzi: uno consisteva nello stabilire fra i due Governi principalmente .interessati un accordo completo che permettesse ai medesimi di chiedere collettivamente ed in una forma identica al Bey l'accettazione del nuovo decreto; l'altro invece si limitava a condurre le cose al punto in cui si poteva avere la certezza che il disaccordo dei gabinetti non pot,rebbe più servire di ragione o di pretesto al Bardo per ricusa,re l'accettazione di un decreto che la Francia gli proporrebbe. Non disconosciamo certamente i vantaggi che avrebbero potuto derivare dal comple,to accordo di tutti i Governi inte,ressati; ma ci sembra però che anche la certezza, che ora si ha, che il decreto che la F~rancia vuol proporre non incontrerà opposizione, anzi sllirà in una parte essenziale appoggiato da tutti i Gabinetti, possa costituire un accordo sufficiente per te,rminare l'affare e chiedere la discussione.

Come io Le partecipai ieri per telegrafo (3) non si tratta di firmare un atto insieme alla Francia ed all'Inghilterra, si tratta soltanto di rendere possibile la promulgazione di un nuovo decreto del Bey di Tunisi proposto dalla Francia, e questa promulgazione non è in alcuna maniera contmriata dal nostro contegno. Le riserve contenute nelle istruzioni del R. Governo al suo Agente in Tunisi, non tendono ad impedire la promulgazione del Decreto da modificarne le disposizioni. Esse sono unicamente dirette al Governo del Bey ed hanno pe,r iscopo di prese,rvare gli interessi italiani da possibili conseguenze che da quel decreto potessero eventualmente derivatre.

Nello esprimersi in questo senso con S. E. il Marchese di La Valette, la

S. V. vor,rà dichiarare al Ministro Imperiale degli Affari Esteri che il concorso dell'Itali:a è pienamente assicurato a tutto ciò che potrà servire a far sì che le riforme finanziarie contenute nel progettato decreto producano i migliori risultamenti possibili.

(l) -Cfr. n. 384 e 387. (2) -Da ACR. (3) -Il telegramma in questione fu inviato dal Re il 13 giugno alle 8,05 da Valdieù. (l) -Cfr. n. 334. (2) -Cfr. serle I, vol. X, n. 721. (l) -Cfr. n. 381. (2) -Cfr. n. 388. (3) -Cfr. n. 387.
394

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

T. 932. Firenze, 13 giugno 1869, ore 12,15.

Je désire savoir si dans les instructions à M. Wood lord Clarendon lui prescr.it d'appuyer sans restrictions et sans observations la promulgation du décret proposé par le Gouvernement français surtout en ce qui tient au comité exècutif et si il y aura de la part des consuls une démarche collective ou identique quelconque. Il faut savotr si le Gouvernement de la Reine entend consac,rer le droit de la France à faire administre~ les finances du Bey par un de ses fonctionnaires (l).

395

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

T. 935. Firenze, 13 giugno 1869, ore 17,45.

Veuillez me faire connaitre votre opinion sur le nouve31U décret proposé par lequel on istituerait une commission composée de deux moités l'un exécutif et l'autre de surveillance (2).

396

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 936. Firenze, 13 giugno 1869, ore 18.

Les documents que je vous ai annoncé hier par télégraphe {3) ont été expédiés (4). Je ne conçois rpas la hàte du Gouvernement français d'en finir en quelques jours avec la question de Tunis sur laquelle pendant plusieurs mais nous avons vainement soUicité une décision sans qu'on ait tenu compte de nos observations. D'a.illeurs ce système de négociations à trois par télégraphe par soi-méme irréguUer ne pouvait amener que de la confusion ainsi qu'il est arrivé. M. de La Valette ne voit la question qu'à son point de vue tandis que nous devons aussi la voir au point de vue de notre responsabilité. Camme dans tout ceci il doit y avotr eu quelque équivoque, je vous expédie une nouvelle dépéche écrite (5) à ce sujet dans laquelle je propose un mode de solution qu.i me semble en tous points acceptable.

(-4) Cfr. n. 393.
(l) -Per la risposta cfr. n. 402. (2) -Per la risposta cfr. n. 401. (3) -Cfr. n. 390. (5) -Cfr. n. 398.
397

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. 177. Firenze, 13 giugno 1869.

Le trasmetto qui unito copia d'un mio dispaccio al Sig. Cav. Nigra e delle istruzioni che ho indirizzate al R. Agente e Console Generale in Tunisi (1). La lettura di questi due documenti basterà perché la S. V. possa fo,rmarsi un concetto preciso del contegno che noi prendiamo di fronte alla situazione degli affari di Tunisi nella loro fase attuale.

Sono persuaso che quando la S. V. comunicherà quei documenti a Lord Clarendon, S. S. non avrà difficoltà a rende.rsi ragione dei motivi che ci inducono a prendere un simile atteggi.amento. Osserverà forse il Primo Segretario di Stato della Regina come la nostra condotta si sia alquanto dipartita da quella del Gabinetto inglese in questa circostanza; ma la S. V. gli potrà far notare che, astenendoci noi dal domandare al Bey la istituzione permanente d'una commissione esecutiva nella quale la Francia sola avrebbe un suo commissario, non facciamo opposizione a che altri domandi ed ottenga dal Bardo l'esecuzione di un siffato progetto, evitiamo soltanto di accettare indirettamente le conseguenze di un atto che potrebbe più ta.rdi essere invocato come una prova del diritto che spetterebbe al Governo Francese d'inge,rirsi negli affari amministrativi interni della Tunisia. Noi non crediamo che l'annuenza espressa dagli altri Governi alla intromissione d'un commissario impiegato francese nella commissione esecutiva delle finanze di Tunisi sia cosa conforme agl'interessi privati dei nostri connazionali ed a quelli politici che l'Italia deve tutelare nella Tunisia; se il Governo di S. M. britannica avesse desiderato conoscere le nostre impressioni sulle proposte francesi, avremmo sperato che egli avrebbe apprezzato Le ragioni che ci indussero a prendere il contegno che ora abbiamo assunto. Sarebbe stato per noi di vera soddisfazione il vedere che i due Gabinetti potevano mantenersi sino alla fine di questa lunga discussione in una linea di condotta identica. Ma anche aUualmente non può essere inutile che Lord Clarendon conosca e la condotta che intendiamo seguire in questo stadio della vertenza e le ragioni che ce l'hanno suggerita. Per le comunicazioni a tale scopo necessarie io mi affido nello zelo e nell'avvedutezza dei quali la S. V. ha dato numerose e distinte prove nel corso di queste delicate trattative.

398

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 485. Firenze, 13 giugno 1869.

Erano spediti i miei dispac•ci di jeri alla S. V. (2) allorché mi pervenne H di Lei telegramma (3) dal quale ho rilevato l'esito di una conversazione

ch'Ella avea avuto poche or:) prima caa S. E. il Marchese di La Valctte circa gli affari di Tunisi.

La S. V. mi faceva sapere che il Governo imperiale non accettava le riserve che facciamo sul Decreto proget~ato dalla F,rancia e che il Gabinetto delle Tuileries agirebbe senza il nostro concorso, ove noi persistessimo a mantenere le rise,rve già formulate.

Il senso della di Lei comunicazione telegrafica mi riuscirebbe oscuro s'io non m'avvedessi dalla medesima che deve essere occorso un equivoco il quale sa.rà, lo spero, dissipato da quanto Le ho scritto ieri.

Non comprendo infatti perché il Governo imperiale dichiari di non accettare delle riserve che non recano alcun impedimento ad atti emanati o proposti da lui. V. S. voglia osservare che le nostre riserve dovrebbE)ro unicamente essere da noi rivolte al Governo tunisino e tenderebbero esclusivamente a rischiarare la situazione che ci sarebbe fatta dal nuovo Decreto senza ledere né limitare in qualsiasi modo i diritti della Francia e dei suoi sudditi. Si deve riflettere che tutta la discussione che ebbe luogo fra la Francia e noi avea per iscopo di trovare per il Dec·reto che il Governo francese chiede al Bey termini tali che non avessero a suscitare l'opposizione dell'Italia e dell'Inghilterra. Il pericolo di questa opposizione è scail'tato definitivamente dappoiché noi dichiariamo al Governo francese che la promulgazione del Dec·reto nel tenore che ci fu per ultimo comunicato, non solleverà a>lcuna abbiezione da parte nostra. Il Governo Imperiale può essere convinto che noi agiamo colla massima franchezza in questo affare e che qualunque tentativo del Bey o del suo Governo per dare alla nostra condotta una diversa interpretazione o p€r prenderne p·retesto per ricusare la promulgazione del Decreto, non troverebbe alcun appoggio da nostra parte. Ma il Gabinetto delle Tuileries non vorrà, cred'io, contestarci il diritto di vedere, nel Decreto ch'egli avrà suggerito al Bey, un atto che emana da quest'ultimo, e quindi la libertà in noi di precisare nei nostri rapporti col Bardo la nuova situazione di cose che la promulgazione del Decreto avrà per effetto di creare. Prego V. S. di far osservare a s. E. il Marchese di La Valette che questo è il senso delle istruzioni che abbiamo spedite a Tunisi.

Quindi io non comprendo con quale· intento il Governo Imperiale ci faccia senUre ch'egli sarebbe sul punto d'agire senza il concorso dell'Italia se noi persistessimo nelle nostre ris,erve. Noi non desideriamo associarci al Governo francese per domandare al Bey di Tunisi la promulgazione del nuovo Decreto. Lasciamo che la Francia agisca a questo riguardo da sola, !imitandoci ad appoggiare l'applicazione di quella parte del Dec,reto stesso che ci concErne ed adoperandoci nel miglior modo possibile per la buona riuscita dei provvedimenti che si tratta di prendere.

Già lo scrissi alla S. V. e qui forse giova ripetedo, per la promulgazione del Decreto che il Governo francese ritiene necessario alla turela dei suoi interessi, il nostro concorso non è necessardo che in quanto risulti che a quell'atto legislativo del Bey noi non faremo opposizione. Questa nostra astensione è suffictente perché il Bey non possa ricusarsi a firmare, pubblicare ed eseguire il decreto in questione.

De·l resto ·ritengo che appena la S. V. avrà avuto i miei dispacci d'ieri, ed avrà potuto farne oggetto di comunicazione al Governo imperiale, ogni equivoco sarà dissipato e di ciò tanto più mi lusingo in quanto che noi desideriamo, non meno del Governo di S. M. l'Imperatore, di chiudere questo incidente che tiene, a nostro avviso, inutilmente in sospeso gli accomodamenti da prendetrsi in Tunisi per il riordinamento delle Finanze della Reggenza.

Spetta a Lei, Signor Ministro, come Le dissi nel mio telegramma di stamane (1), di far valere presso il Governo Imperiale le nostre ragioni a completo discarico della comune responsabilità.

Se poi il Governo francese appr:ezzando egualmente i motivi che ci suggeriscono la nostra condotta, temesse tuttavia che il Bey possa rinvenire nell'enunciazione preventiva delle nostre dichiarazioni un pretesto per ritardare la promulgazione del Decreto, il Governo del Re non avrebbe difficoltà ad impartire al R. ConsoLe a Tunisi istruzioni nel senso che egli si limiti, finché il Decreto non sarà pz,omulgato, ad affermare che il Governo del Re non vi fa opposizione di sorta, e raccomanda anzi la parte che lo concerne, quella cioè della istituzione del Comitato di controllo, salvo a far poi noto al Governo del Bey in qualsiasi opportuna occocrenza e fin dal momento stesso che il Decreto sa:rià stato promulgato, le nostre interpretazioni fondate sopra due prinoipii che la .F\rancia, speriamo non vorrà disconoscere, quella del mantenimento dello statu quo politico nell'ammilnistrazione della Reggenza e quella di un'equa valutazione di tutti i diritti privati implicati nelle finanze tunisine.

(l) -Cfr. nn. 388 e 393. (2) -Cfr. n. 393. (3) -Cfr. n. 391.
399

IL MINISTRO A STOCCARDA, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 99. Stoccarda, 13 giugno 1869.

Ho l'onore di ringraziare l'E. V. per i 39 documenti diplomatici ch'Ella si compiacque t:r:asmetternù unitamente al dispaccio politico delli 5 giugno corrente n. 36 riservato, di questa serie (2).

Conformemente aUe istruz1oni ·impart.itemi ho praticato delle accurate indagini a riguardo della circolare del Governo austriaco sulla sua politica di ftl'onte agli Stat.i meridionali della Germania ed ecco quanto mi venne dato di raccogliere.

In seguito al rapporto diretto dal Conte Chotek e dal Conte d'Ingelheim rappresentanti austriaci a Stuttga·rt ed a Monaco, sul convegno a Nordlingen del Barone di Varnbtiler e del Principe Hohenlohe, convegno del quale ho fatto cenno nel Inio rapporto n. 95 (3), il Conte Beust diresse loro, in data delli 6 aprile ultimo, un dispaccio, che ritengo identico, nel quale esponeva, o per meglio dire, ricordava i suoi concetti politici di rimpetto alla politica prussiana

29 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. XI

in Germania e specialmente di rimpeLto alla situazione degli Stati meridionali, concetti da lui già espressi dopo il soggio.rno fatto a Parigi nel 1867. Felicitandosi quindi dell'accordo che andava cementandosi tra i due Gove~rni di Wiirttemberg e di Baviera per mezzo dei loro principali ministri, li eccitava a rimaner fedeli ai loro propositi, e di camminare uniti nelle questioni di comune intel1esse, tra le quali primeggiava quella di mantenere intatte le lo~ro autonomie, aggiungendo, che questo era il mezzo più acconcio per distogliere la Prussia da qualsiasi tentativo contmrio alla loro indipendenza, questione innanzi alla quale l'Austria non poteva rimanere indifferente.

Sembra che questa comunicazione fu diretta soltanto ai rappresentanti dell'Austria a Stuttgart ed a Monaco non a quello di Carlsruhe, forse perché il Governo Granducale, non essendosi associato al convegno di Nordlingen, non ecr.-a il caso di agire verso di lm nel modo istesso che cogli altr:i Stati del mezzogiorno

Non mi risu1ta che veruna altra comunicazione, allo scopo principalmente di esprimere in modo accentuato il concetto avvertito dal Ministro del Re a Vienna cioè che l'indipendenza della Germania meridionale è una questione vitale per J'Austria siasi dappiù fatta al Barone di Varnbiiler per parte di questo Ministro d'Austria.

Da quanto mi disse il Conte Chotek, col quale trattengo i migliori rapporti, il dispaccio del Conte Beust delli 6 aprile è quello destinato a far parte dei documenti che verranno tra breve pubblicati nel Hbro rosso.

Il Conte Chotek mi fece del pari osserva,re, che il concetto politico espresso dal Cancelliere Imperlare nel sovra accennato dispaccio, fu inteso d'accordo col Conte Andrassy allorché ambedue questi uomini di Stato trovavansi a Parigi nell'autunno del 1863, concetto pa,rtecipato tosto dal Conte Beust al Conte Goltz in allora ambasciatore di Prussia a Parigi e ripetuto da lui al Barone Werther, di ritorno da Vienna.

(l) -L'unico telegramma a Nigra del .13 giugno è quello delle ore 18 edito al n. 396. (2) -Cfr. n. 338, nota l, p. 341. (3) -Non pubblicato.
400

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE Il (l)

T. Parigi, 14 giugno 1869, ore 8,55 (per. ore 11).

Empereur a écrit lettre dans les termes voulus par le Roi, e,t l'a communiquée à La Valette qui la trouve trorp beUiqueuse et anti-prussienne, tachera da la faire modif.ier; de mon còté tacherai qu'elle soit le plus possible dans les vues de Votre Majesté. Marquis La Valette chargé par Empereur a dit à Fleury qu'après l'article de la Patrie son envoi en Italie devenait impossible. Troubles tout à fait terminés ont produit une réaction favorable dans l'esprit public qui se manifeste de son còté en faveur du Gouvernement et de l'Empereur qui est partout acclamé.

(l) Da ACR.

401

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1584. Tunisi, 14 giugno 1869, ore 9 (per. ore 12).

Le décret proposé c'est l'ancien projet Moustier qu'on a tant combattu. L'intromission d'un fonctionnaire fmnçais dans le comité exécutif met préventivement la Régence sous l'administration de la France ou tout au moins sous son influence exclusive et ne manquerait pas de produire ici la plus triste impression. Il reste encore à voir si le Bey s'exécutera de bon gré.

402

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1587. Londra, 14 giugno 1869, ore 18 (per. ore 23,15).

Lord Clarendon est légèrement indisposé et n'a pu me recevoir que ce matin. Je lui a:i communiqué tout dont vous m'avez chargé, et il regrette la détermination des réserves que nous faisons au sujet du comité d'administration de Tunis mais il ne nous conteste nullement le droit de les faire. Il parait ignorer si les consuls feront rme démarche quelconque auprès du Bey pour obtenir la promulgation du décret, mais sur mes instances il a promis d'envoyer aujourd'hui à Paget copie des instructions qu'il a adressées à M. Wood pour qu'il vous les communique in extenso. Lui ayant annoncé celles destinées à notre consul il m'a exprimé le désir de les voir. Mylord soutient toujours que le comité de contròle empéchera que les finances de Tunis r,estent à le merci du fonctionnaire français.

403

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Valdieri, 15 giugno 1869 (2).

Je vous prie de me dire si la lettre de l'Empe,reur m'est envoyée directement à Turin ou si elle va à Florence. Cela pour ma règle et quel jour elle arrivera.

Regardez que Nigra fasse lettre à Menabrea assurante l'évacuation des troupes en nom de l'Empereur.

(l) Da ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele Il, voL II, p. 1419.

(2) Privo di ora di partenza si inse,risce prima del n. 404 che vi risponde.

404

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (1)

T. Parigi, 15 giugno 1869, ore 18,25 (per. ore ...) .

Demain enverrai au Roi itinéraire précis combiné avec Empereur. Prie Votre Majesté me dire le jour qui lui sera plus convenable pour me voir à Turin (2) cali' j'apportemi moi meme lettre en allant passer quelques jours à Monza. Empereur appelera Nigra pour lui donner de vive voix assurances pour évacuation, cela sera fait avant envoi de la lettre.

405

NAPOLEONE III A VITTORIO EMANUELE II (l)

L. P. Parigi, 15 giugno 1869.

Confiant dans les sentimens d'amitié de Votre Majesté je crois devoir lui

faire part des réflexions que m'inspire l'état actuel de l'Europe.

Quoique rien ne menace actuenement la paix et que mon sincère désir soit de la rendre durable, la situation incertaine de l'Allemagne entretient l'inquiétude et le malaise. Il peut naitre de ce còté des complications dangereuses pour l'équilibre Europèen.

En présence d'une telle éventualité l'Autriche a pensé qu'il serait avantageux pour les trois Puissances qui ont un égal intérét à maintenir cet équilibre de s'entendre pour opposer à des envahissements possibles une résistance qui puiserait sa force dans la justice et les droits des peuples.

J'ai accueilli avec empressement les ouvertures de la Couil' de Vienne et je serais heureux que Votre Majesté voulut b~en s'unir à nous pour cimenter une alliance qui doit avoir une influence heureuse sur les destinées de l'Europe.

Je n'ai pas besoin de dire à Votre Majesté que mes sentiments pour le pays qu'elle gouverne ne sauraient changer et que je serai toujours heureux de faive ce qui dépendra de moi pour consolider nos bons rapports et pour aider à la prospérité et à la grandeur de l'Italie.

Je recommande à Votre Majesté de tenir ces pourpatl'lers dans le plus profond secret, car une divulgation donnerait lieu à une faule de commentaires qui s'effaceraient de dénature,r l'esprit et le but de notre entente.

19,45 del 16 giugno: « Serai Turin dimanche et lundi j'espère de vous y voir ».

(l) -Da ACR. (2) -Vittorio Emanuele II rispose con il seguente telegramma spedito da Valdieri alle ore
406

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 424. Wiesbaden, 15 giugno 1869 (per. il 19).

J'ai eu soin dans mon rapport n. 419 de cette série (1), de Vous signaler av,ant l'arrivée du Vice Roi d'Egypte en Prusse, quelles étaient les dispositions du Cabinet de Berlin au sujet des propositions éventuelles qui pouvaient lui étre faites à cette occasion.

Une telle éventualité ne s'est point vérifièe, d'après les informations que le Chevalier Tosi a pu recueillir le lendemain du départ de Son Altesse pour Paris; je crois toutefois devoir mander à V. E. les renseignements qu'il a réussi à se procure'r à cet égard.

Il parait que le Ministre de Turquie à Berlin avait reçu l'instruction de ne pas s'effacer en cette circonstance, mais de faire ressortir au contrail'\e, autant qu'il le pourrait, la nature des rapports qui caractérisent la position du Vice Roi vis-à-vis du Sultan. Ari:starchi Bey n'y a pas manqué; il a su se mettre en évidence et assister à toutes les réceptions officielles, quoique le col'\ps dip1omatique n'y figurat pas; le Vice Roi aurait méme fini par en étre fatigué, tandis que le Ministre Turc, pour sa part, est parfaitement satisfait de la manière dont les choses se sont passées. La Suzerraineté du Sultan n'étant au reste nullement contestée, ces détails d'étiquette ne devaient peut étre pas avoir une gmnde importance; il parait qu'à Constantinople on est d'un avis contraire.

Quant aux questions d'un intérét réel pour les relations de l'Egypte, avec les Puissances étrangères, il n'y a rien eu d'officiel, mais Nubar Pacha a profité d'une conversation particulière, à l'occasion d'un diner, pour en causer avec le Comte de Bismarck. Il lui a parlé nommément des capitulations et de la colonisation de la Haute Egypte, pour laquelle on souhaitait des colons allemands. Le Comte de Bismarck s'est tenu dans une grande réserve, tene qu'elle lui était dictèe pa,r les sentiments que j'ai indiquées dans mon rapport précité; au sujet du maintien, de la modification ou de l'abolition des capitulations, le Cabinet de Berlin devrait surtout avoir égard aux voeux des Chambres de commerce de l'Allemagne du Nord, Leipzig, Breslau, Berlin etc. etc. et V. E. sait, comme je l'ai dit dans mon rapport n. 384 (2), que c'est surtout en considérabion des voeux de ces mémes Chambres qu'ici l'on a décliné les ouvertures que M. Steege avait faites, dans un but analogue, dans l'intérét des Principautés Danubiennes; quant à la colonisation de la Haute Egypte, la Confédération de l'Allemagne du Nord ne pourrait guère se préter à la favoriser, car l'émigration allemande pour la Russie et l'Amérique a déjà pris des pro

portions ·regrettables aux yeux des Gouvemements confédérés. En somme cette conversation a été d'une nature amicale, mais très génédque.

Le Roi a dit plus tard à Aristarchi Bey qu'il regrettait que son age ne lui permit guère d'aller assister à l'inauguration du Canal de Suez, solennité qui l'aurait vivement intéressé. an en déduit que le Vice Roi, sans inviter officlellement le Souverain, lui aura cependant exprimé quel accueil empressé il recevrait, s'il voulait se rendre à Suez.

On a gardé l'impression à Berlin, qu'il règne à la Cour Egyptienne un mécontentement assez vif contre la Sublime Porte.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 213.
407

IL MINISTRO A CARLSRUHE, ARTOM, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. VII. Carlsruhe, 15 giugno 1869.

Il Principe Hohenlohe ha indirizzato il 29 maggio scorso ai Ministri di Baviera presso le Corti tedesche una circolare con cui propone di sottoporre alle Facoltà teologiche delle Università di Germania alcuni quesiti circa il Concilio. Io ebbi indirettamente comunicazione di quel documento, ed ignorando se esso sia stato già ·recato a notizia di V. E. dal R. Ministro a Monaco, o dal Ministro di Baviera a Firenze, mi pregio di trascriverle qui appresso i quesiti di cui si tratta.

l. -Se le massime del Sillabo, e l'infallibilità del Papa fossero nel prossimo Concilio proclamate come articoli di fede, quali mutamenti verrebbero con ciò introdotti nella do·ttrina dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa, quali furono finora considerati in Germania?

2. --Nell'ipotesi sovraccennata, i pubblici insegnanti della Dogmatica e del Diritto canonico si crederebbero essi obbligati a professare come obbligatona in coscienza per ogni cristiano la dottrina della supremazia del Papa sopra i Sovrani e sui governi quale istituzione divina (sia come potestas directa oppure indirecta in temporalia)? 3. --I pubblici insegnanti della Dogmatica e del Dintto canonico si crederebbero essi obblig.ati ad accogliere ed a professare nelle loro lezioni e nei loro scritti la dottrina che le immunità personali e reali del clero siano divini juris ed appartengano quindi alle verità dogmatiche? 4. --Vi ha egli un criterio generalmente riconosciuto secondo il quale si possa determinare con sicurezza se la sentenza pronunciata dal Papa ex cathedra (.e quindi, secondo la dottrina probabile del Concilio futuro, infallibile) sia obbligatoria nel foro interno per ogni cristiano? Se tali criteri esistono, quali sono? 5. --Quale influenza potrebbero i nuovi dogmi, che tratterebbesi di consacrare, esercitare sull'istruzione religiosa del popolo nella Chiesa e nella scuola, e sui catechismi ecc., così direttamente come indirettamente per le conseguenze necessarie dei nuovi dogmi?

La circolare di cui potei prendere lettura non parla che dei Governi e delle Università tedesche. Le Facoltà Universitarie di Germania sono infatti chiamate spesso, secondo 1e antiche consuetudini del paese, ad eme.ttere pareri sopra questioni dottrinali e giuridiche. Può darsi tuttavia che la stessa circolare od altra analoga sia stata indirizzata o comunicata officiosamente agli altri Governi.

La persona da cui ebbi questa comunicazione afferma che il Principe Hohenlohe ebbe da distinti personaggi del clero, sovratutto di Francia, felicitazioni ed incoraggiamenti a proseguil'e nelle pratiche intraprese circa il Concilio. Avendo io chiesto se fosse il Canonico Do1linger che avesse consigliato

o redatto i quesiti suddetti mi si rispose che quella redazione manca forse dell'esattezza scientifica necessaria per attribuirla ad un canonista di professione.

Risulta però, a mio avviso, essere scopo del Principe Hohenlohe di suscita;re nel clero stesso un'opposizione rispettosa ma ferma contro il Concilio ed il programma di cui gli articoli della Civiltà cattolica diedero indizio. Sarebbe arrischiata ogni congettura sul modo con cui le Facoltà teologiche delle Università di Germania risponderebbero ai quesiti suddetti quando fossero loro officialmente sottoposti dai Governi rispettivi. Il Governo badese trovasi in rapporti così poco amichevoli col clero di Friburgo che esiterà, io credo, a provocare da lui una dichiarazione di massima su queste delicate materie. A parer mio poi, non solo l'Università di Friburgo ma anche altre, meno informate ai principii oltramontani, cercheranno di tirarsi d'imbarazzo osservando esservi neUa redazione dei quesiti una vera petizione di :principii. Il Concilio, sovratutto quando è d'accordo col Papa, è la più perfetta rappresentanza della Chiesa universale. È quindi, secondo le tradizioni, altrettanto onnipossente nella dogmatica, quanto lo è in legislazione ed in politica il Parlamento inglese. Supponendo dunque che il Concilio sia legalmente convocato e che vi si osservino tutte le formalità e condizioni necessarie, è impossibile che i canonisti non dichiarino obbligatorie nel foro interno le massime che il Concilio sarà per proclama11e. La vera questione da formulare è quindi: stabilire le condizioni secondo le quali il Concilio è legalmente convocato, e per cui divengono pe·rfette le sue deliberazioni. Se fosse possibile ottenere dal cle•ro o da una parte ragguardevole di esso la dichiarazione che il concorso dell'autorità civile è indispensabile alla validità, anche nel foro interno, delle deliberazioni conciliari, si otterrebbe una vittoria molto più feconda di utili conseguenze. Ciò sarà certamente difficile, ma non meno malagevole sarà di fare che il clero condanni anticipatamente un programma, sul contenuto del quale si hanno più sospetti che indizi sicuri. Molti .temeranno infatti di mettersi anticipatamente in contraddizione col Concilio stesso, se sancisce i nuovi dogmi, e di cadere così nella condanna di eresia.

408

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, MIGLIORATI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 80. Monaco, 15 giugno 1869 (per. il 17).

Ho l'onore di accusare !ricevuta all'E. V. dell'ossequiato suo dispaccio n. 31 di questa .serie (1) cui andavano annessi n. sette documenti diplomatici. Fra essi attirò specialmente l'attenzione mia quello che il Macr:che.se Pepoli Le indirizzava il 24 maggio (2). Egli è indubitllito, siccome l'E. V. si degna farmelo oss·ervare, che l'esistenza di un simile documento sarebbe per sé un fatto abbastanza importante e meritevole d'indagarne l'effetto che sarebbe destinato a produrre. Mi a~ccinsi diffatti a p11ocacciarmi precise infonnazioni sulla di lui esistenza, ma sino ad ora mi risulta essere dubbiosa assai. I miei Colleghi qui mi assicurano non averne mai inteso parlare, e quello di Fmncia specialmente mi disse non averne sin'ora trovato alcun cenno nella cornspondenza de' suoi Colleghi che trovansi presso le minori Co,rti della Germania, corrispondenza della quale egli riceve regolarmente da Parigi degli estratti, come si usa da noi. La notizia tuttavia data all'E. V. dall'onorevole mio Collega di Vienna può avere un qualche fondamento rife·rendosi forse ad alcun fatto retrospettivo. Mi sembra, a dir ve,ro, poco verosimile che il Conte di Beust abbia diramata agli Agenti Austria.ci una circolare in termini così esplLciti come vengono riferiti nel rapporto della R. Legazione in Vienna, ma non sarei invece !ungi dall'ammettere che riferendosi ai progetti sempre accarezzati, almeno in apparenza, dal Principe di Hohenlohe, di trovare le basi di una Confederazione della Germania del Sud, egli abbia colta l'occasione di fare intendere che la 11ealizzazione di tali idee non potrebbe incontrare l'approvazione dell'Austria, ave venisse a compromettere l'autonomia e l'indipendenza degli Stati del Sud: in questo senso il Conte Ingelheim avrebbe or sono quattro mesi dato lettura al Principe Hohenlohe di un dispaccio del quale però non avrebbe lasciato copia (3).

L'E. V. non ignora quali siano i cardini della politica del Princ.ipe di Hohenlohe e le recenti dichiarazioni fatte a Berlino in seno al Parlamento doganale: « che impiegherà cioè tutte le sue forze per stringere semp11e più i rapporti tra il Nord ed il Sud della Germania» sono una nuova conferma degli intendimenti palesi della sua politica, ed in pari tempo l'indizio della portata poco grave che si sa11ebbe data a quel documento.

«A compimento di quanto ebbi già l'onore di riferire a V. E. sono oggi in grado di assicurarla che il Conte Ingelheim non ha ricevuto dal suo Governo alcun dispaccio nel sen•o lnd,lcato dal rapporto della R. Legazione in Vienna delli 24 Maggio di cui dovesse dare comunicazione al Gabinetto di Monaco, ma soltanto or saranno tre mesi !l Conte Beust prendendo argomento da quanto venne dai giornali detto ed esagerato intorno allo scopo della conferenza d! Nordlingen incaricò l'I, e R. Rappresentante austriaco di far conoscere al Principe Hohenlohe che il progetto di una confederazione della Germania del Sud di cui gli si attribuisce !'!dea e l'iniziativa verrebbe a costituire uno di quei fatti che potrd dal Gabinetto di Vienna esser riguardato sotto un doppio aspetto buono o cattivo secondo le basi della sua organizzazione, e in ciò dire senza menomamente pronunciarsi sul merito della quistione ebbe, mi pare, in mira !l Gabinetto austriaco di farsi le più ampie riserve ~.

Siccome però l'avvenire di questi paesi dipenderà anzitutto dagli accordi che possono nascere da un momento all'altro tra le Grandi Potenze, non mi sorpvenderebbe che il Principe di Hohenlohe abbia potuto, anche con un semplice sorriso platondco fatto all'Austria, provocare per parte del Conte di Beust del1e insinuazioni in analogia a quanto scrisse il Marchese Pepoli. Io credo che l'Austll"ia senza allontanarsi dall'indirizzo politico del Gabinetto del Conte Andrassy non abbia rinunciato intieramente alla lusinga di riprendere un giorno una parte della sua antica influenza nelle cose della Germania, in questo senso, lo rife,risco però all'E. V. colla massima riserva, può esso aver fatto qualche tentativo, che se non incontrò miglior so1rte, lo si vorrebbe accagionare all'essersi per mezzo della sua diplomazia appoggiata al partito clericale, anziché fare un appello all'adesione dei progressisti, che non sarebbero intieramente alieni dal prestarsi per mantenere e consolidare l'autonomia del proprio Paese.

(l) -Cfr. n. 338, nota l, p. 341. (2) -Cfr. n. 338. (3) -Con R. 82 del 30 giugno Migliorati comunicò:
409

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 98. Pietroburgo, 16 giugno 1869 (per. il 22).

Ebbi nei giorni scorsi la visita del signor Stuge, incaricato di una missione del Governo rumeno presso questo Gabinetto Impe~riale. Egli mi confermò quanto nel mio precedente rapporto n. 95 di questa serie (1), ebbi l'onore di riferive alla E. V., scopo principale della sua venuta essere cioè quello di stabilire, in seguito all'annullamento di fatto delLe Capitolazioni nei Principati, un nuovo accordo col Governo Imperiale per tutto ciò che riguarda la giurisdizione dei tribunali sopra i sudditi di uno dei due Stati residenti nell'altro. Ei mi disse che il progetto stava ancora sottoposto ad una commissione di giuveconsulti russi i quali avevano molta fatica a metterlo d'accordo col codice del loro paese molto differente da quello napoleonico che quasi integralmente è in vigore nei Principati; mi soggiunse anche egli quanto già mi aveva detto il Signor Stremoukow, che una tale stipulazione si sarebbe fatta per mezzo di uno scambio di dichiarazioni fra il Governo rumeno ed il Barone Offemberg ag,ente russo a Bucharest, ratificata solamente dal ministro della Giustizia dell'Impero, per togliergli così qualunque carattere diplomatico. Non sembra però che un tale accordo sia prossimo ad essere conchiuso giacché si aspetta per adottarne la forma definitiva la venuta qua del Barone Offemberg, che già ebbe parte in questi negoziati. Il signor Stuge mi diss,e essere egli incaricato pure di cercave di ottenere la cooperazione del Governo Imperiale alla sistemazione della vertenza dei beni dedica.ti ai Conventi, da così lungo tempo pendente mi annunziò che sebbene la Russia parta da un principio opposto a quello in cui si appoggia il Governo dei P>:dncipe Carlo, pure il fine al quale

si mira, è lo stesso, ed infatti fino dall'anno scorso quando fu qui 11 Signor Cantacuzène furono date istruzioni al Generale Ignatieff di cercare di vince,re la resistenza che a qualunque accordo su tale mate!I"ia oppose fin qui n Patriarca di Costantinopoli: ciò malgrado la quistione non ha fatto verun passo verso una soluz.ione tanto desiderata; non so ancora quale accoglienza tale parte della missione del signor Stuge abbia trovato qui, ma suppongo che n Principe Gortchacow avrà voluto spettare a pronunciarsi d'avere conferito col generale Ignatieff che solo da tr·e giorni è giunto qui in congedo.

Avendomi il signor Stuge espresso la speranza che anche il Governo di

S. M. il Re avxebbe accettato il principio di stipulare un accordo analogo a quello che si sta qui elaborando risposi non conoscere esattamente quali fossero le idee del R. Govemo in proposito, ma esser certo che ei si preoccupava di trovare il modo migliore di assicurare la sorte dei nostri nazionali in Rumenia e di sostituire all'attuale stato di cose troppo vago un regime più pratico e più efficace a conseguia."e tale scopo.

(l) Non pubblicato.

410

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1589. Parigi, 17 giugno 1869, ore 17,50 (per. ore 18,36).

J'ai reçu vos 3 dépeehes sur l'affaire de Tunis (l). J'ai communiqué au marquis de La Valette les instructions destinées au Consul du Roi à Tunis (2), j'ai ac.compagné cette communication avec toutes les observations et explications contenues dans vos dépéches et spécialement dans celle du 13 et j'ai fait tous les efforts pour persuader La Valette sur notre manière de voioc-mais je dois vous annoillcer avec vegret que La Valette m'a répeté qu'il ne pouvait pas admettre des réserves et que le projet d'arrangement pxoposé pa.r lui devait etre ou approuvé complètement comme avait fait l'Angleterre ou rejeté. Il a conclu de nouveau que si nous persistons la France agirait sans nous soit seule soit avec l'Angleterre. Je vous rendrai compte de ma conversation par cour:rier ( 3).

411

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. x. Wiesbaden, 17 giugno 1869.

La dépéche n. III, Division Politique, que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser le 15 Mai échu (4) m'est parvenue dans le moment méme où je

vouais toute mon attention au parti que le Cabinet de Berlin allait prendre dans la question du ConcHe. Sa décision était en suspens, ainsi que je l'ai eXjposé dans mon !I"apport n. IX, et elle devait dépendre des explications attendues de Munich au sujet de la natu!I"e et de la portée de l'acte auquel on l'ava:it invité à s'associe.r. Les relations personnelles et les liens politiques du Prince de Hohenlohe avec le Comte de Bismarck exerceraient peut-etre une influence décisive au moment où, appelé à Bedin par les travaux du Zoll-Parlament, le Chef du Cabinet de Munich pourrait de vive voix faire valoir les raisons qui avaient inspiré sa circulaire.

La dèpeche n. IV que V. E. m'adresse maintenant, après son entretien avec le Ministre de Prusse à Florence, donnevait aux décisions du Cabinet de Berlin une natur·e beaucoup plus précise et catégorique qu'il ne résultaLt du dernier entmtien du Chevalier Tosi avec le Sous-Secrétaire d'Etat.

D'après ce de.rnier, le Prince de Hohenlohe, en faisant valoir l'opportunité de garantir l'Etat contre plusieurs des maximes que les commissions préparatoires voudraient faire consacrer par le ConciLe, proposait au Comte de Bismarck de soumettre aux facultés théologiques de la Monarchie prussLenne, ceUes de Bonn et de Breslau, plusieurs propositions sur lesquelles elles auraient à prononcer leur avis. Ges propositions étaient les mèmes que le Prince de Hohenlohe indique dans sa dépéche à Stuttga;rt et Bade. Le Comte de Bismarck n'a pas gouté .cet avis, et meme son interlocuteur aurait fini par convenir avec lui que l'état des choses en Prusse, la na,ture de sa législation, la prépondérance et la force de l'élément protestant, écartaient pour elle bien des dange.rs dont se préoccupent d'autres Etats. M. de Thil:e au reste ajoutait qu'il fallait voir malgré tout quel serait l'avis des théologiens de l'AUemagne du Sud, et si par suite le Prince de Hohenlohe ferait de nouvelles démarches; qu'en attendant le Ministre de Prusse à Rome, qu'on a.ttend ici en congé, pourrait aussi éclairer le Gouvernement.

Les impressions que j'avais rapportées de mes précédents entretiens, et que j'ai consignées dans mes correspondances, m'avaient déjà convaincu que le Gouvernement prussien a une extreme répugnance à entrer dans les vues du Prince de Hohenlohe. J'en ai dit les motifs, et je doute fort d'après les déclarations du Comte Brassier qu'il sorte de sa réserve. Il considère camme regrettable tout ce qui peut dans le Nord de l'Allemagne fournir une cause de jurexcitation aux passions religieuses, car il ressort de son attitude qu'il est convaincu de pouvoir assister, sans danger pour lui, meme à une proclamation des principes absolus du catholicisme.

Ges sentiments ne sont certes pas les memes qui animaient la récente assemblée de Worms où les protestants prussiens figuraient en grand nombre. Mais il ne faut pas pe·rdre de vue que l'église évangélique prussienne, non seu1ement n'y était pas représentée, mais qu'ene y voyait ses ennemis réunis dans les membres des unions protestantes (Protestantenverei.n) qui invoquaient la réforme et la décentralisation de cette église pour ainsi dire offieielle. La démonstration de Worms, tout en réunissant les suffrages des différentes conféssions pour autant qu'elle concerne le •refus de l'invitation à rendre dans

Ie giron de l'église catholique, ne serait donc pas de nature à exercea-une g11ande influence sur l'attitude du Gouvernement prussien. Je crois utile de transmettre exactement à V. E. mon impression sur la manière de vok en Prusse dans cette importante question, ...

(l) -Cfr. nn. 381, 393 e 398. (2) -Cfr. n. 388. (3) -Con R. 894, pari data, non pubblicato. (4) -Non pubblicato.
412

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

T. 937. Firenze, 18 giugno 1869, ore 16,10.

La France persiste à repousser les réserves si naturel1es contenues dans mes dépeches du 10, 12 et 13 à M. Nigra et du 11 au consul du Roi à Tunis (l).

Paget dit pourtant que si l' Angleterre a cessé d'exprimer de so n còté les mémes réserves c'est uniquement parce qu'elle les considère comme bien entendues et parce que le Cabinet des Tuileries a donné à Londres des explications satisfaisantes dans ce sem.s. Il faut que tout ceci s'éclaircisse. Veuillez aussitòt après réception de mon n. 177 (2) demander à loro Clarendon si et quelles objections l'Angleterre oppose à notre principe que le comité exécutif ne recevra d'autorité que du Bey et n'aura qu'un caractère tunisien; demandez si le Gouve11nement anglais admet que par une demande formelLe (au lieu d'une simple acceptation postérieure) faite par les trois puissances pour la promulgation du décret la France obtienne le droit reconnu de faire dorénavant administrer les finances de la Régence par un de ses fonctionnaires; demandez encore à lord Clarendon si les paroles suivantes de ses instructions à Tunis: «Le Gouvernement de la Reine croit très important que La commission procède dans le but d'effectue'r un arrangement juste et équitable pour les droits de toutes les parties intéressèes en évitant toute pa,rtialité de traitement envers ces memes parties » ne sont pas entendues par lui dans Le sens meme de not,re deuxième réserve, c'est à dire dans le sens qu'il soit tenu compte, autant que la justice et l'équité peuvent le demander, des droits des créanciers de la régence qui ne sont pas munis des titres de la dette consolidée et des intérèts engagés dans le comme])ce ou l'industrie de la Tuniste.

Vous prendrez acte des déclarations que nous demandons à l'amitié loyale du Gouvernement britannique.

413

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (3)

L. P. Parigi, 18 giugno 1869.

Sarei venuto io stesso a recare al Re ,la lettera Imper1ale (4), ma discussa con Nigra l'opportunità ed esposta questa da RouhN all'Imperatore, fu deciso

che meglio em inviarla a mezzo di altra persona sicurissima, rimanendo io qui per continuare con Vostra Maestà la cor:rispondenza telegrafica officiosa, essendo unanimemente convinti che l'intervento personale del Re in questa faccenda è indispensabile per condurre i progetti al loro compimento. Dal canto mio esorto Vostra Maestà perché la pratica non esca dalle sue mani, n Presidente del Consiglio, devoto al Re, farà quanto Vostra Maestà desidera, ma abbandonato a sé, potrebbero le osservazioni e le ripugnanze dei suoi colleghi, cangiare od almeno intiepidire le sue sagge disposizioni.

Solo la parola del Sovrano può trascinare il Ministero, ma oltre al dire in cose di tanta importanza, varrà l'occupar&ene personalmente a saputa dei Ministri, facendomi pervenire le obbiezioni che potra.nno nascere onde io a mezzo di Rouher e d'accordo con Nigra possa appianarle prima che queste entrino nelle vie ufficiali.

Il Marchese di La Valette è partigiano del trattato, ma egli scorge in esso una gamnzia di pace ed è quindi meno caldo fautore che l'Imperatore e Rouher i quali, in fondo, trovano nella guerra l'unico mezzo per far cessare il malcontento generale che ha sua vera origine nella spedizione del Messico e nelle vittorie Prussiane senza compensi per la Francia.

Nigra deve oggi vedere l'Imperatove, il quale gli da:rà formali assicurazioni per l'evacuazione degli Stati Pontifici, onde metterlo in grado di inviare al Pvesidente del Consiglio le decisioni in proposito, delle quali prenderà atto.

Nella conversazione col Ministro del Re, S. M. Imperiale sarà bellicosa in modo da diminuire l'influenza delle proteste pacifiche del Ministro degli Esteri, le quali modificano la simpatia di Nigra verso la triplice alleanza, che trova utilissima pel caso di guerra, ma non tale se la pace dovesse essere conservata. Io mi permetto d'essere d'opinione diversa e trovo il trattato del1e tre potenze altr,ettanto vantaggioso nelle eventualità pacifiche che bellicose, l'Italia, risentendosi delle difficoltà della sua nuova fo:rmazione, la sua influenza da sola non potrebbe essere tale da avere una preponderanza nella politica Europea, unita alla Francia ed all'Austria su un piede di eguaglianza perfetta, diviene come i suoi alLeati arbitra dei destini Europei e nulla potrà trattarsi senza il suo intervento

Occupandosi della sua interna organizzazione, potrà senza sforzi e senza aver d'uopo di abilissimi intermediarii, seguire quella politica che il Re, nell'interesse del paese crederà doverle da,re, e questo non solo si limiterà alle cose d'Italia, ma si estenderà a tutto H complesso del movimento politico.

A Roma, il partito della reazione domina, spinge il Papato agli estremi, il Concilio Ecumenico proclamando forse l'infallibilità del Papa in ciò che concerne il temporale e volendo fare delle teorie del Sillaba dogma, può condurre il cattolicismo a scissione, l'Italia, agendo da sola, sarebbe accusata di sac,rificare alle aspimzioni temporali le credenze cattoliche, spaventando le timorate coscienz,e.

Fra i punti già convenuti del trattato, quello che si riflette ad una comunità di azione verso la Covte di Roma é quello che merita di essere più ponderato, legare per quanto più è possibile a noi la Fmncia e l'Austria nelle proteste, farà sì che esse non potranno essere contro di noi nelle conseguenze di esse, che dipenderanno da energiche risoluzioni prese in tempo opportuno, evitando le cause che cagionarono Mentana.

La garanzia reciproca del territorio di ciascuna delle tre potenze alleate, distrugge ogni forza agli antichi partiti e ci coalizza contro la rivoluzione, unendo forze predominanti a sostegno del principio monarchico.

In varie questioni secondarie tra la Francia e l'Italia, v'è certo diffidenza peT non dke ostilità, che non ha ragione d'essere; d'accordo nelle grandi questioni, le difficoltà secondarie spariranno.

I vantaggi, in caso di guerra, che credo inevitabile, per me son tutti morali, prescindendo dall'unione del Tirolo al Regno d'Italia, dalle rettificazioni delle frontiere francesi ed austriache, per me l'importanza sta nel rimettere il prestigio del potere, affranto in Italia, senza aggravare le finanze del Regno.

Lo spettacolo deplorabile che danno all'Europa le nostre Camere, rende necessaria l'ingerenza diretta della Corona, ma perché questa sia valutata, è d'uopo che vi concorra il successo di un'abile combinazione politica e di una grande vittoria.

È con vivo dolore che vedo ogni giorno scemarsi il prestigio degli uomini tutti che col Re contribuirono alla grande opera dell'unità italiana, il lavoro continuo di demolizione di quanto v'ha di più elevato e di nobile, non può che condurci alla rovina, il volere del Re solo che fece dell'Italia una grande nazione, è unico scampo, da soli, noi siamo insufficienti, perché le nostre forze sono paralizzate dalle interne difficoltà.

L'iniziativa del Re sarà seguita dalle masse, alle quali giova provare che la Corona non solo fece l'unità italiana, ma costituita, seppe darle quel rango che le appartiene.

I giornali portano oggi la prorogazione delle nostre Camere, come il Re me lo aveva annunciato, questa giunge opportunamente, è indispensabile che Vostra Maestà prendendo motivo dalla lettera dell'Imperatore, spinga al più presto ad una deHnitiva conclusione, se il trattato era discutibile fatto colla Francia sola, non lo è più, dacché l'Austria lo ha accettato, non solo, ma che spinge ad una pronta realizzazione.

Prego il Re di affrettare il più possibile il compimento dell'opera dovuta alla sua saggezza ed iniziativa. A Vienna ed a Parigi si desidererebbe che tutto fosse compiuto per la fine del mese.

Io sono a disposizione del Re, prego la Maestà Vostra appena ricevuta la pres,ente a volermi telegrafare se approva che io rimanga qui per essere intermediario di quanto ho esposto più sopra, oppure se Ella preferisce che io venga subito a raggiungerla, nel qual caso, prendendo una c.ifra diretta con Rouhe,r, io potrei trasmettergli senza compromissione le osservazioni del Re e sciogliere le difficoltà.

Se io sono rimasto a Parigi, è perché ciò ci sembrò più utile, rimetto però il tutto al savio giudizio della Maestà Vostra ed attendo un suo cenno. La letteil'a dell'Imperatore fu rimessa a Grassi da Nigra con ordine di consegnarla in mani proprie, Grassi ha anche o'rdine di ritornare subito qui,

a meno che Vostra Maestà non giudichi dive.rsamente ed intenda servirsene per mandare l'Autografo Imperiale al Presidente del Consiglio.

Confermo a Vostra Maestà quanto le teleg,rafai circa i guai di Parigi (l) ora tutto è finito, il Governo acquistò simpatia pel modo con cui si condusse, colla moderazione mostrò la sua forza, ma ciò non scioglie le difficoltà della situazione.

Attendo gli ordini di Vostra Maestà ...

P.S.

Nigra è stato dall'Imperatore, fu contento della conversazione nella quale

S. M. Imperiale espresse il più vivo deside•rio perché le intelligenze già prese siano realizzate definitivamente al più presto. Con mia somma sorpresa però ho inteso da Nigra che l'Imperatore non gli fece parola del ritiro delle truppe da Roma, di ciò il Ministro del Re non fu menomamente formalizzato, perché ha, come ho io pure, la convinzione che le truppe saranno richiamate appena chiusa la breve sessione della Camera che va ad aprirsi. Ma questo silenzio non accordandosi con quanto erasi convenuto, mi ha giustamente allarmato.

Mi sono subito recato dal Ministro di Stato, lamentandomi come S. M. Imperiale non avesse fatto le dichiarazioni che erano intese al nostro Ministro.

Rouher dissemi che questo non poteva essere che dimenticanza, trattandosi di cosa già stabilita e che Nigra avrebbe dovuto prender l'iniziativa del discorso, allorché vedeva che di cosa sì importante non gli si faceva menzione. Rouher si mostrò pronto a riparare l'errore, a far chiamare nuovamente Nigra da Sua Maestà qualora Nigra v·acconsentisse, mi son ~ecato alla Legazione ed abbiamo stabilito che Vostra Maestà dopo d'aver ricevuta la mia lettera mi scriverà il telegramma di cui le mando qui unito il modello, Rouher trova giusto il suggerito da Nigra ed ha presa conoscenza di questo telegramma che presenterà egli stesso all'Impe·ratore appena mi sarà giunto, da Torino

o da Firenze, come il Re giudicherà più opportuno. Così sarà riparato all'omissione che il Ministro di Stato mi assicura involontaria.

La lettera dell'Imperatore, non dubito, soddisferà Vostra Maestà. Sarebbe utile che il Re aggiungesse nel teleg•rafo una frase esprimente la Sua approvazione.

Da notizie giunte stamane da Roma, sembrerebbe, contrariamente a quanto ho detto più sopra, che il Santo Padre spaventa.to dal programma pel Concilio stia per prendere la decisione perché non abbia luogo.

Quantunque questa notizia venga da sorgente degna di fede, pure io esito a crederla, almeno nel modo così asseverante e gene•rale come vien data.

Modello del telegramma.

«J'ai 11eçu la lettre de l'Empereur mais avec peine je vois que S. M. Impériale n'a pas donné à Nigra les assurances verbales convenues pour l'évacuation des Etats Pontificaux.

Je ne doute point, ap~ès les assurances déjà données, que les troupes françaises seront retirèes, mais il faut que mes Ministres partagent cette conviction ~ (1).

(l) -Cfr. nn. 381, 393, 398 e 388. (2) -Cfr. n. 397.

(3) Da ACR.

(4) Cfr. n. 405.

(l) Cfr. n. 392.

414

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1592. Londra, 19 giugno 1869, ore 19,40 (per. ore 23,25).

J'ai dès hier donné communication à Lord Clarendon des instructions à notre consul à Tunis (2) que j'ai reçu par poste. Ce matin je suis allé chez lui en exécution des ordres contenus dans votre dernier télégramme (3). Il est de mon devoir de ne pas vous cacher que mylord commence à s'irriter des difficultés que nos réserves soulèvent dans l'arrangement relatif aux finances de la Régence et il en a exprimé son regret à Paris. Il accueillit ainsi très froidement les questions que je lui ai adressées de votre part et se borna à me répondre que l'attitude de l'Angleterre dans cette affaire était clairement indiquée dans les instructions à san consul à Tunis qui sont à votre connaissance qu'il ne savait guère que répliquer aux subtilités de mes demandes et il me dit de m'adresser au sous-secrétaire d'Etat pour toute question de détail ce que je ferai sans beaucoup d'espoir d'en tirer quelque chose malgré mes efforts pour expliquer l'équité de notre manière d'agir. Les dispositions qui règnent ici me forcent à vous exprimer que sans sacrif1er nos intérèts nationaux une conduite plus •réservée est peut-ètre celle qui convient d'avantage.

415

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. IX. Parigi, 19 giugno 1869.

Alla circolare che il Governo bavarese fece comunicare alla Francia come ad altri Stati, relativamente alla ·Convocazione del Concilio ecumenico, nessuna categorica risposta venne data finora dal Gabinetto delLe Tuileries.

Il Marchese di La Vale.tte, al quale domandai recentemente se il Governo imperiale fosse o·ramai in grado di pronunciarsi intorno alle questioni sollevate dalla convocazione del Concilio, mi disse che si stavano ora appena preparando dal Gaurdasigilli imperiale gli elementi d'esame su questa materia. Avendo io fatto cenno al Marchese di La Valette delle notizie date dai pubblici giornali di uffici fatti presso il Governo pontificio sull'argomento del Concilio dall'Ambasciata di Francia in Roma, egli mi disse che il Governo imperiale si

era limitato a fa.r domandare alla Cori;e di Roma, per mezzo del Marchese di Banneville, le informazioni necessarie per sapere quali fossero le intenzioni della Santa Sede sia in ordine alla convocazione al Concilio dei Sovrani e Capi di Governi esteri, sia in ordine alle questioni sulle quali il Binodo ecumenico fosse chiamato a pronunziarsi. Seppi in via confidenziale che il cardinale Antonelli avrebbe risposto che la Santa Sede non aveva invitato i Sovra.ni e Capi di Governo che nei precedenti Concili era consuetudine di convocare, perché le condizioni di questi Sovrani e Capi di Governo, nelle loro relazioni cona Chiesa cattolica, sono ora grandemente mutate e diverse da quelle dei tempi passati. Alle varie epoche dei prec.edenti Concili, e specialmente degli ultimi, i Sovrani cattolici rappresentavano in certa guisa gl'interessi della Chiesa cattolica, perché in allora la religione cattolica era la religione dello Stato. Ora invece i Sovrani dei paesi cattolici non potrebbero più, secondo la Corte di Roma, rappresentare esclusivamente quei medesimi intere•ssi. Agli occhi del Cardinale Antonelli, la questione è ancora complicata dalla necessità in cui sarebbe la Santa Sede di escludere i Sovrani e Capi di Govermo su cui pesano le scomuniche e le censure del Vaticano. Che se i Sovrani cattolici che credono d'averne il diritto secondo la tradizione della Chiesa, e contro i quali non esista ostacolo canonico, desiderano farsi rappresentare in seno al Concilio e ne fanno domanda, la Santa Sede prenderebbe in considerazione questi desideri e queste domande. Intorno alle questioni da discutersi dal Concilio, sembra che l'intenzione della Santa Sede sia di lasciare, secondo la regola, piena e libera iniziativa a ciascuno dei membri del Concilio stesso. A guisa d'indicazione la Santa Sede si limitò a sottoporre ano studio dei Vescovi i diciassette punti indicati nella comunicazione da lei fatta all'episcopato, all'epoca dell'invio della bolla d'indizione. La Santa Sede non metterebbe essa stessa sul tappeto la questione dell'infallibilità del Papa. Ma è probabile che questa questione possa venir suggerita per iniziativa di qualche membro del Concilio. Pare che sia appunto sopra una tale questione che più si pronunzino finora le divergenze dei membri dell'episcopato. Per contro, la questione del mantenimento del Potere temporaie del Sommo Pontefice non sembra sollevare nessun grave ostacolo, nel senso però che il Concilio si limiterebbe a pronunciare la necessità d'un potere temporale in modo generico, senza determina;re i limiti e la misura, e le altre particolarità.

È possibile che il Governo francese prenda la determinazione di non farsi rappresentare nel seno del Concilio. Tale almeno è l'opinione di parecchi Ministri deU'Imperatore, e specialmente del Gua;rdasigilli.

(l) -Il telegramma fu inviato U 21 giugno alle ore 16.40. (2) -Cfr. n. 388. (3) -Cfr. n. 412.
416

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 108. Vienna, 19 giugno 1869.

Se arriverà che mi si muova qualche interrogazione intorno alla situazione presente dei negoziati finanziarii, dei quali sono incaricati i Plenipotenziari di

30 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. XI

Sua Maestà Commendatore Blanc e Cavaliere Callegari, io mi atterrò semplicemente, come fu sempre mio costume, alle istruzioni impartitemi col rlver1to suo Dispaccio affari in genere n. 609 (l). Ma poiché Ella mi annunzia che il Governo del Re sta tuttora esaminando le questioni pendenti credo mLo dove·re svolgere alcune osservazioni, che mi sono suggerite dall'attento esame di questa difficile questione.

Io non entro certo a discorrere dei negoziati finanziarli, questi furono condotti con ta,le accorgimento dai due Plenipotenziari Italiani, che io non s.aprei certo suggerire nuovi temperamenti o svolgere nuovi argomenti. Ma io debbo soltanto far osservare all'E. V., che la situazione reciproca dei due Governi è radicalmente modificata da alcuni mesi; essa non è certo quale era in quei tempi, in cui la legazione italiana aveva l'onore di possedere come consigliere il Commendatore Blanc. Allora l'Austria piuttosto che cedere, avrebbe senza esitanza acconsentito ad una rottura di negoziati. Oggi oso dire che il Gabinetto di Vienna desidera invece vivamente di evitare questa rottura, anche a costo di qualche sacrifizio pecuniario. La ragione di questo mutamento non ha d'uopo di lunghi commenti; oggi il Conte di Beust ha posto per base alla sua nuova politica l'alleanza coll'Italia e l'approvazione generale che ha incontrato questo suo concetto lo ha raffermato sempre più in quest'ordine di idee. Oso dire che il paese intero disapprove·rebbe altamente il Governo, se, per risparmiare alcuni milioni indebolisse un'alleanza che lo ha rafforzato in Germania, e che è interpretata in tutto l'Impero come una guarentigia d'indipendenza e di libertà.

Il Conte di Beust sa che dopo di aver fatto suonare alto gli intimi accordi che regnano fra i due Governi, accordi di cui forse egli ha esagerato la impor~anza e la realtà, la sua politica sarebbe fatta segno di ironiche censure se questi accordi dovesse,ro naufragare e rompersi al primo conflitto d'interessi secondarii; egli non vorrà cer:to esporsi alle amare ironie del partito feudale e degli uomini di Stato prussiani. Nelle attuali condizioni di cose in Europa è per me evidente, che è l'Austria che ha maggiormente bisogno di mantenersi in buoni accordi coll'Italia, più che non ne abbia bisogno l'Italia medesima. E questa condizione di cose è nuova e sorta soltanto da alcuni mesi; è sor.ta dal giorno che il Conte Andrassy ha risolutamente disapprovato le velleità guerresche e le aspirazioni germaniche del Conte di Beust; è sorta dal gio,rno in cui l'opinione pubblica si è mostrata avversa all'alleanza francese e favorevole alle idee di pace; è sorta il giorno in cui si sono conosciuti a Vienna i tentativi fatti di riconciliazione fra Parigi e Pietroburgo; è sorta il giorno che il paese ha concordemente applaudito alle manifestazioni di simpatia dei due governi; ed è infine sorta sovratutto il giorno che i rappor.ti fra Roma e Vienna si sono inveleniti ed aggravati.

Ora io non posso ragionevolmente ammettere che il Conte di Beust voglia, anche apparentemente, scemare gli ultimi effetti ottenuti dalla sua politica e mettersi in contradizione colla memoria da esso presentata all'Imperatore sulla necessità suprema per l'Austria di mantenersi in stretti accordi coll'Italia. A mio avviso, quindi, il Governo Italiano oggi in questi negoziati è certo dalla

parte più favorevole, ed è in situazione da costringere l'Austria ad accedere a patti più larghi di quelli cui essa fin qui ha accennato di accedere.

Ora della questione generale scendendo alla questione speciale, mi limito ad esporre all'E. V. quali sarebbero, secondo il mio modo di vedere, le concessioni che si potrebbero ottenere dal governo Austriaco.

Io credo che i nostri Plenipotenziarii dovrebbero insistere vivamente per ottenere compensi per i danni sofferti dai cittadini Lombardi e Veneti durante le guerre d'indipendenza. Questa questione interessa vivamente l'onore dell'Italia, poiché ad essa si collegano gli interessi di due nobili e generose provincie; è fuori di dubbio che l'abbandono di questi diritti risveglierebbe in Italia un doloroso sentimento, mentre invece il conseguimento di una somma a questo titolo appagherebbe molti desiderii ed aggiungerebbe forza alla politica del Governo di Sua Maestà.

E qui devo aggiungeJ.~e alcune poche considerazioni: l'alleanza fra l'Austria e l'Italia bisogna che sia cementata dalle simpatie dei due popoli. Ora quale miglior mezzo di acquistare simpatia pel Governo Austriaco che di soddisfare alle giuste domande degli antichi suoi sudditi? Queste concessioni, in ultima analisi, rafforzerebbero molto più gU intimi accordi fra i due paesi che non tutte le dimostrazioni di simpatia fra i due Governi! E la rottura dei negoziati sopra questa questione certo non tornerebbe troppo decorosa né utile pel Gabinetto di Vienna.

Né mi smuovono dal mio concetto gli a,rgomenti che furono addo>tti in contrario, cioè le difficoltà di ottenere che le delegazioni dell'Impero votino le somme necessarie e disapprovino cosi indirettamente, gli atti consumati per il passato dal Governo Austriaco. Io credo che il partito liberale austriaco terrà ad onore di riparare alle ingiustizie commesse per il passato. Egli certo non proclamerà la solida-rietà fra il Governo assoluto ed il Governo liberale che lo ha sostituito. Egli certo non ~accetterà come un atto di giustizia, il rescritto Imperiale, che ordina che fossero compensati, preferibilmente, i sudditi fedeli dell'Austria. Egli certo non vorrà disconosce,re gli obblighi morali che risultavano pel Governo Austriaco dal Trattato del 1849, e non vorrà sottrarsi ad essi.

Io ho espresso, Eccellenza, francamente il mio modo di vedere; lo ho espresso, perché nel suo dispassio n.... (l) Ella mi autorizzò ad occuparmi di questa questione; lo ho espresso perché, avendo l'onore di rappresentare l'Italia a Vienna, ho creduto che avrei mancato al mio dovere, se non avessi richiamato l'attenzione dell'E. V. sulle condizioni politiche in oggi mutate in un senso a noi favorevole, e se non avessi consigliato il Governo oggi a trasportare la questione dal campo ristretto di una Commissione finanziaria nel largo campo della politica generale dei due paesi.

Io confido che l'E. V. accoglierà di buon grado queste mie considerazioni, che raccomando alla benevolenza del Governo; aggiungerò soltanto che, per quanto in me sia vivo e profondo il convincimento che l'Austria finirà per cedere, se il Governo Italiano mantiene un contegno risoluto, Ella può essere sicuro, Signor Generale, che io mi atterrò scrupolosamente, come sempre, alle istruzioni che Le piacque trasmeUermi.

(l) Non pubbllcato.

(l) Il numero manca.

417

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 20 giugno 1869, ore 12.

Prie le Roi, m'envoyer promptement télégraphe requis (2) pour provoquer par Empereur déclaration Nigra concernant évacuation. Prince de Metternich m'a parlé d'une lettre de Beust dans la quelle il exprime crainte que secret ne soit pas gardé, et que Menabrea mettra ses collègues dans la confidence. Au point où en sont les choses il faut presser conclusion. Je supplie Votre Majesté de ne pas laisser sortir lettre (3) de ses mains.

418

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 940. Firenze, 20 giugno 1869, ore 16,20.

Je viens de recevoir votre dépeche sur l'affaire de Tunis (4). M. de La Valette tout en repoussant l'idée de soumettre au Barde nos réserves sur l'interprétation du décret proposé, en reconnait néanmoins implicitement la justesse. Les déclarations qu'il vous a faites suffiraient à nous rassurer moyennant quelque légère modification dans les termes de votre dépeche afin qu'elle puisse etre au besoin publiée et sell'Vir de justification pour le Gouvernement. J'attends la communication de M. de Malaret (5).

419

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

T. 939. Firenze, 20 giugno 1869, ore 23,55.

Nous recevons de Paris des explications plus satisfaisantes sur les affaires de Tunis il est par conséquent convenable de ne plus insister dans le sens de mon télégramme d'avant hier (6) et de ma dépeche particulière d'hier (7) sans revenir en rien sur ce que vous avez déjà fait. Toutefois une déclaration analogue du ministre anglais serait très utile, mais in ne faut pas exposer à un refus.

(-4) Cfr. n. 410, nota 3.
(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 413, nota l, pag. 414. (3) -Cfr. n. 405. (5) -Cfr. n. 428. (6) -Cfr. n. 412. (7) -Non pubblicato.
420

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 29. Belgrado, 20 giugno 1869 (per. il 25).

Nei dispacci ch'ebbi l'onore di scrivere fino ad oggi a V. E., notai dapprima i dissapori che frapponeansi alle relazioni dei Reggenti coll'agente politico della Russia, e di poi, il riavvicinamento personale avvenuto fra loro. A questa riconciliazione, ordinata forse da Pietroburgo, succedette la partenza in congedo del Signor Chichkine, ed in pari tempo osservassi che diminuiva nelle gazzette opposte al Governo serbo l'acrimonia del linguaggio e cessarono le voci di cospirazioni e di attentati, infondate certamente ma provocate dalla passata condotta dell'agente russo verso il defunto Principe e verso i membri della Reggenza: sarebbe a desidera·rsi che quel congedo avesse a mutarsi in traslocamento.

Leggo nei fogli pubblici che l'asse~blea generale dell'Omladina, la quale, come è noto a V. E., è diramata in tutti i territori ove sono serbi, la Croazia, cioè, la Slavonia, la Sirmia, la Dalmazia, il Principato, la Bosnia, l'Erzegovina ed il Montenegro, radunerassi quest'anno a Cettigne. L'accoglimento che verrà fat.to a quella Skuptchina svelerà più chiaramente i disegni del Principe Nicola, sospetto di volere, a danno della Servia, tentare di porsi a capo dell'elemento Jugo-Slavo, appoggiandosi ai favori, servendo le mire del Gabinetto di Pietroburgo.

A distruggere l'ascendente russo a Belgrado e ad impedirne il ritorno vale principalmente l'azione dell'agente austro-ungarico, il quale seppe a quello sostituire l'ascendente del Governo che :rappresenta. Gl'interessi dell'Ungheria, nel modo in cui sono compresi dal Gabinetto del Conte Andrassy, pajonmi consoni ai più generali interessi della civiltà e del progres·so e la guisa nella quale s'intende di servirli non oppugna gl'interessi del Principato serbo e delle aspirazioni sue sulle popolazioni affini sottomesse alla Turchia.

Agli Slavi del Regno Ungarico, com'è noto a V. E., si concederà un'autonomia analoga a quella della quale gode l'Ungheria rimpetto a Vienna. Al Regno Croato è assegnata la massima parte dei confini militari, e si vuole che ad esso venga unita la Dalmazia. Il Conte Andrassy crede che in tal modo non saravvi giammai a temere che i Serbi posti al di là della Sava vogliano mutare la condizione loro politica.

Ai Serbi della Turchia si presterà la mano ogni volta le circostanze politiche dell'Europa e dell'Ungheria lo permettano, e non si invidierà al Principato un'egemonia più attiva colla quale si ponesse a capo di un regno di molto ingrandito. In questo avvenire, che pare oggi assai lontano, la buona riuscita della pvova federativa fatta in Ungheria, inviterebbe forse i nuovi Stati, Bulgaro e Serbo, ad unirsi con larghi vincoli federali, a guisa di un'immensa Svizzera O!rientale.

Il Signor Kallay svolsemi a più riprese queste idee, le quali, egli dice, saranno invariabilmente seguite se la direzione del Governo rimarrà in mano al partito moderato; queste stesse idee non potrebbero, in fatto, accordarsi alla politica degli ultra conservatori i quali ritornerebbero agli errori del '48 nella condotta verso i popoli del Regno, od a quella sinistra che scioglierebbe fuori tempo i legami coll'Austria necessarii alla consolidazione dell'Ungheria.

Con parole adatte osservai al mio interlocutore che accadea per la prima volta di assistere ad un'azione diplomatica esclusivamente diretta dagli interessi ungheresi, senza vedere posti in bilancia gl'interessi, dive,rsi forse in taluna parte, del rimanente della Monarchia. Fummi detto che il Conte Beust divide le idee del Conte Andrassy, e rispondendo ad altra mia discreta domanda, fummi soggiunto, non essere stato scelto un ungherese a successore del Barone Prokesch, perché non erasi rinvenuto un pe~rsonaggio adatto all'ufficio. Il Signor Kallay è giovine assai, ma dotato di pregevoli qualità; egli è coltissimo, leale e calmo, e non sarò per nulla stupefatto, se fra alcuni anni sarà egli stesso chiamato a rappresentare gl'interessi del suo paese a Costantinopoli.

Lessi jeri l'altro nelle gazzette europee che un tmttato di commercio colla Servia e coi Principati Danubiani era stato presentato alla camera bassa a Pest. È un errore. Fu presentata una convenzione postale; in forza di essa, a far principio dal pro.ssimo Luglio, l'ufficio postale austriaco, il quale compieva tutte le opea:azioni di posta coll'estero sarà surrogato da un ufficio serbo.

Studiansi a Vienna ed a Pest le modificazioni, ferme in principio, che l'Austria acconsente sieno recate alle capitolazioni vigenti, ed un funzionario austriaco si è qui recato a studiare probabilmente la legislazione serba ed il modo col quale si amministri nel Principato la giustizia. L'interesse di ottenere il diritto di proprietà è grande per l'Ungheria, è questo diritto pagato a basso prezzo coll'abbandono di privileg,ii che quivi sono in massima parte caduti in disuso, ed ai quali già da buon pezzo fu fatta rinuncia dalla Prussia. Dal canto suo la Serbia apre la porta ai capitali ed alle industrie straniere, ed approfitta fin d'ora del rimarchevole movimento industriale dell'Ungheria, concedendo il privilegio ad una banca che formossi col capitale di dodici milioni di franchi, due milioni dei quali solamente sono forniti da capitalisti serbi ed il rimanente dalla banca Franco-Ungarica di Pest. Non ebbi finora sott'occhio il decreto di concessione, ma fra i privilegii non vi ha quello di emettere carta monetata.

Mi riserbo di scrivere a V. E. maggio,ri particolari intorno a quelle modificazioni delle capitolazioni ed alla forma che sarà loro data, come pure intorno alla nuova Banca ed alla questione ferroviaria. Oggi è difficile il raccogliere informazioni, perché Reggenti, ministri e Senatori sonsi tutti recati, senza pur darne un avviso (il che in verità pa11rni poco rispettoso) al corpo consolare, a Kragujevatz.

421

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Firenze, 21 giugno 1869, ore 15,40.

Reçu deux dépèches (2) dont je suis satisfait. Je suis toujours Florence et j'ai conduit Grassi avec moi. Je vous le renverrai avec la lettre pour Empereur. Restez pour le moment à Paris. Je vous envoye dépèche qui a été combinée pour que vous la remettiez tout de suite à Nigra.

(l) -Da ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. Il, p. 1423. (2) -Cfr. nn. 405 e 413.
422

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. CONFIDEZNIALE l. Firenze, 21 giugno 1869.

In vari colloqui che il Signor Paget ebbe a questo Ministero, si poté scorgere come, secondo il GabineUo Inglese, il R. Governo si sarebbe lasciato persuadere dai suoi consoli in Turchia a battere una via diversa da quella suggeritagli dal R. Ministro in Costantinopoli. Sembra che il Governo britannico, supponendo che gli Agenti Consolari italiani siano proclivi a dimostrarsi ostili al Governo ottomano, veda in tale fatto una delle ragioni per Je quali il Gabinetto di Firenze ebbe in talune quistioni ad emettere opinioni diverse da quelle che furono acoolte a Londra. n Signor Paget poi parlando del contegno poco misurato che in certe occasioni avrebbero assunto i Consoli d'Italia verso le autorità turche, mi ha particolarmente fatto parola di un incidente occorso, or sono alcuni mesi, in Scutari d'Albania ed un altro caso spiacevole tutt'ora pendente in Damasco.

Il modo col quale l'Inviato britannico mi padò di questi due fatti mi fece subito comprendere che al Foreign Office non erano pervenuti altri rapporti, che quelli forniti dalla Porta al Signor Elliot. Non era dunque da meravigliarsi, se da quei rapporti appa•riva che la condotta degli Agenti del Re era stata nei due casi biasimevole. Ma non volendo noi che slffatta prima impressione, prodotta dai rapporti ricevuti a Londra, avesse da prender radici nell'animo del principal Segretario di Stato della Regina, ci siamo affrettati di rimettere al Signorr Paget una memoria nella quale sono svolte le considerazioni che bastano, a no·stro avviso, per distruggere un così erroneo concetto.

Di questa memoria Ella troverà qui unito copia, ed io La invito a vale•rsi del contenuto della stessa quando Le si presenterà l'opportunità di parlare di questo argomento con Lord Clarendon.

ALLEGATO

MEMORIA

Les consulats italiens dans les pays soumis à la domination ottomane sont considérés par le Gouvernement de S. Majeste comme des bureaux destinés à lui fournir les informations les plus précises et les plus consciencieuses sur le régime intérieur de la Turquie, sur les conditions politiques et économiques des différentes provinces de l'empire ottoman et surtout sur la manière dont les lois sont appliquées sur le fonctionnement des autorités administratives et judiciaires ainsi que sur les résultats pratiques obtenus jusqu'ici par les nombreux efforts des puissances afin d'amener la Turquie à marcher dans la voie du progrès européen. Il suffit d'avoir quelque connaissance de la capitale de l'empire turc pour savoir qu'il est impossible que les représentants diplomatiques résidants à Costantinople puissent fournir à leurs gouvernements des notions assez sures et précises sur tous ce points délicats. Les barrières élevées par la bureaucratie ottomane autour de Pera rendent extrèmement difficile la tàche des diplomates dès qu'ils veulent prendre compte par eux-memes du véritable état des choses dans toute la Turquie. En province, ces difficultés existent également mais à un degré moindre, et c'est pour cette raison qu'il faut accorder aux rapports des Consuls en Turquie une

attention toute spéciale. Les Gouvernements qui suivent aujourd'hui ce système ne font qu'imiter l'exemple que leur a fourni, depuis nombre d'années la Grande Bretagne. Les recueils des documents anglais présentés au Parlement en font foi.

On peut remarquer en général que les rapports des Agents Consulaires britanniques sur la situation intérieure de la Turquie sont écrits avec une entière franchise et sans beaucoup de ménagement pour l'autorité ottomane.

La correspondance des Consuls italiens atteint rarement le degré de sévérité que l'on rencontrait quelque fois dans le langage des Agents Anglais. Pendant les Ambassades de Lord Stratford et de Sir M. Bulver, les dépeches des Consuls Anglais, se sont fait remarquer souvent par leur peu de déférence envers les autorités locales. Ceci n'a jamais empeché le Foreign Office de croire qu'il était bien informé.

Il arrive souvent que les Agents les mieux disposés pour le Gouvernement ottoman, et qui ont les plus vives sympathies pour la cause de la régénération de la Turquie, se trouvent obligés de s'arreter, après quelques mois de séjour dans ce pays à des vues pratiques qu'ils ne s'étaient pas formées tout d'abord.

C'est là un fait qui s'est produit bien souvent lorsque le Gouvernement a envoyé un nouveau Consul dans les postes du Levant. Dernièrement encore, un Agent, après avoir pendant quelques mois montré les tendances les plus sérieuses à envisager favorablement les éléments de progrès qui peuvent exister en Turquie et dans l'administration ottomane a fini par constater avec la mème bonne foi quels sont les obstacles qui entravent ce progrès, spécialement à cause de l'arbitraire que les fonctionnaires ottomans se permettent contre leurs administrés au mépris des lois et des ordres de Constantinople.

Il ne serait pas juste d'accuser le corps consulaire italien de mauvais sentiments envers la Porte. Nous croyons savoir que le Gouvernement Austro-Hongrois entre autre leur rend sur ce point assez justice; d'ailleurs les changements ont été si fréquents surtout pendant les dernières années qu'il serait impossible de croire à l'influence d'animosités personnelles existant entre les agents italiens et les hauts fonctionnaires ottomans.

Nous n'examinerons pas ici dans quelle mesure M. Bertinatti ou tels de ses Collègues à Constantinople ont tiré parti des renseignements qu'ils pouvaient recevoir des Consultats pour contròler les éléments d'information que la bureaucratie ottomane met à la portée des diplomates de Pera. Il a pu arriver que le Gouvernement du Roi ait appelé l'attention de Son Ministre sur certains fait négligés à Pera et que cette circonstance ait induit la Porte à montrer quelque animosité pour les Consuls italiens et à donner à ses gouverneurs des provinces des instructions qui leurs permisent de créer quelques difficultés aux agents du Gouvernement italien.

Quoiqu'il en soit, on peut constater, sans se livrer à des hypothèses gratuites, que l'attitude des autorités Turques envers les Consuls italiens a laissé beaucoup à désirer pendant ces derniers temps. Des conflits ont surgi souvent, et il est tout-à-fait inexact que le Gouvernement ait toujours appuyé les demandes et les prétentions qui n'avaient pas de fondement. En maintes circostances au contraire des instructions réconciliantes ont été données pour éviter des conflits qu'il aurait été difficile ensuite de résoudre. Les deux affaires de Scutari et de Damas ont été prises en considération par le Gouvernement de S. M. Majesté qui a du se convaincre que le bon droit était du còté des Consuls italiens.

Voici quels sont les affaires:

A Scutari un homme de la campagne, proprietaire d'une maison louée par le Consul d'Italie, avait été appelé devant le tribuna! Turc camme temoin dans un procès pour meurtre. Cet homme s'étant présenté, et n'ayant pas pu ètre interrogé, avait été envoyé passer la nuit dans le local des prisons ainsi que l'on a l'habitude de faire à Scutari pour les témoins qui n'ont pas de domic1le en ville. Avant de se rendre au tribuna!, cet homme avait été chez le Consul italien qui l'avait engagé à venir passer la nuit au Consulat s'il ne pouvait la soir mème retourner à son village. La nuit étant survenue sans que cet homme parat au Consulat, M. Perrod s'était rendu à la prison et y avait demandé non pas un prisonnier mais le témoin hébergé pour la nuit dans cet établissement. La vérité de cet récit est démontrée par le fait que le gardien des prisons ne soulève aucune objection contre la demande de M. Perrod, et encore plus par le fait que l'autorité judiciaire de Scutari n'a plus jamais recherché la personne en questlon quoiqu'il lui aurait été très facile de le faire arreter dès le lendemain du jour où elle avait été reçue chez le Consul d'Italie.

Le Gouvernement du Roi s'est borné à recommander à son Consul à Scutari une conduite plus prudente, et en a appris tout dernièrement avec une veritable satisfaction que les rapports entre le Consulat d'Italie et le Gouverneur Général de l'Albanie étaient rétablis sur le pied de la plus parfaite cordialité.

Dans l'affaire de Damas il n'y a qu'un de ces cas très fréquent en Turquie. Un marchand italien accusé d'infraction aux réglements de le voirie était conduit au poste, lorsque le Consul vicnt à passer. Le marchand italien l'ayant appelé à son secours,

M. Pilastri sans s'an·eter lui-mème envoye un drogman pour s'informer de l'affaire. Tout en se disputant on arrive au Consulat d'Italie où le gendarme finit par abandonner son prisonnier. Ce fut probablement pour expliquer sa conduite envers les supérieurs que le gendarme a cnsuite accusé M. Pilastri de l'avoir fait garrotter et fouetter et de l'avoir fait souffleter en sa presence par le marchand italien.

La s;mple vraisemblance aurait souffi pour faire comprendre combien étaient suspectes les dépositions du gendarme ottoman. Ces dépositions sont d'ailleurs contredictes et trouvées fausses par les déclarations de M. Pilastri et du Consul Général d'Italie à Beyrout qui se trouvait en ce moment à Damas. Ce fonctionnaire à transmis au Ministère et à la Légation du Roi à Constantinople des rapports très détailles d'où il ressort que le Gouvernement Général de Damas a procédé dans cette affaire avec une légèreté et une précipitation déplorables interrompant ses relations officielles avec le Consulat Italien avant que celui-ci ne lui eut fait parvenir les preuves de la fausseté des allegations du gendarme.

Le Gouverneur ne doute pas qu'entre les témoignages d'un gendarme turc et les décbrations officielles et documentées du Consulat d'Italie a Damas corroborées de déclarations de visu clu Consul Général de Sa Majesté à Beyrouth ce ne soit le témoignaJe du M. Sulman qui doive prévaloir.

La conduite du Gouverneur de Damas est réprehensible sous bien des rapports et il est très regrettable que de pareils incidents puissent encore se produire dans les principales villes de l Empire ottoman par le fai t des fonctionnaires les plus haut placés dans la hiérarchie administrative de la Turquie.

423

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1597. Londra, 22 giugno 1869, ore 11,40 (per. ore 17,20).

Votre dépèche particulière d'hier (l) ne nous est pas encore parvenue. En cet état de choses, et puisque vous jugez qu'il n'est plus convenable d'insister dans le sens de vos dépeche•s précédentes, il nous faut des explications sur le sujet de la déclaration analogue que vous croyez très utile et je voudrais savoir aussi si le ministre d'Angleterre qui devrait faire cette déclaration doit-etre lo-rd Clarendon ou M. Paget. Je verrai le sous-secrétaire d'Etat, et je tacherai de provoquer de lui une explication semblable à celle donnée par le marquis de La Valette. En tout cas je crois nècessaire de vous prévenir sur les conséquences d'une insistance ultérieure de notre part après ce que je

(!) Non pubblicato.

vous ai communiqué par mon télégramme du 19 (l) à l'égard de ma dernière conversation avec lord Clarendon (2). Je vous télégraphie tout ceci d'accord avec le commandeur Cadorna.

424

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (3)

T.u. Firenze, 23 giugno 1869, ore ... (4).

Ne vous étonnez pas du léger retard, président du conseil est malade, aujourd'hui on travaille et je vous dirai ·résultat, dites cela si c'est vrai qu'il y a menaces trouble à Paris pour le ... (5) ici on a agi énergiquement parti républicain et les choses ne peuvent pas manquer aller bien. Grassi ici, je vous l'expédierai avec la 1ettre pour l'Empereur.

425

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (3)

T. Parigi, 23 giugno 1869, ore 17 (per. ore 21).

Empereur ne reviendra que samedi de Chàlons, le retard annoncé par Votre Majesté (6) n'est pas nuisible. Rouher assure qu'aussitòt arrivée de l'Empereur Nigm sera appelé pour 'l'ecevoir assurance sur l'évacuation. Prie Votre Majesté pour qu'on arrive à une conclus~on sans perdre trop de temps.

On a parlé de troubles à Paris pour ouverture Parlement, actuellement

on en parle moins car on sait Gouvernement en mesure pour maintenir ordre énérgiquement. Incertltude sur affaire Lobbia produit impression fàcheuse, 11 faut que le Gouvernement du Roi agisse avec vigueur pour montrer que Lobbia et les siens sont des calomniateurs. On blàme ici les conservateurs et les ministres itaUens car ils semblent s'altérer par des fausses dénonciations qu'il faudrait demasquer promptement.

426

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1602. Londra, 24 giugno 1869, ore 13,35 (per. ore 18,20).

J'ai eu hier au soir une conversation sur les affaires de Tunis avec le sous-secrétaire qui avait été s:pécialement délégué par lord Clarendon et

«Ne Vous exposez en aucun cas à un refus. Vous etes déjà autorisé à ne pas insister»·

d'après ce qu'il m'a dit j'en ai emporté la conviction que le Gouvernement anglais intel'IPrète le texte du décret de la meme façon que vous c'est-à-dire dans le sens de trois points cités dans votre dépeche n. 179 (1). Je n'ai pas demandé de décJaration catégorique car elle m'aurait été refusée. Lord Clarendon parait etre satisfait de ce que la France nous ait donné des explications rassurantes.

(l) -Cfr. n. 414. (2) -Blanc telegrafò a Maffei (t. 942, pari data, ore 18): (3) -Da ACR. (4) -Privo di ora di partenza, si Inserisce prima del n. 425 che v! risponde. (5) -Gruppi indecifratl. (6) -Cfr. n. 424.
427

VITTORIO EMANUELE Il AL CONTE VIMERCATI (2)

T. Firenze, 24 giugno 1869, ore 18,45.

Les choses vont bien ici, Gouvernement a agi avec force je fais des voeux pour qu'en France tout aille bien, aussitòt Empereur arrivé tachez que Nigra obtienne assurance verbale de ce que j.e désire pour Rome, dites lui télégraphier aussitòt après la réponse au président du conseil, à peine reçu cette réponse ma lettre pour l'Empereur partira, dites Nigra d'expédier le projet de triple alliance quand je vous annoncerai départ ma le·ttre, j'espère le faisant accepter d'avance, sommation Ministère. Mercredi je pourrai le paragrapher et le renvoyer aussitòt à Paris, tout cela c'est pour gagner du temps répondez si cela va bien.

428

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 488. Firenze, 24 giugno 1869.

Il Barone di Malaret mi ha dato lettura ieri di un dispaccio del suo Governo relativo alla vertenza di Tunisi. In questo dispaccio sono confermate le cose scrittemi dalla S. V. nel suo rapporto del 17 corrente (3). Ho ringraziato il signor di Malaret per la comunicazione che egli mi faceva, e gli feci osservare che le dichiarazioni fatteci dal Ministro Imperiale degli affari esteri erano tali da farci considerare come meno opportuna ogni preventiva riserva. Questa infa.tti cessava di es,sere necessaria dal momento che i Gove'rni aveano potuto convincersi che sul modo d'interpretare la clausola del deCil'eto non esistevano fra di loro sostanziali divergenze. Chiesi solamente al Ministro Imperiale di volermi consegnare copia delle considerazioni svolte nel dispaccio di S. E. il Marchese di La Valette, domandando a Parigi l'autorizzazione di ciò fare ove simile autorizzazione g.ià non gli fosse stata concessa. Ed il signor Barone di Malaret mi promise di rivolgersi immediatamente al suo Governo affinché il mio desiderio potesse essere appagato.

Ho fiducia che dopo siffatta comunicazione, la qua,Le è richiesta naturalmente dalla regolarità delle trattative in corso, queste potranno essere finalmente chiuse con comune soddisfazione dei due Gabinetti di Firenze e dl Parigi, e con la certezza di aver dal canto nostro provveduto nella migUor maniera possibile alla tutela degli interessi diversi che l'Italia deve difendere nella Tunisia.

(l) -Non pubblicato. (2) -Da ACR. (3) -Cfr. n. 410, nota 3.
429

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

T. 946. Firenze, 25 giugno 1869, ore 16.

Tachez d'informe•r d'une manière toute confidentielle le Vice-Roi d'Egypte que l'an fait des intrigues pour exciter pendant son absence la révolte contre son autorité. On désigne un prince de sa maison camme devant servh' de drapeau et l'an parle aussi de Joseph Karam dont on tache d'obtenir la coopération aux projets dirigés contre le Vice-Roi.

430

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 25 giugno, 1869, ore 23,50 (per. ore 4 del 26).

L'Empereur :revient ce soir. Une partie de la dépéche de Votre Majesté lui sera communiquée. Empereur verra Nigra demain ou après demain et lui donnera assurance pour évacuation. Quant au traité il y aura à appliquer les modifications demandées par président du conseil. Télégraphiez mai promptement si elles doivent rester telles qu'elles ont été faites, notamment pour Rome. Pour frontière Isonzo Autiriche parait disposée à céder quand elle saura Italie adhéré au traité. Camme je l'ai déjà télégraphié à Votre Majesté en ce qui concerne article du concours à donner à l'action commune, la part que notre président du conseil fait à l'Autriche (2) parait à Empereur et à ministre d'état laisser à cette puissance trop de latitude. Quant au traité, une fois d'accord, il me parait inutile de l'envoyer à Votre Maj.esté pour le parapheii', puisqu'on parait d'accord de procéder dans la forme habituelle à l'aide de plénipotentiaire avec ratification par les Souverains. En cas de guerre l'objectif de la France, sont frontières du Rhin, donnant à l'Autriche, s'il est possib1e, des compensations non allemandes, étendant sa puissance sur le Rhin et dans les Principautés Danubtennes, ce que l'on ne peut pas établir d'avance, pour que la Russie ne s'allie pas à la Prusse.

Je prìe Votre Majesté de communìquer cette dépeche au présìdent du conseil, et à répondre après l'avoìr consulté, car nous nous acheminons à la conclusion définìtive.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 379, nota 2.
431

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

D. 40. Firenze, 25 giugno 1869.

Lo scambio d'idee che ebbe luogo in questi ultimi giorni fra i Gabìne~tti di Prurigi e di Firenze dà fondato mo,tivo dì credere che i due Governi attribuiscono alle clausole del progettato Decreto un identico significato. Le dichiarazioni fatteci da S. E. il Ma,rchese di La V alette sull'oggetto contemplato nelle riserve espresse nel mio dispaccio alla S. V. dell'll corrente (l), ci parvero sotto molti aspetti soddisfacenti a segno tale da rendere superfluo che per ora Ella faccia al Bardo alcuna comunicazione nel senso di quelle mie istruzioni.

Ho chiesto a .Parigi che quelle dichiarazioni mi vengano comunicate nella forma che è d'uso per simili atti diplomatici, ed appena ciò verrà fatto, ritengo che mi troverò in grado di invitare la S. V. ad associarsi puramente e semplicemente ai di Lei colleghi dì Francia e di Inghilterra nelle pratiche che faranno per ottenere dal Bey la promulgazìone del progettato decreto. Le istruzioni che Le sa:ranno trasmesse da questo Ministero saranno probabilmente affatto simili, almeno nella sostanza, a quelle che il Signor Wood deve già aver ricevute dal suo Gove~rno. Le istruzioni anteriormente spedite alla S. V. non sono in alcuna guisa revocate, ma debbono sin d'ora essere considerate dalla S. V. non più come un documento da comunicarsi al Bardo, bensì soltanto come una comunicazione confidenziale del R. Governo per !spiegare al suo agente in Tunisi come si dovranno col tratto successivo e nei singoli casi che si potranno presentare, interpretare le clausole del Dec,reto che il Bey sa·rà invitato a promulgare. Ora che siamo venuti a conoscere che intorno all'interpretazione da darsi a quelle clausole non esistono fra i vari Governi interessati notevoli divergenze, siamo d'avviso che il fa,re al Bardo delle dichiarazioni, prima della promulgazione del Decreto, sarebbe opera il cui vantaggio non uguaglierebbe il danno che si potrebbe temere. Epperciò riteniamo che ogni opportunità dì fare quelle preventive dichiarazioni s'abbia a considerare come cessata. A condurre il Governo del Re ad adotta're un s.iffatto partito contribuì poi particolarmente la ced;ezza acquistata, in seguito dei rapporti della S. V., che realmente l'insieme delle disposizioni inserite nel progetto di decreto abbia a riuscire utile alle generalità degli interessi italiani nella Tunisia. Il Governo di Sua Maestà era inoltre convinto che in nessun caso poteva convenire agli interessi generali delle Potenze ed a quelli particolari della sua Colonia di Tunisi, che lo stato di incertezza e di perpl-essità attuale avesse a prolungarsi oltre il tempo necessario

per assicurarsi che gli interessi medesimi non correrebbero alcun pericolo né sarebbero esposti ad alcun pregiudizio.

Quindi fondata deve essere in noi la fiducia di avetre col nostro contegno, anche in quest'ultima fase dei negoziati, contribuito e.fficacemente a far si che la vertenza 11elativa alle finanze tunisine ricevesse una soluzione soddisfacente per tutti.

(l) Cfr. n. 388.

432

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE 70. Firenze, 26 giugno 1869.

Ricordecrà la S. V. come a seguito di alcuni inconvenienti verificatisi in certi paesi nell'occasione di inviti diramati dai Nunzi Pontifici al Corpo Diplomatico, il R. Governo desse istruzioni ai suoi Agenti nel senso di appianare e risolvere le difficoltà che n contegno dei Rappresentanti della Santa Sede avrebbe potuto in certi casi ingenerare. Le pratiche fatte dalle Legazioni di Sua Maestà presso i vari Governi, mentre testimonia•rono delle favorevolissime disposizioni di questi verso l'Italia, fecero pure conoscere quanto sarebbe stato malagevole lo intendersi per dare in tutti i paesi un'uniforme soluzione alla quistione.

Fu dunque con vera soddisfazione che noi abbiamo saputo dalla R. Legazione in Francia che Monsignor Chigi, Nunzio apostolico presso quella Co•rte imperiale, avea indirizzato a S. E. il Marchese De La Valette una Nota colla quale è regolato il modo di procedere nei casi in cui 11 Nunzio debba rivolgersi al membri del Corpo Diplomatico per convocarli ad udienze, feste od altre cerimonie ufficiali.

La S. V. trove·rà qui unita copia di quella Nota (1). Dalla lettura della medesima Ella vedrà che il Nunzio apostolico si propone d'orinnanzi di mandare una circolare agli Ambasciatori ed una lettera, non firmata agli altri rappresentanti esteri. Questa lettera sarebbe concepita in questi termini:

«Il Nunzio apostolico ha l'onore di informare i Signoit"i membri del Corpo Diplomatico che ecc .... ,».

Siccome a questa decisione sarebbesi il Nunzio pontificio a Parigi piegato egli stesso senza che per parte nostra si entrasse a discutere intorno alla convenienza ed all'opportunità del modo di comunicazione che ora viene stabilito, così riteniamo che per esso si giunga a risolvere, almeno in pratica, le difficoltà altre volte incontrate senza menomamente nuocere alla quistione di principio che r.imane sempre in sospeso e che potrebbe riprodursi quando l'Italia fosse rappresentata essa pure da Ambasciatori.

Intanto però giova vedere nel temperamento adottato in Parigi l'intenzione di evitare la possibilità che s'abbiano a rrinnovare gli inconvenienti altre volte lamentati, e se il Governo, presso il quale Ella è accreditata, volesse adoperarsi acciocché anche da codesto Nunzio si adotti un identico sistema

nelle comunicazioni col Corpo Diplomatico, la vertenza, sulla quale ebbi altre volte a chiamare la di Lei attenzione, potrebbe ora considerarsi come risoluta se non in diritto almeno in fatto.

(l) Non pubblicata.

433

IL MINISTRO A STOCCARDA, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 100. Stoccarda, 26 giugno 1869.

Il Barone di Varnbtiler è da due giorni reduce da Berlino. Dimostrasi soddisfatto delle accoglienze avute colà e dello spirito da cui era animato il parlamento doganale. Disse che, ben diversamente dall'anno scorso, ebbe a constatare in oggi le disposizioni moderate da cui fu animata quell'assemblea, per cui nel momento presente non v'ha più questione di estendere il mandato del parlamento doganale e convertirlo gradatamente in un parlamento politico di tutta la Germania, il che è soltanto desiderato da. alcuni deputati del Badese e dell'Assia.

Alle parole del Barone di Varnbtiler contraddicono 'le informazioni mie particolari e che ho luogo di credere esatte. L'a,ccoglimento che questo Ministro degli Esteri trovò presso il Re d~ Prussia e il Conte di Bismarck fu assai riservato. Ambedue si astennero dal parlargli affari, dimostrando così di non tenerlo in gran conto. All'invero il contegno serbato dal Barone di Va,rnbiiler ftn seno de•l Parlamento doganale non poteva disporre quei personaggi in suo favore, essendo stato il suo voto costantemente contrario alle proposte presidenziali. La deputazione del Wurttemberg si tenne tutta compatta e il deputato Mohl, n più ardente oppositore della Prussia ne dirigeva le mosse.

Tengo egualmente da buona fonte ch'il Ba,rone di Varnbiiler appena di ritorno da Berlino indusse il Re Car,lo a scrivere confidenzia~mente all'Imperatore di Russia per invocare il suo appoggio contro la pressione della Prussia, trasmettendogli al tempo istesso un memoriale in cui sono registrate le cagioni delle sue lagnanze (1).

434

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (2)

T. Firenze, 27 giugno 1869, ore 19,15.

Les modifications proposées par le président du conseil au projet du traité (3) contiennent en substance l'expression de nos désirs, la forme pourtant peut

en étre modifiée. Si la France trouve liberté d'action laissée à l'Autriche trop grande, il faut la restreindre, le projet formulé à Paris nous mettait, pour ainsi dire, aux ordres de celle de deux Puissances contractantes qui la première aurait ouvert le feu, ce serait une position inférieure, il faut donc modi.fier la stipulation ainsi que cela vous a été expliqué, de manière à ce que après guerre déclarée aussitòt qu'une des trois Puissances sera entrée en action, les autres doivent immédiatement intervenir. Nous allons faire connaitre projet aux ministres qui tous ont accueilli l'idée de l'alliance, après cela Nigra pourra conclure sauf les légères modifications déjà proposées. Je vous télégraphierai lorsque les ministres auront donnée leur avis sur le traité.

(l) -Con D. 37 del 30 giugno Menabrea comunicò a Greppi: «Ho preso nota di quanto ella mi ha scritto sulle tendenze sempre più manifeste del primo Ministro Wtirtemburghese a pronunziarsi in un senso contrarlo alle viste del Gabinetto di Berlino. Desidererei conoscere a suo tempo quale effetto avranno prodotto i passi fatti dal Re Carlo presso l'Imperatore di Russia per lnteressarlo a difenderlo contro la pressionp della Prussia. (2) -Da ACR, ed. In Lettere Vittorio Emanuele 11, vol. II, pp. 1423-1424. (3) -Cfr. n. 379, nota 2.
435

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

T. 948. Firenze, 28 giugno 1869, ore 15.

Le ministre de France m'a fait part du document que vous ai annoncé hier et qui me sera consigné aujourd'hui. Vous verrez qu'il ne s'agit pas du moins pour le moment de conversion ou autre opération de ce genre, mais simplement de créer une administration régulière et de la faire surveiller par un comité spécial composé de représentants des principaux créanciers. Ainsi il n'est porté atteinte à aucun droit et ce n'est pas le cas de s'alarmer. L'union des représentants anglais et italiens qui ont des intérets identiques est une garantie suffisante et il sera plus facile d'écarter les intri:gants qui depuis quelque temps cherchent à exploiter le Ba,rde au détriment des créanciers serieux. Vous pouvez par conséquent appuyer sans autre l'émanation du décret, et vous récevrez incessamment la communication des documents qui vous serviront à appaiser les auteurs de la protestation. Je compte pour cela sur votre zèle et sur votre intelligence. La France d'ailleurs désapprouve le Contrat Pinard.

436

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A LONDRA, CADORNA, E A PARIGI, NIGRA

T. 951. Firenze, 29 giugno 1869, ore 14,10.

Par suite des exp1ications satisfaisantes données par le Gouvernement français sur l'interprétation du décret proposé pour les finances de Tunis, ordre a été expédié à notre consul d'en appuyer la promulgation auprès du Barde en se conformant aux instructions données par le Gouvernement anglais à son consul.

(l) Con T. 947, non pubblicato.

437

VITTORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III (l)

L. P. Firenze, 29 giugno 1869.

Je remercie Votre Majesté du témoignage de confiance qu'Elle a bien voulu me donner en me faisant part des réflexions qui lui sont insptrées par l'état actuel de l'Europe (2). L'incertitude qui règne de toutes parts et fait douter de la stabdlité de la paix, la crainte d'événements, qui puissent troubler l'équilibre Européen, sont de nature à exciter la préoccupation des Souverains et je trouve bien nature! que ceux qui ont une communauté d'intérets cherchent à s'entendre pour agir de concert dans ces grav·es circonstances.

Je ne puis donc qu'adhérer à l'idée d'une triple alliance entre la France l'Autriche et l'Italie dont l'union présentera une puissante barrière à d'ignobles prétentions et contribuera ainsi a établir sur des bases 'PlUs solides la paix de l'Europe.

L'Italie n'a point oublié ce qu'EUe doit à la bienveillance constante de Votre Majesté et si aujourd'hui nous pouvons tendre une main arnie à la puissance contre la quelle nous avons pendant si longtemps combattu, nous en sommes principalement redevables au concours que les armes françaises nous ont preté dans les guerres de l'Indépendance et à l'aP'Pui que nous avons constamment trouvé auprès de Votre Majesté. Aussi je suis heureux que cette circonstance me fournisse le moyen de prouver ma gratitude envers Votre Majesté en meme temps qu'Elle donne occasion à l'accomplissement d'un acte dont les conséquences ne peuvent étre qu'avantageuses aux destinées de .l'Europe.

J'attends que Votre Majesté me fasse connaitre les bases de l'alliance qu'il s'agit maintenant de formuler et de contracter et en attendant je la remercie des déclarations qu'Elle a daigné fa;ire au Ministre Nigra.

438

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1613. Berna, 30 giugno 1869, ore 15 (per. ore 19J.

L'internement des trois individus dont V. E. m'a écrit (3) aura lieu immédiatement. Au Conseil Fédéral d'a;près informations officielles on croit Mazzini parti de Zurich pour Londres, en tout cas on veillera. Welti se prépare répondre interpellation Assemblée féderale, il désire savoir l'époque précise d'où Mazzini a été amnistié et si son élection à député a été approuvée, il désire également savoir si la lettre publiée par le journal le Movimento est authentique (4).

31 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. XI

(l) -Da ACR, di pugno di Menabrea. Come risulta dal documenti successivi la lettera non fu consegnata a Napoleone III. (2) -Cfr. n. 405. (3) -Washington Ferrario, Aurelio Colombo e Pietro Brazzoduro Implicati nel complotto di Milano. (4) -Men.abreoa rispose con t. 952 del 1° luglio che Mazzin! era stato amnistiato con decreto del 6 aprile 1866, che era stato eletto tre volte deputato, ma l'elezione era stata approvata solo la terza volta, dopo l'amnistia e che la lettera pubblicata dal Movimento era autentica.
439

IL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA E DEI CULTI, PIRONTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

N. R. 185. Firenze, 30 giugno 1869 (per. il 2 luglio).

Esaurite oggi soltanto aLcune indagini che il sottoscritto ha trovate nece3sarie nell'interesse di un più sollecito e più uniforme svolgimento dell'istruttoria pendente a Milano, Firenze e Napoli per i noti fatti di cospirazione contro la sicurezza dello Stato, può ora darsi compiuta risposta alla nota 25 spirante

n. 26 Registro Svizzera (1), in quanto riguarda la parte presa in quei fatti da Giuseppe Mazzini.

Risulta pertanto dalle dette istruttorie che era stata concertata una cospirazione piuttosto vasta per distruggere la forma monarchica del Regno d'Italia e sostituirvi la repubblicana, al quale effetto doveva scoppiare in Milano un movimento di popolani e di persone appartenenti all'esercito, nel giorno 18 aprile dell'anno corrente e in Napoli poi più tardi e secondo l'esito del moto di Milano. Armi, bombe alla Orsini, istruzioni circostanziate, e mezzi pecuniari erano già predisposti e furono sequestrati, nel tempo stesso che si operarono gli arresti di molte persone urgentemente indiziate di compartecipazione.

Già era notorio che le cospirazioni repubbLicane in Italia avevano per principale motore e direttore Giuseppe Mazzini, il quale in ogni occasione e con scritti e giornaLi ha fatto e fa propaganda per la realizzazione di questo concetto. Uno degli imputati si trovò detentore di una lettera autografa di Mazzini portante la data gennaio 1869 del seguente tenore: «fratelli, vogliate accogliere il portatore come iniziato da me ed interpre,te deUe mie intenzioni, dei miei consigli e del mio affetto fraterno per tutti voi, una stretta di mano dal vostro Giuseppe Mazzini ».

Sono poi firmate da Mazzini le cedole da una lira portanti l'intestazione alleanza universale repubblicana, delle quali furono trovati in possesso alcuni degli imputati ed anche qualche militare, ed anzi un Davride Nathan dimorante in Lugano e colla cui famiglia il Mazzini è in notoria intimità, fu arrestato fino dallo scorso anno in Como qual detentore di tre grossi pacchi di tali cedole. E similmente sono firmate da Mazzini le norme pratiche per l'applicazione del principio dell'alleanza repubblicana universale; le quali non solo sono stampate e si trovarono presso taluni degli imputati, ma vennero anche divulgate da qualche periodico. Dove è da osservarsi che tanto la parte relativa alla cassa dell'alleanza (costituita appunto da quelle cedole da una lira) quanto la parte relativa all'ivi denominato affratellamento dell'esercito, si trovarono corrispondenti esattamente a quel che venne operato e disposto, massime per l'organo di quell'imputato che possedeva la menzionata lettera del gennajo 1869, il quale non faceva mistero agli altri di essere l'esecutore dei piani mazziniani.

In ispecie poi lo stesso giorno 18 aprile in cui doveva scoppiare il moto repubblicano, giungevano da Lugano due de' cospiratori, uno de' quali fratello al Na

than possessore dJ pacchi di cedole mazziniane, ed avevano lunga conferenza ad un albergo col noto Onnis, direttore dell'Unità titaliana, organo palese di Mazzin!; e interveniva pure certo Edoardo Pantano che da Napoli erasi recato a Lugano e di là nel detto giorno a Milano; oltre di che uno de' principali imputati sottraendosi colla fuga da Milano ricoverava presso Mazzini in Lugano dal quale riceveva anche sussidio pecuniario il quale imputato è poi quel desso presso cui si trovarono anche le bombe già predisposte.

Sulla base di questi fatti che facevano di Mazzini non solamente il motore ed organizzatore del movimento, come attestano anche alcuni imputati, ma che lo collegavano strettamente e cogli imputati e coi preparativi del movimento e coi mezzi morali e materiali su cui si fl!ppoggiava, il giudice istruttore del T-ribunale Civile e correzionale di Milano, proferiva il mandato di cattura che si unisce in copia, contro Giuseppe Mazzini siccome imputato di attentato contro la sicurezza interna dello Stato previsto dagli art. 156 e seguenti del codice penale.

(l) Non pubblicata.

440

IL MINISTRO A CARLSRUHE, ARTOM, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 121. Carlsruhe, 30 giugno 1869 (per. il 5 luglio).

La notizia data all'E. V. dalla R. Legazione a Vienna intorno ad un cangiamento della politica Austriaca verso gli Stati della Germania Meridionale, mi è parsa troppo grave, e per se stessa, e per l'attendibilità della fonte da cui emana, per star contento delle smentite officiali di cui ho reso conto in un mio precedente rapporto (1). E perciò avendo avuto occasione in questi giorni di parlare con persona, che, senza appartenere ai circoli governativ:i, ha però frequenti ed intimi rapporti col Conte di Beust, ho messo il discorso sulle tendenze attuali della politica viennese e cercai di sapere se veramente il Governo Austriaco credesse venuto il momento di esercitare un'azione sopra i Gabinetti degli Stati Meridionali. II mio interlocutore negò risolutamente non solo che il Conte di Beust cerchi di riacquistare influenza presso le Corti del Sud, ma non ammise né la possibilità di un tale fatto, né (ed in ciò io non sono del suo parere) l'interesse che l'Austria potrebbe avere. Egli mi disse che certo a Vienna si può rimpiangere di non avere accet1Jato altr'e volte il progetto messo innanzi dalla Prussia prima del '63 di uno spart.imento della Ge11mania in due, colla linea del Meno per confine; che si desidera naturalmente che la Prussia non s'ingrossi ancora con nuove annessioni e che gli Stati del Sud mantengano la loro autonomia; ma che la speranza di riacquistare un'influenza su questi Stati sarebbe vana, ed ancor più che vana, dannosa. L'Austria si esporrebbe infatti a conflitti gravi colla Prussia, senza ottenere in realtà alcun reale vantaggio. II sentimento particolarista ed autonomo degli Stati Meridionali reagirebbe contro qualunque pressione Austr,iaca con maggior forza ancora che contro la pressione .prussiana. La parte liberale delle popolazioni meridionali non fu mai austriaca,

ed ora od è amica alla Prussia, o vagheggia la forma federale repubblicana. Il partito reazionario, che era con l'Austria in continua corrispondenza d'idee e d'affetti, è disorientato dopo che la Corte di Vienna è caduta nei lacci del liberalismo, e si trova anch'essa in conflitto con Roma. V'ha bensì qualche Ciambellano che spera essere questo un breve tempo di prove dolorose, e che la Casa d'Absburgo tornerà ravveduta al bacio del piede, come avvenne altra volta a Canossa. Ma ciò non basta a far sì che si possa ricostituire un partito, né a dar base d'influenza efficace. V'hanno poi altre ragioni che farebbero fallire il tentativo del Conte di Beust, quando l'avesse realmente messo ad effetto. E' noto a V. E. in quale concetto si abbia a Carlsruhe la politica della Corte di Vienna. Finché dura il Gabinetto attuale, ogni tentativo austriaco per staccarlo dalla Prussia non farebbe che consolidare e rendere più intimi i rapporti del Granducato colla Prussia. Ma anche colla Baviera, se ne credo il mio interlocutore, le relazioni attuali della Corte di Vienna non sono gran fatto migliori. La condotta del Governo di Monaco, e durante l'ultima guerra, e nel periodo dei negoziati, lasciò fra i due Gabinetti una ruggine che il tempo non farà che aumentare. L'indipendenza della Baviera fu ne' secoli scorsi spesso minacciata dall'Austria, ed ogni qualvolta fu questione di cambiamenti territoriali in Germania, o l'Austria voleva compensi sul territorio bavarese di quanto avrebbe perduto dall'altro lato, o viceversa era la Baviera che cercava d'allargare i suoi confini sull'austriaco territorio. Il Barone von der Pfordten, minacciato dal conte di Bismarck di perdere la Franconia bavarese, chiese in compenso il circolo austriaco dell'Inn. Queste memorie sono troppo fresche a Vienna, ove ancor si accusa la Corte di Baviera di non aver fatto la guerra che per burla, e d'aver sempre trattato colla Prussia. Finché durano queste recriminazioni, è evidente l'impossibilità di un riavvicinamento fra i due Gabinetti. Rimarrebbe dunque soltanto la Corte di Stuttgart. V. E. è troppo bene informata di quanto succede colà perché io possa permettermi un giudizio sulle disposizioni del Barone di Varnbtihler. Ma, a quanto mi si riferisce, ivi si vuole puramente e semplicemente lo Statu quo; poco occuparsi della Germania, conservare gelosamente la autonomia, ecco a quanto pare il pensiero esclusivo del Gabinetto di Stuttgard. Debbo conchiudere da ciò, che od il Conte di Beust non ha fatto, ed a quanto mi si assicura, non ha intenzione, di fare le pratiche di cui si tratta, o queste sue intenzioni non sono ancor conosciute nella sfera del mondo politico-finanziario di Vienna.

Del resto, quando si voglia a Parigi ed a Vienna, giudicare col necessario sangue freddo, della condizione attuale della Germania Meridionale, si vedrà che la Francia e l'Austria andrebbero contro il loro fine uscendo dalla riserva che hanno finora fatto credere di serbare. Da un anno in qua la P,russia non ha fatto grandi progressi nelle popolazioni del Sud. Quando si rammentano le liete speranze che salutarono la prima riunione del Parlamento Doganale, le grida d'allarme emesse allom dai giornali officiosi francesi ed austriaci, 1e discussioni cui diede luogo il tentativo fatto allora d'introdurre la politica nel seno di quell'Assemblea, colla sobria, e per poco direi, sterile sessione di quest'anno, si vedrà che non si può senza mala fede accusare la Prussia di volere affrettare l'incoronamento d'un edificio, che ce,rto non perde di vista, ma per lui si affida ad un avvenire più o meno remoto. Due soli fatti avvennero, ch'io sappia in quest'anno nel senso favorevole alle tendenze prussiane. L'uno si è la conclusione della Convenzione col Baden per la Freizugigkeit militare: di ciò ho spesso scrUto a

V. E. e non ho d'uopo quindi di rammentarle che questo atto ha a' miei occhi il grave difetto, d'avere in apparenza maggiore significa;to di quello che ne abbia in realtà, di suscitare delle apprensioni, fomentare delle diffidenze fuori d'ogni proporzione col suo reale significato politico. L'altro fatto, si è l'indirizzo firmato pochi giorni fa da 1.500 o 1.600 cittadini di Magonza per chiedere al Granduca d'Assia-Darmstadt di entra.re a far parte della Confederazione del Nord. Il Granduca, non occorre dirlo, rifiutò di ricevere l'indirizzo, e la cosa non ebbe altro seguito. Le ragioni per cui il movimento annessionista è più accentuato che altrove nell'Assia-Darmstadt sono note a V. E. Non sarebbe forse difficile di trovare anche nella storia stessa del Granducato di Baden la giustificazione della politica attuale del Granduca. Senonché io non voglio abusare più oltre dell'indulgenza dell'E. V. allungandomi in altre considerazioni a questo riguardo.

(l) R. r. 118 del 18 giugno, non pubblicato.

441

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, CURTOPASSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1615. Pera, 1° luglio 1869, ore 14,50 (per. ore 19,50).

Bertinatti a présenté hier ses lettres de rappel au Sultan et aujourd'hui j'ai été accrédité auprès du Grand Visir en qualité de chargé d'affaires. A l'occasion de l'audience de congé le Sultan a exprimé au commandeur Bertinatti à deux reprises son vif regret de ne pas le voir continuer dans le poste qu'il a jusqu'ici occupé au dire de Sa Majesté Impériale avec tant de succès pour les deux Gouvernements.

442

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Firenze, 1° luglio 1869, ore 20,10.

Je ne sais plus rien, ni vous, ni Nigra ne faites aucune .réponse, pour ma part tout est fait j'attends toujours déplkhe Nigra avec assurance pour faire, j'ai fait partir lettre (2).

443

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 2 luglio 1869, ore 13,55 (per. ore 18).

Je n'ai pas télégraphié, attendant connaitre impression produite sur ministres de Votre Majesté, par communication projet traité. Empereur voudrait

attendre pour faire déclaration Nigra, que nous soyons d'aocord sur dernière modification proposée par président du conseil, examinée par ministre d'état d'ordre de Empereur, et qui porte sur les articles 2, 4, 7 (1). Pour article 2 Rouher tachera faire adopter rédaction Menabrea, jusqu'à la phrase « néanmoins Autriche suivant les circonstances etc.» attendu que ce qui suit ne serait qu'à l'avantage de l'Autriche sans profit pour Italie. Pour article 4 Rouher propose la rédaction suivante «la France, l'Autriche et l'Italie s'entendront sur raction à exercer dans le Concile oecuménique, et se concerteront sur les mesures qui devront ètre prises, dans le cas où les décisions du Concile porteraient atteinte aux principes du droit public moderne». Pour article 7 Rouher n'y voit pas de modification possible et se refuse à admettre rédaction Menabrea qui, suivant lui, aurait trop de vague, craignant, ce me semble, une intenprétation qui pourrait, quoique injustement, s'appliquer aux Etats du Saint Siège. «Si l'Italie a d'autres aspirations, dit Rouher, vaudrait mieux les préciser ». Pour Isonzo cependant Autriche se montre disposée à adhérer, on ajouterait dans le cas cette condition à l'article 7 tel qu'il se trouve dans le dernier projet fnançais que j'ai apporté à Florence (2). Je suis chargé par Empereur de vous donner sa parole d'honneur qu'aucune stipulation d'avantage territorial ni de aucune sorte n'a été faite entre la France et l'Autriche et que rien ne sera

fait à ce sujet sans ètre d'accord avec Votre Majesté.

Prie communiquer cette dépèche au président du conseil et m'en télégraphier résultat.

(l) -Da ACR. (2) -Per la risposta cfr. n. 443.
444

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1616. Tunisi, 2 luglio 1869, ore 18,30 (per. ore 20,35).

Le Bey vient de revoquer le décret d'unification. L'agent français a reçu hier les instructions à l'égard de la promulgation du nouveau décret. Action commune accord parfait entre les trois consuls. La bourse est plus animée, tranquille et confiante la colonie.

445

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (3)

T. Parigi, 3 luglio 1869, ore 4,50 (per. ore 8).

Dans ma dernière dépè,che pour Votre Majesté (4) en parlant de l'Empereur je disais que j'étais chargé par lui d'envoyer à Votre Majesté assurance qu'entre France et Autriche il n'existe aucune stipulation pour les avantages

qu'une guerre heureuse pourra donne1r. J'ai résumé dans une lettre à l'Empereur le contenu de la dernière dépéche de Votre Majesté, en déclarant franchement à S. M. Impériale que s'il n'est pas disposé faire à Nigra la déclaration pour évacuation non seulement, mais encore, s'il n'était pas décidé à retirer ses troupes des Etats Pontificaux dans un bref délai, vaudrait mieux laisser le traité à l'état de projet qui aurait son exécution et signature après le rappel des troupes françaises. Empereur et Rouher ont décidé évacuation, mais la déclaration préventive cause contrarieté à La Valette avec qui j'ai eu une très vive discussion hier au Ministère d'Etat.

Aussitòt répondu à ma Iettre télégraphiemi à Votre Majesté. Rouher sera chargé de me répondre, car c'est d'accord avec lui que Iettre a été écrite. II est urgent que je sois fixé bien clairement si Ies modifications françaises faites aux modifications Menabrea sont ac,ceptées pour ce qui regarde ministre Finances (1).

(l) -Cfr. n. 379, nota 2. (2) -Cfr. n. 311.

(3) Da ACR.

(4) Cfr. n. 443.

446

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1617. Parigi, 3 luglio 1869, ore 15,50 (per. ore 18,39).

La Belgique a fait connaitre hier san adhésion aux demandes de la France dont la principale est de traverser la Belgique avec wagons et conduiteurs français. La convention sera [signée] la semaine prochaine et remise ensuite à l'approbation du Parlement beige.

447

DELIBERAZIONI DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (2)

Firenze, 3 luglio 1869.

PROJET DE TRAITÉ.

Convaincus de l'identité de leurs intéréts, animés du mème désir de consolider par tous les moyens en Ieur pouvoir, la paix en Europe et décidés à unir leurs efforts pour empècher que cette paix ne soit troublée, S. M. l'Em

« Pour les propos!t!ons et demandes faites par le Ministre des Finances qui ont été apportées par Nigra à Paris, le Ministre d'Etat propose de modifier ainsi l'article 4, des propos!tions Italiennes.

Art!cle 4.

S. M. l'Empereur des Franca!s promet da favoriscr autant qu'!l dépend cle lui !es opérations f!nanc!ères que le gouvernement Italien aurait occas!on de fa!re sur le marché françals pendant ia durée du présent Tra!té.

En suppr!mant ains! lo commcncement q m dit « Les man!festations de nature à indiquer l'expiosion de la guerre devra!ent etre suffisamment retardées etc. etc. >>. Esse furono approvate da Cambray Digny con un telegramma del 3 luglio (ACR).

pereur des Français, S. M. l'Empereur d'Autriche et S. M. le Roi d'Italle, ont arreté dkectement les articles secrets suivants:

Art. l

Les trois souverains contractent entr'eux un traité de paix, d'alliance et d'amitié (1).

Art. 2

Ils s'engagent à suivre dorénavant une politique commune dans les questions diplomatiques qui pourrant se soulever en Europe (1).

Art. 3

Leurs Majestés s'engagent à ne porter, en aucun cas les armes l'une contre l'autre (l).

Art. 4

Elles se garantissent réciproquement, contre toutes éventualités, l'intégrité de leurs territoires respectifs (1).

Art. 5

Si malgré leurs efforts, des symptòmes de guerre venaient à se produire en Europe, les trois Souverains s'engagent à resserrer les liens de cette alliance en vue d'une action commune dont les conditions seraient alors réglées par une convention spéciale (1).

Art. 6

Leurs Majestés ne pourront traiter avec d'autres Puissances et régler toutes questions de compensations et de remaniements territoriaux, en conséquence d'une guerre éventuelle que d'un commun aocord (1).

En foi de quoi le présent traité, à raison de son caractère secret, a été re

vetu directement de nos signatures, du sceau de nos armes et du contreseing

de nos Ministres lequel interviendra dans le délai de ...

Fait à Paris le

Fait à Vienne le

Fait à Florence le

PROTOCOLE ENTRE LES TROIS PUISSANCES.

Art l

Placés sur le pied d'une égalité parfaite pour la direction des affaires communes, tant diplomatiques que militaires, les trois Souverains concerteront entr'eux, en cas de guerre, les mesures les rplus propres à assurer la solidarité de leur défense, selon que la guerre éclatera dans tel ou tel rpays (1).

Art. 2

L'Italie grace à sa situation géographique, se trouvant par le fait meme de son alliance avec la France et avec l'Autriche à l'abri de toute invasion de ses frontières septentrionales, contribuera à la défense commune avec une armée d'environ deux-cents mille hommes de toutes armes devant agir dès qu'un des aUiés serait entré en campagne (1).

Art. 3

Si l'Autriche se voyait attaquée à l'impreviste par la Prusse, ou si, par tout autre motif la guerre éclatait entre l'Autriche et la Prusse, la France et l'Italie prennent l'engagement d'entrer immédiatement en campagne et d'appuyer l'Autriche de tout le concours de leurs armes dans le but d'assurer san intégrité (2).

Art. 4

La France, l'Autriche et l'Italie promettent de s'entendre avec l'Italie [sic] sur l'action à exercer dans le Concile oecuménique et à l'occasion de l'élection du successeur de Pie IX (3).

Art. 5

L'Italie aura la faculté de créer dans l'intéret de san commerce un établissement maritime... (sur les Còtes de Barbarie) (2).

Art. 6

Les trois Souverains prennent l'engagement de respecter la neutralité de la Suisse. Si toutefois cette neutralité était violée par la Suisse elle meme, les frontières de l'Italie en cas de victoire, pourraient etre rectifiées par l'annexion du Canton du Tessin (4).

Art. 7

L'Autriche après une guerre heureuse à laquelle l'Italie aurait pris une part active, consentira une rectification des frontières du Tyrol Meridiana! assurant à l'Italie la possession de Trente et de Rovereto, à la condition que l'Autriche obtiendra, en dehors de l'Italie, une compensation territoriale convenable (5).

(-4) Annotazione a margine: «Le Conse!l propose la suppression de ce t article ».

Art. 8

La France consent dans le cas où le sort des armes favoriserait les alliés, à la rectifi:cation de ses f.rontières avec l'Italie, du còté de Nice conformément à la ligne suivante ... (1).

Art. 9

La France s'engage à avancer à l'Italie les sommes qui lui seront nécessaires pour entrer en campagne et pour faire face à ses dépenses militaires jusqu'à la conclusion de la paix. Ces frais seront recouvrés sur l'ennemi ou supportés e n définitive par la France (2).

Art. 10

La France s'engage à faciliter par tous les moyens en son pouvoir la négociation d'un emprunt dont l'Autriche aurait besoin avant d'entrer en campagne (3).

Les articles du présent protocole secret ont la meme force que le traité signé aux memes dates entre les trois Souverains.

Fait à Paris le

Fait à Vienne le

Fait à Florence le

(l) Annotazione a margine: <<Votre Majesté a vu dépèche Min!stre F!nances qui répondait a Vimercati accepter toutcs modif!cations proposées >>. Per le modifiche proposte cfr. il seguente brano di un appunto del 2 luglio (ACR):

(2) Da ACR, di pugno di Menabrea.

(l) Annotazione a margine: « accepté ».

(l) -Annotazione a margine: «Le conseH des ministres observe que, en vertu de cet article d'Italle serait pour alnsi dire à la meroi de chacune des deux autres puissances; il croit qu'on devrait établlr en principe que l'action des trois puissances serait simultanée sauf à détermlner le mode d'action suivant !es circonstances ». (2) -Annotazione a margine: «Accepté). (3) -Annotazione a margine: «Le conseil voudrait que le principe de non intervention f{lt reconnu par !es trois pulssances appllcable au terrltoire pontifica!». (5) -Annotazione a margine: «Le ConseU désirerait également une rectification du còté de l'Isonzo camme elle a vai t été établie dans le traité de 1807 ».
448

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (4)

T. Parigi, 4 luglio 1869, ore 8,30 (per. ore 11).

Rouher étant aujourd'hui à la campagne et devant avoir lundi avec le ministre des affaires étrangères une entrevue avec Empereur pour évacuation, Nigra ne peut pas recevoir déclaration voulue avant mardi. Tout est arreté à ce sujet. Votre Majesté peut !aire parlir Grassi avec la lettre (5) que je ne remettrai qu'après déclaration Nigra aura eu lieu. Les modifications françaises aux modifications Menabrea étant acceptées, attends lettre annoncée par Cambray Digny.

Prie Votre Majesté de télégraphier si je dois expédier dépeche à Florence ou à Turin. Votre Majesté pourrait envoyer Grassi avec la lettre pour Empereur.

(l) -Annotazione a margine: «Le Cor,sell voudrait que cette rectiflcation s'étende à tout le bassin de la Roja y compris celui de la Bevera ». (2) -Annotazione a margine: «Le Conseil préfère que dans le cas où les frais de guerre ne pourraient pas etre recouvrés sur l'ennemi ils soient supportés par l'Italle à condit!on pourtant que la France en fassa l'antic!pation sans intérets et que les rembourscments ayent Ueu à longues échéances sans !ntéret ». (3) -Annotazione a margine: «Accepté ». (4) -Da ACR. (5) -Cfr. n. 437.
449

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Firenze, 4 luglio 1869, ore 19.

Faché, agréez [sic] retard, attends tout pour mardi, tàchez de faire avoir réponse dans la journée, car je partirai le soir pour Turin. Président du Conseil écrit longue dépeche chiffrée à Nigra (2) dans laquelle il y a quelques modifications proposées par le Ministère c'est l'ultimatum, je crois qu'il sera facile dc les faire accepter; mettez-vous d'accord avec Nigra et télégraphiez vos appréciations, j'espère que mardi tout sera fini, et avoir ici réponse en attendant je ferai partir Grassi avec lettre pour l'Empereur, mais pour vous le chiffrant n'est pas encore fini.

450

VITTORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III (3)

T. Firenze, 5 luglio 1869, ore ... (4).

La lettre en réponse à Votre Ma.)esté est prete. Je suis peiné que Votre Majesté ait pris en mauvaise part les observations du Ministère sur les principes de non intervention et de nationalité. Le premier ne portait aucune attente à la convention du 1864 et n'avait été suggéré que par rapport à d'autres Puissances. Le second nous regardait spécialement comme étant la base de la reconstitution de l'Italie. Ce à que je tiens c'est que Votre Majesté me fasse le plaisir de donner une assurance verbale à Nigra du rappel des troupes de Rome à l'époque que Votre Majesté croira convenable et que nous soyons appelés à agir simultanément en cas de guerre déclarée. Sur les deux premiers points je n'insiste pas. Mais l'essentiel à quoi je tiens, c'est de conclure bientòt le traité. J'espère que Votre Majesté voudra bien seconder mon vif désir.

451

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI {5)

T. Firenze, 5 luglio 1869, ore 12.

Je vous préviens d'avoir télégraphié Empereur (6) dédarant ne pas tenir aux deux articles proposés par Ministère, non-intervention et nationalité, lui

demande assurance verbale à Nigra, évacuatlon et concours mutue! en cas de guerre, tachez de savoir effet produit. Je suis disposé à faire partir tout de suite plein pouvoir pour Nigra pour conclure. Répondez-moi et tàchez que tout soit fini au plus tòt, s'il est nécessaire, allez vous ou Nigra chez l'Empereur pour conclure et que dans la journée de demaln tout soit fait.

(l) -Da ACR. (2) -Non rinvenuto ma cfr. n. 447. (3) -Da ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. II, p. 1425. (4) -Privo di ora di partenza, si inserisce prima del n. 451 che vi fa riferimento. (5) -Da ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, pp. 1426-1427. (6) -Cfr. n. 450.
452

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 5 luglio 1869, ore 13,10 (per. ore 17).

Etonné dépeches président du Conseil qui sont en contradiction manifeste avec celles de Votre Majesté. Lettre Empereur a été adressée à Vot~re Majesté sur des bases convenues. Application principe non intervention aux Etats Ponttficaux c'est demander abandon du Pape, ce qui a été déjà formellement refusé. Demander que Autriche n'ait pas de compensations allemandes en cas de victoire c'est inopportun, aucun remaniement terrltorlal n'ayant été stlpulé avec Autriche. France qui ne peut déslrer guerre Iongue, est intéressée à pousser Autrlche sur le Danube. Les hongrois prépondérants s'opposent à un accroissement de possessions allemandes. Le jeu est là, non pas dans une stlpulation préventive.

Nigra va communiquer dépeche à La Valette, qui ne le fera pas appeler, je le crains, pour déclaration de l'évacuation. Je considère projet traité rompu si dépeches président du consell contiennent ultimatum.

Je n'al pas encore vu personne, c'est mon appréciation personnelle que j'envoie à Votre Majesté. Si la guerre éclate, l'Italie, placée entre la France et l'Autriche sera forcée à une neutralité impuissante, ayant la halne des valnqueurs et des vaincus. Si la palx se malntlent, notre pauvre pays désorganlsé à l'lntérieur, sera sans influence à l'extérieur, miné par les partis, le principe monarchique et de l'autorité sera insuffisant, je le crains, à soutenlr une Iutte pour laquelle les ennemis ne manqueraient pas de falre appel aux mauvalses passlons.

453

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 5 luglio 1869, ore 18,40 (per. ore 22).

Réponse telle que je la prévoyais. Sans les nouvelles exigences Nigra auralt reçu avant midi la communication voulue pour évacuation. Les conseillers de la couronne voulant hàter une solution à la question romaine, perdront Italie meme sans guerre. Je prévois de telles complications que on

regrettera de ne pas avoir adopté une. alliance qui étalt à mon avis une planche de salut inésperée. Au point où sont Ies choses, je supplie Votre Majesté de faire immédiatement partir Grassi, rapportant lettre que l'Empereur a écrite à Votre Majesté pour éviter qu'elle lui soit demandée. J'ai le coeur navré et je fais des voeux sincers pour que mes sinistres pressentiments ne se réalisent pas.

(l) Da ACR.

454

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Firenze, 5 luglio 1869, ore 18,42.

Vous n'avez pas bien compris dépéche président du conseil à Nigra (2). Intervention ne regarde pas France, traité septemhre subsistant toujours. çeci rega·rde Ies autres Puissances, c'est un mot qu'a voulu mettre Ministère.

Considérez la parole nationalité camme un sentiment du Ministère, camme une déclaration pour ce qui nous régarde et pas plus que cela. J'espère qu'on s'arrangera; en attendant suspendu départ Grassi. Télégraphiez mai quelque chose, car on est plus que disposé à s'arranger.

455

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (3)

T. Parigi, 6 luglio 1869, ore 2,55 (per. ore 4,45).

Pour reprendre affaire il n'y a qu'un seui moyen, il est indispensable que président du conseil écrive à Nigra qu'il accepte tout ce que Votre Majesté m'avait écrit étre accepté, méme les contremodifications aux modifications Menabrea. Votre Majesté a très bien fait de télégraphier directement à l'Empereur (4). Plus tard télégraphie·rai effet produit par dépéche de Votre Majesté. Si Ministère veut traité il est indispensable qu'il écrive à Nigra de le vouloir véritablement, ce sera le seui moyen d'en finir promptement.

456

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1620. Tunisi, 6 luglio 1869, ore 11,10 (per. ore 18).

Le Bey a promulgué décret. Préambule changé et presque supprimé par suite d'entente directe entre le Bey et le Consul de France sans nous en donner aucune connaissance préalable et camme si l'Angleterre et l'Italie n'entraient pour rien dans l'acceptation commune des trois Gouvernements.

(-4) Cfr. n. 451.
(l) -Da ACR, ed. In Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. II. p. 1426. (2) -Cfr. n. 449, nota 2. (3) -Da ACR.
457

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 6 luglio 1869, ore 23,50 (per. ore 5 del 7).

Il a été impossible à Nigra et à moi de rien savoir sur la 'réponse de l'Empereur au télégramme de Votre Majeste (2) espérant qu'il aura répondu favorablement. Rouher qui était l'ame de la combinaison qui se rattachait à tout un plan politique, dit avoir perdu toute illusion, il est d'avis de ne pas la reprendre. Dans quelques mois on s'apercevra méme en paix de l'erreur commise, demain il y aura Conseil, après je télégraphierai ce que l'Empereur a dit. Si Votre Majesté a reçu réponse de l'Empereur prie de me la transmettre (3).

459

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 906. Parigi, 6 Luglio 1869 (per. 1'8).

Benché alla presente sessione del Corpo legislativo sia stata assegnata per solo compito la verificazione delle elezioni, pure si fece palese sino dalle prime sedute il più vivace spirito politico che anima la nuova assemblea. L'universale aspirazione verso riforme libe,rali all'interno già s'era assai chiaramente manifestata col fatto che nella recente campagna elettorale anche i candidati ufficiali, salvo quattro o cinque eccezioni in tutta la Francia, avevano creduto indispensabile di raccomandarsi ai suffragi de' loro elettori con proteste conformi a quell'aspirazione. Il breve discorso d'apertura della sessione pronunciato dal Signor Rouher ammetteva esso pure l'esistenza di voti da soddisfarsi, e le sue promesse sembrano aver contribuito ad infondere coraggio anco in parecchi membri dell'antica maggioranza, ora rieletti, ne' quali il desiderio d'un'estensione de' propri poteri e delle pubbliche franchigie era finora rimasto allo stato latente. Ne' primi giorni della sessione parlavasi d'un'interpellanza sui disordini di Parigi, sulle ragioni di questi e sulla loro repressione.

Ma ben tosto un più grave e più palpitante argomento ottenne la precedenza nella mente del maggior numero de' deputati, siccome quello che naturalmente ·presentavasi per un'interpellanza, sia in seguito ai recenti avvenimenti, sia in seguito alle parole dette dal Signor Rouher: l'argomento appunto delle riforme. Dopo varie particolari riunioni, i membri del cosiddetto

terzo partito, rinforzati da qualche membro della maggioranza, si radunarono in una delle sale del palazzo stesso del Corpo legislativo per accordarsi sulla formola precisa dell'interpellanza, già ammessa dai presenti in principio. Una più particolareggiata enumerazione d'ogni desiderata riforma essendo stata combattuta ed eliminata perché meno incisiva, si convenne con voti pressoché unanimi in una redazione più atta a riassumere con precisione le aspirazioni più imperiose e più essenziali. La formola adottata è la seguente:

« Domandiamo d'interpellare il Governo sulla necessità di dare soddisfazione ai sentimenti del paese associandolo in modo più efficace alla direzione de' suoi propri affari.

La costituzione d'un ministero responsabile; Ll diritto pel Corpo legislativo di regolare le condizioni organiche de' suoi lavori e delle sue comunicazioni col Governo sarebbero, agli occhi nostri, le misure essenziali per raggiungere tale scopo~.

Sebbene la costituzione di un Ministero responsabile modificherebbe profondamente lo spirito della Costituzione imperiale, fu convenuto tra i firmatari dell'interpellanza che la questione della responsabilità personale dell'Imperatore resterebbe esclusa dall'interpellanza e sarebbe intanto passata sotto silenzio.

Non sono ancora in grado d'indicare all'E. V. il numero delle firme apposte fino ad oggi; pare ch'esso debba essere considerevole.

Dopo gli ultimi miei rapporti, l'ordine pubblico non venne più turbato in nessun punto dell'Impero. Vi fu bensì qualche dimostrazione d'operai in Saint-Etienne; ma ora cessarono ed i lavori sono in parte ripresi.

L'istruzione della nuova guardia mobile .procede alacremente, anche nel dipartimento della Senna, e sembra dare dovunque buoni risultati.

.J59.

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 7 luglio 1869, ore 18,50.

Rouher rentré à l'instant de Saint Cloud. Les négociations pour le traité ayant été rompues pas une dépèche officielle remise à La Valette, Empereur attend que Nigra confirme à son ministre des affaires étrangères le contenu de la dépèche royale (2), à laquelle il s'empresseQ'a de répondre. Empereur n'a cessé un seul instant de reconnaitre le bon vouloir de Votre Majesté. Je prie le Roì de dire au président du conseil que s'il y avait des concessions à obtenir, je ne les aurais pas oubliées, pour répondre à la confiance qu'il m'a montré je ne devais rien oublier.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 450. (3) -Vittorio Emanuele II comunicò alle ore 19,25 del 7 di non aver ricevuto la risposta. dell'Imperatore. (l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 450.
460

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Torino, 9 luglio 1869, ore 9,45.

Le Ministère a expédié à Nigra dépéche dans le sens indiqué (2), retirant les deux points en question, faites en sorte vous et Nigra de m'obtenir la réponse de l'Empereur aujourd'hui ou demain matin, car je voudrais partir demain après midi pour la vallée d'Aoste.

461

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 9 luglio 1869, ore 18,50 (per. ore 20.45).

La dépeche expédiée par le président du conseil à Nigra (2) est très bien, mais on voit qu'il a besoin de gagner du temps et avoir des pourparlers pour satisfaire amour propre de ses collègues et les ramener à la combinaison, il faut donc entrer dans ses vues que je crois deviner. Au point où en sont les choses je crois que Votre Majesté peut partir pour la chasse, laissant ordre pour que mes dépéches lui soient envoyées promptement. Pour le reste Votre Majesté peut partir tranquillement. Il me revient de très bonne source que prince Humbert trouve étrange que je n'aie pas méme été lui faire visite après son retour. Votre Majesté connait raison qui me retient ici, je le prie de écrire au prince de façon à ce qu'il ne puisse supposer à un manque de respect de ma part.

462

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1622. Parigi, 9 luglio 1869, ore 20,35 (per. ore 23,03).

Les ministres ont remis aujourd'hui leur portefeuilles dans les mains de l'Empereur. Si leurs démissions sont acceptées il est probable que Rouher sera chargé de former un nouveau Cabinet dans lequel figureraient plusieurs des ministres actuels et quelque membre du centre gauche.

(l) -Da ACR. (2) -Non rinvenuto.
463

VITTORIO EMANUELE Il AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Torino, 9 luglio 1869, ore 21,45.

Président du Conseil n'a pas besoin de gagner du temps (2), au contraire il est ici avec moi attendant d'un moment à l'autre réponse de l'Empereur, je ne pars pas, viendra cette réponse, tàchez de me la faire avoir demain.

464

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 10 luglio 1869, ore 2 (per. ore 6).

Contrairement aux assurances toujours données par Rouher, La Valette nous a dit hier matin qu'il s'oppose à déclaration Empereur. Si je croyais le dernier mot, je conseillerais à Vo.tre Majesté répondre lettre Empereur, que traité accepté en principe, aurait son action après rappel des troupes. Changement du Ministère ici, Rouher chargé nouvelle formation.

465

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CURTOPASSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 231. Costantinopoli, 10 l·uglio 1869 (per. il 16).

V. E. non ignorerà al certo le gravi preoccupazioni che l'attitudine ed il linguaggio adottati da qualche tempo dal Khedive d'Egitto han destato presso il Divano e l'irritazione da cui fu presa S. M. Imperiale per la condotta del suo vassallo.

Questo Governo ha seguito con vivlssimo interesse il viaggio d'Ismail Pacha presso le principali Corti d'Europa e se, da un canto è rimasto pienamente soddisfatto per l'accoglienza fastosa, ma non sovrana fatta al Khedive, non ha mancato di scorgere nelle sue visite l'intenzione malamente nascosta di volerla fare da Principe indipendente; gl'inviti diretti ai vari Sovrani d'Europa onde intervenisse•ro alla inaugurazione del Canale di Suez e le entrature tentate presso alcuni Gabinetti intorno alla neutralizzazione di detto Canale ed alle modificazioni delle Capitolazioni, senza interrogarne la Porta, giustificano abbastanza i sospetti del Divano.

(2} Cfr. n. 461.

32 -Documenti cliplomatici -Serie I -Vol. XI

In presenza di simili velleità d'indipendenza, fu recentemente spedita ai Rappresentanti Ottomani all'Estero una Circolare destinata a stabilire in modo esplicito e senza ambagi la posizione politica del Pacha d'Egitto ed i dritti e doveri che ne derivano.

Nel dubbio che Rustem Bey non ne abbia dato comunicazione all'E. V., mi onoro spedir la qui unita in copia (l).

La lettura di tal documento non che le informazioni giuntegli da qui hanno intimidito Sua Altezza al punto d'aver già strisciato in Londra dinnanzi a Musurus Pacha al quale assicurava, non è guari, che nell'Agosto prossimo sarebbesi affrettato di venire ad ossequiare al suo Potente e Generoso Signore.

Ciò nullameno, queste apparenze di sottomissione, non nuove per Ismail Pacha, non bastarono a dileguare il rancore del suo Sovrano il quale preparasi ad accoglierlo nel modo il più severo.

E tali disposizioni vengon corroborate dalle dimissioni inviate al Khedive da Hassan e Stambuli Pacha, suoi Ajutanti di Campo, nonché da Kurchid Pacha, Direttore delle ferrovie egiziane, confidente del Principe e specialmente incaricato di assistere il processo contro Halim Pacha, solo figlio superstite di Mehemet Ali.

(l) Da ACR.

466

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, A VITTORIO EMANUELE II (2)

T. Firenze, 11 luglio 1869, ore 16 (per. ore 18).

Voici le télégramme successif de Nigra: « Dans deux entretiens successifs, marquis La Valette m'a dit que l'Empereur n'est plus disposé à faire décla

•ratlon sur la retraite des troupes parce que cette déclaration, du moment où doit étre portée devant d'autres, aurait caractère d'un engagement formel et irrévocable. Quant au but de la France et de l'Autriche en cas de guerre, La Valette m'a dit que ce but serait d'empécher que l'équilibre soit rompu au désavantage des puissances alliées. Pour ce qui regarde le résultat de la guerre, il a répondu qu'il n'est et ne peut étre arrété maintenant, car cela dépend des chances de la guerre elle méme et des circonstances où elle se produit.

En présence de cette réponse et des derniers incidents, ainsi que des préoccupations causées par possibilité de changements ministériels en France, il est peut etre utile de ne pas presser les négociations et la réponse à la lettre de l'Empereur ».

Tels sont les télégrammes de Nigra. Je pense qu'on peut attendre encore quelque jour la fin de la crise ministérielle pour envoyer à l'Empereur l'une des deux lettres que Votre Majesté a préparées (3).

Avec le plus profond respect.

(l) Non pubblicata.

(2) Da ACR.

(3) Una delle lettere è quella edita al n. 450, l'altra probabilmente quella edita al n. 591.

467 VITTORIO EMANUELE II

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (l)

T. Valsavaranche, 12 luglio 1869.

La dépeche de Nigra (2) non mi capacita j'espère qu'après la formation du nouveau Ministère les affaires prendront meilleure tournure à notre égard, car dans ces termes je ne saurais comment répondre à l'Empereur. Faites comprendre à Nigra que jusqu'à présent ce n'est que moi qui ai demandé à l'Empereur assurance sur Rome et pas le Ministère. Bien des souhaits.

468

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (3)

T. Sarre, 13 luglio 1869, ore 17,35.

Dites-moi à quel point formation Ministère dites Rouher de ma part que le Roi demande personnellement à l'Empereur assurance pour évacuation Rome et pas son Ministère car Nigra dit que La Valette annonce refus de l'Empereur (2) se basant sur demande ministèrLelle qui jusqu'à présent n'a pas été faite. Pour Je reste il me semble qu'on est parfaitement d'accord d'apll'ès la dépéche de Nigra. Si l'Empereur ne me fai:t pas répo.nse à ma dèpéche (4) dans le sens que je désire je serai embarrassé à répondre à sa lettre (5).

Faites pour le mLeux et répondez-moi. Je suis sur les montagnes de Savaranche au delà d'Aosta au milieu de la neige.

469

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 495. Firenze, 13 luglio 1869.

Le trasmetto qui unito copia di un rapporto del R. Agente e Console Generale in Tunisi (6) relativamente alla pubblicazione, fatta dal Bey, del decreto col quale si istituisce la Commissione finanziaria divisa in due sezioni una esecutiva, l'altra di riscontro.

(-4) Cfr. n. 450.

Dalla lettura di quel rapporto, la S. V. vedrà come, ai termini del progetto di decreto stato concertato fra i Governi interessati, il Console Generale di Francia abbia introdotto alcune variazioni ed aggiunte senza neppur chiedere l'avviso dei propri colleghi d'Italia e d'Inghilterra. Sotto certi aspetti quelle variazioni e quelle aggiunte potrebbero avere qualche importanza; ma per il momento ci limitiamo a notare il fatto contrario ad ogni buona regola di negoziare e per verità poco conforme ai reciproci riguardi che i Governi ed i loro agenti si debbono fra di loro.

Desidero che la S. V. faccia conoscere al Ministro Imperiale degli Affari Esteri la spiacevole impressione che ci produsse quest'ultimo incidente la responsabilità del quale apparterrà, probabilmente in modo esclusivo all'Agente di Francia in Tunisi.

(l) Da ACR. ed. in Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. II, p. 1428.

(2) Cfr. n. 466.

(3) Da ACR, ed., con data 12 luglio, In Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. II, p. 142.9.

(5) -Cfr. n. 405. (6) -Del 6 luglio, non pubblicato ma cfr. n. 456.
470

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 14 luglio 1869, ore 10,50 (per. ore 15).

Rouher a donné sa démission qui a été acceptée. Ministère pas encore formé. Prie Votre Majesté de ne rien presser pour réponse à l'Empereur.

471

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 954. Firenze, 14 luglio 1869, ore 14.

Veuillez me dire quelle peut ètre à votre point de vue l'importance pour l'Italie du changement de Ministère en France que vous annoncez (2) et quelles peuvent en etre les conséquences à l'extérieur (3).

472

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1628. Parigi, 14 luglio 1869, ore 17,50 (per. ore 21,05).

Il est hasardeux de préciser l'importance pour l'Italie du changement ministériel e n France ( 4). Le Ministère n'est pas eneore formé. Si les nouvelles

(-4) Risponde al n. 471.

concessions ont pour effet de satisfairc le Corps législatif si elles sont largement appliquées c'est le Gouvernement personnel qui disparait. Or le Gouvernement personnel était favorable à l'Italie. Je n'ose pas en dire autant du nouveau système. Si par contre àa Chambre des députés ne se contente pas des concessions octroyées alors c'est la lutte qui recommence entre la Cour et la Cha.mbre et personne ne peut rure ce qui arrivera peut-etre un appel au peuple peut-etre la guerre, en tout cas avant de dsquer un jugement quelconque il faut attendre la nomination des ministres et surtout celle du ministre des affaires étrangères.

(l) Da ACR.

(2) -Cfr. n. 462. (3) -Con R. 912 e 913 del 13 luglio Nigra aveva comunicato che l'Imperatore aveva annunciato una riforma costituzionale chv estendeva notevolmente le attribuzioni del Corpo Legislativo.
473

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 14 luglio 1869, ore 20,50 (per. ore 23).

L'acceptation de la démission de Rouher par Empereur a été une nécessité en vue hostilités de la Chambre, et par les difficultés que l'on rencontre à la formation du nouveau Ministère. On reconnait faute commise en éloignant Rouher qu'il s'agit de nommer Chancelier de France, auparavant président du Senat, restant ainsi à la présidence des affaires. Que Votre Majesté ne se presse pas trop pour répondre Empereur. Si les hommes qui viendront au pouvoir nous sont favorables, Votre Majesté pourra accepter déclaration personnelle pour évacuation, si, au contraire, le nouveau Ministère français marche dans un sens réactionnaire dans la question romaine, Votre Majesté devrait, il me semble, répondre une très belle lettre à l'Empereur, promettant alliance, mais .remettant signature du traité après que évacuation sera matériellement accomplie. Prie Votre Majesté m'envoyer Grassi dont j'ai ici le plus urgent besoin. Prie communiquer au président du conseil.

474

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

D. 131. Firenze, 14 luglio 1869.

Avant de partir en congé pour l'Allemagne, S. E. le comte Brassier de Saint Simon était venu m'entretenir des affai,res de Tunis et de la participation du Cabinet de Berlin aux arrangements financiers qu'il s'agissait de prendre. J'ai saisi avec empressement cette occasion pour faire connaitre à

S. E. l'état de la question et I'informer que celle-ci allai t recevoir sous peu de jours une solution favorable aux droits de toutes les parties intéressées.

Dans ma conversation, j'ai rappelé le prix tout particulier que nous avions toujours attaché à établir avec le Gouvernement de Berlin un courant d'idécs et d'informations sur cette question.

Lorsqu'une proposition nous avait été faite pour I'institution d'un comité financier de contròle dans lequel l'Italie, la Grande Bretagne et la France seules devaient etre représentées, nous n'avions point hésité à déclarer que si d'autres Puissances avaient demandé à y prendre pa,rt, nous n'aurions point contesté la légitimité de leur demande.

S. E. M. le comte Brassier de Saint Simon aura certainement rendu compte à son Gouvernement de la conversation qu'il a eue avec moi sur ce sujet.

Vous savez maintenant, M. le Chargé d'affaires, que les négociations relatives aux affaires de Tunis ont abouti à une entente parfaite entre les trois Gouvernements principalement intéressés.

Il y a deux jours, M. le baron de Malaret m'a donné lecture d'une dépéche de son Gouvernement relativement à la demande que le Cabinet de Berlin avait faite à Paris pour se faire représenter lui aussi dans la commission financière de Tunis. Par cette communication le Gouvernement français nous a appris, qu'en sulite des explications qu'il a données à Berlin, la Prusse avait renoncé à l'idée de se faire représenter directement dans la commission. Le Cabinet de Bevlin avait prié celui des Tutleries de vouloir bien prendre sous sa protection spéciale les intérets allemands engagés dans les affaires financières de la Tunisie; mais le Gouvernement aurait préféré que ces intéréts fussent placés sous la sauvegarde des trois Puissances dont les commissaires sont appelés à siéger dans le Comité de contròle. M. de Malaret était chargé de me demander mon opinion à cet égard. Je lui ai répondu que nous considérions les arrangemens pris à Tunis comme n'ayant aucun caractère exclusif et que par conséquent nous adhérions bien volontiers à la propositd.on de recommander les intérets particuliers des allemands aux commissaires des trois Puissances.

Je vous autorise à donner lecture de cette dépéche à S. E. le Ministre des AUaires Etrangères afin qu'il connaisse l'attitude que nous avons ga,rdée dans cette affaire.

(l) Da ACR.

475

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 15 luglio 1869, ,ore 16 (per. ore 22).

Empereur m'a fait appeler ce matin à Saint Cloud. Il tient plus que jamais à la triple alliance, il serait très disposé à donner les assurances personnelles pour la retraite des troupes, mais sentant sa situation modifiée, il ne voudirait le faire qu'après formation du Ministère. «Si M. de la Tour d'Auvergne refuse, je voudrais donner à M. Benedetti, m'a-t-il dit, la piace du marquis La Valette, cela irait tout seul, mais je crains qu'il ne veuille pas accepter ». Empereur remercie Votre Majesté et considère traité d'allia:nce entendu entre les

deux Souverains. Ayant grandes difficultés lui meme, m·a-t-il dit, il comprend parfaitement celles de Votre Majesté et m'a chargé de dire à Votre Majesté que par accord in1Ji.me entre les Souverains on arrivera à tout aplanir. Pour la réponse à sa lettre (1), Empereur comprend parfaitement que Votre Majesté ne la fasse pas pour le moment. Emperreur m'a donné moyen de correspondre directement avec lui. Si le traité était utile avant, il devient actuellement nécessaire, car influence de la Chambre augmente toujours, nous n'avons que peu d'amis, cela est un dangerr poW" ntalie, avec le traité d'alliance, l'unité italienne est garantie rparr la chambre elle meme, coupant ausSii. la voie à tout intrigue. PrLe Votre Majesté de faire parvenir rpromptement cette dépéche au président du conseil, car elle démontre les idées de l'Empereur, car elle est écrite presque sous sa dictée et peut lui donner appréciation précise des effets que la nouvelle situation Cll'éée ici pourra avoir en Italie et méme des dispositions de l'Empereur méme en vue de ce nouv.el état de choses, par rapport aux rélations des deux pays. Envoyez Grassi plus promptement possible. Rouher me dit à l'instant que M. de la Tour d'Auvergne a accepté de remplacer

M. de La Valette.

(l) Da ACR.

476

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (2)

T. Sarre, 16 luglio 1869.

Je vous prie de faire parvenir à l'Empereur mes remerciements pour votre dernière dépéche (3) et lui dire que j'ai pleine confiance en lui que je sens aussi moi toujours plus l'importance de l'alliance et que je répondrai à sa !ettre (l) lorsque vous m'en ferez savoir l'opp01rtunité et que j'espère qu'il me fera assurance après formation Ministère. Grassi part demain soir samedi.

477

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1632. Parigi, 17 luglio 1869, ore 18,55 (per. ore 22).

La liste des nouveaux ministrres paraitra demain au Journal Officiel. L'acceptation de La Tour d'Auvergne est confirmée <4) Rouhe·r est proposé pour la Présidence du Sénat. La Valette serra probablement nommé ambassadeur à Londres.

«L'E. V. conosce abbastanza questo personaggio perché sia necessario di spendere molte parole al suo riguardo. Egli appartiene al partito conservatore, e se sedesse al Corpo legislativo, s'accosterebbe probabilmente più alla destra che al centro.

Non passa per illiberale, benché abbia una tinta d! clerical!smo, nel senso nostro, cioè per quanto concerne la questione romana. Uomo del resto che porta degnamente un gran nome, affablle d! modi e di parola, benché riservato; giudizioso e prudente; uno dei migliori diplomaticidella Francia ».

(l) -Cfr. n. 405. (2) -Da ACR, ed. in Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. II, p. 1430. (3) -Cfr. n. 475. (4) -Circa La Tour d'Auvergne Nigra comunicò con R. 916 del 18 luglio:
478

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 19 luglio 1869, ore 17.

Sentiments affectueux pour l'Empereur, contenus dans la de,rnière dépèche de Votre Majesté (2) seront aujourd'hui transmis à l'Empereur par Rouher qui a formé lui mème nouveau Ministère sauf nomination La Tour d'Auvergne, à la quelle il aurait préferé celle de Benedetti. Rattazzi a été chez Rouher qui avant de 'le recevoir m'a demandé ce que j'en pensais. Dans sa conversation il s'est posé comme futur ministre des finances demandant renseignements sur imposition indirecte. Rouher le juge un homme fini ayant perdu sens mora! sous influence de sa femme. Grassi est arrivé a été touché des bontés de Votre Majesté il m'a expliqué les trois points. Les projets de guerre sont renvoyés au printemps. Si Votre Majesté veut le traité qu'elle ne perde de vue Mi:nghetti, que je sais hésitant entre certaine influence domestique et le désir de plaire à Votre Majesté. Menabrea fasse sentir à Nigra que le Gouvernement est décidé entrer dans les vues de Votre Majesté.

Il est possible qu'une belle dame offre à Votre Majesté ses services auprès de Latour d'Auvergne, ses moyens sont souvent compromettants et toujours inefficaces. Je mets Votre Majesté sur ses gardes. Que Votre Majesté ait confiance en moi, je garantis succès fina! (3).

479

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A LONDRA, CADORNA

D. 2. Firenze, 19 luglio 1869.

L'ultimo dispaccio ricevuto appartenente all'antica serie politica dei carteggi di codesta R. Legazione portava il n. 614 e la data del 28 giugno ultimo passato (4).

<< Sentiments affectueux pour l'Empereur contenus dans la dépeche du Roi du 17 courant

seront transmis à S. M. Impériale par M. Rouher.

Le nouveau Ministèil'e est formé, Latour d'Auvergne est aux affaires étrangères.

Je regrette qu'assurance pour Rome n'alt pas été donnée pail' l'Empereur à Nigra le jour que S. M. Impériale l'a fait appeler, la triple alliance serait déjà un fait accompli devant lequ"ldevrait s'incliner le nouveau état de choses en France.

La triple alliance est pour mai aussi utile en paix qu'en guerre, dans le premier cas elle permettra à l'Italie de songer à son organisation, tout en ayant avec ses alliés une grande influence pour les affalres européennes. En guerre, !es avantages territorlaux ne sont pas gmnds, mais des vlctoires certaines, peuvent seules donner force au pouvoir et remettre le prestlge de la dynastie.

Si votre Majesté veut le traité, qu'Elle ne peit'de pas de vue Minghetti que je sais hésitant entre certaines !nfluences domestiques et le désir de plai'!'e au Ro!, et que Menabrea fasse sentir à Nigra que la triple alliance dolt etre la base de sa politique.

Il est posslble qu'une belle dame offre au Rol ses services auprès de Latour d'Auvergne, ces moyens sont souvent compromettants, toujours !nefficaces. Je mets le Roi sur ses gardes, car si cela arrivait, je n'hésit,erais pas à m'écarter de toute ingérence ».

Dippoi ho ricevuto il n. l della nuova serie in data del 29 dello stesso mese (l) col quale Ella mi annunziava di aver presentato le sue lettere di credito a S. M. la Regina.

Gli affari finanziari della Reggenza di Tunisi hanno finalmente potuto entrare in una fase più soddisfacente. La S. V. potrà rendersene conto leggendo le corrispondenze alle quali quella vertenza ha dato luogo in queste ultime settimane. L'atteggiamento assunto da Lord Clarendon 1in presenza delle dichiarazioni colle quali noi intendevamo accompagnare la nostra adesione al progetto francese relativo alla commissione finanziaria da istituirsi nella Tunisia, ci fece persuasi che in quell'incidente un negoziato diretto col Gabinetto delle TuileTies avrebbe condotto a più sicuro risultamento. Abbiamo avuto la soddisfazione di accertarci che non avevamo errato nel fare assegno sullo spirito di conciliazione e sui sentimenti di giustizia del Governo imperiale, e la

S. V. se ne convincerà vedendo come le pratiche da noi fatte a Parigi abbiano indotto il Governo imperiale a darci per mezzo tanto del Signor Nigra, quanto del Signor de Malaret delle spiegazioni conformi alle dichiarazioni che noi intendevamo di fare.

Siccome dalle corrispondenz·e anteriori risulta che il Gabinetto inglese divideva con noi lo stesso modo di vedere sui punti di quistione che ci sembravano richiedere delle spiegazioni, così siamo persuasi che Lord Glarendon intenderà con piacere l'esito soddisfacente che ebbero i nostri adoperamenti presso il Governo imperiale.

Ed io prego la S. V. di volernelo informa;re.

Jeri l'altro Sir A. Paget mi ha letto un dispaccio del suo Governo relativo alla dimanda della Prussia per ottenere che il Gabinetto di Parigli pigliasse sotto la sua speciale protezione anche gli interessi dei sudditi della Confederazione della Germania del Nord e fra gli altri in credito della casa Erlanger di Francoforte verso la Reggenza tunisina. Il Governo inglese, da quanto mi sembra, non desidererebbe che quel credito venisse collocato nella medesima categoria degli altri che il Bey ha verso sudditi britannici, italiani e francesi.

Ho risposto al Signor Paget che il Governo francese oi avea già fatto interpellare non già sulla categoria nella quale dovesse essere collocato il credito Erlanger, ma sulla protezione che collettivamente le Potenze rappresentate nella commissione finanziaria tunisina avrebbero dovuto accordare anche ai crediti dei sudditi prussiani e della Confederazione germanica del Nord. La nostra risposta al Governo Imperiale è concepita nel senso che noi consideriamo gli accomodamenti presi a Tunisi come non aventi aicun carattere esclusivo e che perciò aderiamo ben di buon grado alla proposta di raccomandare gU interessi particolari dei sudditi prussiani e della Confederazione germanica del Nord alla Commissione internazionale.

Tale essendo infatti l'indole degli accordi presi per un migliore assetto delle cose finanziarie di Tunisi noi non abbiamo dovuto sin qui rpreoccuparci dei titoli dai quali risultano le singole partite di credito, ma abbiamo sol

tanto desiderato che la commissione alla quale l'esame di quei titoli può competere, offrisse tutte le guarentigie indispensabili di imparzialità. È in questo senso ch'Ella potrà parlare a Lord Clarendon se S. S. l'interogasse intorno a quest'argomento.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 476. (3) -In ACR es,iste anche la seguente versione di questo documento:

(4) Non pubblicato.

(l) Non pubbUcato.

480

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 117. Tunisi, 19 l·uglio 1869.

Giovedì scorso, 15 corrente, mi recai a Cartagine dal Khasnadar per sollecitare la soluzione di alcuni affari da lungo tempo in sospeso. In questa circostanza il Generale Sidi Mustafa entrò a parlarmi del Decreto testé emanato dal Bey, ed essendomi io fortemente !agnato della variante introdotta nel preambolo di esso Decreto, e del niun conto che si era fatto dell'Italia e dell'Inghilterra, mi confermò nei termini i più espliciti quanto Sua Altezza avea già detto al Signor Wood, e che p.regiavami di riferdre a V. E. col mio rapporto n. 115 O). Mi aggiunse inoltre che il Console di Francia avea il giorno prima (14) insistito perché il Bey decretasse del pari l'annullamento dei contratti di conversione, ma che egli, il Ministro, si era limitato ad osservare che la sorte dei contratti suddetti stava ora nelle mani della commissione finanziaria. Mi parlò poi dei modi assoluti, del tuono imperativo e dei mezzi di pressione usati sempre dal Signor di Botmiliau; se non se per la firma del Decreto in parola la pressione sarebbe venuta d'altra parte. Il Bey era deciso di rispondere alle proposte delle 3 Potenze con un contro-progetto di commissione; ma avrebbe dovuto cedere ad una voce più imperiosa di quella dello stesso S<ignor di Botmiliau. Col vapore francese de'l 2 andante g<iungeva a Tunisi il Generale Faidherbe comandante la suddivisione militare di Bona ed essendone ripartito l'indomani non vi si fece punto attenzione, tuttocché in quel pochissimo tempo sia egli stato a vedere il Ministro ed il Bey dal quale ultimo anzi fu decorato del Nisciam Ifikhar di prima classe. Ora se deggio prestar fede a rapporti confiden7iali di persona al solito bene informata, sarebbe stato precisamente il Generale Faidherbe che nel suo breve colloquio con Sua Altezza si sarebbe espresso in guisa da renderla pieghevole alle dimande ed ai consigli del Signor di Botmiliau.

È bensì vero che il Khasnadar mi negò il fatto, comunque però siasi mi sono per altro accorto che finalmente al Bardo s'incomincia a temere la soverchia influenza della Francia, e che sin d'ora si studia di combatterla appoggiandosi sulla preponderanza nel comitato di controllo dell'elemento italiano ed inglese.

Intenderebbesi pure a mantenere la stessa divisione del debito in interno ed esterno, e ciò servendo grandemente ad avvantaggiare i nostri interessi, io non ho fatto che abbondare in questo senso ancora col Generale Kheredin che avendo avuto occasione di vederlo in quel medesimo giorno mi avea tenuto press'a poco lo stesso linguaggio. Insomma mi è sembrato di scorgere delle

buone disposizioni nel Governo tunisino, e per poco i commissari italiani ed inglesi sappiano rispondere al difficile compito si possono sperare dei soddisfacenti risultati dall'opera della commissione. Certo non dipende da me, né tampoco dal Signor Wood la scelta dei medesimi, ma l'uno e l'altro possiamo tuttavia contribuire, perché essa cada su di pe.rsone rispettabili, conoscenti delle cose locali, volonterose ed in pari tempo disposte a conciliare il bene generale coi privati interessi. Dopo di averne parlato confidenzialmente con qualche notabilità della colonia ho fatto mettere innanzi per tale uffdcio i Signori Giacomo Guttieres e Giuseppe Greno, e quantunque siano chiamati a votare i creditori di tutte le nazionalità, ho nondimeno luogo a credere che dall'urna sortiranno a grande maggioranza i nomi suddetti, siccome quelli che ispirano tutta la necessaria fiducia nella colonia europea.

(l) Non pubblicato.

481

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 498. Firenze, 20 luglio 1869.

Ho ricevuto a suo tempo il rapporto (n. 900) (l) col quale Ella mi rendeva conto di una conversazione incidentale avuta con S. E. il Marchese di Lavalette in presenza di Lord Lyons relativamente all'apertura del canale di Suez ed alle questioni a cui un tal fatto può dar luogo in ordine al passaggio delle navi da guerra ed all'applicazione del principio di neutralità.

S. E. il Ministro Impel"liale degli Affari Esteri avrebbe espressa l'opinione che le Potenze dovessero intendersi sovra siffatte quistioni anche prima dell'apertura del Canale, avvertiva però il di Lei interlocutore non trattarsi di una entratura che la Francia intendesse di fare, e non avere il Khedive d'Egitto parlato di quest'affare al Governo francese.

La S. V. m'informava per ultimo che in quel colloquio Le sembrò capire che l'opinione di S. E. il Marchese di Lavalette e quella di Lo.rd Lyons erano concordi nel credere che !"iniziativa di pratiche ufficiali in questa materia appartenga alla Sublime Porta anzi che al Governo egiziano.

Pochi giorni dopo la partenza di S. A. Ismail Pacha da Firenze, venni interpellato dall'Inviato britannico pe.r sapere se il Khedive avesse qui fatta alcuna entratura circa la questione della neutralità del Canale di Suez. Potei rispondergli senza esitazione che Sua Altezza non aveva iniziato alcuna pratica in tal senso presso questo R. Governo e di tale mia risposta sembrò andare Lieto Sir A. Paget.

Seppi dippoi che una Circolare era stata spedita agli agenti diplomatici ottomani circa il viaggio del Viceré. E se le informazioni che si ebbero e·rano esatte, sembrerebbe che anche della dichiarazione di neutralità dell'Istmo si occupasse quel documento.

Rustem Bey non mi diede comunicazione di quella circolare di cui anzi egli mi lasciò persino ignorare l'esistenza.

Il R. Governo non ebbe percw occasione alcuna di emettere un avviso in un affare che, se per un lato gli riesce sommamente interessante, per altro lato richiede molta maturità di consiglio prima di appigliarsi ad un partito. Epperò la S. V. ben intende come il silenzio serbato dal di Lei interlocutore sulla sostanza della questione che formò oggetto del colloquio anzidetto non sia certamente cosa che possa rimanere da noi inosservata. L'Italia può avere una politica unicamente ispirata dai propri interessi senza commettere l'imprudenza di emettere intempestivamente le sue opinioni in affari nei quali altri paesi che godono i vantaggi di una posizione molto migliore sotto vari rispetti reputano savio consiglio riserbare per ora il loro giudizio.

Questi riflessi Le spiegano, Signor Ministro, il motivo del contegno che noi abbiamo assunto in questa ed in altre questioni relative all'Egitto. Ma noi desideriamo che gli Agenti del Re all'Estero tengano gli occhi aperti sovra tutte le quistioni che concernono quel paese, perocché esse ci interessano troppo da vicino per poter trascurare di conoscere in tempo e prima che siano tradotti in atto, i divisamenti delle varie Potenze.

Per ciò che riguarda codesto Governo Imperiale io mi affido nello zelo e nella esperienza della S. V. per essere tenuto a giorno d'ogni particolarUà riflettente l'oggetto di questo mio dispaccio.

(l) Del 24 giugno, non pubblicato.

482

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 433. Berlino, 20 luglio 1869 (per. il 24).

Coll'ultimo rapporto di questa Serie, in data 12 corrente (1), ho avuto l'onore di riferirle che il Gabinetto di Vienna aveva fatto esprimere a questo di Berlino la sua fiducia di non sollevare come altra volta acerbe polemiche colla pubblicazione del nuovo Libro Rosso: il Conte di Beust aveva per ciò raddoppiato di circospezione nella scelta e nella redazione dei suoi dispacci.

Sono già varii giorni che questi videro la luce, né ciò malgrado era dato sinora di farsi un giudizio esatto sulle impressioni ricevute da questo Governo né intorno ai suoi propositi. Il giornalismo ufficioso si asteneva da ogni critica, ed è facile lo scorgerne il motivo, pensando che il Re sta ad Ems, il Conte di Bismarck a Varzin, alle due estremità della Prussia, donde il Gabinetto riceve le sue direzioni.

Ne ho tenuto parola oggi con il Sotto Segretario di Stato, il quale spera non sarà per sorgere veruna discussione politica fxa Berlino e Vienna. Tale è almeno il suo consiglio, benché va-rie delle opinioni e dei giudizii espressi dal Cancelliere Imperiale destino a BerUno non poco malcontento, ed il silenzio che si serba varrebbe a diminuirne il valore. Sarà però fatta eccezione a siffatto contegno per uno dei dispacci pubblicati, cioè per quello diretto al rappresentante austriaco a Dresda, circa l'attitudine che meglio converrebbe al Belgio di prendere nei suoi rapporti colla Francia. Se piaceva al Conte di Beust tracciare esattamente l'interpretazione da darsi al passo da lui fatto a tal ri

guardo a Parigi od a Londra, la quistione non era da portarsi a Dresda. La Sassonia fa parte della Confederazione della Germania del Nord, e questa ha un centro comune dove si svolge la sua politica inteJ."nazionale. Siffatto punto, se non si muta d'avviso, farà quindi oggetto di un reclamo a Vienna (1). Quanto al resto si serberà il silenzio, benché per esempio le spiegazioni del Conte di Beust circa il dispaccio in cifra, consegnato nel rapporto dello Stato Maggiore Austriaco sulla guerra del 1866, e le considerazioni presentate a Monaco ed a Stuttgart circa la formazione di una Confederazione del Sud, il Trattato di Praga e la pace europea, siano tenute in conto di una nuova prova del rancore, che il Conte di Beust serba verso la Prussia, e delle sue disposizioni ostili verso di essa.

(l) Non pubblicato.

483

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (2)

T. Sarre, 21 luglio 1869, ore 18.

Merci de vos dépéches et conseils, je crois que nouvelle situation en France èloigne éventualité bel1iqueuse. Je vous prie inte.rroger Empereur de ma part, pour savoir ce que nous devons faire.

Empereur d'Autriche m'a fait parvenir son désir constant conclure triple alliance, voyez Metternich, pour savoir si mémes intentions ont été exprimées Empereur.

A la vérité Empereur et moi nous nous trouvons dans une situation à peu près égale, H n'a pas répondu à ma dépéche dans laquelle je lui demandais assurance évacuation, et moi de mon còté, je n'ai pas répondu à sa lettre dans laquelle il demande alliance.

Devons-nous continuer et formuler le traité? Peut-il disposer ses nouveaux ministres à évacuation réelle, avant ouverture des Chambres italiennes? Dans ce cas, l'assurance de Souverain à Souverain me suffit et je suis décidé à signer tra.ité, méme sans guerre, partageant vos appréciations.

Je ne voudrais pas retourner à Florence sans savoir à quoi m'en tenir. Agissez sans réserve directement près de l'Empereur, mais prudemment avec Latour d'Auvergne. Merci pour l'avis de la dame (3).

«Il Ministro dì Prussia a Vicnna è stato incaricato di dolersene con il Cancelliere imperlale, In termini tali però da non lasciar credere che a Berlino vi si ponesse un'importanza molto seria. Il Conte di Beust avrebbe risposto esprimendo il suo dispiacere dell'impressione che se ne era ricevuta a Berlino, aggiungendo che il Libro Rosso era stato composto alquanto precipitosamente, e che ad ogni modo sarebbe stato meglio che la prima parte del dispaccio in discorso fosse stato omessa. L'E. V. sarà probabilmente già informata di questa circostanza, ma credo mio dovere di riferirle ciò che mi venne detto qui a tal riguardo. In Prussia intanto, malgrado 11 silenzio della stampa officiosa, i giornali di ogni partito riproducono con soddisfazione le critiche d! fogli esteri circa l'ingerenza politica del Conte di Beust nelle cosP di Germania».

«Merci de vos dépeches. Vu que la guerre n'a pas lieu cette année, je vous prie d'inierroger l'Empereur de ma part pour savoir ce qu'il faut faire. Lui n'a pas répondu à ma dépeche dans laquelle je demande évacuation, moi je n'ai pas répondu à sa lettre dans laquelle il demande all!ance. Devons nous continuer triple all!ance et formule~ le traité? Est il disposé avec le nouveau Ministère à quitter Rome ou est-ce que tout est renvoyé? S'il est dlsposé quitter Rome je suis disposé slgner meme sans guerre. Demandez à Rohuer pour savolr à quol s'en tenir. Merci pour l'avis de la dame>>.

(l) Con r. 436 del 27 luglio Tosi comunicò:

(2) -Da ACR. (3) -Cfr. n. 478. In ACR esiste anche quest'altra versione del telegramma che è quella edita In Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 1433:
484

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 434. Berlino, 21 luglio 1869 (per. il 25).

La natura dell'accordo che Francia e Belgio hanno conchiuso, affin di por termine alle difficoltà cagionate da contratti di società ferroviarie, sembra contrastare singolarmente colle conseguenze che parte del giornalismo francese ne vuol dedune al punto di vista militare, sovratutto per l'eventualità di una gue.rra colla Germania del Nord. Discorrendo con questo Sotto Segretario di Stato gli ho chiesto qual giudizio se ne facesse a Berldno. Il signor di Thiele non sapeva come dovesse spiegarsi siffatta apparente contraddizione; ed inclinava a credere si volesse soltanto soddisfare all'opinione pubblica francese, agli occhi della quale l'incidente franco-belga aveva assunto proporzioni che realmente non aveva: a meno, diceva egli, che fra i due Stati non si fosse convenuto qualche clausola segreta di una importanza strateg.ica per la Francia: ma era difficile ad ammettersi che il Governo Belga avesse fatto di simili concessioni, che lo potrebbero condurre a rovina: stando agli accordi che sono fatti di pubblica ragione, aggiungeva che gli uomini speciali in Prussia non sanno scoprirvi nessun valore strategico. Ho insistito inutilmente per conoscere di qual natura avrebbe potuto essere, secondo lui, .la clausola segreta, ·che si fosse per avventura convenuta: la supposizione in discorso non avrà quindi altro valore all'infuori di quello che si riferisce agli apprezzamenti della stampa francese. Ad ogni modo ciò spiega come, più di ogni altro, il dispaccio diretto dal Conte di Beust a Dresda risvegli l'attenzione di questo Governo: tanto più che H passaggio di tal dispaccio, ove si accenna aUe compensazioni che sarebbero la conseguenza inevitabile della riunione del Belgio alla Francia, è interpretato qui come una insinuazione tendente a risvegliare in Sassonia sospetti e diffidenze ·contro la Prussia. Difatti più di una volta fu detto che questa era disposta a non commuoversi della sorte del Belgio, se otteneva in compenso che altri non si occupasse della sua azione in Germania. Intanto il Giornale di Dresda assicurava ieri di sapere dalla fonte la più competente che, circa l'attitudine del Gabinetto di Vienna nell'incidente franco-belga, nessuno sapeva a Dresda che si fosse tentato d'indurre il Governo Sassone a forma.rsi quell'erroneo giudizio, che il Conte di Beust scrisse di voler rettificare nel suo dispaccio al signor di Werner.

485

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1637. Parigi, 23 luglio 1869, ore 17,10 (per. ore 19,11).

La situation ici continue à etre caractérisée par une attente pleine d'incertitude. On peut PJ"évoir alternative suivante: ou l'Empereur entrera largement dans le système parlementaire et alors l'influence de la Chambre finira par devenir préponderante et je crains bien que cette influence ne soit pas favorable à l'Italie; ou bien il sera impossible à l'Empereur d'etre un Souverain qui régne mais ne gouve.rne pas, et alors il se produira fata.Iement entre la Couronne et la Chambre une lutte qui peut aboutir soit à un coup d'Etat soit à des résultats contraires mais également graves. Tout ceci n'est qu'une prévision, mais la gravité et l'incertitude de la situation sont une réalité. Il pourrait encore y avoir une solution dans la guerre mais l'opinion publique n'est pas belliqueuse en ce moment et elle est très défiante à l'égard de ce qu'r.lle est disposée à envisager camme un expédient. Telle sera la situation jusqu'à la réunion du Sénat. Le Vice-Roi est parti hier pour l'Egypte en toute hàte. Artom est arrivé et attend ici vos instructions.

486

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1639. Berna, 24 luglio 1869, ore 15,35 (per. ore 17).

Aujourd'hui Conseil national a approuvé sans réserve après longue discussion [actitude] Conseil fédéral dans l'affaire Mazzini.

487

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1640. Parigi, 25 luglio 1869, ore 15 (per. ore 17,12).

Le voyage de l'Impératrice en Orient semble définitivement arrèté. L'lmpératrice doit se rendre à Aiaccio le 25 aoùt, elle irait ensuite par la Suisse et l'Allemagne à Verone et à Venise où elle s'arrèterait cinq ou six jours. De Venise elle irait par mer à Constantinople et en Egypte. L'époque à laquelle elle compte se trouver en Italie serait du dix au quinze septembre. Au retour d'Orient ene désLrerait visiter Naples si toutefois il n'y a pas d'inconvénient car elle voyage avec le prince Murat.

Ne croyez vous pas qu'avant d'attendre l'annonce officielle du voyage le Roi ferait bien d'inviter l'Impératrice à venir en Italie? Je suis persuadé que l'Empereur et l'Impératrice seraient très sensibles à cet acte de courtoisie de la part de Sa Majesté (l).

488

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 84. Monaco, 25 luglio 1869 (per. il 28).

Ho l'onore d'informare l'E. V. che i Rappresentanti Prussiani, Badesi, Wiirtemberghesi e Bavaresi, radunati in Monaco da molti mesi onde definire le

quistioni relative alle fortezze ex-federali sono finalmente riesciti a porsi d'accordo e non rimane che a compiere alcune formalità onde le convenzioni stipulate sieno ufficialmente sanzionate.

Il Principe Hohenlohe nell'annunzia.rmi questo risultato mi parve molto soddisfatto della moderazione di cui fece prova la Prussia durante questi negoziati, moderazione che rese possibile una stipulazione la quale nel mentre continua a mantenere intatto un legame fra il Sud ed il Nord della Germania evita d'altra parte di ferire quelle suscettibilità di autonomia dei Gabinetti di Monaco e di Stuttgard.

Le bas:i di quella stipulazione, da quanto mi disse Sua Altezza possono riassumersi nei seguenti punti: 1° Continuerà ad insistere la Cooproprietà delle altre parti contraenti sulle fortezze di Ulm, Rastadt e Mayence; 2° Lo Stato sul cui territorio si trovano le dette fortezze sarà tenuto a curarne il buon intrattenimento; 3° Il diritto d'ispezione verrà esercitato in comune.

Relativamente alle fortezze di Ulm e Rastadt la commissione militare dei tre Stati del Sud della Germania ne assumerà la diretta sorveglianza.

(l) Per la risposta cfr. n. 498.

489

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 114. Vienna, 25 luglio 1869.

Dopo averle spedito il Dispaccio telegrafico in cui Le comunicavo alcune informazioni, avute dal Barone Pascottini (l) mi sono recato da S. E. il Conte di Beust e gli ho chiesto direttamente ciò che vi fosse di vero nelle voci riferitemi. Il Conte di Beust mi ha risposto che effettivamente egli aveva affermato al Comitato che i rapporti coLl'Italia erano ottimi e che l'Italia aveva stretta la mano che l'Austria le aveva lealmente offerta. Egli venne in questo argomento di·etro le interpellanze di un Membro della Sinistra, a cui pareva strano che il Gabinetto di Vienna potesse fare buon viso ad un Governo che si era impadronito di alcune fra le provincie dell'Impero.

Il Conte di Beust rispose vivamente che guai a quei Governi che immobilizzano la loro politica nei ranco~i del passato. Gli uomini di Stato debbono guardare la via che debbono percorrere non quella che hanno percorsa, i precipizi che debbono evitare, non quelli che hanno già oltrepassato.

La politica che l'Austria deve ognor seguire e dalla quale egli si ripromette ottimi frutti è di procedere concordemente coll'Italia. Egli si meravigliava che fosse un membro della sinistra che facesse risorgere memorie dolorose, e cogli errori del passato volesse governare e regolare l'avvenire.

Al medesimo Deputato che gli chiedeva se esistessero alleanze speciali colla Francia e coll'Italia e che pur voleva conoscere quale sarebbe stata .la politica dell'Austria, rispose immediatamente. Non esistere nessuna alleanza speciale.

Non essere l'Austria stretta da nessun trattato, ma che egli negava risolutamente di stabilire a priori la condotta che il Governo dell'Imperatore avrebbe seguito nelle eventualità future. In primo luogo quali fossero queste eventualità nessuno avrebbe potuto definirlo ora, in secondo luogo il Governo, per fare una politica efficace, non poteva vincolarsi a nessun programma categorico. Egli non poteva affermare che una cosa, che la politica che il Gabinetto avrebbe seguita sarebbe stata, in ogni cosa, una politica francamente e lealmente austriaca.

Ad un altro Deputato che lo censurava perché usava modi altieri ed acerbi col Governo prussiano, mentre col Governo romano egli si mostrava soverchtamente indulgente e paziente, rispose che non doveva alcuno perdere di vista la situazione reciproca dei differenti Governi. Noi abbiamo infranto, soggiunse, il trattato che avevamo con Roma, lo abbiamo infranto perché abbiamo creduto opera utile il farlo e sopratutto perché abbiamo creduto che non fosse consentaneo ai principi di libertà che informano la nostra costituzione. Ma ciò non toglie che siamo stati noi che siamo usciti i primi dalla legalità, la moderazione dunque era per noi un dovere. La Prussia invece ha violato colle Convenzioni militari il Trattato di Vienna, e lo ha violato a nostro danno. Noi non abbiamo quindi ragione di mostrarci con lei moderati o mansueti e non abbiamo pretesto alcuno di accostarci a lei. Il decoro di un Governo esige che egli non stenda la mano che a quei Governi che sono disposti a stringerla alla loro volta cordialmente.

(l) T. 1641, pari data, non pubblicato.

490

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 115. Vienna, 25 luglio 1869.

Nel colloquio che ebbi stamane col Conte di Beust, il discorso cadde sui mutamenti intervenuti ultimamente in Francia.

Egli considera la nomina del Ministro La Tour d'Auvergne come poco favorevole alla politica italiana, sovratutto nella questione romana. In generale egli reputa che l'Imperatore sia in questi ultimi tempi caduto in alcuni gravi errori, e che H modo ed il tempo in cui vennero fatte le ,concessioni non fossero molto opportuni.

Egli non dissimula a se medesimo la gravità della situazione, e teme che l'Imperatore per uscire dagli imbarazzi interni non ricorra improvvisamente a spedienti guerreschi, opinione che le mie informazioni particolari di Parigi confermano. Egli ha fatto tenere all'Imperatore una sua memoria, nella quale lo distoglie di fare in questo momento alcun tentativo, alcun ballon d'essai guerresco.

Egli non crede che l'Imperatore debba prima di tre mesi uscire dalla riserva in cui oggi mantiene la sua politica. La Germania oggi è male disposta per la Prussia; bisogna ben guardarsi dall'allarmarla, e bisogna che l'abisso diventi maggiore e più profondo.

33 -Documenti diplomatici -Serie I -Voi. XI

Bisogna che l'Imperatore rannodi la maggioranza, la disciplini, la riattacchi al suo governo prima di arrischiare nuove imprese. A quanto mi sembrò il Cancelliere dell'Impero rimpiange la caduta di Rouher, che del resto, soggiunse, è potente più che mai. Egli crede che il vuoto che quell'oratore eminente lascia nelle file ministeriali, potrà difficilmente ripararsi.

491

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 27 luglio 1869, ore 23 (per. ore 24).

Empereur me fait remettre par Pietri ce qui suit qui a été, de sa main, tracé au crayon. « Empereur accepte toutes les idées, les engagements contenus dans le p.rojet de traité à trois, maris dans les circonstances actuelles, croit devoir suspendre toute stipulation écrite. Il ne peut pas prendre aucun engagement pour évacuation du territoire pontificai avant réunion Corps legislatif. Il m'a fait dire qu'il me fera appeler pour me charger d'une communica1Jion verbale pour Votre Majesté. D'après ce que j'ai pu comprendr.e, par la conversation de Pietri, je crois qu'il désire que je passe par Vienne me rendant en Italie. Situation ici est très embarrassante pour Empereur. Si Rouher s'obstine à se tenir à l'écart, les affa·ires ne marche.ront pas.

Si j'avais été secondé, traité serait déjà un fait accompli, et nous aurions promesse évacuation. * Malheureusement, excepté Votre Majesté personne n'a voulu croire à l'importance de l'acte que je proposais, ma,intenant on est effrayé des hostiHtés que pour,ront nous créer !es personnes venues au pouvoir, notamment La Tour d'Auvergne.* Actuellement je crois qu'il n'y a autre chose à faire que de serrer plus étroitement les Hens entre les trois Souverains et c'est ce que j'ose conseiller à Votre Majesté. De cette façon Empe.reur Napoléon amortira le coup que l'an tàchera de porter contre nous, et servant de trait d'union entre Autriche ·et France position de Votre Majesté sera plus efficacement utile à son gouvernement. Prie Votre Majesté de me télégraphier ses appréc<iations (2).

492

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A LONDRA, CADORNA

D. R. 4. Firenze, 27 luglio 1869.

I rapporti esistenti tra il Governo egiziano e la Potenza Alto-Sovrana hanno risvegliato certamente l'attenzione dei Gabinetto di Londra il quale

(l} Da ACR. Ibidem è conservata anch~ la nota a matita di Napoleone III cui si accenna nel testo. (2} Il telegramma fu comunicato a Menabrea, ad eccezione della frase fra asterischi. Cfr. Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 1437.

sollecito di mantenere l'integrità dell'Impero Ottomano e lo status qua attuale in Turchia, deve essersi commosso delle notizie che si sparsero in questi giorni nel mondo politico.

Altri Governi, deplorando altamente il contegno assunto in questi ultimi tempi dalla Porta Ottomana nelle sue relazioni internazionali, come noi si preoccupano di uno stato di cose non affatto scevro di pericoli perocché molte sono le difficoltà che una siffatta politica della Turchia potrebbe sollevare.

Dai documenti diplomatici dei quali la S. V. ebbe comunicazione Ella avrà potuto raccogliere i fatti che suggeriscono questi riflessi. A noi importerebbe conoscere l'impressione che i medesimi hanno prodotto in Londra e sapere se l'Inghilterra non iscorge nell'atteggiamento preso dalla Turchia, in varie quistioni, una causa di pericoli che a tutti interesserebbe di vedere cessare.

Intanto chiamo particolarmente l'attenzione della S. V. sopra il rapporto del R. Console al Cairo, in data del 25 giugno ultimo passato (1), nel quale sono chiaramente esposte l'impressione che produce in Egitto il contegno della Sub1ime Porta verso il Khedive, e la persuasione colà generalmente invalsa che tutto ciò ad altro scopo non miri se non a quello di ottenere ingenti · somme per le quali i sudditi del Vice Re dovrebbero sopportare nuovi e gravissimi balzelli.

Ove ciò fosse, converrebbe che le Potenze prendessero in considerazione uno stato di cose che potrebbe essere causa di perniciose eventualità in un paese dove ingenti sono gli interessi europei.

P. S. -Le conversazioni che la S. V. avrà sopra l'argomento che forma oggetto del presente dispaccio, devono essere condotte colla massima prudenza onde non suscitare malumori di sorta, il loro scopo sarà unicamente di conoscere intendimenti di codesto Governo sull'atteggiamento attuale della Turchia (2).

493

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 924. Parigi, 27 luglio 1869 (per. il 30).

Col dispaccio di serie politica n. 495, che l'E. V. mi fece l'onore di dirigermi in data del 13 coNente (3), Ella mi trasmetteva un rapporto del R. Agente e Console generale in Tunisi relativo alla pubblicazione fatta dal Bey del d·ecreto col quale si istituisce la commissione finanziaria esecutiva e di controllo, e m'incaricava di muover lagnanza presso il Governo Imperiale, perchè n signor BotmHiau, Console Generale di Francia in Tunisi avesse pigliato sopra di sé d'adottare alcune variazioni ed aggiunte al progetto di decreto, senza il previo avv·iso de' suoi colleghi d'Italia e d'Inghilterra.

Ho adempiuto all'incarico datomi dall'E, V. ed ho espresso a S. E, il Principe di Latour d'Auvergne la spiacevole impressione che quell'incidente aveva prodotto sull'animo del Governo del Re.

Il Principe di Latour d'Auvergne mi rispose che veramente le mutazioni ed aggiunte fatte al progetto di decreto non sono, a suo giudizio, importanti, e che egli pensa in coscienza che non sia il caso di farne oggetto di grave discussione per quanto spetta alla loro sostanza. Il signor Botmiliau, secC>ndo che mi disse H Principe di Latour d'Auvergne, essendo stato incaricato da' suoi colleghi d'Italia e d'Inghilterra di ottenere la promulgazione del decreto, si recò dal Bey, il quale propose le modifica2lioni di cui si tratta, nello scopo di dare al decreto la forma solita ad usarsi nei documenti tunisini e di diminuire in esso il carattere esterno d'un documento straniero; quindi il signor Botmiliau avrebbe accettato que.ne modificazioni perché da esso credute di pura forma e perché pensò che fosse utile agli interessi di tutti di troncare gli 'indugi e di profittare subito delle buone disposizioni del Bey, le quali avrebbero potuto cambiare. Tuttavia nel riferirmi queste spiegazioni il Principe di Latour d'Auvergne convenne con me che il Console Generale di Francia avrebbe agito più correttamente pigliando prima l'avviso de' suoi colleghi e concertandosi con essi Ed affinché non si rinnovino più inconvenienti di simile natura il Principe di Latour d'Auvergne mi assicurò d'avere scritto al Console Generale di Francia a Tunisi impartendogli istruzioni molto precise perché all'avvenire in ogni qualsiasi cosa relativa a questa questione, esso si consulti coi suoi colleghi prima di agire, e cammini nel più perfetto accordo con essi. Il Ministro Imperiale degli Affari Esteri farà del resto una comunicazione in questo senso all'E. V. per mezzo della Legazione dd Francia a Firenz.e.

All'Ambasciatore d'Inghilterra ·Che fu incaricato di fare eguali osservazioni, il Principe di Latour d'Auvergne tenne un eguale discorso, ed una comunicazione nella medesima forma e per lo stesso oggetto, sarà fatta al Governo britannico per mezzo deil'Ambasciata Imperiale in Londra.

(l) -Non pubbllcato. (2) -Analogo dispaccio venne inviato In pari data a Berllno e Il 28 lugUo a Pletroburgo. (3) -Cfr. n. 469.
494

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 28 luglio 1869, ore 21 (per. ore 24),

Empereur m'a fait appeler ce matin, m'a retenu deux heures m'expliquant ses ,idées, ses projets, me chargeant de venir personnellement vous les communiquer et d'accord avec Votre Majesté les transmettre à l'Empereur d'Autriche, voulant resserrer les liens entre les trois Souverains qui ont, à son avis, un intérét commun. Il s'agit: Primo, de tous les points du traité que nous avons fait passer, qu'il accepte entièrement ·et qui doivent servir de base à la politique des trois puissances.

Secondo, de l'élection du nouveau Pontife que l'Empereur désire traiter personnellement entre les trois Souverains en dehors de ses ministres pour laisser à l'Italie exclusivement le choix du candidat, et m'a chargé d'appuyer en son nom ce choix quelqu'il soit à Vienne.

Terzo, il prie Votre Majesté de surveiller les menées de Mazzini et de Garibaldi, m'ayant donné une indication que j'ai transmis à Nigra pour qu'il l'envoye à Florence sans rien lui dire du reste.

Quarto, il m'a parlé de sa lettre (l) à laquelle désirerait une réponse dont il m'a exposé la teneur, ou bien la remise de la lettre impériale entre mes ma:ins, les traités restant pour le moment sans signature entre les trois Souvera;ins.

Quinto, il est disposé à faire tout ce qui est possible pour évacuation, mais il faut qu'il consulte avant esprit de la nouvelle chambre, qu'il espère ne sera pas contraire. Prie Votre Majesté télégraphier sans apporter aucun changement à vos projets, quel jour je pourrais rencontrer Votre Majesté à Florence.

Tau.te cette nouvelle phase doit rester secrète.

(l) Da ACR.

495

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (2)

T. Sarre, 30 luglio 1869, ore 10,45.

Merci de votre dépèche (3). Je suis parfaiteroent dans vos idées et je déplore tout ce qui vient d'arriver en France et ici.

Je désire savoir quand se réunira le Corps législatif, si l'Empe~eur fera un discours, et combien de temps durera la séance. Je suis encore dans les montagnes où j'ai tués d'énormes boquetins mais il y fait bien froid.

496

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A LONDRA, CADORNA, E A PARIGI, NIGRA (4)

D. Firenze, 30 luglio 1869 (5).

Il Governo del Re ha ricevuto dal suo Consolato Generale in Egitto la lettera colla quale il Governo Vice Reale chiede che si provveda alla nomina dei Commissari dai quali l'Italia dovrebbe essere rappresentata nella Commissione incaricata dell'esame dell'organizzazione giudiziaria in quel paese. Detta Commissione dovrebbe riunirsi nella prima quindicina del prossimo ventuno ottobre al Cairo.

Siccome è probabile che simile invito sia stato fatto contemporaneamente alle altre Potenze che dovrebbero farsi rappresentare in quella Commissione, così io desidererei conoscere il più sollecitamente possibile gl>i intendimenti di codesto Governo circa la risposta da farsi al Governo egiziano.

Ben comprende la S. V. che dal tenore di tale risposta dipende, in gran parte, la soluzione della quistione preliminare sollevata dalla Sublime Porta intorno alla competenza del Viceré ad intendersi coi vari Governi sulle riforme giudiziarie da introdursi in Egitto. È questo un gravissimo punto di quistione sul quale non intendiamo per ora emettere un'opinione che possa in qualche maniera vincolare H Governo del Re nelle sue deliberazioni future; sarà pertanto mestieri che V. S. procuri di avere le indicazioni che desideriamo senza pronunciarsi nella quistione che naturalmente si affacoia in quest'occasione.

(l) -Cfr. n. 405. (2) -Da ACR, ed. !n Lettere Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 1436. (3) -Cfr. n. 491.

(4) Ed. !n L V 21, p. 39.

(5) Lo stesso d!spacc!o venne inviato, con data 3 agosto, a &~lino, V!e.nna e Pietroburgo.

497

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Sarre, 31 luglio 1869, ore 10,40.

Reçu dépeche (2), serai Turin du huit au dix aoùt venez me parler à Turin avant d'aUer à Florence.

498

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 958. Firenze, 2 agosto 1869, ore 16,05.

Le Roi vous charge de faire parvenir à l'Impératrice l'expression du plaisir qu'il a éprouvé en apprenant que Sa Majesté avait l'intention de passer par l'Italie à l'occasion de son voyage en Orient. Il sera heureux de la recevoir. Elle peut etre assurée de l'accueil le plus empressé. Si l'Impératrice revient par Naples le Gouvernement ne saurait prévoir d'inconvénient à ce qu'elle soit accompagnée par le prince Murat.

499

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A LONDRA, CADORNA, A PARIGI, NIGRA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, A PIETROBURGO, INCONTRI, E A VIENNA, DI SAN GERMANO

T. 961. Firenze, 4 agosto 1869, ore 15,30.

Je reçois des nouvelles très graves de Constantinople (3). Le Sultan est très irrité contre le Vice roi d'Egypte et lui envoie une sommation porqu'il justifie

sa conduite. Cet état de choses peut amener des complications. Il est important pour nous de connaitre, à ce sujet, 1a pensée du Gouvexnement auprès duquel vous étes accrédité et s'H entend faire des démarches pour amener une pacification entre le Sultan et son vassal.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 494. (3) -T. 1650 del 3 agosto, non pubbl!cato.
500

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1652. Parigi, 5 agosto 1869, ore 17,05 (per. ore 20,25).

J'ai interrogé le prince de la Tour d'Auvergne au sujet des nouvelles de Constantinople (1). Le prince m'a dit que la pensée du Gouvernement impérial est qu'il est utile de donner des conseils de modération et de faire comprendre au Sultan que s'il soulève un différend turco-egyptien, il ne trouvera plus dans les Puissances le méme appui qu'il a trouvé dans le conflit turco-g11ec. Le Gouvernement impérial a écrit dans ce sens à Constantinople. Il ne pourrait voir qu'avec satisfaction que le Gouvernement de Ro:i en fasse autant. L'Angleterre a écrit dans le méme sens ainsi que l'Autriche qui a tenu à Constantinople un langage encore plus explicite et plus accentué.

501

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 437. Berlino, 5 agosto 1869 (per. il 9).

Nei rapporti che ho avuto l'onore di diriger all'E. V., ho successivamente riferito le dichiarazioni preventive che il Conte di Beust aveva fatto presentare a questo Gabinetto prima che n Libro Rosso vedesse la luce, l'attitudine che a Berlino si divisava di serbare, e le osservazioni fatte dal Barone di Werther a Vienna circa il dispaccio che era stato spedito a Dresda sull'incidente francobelga.

Le polemiche sempre più animate dei giornali, i dispacci scambiati fra Dresda e Vienna, non mi sembrarono sinora cosa di gran momento, siccome quelli che davano sfogo e gare personali, piuttosto che svolgere una nuova fase della politica fra la Confederazione del Nord e l'Impero Austro-Ungarico, la cui situazione reciproca è dominata da ben altri interessi permanenti.

Ora però Ie cose prendono un aspetto più serio, dacché il Conte di Beust ha dichiarato di aver steso la mano alla Prussia che l'avrebbe respinta, fatto che si nega recisamente a Berlino, e che sarebbe in procinto di produrne la prova e di pubblicare ogni cosa relativa a questi dissidi. Nell'attesa di tali pubblicazioni, il giornale ufficioso prussiano, la Provinzial Correspondenz, contiene la dichiarazione di cui unisco la traduzione, e che figura testualmente in un dispaccio diretto a Vienna il 18 dello scorso mese da questo Sotto-Segretario di Stato, dispaccio del quale le annetto pure copia (2). La dichiarazione in discorso

è assai recisa nel respingere ogni controllo estero nei rapporti di questo Gabinetto cogli Stati tedeschi, poiché vi comprende quelli del Sud. Meno grave ne è tuttavia la portata, se si considera che è destinata a rispondere alla ingerenza del Conte di Beust nei rapporti medesimi, la quale risulta dal dispaccio inserito nel Libro Rosso circa la formazione di una Confederazione del Sud. L'irritazione è grande a Berlino contro il Cancelliere Austro-Ungarico il quale avrebbe di recente emesso l'avviso che i trattati offensivi e difensivi conchiusi fra questo Governo e quelli della Germania meridionale costituivano una violazione del Trattato di Praga. Le pubblicazioni e recriminazioni reciproche fra Berlino e Vienna entrano così in una fase che è lungi ancora dal suo termine.

L'idea che s'impone al Gabinetto di Berlino si è quella che il Conte di Beust tenda con ogni mezzo a seminare la zizzania fra la Prussia, i suoi Confederati, e gli Alleati del Sud. Sarebbe, secondo me, prematuro lo emettere un giudizio sulla gravità del dissidio in se stesso e sul seguito che può avere. Le pubblicazioni che si attendono forniranno maggior luce sull'argomento: ma il risultato pratico credo dipenda da ben altre circostanze, che i rapporti più o meno acerbi del Governo viennese con quello di Berlino non avrebbero conseguenze serie se non quando servissero di appendice ad un conflitto fra la Prussia e la Francia. È deplorevole ad ogni modo il veder così intorbidarsi i rapporti di due Potenze, i cui interessi non sono tali da fornir esca a conflitti dacché l'Austria é uscita dalla Germania.

ALLEGATO

Il Cancelliere Imperiale austriaco Conte di Beust ha di recente pubblicato in un cosidetto Libro Rosso un gran numero di dispacci, i quali in sè e per sè sono senza considerevole importanza politica, ma che però, per un certo modo di trascorrere sopra riguardi politici usitati, hanno cagionato diverse rincrescevoli spiegazioni. Siccome in uno di questi dispacci, che il Conte di Beust diresse in Sassonia, sembra trovarsi in fondo l'intenzione di rivolgere al Ministro sassone una critica contro pretese comunicazioni della Prussia, il Governo prussiano si è creduto in diritto di far notare che esso già deve respingere la competenza di una tale critica per motivi nazionali politici generali, essendo che le comunicazioni della Prussia ai Governi tedeschi si sottraggono ad ogni controllo di Gabinetti esteri, ed ancora in più alto grado, per la solidarietà (unità) della diplomazia della Confederazione tedesca del Nord, quelle comunicazioni che di qui sono dirette a Dresda.

(l) -T. 1650 del 3 agosto, non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
502

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 438. Berlino, 5 agosto 1869 (per. il 9).

Ho ricevuto iersera il telegramma che l'E. V. mi ha fatto l'onore di spedirmi il giorno stesso (1), e stamane mi son recato dal Sottosegretario di Stato onde conoscere quale attitudine intendesse tenere questo Gabinetto ·in presenza delle difficoltà sorte fra la Sublime Porta ed il Viceré d'Egitto.

Il Signor de Thile mi disse che, né da Constantinopoli, né da Alessandria, gli era peranco giunta la notizia della decisione presa dal Sultano: lo si doveva forse attribuire alla circostanza che il Console Generale prussiano in Egitto era

qui in congedo, e che al Conte Brassier de Saint Simon non era ancora stato dato un successore a Costantinopoli. Il fatto segnalato dall'E. V. nel Suo telegramma era assai grave e poteva dar luogo a serii conflitti. Da lungo tempo il tema dei dissapori sorti fra il Sultano ed il Viceré formava l'oggetto dei rapporti che si ricevevano a Berlino. Per ora il signor de Thile non mi poteva dire a quali passi si risolverebbe la Prussia: siccome però, nelle cose che non la toccano direttamente essa s'attiene al principio di astenersi dal prendere ogni iniziativa, supponeva che il Re lo incaricherebbe di chiedere a Firenze, Parigi, Londra e Pietroburgo, (non sapeva se anche a Vienna) che si intendesse di fare onde prevenire maggiori complicazioni. Era certo fin da ora che la Prussia si associerebbe ad ogni passo che avesse per iscopo di mantenere la pace, cui essa è tanto interessata a non veder rotta. E pertanto conveniva che si aspettasse una comunicazione dagli Agenti Prussiani.

Oggi stesso trasmetto per telegrafo questa risposta all'E. V., e non mancherò di tenerLa informata di ogni decisione che venisse presa in proposito da questo Governo.

Una rottura fra la Turchia e l'Egitto è cosa tanto più grave per questo Gabinetto, che, nelle cose d'Oriente, potrebbe per avventura veder messa a dura prova la sua amicizia colla Russia, che ha troppe ragioni di non alterare. Non dubito quindi che, senza prenderne iniziativa, esso si adoprerà con ogni miglior modo al successo di un componimento fra le parti dissidenti.

(l) Cfr. n. 499.

503

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI

T. 962. Firenze, 6 agosto 1869, ore 14,15.

Tachez de faire accepter des cons.eils de modération pa,r le Gouvernement Ottoman dans le conflit qui semble s'élever en ce moment entre la Sublime Porte et le Kédive. Les puissances européennes ne pourraient voir avec indifférence des complications surgir de ce còté et la position avantageuse que la Porte a prise depuis les affaires de Grèce pourrait en souffrir. D'ailleurs je dois déclarer que les actes et les discours du Kédive pendant son séjour à Florence, ont toujours témoigné de son profond respect e't de sa grande déférence envers le Sultan. Ges observations nous sont dictées par un sentiment de bienveillance s~ncère envers la Sublime Porte.

504

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (l)

R. 934. Parigi, 6 agosto 1869 (per. il 9).

Conformemente alle istruzioni impartitemi dall'E. V. col dispaccio del 30 luglio scorso, n. 499 di serie politica (2), domandai a S. E. il Principe di Latour

d'Auvergne, se il Governo francese fosse stato invitato a provvedere alla nomina dei commissari! che devono procedere al Cairo all'esame dell'organizzazione giudiziaria in Egitto, e mi informai delle intenzioni del Governo francese a questo riguardo.

Ebbi cura però d'astenermi, secondo che m'ordinò l'E. V., dall'entrare nella questione sollevata dalla Turchia della competenza del Viceré ad intendersi coi varii Governi intorno ad una riforma giudiziaria nel Vicereame.

Il Principe di La Tour d'Auvergne mi disse che il Governo francese aveva ricevuto l'invito di procedere alla nomina dei commissari!: che si proponeva in conseguenza di designare questi commissari!, ma che finora non li aveva ancora designatli., *perché desiderava sapere se l'Inghilterra colla designazione che ha già fatto d'uno dei suoi commissari! nella persona del Vice Conso,le inglese al Cairo, incaricato del Consolato in assenza del titolare, intendeva, che il suo primo commissario fosse, per dir così, di diritto, il capo del Consolato inglese, ovvero se il Viceconsole rimarrebbe pur sempre commissario anche quando il titolare del Consolato fosse tornato al suo posto o vi fosse sostituito.

Però* il Principe di La Tour d'Auvergne soggiunse che il Governo inglese gli fece sapere che esso era d'avviso che prima di notificare al Governo egiziano la nomina dei commissarii, era conveniente, attesa l'attitudine della Porta, che i varii Governi interessati facessero una comunicazione al Governo ottomano, la quale avrebbe per iscopo di dare al Divano le opportune spiegazioni intorno al carattere puramente consultivo della commissione, le cui conclusioni, quali che fossero, dovevano lasciare i rispettivi Governi interamente liberi da ogni impegno. Il Governo francese, secondo che mi disse il Principe di La Tour d'Auvergne, consente nell'opportunità di questa preliminare comunicazione spiegativa alla Porta.* Suppongo che il Governo britannico avrà fatto comunicare al Governo di Sua Maestà questo suo progetto. In ogni caso penso che non avrà difficoltà e stimer:'t anzi indispensabile di farlo, essendo importante che la comunicazione da farsi alla Porta proceda da tutte le Potenze interessate e sia possibilmente concorde nel suo contenuto.*

(l) -Ed., ad eccezione del brani fra asterischi, in L V 21, p. 39. (2) -Cfr. n. 504, inviato a Parigi col. n. 499.
505

IL MINISTRO A LONDRA, CADORNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 19/5. Londra, 7 agosto 1869 (per. il 12).

Inerentemente al dispaccio telegrafico da V. E. direttomi il 4 del corrente mese ed alla sua nota del 27 luglio prossimo passato, Serie Politica n. 4 Riservato (1), che mi pervenne jer l'altro col mezzo del Signor Catalani, ebbi jeri sera la conversazione con Lord Clarendon intorno alle attuali vertenze tra il Governo ottomano ed il Viceré d'Egitto, della quale Le diedi contezza col mio telegramma di jeri sera (2). Attenendomi alle Istruzioni ricevute, mi limitai ad

indicare a Sua Signoria i fatti gravi che preoccupavano il Governo del Re, interessato grandemente a prevenirne le conseguenze, ed a provocare dalla medesima l'espressione delle sue impressioni intorno ai medesimi, e delle sue idee intorno a ciò che potrebbe essere opportuno di fare per rappacificare il Sultano col suo Vassallo.

Le dichiarazioni di Lord Clarendon furono le più franche e le più esplicite che si potessero desiderare. Egli mi disse, che certamente il contegno della Sublime Porta verso il Khedive era grave, si per la natura delle sue pretese che per le forme usate, e che importava grandemente fare ogni opera per ricondurre le cose allo stato normale.

Apprezzando poi tanto le pretese della Porta quanto le forme usate, mi disse che e le une e le altre erano affatto «ingiuste ed irragionevoli». Passo' ad esaminare le pretese e le lagnanze dell'Alto Sovrano a riguardo del suo Vassallo, ed effermò che questi nel suo viaggio in Europa non vi avea dato alcun plausibile motivo, e si per non essersi mai presentato alle varie Corti in forma di Sovrano indipendente, come pure per essersi egli astenuto dal tenere propositi o dal fare proposte che fossero in opposizione colla sua dipendenza dall'Alta Corte Sovrana. Entrò a questo riguardo in molte specificazioni, narrandomi fra le altre cose che egli avea direttamente detto al Khedive, sapere che da taluni pensavasi che egli facesse atti per rendersi indipendente dalla Turchia; ma che egli non credeva assolutamente; al che il Khedive avea risposto confermando ·esplicitamente il giudizio dello stesso Lord Clarendon, a cui, questi richiedendolo, fece piena facoltà di far fede di queste sue dichiarazioni anche a Costantinopoli.

Appoggiandomi ai documenti dall'E. V. comunicatimi, io confermai a Lord Clarendon questi apprezzamenti anche per le relazioni che il Khedive ebbe nel suo viaggio col Governo del Re.

Intrattenendosi su questo soggetto Sua Signoria mi indicò che una delle lagnanze che faceva la Turchia contro il suo Vassallo consisteva in che egli avesse ordinato la costruzione di quattro fregate corazzate contro il divieto espresso, fattogli nelle concessioni da lui ottenute dalla Porta, di avere una Marina; però Lord Clarendon non fermassi su questo punto, ne' espresse a questo riguardo alcun giudizio, né io credetti opportuno di provocarlo.

A riguardo poi delle forme usate in questo spiacevole affare dal Governo della Sublime Porta, cioè della sua irritazione, delle minaccie di decadenza dalle concessioni e dai privilegi di cui il Khedive è in possesso; Sua Signoria le dichiarò ripetutamente straordinarie e veramente esorbitanti.

Sul punto della opportunità di spiegare un'azione nell'intento di attutire questo dissidio e di prevenirne le funeste conseguenze Sua Signoria mi espose ciò che fin dai primordii di questo affare, egli avea fatto a questo fine. Egli mi disse avere incaricato il suo rappresentante in Costantinopoli di far conoscere a quel Governo la penosa impressione che gli avea cagionato n suo contegno col Khedive non giustificato da ragionevoli motivi; di assicurare quel Governo che un tale contegno avea incontrato ed incontrava la disapprovazione della Francia, dell'Italia e di tutte le Grandi Potenze d'Europa; che sarebbe stato grande errore il credere che l'appoggio dato dall'Europa alla Sublime Porta negli ultimi affari colla Grecia che erano su tutt'altro terreno, potesse far sperare alla Porta un simile appoggio all'attuale suo contegno col suo Vassallo, e che se si fosse tentato di sollevare una questione Egiziana il Governo di S. M. il Sultano avrebbe incontrato l'opposizione unanime di tutta l'Europa, ed il Ministro britannico a Costantinopoli era conseguentemente incaricato di dare, e di insistere nei più pressanti consigli a quel Governo, diretti a far cessare questo stato di cose.

Soggiunsemi Sua Signoria che al tempo stesso il Rappresentante Britannico ad Alessandria avea ricevuto l'ordine di dare al Khedive consigli di moderazione e di conciliazione. Lord Clarendon mi espresse la più viva compiacenza per la certezza che aveva che il Principe de La Tour d'Auvergne aveva giudicato ed apprezzato le cose nello stesso modo, ed aveva tenuta la stessa via.

Dal complesso della conversazione col Signor Conte di Clarendon ho potuto rilevare come egli nutra fiducia che mediante l'azione concorde delle Potenze Europee le attuali difficoltà insorte tra il Sultano ed il suo Vassallo possano essere appianate. Egli mi disse, a questo riguardo, che sebbene jeri non avesse ricevuto notizie dirette dall'Oriente, pure egli conosceva per notizia pervenutagli ieri stesso da Parigi, che l'affare pareva entrato in una fase alquanto più pacifica.

Queste spiegazioni mi furono date da Lord Clarendon colla più grande spontaneità, ed isquisita e cordiale cortesia, che mi credetti in debito di riconoscere ringraziandolo e soggiungendo che, sebbene ·io non avessi particolari istruzioni in proposito, pure conoscendo gl'intendimenti del mio Governo, credeva di poter affermare, che i suoi giudizii e le sue intenzioni non potevano essere diverse da quelle da Sua Signoria espostemi.

V. E. giudicherà nella sua saviezza, se in seguito al mio colloquio con Lord Clarendon, non sarebbe conveniente che io fossi incaricato di ringraziare Sua Signoria anche a nome dell'E. V., e di metterlo pure, alla nostra volta, a parte del contegno tenuto dal Governo del Re sia a Costantinopoli che ad Aiessandria in questo affare.

(l) -Cfr. nn. 492 e 499. (2) -T. 1661, non pubblicato.
506

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (l)

R. 440. Berlino, 9 agosto 1869 (per. il 13).

A Berlino si è ricevuto, come a Firenze, la lettera colla quale il Governo del Viceré d'Egitto chiede che si proceda alla nomina dei Commissarij che comporranno la Commissione incaricata dell'esame della organizazzione giudiziaria in quel paese.

Mi sono recato oggi dal Presidente della CanceHeria federale, onde cercare di conoscere quali fossero gl'intendimenti di questo Governo circa la risposta da farsi a quello del Viceré, e poter così riscontrare il Dispaccio politico che l'E. V. mi ha fatto l'onore d'indirizzarmi il 3 corrente (2).

Il Signor Delbriick confermò il fatto dell'invito ricevuto, ma dalle sue parole ho dovuto dedurre che la difficoltà di principio la quale verrebbe sollevata dalla Sublime Porta rispetto alla competenza del Viceré, non gli si era punto affacciata al pensiero. Mi disse difatti di aver scritto ai Ministri prussiani a Firenze, Londra e Parigi onde invitarli a fargli conoscere se quei tre Gabinetti si farebbero rappresentare nella Commissione soltanto dai loro Consoli Generali, ovvero anche da delegati speciali. A suo avviso, la Confederazione, che non tiene in Egitto interessi così numerosi ed importanti come le tre suddette Potenze, deve andar adag.io nel prendere decisioni, e veder prima quelle che verranno adottate dagli altri Gabinetti. Non trattandosi inoltre che di un esame ad referendum dello stato delle cose in Egitto in fatto di organizzazione giudiziaria, onde ciascun Governo interessato sia ·in grado di giudicare con conoscenza di causa se è il caso di procedere a modificazioni ed a nuovi accordi internazionali, non sembrerebbe che, almeno per ora, la Sublime Porta possa trovare a ridire a siffatto esame. Lo si può tanto più sperare che il progetto in discorso è messo avanti e discusso da lungo tempo.

*È vero che i rap.porti f,ra il Sultano ed il V1iceré si sarebbero sovratutto inacerbiti di recente, e che perciò si potrebbe a Costantinopoli esser proclivi a trovar ora un appiglio a reclami, là dove prima non si vedevano *.

Procurerò di tenermi informato del partito cui, a tenore dei rapporti che aspetta, si appiglierà questo Governo nel rispondere all'invito che gli venne fatto, onde riferirne all'E. V. (1). È chiaro però che desso andrà a rilento in questo affare.

(l) -Ed., ad eccezione del brano fra asterischi, in L V 21, p. 40. (2) -Cfr. n. 496, nota 5.
507

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (2)

·r. Parigi, 11 agosto 1869, ore 13 (per. ore 16).

Empereur m'a fait dire par Pietri que Empereur d'Autriche accerpte traité dans tous ses articles camme s'il avait reçu la signature officielle, ce qui m'a été confirmé par prince Metternich.

Empereur Napoléon me charge d'aUer Vienne pour entendre du baron de Beust et de l'Empereur d'Autriche adhésion formelle et l'apporter à Votre Majesté. Je partirai pour Vienne le 17 av.ec passeport français sous un faux nom. Je n'y resterai que 24 heures. Rejoindrai Votre Majesté Florence. Pour dominer situation, accord secret indispensable, entre les trois Souverains. Il faut absolument proposer candidat à la Papauté. Prie Votre Majesté dire au président du conseil avoir confiance en mai, j'agis avec énergie, prudence. Nigra trouve que accord avec les trois Souverains prenant pour base les articles du traité est bonne chose et il regrette peut-etre que ce g.rand acte n'ait pas son accomplissement. Si mes affaires personnelles ne m'avaient pas retenu ici j'aurais déjà fait mon voyage mais il m'a été impossible de partir avant le 17.

Prie Votre Majesté me répondre après avoir communiqué ma dépeche au président du Conseil duquel je désire qu'il prenne un parti. Je désire savoir sì Pepoli qui a été à Florence est au courant des précédents actuel état de choses, bien entendu qu'il doit ignorer mon voyage secret. J'attends réponse cathégorique de Votre Majesté pour la communiquer à rEmpereur O).

(l) Cfr. n. 520.

(2) Da ACR.

508

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1671. Costantinopoli, 12 agosto 1869, ore 15,30 (per. ore 0,30 del 13).

Grand Visir m'a dit qu'il n'avait pas eu de nouvelles ni réponse d'Egypte (2). Je lui ai parlé dans le sens du télégramme de V. E. (3). Il a bien accueiUi conseils de modération mais il a dit que la Porte ne pourrait tolérer sans se suicider tendances manifestes du Vice-Roi à se rendre indépendant. Je crois pourtant que position se détend et on commence à espérer sur un replàtrage qui laisserait les choses telles quelles.

509

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 441. Berlino, 12 agosto 1869 (per. il 15).

In risposta al telegramma del 5 corrente dell'E. V. (4), ho avuto l'onore di riferirLe (5) quanto il Sottosegretario di Stato mi aveva detto circa le disposizioni del Gabinetto di Berlino in presenza della rottura che sembrava imminente f1ra il Sultano ed il Vicere d'Egitto.

Il Signor di Thile ora mi disse che, il giorno seguente, il Ministro di Prussia a Londra lo informava che il Governo Inglese credeva urgente di agire nel senso indicato dall'E. V., e che, presi gU ordLni de.l Re, aveva tosto telegrafato ad Alessandria ed a Costantinopoli invitando gli Agenti Prussiani ad associarsi ad ogni passo che si facesse onde prevenire complicazioni.

Il Signor di Thile aggiungeva che fortunatamente le disposizioni della Sublime Porta erano ormai diventate assai più miti e concilianti, ma ne prendeva occasione per manifestare un giudizio conforme a quello espresso nel dispaccio Politico n. 132 (6) dell'E. V. circa il contegno che la Porta Ottomana assume da qualche tempo nelle questioni estere.

<<Vice Rol m'annonce avolr reçu de la Porte note contenant grlefs. n va répondre et fera connaitre réponse >>.

(-3) Cfr. n. 503.

La soluzione delle ultime difficoltà della Sublime Porta colla Grecia era dovuta agli sforzi ed all'influenza delle Potenze Europee: sembrava invece che a Costantinopoli ne fosse risultato una non piccola illusione sullo sviluppo della forza e della vitalità della Turchia.

Mi sono associato a siffatto giudizio del Sottosegretario di Stato, come deve averlo fatto questo Incaricato d'Affari austriaco cui erano stati comunicati dei rapporti del Barone di Prokesch-Osten concepiti nel medesimo senso.

(l) -Pe,r la risposta cfr. n. 516. (2) -Il reggente il consolato in Egitto, Segre, aveva romun!cato con t. 1663 del 9 agosto: (4) -Cfr. n. 499, }n realtà del 4 agosto. (5) -Cfr. n. 502. (6) -Cfr. n. 492, nota 2, p. 465.
510

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 38. Parigi, 13 agosto 1869, ore 1,40 (per. ore 5,45).

L'Impératrice a été très sensible à la communication que je lui ai faite de la part du Roi (1). Elle m'a chargé de faire parvenir ses remerciements empressés à La Majesté. Elle compte arriver à Vénise le 14 ou le 15 Septembre par le train de 4,50 venant d'Insbruck et de Vérone. Elle désire garder le plus strict incognito et éviter toute sorte de réception. Elle s'instaUera à Vénise à bord de son yacht. Cependant si Sa Majesté met à sa disposition les gondoies royales elle les acceptera avec plaisir. Je vous enverrai les détails par poste.

511

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1674. Costantinopoli, 13 agosto 1869, ore 24 (per. ore 7,35 del 14).

On a reçu nouvelle d'Egypte que le Vice Roi viendra lui-méme à Constantinople pour expliquer et justifier sa conduite, ce qui facilitera beaucoup solution du différend.

512

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, DI SAN GERMANO

D. 78. Firenze, 13 agosto 1869.

Con un telegramma del 25 Luglio ultimo scorso (2) codesta Legazione informava il R. Ministero delle parole che il Signor Conte di Beust avrebbe pron

nunziato in seno al comitato delle delegazioni circa i rapporti esistenti fra l'Austria e l'Italia. Quelle parole erano state riferite al Marchese Pepoli dal Barone Pascottini uno dei membri delle delegazioni, e conchiudevano a dire che se l'Austria si era ravvicinata all'Italia ciò dipendeva da che l'Italia avea stretto premurosamente la mano che le veniva stesa; che l'Austria non avea però alcun trattato speciale coll'Italia; ma che l'avvenire non poteva essere preveduto e che per ogni eventuale interesse il Governo imperiale intendeva riservarsi completa libertà d'azione.

Avendo dippoi seguito con molta attenzione tutto ciò che nei fogli più accreditati si venne dicendo dei discorsi pronunziati dal Cancelliere imperiale in seno delle delegazioni, ci recò qualche sorpresa il vedere che delle parole anzi riferite non si menò alcun rumore abbenché le medesime potessero considerarsi forse come assai più gravi e significative di tant'altre intorno alle quale non si mancò di ragionare ampiamente nelle discussioni della stampa periodica. Desidererei quindi che si appurasse la verità circa le parole attribuite dal Barone Pascottini al Signor Conte di Beust intorno ai rapporti dell'Austria coll'Italia e ciò riuscirà probabilmente abbastanza facile alla S. V. ora che dopo il ragionare che si è fatto sui lavori delle delegazioni il segreto delle discussioni può credersi quasi completamente divulgato (1).

(l) -Cfr. n. 498. (2) -Non pubblicato ma cfr. n. 489.
513

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO (2)

D. B. Firenze, 13 agosto 1869.

Ho ricevuto i vari rapporti ch'Ella mi diresse circa il triste caso di Sebenico. L'ultimo di tali rapporti porta il N. 55. La ringrrazio della trasmissione fattami successivamente dei carteggi avuti dalla S. V. coll'Autorità Consolare Italiana in Sebenico, e di quelle altre informazioni che Le venne dato raccogliere su quel disgraziato avvenimento (3).

Il Ministero è ora in possesso di particolareggiate relazioni del Comandante di quel R. legno e dell'ufficiale dello Stato Maggiore che venne appositamente lasciato a terra e precisamente nel corpo di guardia della Città per riunire e calmare i Marinai italiani che si andavano arrestando per sottrarli a quanto dicevasi dal furore del popolo.

n. -114 in data del 25 Luglio ultimo (2). In quel dispaccio lo le rendeva conto di un abboccamento avuto col Conte di Beust appunto sulle dichiarazioni che ha fatte al Comitato delle Delegazioni ed alle quali riservansi le voci raccolte dal Barone Pascottlnl. Oggi medesimo ho ricondotto col Conte di Beust Il discorso su quell'argomento, ed egli mi ha ripetuto le stesse idee valendosi quasi delle identiche parole.

E siccome esse nella loro essenza confermano quasi per intero le dichiarazioni del Barone Pascottlni, così credo che alle parole di quest'ultimo si debba prestare piena ed intiera fiducia».

Sui fatti e sulle circostanze dell'avvenimento il R. Ministero si trova cosi in possesso di notizie sufficienti per potere dal canto suo formarsi un'idea abbastanza esatta delle ragioni vere dell'accaduto, .le quali, anziché in una querela od in una rissa di cui non importa ricercare i provocatori, sono da ricercarsi nelle condizioni sociali e politiche del paese che hanno certamente prodotto quella predisposizione degli animi che sola può spiegare l'esplosione d'odio contro gli italiani che ebbe luogo così improvvisamente.

Vorrebbe quindi il R. Governo che le di Lei investigazioni si portassero sopra questa grave quistione dei rapporti esistenti fra l'elemento italiano e l'elemento illirico dalmato nonché sull'influenza e propaganda croato-slava che si esercita nei paesi austriaci dell'Adriatico. E siccome una parte considerevole in tutto ciò che riguarda una così grave situazione sociale e politica vi ha certamente la stampa periodica locale, così desidererei che V. S. assumesse intorno al linguaggio della medesima quelle informazioni che Le permettessero di segnalarne al R. Governo le tendenze, e di indicare con fondamento la complicità di cui potesse taluno di giornali essere accusato nella colpevole opera di rinfocolare i rancori fra le parti che dividono miseramente lo spirito pubblico di codesti paesi.

Le indagini che V. S. farà per eseguire queste istruzioni la condurranno senz'altro a riconoscere se abbia alcun fondamento la voce da molti emessa in giro, ed accreditata nello stesso giornale !t Dalmata delli 7 Agosto, che non si siano a tempo combattute certe dottrine incendiarie che potrebbero mutare la questione dell'elemento nazionale del<l'Industria e della Dalmazia in una spaventevole quistione sociale fra proprietari e contadini.

Quest'ultima parte dello studio ch'Ella è chiamata a fare è d'indole molto delicata. A costituire le difficoltà di una situazione che certamente presenta non pochi pericoli possono avere ugualmente contribuito il contegno dell'Autorità in certe circostanze e la propaganda jugo-slava, della quale non è ben noto in qual misura l'opera sia o possa essere favorita come quella che potrebbe pur giovare a costituire una grande Slavonia del Sud a beneficio dell'Impero AustroUngarico.

Le osservazioni che a Lei sarà dato di fare intorno a siffatto argomento potranno forse recare qualche luce al proposito, ed io Le sarei ben grato di volersi occupare con qualche sollecitudilne di un oggetto che merita certamente tutta la nostra attenzione (l).

«Non ho mancato questa mattina di toccare al Conte di Beurt anche dell'inchiesta sui fatti di Sebenico, ma egli teme che i risultati non saranno molto soddisfacenti. imperocché il Governo crede che sia ormai provato che le provocazioni partirono dalla parte del marinai Italiani. Tuttavia egli mi ripetè che il Gabinetto di Firenze può star sicuro che l'inchiesta verrà fatta rigorosamente e che non si useranno riguardi ai pregiudizi della plebe slava».

Il 19 agosto comunicò inoltre con R. 126: In quanto al desiderio che V. E. mi esprime cioè di conoscere se quei dolorosi fatti potessero avere attinenze colla propaganda Panslav!sta o Jugoslava Le dirò chiaramente, che mi riuscirà assai difficile il poterlo appagare in modo efficace ed utile. Qui in Vienna non potrei raccogliere per illuminarmi a questo proposito, che le opinioni del giornali, ed !o non ho \n esse ne! tempi che corrono moltissima fiducia lmperocché, per ordinario, sono dominati dallo spirito di parte. Converrebbe forse recarsi a Sebenico medesimo per attingere positive e serie notizie.

34 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. XI

(l) -p,epoli rispose a questo dispaccio con il seguente R. 123 del 17 a.gosto: «Al dispaccio di V. E. serle politica n. 78, ho già perentoriamente risposto col mio rapporto (2) -Il dispaccio è indirizzato a Bruno il quale non era però In sede, come risulta dal n. 525. (3) -Si tratta di un ,Incidente avvenuto fra la popolazione di Sebenico ed 1 marinai della nave italiana «Monzambano».

(l) Analogo dispaccio venne inviato a Vienna il 14 agosto. Pepoli rispose con R. 125 del 17 agosto:

514

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 119. Vienna, 14 agosto 1869.

Il Barone di Werther, Ministro della Confederazione del Nord, ha letto or sono alcuni giorni al Conte di Beust una Nota del Barone di Thiel intorno ai rapporti dell'Austria colla Prussia. Essa è concepita in termini molto acerbi e nega assolutamente che il Gabinetto di Vienna abbia fatto delle proposte di amicizia al Gabinetto di Berlino.

Il Barone di Werther ha lasciato copia di questa Nota al Cancelliere dell'Impero, sull'animo del quale essa ha prodotto una sgradevole impressione. Ecco almeno quanto mi ha detto oggi stesso il Barone di Werther. E questa condotta per certo non servirà a temperare le ire che oggi più che mai accampano fra i due Governi.

515

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 120. Vienna, 14 agosto 1869.

La discussione sulla politica estera fu ieri chiusa nelle due Delegazioni dell'Impero e la condotta del Conte di Beust ha ottenuto dai Rappresentanti del Paese un'approvazione piena ed intera.

Nelle delegazioni ungheresi i fondi urgenti votati a pienezza di suffragii e nessuna votazione importante ebbe luogo per squittinio secreto. Nelle Delegazioni cisleitane il trionfo fu contestato ma riuscì per la fiera battaglia sostenuta più splendido. I voti segreti furono votati all'unanimità, meno due soli suffragii.

Alcune voci però sorsero, se non assolutamente in favore dell'alleanza prussiana, almeno indirettamente. È un fatto notevole di cui bisogna tenere gran conto, imperocché mostrò che l'idea dell'unità germanica non è spenta nelle Provincie tedesche dell'Impero, e che il partito radicale di cui in seno alle delegazioni si rese eloquente interprete il Signor di Regbaur, non si perita di proclamare la necessità di creare una solidarietà d'interessi ·e di aspirazioni fra l'Austria e le Provincie tedesche della Confederazione del Nord.

Un altro fatto pure rilevante è stato la votazione a cui diede luogo la proposta dell'opposizione di abolire il posto dell'Ambasciata austriaca in Roma. Non astante le energiche dichiarazioni del Governo, l'opposizione raccolse nove voti sopra 47 votanti.

L'importanza di questa manifestazione del partito liberale non isfuggirà certo all'apprezzamento di V. E., imperocché essa è una nuova prova dello spirito anticlericale che oggi domina gli animi in Austria e che ogni giorno diventa più gagliardo e più esigente.

516

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Torino, 15 agosto 1869, ,ore 9,55.

J'ai parlé avec Menabrea. Vous pouvez dire Empereur que je suis parfaitement d'accord en principe et dans le fait pour une entente secrète et mutuelle des trois Souverains pour le traité, mais pour ma part je ne pourrais définitivement le conclure que lorsque la retraite des troupes françaises sera assurée, comme le désire l'Empereur lui mème d'après la dépèche Nigra.

Vous ,pouvez faire connaitre ces sentiments à Vienne et insister sur la retraite troupes françaises déclarant que ce fait est le seul obstacle de ma part à une conclusion définitive dont les bases sont déjà acceptées. On étudie question candidat Papauté et nous ferons notre proposition.

Quant à Pepoli n'étant informé que des premières ouvertures qui nous ont été faites et ne connaissant pas les détails des négociations il est mieux ne pas le mettre au courant.

Ecrivez moi. Bon voyage.

517

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (2)

T. Parigi, 16 agosto 1869, ore 18.

Reçu dépèche (3). Manière voir de Votre Majesté de Menabrea et de l'Empereur Napoléon est identique. Traité servira de base à la politique des trois Gouvernements. Les trois Souverains ne seront pas definitivement engagés qu'à la signature du traité, qui ne pourra avoir lieu avant que évacuation Etat pontificai ne soit définitivement arrètée. Si j'ai accepté mission Empereur Napoléon aller Vienne, c'est parce que Empereur d'Autr,iche désirant le traité, aura le mème intérèt que nous à pousser Cabinet français au rappel des troupes. Je partirai définitivement samedi. Je ne verrai ni Pepoli ni personne. Prie Votre Majesté me dire quand pourrais vous trouver à Florence ou à Turin. Je comprends importance agir avec la plus grande prudence, nous engageant le moins possible tout en associant les intérèts d'autrui à notre but primitif qui est évacuation. Cette manière de faire, est la seule qui puisse empècher que le nouvel ordre de choses en France tourne contre nous.

(l) -Da ACR, ed. in Lettere VIttorio Emanuele II, vol. II, pp. 1442-1443. (2) -Da AOR. (3) -Cfr. n. 516.
518

L'A:GENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 110. Bucarest, 16 agosto 1869 (per. il 22).

Facendo astrazione dalle discrepanze intestine, ecco brevemente quale è la situazione attuale dei Principati Rumeni.

Malgrado il bisogno generalmente riconosciuto di viemmeglio cementare l'unione della Moldavia con la Vaiachia, pure l'unione non ha più a temere grandi scosse. I Moldo-Valachi ne ribadiscono anzi il successo, applicando con qualche affettatura ai Principati Uniti il nome unitario di Rumania, la quale aspettando con impazienza non smodata che le ultime tracce di vassallaggio si scancellino, considera se stessa come già emancipata dalla Turchia.

Le tendenze dei patrioti rumeni son quelle di annettersi i paesi della stessa loro razza soggetti all'Austria ed alla Russia, e per realizzare quanto vagheggiano fanno assegnamento sulla Russia che allo scoppiare di eventuali conflagrazioni europee potrebbe loro accordare un aiuto analogo a quello prestato dalla Francia all'Italia nel 1859. Mercé il potente concorso moscovita la Transilvania, la Bucovina e parte del Banato si staccherebbero dall'Austria, e la Bessaria sarebbe per danaro ceduta al Piemonte danubiano.

Il Gabinetto attuale incoraggia poco codeste aspirazioni. Ma Governo e popolazioni sono unanimi nel considerare gli Ungheresi quali oppressori della loro nazionalità, ed un presentimento vago dice alle seconde che la Russia soltanto potrebbe contribuire alla realizzazione di tutta o parte delle loro speranze.

La missione che i patrioti rumeni si danno, parmi superiore alle loro forze. Anzi tutto è dubbio che nella Bucovina, nel Banato, nella stessa Transilvania e nella Bessarabia il loro sentimentalismo sia diviso. Ed in quanto alla Rumania, essa è !ungi troppo dal possedere la salda organizzazione militare e civile del Piemonte, la fede inconcussa nei destini del paese, la tempra tenace e confidente delle popolazioni, la generale onestà, e la disposizione a sopportare i sacrifici che una lotta sproporzionata impone a tutti nei giorni del gran cimento.

E se vuolsi gettare uno sguardo al Principe, più che amore inspirano indifferenza, è rincrescevole il dirlo, le buone sue qualità e gli eccellenti suoi propositi.

519

VITTORIO EMANUELE II AL CONTE VIMERCATI (l)

T. Valdieri, 17 agosto 1869, ore 19,20.

Reçu dépeche (2) satisfait de vos idées celà va très bien si vous traitez à Vienne pour France traitez de la méme manière pour nous faites prévaloir

idée évacuation. Je serai Turin du 25 au 30 ensuite Florence dites-moi quand vous arriverez dans ces villes. Moi Pangella j'ai chiffrant pret prie porter liste nominale personnage importants pour mettre dans chiffrant.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 517.
520

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (l)

R. 444. Berlino, 17 agosto 1869 (per. il 20).

Nel rapporto n. 440 di questa ser~e (2), ho avuto l'onore di riferirle che il Presidente della Cancelleria Fede1rale aveva richiesto a Firenze, a Londra e a Parigi in qual guisa questi Governi intendevano farsi rappresentare nella Commissione giudiziaria, che stava per formarsi in seguito all'invito del Viceré d'Egitto. Oggi egli mi ha detto che, ritornando da Varztn, aveva letto i rapporti giunti a tal riguardo, e, riferendosi precisamente aH'esempio del Governo Inglese, ha aggiunto ·Che era d'avviso la Confederazione del Nord dovere astenersi dal mandare in Egitto commissari speciali, ma delega1re per rappresentarlo il suo Console Generale ad Alessandria con altro Impiegato consolare: la cosa avrebbe così un carattere meno atto a destare gelosie.

Il signor Delbriick non ha fatto altra allusione alla quistione preliminare che può venir sollevata dalla Sublime Porta; e però, conformandomi alle istruzioni contenute nel dispaccio che l'E. V. m'ha fatto l'onore di dirigermi il 3 corrente (3), ho avuto cura di astenermi dall'emettere qualsiasi giudizio sull'argomento di siffatta complicazione, *ed ho soltanto cercato di conoscere se questo Governo tema di vederla sorgere *. Frattanto non tralascerò di tenermi informato, il meglio che potrò, del modo di vedere di questo Governo a tal riguardo.

521

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 122. Vienna, 17 agosto 1869.

*Oggi ho potuto finalmente vedere il Conte di Beust * (4), dal quale *negli scorsi giorni* tentai inutilmente di ott•enere un abboccamento. Lunedì fui tre volte al Ministero, ma egli * era sempre occupato colle Delegazioni, e non poté rtcevermi. E ciò noto a V. E., per spiegarle l'indugio da me posto a rispondere al suo dispaccio del giorno 3 agosto Serie Politi.ca n. 75, intorno alle vertenze insorte fra la Porta e l'Egitto e la riunione dei delegati alla Commissione internazionale

che deve adunarsi al Cairo nella prima quindicina di ottobre per esaminare l'organizzazione giudiziaria di quel paese.

Alla domanda *categorica* che io indirizzai al Cancelliere Imperiale, cioè come intendesse regolarsi il Governo austriaco in questa grave questione, resa più grave dai recenti dissapori fra il Governo turco ed il Governo egiziano, mi rispose che egli aveva indirizzato una circolare ai suoi rappresentanti a Parigi, Londra, Pietroburgo, Berlino e Firenze, onde conoscere la linea di condotta che i Governi presso ai quali erano accreditati intendevano di seguire. Né era, aggiunse, suo intendimento di rispondere al Governo egiziano fino a tanto che queste diverse risposte gli fossero giunte.

Egli però desiderava indugiare a rispondere per tre principali ragioni, cioè: in primo luogo perché il Governo austr.iaco non aveva nessun interesse urgente acché le Capitolazioni Consolari cessassero, * in secondo luogo perché l'invio di un Incaricato speciale avrebbe importata una grave spesa, non potendosi a suo avviso affidare il difficHe incarico al Console Residente, e ciò per evidenti ragioni di convenienza e di delicatezza *; ed in terzo luogo infine perché le lagnanze molteplici del Governo ottomano contro il Governo del Cairo rendevano delicata assai in questo momento la situazione delle Grandi Potenze*.

L'opinione pubblica accusa di già il Governo austriaco di essere troppo favorevole al Governo egiziano, per arrischiare di aggiungere un nuovo argomento a questa accusa infondata. Egli credeva quindi opportuno di racchiudersi nell'avvenire in una stretta riserva.

Non aveva però certo a lodarsi del contegno della Porta, che, dopo aver fatto annunziare con insolita solennità dal suo Ambasciatore l'arrivo del Viceré a Vienna, si era !agnata delle accoglienze fattegli e delle cortesie usategli come di una offesa fatta alla propria autorità. E riusciva per certo molto strano che il Governo ottomano, dopo avere raccomandato alla benevolenza ed all'amicizia delle Grandi Potenz.e il Viceré come un Principe turco, lo trattasse pochi giorni dopo come uno sleale e fedifrago vassallo.

Egli però non prestava gran fede a tutta la sequela di accuse svolte contro di esso, né poteva indursi a credere che egli veramente si fosse reso reo di alto tradimento verso il Sultano e meritevoie di essere destituito come ne era stato minacciato ufficialmente. La Nota indirizzata dal Gabinetto austriaco in questo senso alla Porta, e che conchiudeva consigliando una politica di moderazione, era stata approvata dalla Francia e dall'Inghilterra.

In pari tempo però, onde non essere accusato di parzialità, aveva creduto di tenere al Viceré un linguaggio analogo, onde persuaderlo a non respingere la Nota della Porta ed a acconciarsi alle sue domande.

Da informazioni avute, e che egli reputava esatte, credeva che il Khedive avrebbe finito per cedere, e che tutto sarebbe accomodato mercè una grossa somma di danaro. Sventuratamente però egli temeva che, dopo l'affare d'Egitto, sarebbero tornati in campo i Principati, come dopo l'affare della Grecia era venuto l'Egitto. Il trionfo ottenuto dalla Porta alle conferenze di Parigi si direbbe le abbia quasi ispirato il quotidiano bisogno di affermare la propria autorità e la propria indipendenza.

Non nascondo però a V. E. che trovai il discorso del Cancelliere dell'Impero molto meno esplicito che le altre volte che ebbi l'onore di vederlo, e mi parve intravedere che qualche mutamento fosse avvenuto nel suo modo di vedere.

*Io non mancherò certo di tenere informato V. E. di quei dati che potrò raccogliere sopra questo argomento, ma intanto io debbo conchiudere dal linguaggio del Conte di Beust, che egli (l) non vuole nel,la questione deUa Commissione, che si deve radunare al Cairo, •prendere nessun impegno in favore dell'Egitto. La sua politica fin qui adottata è una politica di astensione *.

(l) -Ed., ad eccezione delle parole fra asterischi, in L V 21, p. 41. (2) -Cfr. n. 506. (3) -Cfr. n. 496, nota 5. (4) -I brani fra asterischi sono editi in L V 21, pp. 40-41.
522

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 124. Vienna, 17 agosto 1869.

Il Conte di Beust mi ha annunziato di aver risposto aU'ultima nota Prussiana in termini molto concilianti, e che questo dispaccio vedrà la luce per una amichevole indiscrezione di un giornale austriaco.

Io però ho trovato il Conte di Beust molto irritato e sdegnoso degli attacchi di cui è fatto segno. È naturale però, soggiunse, che ciò sia! Io voglio rialzare l'Austria e ciò rincresce al Conte di Bismarck.

Egli vorrebbe nella eventualità possibile di una guerra tra la Prussia e la Francia trovarsi a fronte un'Austria impotente e non un'Austria ordinata e libera, capace di battersi contro di lei e di vendere a caro prezzo la propria alleanza. Ciò che mi sdegna, aggiunse, sono gli attacchi dei nostri democratici, che non ripudierebbero un'alleanza col partito feodale prussiano, sperando poi, conseguita l'unità Germanica coll'aiuto della Dinastia prussiana, di proclamare la repubblica.

523

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1698. Costantinopoli, 22 agosto 1869, ore 18,25 (per. ore 23,30).

Envoyé egyptien vient d'arriver avec la réponse. Je l'ai lue, elle m'a parue très convenable. Seule difficulté sérieuse sera question des fusils et frégate cuirassée, sur laquelle la Sublime Porte attendait une réponse plus satisfaisante. Mais on croit que l'envoyé a pouvoirs pour traiter, et il n'est ici que depuis quelques heures.

(l) In LV 21 qui è aggillllta la frase seguente: « c•rede opportuno di racchiudersi per ora, e forse anche in avvenire, in una più stretta riserva prescrittagli dal sentimento pubblico di questo paese e che».

524

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 127. Vienna, 22 agosto 1869.

Questa mattina il Conte di Beust mi ha scritto, pregandomi di recarmi alla sua residenza; ed io mi pregio ora di rendere immediato conto all'E. V. dell'importante abboccamento che ho avuto con lui.

Il Cancelliere dell'Impero si è affrettato a comunicarmi che, in seguito ad una nota giunta da Parigi intorno al conflitto turco-egiziano, il Governo austriaco aveva creduto di uscire dalla riserva, alla quale si era fin qui attenuto, ed aveva accolto la domanda dei Gabinetti di Londra e di Parigi di nominare anche esso un rappresentante alla Commissione internazionale che si deve radunare al Cairo nella prima quindicina di ottobre, onde fare un'inchiesta sull'opportunità delle Capitolazioni consolari ·in Egitto.

Io non potei tacergli il mio stupore per un così improvviso mutamento, ma Egli mi rispose dicendomi, che egli non applaudiva alla politica dell'Inghilterra e della Francia in Oriente, ma non voleva che il suo paese rimanesse isolato, ed al di fuori dell'azione dei suoi naturaH al1eati. Egli credeva che il circoscrivere l'opera della Commissione internazionale alla modesta sfera di una commissione d'inchiesta era una concessione soverchia ane esigenze del Governo turco; ed è perciò che egli in realtà aveva fin qui reputato miglior consiglio l'astenersi.

La sua Nota, che egli aveva inviata a Costantinopoli per temperare le esigenze della Porta, non era stata accolta con simpatia a Londra, ed il Governo egiziano aveva dovuto convincersi che era una necessità suprema per lui il sottomettersi senza restrizione alle domande del Sultano. Ma egli prevedeva che questa nuova vittoria del Gabinetto ottomano avrebbe aumentato l'alterezza e la inflessibilità della sua politica, e che non andrebbe guarì ch'egli av·rebbe suscitate nuoV'e complicazioni nei Principati o nella Servia.

Ed infatti un sintomo di ciò egli ne aveva già avuto in una recente comunicazione del Gabinetto inglese, che rifiutava di trattare direttamente colla Rumenia l'abolizione delle Capitolazioni Consolari; ma che proponeva si trattasse la questione contemporaneamente e colla Porta e col Governo del Principe Carlo.

Le confesso Signor Ministro, che a me pure questa pretesa pare eccessiva, e non potei nascondere la mia personale impressione. In quanto a me, credo francamente che la politica che pur vorrebbe seguire il Cancelliere dell'Impero in Oriente è assai più logica e liberale di quella propugnata a Londra e a Parigi. Il Conte di Beust ha sulla questione orientale delle idee molto chiare ed esplicite, che espone lucidamente, ma egli finisce però sempre per cedere alla pressione dei Gabinetti di Parigi e Londra e per sottomettere la logica alle esigenze della politica generale. E per lui le esigenze della politica generale si riassumono sempre nella necessità di non rimanere isolato.

Avendogli io però osservato, come V. E. alcuna volta mi avesse toccato nei suoi dispacci del desiderio che l'Italia nella questione d'Oriente procedesse

d'accordo coll'Austria, colla quale ha vera comunanza di locali interessi, Egli

mi rispose vivamente, che Egli pure avrebbe desiderato stabilire con Firenze

un accordo di idee e di fatti, ed avrebbe voluto, con noi, tracciare al di fuori

d'ogni influenza una linea logica e normale da seguirsi invariabilmente dai

due Governi.

Io non le nascondo, Signor Generale, che il Conte di Beust incomincia a sentire in faccia al proprio paese la necessità di affermare l'indipendenza della propria politica, di purgarsi sovratutto dall'accusa di subire sempre l'influenza francese.

Io chiesi al Conte di Beust, se egli credesse per avventura che qualche potenza segretamente cercasse d'inasprire la questione turco-egiziana, per avere in pronto ad ogni evenienza un casus belli. Mi rispose nettamente, che in questo momento Egli credeva che tanto la Francia quanto la Prussia fossero desiderose di mantenere la tranquillità e la pace.

525

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. s. N. Mondovì, 23 agosto 1869.

Avendo appreso dal Cavalier Di Sambuy, Console Reggente il Consolato Generale di cui ho l'onore di essere il Titolare, che l'E. V. desidera una re,lazione sulle condizioni della Dalmazia (l), io mi sforzerò di soddisfare per quanto mi sarà possibile al desiderio da Lei espresso, e lo farò tanto più volentieri in quanto che potrò di qui esprimermi più liberamente che non lo potessi in Trieste.

Il « Divide et Impera » che fu per tanto tempo la massima costante del Governo austriaco assoluto, continua ad essere la norma del Governo Costituzionale Austro-Ungarico. L'Austria che si appoggia in Trieste sull'elemento slavo per combattere le aspirazioni dei suoi sudditi italiani, e che nena Carnia combatte gli slavi col mezzo dei tedeschi, si serve in Dalmazia dell'elemento italiano per contrariare le aspirazioni degli slavi.

L'Austria continuò verso la Dalmazia la politica della Repubblica veneta, essa la trascurò completamente. Appena si iniziò la presente organizzazione dell'Impero Austriaco, sotto l'impulso del Conte di Beust, sorse nella Dalmazia un partito potente per numero e per influenze, il quale manifestò le sue aspirazioni ad unirsi alla Croazia, coll'intento di formare in un lontano avvenire uno stato omogeneo (la Slavia meridionale) aggregandosi il Montenegro, la Serbia e l'Erzegovina. Questo partito, appoggiato dalla Croazia e capitanato dal Clero, conta fra i suoi aderenti la popolazione agricola della Dalmazia, e fino alla metà dell'anno 1868 fu favorito dal Governo, rappresentato in allora dal Luogotenente Feldmaresciallo Barone Philippovich, .a-ppartenente, per nascita,

alla Croazia. Esso trovò però tosto una fe.rma resistenza ed opposizione nelle popolazioni delle città che parlano l'Italiano.

Si trovarono quindi due partiti l'uno contro l'altro, cioè il partito italiano, che vuole l'autonomia della Dalmazia ed ha per suo o,rgano il Giornale Il Dalmata, ed il partito che aspira all'unione colla Croazia, il quale assunse la denominazione di «Partito nazionale 1> ed ha per suo organo un giornale intitolato Il Nazionale. Questi due partiti che si combattono e si fanno guerra accanita, ingiuriandosi a vicenda, dividono ora miseramente la Dalmazia in due parti. Il partito nazionale prevalse finché fu al potere il Barone Philippovich, che lo favoriva, ma la sua influenza si è molto scemata dopo che verso la metà dell'anno 1868, il Philippovich venne surrogato da altro Luogotenente, il quale, abbandonando le tradizioni del suo predecessore, si pose ad appoggiare il partito autonomo.

Codesto R. Ministero rammenterà le difficoltà che sul finire dell'anno 1867 si dovettero superare per provvedere di titolare le Regie Agenzie Consolari della Dalmazia e segnatamente quelle di Zara e di Sebenico. Io avevo proposto per Zara il signor De Stermich, il quale erasi mantenuto quasi neutrale fra i due partiti, e per Sebenico il signor Biani, persona rispettabilissima sebbene appartenente ai partito autonomo. Ma il R. Ministero. cedendo a sollecitazioni direttamente ricevute, mi suggerì di nominare a Zara il Signor Brattanich, il quale apparteneva al partito nazionale, ed il Signor Bioni essendo stato dal Barone Philippovich ricusato unicamente in odio al partito autonomo, codesto

R. Ministero si trovò indotto ad autorizzare la nomina del Cavalier G. B. Fontana, figlio del già presidente della Corte d'Appello della Dalmazia. A tutti gli Agenti Consolari nominati, e specialmente ai signori Brattanich e Fontana, io feci fin da principio chiaramente osservare che il Governo del Re non intendeva di menomamente ingerirsi delle questioni che disgraziatamente dividono la Dalmazia, e che essi perciò, senza rinunziare alle loro opinioni personali, dovevano uniformarsi aile viste del R. Governo, astenendosi recisamente da'l prendere qualsiasi parte alle lotte che fervono accanite tra i due partiti. E debbo confessare, ad onore del vero, che le mie istruzioni vennero religiosamente da tutti i R. Agenti Consolari osservate. Difatti io non ebbi mai alcun motivo di fare ad alcuno di loro qualsiasi osservazione che riguardasse la condotta politica. Lo stesso giornale Il Dalmata che si era da principio mostrato avverso al signor Brattanich ed al signor Fontana, era più tardi venuto a resipiscenza e non erasi più occupato di loro, finché i recenti tristi avvenimenti di Sebenico sorsero a provocare delle insinuazioni in odio al signor Fontana. Non è però meno vero che la condotta tenuta da lui in questa circostanza non potrebbe essere censurata. Il dispaccio telegrafico che egli mi ha indirizzato (e che ho comunicato all'E. V.) per informarmi che gli italiani a Sebenico continuavano ad essere ingiuriati, e la lettera, pure comunicata all'E. V. se non erro, che egli ha indirizzato ai Consigliere Capo della Commissione d'inchiesta spedita a Sebenico dalla Luogotenenza di Zara, mostrano evidentemente che, sebbene come appartenente al partito nazionale, sia dal partito contrario accusato di inerzia e di parzialità, egli seppe ciò non di meno serbare quell'indipendenza di carattere che gli era necessaria per compiere fedelmente il suo dovere di

R. Agente Consolare.

Premesse queste considerazioni necessarie per giudicare con piena cognizione di causa le polemiche che gli avvenimenti di Sebenico suscitarono contro il signor Fontana, tomo sull'argomento del,le condizioni della Dalmazia. Io mi sono talvolta domandato perché il Governo austriaco che fino alla metà del 1868, aveva in Dalmazia appoggiato il partito nazionale col mezzo del Barone Philippovich, abbia, a partire da quella data, mutata la sua politica, ordinando una contraria condotta al Luogotenente che è succeduto al Philippovich, ed a questa domanda mai non seppi dare altra spiegazione che la seguente: il Governo Imperiale, o meglio ancora il Governo della parte Cisleitana dell'Impero, si accorse troppo tardi che, appoggiando il partito nazionale, quello cioè che tende ad unire la Dalmazia alla Croazia, si favorivano indirettamente le mire del Governo ungarico che tendono ad aggregare la Dalmazia alla parte transleitana dell'Impero. E siccome esso non vuole assolutamente privarsi della Dalmazia, la quale soltanto può fornire alla flotta austriaca buoni marinai, e che per i numerosi suoi porti e seni e per la sua felice posizione è chiamata ad un brillante avvenire di commercio e specialmente di transito, così trovò conveniente di appoggiarsi al partito autonomo, il quale, composto di elementi italiani, è onninamente avverso a qualsiasi pensiero di unione colla Croaua. Questo è il solo senso razionale che, a mio avviso, si possa attribuire al voltafaccia della politica austriaca nella Dalmazia, imperocché mi ripugna il supporre che il Governo austriaco abbia potuto permettere al croato Barone Philippovich di fare della politica personale.

Debbo poi notare che i1 partito autonomo della Dalmazia non è da confondersi col partito così detto iltaliano di Trieste e dell'Istria. Questo aspirando all'unione coll'Italia spera nell'avvenire e cerca di prepararlo. Per contro il partito autonomo della Dalmazia è lontano da qualsiasi pensiero di unione coll'Italia. Esso è capitanato dal Consigliere aulico Lapenna, fedelissimo austriaco, e non aspira punto a disgiungere ,la Dalmazia dall'Impero austro-ungherese, ma soltanto ad impedire l'unione di essa alla Croazia ed all'Ungheria. Esso ricusa l'unione alla Croazia, peTché avendo la coltura e la civiltà latina non vuole fondersi con una provincia appena ora uscita dalla barbarie, che per la superiori,tà del numero la soverchierebbe, mentre per contro il partito nazionale vede che la Dalmaz'ia, misera di terra e di popolazione, sarà in avvenire trascurata, come lo fu per lo passato dalla RepubbHca veneta e dall'Austria, e che non ha perciò alcun avvenire avanti a sé, finché rimane disgiunta, mentre, unendosi alla Croazia, colla speranza di aggregare più tardi le popolazioni sorelle dei Montenegro, della Serbia e deLl'Erzegovina, potrebbe col tempo formare uno stato forte, potente ed omogeneo.

Io credo che questi cenni possano bastare per dare all'E. V. un'idea approssimativa esatta sulle presenti condizioni politiche della Dalmazia. Le sue condizioni economiche non sono punto migliori. I dalmati speravano che, col nuovo Tmttato di commercio ItaJlo-Austriaco, le loro relazioni commerciali coll'Italia avrebbero ricevuto un incremento, ma le loro speranze furono frustrate. I negoziatori italiani non avendo presente che la Dalmazia non era compresa nel sistema doganale austriaco ed aveva una tariffa speciale, non cercarono di stabilire speciaLi condizioni per quella Provincia. Ne conseguitò quindi, che la maggior parte delle tasse stabilite daJ nuovo Trattato di Commercio trovandosi superiori a quelle fissate dalla Tariffa doganale speciale per la Dalmazia, questa non trasse il menomo vantaggio dal Trattato medesimo. La Dalmazia deve quindi unicamente dipendere dalla piazza di Trieste e dal Lloyd Austriaco, il quale, nel fatto, esercita un vero monopolio sulle relazioni commerciali della Dalmazia. È questo un incubo per i Dalmati delle città marittime, e quindi un loro ardentissimo desiderio sarebbe lo stabilimento di una linea di navigazione a vapore che facesse viaggi periodici e diretti tra Zara e Spalato da una parte e Venezia ed Ancona dall'altra. Questa linea di navigazione, oltre all'aumentare le relazioni commerciali tra l'Italia e la Dalmazia, per quanto ora lo consentono le vigenti tariffe doganali, smorzerebbe gli odii contro gli italiani, che pur troppo sono tradizionali all'animo della plebe e dei contadini dalmati, 'i quali non hanno ancora dimenticati i modi coi quali la Repubblica veneta esercitava in quelle provincie il suo Governo di conquista. Il Governo del Re promuovendo l'istituzione di una società che intraprendesse quella navigazione, farebbe a mio avviso opera savia. Il benemerito Cavalier Tonello di Venezia, il quale non ha punto dimenticata la sua patria, sebbene abbia ottenuto onori e ricchezze in Trieste sotto il Governo Austriaco, e che già diede prova di grande generosità verso altri istituti veneti, propugna calorosamente lo stabilimento della desiderata linea di navigazione a vapore tra la costa dalmata e quella italiana che le sta di fronte, e sarebbe disposto a concorrere generosamente anche a questa patriottica impresa. Io vorrei che il Governo del Re lo incoraggiasse nell'opera filantropica, ed a tale effetto mi propongo, al mio passaggio a Firenze, di intrattenere l'E. V. di quanto egU ha già operato a prò della Venezia, e delle buone disposizioni che egli mostra di adoperarsi onde scuotere ii Veneti dall'inerzia e spronarli ad emulare e da gareggiare d'attività con Trieste loro antica rivale (1).

(l) Cfr. n. 513.

526

IL MINISTRO A CARLSRUHE, ARTOM, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 126. Baden, 24 agosto 1869 (per. il 27).

È qui da più settimane il Principe Gortchakoff. Io lo vedo di quando in quando, ed egli è sempre assai gentile. Evita però di discorrere di politica, ed io stesso non credo conveniente di stargli troppo ai fianchi con indiscrete interrogazioni. Tuttavia, avendolo accompagnato stamane nel suo passeggio verso Lichtenthal, feci cadere il discorso sull'ultimo dispaccio del Conte di Beust. Il

<< Riassumendoml dirò: salve sempre le onorevoli ma rare eccezioni, le lotte dei cosi detti partiti politici menano più rumore su pei giornali che non meritino di fermar l'attenzione per loro importanza politica, essendo, più che altro, veste a privati Interessi, a cui la gran maggioranza della popolazione non piglia parte. Quanto all'Ira, al maltalento che in dati casi si mostrarono contro gli !tal!an!, anziché d! sentimento pol!tlco del paese Intero, o di questione sociale, è effetto d'antica propaganda governativa, e spetta quindi all'I.R. Governo il prendere con sincerità e senza restrizioni serle misure per Impedire 1 frutLi del mal seme altre volte sparso, preg!udizievole alla conservazione delle buone relazioni materiali e mora!! colla vicina Italia, e perciò stesso dannoso non solo a questa, ma eziandio al progresso d! quelle popolazioni».

Principe mi disse: «A mio avviso il Conte di Beust non sa rassegnarsi alla condizione di cose fattagli dagli avvenimenti, e si contorce come un malato sul suo letto di dolore. L'Austria dovrebbe imitar l'esempio della Russia e raccogliersi. Non credo tuttavia che per ora vi sia pericolo di nuove complicazioni. La pace dura, non per merito dei Governi, ma perché ciascuno degli Stati Europei ha troppe piaghe interne da sanare, per poter pensare ad altro. Mi pare, diss'egli, che anche l'Iitalia sia in questo caso. La Francia ha a fare in casa sua. La Prussia digerisce a gran pena i territor-i ingojati. Niuno desidera più sinceramente la pace del Conte di Bismarck. Ma egli non è il solo influente a Berlino. 11 Conte Bismarck può riposarsi sugli allori ottenuti (il peut se draper dans ses succès) mentre il Conte Beust non sa rassegnarsi alla sua sconfitta».

Dissi al Principe essere anch'io convinto che il Conte Bismarck desideri evitare la guerra: se l'avesse desiderata, l'avrebbe fatta all'epoca in cui si discuteva la questione del Luxembourg, perché allora la Francia e l'Austria non erano cosi preparate come ora lo sono. « Fu la Russia », rispose il Principe, «che allora impedì la guerra: ed io dubito ancora se abbiamo fatto bene o no. Ma l'Imperatore Alessandro volle così e la guerra fu evitata».

Soggiunse che Lord Clarendon, il quale è ora a Wiesbaden, gli scrisse che bramava vederlo per conferire con lui d'argomenti pubbHci e privati. « Probabilmente faremo ciascuno metà deLla via e c'incontreremo ad Heidelberg od in qualche piccola città >>. Cosi terminò il nostro colloquio.

Ho creduto che potesse interessar l'E. V. di .conoscere il linguaggio tenuto dal Principe Gortchakoff sulla situazione attuale. Benché finga di non occuparsi affatto di politica, ha seco il suo segretario particolare Signor Homburger, e so che pochi giorni sono ha spedito a Ber>lino, il Conte Cassini, Segretario della Legazione russa a Carlsruhe.

Quale sarebbe l'atteggiamento della Russia se scoppiasse la guerra? Questa domanda mi venne spesso alle labbra: ma il pronunciarla non sarebbe stato il modo più acconcio di ottenere una risposta. L'E. V. ha senza dubbio da Pietroburgo le informazioni necessarie per giudicare, per induzione, di quanto avverrebbe in quella ipotesi. D'altronde è probabile che niuna decisione sia stata presa ancora: giacché il modo con cui sarebbe formulata la questione esercita naturalmente una grande influenza sulle determinazioni dei Gabinetti Europei. Tutto fa sperare del resto che una simile eventualità non possa cosi presto presentarsi.

(l) Anche il reggente il consolato a Trieste, Sambuy, inviò li 31 agosto con R. confidenziale 60 una relazione sulle condizioni della Dalmazia. Se ne pubblica solo la conclusione:

527

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (l)

D. 31. Firenze, 25 agosto 1869.

Durante la di Lei assenza da Alessandria, quella R. Agenzia ha ricevuto una comunicazione ufficiale del Governo del Khedive colla quale ci si invita

a procedere alla nomina dei commissari che dovranno rappresentare l'Italia nella commissione internazionale che si dovrebbe riunire a'l Cairo nella seconda quindicina del prossimo ottobre per istudia.re la grave quistione della riforma giudiziaria.

Nella .lettera che Zoulfikar-Pacha ha indirizzato al Reggente della R. Agenzia si dice che il Governo del Re avea fatto già sapere a quello del Khedive come egli fosse disposto a prendere parte ad una commissione incaricata di esaminare l'ordinamento giudiziario che il Gover111o egiziano propone. A questo riguardo per evitare difficoltà future noi •riteniamo che sia importante di non iscostarci dai termini stessi nei quali furono stabilite le preliminari intelligenze prese con S. E. Nubar Pacha allorché questi si condusse nell'ottobre scorso in Firenze.

V. S. ebbe a tempo debito comunicazione della lettera in data del 5 ottobre 1868 (l) colla quale il Governo del Re ha risposto officialmente alle entrature fattegli da quel Ministro egiziano.

'

Nubar Pascià aveva scritto che la Commissione internazionale avrebbe per iscopo di esaminare le guarentigie che presenterebbe la composizione dei tribunali egiziani, di deliberare sul modo di redigere un Codice di procedura e sulle modificazioni da introdursi nelle leggi egiziane per poterle applicare a tutte le questioni che sorgono fra gli indigeni e gli stranieri. Aggiungeva poi Nubar Pascià che la Commissione ·preparerebbe per tal guisa le risoluzioni definitive di tutte le parti interessate nella questione. Ed il Gover111o del Re, convinto che l'ordinamento giudiziario attualmente in vigore in Egitto lascia molto a desiderare, si professava disposto ad aderire in massima a tutti i provvedimenti che avessero per iscopo di preparare una riforma della cui necessità si è generalmente persuasi. Ma nel tempo stesso il Governo di S. M. pigliava atto delle verbali dichiarazioni colle quaH S. E. Nubar Pascià aveva accompagnato la sua comunicazione scritta; e ciò faceva nei precisi termini seguenti:

« DaUe spiegazioni verbali che V. E. ha aggiunto alle sue comunicazioni scritte, risulta che la Commissione europea che si tratta di riunire dovrebbe preparare soltanto gli studi indispensabili perché ogni Governo possa in seguito deliberare con piena cognizione di causa>>. Epperò il Governo del Re riputava che la convocazione di una simile Commissione, avente un carattere puramente consultivo, fosse cosa utile e che la riunione dovesse di preferenza farsi in Egitto, acciocché le circostanze particolari del paese e lo stato della legislazione locale potessero essere meglio e più agevolmente esaminati dai Commissari a ciò delegati dalle Potenze.

Queste cose sembra opportuno rammentare come quelle ,che tracciano perfettamente il limite del mandato che il Governo di Sua Maestà intende dare per ora ai Commissari ch'egli designerà per rappresentarlo in quella Commissione Consultiva. In ciò il R. Governo non si scosta dall'opinione che sembra prevalente anche presso altre Corti dove nel carattere anzidetto, che si vuole conservato alla Commissione internazionale, si è ravvisato una ragione sufficiente per eliminare ogni dubbio intorno aUa opportunità di aderire all'invito fatto dal Governo egiziano di nominare i membri della Commissione, mentre

ancora è pendente la vertenza sollevata dalle difficoltà mosse all'Egitto dal Divano Imperiale di Costantinopoli. I Gabinetti europei sono infatti troppo solleciti de~la conservazione dei buoni rapporti fra Costantinopoli ed il Cairo per poter decidersi ad atti i quali potrebbero, ove fossero male interpretati, accrescere le difficoltà di una situazione che a tutti importa di vedere prontamente definita con reciproca soddisf,azione delle due parti 'Principalmente interessate. Conservando alla Commissione il carattere consultivo ed ai suoi lavori quello di un'opera puramente preparatoria, non sono da temersi altre complicazioni. Il Governo del Re non solo aderisce quindi di nuovo alla riunione di una simile Commissione ma si propone di farvisi rappresentare dai suoi Commissari dei quali posteriormente la S. V. sarà incaricata di far conoscere al Governo egiziano i nomi. Intanto al suo giungere in Egitto, Ella potrà valersi delle cose esposte in questo mio dispaccio per far conoscere a quel Gove,rno gli intendimenti nostri che non cessano di essere favorevoli a tutto ciò che evitando di creare difficoltà al Governo del Khedive, può contribuire ad accrescere la prosperità di un paese, dove considerevoli sono gli interessi italiani (l).

(l) Ed., con alcune varanti, in LV, pp. 42-43.

(l) Cfr. Serle I, vol. X, n. 566.

528

IL CONTE VIMERCATI AL CANCELLIERE AUSTRO-UNGARICO, BEUST

L. P. Vienna, 25 agosto 1869.

Le Prince Metternich m'ayant donné une lettre pour V. E. je viens vous demander à quelle heure je pourrai avoir l'honneur de vous la remettre; désirant que mon séjour à Vienne so1t ignoré, je voudrais le prolonger le moins longtemps.

Je viens donc demande~ à V. E. de vouloir bien m'indiquer par un mot, que je vous prie de faire remettre au porteur de la présente, l'heure à laquelle Elle voudra bien me recevoir (2).

529

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINIS'JIRI A BERLINO, DE LAUNAR, A MADRID, CERRUTI, A MONACO DI BAVIERA, MIGLIORATI, A PARIGI, NIGRA, E A VIENNA, PEPOLI, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BRUXELLES, MAROCHETTI, A LISBONA, PATELLA, E A PIETROBURGO, INCONTRI

T. 981-bis. Firenze, 26 agosto 1869, ore 18.

VeuiJllez me faire connaitre a,u plus tòt par télégraphe la dét&mination que le Gouvernement auprès du quel vous etes accrédité a prise ou bien se

<< Autriche devrait prendre l'initiative pour déclarer dans une circulaire diplomatique que les délibérations du ConcHe ne sauraient avoir le caractère d'indépendance absolue qui peut

propose de prendre au sujet du Concile; à quelles conditions les éveques seront autorisés à y intervenir. (Tranne BerUno e Pietroburgo) sì le Gouvernement s'y fe.ra représenter(l).

(l) -Del contenuto di questo dispaccio venne informato Barbolani con D. 10 del 27 agosto. (2) -L'incontro fra Beust e Vimercati ebbe luogo il 26 agosto. Cfr. in proposito Beust a Vitzthum, in ONcKEN vol. III pp. 224-225 e Origines diplomatiques. vol. XXV, pp. 400-402 e il seguente appunto senza data di Vimercati (ACR):
530

IL MINISTRO A MADRID, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1713. Madrid, 27 agosto 1869, ore 16,15 (per. ore 21,55).

Conversation confidentielle avec ministre des affaires étrangères, Gouvernement espagnol n'a pris aucune détermination sur Concile. Tout dépend de la réponse satisfaisante de Rome sur la formule du sermon du clergé. Courrier part demain pour Rome fixant au 20 septembre réunions définitives; si la réponse est favorable on laissera partir les evéques, si non le Gouvernement ne donnera pas autorisation. Si les evéques sont autorisés à y aUer, et si les autres Gouvernements envoyent ambassadeur l'Espagne enverra M. Posada Herrera.

531

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, MIGLIORATI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1710. Monaco, 27 agosto 1869, ore 16,40 (per. ore 17,40).

Le Gouvernement bavarois ne mettra aucun empéchement à ce que les évéques se rendent au Concile. Le nombre de ceux-ci dépendra de la décision d'une réunion des évéques à Fulda. Les rapports entre l'Etat et I'Eglise étant réglés par le concordat, le Saint Siège n'ayant adressé aucune invitation à la Bavière le Gouvernement n'a pris à ce propos aucune décision. Je pense qu'en tout cas il déclinerait de s'y fair·e représenter.

532

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, MAROCHETTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1712. Bruxelles, 27 agosto 1869, ore 18,40 (per. ore 20,50).

Ministre des affaìres étrangères vient de me dLre que le Gouvernement beige ne voulant déroger au principe constitutionnel de la séparation de l'Eglise

seule leur assurer l"autorité nécessaire, si elles ne se produlsaient pas en dehors de la présence d'une occupation étrangère. On croit que l'Espagne, l'Italie et !es autres Puissances cathollquess'associeralent à l'lnitiative de l'Autriche et qu'elle ne déplairal.t pas à l'Empereur Napoléon qui trouverait dans cette démarche un moyen de faire accepter par la Chambre et par l'opinionpublique française la retraite des troupes qu'Il désire ardemment ».

et de l'Etat doit rester à l'écart. Le respect de ce princtpe a déjà été la base de sa réponse au Qabinet de Munich. Le Gouvernement n'a pas droit d'apporter aucune inte,rdicti:on à l'intervention des évèques; moins absolu sur la représentation au Concile dont il parait admettre possibilité, mais le Gouvernement belge n'a pas été appeJé à délibérer. Sans vouloir se prononcer il m'a semblé enclin à imiter Ugne de conduite de la majorité des puissances catholiques; il m'a observé que <1a France se trouvait, à cet égard, dans des conditions spéci:ales; il a résumé disant: «pour le moment abstention ».

(l) Per le risposte cfr. nn. 530, 531, 532, 533, 534, 536, 537 e 538.

533

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSLGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1711. Vienna, 27 agosto 1869, ore 18,50 (per. ore 19,45).

Le Gouvernement impérial n'a pas encore pris parti définitivement relativement aux éveques. Beust croit c~pendant qu'il ne mettra aucun obstacle ni aucune condition à Ieur présence au Concile. Quant à se faire rep,résenter au Concile, tl a été surpris d'une communication du Gouvernement français qui paraU décidé d'envoyer un représentant à Rome. Il a demandé explication; à peine reçues il nous communiquera ses résolutions.

534

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSlGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1708 bis. Parigi, [27 agosto] 1869 (l).

J'ai demandé récemment pour la deuxième fois à La Tour d'Auvergne quelle résolution Gouvernement Impérial avait prise au sujet du Concile. Il m'a assuré que le Gouvernement impértal n'en avait prise aucune et qu'il ne pouvait me donner que son opinion personnelle, qui était que le Gouveil."nement devait s'abstenir de se faire représente!r au sein du Concile. Quant aux évéques je ne doute pas qu'on les laissera partir sans conditions. Empereur est souffrant, les Ministres le voyent à peine. Depuis ,le nouveau Ministère pas un seul mot n'a été prononcé au Conseil au sujet du Concile. Soyez en fait certain que si on prend une détermination j'èspere etre à mème de vous en faire part sans délai.

35 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. XI

(l) Il telegramma è privo di data; si inserisce sotto il 27 agosto tenendo conto della posizione nel registro dei telegrammi in arrivo e poiché risponde al n. &.29.

535

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 982. Firenze, 28 agosto 1869, ore 0,30.

Veuillez me donner le p~lus souvent possible des nouvelles de la santé de l'Empereur. Nous désirons pouvoir démentir dans les journaux les bruits fàcheux qui courent à ce sujet et qui ont une influence funeste sur la bourse (1).

536

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1718. Berlino, 28 agosto 1869, ore 15,30 (per. ore 2,30 del 29).

Aucune détermination définitive au sujet du Concile n'a été prise par le Gouvernement prussien. Il tàchera d'inUuencer sous main les évèques libres de se rendre au Concile, mais qui savent parfaitement tous, aussi bien qu'à Rome, qu'on ne souffrirait en Allemagne aucun empiètement. Au reste vu l'absence du ministre des cultes et celle du prince Hohenlohe de Munich les choses sont en suspens.

537

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, PATELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1717. Lisbona, 28 agosto 1869, ore 18,30 (per. ore 23,50).

Conseil des ministres a décidé que le Portugal n'ayant pas reçu invitation ne doit pas étre représenté 3!U Concile. En tout oas on suivra exemple de la majorité des puissances catholiques. Les évèques seront libres d'y intervenir à leurs frais et on ne leur imposera aucune 'condition, le Gouvernement portugais voulant se réserver liberté d'action pour les décisions qu'on prendra.

538

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1716. Pietroburgo, 28 agosto 1869, ore 19,30 (per. ore 23,40).

M. le comte Westmann vient de me di.tre que le Gouvernement russe persiste et se propose de persister dans la ligne de conduite dont j'ai eu l'hon

neur de rendre compte !Par ma dépéche réservée du 10 juin (1), c'est-à-dire de n'autoriser à aucune condition les évéques à se rendre au ConcHe et garder toute sa liberté d'action ll'elativement à Ira pubUcation en Russie des principes qui seront adoptés dans cette réunion.

(l) Nigra ,comunicò oon t. 1719, 1722 e 1730 del 29, 30 e 31 agooto che la salute dell'Imperatore era in netto miglioramento.

539

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI

T. 983. Firenze, 29 agosto 1869, ore 15,32.

Puisque dans ila liquidation financière qui s'est négociée jusqu'à présent à Vienne, le Gouvernement autrichien est disposé à reconnaillre en faveur du Gouvernement italien une somme considérable à titre d'indemnité de guerre due aux provinces italiennes qui ·faisaient précédemment partie de l'Empire, nous sommes disposés de notre còté à poUJrsuivre les négociations sur cette nouvelle base pour arri~r à une conclusion définitive.

540

IL MINISTRO A MADRID, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

L. P. Madrid, 30 agosto 1869.

Probablement le général Prim vous fera de nouve1les ouvertures pour

S.A.R. le Due d'Aoste. Il est venu m'en parler quelques jours avant son départ. II compte SUir une grande majorité des Cortes.

Par lettre que je vous expédierai par voie sure vous connaitrez ~e motif du sllence gardé par moi jusqu'à présent.

541

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI

T. 985. Firenze, 31 agosto 1869, ore 8,25.

Tachez de voir Beust et Becke avant leux départ et de leur faire part du contenu de mon dernier télég;ramme sur questions financières (2). Il serait très bon d'obtenir adroitement leur acceptation du principe de traiter sur les lndemnités de guerre.

(l) -Cfr. n. 383. (2) -Cfr. n. 539.
542

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 112. Bucarest, 1° settembre 1869.

L'indomani del suo ritorno dalla Crimea il Principe Regnante mi ricevette in udienza particolare. Nei suoi discorsi si mostrò meco molto soddisfatto dell'accoglimento che ebbe a Livadia, ove da altra fonte so che non solo fu ricevuto cordialmente dall'Imperatore e dalla famiglia Imperiale, ma ebbesi senza ostentazione il ricevimento che si suol fare ai Principi Sovrani ed indipendenti.

Dopo avermi descritto con un certo entusiasmo i campi della Crimea, mi parJò più specialmente della Granduchessa ereditaria, con la quale a quanto vengo assicurato si è più sovente abboccato. Mi disse che al suo ritorno dal Campo, ove si tratterrà fino al 4 del corrente, pensava recarsi a Vienna ed a Parigi per fare una visita di cortesia agli Imperatori Francesco Giuseppe e Napoleone III, ma che era desolato di non avere il tempo di recarsi -in questo amno né a Londra né a F1renze come pur sarebbe suo desiderio mentre la sua famiglia che lo attende sul lago di Costanza, ed il Re di Prussia col quale si incontrerà a Baden-Baden, assorbiranno il poco tempo di cui egli può disporre.

Finì col dirmi che le tlievi difficoltà incontrate per la conchiusione della Convenzione russo-rumena, destinata a rimpiazzare le Capitolazioni in Rumenia, erano ormai tolte definitivamente, ed egli sperava che ile altre potenze e l'Italia in particolare si affretterebbero a negoziare da parte loro accordi somiglianti, che soli possono mettere fine alle anomalie ora esistenti. «L'Italia, aggiunse, non è sospetta, ed essa potrebbe anzi prendere l'iniziativa nella questione della rappresentanza rumena all'Estero, proponendo in pari tempo che a Bucarest siano accreditati degli Agenti nella qualità di Residenti e non in quella di Agenti e Consoli Generali. La Turchia si avvezzerebbe a questo cambiamento, quando vedrebbe che le sue rimostranze non avrebbero alcun successo».

È la prima volta che il Principe Regnante, a cui sta pure grandemente a cuore di avere una rappresentanza all'Estero e dei Ministri esteri accreditati presso la sua persona, mi ha parlato di ciò con una certa vivacità e con una tal quale sicurezza che mi ha colpito. Non sarebbe quindi improbabile che a Livadia egli si fosse aperto al riguardo collo Czar. Aggiungo che il Principe Ghika da me interrogato sul suo soggiorno in Crimea, mi diceva jeri fra le altre cose ·che a Livadia egli aveva fatto delle aperture a questo proposito, e che aveva motivi per non disperare della riuscita.

Il Principe Ghika fu decorato del cordone di S. Anna.

Lunedì 6 il Presidente del Consiglio aprirà le Camere in sessione straordinaria in nome del Principe Regnante. Questa sessione straordinaria durerà due settimane, ed essa è convocata a causa della riapertura del Senato che fu dìsciolto nel passato giugno. Come già lo feci prevedere nel mio rapporto n. 109

di questa serie (1), le elezioni del Senato sono riuscite intieramente favorevoli al Ministro il quale dispone ora della maggioranza nei due rami del Parlamento.

L'opposizione si acconcia male alla situazione ad essa fatta dal verdetto della nazione, e non le resta altro che muovere come difatti muove, una guerra slea,le al Gabinetto Ghika -Kogalniceano nelle colonne dei giornali da essa diretti.

543

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE S. N. Tunisi, 1° settembre 1869 (per. il 4).

Il Barone Castelnuovo, che sembrava da qualche tempo aver perdute le buone grazie del Governo tunisino, parte inv,ece oggi da questa città con una missione confidenziale e segretissima del Governo stesso.

Quale sia lo scopo appail'ente, quale il reale di tale missione l'E. V. lo sentirà dalle labbra stesse del Signor Castelnuovo, il quale recasi per prima cosa a Firenze munito d'una lettera diretta all'E. V. da Si Mustafa Khasnadar e che mi ha formalmente assicura:to di non voler dar alcun passo senza averne prima informato il Governo del Re e riportatone l'assenso.

Ad ogni buon fine però mi cr,edo in dovere di riferirle quanto mi venne fatto di conoscere intorno a tale missione. Sotto il manto di negoziati per convenzioni commerciali il Barone Castelnuovo recherebbesi a Vienna ed a Bruxelles, presso i cui Gabinetti venne a tail effetto accreditato dal Bey, ed ivi proseguirebbe alacramente trattative, che dice di aver già iniziate con possenti case bancarie, le quali dovrebbero sostituirsi ai creditori dei due imprestiti contratti a Parigi da questo Gove,rno, comprando i titoli relativi negoziati alla borsa ad un valore molto inferiore a quello d'emissione, col che veil'rebbe disinteressato il principal gruppo di creditori _francesi e tolta materia o pretesto all'azione preponderante che il loro Governo vorrebbe esercitare in questo paese.

Non ispetta a me il giudicare nel merito pratico del nuovo progetto del Barone Castelnuovo e lo potrei tanto meno in quanto che non ne ho conoscenza se non, per cosi dire, all'ingrosso; inclinando però a credere che l'opera della commissione finanziaria potrà difficilmente condurre a qualche risultato stante l'antagonismo, che, in tanta disparità d'idee e d'interessi, pare inevitabile tra i due comitati, esecutivo e di riscontro, e che quindi i Governi interessati dovran cercare qualche nuova combinazione, ho giudicato uti'le che l'E. V. abbia conoscenza piena dei tentativi del Barone Castelnuovo ed ho quindi vivamente insistito presso di lui, affinché le faccia conoscere minutamente i suoi disegni e non ne tenti l'attuazione se non in quanto l'E. V. lo credesse conveniente.

Il Bey, che vede di malissim'occhio l'intervento d'un funzionario estero nell'amministrazione interna del suo Stato, mentre da un lato caldeggia i progetti del Barone Castelnuovo, cerca dall'a;ltro di operare per iniziativa propria quelle

riforme, che pensa poter essere suggerite dall'Ispettore franoese. A tale effetto alla Goletta i consigli succedono ai consigli e mi si assicura che sieno già state deliberate importanti riduzioni in tutti i rami dei pubblici servizi, per cui la somma da allocarsi ai medesimi nel bilancio passivo del1la Reggenza sarebbe di sette milioni soltanto.

(l) Non pubblicato.

544

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 989. Firenze, 2 settembre 1869, ore 14,30.

Le marquis Pepoli écrit (l) que Beust est contrarié de la décision qu'il croit prise par le Gouvernement français de se faire r.eprésenter au Concile (2).

545

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1742. Vienna, 3 settembre 1869, ore 14,20 (per. ore 18).

J'ai vu Beust; il me parait très alarmé des conditions imposées par la Sublime Porte à l'Egypte. L'81Illbassadeur ottoman vient de lui lire une dépèche du ministre des affaires étrangères turc qui se plaint que le Gouvernement autrichien ait officiellement une agence roumaine à Vienne, et qui soulève difficultés pom le voyage du Prince Charles; il craint, si les exigences de la Sublime Porte augmentent, des graves complicati:ons en Orient.

546

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 5. Therapia, 3 settembre 1869.

Conformandomi alle istruzioni ricevute da V. E., tanto per telegrafo, quanto col ~iverito Dispaccio del 14 agosto N. 86 Serie Politica (3), non ho mancato nei diversi abboccamenti che ho avuti col Gran Vizir, di fargli notare come il Governo di Sua Maestà, desideroso qual è di vedere allontanare tutte le cause che potessero condurre a complicazioni o a perturbazione della pace in Oriente, non poteva or mirare senza preoccupazione ed apprensione lo stato sì poco soddisfacente delle attuali relazioni tra 1a Sublime Porta e il Khedive d'Egitto.

{1) R. VI del 28 agosto, non pubblicato ma cfr. n. 533.

Dissi ad Aali Pacha che malgrado tutto ciò che fosse stato detto sul contegno serbato dal Khedive nel suo ultimo viaggio in Europa, il Governo del Re poteva assicurare che durante tl breve soggiorno da lui fatto in Firenze, i suoi atti e le sue parole furono sempre informate da sensi del più grande riguardo e del più profondo rispetto verso S.M.I. tl Sultano. Il Governo del Re sperava quindi che la Sublime Porta non sarebbesi d~partita in questa circostanza da quella saggia e conciliante condotta politica di cui avea dato per lo passato sì luminose prove.

S.A. il Gran Vizir mi rispose che faceva gran conto di queste dichiarazioni fatte per mio mezzo dal Governo di Sua Maestà, anzi m'incaricava di ringraziarne sentitamente V. E., ma gli correva obbligo di farmi conoscere che disgraziatamente [e parole e la condotta ~parente del Khedive d'Egitto non corrispondevano per niun modo ai fatti ed alla realtà delle cose. Egli credeva potersi dispensare dal tessermi la storia ormai ben nota di tutti i giusti gravami della Porta contro Ismail Pacha, ma voleva solo accennare al principale fra di essi, a quello che tutti gli altri predomina e per così dire .li asso.rbe, atlla tendenza cioè ormai manifestamente spiegata dal Khedive di rendersi indipendente.

Or su questo punto capitale il Gran Viztr dichiarava che la Sublime Porta non avrebbe potuto mai transigere senza esporsi a un certo suicidio, la conservazione dell'Egitto come provincia ottomana, provincia che ha la chiave del passaggio ai Luoghi Santi ed alla tomba del Profeta, essere per l'Impero turco una quistione di vita e di morte, essere giunto ormai per conseguenza il tempo che il Governo del Sultano ponga un freno salutare a si' pericolosa tendenza e distrugga dalla radice qualsiasi illusione che H Khedive e i suoi falsi amici ed adulatori abbiano potuto concepi!l'e o fargli concepire a tal riguardo.

La Sublime Porta, soggiungeva il Gran Vizir, avrebbe Je mille ragioni e tutto il diritto di ritogliere ad Ismail Pacha tutte le concessioni precedentemente fattegli, ma non era questo l'intendimento del Sultano, il quale sempre longanime ed abborrente dai partiti estremi, sarebbesi limitato a !l'ich~amarlo alla stretta e leale osservanza dei firmani del 1840 e 1841, chiedendo aJ1 Khedive, come garentia della sincerità dei suoi propositi, la discontinuazione degli armamenti esagerati ed in ispezialtà la disdetta dell'acquisto di un numero strabocchevole di fucili e delle fregate corazzate.

Dissi a Sua Maestà che non potevo disconoscere la .gravità e il peso di tali ragionamenti, ma che speravo nondimeno che le cose non sarebbero giunte a tale da compromett&e la pace e la tranquillità -in Oriente; al che il Gran Vizir risposemi dicendo che l'una e l'altra sarebbero irremissibilmente compromesse e le maggiori complicazioni interne ed esterne sorgerebbero infallibilmente n giorno in cui si potesse per avventma operare il distacco violento dell'Egitto dall'Impero ottomano.

Del resto in questi ultimi giorni, dopo l'arrivo cioè della risposta conciliante anzi sommessa del Khedive, la posizione delle cose ha di molto migliorato; come già ho annunziato a V. E. per telegrafo si ritiene ormai che colla venuta del Khedive a Costantinopoli la quistione possa essere in breve pacificamente composta, o per dir meglio, p& alcun tempo sopita.

(2) -Nigra rispose con t. 1736, pari data: «Beust peut se rassurer, la France ne se fera pasreprésenter ConcHe». (3) -Non pubblicato.
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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITIO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 64. Alessandria, 3 settembre 1869 (per. l'11).

Questa mattina scendendo da bordo del vapore trovai in Consolato Zahy Bey, ciambellano di Sua Altezza il quale mi annunziò che il Vice Re desiderava vedermi al più presto possibile.

Dopo una lunga conversazione con Sua Altezza ebbi a convincermi che le complicazioni con la Porta non sono affatto appianate come credevasi dall'E. V. ma invece le relazioni più tese che mai.

Il Cavaliere Brunenghi rimise all'E. V. una copia della lettera che il Viceré scrisse al Gran Vizir, in risposta alle prime minacce di Costantinopoli, lettera che fu generalmente apprezzata per i sentimenti di conciliazione del Governo Egiziano.

Si credette infatti che le spiegazioni date daJ Viceré avessero calmata l'irritazione del Sultano, e perfino gli ambasciatori di Francia e d'Inghilterra annunziarono qui per telegrafo il favorevole mutamento, ed una :lettera gentile d'invito di recarsi a Costantinopoli consigliando il Viceré di non attenderla e partir subito.

Il Viceré non volle però muoversi finché non giungesse Talaat Pascià, suo inviato, che sapeva in viaggio apportatore della Jet'tera annunziatagU come risposta alle sue giustificazioni.

Talaat Pascià giunse jeri con la lettera del Gran Visir -la Porta dimanda che sieno annullati i contratti stipulati per le costruzioni di navi corazzate, che le commissioni date per oltre 200.000 fucili sieno ristrette al necessario per l'armamento di 30.000 uomtni -che se non fosse possibile l'annunamento di questi contratti s'impegnerebbe d'assumerli per proprio conto.

Quindi il Gran Visir impone che ogni anno il Viceré dovrà mandare il suo budget per essere sottomesso ed approvato dal Sultano, e che volendo il Viceré contrarre degli imprestiti dovrà dimandarne l'autorizzazione alla Sublime Porta, la quale non consentirà ad accordarla se non quando ne sarà constatata la necessità e la possibilità.

In terzo luogo il Gran Visir ordina che volendo U Viceré intavolare delle negoziazioni con quaiche Gabinetto europeo, il suo Inviato dovrà sottomettere all'Ambasciatore ottomano la natura e lo scopo di tali negoziazioni e l'Ambasciatore giudicherà se potrà o no autorizzarle. Ed autorizzandole l'Inviato egiziano non potrà essere presentato al Governo a cui è diretto che dall'Ambasciatore turco, e dovrà tenerlo giornalmente al corrente di tutte [e pratiche, e di tutte le conferenze che avrà con il Ministro degli Esteri in rapporto alla missione che gli sarà permesso di compiere.

Infine al desiderio espresso dal Viceré di recarsi a Costantinopoli per presentare i suoi omaggi al Sultano, Aaly Pascià risponde che quando egli avrà

puramente e semplicemente accettata la posizione che gli è imposta S. M. H Sultano potrà degnarsi di riceverlo. Questa lettera del Gran Visir ha causato non solo al Viceré, ma a tutto il partito turco che lo circonda più sdegno che sgomento. Il Viceré è soltanto pl"eoccupato e molto per le complicazioni che possono nascere con le grandi Potenze euJ."opee. Egli è determinato a non subire una posizione che di un tratto annienterebbe tutta la nuova vita di cinquanta anni dell'Egitto e tutto il suo avvenire.

Il Gerente il Consolato Generale di Francia, ed il Console Generale d'Austria lo pressano a partire immediatamente per Costantinopoli. Nel dare questo consiglio essi si devono attene.re ai telegrammi delle Ambasciate francese ed inglese, [sic] ma la lettera del Gran Visir è tutt'altro che quella da essi creduta o almeno annunziata.

Il Vi:ceré rifiuta questo consiglio. Egli tenta una nuova pratica di conciliazione con una lettera al Gran Visir che parte oggi.

Supplica il Sultano d'imporgli la sola condizione dell'annullamento dei contratti per la costruzione di navi corazzate, o tla cessione alla Sublime Porta non potendo annullarli.

Espone poi le ragioni perché non potrebbe accettare le altre condizioni. Non ha commissionato duecentomila fucili ma soltanto centomila necessari per H suo armamento; armamento impostogli dalle condizioni dell'Impero. Per la guerra di Crimea l'Egitto ha mandato 30.000 uomini e 40.000 fucili, per la guerra di Candia 50.000 uomini e 30.000 fucili. Dopo la guerra di Siria, quando Mohammed Ali ottenne l'investitura del governo d'Egitto, non fu mai richiesto, né mai mandato a Costantinopoli nessun budget di questo Governo, e perché dovrebbe ora accettarsi una tale innovazione? Aver chiesta sempre l'autorizzazione della Sublime Porta per gli imprestiti contratti prima del 1866. Il Firmano del 1866 accordargli la facoUà di contrarli e di negoziare convenzioni postali e commerciali con le Potenze europee. Restringendosi egli nei limiti di quei diritti che gli sono concessi dal suddetto Firmano, non comprendersi come la Sublime Porta potrebbe invalidarli senza distruggere il Firmano istesso.

La tlettera è piena di moderazione e lascia al Sultano tutta l'iniziativa di far svanire una compltcazione che potrebbe avere delle serie conseguenze.

Il Vi:ceré mi ha parlato in modo da non farmi dubitare della sua risoluzione di resistere se il Sultano persiste nella risoluzione di volerlo umiliare senza nessun vantaggio per se stesso. Attenendomi alle istruzioni dell'E. V. io gli ho raccomandato la massima prudenza ma non posso a meno di riconoscere, benché appena arrivato e non conoscendo ancora tutti i dettagli della posizione, che il Governo egiziano abbia usata una illimitata moderazione per prevenire un conflitto, e che se questo avrà luogo, volendo essere giusti, se ne debba far ricadere tutta la responsabilità sulla Sublime Porta.

Il Viceré ha insistito perché .comunicassi per telegrafo all'E. V. queste nuove esigenze della Porta Ottomana e riconoscente per le pratiche già fatte dal

R. Governo per una onorevole riconciliazione, mi ha incaricato pregare l'E. V. di voler usare tutta la sua valevole influenza per far comprendere a Costantinopoli la necessità di por termine ad una posizione così pericolosa. Egli conta moltissimo nella simpatia ed appoggio nostro, e credo si debba profittare di questa occorrenza per dare peso alla nostra posizione in Oriente (l).

Interpellato da Sua Altezza di esprimergli la mia opinione particolare sul consiglio di partir subito Egli stesso per Costantinopoli, io non ho potuto secondario e credo che commetterebbe gravissimo errore. Non acco,lte le sue spiegazioni, non ricevuto dal Sultano; poiché le espressioni di Aaly Pascià sono ben esplicite; ritornando 1n Egitto, potendolo, dovrebbe assumere un'attitudine deci&amente ostile, e si d1minuirebbe se non a1ltro la probabilità di un pacifico accomodamento. Le Grandi Potenze dovrebbero forzatamente intervenire, e la questione prenderebbe un carattere da turbare quella pace generale che da tutti si desidera.

Prego l'E. V. scusarmi il disordine di questo rapporto, riserbandomi con più calma informarla di quanto potrà interessare il R. Governo.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, CADORNA, A PARIGI, NIGRA, A VIENNA, PEPOLI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI

T. 992. Firenze, 4 settembre 1869, ore 15.

Je reçois d'Alexandrie le télégramme suivant: «En réponse à la lettre de conciUation du Vice Roi etc. ~ (Vedi registro dei dispacci arrivati al n. d'ordine 1744) Cl). D'un autre còté la Porte semble vouloir élever des prétentions analogues à l'égard du prince roumain puisqu'elle croit de protester auprès des diverses Puissances contre la présence des agents roumains auprès des divers Gouvernements. Oette attitude de la Porte pouvant donner lieu à de graves complications je désire connaitre les intentions à ce sujet du Cabinet auprès duquel vous etes accrédité (2). Il serait à désirer que les Puissances agissent concordement dans cette question afin d'écarter les difficultés actuelles.

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IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1750. Vienna, 5 settembre 1869, ore 14,05 (per. ore 16,20).

M. de Beust m'a lu la dépeche suivante de son agent à Alexandrie «Vice Roi a télégraphié le 3 septembre au gran vizir qu'il accepte de céder la flotte,

«Vous le voyez la situatlon n'est pas aussl slmple qu'on vous l'avait exposée. Cette attitude de la Porte peut donner lieu à de graves complications qu'il convlent d'évlter. Des consells de modératlon au Gouvernement ottoman me semblent opportuns. D'ailleurs !es grandes Puissances ne tarderont pas, sans doute, à prendre une attJtude décldée dans cette questlon qui peut compromettre la paix de l'Europe ».

les armes et de n'avoir relations avec les puissances que pa.r l'entremise de la Po;rte. Il exprÌillle son regret de ne pouvoir adhérer au désir de la Porte relativement aux emprunts et aux budgets; il exprime aussi son regret de ne pouvoir aLler à Constantinople sans l'autorisation préalable. Le Vice Roi ayant cédé aux conseils de V. E. espère qu'el.le voudra l'appuyer à Constantinople :.> (1). Beust télégraphie et écrit à Constantinople pour appuyer fortement dépéche du Vice Roi et étre accepté parce que le droit est du còté du Vice Roi. Il serait satisfait si de son còté le Cabinet de Florence en fait autant. En général il est préoccupé de l'esprit qui règne à Constantinople et partage ropinion de V. E. de la nécessité d'une entente entre les puissances pour empécher futures com[l)lications.

(l) De Martino inviò a Menabrea lo stesso 3 sct.tembre l! t. 1744, che non si pubblica polchè è il sunto di questo rapporto. Il telegramma fu ritrasmesso a Costantinopoli con t. 991 del 4 settembre con la seguente aggiunta:

(2) Per le risposte cfr. nn. 549, 550, 554, 559 e 563.

550

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1752. Berlino, 5 settembre 1869, ore 15,20 (per. ore 17,20).

Sous Secrétaire d'Etat partage entièrement avis e:x<primé dans la dernière partie du télégramme d'hter de V. E. (2). Il serait disposé au besoin à renouveler les démarches faites antérieurement dans le sens de conciliation mais vu l'absence du Roi et du comte Bismarck il ne peut encore se prononcer définitivement.

551

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1751. Vienna, 5 settembre 1869, ore 15,25 (per. ore 16,45).

Comte Beust vient de me dire sous la plus grande réserve que la demande du Cabinet français à Rome pour se faire représenter au ConcHe a été très mal accueillie par le Pape, que cela a re,froidi beaucoup l'Empereur. On insiste cependant encore. Quant à l'Autriche ene est décidée pour le moment de ne pas se faire représenter. Beust insiste toujours sur ce point, que la meilleure manière d'assurer à'indépendance du Concile est l'évacuation des Etats romains par les troupes françaises.

(l) -Il telegramma del console austriaco In Egitto fu rltrasmesso da Menabrea a De Martino (t. 995 del 6 settembre) con la seguente aggiunta: «Veuillez me dire si réel!ement le Vice Rol a falt toutcs ces concessions et quelles peuvent en étre !es conséquences pour la positlon et !es affalres des étrangers en Egypte ». (2) -~r. n. 548.
552

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1757. Costantinopoli, 6 settembre 1869, ore 12 (per. ore 18).

11 n'y a pas de doute qu'après l'affaire de Grète la Sublime Porte est devenue très exigeante et comptant sur l'appui combiné de la France et de l'Angleterre, eUe croit pouvoir tout oser; il n'est dane pas facile de modéTe.r son ardeur; cependant je ne puis que confirmer mes impressions, c'est-à-dire qu'au point où en sont arrivées les choses avec le Vice-Roi, de graves complications ne sont plus à craindre. Le Vice-Roi cède sur les navires et sur les fucils, et de l'intervention des ambassadeurs ottomans; il ne reste donc que les deux questions du budget et des emprunts. Sur la première je crois que la Sublime Porte finira par reconnaitre qu'elle a tort d'insister mais e1le tiendra bo n sur la seconde dans laquelle la France et l'Angleterre lui donnent ouvertement raison. Par courrier de demain j'envoie à V. E. dernière réponse du Grand Vizir au Vice Roi (l).

553

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1758. Vienna, 6 settembre 1869, ore 18,50 (per. ore 19,18).

Voici la conclusion de la dèpèche de M. Beust à Constantinople (2). «Je ne puis que réitérer I'invitation d'insister fortement auprès du Gouvernement ottoman pour qu'il se contente de ce qu'H a obtenu du Vice Roi et qu'il ne mette plus d'obstacle à I'aplanissement de ce regrettable différend. Nous avons toujours employé et nous employerons encore notre inf.Iuence en Egypte pour y faire respecter les droits de la Sublime Porte, mais il faut qu'elle donne preuve de modération. Nous faisons dane sérieusement appel à Ia sagesse du Gouvernement turc et nous voulons croire qu'H écoutera les conseiis dictés par les dispositions les plus amicales ».

554

IL MINISTRO A LONDRA, CADORNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1760. Londra, 6 settembre 1869, ore 19,35 (per. ore 21,40).

Clarendon et le sous secrétaire d'Etat politique Otway sont absents. J'ai eu une conversation avec M. Hammond. Dernières nouvelles sont que le Vice

(l} Non pubbllcata.

Roi accepte une partie et refuse jusqu'ici l'autre partie des conditions. La base du Gouve11nement anglais est dans les firmans. La Porte aurait tort de les méconnaitre et le Vice Roi de le dépasser. Quant à l'interprétation des firmans par rapport aux conditions posées par :le Sultan, le Gouvernement anglais n'a préjugé en aucune manière la question ni eXJprimé son opinion; il a préféré dans oet état de choses laisser discuter la question entre ~es deux parties intéressées, dans l'espoir d'une conciliation, et pour cela il s'est limité jusqu'ici à leur .conseiller la modération, le calme et l'esprit de conciliation. L'Angleterre a aussi conseillé au Vice Roi d'aUer à Constantinople, mais il veut avant tout que l'accord sur les conditions soit établi craignant que l'on considère son voyage comme une acceptation pure et simple de toutes les conditions posées par le Sultan. M. Hammond ignore ce que vous me dites à l'ègard des protestations de la Porte pour la Roumanie (l).

(2) Cfr. n. 549.

555

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1762. Costantinopoli, 6 settembre 1869, ore 20,50 (per. ore 1,45 del 7).

Je viens de voir le grand v1z1r auquel j'ai parlé dans le sens du télégramme d'hier de V. E. (2). Il m'a dit que sur question des emprunts la Sublime Porte était inébranlable, car la ruine financière de l'Egypte en faisant de ce pays une seconde Tunisie, pourrait un jour amener le démembrement et la perte de l'Empi.re. Je lui ai suggéré comme moyen terme et en mon nom personnel d'éliminer ce poi:nt des négociations et se contenter de déclarer qu'on ne reconnaitrait pas les emprunts faits sans approbatLon. Il m'a répondu que le Vice Roi trouverait toujours des capitll!listes usuriers. Quant au budget il avoue qu'il y a eu malentendu, convenir... (3).

DétaHs par courrier.

556

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1766. Alessandria, 7 settembre 1869, ore 14,56 (per. ore 11 dell'B).

Dépeche du consul d'Autriche (4) inexacte meme eneur commise consul anglais. Aujourd'hui rectifient. Vice Roi a consenti seulement annuler contrat

construction navires et cession à la Porte offerte année dernière, et réduction commande 100.000 fucils en proportion armée de 30.000 hommes. Il refuse nettement trois autres conditions se basant sur firmans accordés par le Sultam. avec approbation des grandes puissances. Ces firmans établissent droits acquis pour l'Egypte et garanties sur quoi Europe a confié Egypte des millions. Méconnaitre droits distincts serait détruire intéréts européens, ce que fait question véritablement d'intéret national. Vice Roi refusant ces conditions soutient ses droits et plus intérets européens. Par conséquence grandes Pui:ssances doivent le soutenir. Réponse Vice Roi à la lettre du Grand Vizir partie par télégramme le 2. J'envoie par courrier documents envoyés déjà légation Constantinople. Vice Roi a invité consul d'Autriche à rectifier communication Vienne.

(l) -Cfr. n. 548. (2) -Cfr. n. 547, nota l, p. 504. (3) -Gruppo indecifrato. (4) -Cfr. n. 549.
557

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1764. Vienna, 7 settembre 1869, ore 17,05 (per. ore 20,20).

Beust a complété son télégramme en ajoutant que le baron Prokesh doit non seulement se mettre d'accord avec l'ambassadeur de France mais aussi avec le ministre d'Italie aux termes de la communication que je lui ai faite en votre nom (1). Beust partira dimanche après l'arrivée du prince Charles. Il m'a promis d'arranger avant l'affaire de Sebenico. J'ai lieu de croire que ce sera d'une manière satisfaisante. En ce qui concerne votre réserve je ne crois pas pour le moment on a ici aucune i:dée là dessus. J'ai taté nettement avec prudence le terrain. Dites-moi si je dois insister aussi réponse pour Pontebba. Je crois ce sera difficile.

558

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1769. Alessandria, 8 settembre 1869, ore 12 (per. ore 21,15).

Consul d'Autri-che soutient que la lettre du grand vizir ne contient pas sur les négociations avec les puissances les exigences que le Vice Roi nous a communiqué mais exigence du firman. Nous avons demandé publication officielle pour éclaircir ce doute. Le Vice Roi ayant répondu qu'il entend se conformer au dit firman si exigences n'existent pas U n'y aurait de contestation.

«Non le dissimulo che provai un senso di amarezza leggendo la Nota del Gabinetto di Vienna a s. E. il Barone di Prokesch, vedendo che non era per nulla rammentata la comunicazione che io avea fatto in di lei nome al Conte di Beust. Mi pareva che questo oblio non fosse conforme alle dichiarazioni fattemi replicatamente dal Cancelliere dell'Impero e al desiderio espressomidi stabilire !ntlm! rapporti coll'Italia. Tocca! di ciò !n un biglietto particolare che scrissi la sera medesima al Conte d! Beust. L'indomani questi m! annunziò che avea aggiunto un appendiceal suo dispaccio che avea !ngiunto all'Ambasciatore austriaco d! porsi d'accordo col Ministro d'Italia».

(l) Cfr. quanto comunicò Pepoli con R. 89 dell'8 settembre:

559

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1770. Pietroburgo, 8 settembre 1869, ore 15 (per. ore 21,30).

M. de Westmann que je viens de voir seulement ce matin, m'a dit que, selon les nouvelles qu'il a, le différend entre le Sultan et le Vice Roi ne serait pas si grave. Gouvernement russe désire apaisement de cette question et il croit que le meilleur moyen de l'obtenir est celui de n'intervenir d'aucune façon, puisqu'il s'agit d'une affaire d'ordre intérieur et qui ne peut pas selon lui pour le moment compromettre la paix de l'Europe.

560

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL CONTE VIMERCATI (l)

L. P. Firenze, 8 settembre 1869.

Je regrette qu'une indisposition vous à obligé à rentrer chez vous; si j'ai un moment de disponible j'irai vous voir; en attendant voici comment on peut organiser la correspondance dont vous m'avez par,lé.

J'ai fait des ouvertures à ce sujet à M. Hudy Menos Directeur de la Correspondance Italienne, homme très instruit et assez connu dans la presse Parisienne; il se chargerait lui mème de diriger vòtre correspondance en donnant le ton et les couleur convenables pour chaque journal; pour celà il s'adresserait à quelques personnes de Florence qui représentent à peu près les idées et les opinions de ces journaux, et il donnerait lui mème l'intonation en surveillant directement ses collaborateurs, si le résultat ne correspondait pas à votre désir, on changerait les rédacteurs.

Si celà vous convient veuillez me le dire, j'en f.erai prévenir le dit M. Hudy Menos.

561

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 454. Berlino, 8 settembre 1869.

Je n'ai pas manqué, depuis mon retour à Berlin, de m'enquérir de l'impression produite ici par cette série d'actes qui s'appellent le message du 12 Juillet et le Senatus-Consulte. J'ai cherché en mème temps à découvrir quelle

était la mamere de voir prédominante dans les reg10ns officia!les sur les conséquences de ces mesures quant à la Prusse en ,particulier, et en général quant aux chances de paix ou de guerre.

Le rapport très consciencieux du Chevalier Tosi en date du 30 juillet

n. 436 (1), eontient déjà à ce sujet d'intéressantes données auxquelles je me réfère en fournissant de mon c6té quelques détails puisés à bonne source. Je dois néanmoins relever le fait que personne ne sait rien énoncer de positif sur l'opinion personnelle du Comte de Bismarck, absent de la capitale et invisible depuis plus d'un mois meme pour ses amis les plus intimes.

On raconte seulement qu'il s'était un peu montré optimiste dans son jugement sur le résultat des élections françaises. Il pensait qu'en manoeuvrant adroitement vis-à-vis d'une opposition renforcée, mais qui pouvait etre paralysée par une majorité docile, l'Empereur aurait six ans devant lui, toute la durée d'une législature, pour gouverner camme ,par le passé en mesurant la dose aux aspirations libérales, en ménageant les transitions. Bref, le Chancelier fédéral ne prévoyait pas alors une crise politique aussi prochaine, et déterminée par une évolution d'opinion.

Quoi qu'il en soit, pour autant qu'il m'a été parmis de la eonstater soit au Ministère des Affaires Etrangères, soit auprès d'autres personnes influentes, l'impression est plut6t satisfaisante. Or il est à présumer qu'on ne tiendrait pas ee langage, si par induetion au moins on ne le croyait pas conforme aux vues de l'homme d'Etat qui personnifie la politique de ce pays.

Cette métarmorphose de l'empire autoritaire en empire libéral est surtout envisagée 1comme un nouveau gage du maintien de la paix en Europe. Pour que le Chef de l'Etat se soit décidé à proclamer de telles réformes, il faut qu'il se soit bien rendu compte de la situation réelle du pays, de la nécessité sur le déclin de son règne de mieux assur6r l'avenir de sa dynastie. D'un autre còté sa santé, si visiblement affaiblie, doit lui inspirer des répugnances pour une guerre quelconque où il ne serait plus à meme de commander, de payer de sa personne. A défaut de gioire, il offre un développement des libertés à la France dont les tendances sont aujourd'hui d'ailleurs essentiellement pacifiques, sauf peut étre dans l'armée. Ce ne serait certes pas dans ces conditions que Sa Majesté voudrait engager une campagne sur le Rhin.

Il est vrai que ces appréciations que j'entends émettre proviennent peut étre aussi d'un mot d'ordre, et que dans le fond de l'esprit on cache de plus sérieuses préoccupations. On pourrait en effet se demander si le Gouvernement personnel, malgré ses inconvénients, n'avait pas rendu par ses hésitations en 1866, et depuis lors en quelques circonstances, de véritables services à la Prusse. En serait-il de meme s'il arrivait au pouvoir des Ministres prenant au sérieux Ieur responsabilité et formulant un programme positif soit à l'intérieur soit à l'étranger, voulant entre autres, plus que par le passé, fixer une limite trop restreinte au mouvement d'unification en Allemagne? Sous ce rapport j'ai lu avec un véritable intéret le document diplomatique n. 291. L'auteur de cet écrit conclut, certes non sans raison, contre ceux qui seraient tentés de se reposer sur l'oreiller d'une parfaite sécurité.

Au reste si la balance devait pencher du còté de la guerre, on l'accepterait ici sans crainte, car le Gouvernement et le pays ont le sentiment de leur propre force, qu'on croit égale et meme su,périeure à celle de la France dans une lutte défensive. Et si je suis bien informé, je pourrais citer le nom d'un homme d'Etat à Paris qui ex;prime au moins des doutes sur un succès certain, dans ces circonstaces, des armes lmpériales.

Aussi le Cabinet de Berlin ne se préoQCupe-t-il pas outre mesure des chances de paix ou de guerre. Son attention sembie plutòt dirigée sur la situation mtérieure dont les conditLons sont devenues plus déUcates encore depuis les derniers changements en F1rance.

Jusqu'ici la presse a;]lemande, les organes de chaque parti, avaient eu beau jeu dans les comparaisons, toutes à l'avantage de la Prusse, établies entre les formes de Gouvernement en deçà et au delà du Rhin. Or si le mouvement Iibéral s'accentuait davantage en France l'o!Pinion publique dans ce pays ne voudrait pas se laisser distancer. Le mèrne mouvement s'y prropagerait et pourrait .créer des embarras de plus d'une sorte au Gouvernement Royal. En outre le suffrage universel déjà intvoduit en Prusse pour les élections au Parrlement fédéral de meme que pour le Parlement douanier, pourrait devenir pour la Prusse aussi bien qu'il l'a été pour la France, un instrument à deux tranchants, et ménager ici aussi une de ces surprises devant lesquelles les pouvoirs les mieux assis se trouvent désarmés, s'ils n'ont pas su prévenir à temps les écarts de ce système. Dans cet ordre d'idées, on ne saurait nier qu'il existe dans le Nord de l'All;emagne un parti assez nombreux qui vise à une extension des prerogatives constitutionnelles, sans vouloir pour 'autant le parlementarisme dans la plus large acception du mot. Ces tendances se sont déjà révélées en maintes discussions publiques et ne feront que grandir quand en 1871 comme l'exposait fort bien le Chevalier Tosi dans son rapport précité le Parlement fédéral sera saisi de l'importante question du budget militaire, et réclamera une part plus active dans la direction des affaires politiques de l' Allemagne.

Le Comte de Bismarck est tro,p perspicace pour ne pas se rendre compte qu'il y a quelque péril en la demeure. Il serait entre autres convaincu de la nécessité de former un Ministère plus homogène. Il jetterait peut etre volontiers par dessus bord les Ministres de l'Intérieur, des Finances, et des Cultes. S'il ne doit revenir de Varzin à Berlin que vers la fin de l'a:nnée, ce serait suppose-t-on moins pour cause de santé quelque ébranlée qu'eUe soit, qu'avec l'arrière pensée de laisser ses collègues incommodes s'user et se perdre dans les prochaines discussions avec les Chambres Prussiennes sur des affaires où ils rencontrent une vive opposition. Dans la mesure du juste et du raisonnable, ses vues sont plus Iibérales qu'on ne le croit généra1ement, mais il faut faire la part des obstacles qu'il rencontre ,en haut Ueu, et qui fatiguent ses nerfs bien plus que le travai1l inséparable de ses fonctions mulltiples.

Je me borne à esquisser .cette situation intérieure, mais je pense en avoir assez dit pour faire comprendre que là se trouve le véritable noeud des difficultés, bien plus que dans les relations avec l'étranger.

Je n'ai pas besoin d'ajouter qu'il est cependant un point qui excite les plus vives appréhensLons: ·la santé de l'Emp.ereur Napoléon. On fait ici des

36 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. XI

voeux sincères pour son rétablissement et pour 1a prolongation de son règne; car si des maux, qui se reproduisent avec une fréquence très inquiétante, étaient un indice que ses jours sont comptés, on irait du connu au devant de l'inconnu.

(l) Da ACR.

(l) Non pubbllcato.

562

IL MINISTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. VIII. Vienna, 8 settembre 1869.

Questa mattina ho cercato di conoscere se il Governo austr~aco si fosse preoccupato della eventualità della morte del Papa, e della opportunità d'intendersi sulla scelta di un Successore.

Il Conte di Beust mi rispose che a quanto rammentava, questa questione era stata agitata a Parigi, in fra il Ministro francese, l'Ambasciatore austriaco e il Cavalier Nigra, senza però che nessuna deliberazione fosse presa in proposito.

Egli però mi poteva fin qui assicurare che il Governo imperiale non aveva posto l'oc·chio sopra nessun .candidato, e che ne sarebbe molto difficile a lui protestante il potere .degnamente apprezzare le qualità morali e teologiche dei diversi prelati.

Nei tempi addietro era naturale che l'Austria se ne preoccupasse seriamente 'poiché la nomina del Papa esercitava una grandissima influenza nella Penisola ed aveva intimi rapporti colla sLcurezza del dominio austriaco in Italia.

Egli però non negava che un accordo potrebbe tornare utile ed efficace. Non insistei più a lungo, non decLinai nessun nome, servandomi a riprendere l'abboccamento più tardi e in un momento più opportuno.

563

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 952. Parigi, 9 settembre 1869 (per. il 12).

In seguito alle istruzioni contenute nel telegramma che l'E. V. mi fece l'onore di dirigermi tl 4 corrente (l), ho domandato al Principe di La Tour d'Auvergne quali fossero le intenzioni del Governo francese intorno alla vertenza turco-egiziana, e gli dissi nel tempo medesimo 'che, secondo l'avviso dell'E. V., sarebbe desiderabi:le che le Potenze agissero concordi in questa vertenza, nello scopo di risolvere le difficoltà insorte.

Il Principe di La Tour d'Auvergne mi r,ispose che il Governo francese finora s'era Hmitato ad insistere 'Per mezzo dell'ambasciata di Francia a Co

stantinopoli presso la Sublime Porta perché, con domande infondate o esagerate, non si tentasse di mutar nulla alle concessioni fatte dalla Porta al Viceré d'Egitto coi successivi firmani che erano stati comunicati alle Potenze garanti e specialmente con quelLi del 1866 e del 1867. L'avviso del Ministro imperiale degli affari Este,ri è che consigli dati alla Porta nello stesso spirito da altre Potenze, non possono che giovare allo scopo che tutte desLderano di ottenere, ch'è quello d'evitare complicazioni in Oriente. Il Principe di La Tour d'Auvergne m'ha informato a questo proposito che l'Austria e l'Inghilterra avevano inviato a Costantinopoli consigli di moderazione.

Il Principe di La Tour d'Auvergne udì con soddisfazione che ìl Governo del Re pensava essere desiderabile un accordo delle Potenze per appianare questa vertenza. Egli è pure del medesimo avviso, e non è alieno da:l proporre una base di accordo, impegnatovi, a quanto credo, da Nubar Pasaià, il quale ha dovuto fargli a quest'oggetto delle comunicazioni per parte del VLceré. Soltanto, prima di decidersi, il Principe di La Tour d'Auvergne ha creduto utne di domandare l'avviso di Lord Clarendon, e quest'avviso non è ancora fino a questo momento conosciuto a Parig,i. Il Ministro imperiale degli affari Esteri si riservò d'informarmi delle intenzioni del suo Governo, appena queste avrebbero preso corpo in segUJito alle comunicazioni attese dall'Inghilterra.

Benché il Principe di La Tour d'Auvergne non fosse perciò in caso di espr,imermi idee bene concretate sulla questione, volle tuttavia esaminar meco le domande della Porta. Ma nel far ciò osservò che la conversazione non poteva rivestire un carattere ufficiale, giacché non esprimeva, diss'egli, che idee personali. Il Ministro imperiale pensa che la prima domanda della Porta (cessione delle navi corazzate) è fondata.

E difatti il Viceré la riconosce come tale ed è disposto alla richiesta cessione. La seconda domanda (cessione o vendita delle armi) dà luogo ad una contestazione di fatto. La Porta asserisce che il Viceré ,comandò 200.000 fucili. Il Viceré sostiene che non ne comandò che centomHa. Se l'affermazione del Viceré è esatta, sembra al Principe di La Tour d'Auvergne che la cifra di

100.000 fucili per un esercito di cima 30.000 uomini, che tanti pare sieno i soldati del Viceré, non sia esagerata, attesoché è riconosciuto che una buona amministrazione miLitare deve avere tre fucHi per ogni soldato. La terza domanda (presentazione preventiva del bilancio egiziano alla Porta) sembra al Ministro imperiale totalmente infondata, giacché il firmano (del 1867, salvo errore) concede espressamente al Viceré l'amministrazione e ,la gestione delle finanze dell'Egitto. Per lo stesso motivo il Ministro imperiale è inclinato a credere eccessiva la quarta domanda, relativa alla necessità d'una previa autorizzazione della Porta per la conclusione di prestiti eg:iziani. Anzi a questo riguardo v'è un precedente di cui è d'uopo tener conto, ed è queHo dell'imprestito del 1868 che fu eseguito senza permesso della Porta, e non sollevò reclamo. Il Principe di La Tour d'Auvergne osservò inoltre che, se si toglie al Viceré la facoltà di contrarre imprestiti, questi si vedrà costretto a servirsi per l'esecuzione di grandi Javori di pubbHca uti'lità d'altri mezzi più dispendiosi, per non dire più roviinosi, come p.e. l'emissione dei buoni del tesoro.

Quanto alla quinta domanda (proibizione di contrarre accordi coi Governi esteri per altra via che quella dei Rappresentanti della Porta), il Principe di

La Tour d'Auvergne mi confessò che non era ancora stato in misura d'esaminarlo. Questo è in riassunto quanto il Ministro imperiale degli Affari Esteri mi espose intorno alla presente questione.

(l) Cfr. n. 548.

564

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 999. Firenze, 10 settembre 1869, ore 16.

Ayant pris connaissance de votre lettre du 3 courant (l) je ne puis qu'approuver votre conduite, dont •l'événement a justifié la prudence. Nous travaillons activement pour apa·iser le différend qui a surgi entre le Kedive et la Sublime Porte. Donnez l'assurance au Kedive que nous ferons notre possible pour amener une conciliation honorable de part et d'autre. Veuillez m'envoyer un rapport sur les conséquences que pourraLt entraine.r pour les intéréts européens et spécialement pour ce qui concerne nos nationaux, l'acceptation de la part du Kedive, de toutes ou d'une partie des conditions imposées par la Sublime Porte.

565

IL CONTE VIMERCATI AL CANCELLIERE AUSTRIACO, BEUST (2)

L. P. Monza, 10 settembre 1869.

Le Général Menabcrea doit vous avoir adressé une lettre (3) à la suite de la communication que je lui ai faite au sujet de l'entretien que j'ai eu l'honneur d'avoir avec V. E.

S. M. le Roi et le Présildent du Conseil tiennent au plus haut degré à la réalisation de nos projets. Le Cabinet de Flo.rence est prét à signer officieilement Ie traité, si faire se peut, ou à ac.cepter la rédaction proposée par V. E. si Le nouvel état de choses en France empéche l'Empereur de signer un traité regulier avec contre-seing des Ministres.

L'union des trois Puissances ayant désormais les mémes intéréts, est hautement appreciée par S. M. le Roi d'ltalie et ses Ministres. Cette a11iance n'offre pas moins d'avantages aux hautes parties contractantes dans le cas où la paix se maintiendrait, qu'elle n'en of.frirait si la guerre venait à éc'later.

Dans le premier cas, c'est une prépondérance assurée, dans le second, ,c'est presque la certitude d'un succès qui viendrait raffermir 1le préstige du pouvoir que la difficulté des temps et la suite des événements ont affaibli dans les trois pays.

Pour Je Gouvernement du Roi l'essentiel est l'assurance de la retraite des troupes françaises des Etats Pontificaux dans le plus bref de1ai, sans quoi toute stipulation, méme de Souvera.in à Souverain, serait impossible pour l'Italie.

V. E. a parfaitement apprécié la situation dans la note qu'Elle a envoyée au Prince de Metternich à la date du 9 Juin (1). Il faudrait cependant que les idées émises dans ce document confidentiel, fussent offtciellement communiquées à S. M. l'Empereur des Français, et que les instances du Cabinet de Vienne pussent lui servir d'appui auprès de ses Ministres et l'aidassent à remplir les intentions que S. M. Napoléon III m'a plusieurs fois personnellement exprimées au sujet de l'évacuation.

Pour l'eléction du nouveau Pontife, le choix du Gouvernement Italien se porterait sur Monseigneur Silvestri, la préférence donnée à un tel candidat doit, je n'en doute point, satisfaire le Cabinet de Vienne, car les relations du Gouvernement Autriohien avec cet éminent prélat démontrent assez restime et la confiance que l'on a en lui.

Je n'ai reçu aucune nouvelle du Comte du Vitzthum, je pense que la maladie de S. M. l'Empereur des F1rançais l'aura empéché d'étre 11eçu à Saint Cloud, il serait pourtant d'une très grande importance que S. M. Napo~éon III connùt le pro jet de l ettre à echanger entre les trois Souverains (2).

Si V. E. juge utile un nouvel entretien avec moi avant mon retour à Paris, je la prierais de m'adresser à Monza le télégramme suivant: «Au Comte Vimercati. Monza. Revenez Mallmann ».

(l) -Cfr. n. 547. (2) -Da ACR, ed. in ONCKEN, vol. III, pp. 228-2.29, Origines diplomatiques, vol. XXV, pp. 402-403. (3) -Cfr. n. 583.
566

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 65. Alessandria, 10 settembre 1869 (per. il 16).

L'immediata partenza del postale con cui giunsi in questa residenza il 2 corrente non mi permise di sottemettere all'E. V. 'la mia debole opinione sull'importanza delle nuove pretese della Sublime Porta, tanto in rapporto agli stranieri.

Nel corso della settimana ebbi luogo di farne oggetto di rapporto al R. Ministro a Costantinopoli. Prenderò a trattarle una per una.

1° -Annullamento dei contratti per la costruz·ione delle navi rorazzate, o cessione alla Sublime Porta.

«Mons!eur Mon Frère. Je su!s heureux d'apprendre que Votre Majesté a adopté camme mo! les stlpulations secrètes

telles qu'elles se trouvent formulées dans l'annexe, pour servir de base à la politique de l'Autrlche, de la France et de l'Ital!e et que nous nous reservons de convertir en un tra!té forme!. Florence ~

V!enne méme date ».

Par!s

(ACR, ed. in Origines diplomatiques, vol. XXV, p. 398).

Da tre anni il Viceré ha ordinata in Francia la costruzione di una fregata e due corvette corazzate, e di una ·Corvetta a Trieste. Per l'Egitto è una spesa tutta di lusso e di capriccio, e di nessuna utilità e necessità, non avendo forse neppure marinai ed uHiciali per farle navigare. I contratti sono, come succede sempre al Viceré, onerosissimi per i prezzi, e quando furono firmati si riconobbe che i modelli erano antichi e difettosi. La Sublime Porta ne era stata informata, ed il Viceré assicura averne ottenuta l'autorizzazione verbale dal Sultano stesso. L'anno scorso il Viceré fece l'offerta alla Sublime Porta di cedergliele, ad il Sultano la rifiutò. Questa dimanda ora della Porta non ha altro scopo che di voler far atto di autorità. In questo momento per il Viceré non è che una piccola umiiiazione, ma credo saggio da parte sua di aver ceduto, avendo a sostenere diritti di ben altra importanza. Se l'anno scorso egli ne ha tentata cessiDne per togliersi di dosso una spesa inutile, ora vi è a temere che o non potrà annullare i contratti che con esorbitanti indennizzi, o la Porta prenderà le navi ed egli !dovrà pagarne U valore. Questa concessione non ha nessuna importanza né per il paese, né per gli stranieri.

2° -Riduzione della commissione di 200 mila fucili.

Per l'Egitto un esercito è anche inutile, ed infatti dopo l'investitura di Mohamed Aly la vanagloria dei Vtceré di aver un esercito, ha costato sempre all'Egitto e uomini e denari per il solo vantaggio della Turchia. Sappiamo ciò che gli sono costate le guerre di Crimea e di Candia, ed in quest'ultima non solo il suo contingente ma armi, viveri e danari ha dovuto fornire per le truppe turche. Dopo la guerra di Candia è un fatto notorio e positivo che il Viceré, per economie finanziarie, ha ridotto il suo esercito a 18 mila uomini. La commissione di 100 mila fucili, e non di 200 mila è stata data, non per bisogno presente o futuro, ma come tante altre di altra natura che il Viceré ha la disgraziata abitudine di dare ai favoriti, ai raccomandati per regalar loro un guadagno. Sicché gli sarà facile il compenso con altre commissioni, e solo per amor proprio ha mantenuta la formula di ridurre la commissione in proporzione ai bisogni di un esercito di 30 mila uomini.

3° -Invio a Costantinopoli annualmente del budget per essere sottomesso al Sultano.

Questa è quistione vitale per l'Egitto e per gli stranieri che vi hanno portato i loro capitali e le loro sostanze. Nel documento, allegato A al rapporto di questa serie n. 66 (1), il Viceré espone succintamente, e sotto il punto di vista Egiziano i motivi per.ché non può accettare questa condizione: <<L'esibizione del budget egiziano alla Porta è contrario a tutti i Firmani. Fin dal 1841 non è stato mai presentato. Volersi immischiare nelle quistioni finanziarie sarebbe volersi immischiare nelle questioni interne, e rimandare l'Egitto a quello che era prima del 1841, prima dell'investitura di Mohamed Aly, cioè renderlo un semplice Pascialik come le altre province dell'Impero. Se la Porta dal 1841 non si è immischiata nell'Amministrazione egiziana non può farlo ora che gli ultimi firmani stabiliscono perentoriamente che questa ammi

nistrazione, che comprende gl'interessi finanziari, è devoluta esclusivamente al Khédive )).

Ed infatti la pretesa del Gran Vizir è una manifesta violazione del Firmano del 1867 che concede formalmente al Viceré l'assoluta autorità di amministrazione interna e finanziaria del paese, concessione che del resto non fece che sanzionare le consuetudini, vigenti dacché Mohamed Aly ebbe la investitura del Governo del Vicereame. Si scorge chiaramente che la Sublime Porta vuoi riacquistare 'l'impero perduto, non di certo per l'amor paterno di cui tanto pomposamente si mostra tenero verso gli Egiziani, amore che non dimostra per le popolazioni delle altre sue province, ma per mettere mano rapace a sua volontà sulle rendite del paese, e servirsene non a pro' dell'Egitto ma a vantaggio proprio. Si accusa il Viceré di aver ruinato, impoverito il paese con tasse ed imposizioni esorbitanti. Non assumo certamente a difendere in tutto e per tutto l'Amministrazione egiziana; ma a paragone dell'Amministrazione turca è una luce nascente a fronte alle tenebre. Il Gran Vizir dimentica i milioni senza numero che sono andati e vanno a Costantinopoli; che H Canale di Suez ha costato fin'oggi al Viceré più di 300 milioni, che l'Egitto ha una rete di strade ferrate che rappresenta un capitale di 200 milioni; che si sono costruite delle città, dei porti, ed opere pubbliche innumerevoli; che tutto il paese è soicato da un sistema impareggiabile di canali navigabili d'irrigazione; che il Governo Egiziano ha speso centinaja di milioni per riparare il flagello di un'epizoozia che in pochi mesi ha ucciso tutti gli animali del paese; che il Vkeré ha pagato fin' oggi cento venti milioni di debiti dei Fellahs verso gli stranieri; che la civilizzazione, il commercio, le industrie hanno preso uno straordinario sviluppo; e che perciò 'l'Egitto ha in Europa un credito rappresentato dalla cifra 82, quando la Turchia non l'ha che di 43. Dunque l'Egitto non è rovinato e povero, almeno come la Turchia.

Ma a noi interessa considerare questa quistione particolarmente sotto il punto di vista europeo.

La prosperità, reiativamente alla Turchia, grandissima che ha acquistata l'Egitto, la deve all'intelligenza, all'opera, e sopratutto all'immenso capitale che l'Europa vi ha portato. E non vi è a discutere che l'Europa vi ha portato queste potenti molle di vita perché aveva garanzie solide e sicure, morali e materiali. Morali il credito che l'Egitto ha goduto e gode in Europa; materiali, l'esattezza, la fedeltà della esecuzione degli obblighi contratti: una amministrazione interna e f.inanziaria indipendente e responsabile, stabilita per consuetudine inveterata, sancita dai Firmani conceduti dalla Porta, e garantiti dalle grandi Potenze segnatarie del trattato del 1841 che aderirono a queste innovazioni. Sotto l'eg,ida di queste garanzie l'Europa ha versato in Egitto dei miliardi, ed ha fatto credito di miliardi al Governo egiziano. La nota Viziriale vorrebbe distruggere di un ,colpo queste garanzie, e se le Grandi Potenze imponessero al Viceré di sottoporsi a questa pretesa della Porta non solo minerebbero l'Egitto, e distruggerebbero il suo avvenire, ma minerebbero, distruggerebbero il capitale di m~1iardi che l'Europa, non a capriccio, ma autorizzata, ha affidato all'Egitto.

Sotto questo punto di vista, a parer mio, la quistione è più internazionale che egiziana e le Grandi Potenze non possono cedere alle ingiuste e strane pretese della Tu~chta.

4° -Autorizzazione della Porta per contrarre imprestiti quando da essa non fosse riconosciuta la necessità e possibilità.

A confutare questa pretesa, altrettanto pericolosa ,per l'Egitto che per gli stranieri, valgono tutti gli argomenti accennati a dimostrare la ingiustizia della terza ,condizione, e l'obbligo delle Grandi Potenze di combatterla. Ma a dimostrare che sarebbe un'accertata violazione dei Firmani, esistono fatti compiuti. Nel 1868 essendo Gran Vizir lo stesso Aaly Pascià a piena cognizione della Sublime Porta, il Viceré sotto I'tmpero del Firmano del 1867 ha contratto in Europa un imprestito di 200 milioni, senza chiedere nessuna autorizzazione alla Porta. I capitalisti inglesi però, vista questa innovazione, prima di dare d loro milioni, vollero assicurarsi se il Viceré agiva in pieno diritto. Si rivolsero al loro Governo, e questi ai Giureconsulti della Corona per interpretare legalmente il Firmano. Il verdetto fu che in virtù del Firmano del 1867, il Vic~ré era in pieno diritto di contrattare l'imprestito senza autorizzazione della Porta.

Come dunque può ora il Gran Vizir pretendere questa condizione dal Viceré? Ripeto che il permettere alla Porta di violare i Firmand, e d'immischiarsi nella Amministrazione interna e finanziaria dell'Egitto, non sarebbe pericolo per gli stranie11i, ma certa ed incalcolabile rovina.

5° -Relazioni tra l'Egitto e le Potenze Estere. Ho creduto svolgere questa quistione, a mio credere secondaria a fronte alla terza e quarta in speciale rapporto, per spiegare la differenza di comunicazione date da me ed il Collega d'Austria. Anche dn questo il Gran Vizir cade in aperta violazione del Firmano, interpretandolo a modo suo, e mi sembra inaccettabile la pretesa che i!l Governo Egiziano non debba avere relazioni dirette ed ufficiali con le Potenze europee. Se egli intende che il Khédive non sorta da detto Firmano, il Khédive non dimanda altro, ed a ciò s'impegna formalmente. Ma è necessario dare al Firmano un'intepretazione chiara, ed a parer mio non è dubbia poiché non impedisce al Viceré che negoziare ,convenzioni che avessero forma e carattere di trattati internazionali o di convenzioni politiche.

(l) -Cfr. ONCKEN, vol. III, pp. 202-203, Origines diplomatiques, vol. XXV, pp. 393-395. (2) -Il progetto era il seguente:

(l) Non pubblicato.

567

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1781. Alessandria, 11 settembre 1869, ore 16 (per. ore 4 del 12).

Ce matin expédié rapport (l) qui répond en grande partie à votre demande (2). Le Vice Roi a reçu aujourd'hui réponse de Constantinople. Le

grand vizir dit que tant que le Vice Roi se maintiendra dans ses droits et devoirs le Sultan ne permettra jamais qu'on porte [atteinte] aux deux dernie,rs firmans qu'il demande envoi du budget non pour contròler les détails de l'administration, mais pour connaitre l'état d'une de ses provinces; il insiste sur cette condition et sur celle de la permission pour contracter emprunts, étant ainsi texte et esprit des firmans. Cette réponse ne change en rien la position. Le Vice Roi est décidé de plus en plus à refuser; il ne répond pas, voulant attendre l'opinion des Grandes Puissances, s'agissant d'une question qui intéresse l'Egypte autant que les intérets européens. Je prie V. E. de me faire connaitre son opinion sur cette grave question.

(l) -Cfr. n. 566. (2) -Cfr. n. 564.
568

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 954. Parigi, 11 settembre 1869 (per. il 14).

Colla promulgazione del Senatusconsulto fatta nel giorno ufHciale dell'Impero, le nuove riforme diventano un fatto ,compiuto e costituiscono oramai la base del diritto pubblico interno dell'Impero francese. È una •profonda rivoluzione pacifica che fu operata nelle vie legali e che non ,fu segnalata da nessuno di quei moti violenti che di solito accompagnano le mutazioni di sistema di Governo in Francia.

È anzi da notare che 11a discussione del Senato (1), salvo il sentimento di approvazione suscitato negli spiriti liberali dal discorso del Principe Napoleone, lasciò abbastanza ,fredda la pubblica opinione in Francia, e Ia promulgazione del Senatusconsulto non vi destò maggior commozione. È indifferenza? È sfiducia? È un puro accidente prodotto daWassenza da Parigi degli uomini politici disseminati in questa stagione su tutta la superficie della Francia? È effetto della malattia dell'Imperatore la quale, benché non abbia presentato nessun se.rio pericolo, portò gli spiriti a preoccupazioni e a previsioni più gravi?

Ciascuna di queste supposizioni ha un po' di vero. Ma quali che siano le ragioni varie e complesse di questo fatto, esso esiste, e non posso a meno di constatarlo. Ci vorrà un certo tempo prima che gli effetti del nuovo ordine di cose appaiano evidenti. Occorre una certa preparazione negli spiriti, sia nelle sfere governative, sia nelle masse della popolazione, perché il nuovo sistema sia compreso, accettato, applicato, e s'incarni, per dir così, nell'intiero paese. I sistemi valgono, praticamente e politicamente, quanto vale l'applicazione; questa è resa più facile e più efficace dalla fiducia che ispirano gli uomini chiamati a darvi opera. Si può quindi prevedere che le nuove riforme non produrranno veramente il bene che si ha diritto di attenderne e che fu senza dubbio il movente e lo scopo del legislatore costituente, se non quando esse verranno logicamente applicate secondo i metodi costituzionali. Ciò del

resto non tarderà molto ad accadere, giacché la riunione del Corpo legislativo non potrà differirsi di <là dall'autunno corrente.

Aperto il corpo legislativo, è prevedibile che alla specie d'apatia che accompagnò la promulgazione del Senatusconsulto succederà una azione più vigorosa, e giova sperare utile e feconda.

(l) Sulla discussione al Senato circa le riforme costituzionall Nigra aveva riferito con 1 rapporti 944, 946 e 950 del 2, 3 e 7 settembre, non pubbllcatl.

569

IL MINLSTRO A VIENNA, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 141. Vienna, 11 settembre 1869.

Allor quando ho ricevuto ieri sera il telegramma del Commendatore Blanc (l) che esprimeva il desiderio di conoscere il giorno deltla partenza del Conte di Beust, ed il luogo ove egli intendeva passare il tempo del suo congedo, io aveva preventivamente telegrafato a V. E. che egli si proponeva di passare alcuni giorni a Baden-Baden ove avrebbe veduto probabilmente il Re e la Regina di Prussia. E Le avevo a questo proposito scritto un breve dispaccio serie Politica n. 140 (2).

Oggi però posso completare le indicazioni che desidera il Governo del Re, avendo io parlato direttamente al Conte di Beust del suo viaggio.

Il Cancelliere dell'Impero sostiene che egli non ha scopo politico visitando prima Monaco poi Baden-Baden, infine rrecandosi sul lago di Costanza a prestare i suoi omaggi alla Regina di Wurtemberg.

Io gli feci osservare che questa triplice visita alle tre corti della Germania del Sud per verità non poteva passare inosservata e senza commenti. Ed egli mi rispose sorridendo, che un uomo savio non poteva lusingarsi di costringere i giornalisti al silenzio.

Gli accennai che correvano varie voci in proposito, e che alcuno affermava che egli nella ev,entualità della morte dell'Imperatore Napoleone voleva concertarsi colle altre corti Tedesche temendo che la democrazia non avesse a suscitare gravi imbarazzi a tutti i Governi regolari.

Mi rispose che il tempo delle sante alleanze contro le aspirazioni popolari era passato, e che egli d'aUronde non temeva, anche se fosse proclamata Ia repubblica a Parigi, che l'Impero Austro-Ungherese potesse essere turbato dalle fazioni anar,chiche.

Devoto personalmente all'Imperatore Napoleone ed alla sua famiglia, egli aveva dichiarato in un suo discorso recente, che non si sarebbe rifiutato di mantenere l'alleanza colla Francia quando anche essa avesse adottate le forme repubblicane, imperocché egU aveva propugnata la necessità di un accordo non f.ra le due Dinastie, ma fra i due paesi.

Le alleanze dinastiche non hanno più ragione d'esistere nelle costituzioni delle società moderne! Non vi sono che le alleanze nazionali che sono feconde ed utili alla prosperità ed alla grandezza dei popoli.

Il Ministro di Prussia con cui ho tenuto parola del viaggio del Cancelliere dell'Impero, crede che non abbia scopo politico determinato.

Il Governo ·prussiano avrebbe forse ragione di adombrarsi di queste visite del primo Ministro austriaco alle Corti della Germania del Sud: tuttavia poteva assicurarmi che non ne provava alcuna inquietudine. Mi assicurò che il Conte di Beust avrebbe chiesta udienza alla Regina di Prussia, e che forse avrebbe avuto un abboccamento con Sua Maestà il Re.

(l) -Non pubblicato. (2) -Del 9 settembre, non pubblicato.
570

IL PRESIDENTE DEL CONSIULIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A MADRID, CERRUTI

T. Firenze, 12 settembre 1869, ore 15.

J'ai reçu vòtre lettre particulière du 7 courant (l) qui m'est parvenue de Paris par la poste. J'espère qu'elle n'aura pas été ouverte. Je regrette que vous ayez parlé de l'affaire du Due de Genes au ministre des affaires étrangères a va n t de vous etre concerté à ce sujet avec le général Prim; toutefois celà ne donnera pas lieu à d'inconvenients, je vous recommande la plus grande réserve dans cette affaire qui ne peut réussir qu'avec beaucoup de prudence. Si l'on vous parle du Due de Génes vous pouvez en faire les plus grands éloges sous le double rapport du camctère et de l'intelligence; c'est la vérité. Il a été admis parmi les premiers au college d'Harrow où les examens sont très rigoureux.

571

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI

D. 12. Firenze, 16 settembre 1869.

Les difficultés qui se sont élevées depuis que.lque temps entre la Sublime Porte et le Khédive ne peuvent plus, je le constate avec regret, étre considérées comme dénuées de g:ravité au point de vue des intéréts de nos nationaux en Egypte, de la sécurité des relations de toute sorte que l'Europe entretient avec ce pays, et peut-étre méme de la tranquillité de l'Orient.

Dans sa réponse à la première lettre du Grand Vizir le Vice Roi avait exprimé, par les déclarations Ies plus explicites, sa ferme intention de ne s'écarter en rien des firmans qui règlent les rapports de dépendance de l'Egypte et de son Gouvernement envers la Sublime Porte, il se défendait énergiquement de vouloir rompre les liens de sujétion qui le rattachent à S. M. I. le Sultan, protestait en termes respectueux de sa fidélité et de son dévouement

envers le Souverain, et soumettait au sul'plus des justifications détaillées au Grand Vizir sur la mar·che de l'administration egyptienne.

Cette administration laisse certainement bien des choses à désirer et n'a pas toujours donné aux droits de nos propres nationaux les garanties que nous étions fondés à prétendre. Nous reconnaissons pleinement à la Sublime Porte non seulement le droit de sauvegarder sa situation légitime contre toute tentative éventuelle d'empiètement de la part de son vassal, mais encore celui d'exercer en conformité des firmans et dans l'intéret meme du maintien de l'ordre de choses régulièrement existant, une influence efficace sur l'usage que fait l'administration égyptienne de l'autonomie dont elle est régulièrement en possession. L'interprétation à donner aux firmans dans la pratique, et les transactions qui rpeuvent etre réeiproquement consenties entre la Porte et le Khédive dans les limites de ces memes firmans, sont des -objets que nous nous sommes gardés de préjuger aucunement, nous bornant à conseiller au Gouvernement du Sultan de montrer de la modération, et au Vice Roi de prouver sa déférence envers la Porte.

Mais quant au procès de tendance, pour ainsi dire, que le Grand Vizir avait ouvert contre le Vice Roi, il nous semble que la réponse de Son Altesse donne une entière satisfaction à la Porte. Les déclarations de fidélité et de soumission au Sultan y sont si formelles que la question de principe d'abord posée à Constantinople sur la situatlon subordonnée du Khédive vis-à-vis du Sultan s'en trouve éclairée de la manière la rplus correcte.

En effet le Gouvernement du Sultan témoigna lui-meme qu'il l'entendait ainsi, et se montrant de son còté animé de dispositions favorables à un arrangement fit connaitre aux Représentants des Puissances auprès de la Porte qu'il lnvitait le Vice Roi par une nouvelle lettre à se rendre à Constantinople pour concerter une entente définitive sur Ies points de fait insuffisamment justifiés rélativement à l'admlnistration égyrptienne.

C'est alors que les Ambassadeurs de l'Autriche de la France et de la Grande Bretagne auprès de la Porte donnèrent l'ordre aux consuls de leurs Gouvernements à Alexandrie d'arppuyer vivement auprès du Vice Roi l'invitation qui lui était faite de se rendre à Constantinople, et de l'engager à partir avant meme que la réplique du Grand Vizir lui fùt parvenue.

Nous nous sommes bornés, quant à nous, comme je viens de le dire, à tenir un Iangage conciliant aux deux principaux intéressés, et à leur conseiller des transactions réci.proques. Nous abstenir d'interventions plus direetes, nous parùt etre le plus sùr moyen d'éviter toute surprise et de prévenir toute comp1ication imprévue.

Le Gouvernement du Roi n'est que trop de sujet de se féliciter d'en avoir agi ainsi, lorsque, le Vice Roi ayant différé son départ, l'arrivée à Alexandrie de Taalat Pacha, avec la réplique du Grand Vizir, vint ébranler les espérances qu'on avait eu lieu de former à Constantinople sur les disrpositions de la Porte.

Les demandes de celle-ci, d'après ce que M. De Martino m'écrit d'Alexandrie en date du 3 du courant (1), sont les suivantes:

L'annulation des contrats stipulés par le Gouvernement du Vice Roi pour la construction de batiments cuirassés; les commandes faites pour 200.000 fusils restreints à l'armement de 30.000 hommes seulement; les commandes d'armes, qu'on ne pourrait annuler, passées au compte de la Porte; le budget de l'Egypte soumis chaque années à l'approbation du Sultan, la faculté du Vice Roi de contracter des emt>runts subordonnée à l'autorisation du Sultan, qui la refusera quand la nécessité et la possibilité de ces emprunts ne lui paraitront pas constatées; l'oblig.ation pour tout envoyé du Vice Roi, qui aurait des négociations à ouvrir avec un Cabinet européen, d'exposer la nature et le but de ces négociations aux représentants du Sultan, qui pourra lui refuser l'autorisation de traiter, et qui, au cas où il l'accorderait, aura seui qualité pour présenter l'envoyé, et qui devra etre journellement mis par ce dernier au courant de chaque af1faire traité et de chaque conférence tenue. En réponse enfin au désir exprimé par le Vice Roi d'aUer à Constantinople pour rendre au Sultan ses hommages de fidélité, le Grand Vizir déclarait dans la meme lettre que le Sultan pourra recevoir le Vice Roi lorsque Son Altesse aura accepté purement et simplement la position qui lui est faite.

Nous ne dissimulons pas au Vice Roi que sur quelques articles spéciaux, et entre autres sur celui des armements, il doive chercher à faire de raisonnables concessions aux désirs de la Porte. Mais il n'est pas moins vrai que si des modifications sur plusieurs points et des éclaircissements précis sur des autres ne viennent pas limiter la portée des demandes du Grand Vizir, l'ensemble de ces exigences formulées d'une manière si imprevue, tendrait à altérer sensiblement les institutions établies en Egypte avec le consentement des Puissances et accordées ou admises jusqu'ici par la Sublime Porte elle meme, remettrait en question des faits sanctionnés par bien des années de progrès matériel incontestable, supprimerait les bases sur lesquelles tant de capitaux européens se sont engagés dans les intérets Egyptiens, et revoquerait en partie les firmans sur lesquels reposent la situation meme de l'Egypte vis-à-vis de la Porte et vis-à-vis des puissances étrangères. En un mot, la Porte, se fondant sur la supposition que le Vice Roi veuille porter atteinte au statu. quo actuel, lui demande de consentir à ce qu'elle y apporte elle meme de notables changements.

Le Gouvernement du Roi, plus intéressé que qui que ce soit au maintien de la paix et de la tranquillité en Orient, ne saurait voir avec indifférence que l'état de choses existant en Egypte vint à etre modifié sans qu'une juste part fùt faite à tous les intérets. Nous trouvons [sic] à ne 'laisser aux deux parties intéressées aucun doute à cet égard, espérant qu'elles rendront justice à notre impartialité et que nos représentations jointes à celles des autres Puissances trouveront à Constantinople aussi bien qu'à Alexandrie la modération et l'esprit conciliant auquel nous faisons appel. L'Europe et le Gouvernement du Roi en particulier n'ont pas seulement le devoir de prévenir un conflit, dont la responsabilité serait grave et la conséquence facheuse pour celui qui l'aurait provoqué. Ce qui nous donne des titres tous particuliers à interposer nos bons offices entre le Sultan et le Khédive, c'est que si d'un còté nous désirons sincèrement la consoUdation de l'Empire Ottoman, d'un autre còté nous sommes fondés à compter sur le maintien des garanties que le statu quo actuel en Egypte présente pour !es droits de nos nationaux. Ni le Gouvernement du Roi, ni, j'en ai la ·Conviction, les autres Etats également engagés dans la question par leur relation positive avec l'Egypte, ne pourraient admettre que des changements imposés par la Porte au Vice Roi ou suscités par le Vice Roi contre la Porte pussent venir affaiblir ces garanties.

C'est dans ce sens, M. le Ministre, que vous vous exprimerez au nom du Gouvernement du Roi dans vas rapports avec le Cabinet auprès duquel vous etes accrédité. Nous déterminerions plus précisément, si cela devenait necessaire, ce que reclament en Egypte les droits de nos nationaux et les intérèts de l'Italie. Mais nous pr2férons pour le moment attendre de la sagesse de la Porte et de la déférence du Khédive, l'effet des .conseils entièrement amicaux qui leurs sont donnés (1).

(l) Non rinvenuta.

(l) Cfr. n. 547.

572

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 67. Alessandria, 16 settembre 1869 (per. il 23).

Allorché ricevetti il telegramma di V. E. del 10 corrente (2), col quale mi ordinava di inviarle un rapporto sulle conseguenze che potrebbero derivare per gl'interessi europei, e specialmente dei nostri nazionali, dalla accettazione del Viceré di tutte, o di una parte delle condizioni imposte dalla Sublime Porta, io aveva spedito il rappo11to in data 10 co11rente n. 65 di questa serie (3), che in parte può rispondere ai quesiti rivoltimi.

Credo però opportuno ritornare sull'argomento. Non può farsi distinzione tra interessi europei, ed interessi dei nostri nazionali, essendo tutti eguali ed uniformi.

Delle condizioni imposte dalla Sublime Porta, quelle che si debbono considerare come direttamente implicate agli interessi europei sono principalmente la terza e quarta cioè, la esibizione del Budget, e l'autorizzazione per contrarre imprestiti, quindi le relazioni del Governo egiziano con le Potenze Europee.

Fin dacché Mohammed Aly ebbe l'investitura del Governo d'Egitto in virtù dei trattati del 1841 che resero l'Egitto in condizioni ben differenti di quelle delle altre province dell'impero, l'Egitto visse di vita propria, e prese tanto sviluppo perché accordò all'elemento europeo dei privilegi e dei diritti che la Sublime Porta non .consenti mai di accordare, e che se ora ne accordò qualcuno lo ha fatto a tali .condizioni che molte Potenze Europee non hanno potuto accettarle. Quando il Governo egiziano li accordò, la Porta non si oppose, sicché sono fatti compiuti. E se l'Egitto in un sì breve corso di anni ha percorso un sì lungo tratto di via nello sviluppo di civilizzazione, d'industria, di commercio, lo ha potuto compiere perché è nato ed ha vissuto con vita europea più che egiziana.

Mohammed Aly fin dacché prese le redini del Governo, non solo accordò agli Europei il diritto di proprietà, ma fece loro donazioni d'immensi territori. Gli Europei accorsero su queste spiagge che il despotismo e le atrocie dei Mammelucchi avevano reso un campo di desolazione, e troppo lungo sarebbe il voler dettagliare tutti gli sforzi, tutta l'intellig·enza, tutte le ri.cchezze che l'elemento europeo vi ha profuso per rendere l'Egitto uno dei più ricchi paesi del bacino del Mediterraneo. Sicché non si può confutare che l'elemento europeo è interessato materialmente a quanto esiste tn Egitto. Esso possiede proprietà urbane e rurali, stabilimenti industriali e commerciali d'ogni genere, e di una entità finanziaria incalcolabile.

Il Governo egiziano, sempre con lo scopo di attirare quell'elemento tanto utile e necessario, concesse alla giurisdizione estera sui propri nazionali una latitudine illimitata, tanto che ogni straniero è in Egitto come se fosse nel proprio paese.

Questi due privilegi di tanta importanza ebbero come naturale conseguenza, una lunghissima sequela di altri privilegi e concessioni, che resero l'Egitto un paese eccezionale, gli crearono un'autonomia propria, lo resero nell'amministrazione interna una parte dell'Impero molto diversa dalle altre, ed indipendente.

Questa posizione, assicurata da fatti compiuti, ed acconsentiti, se si vuole tacitamente, dalla Turchia, consacrati da quarant'anni di esistenza, accettati dall'Europa, costituiva già un diritto incontestabile.

Questo diritto venne sancito dal Firmano del 1867 che in realtà non ha creato una innovazione, ma ha sanzionato lo stato delle cose che esisteva da quaranta anni.

Questa posizione che si è creata l'Egitto, acconsentita dalla Porta, riconosciuta dai Governi europei, è stata la garanzia .che ha avuto l'Europa, per affidargli tante sostanze, tanti milioni, dopo di averlo creato. La colonia cristiana venuta sotto questa garanzia in Egitto, conta più di 200 mila persone tra i coloni europei e siriani, i primi almeno 120 mila.

Possono i Governi europei acconsentire che l'Egitto perda la posizione che si è creata, e che l'elemento europeo perda quella garanzia, sulla quale è stato autorizzato fin oggi di affidarsi?

Un grande sviluppo agli argomenti che ho accennati mi porterebbe ad uscire di molto dai limiti di un rapporto.

Le condizioni che la Porta impone al Khédive implicano il proponimento di volersi direttamente immischiare nell'amministrazione interna dell'Egitto. Se la Porta ottenesse questo intento di certo unHormerebbe quest'amministrazione a quella delle altre Province, e tutti i privilegi, i diritti degli Europei cesserebbero di fatto. Dimando io se questa non sarebbe la rovina completa degli interessi europei.

Nell'ultima risposta al Khédive il Gran Vizir vuol far giuoco di astuzia. Egli dice che il Sultano di!manda l'esibizione del budget annuale non per controllare ed entrare nei dettagli dell'Amministrazione Egiziana, ma soltanto per conoscere le rendite e le spese di una sua provincia. Se è decaduto dal diritto d'immischiarsi nell'amministrazione interna del paese, come per quarant'anni non ha mai preteso di vederne le rendite e le spese, non può ora pretenderlo. E che senso avrebbe la pretesa di vedere il budgt per il solo piacere di vederlo? Mi sembra che non vi sia neppur dignità a questo giuoco di parole.

Se si rimprovera al Governo egiziano di aver speso molto, di aver moltiplicate le imposte, di aver avuto ricorso agli imprestiti, egli può ben rispondere che era una necessità per togliere l'Egitto dalla triste posizione in cui versano le altre province dell'Impero. Se le tasse sono cresciute sono anche moltiplicate le ricchezze, e senza queste come avrebbe potuto resistere l'Egitto al flagello dell'epizoozia, alla crisi commerciale e finanziaria dopo la guerra delle Americhe? E se ricchezza non esistesse come succederebbe che il valore dell'esportazione aumenta annualmente?

Conchiudo col dire che se s'impone al Khédive di sottoporsi alle condizioni accennate, e che la Porta s'immischi nell'amministrazione interna non solo l'Egitto sarebbe minato, ma egualmente lo sarebbero gl'interessi europei.

E non si ,pretenderà disgiungere l'amministrazione finanziaria dall'amministrazione interna, essendo la prima una parte essenziale della seconda. Ammesso questo principio, la sola innovazione allo stato passato delle cose, che ha appocrtato lo spirito del Firmano del 1867 è la libertà d'azione del Khédive di contrarre imprestiti senza autorizzazione. Sull'interpretazione del Firmano a questo riguardo vi è divergenza, e mi si dice che il Governo inglese propenda per l'opinione del Gran Vizir. Nel riconoscere che il Firmano accorda al Viceré l'amministrazione interna, e che in questa è compresa la finanziaria, il Governo inglese sosterrebbe d'altra parte che non lo autorizza a contrarre un imprestito, perché è operazione che si fa all'estero. Mi pare che questa tesi sia un cavillo avvocatesco. Ma vi è un fatto compiuto. L'imprestito contratto dal Viceré nel 1868 in Francia ed in Inghilterra è stata una conseguenza del Firmano del 1867 ed un fatto compiuto a piena notorietà e della Sublime Porta e del Governo inglese.

Nel mio precedente rapporto n. 65 dissi che per contrarre quell'imprestito i giureconsulti della Corona in Inghilterra, consultati, avevano data un'opinione favorevole al Khédive. Ciò mi fu detto da Scerif Pascià, e dal gerente del Consolato inglese. Però da persona autorevole mi fu quindi messo in dubbio, e che furono consultati giureconsulti privati. Ho creduto prevenlrne l'E. V. per riserva poiché la prima versione sarebbe di gran peso nella quistione.

Questa condizione, a parer mio, non ha meno importanza di quella sulla presentazione del Budget, in rapporto agli interessi Europei. Se l'amministrazione interna è indipendente in virtù del Firmano del 1867, qualunque violazione parziale di questo Firmano sarebbe a danno nostro, poiché pregiudicherebbe a quell'insieme che esisteva, consacrato dal tempo e dall'assentimento, e sancito quindi dal Firmano stesso. Ogni piccola innovazione, anche indiretta della Turchia, indebolirebbe quelle garanzie che finora hanno avuto gli europei. E l'incertezza, il dubbio ucciderebbe tutti anche lentamente.

Per telegramma (l) annunziai all'E. V. la risposta del Gran Vizir al Khédive. Unisco una traduzione letterale di questa risposta (2), nella quale, come ho detto sopra, il Gran Vizir ,con belle parole vuoi mascherare l'importanza delle condizioni che .persiste a voler imporre.

Egli tace sulle relazioni ufficiali tra il Khédive e le Grandi Potenze. Quali debbano essere sono chiaramente delineate nel Firmano del 1867. Per il passato l'Egitto ha avute sempre relazioni dirette ed officiali con i Gabinetti europei. Il Firmano non altera il passato, anzi gli concede nuove facoltà di negoziare convenzioni postali, telegrafiche etc. e gl'inibisce soltanto di negoziare trattati internazionali, e convenzioni politiche. Poiché e il Gran Vizir e il Khédive hanno dichiarato di volersi attenere al Firmano, non può esservi luogo a discussione.

Telegrafai anche all'E. V. che il Khédive si è risoluto a non rispondere al Gran Vizir ed attendere il risultato della mediazione ,conciliativa delle Grandi Potenze, e di conoscere la loro opinione sulle esigenze della Turchia.

Il prolungamento di questa crisi è assai nuocevole, particolarmente al nostro ceto finanziario e commerciale. Il malessere è generale, e sarebbe a desiderarsi che si ponesse un termine a quest'incertezza di cose.

L'opinione generale sia tra gli indigeni sia nella colonia europea, tanto interessata, si è manifestata tutta favorevole al Khédive che in questa lotta rappresenta un principio al quale è strettamente collegato l'avvenire dell'Egitto.

(l) -Queste istruzioni vennero inviate in copia al rappresentanti all'estero con dispaccio del 17 settembre. (2) -Cfr. n. 564. (3) -Cfr. n. 566. (l) -Cfr. n. 567. (2) -Non pubblicata,
573

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. XIX. Berlino, 17 settembre 1869.

Les Eveques d'A11emagne réunis à Fulda, au nombre d'une vingtaine, ont signé avant de se séparer une lettre pastorale qui après-demain sera lue dans chacune des Eglises des diocèses respectives.

Il serait assez malatsé de donner une analyse succincte de ce document rédigé avec tant de circonspection. Evidemment les signataires ont aussi voulu répondre d'une manière indirecte aux appréhensions manifestées dans les adresses des catholiques libéraux de Coblence, d'Andernach et de Bonn au sujet du prochain Concile. Tout en énonçant une entière confiance dans les travaux d'une assemblée qui se propose de piacer sous un jour plus éclatant la vérité du christianisme et de donner une nouvelle impulsion à la pratique de ses lois, ils combattent les accusations formulées par les adversaires de l'Eglise «dans le but de provoquer des soupçons et meme d'exciter la défiance des Gouvernements ».

n n'est pas admissible, disent-ils, que le Concile puisse ou veuille proclamer de nouvelles doctrines qui ne soient pas cotenue dans la révélation et dans les traditions; qu'il puisse ou veuille poser des princLpes nuisibles aux intérets du Christianisme, et incompatibles avec les exigences raisonables de l'Etat, de la civilisation, des seiences, de meme qu'avec une juste liberté et le bien etre temporel des peuples. Ils défendent le Saint Père du reproche de vouloir, sous l'influence d'un parti que n'est pas autrement désigné, ne se servir du Concile que comme d'un moyen pour élever plus que de raison le pouvoir du Saint Siège pour changer l'ancienne constitution de l'Eglise, et fonder une domination spirituelle inconciliable avec la liberté Chrétienne.

37 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. XI

Les arguments développés à l'appm de cette thèse, sunt puisés dans un ordre d'idées ayant pour base la parole divine contenue dans l'Evangile ou transmise par la tradition et constatée par l'enseignement général de la Catholicité. C'est à ce point de vue que la question est traitée et non à celui des rapports entre l'Eglise et l'Etat.

En meme temps les Eveques avec quelque vivacité qu'ils auront pleine et entière liberté dans les déliberations qui auront lieu non point pour triompher d'un adversaire ou pour faire prévaloir des intérets particuliers, mais pour éclaircir la vérité sous toutes ses faces. Ils ne prendront conseil que de la foi et de leur conscience. Aucune décision ne sera adoptée sans un examen approfondi, etc. etc.

Le Syllabus n'est pas mentionné d'une manière explicite. Il ne se trouve également aucune indication positive sur le programme du Concile oecuménique, mais comme on accentue que l'Eglise ne saurait admettre de partis dans son sein, il s'en suit que l'Episcopat allemand se soumettra aux décisions qui prévaudront à Rome. Il est toutefois à présumer qu'il emploiera son influence dans un sens de modération et de conciliation. Si cette intention n'est pas ouvertemente exprimée dans la lettre pastorale, elle résulte de son ensemble contrastant avec les articles de certains feuilles cléricales dont la violence et l'esprit de dénigrement font tant de tort à leur cause. D'ailleurs dans ce pays le clergé a tout intéret à ne pas éveiller les passions et à vivre en bonne harmonie avec le pouvoir séculaire. En Prusse nommément les catholiques qui forment le 32 % de la population, jouissent d'une indépendance de culte que l'Eglise protestante attend d'une loi organique promise mais non encore délibérée.

Je n'ai pas encore pu connaitre nmpression produite ici dans les cercles officiels par le mandement présenté. La presse n'a pas encore formulé un jugement. Mais il est assez vraisembla:ble qu'à Rome du moins ce document, malgré et peut-etre méme à cause des ses précautions de langag.e, plaira mieux que l'avis émis par la faculté théologique de Munich. Ce dernier en effet fait allusion aux conflits regrettables qui pourraient surgir entre l'Eglise et l'Etat si le Concile érigeait en dogme les propositions du Syllabus et se prononçait pour l'infaillibilité du Pape, tandis que ces questions délicates ne sont pas préjugées par les Eveques allemands.

Le Prince de Hohenlohe étant attendu prochainement à Munich, il sera ainsi à méme de reprendre avec le Cabinet de Berlin ses communications sur ce sujet important.

574

IL MINISTRO A MADRID, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1794. Madrid, 18 settembre 18G9, ore 18,50.

Par suite de communication du Gouvernement français que la France n'envoye pas d'ambassadeur au Concile, il parait que l'Espagne n'en enverra pas non plus.

575

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 10. Therapia, 18 settembre 1869 (per. il 24).

Dopo l'ultimo rapporto che ho avuto l'onore d'indirizzare all'E. V. in data 8 settembre corrente n. 8 di questa serie (1), la così detta questione egizia, che tiene qui tutti gli animi pexplessi e preoccupati, non ha fatto sventuratamente alcun passo notevole verso un amtchevole componimento.

Il punto in litigio è sempre la questione degli imprestiti, e su tale argomento la Porta pare irrevocabilmente decisa a non fare alcuna concessione, come V. E. potrà rilevare dall'annessa copia di telegramma spedito dal Gran Vizir al Khédive il 9 corrente (l).

Se quindi anche il Khédive è risoluto dal canto suo a mantenere salde con la stessa tenacità le sue pretese a tal proposito, non è facile il prevedere in qual modo potrebbe essere sciolto, né quali conseguenze potrebbero sorgere a lungo andare da una tale situazione di cose.

Egli è vero, questo almeno è il mio convincimento, che gravi e pericolose complicazioni, che mettano a repentaglio la pace in Oriente e per riflesso anche in Europa, non sarebbero punto da temere pel momento, dappoiché, né la Porta né il Khédive intendono per modo alcuno di ricormre a partiti estremi

o ad atti ostili per mantenere le loro reciproche pretese; la Porta specialmente sa bene che in tale occasione le conviene fare sopra tutto assegnamento su quella tale forza d'inerzia che la gente musulmana sa praticare a preferenza delle altre.

Ma non è men vero che un siffatto stato di cose, se fosse di soverchio protratto, avrebbe per logica conseguenza, se non lo sfacelo, certo un sensibilissimo indebolimento non solo dell'Impero ottomano, ma benanche dello stesso Egitto.

Se mi fosse quindi lecito di esprimere una opinione sopra sì delicato ed importante argomento, io sarei di avviso ·essere ormai giunto il tempo che le Potenze europee, alle quali sta precipuamente a cuore la conservazione dello statu quo in Oriente, cioè a dire il mantenimento della integrità dell'Impero Ottomano compatibile però con la posizione eccezionale di cui gode l'Egitto, avochino al loro tribunale la decisione della quistione e promuovano una conferenza per definirla di comune accordo. La Porta è già vincolata dai precedenti da essa stessa stabiliti in questo affare e non potrebbe quindi ricusarsi a sottomettersi al Verdetto Europeo.

Io non ho fatto cenno né alla Porta né ad alcuno dei miei colleghi di un simile progetto, il quale mi è accorso spontaneo al pensiero, come il mezzo più conveniente a risolvere la quistione. Il linguaggio che qui adopero del resto e che spero sarà da V. E. approvato consiste nel dire francamente a tutti che il Governo del Re si preoccupa tanto della prosperità generale dell'Impero Otto

mano, quanto del benessere speciale dell'Egitto, che la posizione cceezionale di cui questo gode non siam noi che l'abbiamo creata, né contribuito a crearla; ma che questo fatto ha prodotto nei rapporti economici di due paesi uno stato di cose, di cui il Governo del Re deve tener gran conto e per conseguenza non potremmo in guisa alcuna rimanere indifferenti a qualsiasi mutamento che ad esso si volesse arrecare.

(l) Non pubblicato.

576

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. VI. Bruxelles, 19 settembre 1869.

Au retour de la permission que V. E. a bien voulu m'accorder, j'ai pris connaissance de son télégmmme du 26 Aoùt (l) et de la réponse qui avait été faite au Baron Marochetti par le Ministre des Affaires Etrangères sur l'attitude définitive que comptait adopter le Cabinet belge à l'égard du Concile (2). Camme dans cette réponse il y avait quelque chose de dubitatif sur le point de savoir si le Gouvernement belge se ferait représenter au Concile, j'ai profité du premier entretien que j'ai eu avec le Ministre des Affaires Etrangères pour savoir quelque chose de plus positif à cet égard.

M. Van der Sti:chelen a commencé par me répéter ce qu'il m'avait déjà dit si souvent sur la neutralité de la Belgique, la séparation complète entre l'Eglise et l'Etat, et l'obligation d'abstention qui en dérivait necessairement; enfin il en est venu à me dire très nettement que le Gouvernement beige avait décidé qu'en aucun cas il ne se ferait représenter.

( Qu'irions nous faire à Rome, a-t-il ajouté en forme de démonstration, notre Envoyé actuel naus informera tout aussi bien que celui que nous pourrions y envoyer des événements qui s'y passeront; et quant à l'influence à exercer, ce n'est pas la Belgique qui pourrait avoir une pareille prétention, en voyant surtout les tendances de plus en plus prononcées des grandes Puissances de se tenir à l'écart ».

D'après ce langage il ne peut plus y avoir le moindre doute sur la ligne de conduite de la Belgique qui se résume dans une abstention complète, absolue et définitive.

577

IL MINISTRO A CARLSRUHE, ARTOM, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 130. Baden, 19 settembre 1869 (per. il 22).

Fra i personaggi notevoli giunti a Baden negli scorsi giorni, attrasse sovratutto l'attenzione il Conte di Beust, Cancelliere e Ministro degli Esteri del

{l) Cfr. n. 529.

l'Impero Austro-Ungherese. Egli venne da Monaco, ove non pare però abbia veduto né il Re né il Principe d'Hohenlohe; ebbe a Stuttgart una conferenza col Barone di Varnbiller, ed arrivò a Baden Mercoledì scorso, pigliando alloggio presso l'Incaricato d'Affari d'Austria. Ebbe un'udienza dalla Regina di Prussia che lo invitò a pranzo; rimase qui sino a venerdì e si recò a Robertsau, poco lungì da Kehl per far visita al Conte ed alla Contessa Pourtales. Dicono che il Principe dì Metternìch siasi recato a Robertsau per incontrarvì il Conte di Beust. Si afferma altresì che questi debba recarsi ad Ouchy presso Losanna ed avere una Conferenza col Principe Gortchakoff.

Il mio collega d'Austria mi invitò a pranzo per darmi occasione di conoscere questo personaggio politico; ma avendo io in quel giorno un altro impegno, non potei accettare l'invito. Credetti tuttavia opportuno di recarmi a far visita al Conte dì Beust il quale mi accolse molto gentilmente e parlò a lungo dei buoni rapporti esistenti fra l'Italia e l'Austria. Per avviare il discorso a qualche argomento politico, senza fare domande indiscrete, feci elogi al Conte Beust del suo dispaccio sulle vertenze esistenti fra l'Austria e la Corte di Roma.

S. E. mi disse allora che i rapporti colla Santa Sede sono ora alquanto migliori e lo sarebbero assai più se molti membri dell'aristocrazia boema ed ungherese non si compiacessero di far credere a Roma che le tendenze liberali nell'Austria sono affatto provvisorie, e che lo stato attuale delle cose non può durare. Parlò quindi dell'occupazione francese a Roma e disse avere espresso francamente il suo avviso ch'è interesse così del Papa come della Francia che ì soldati francesi lascino Roma prima della riunione del Concilio. L'Imperatore dei Francesi diss'egli non può volere assumere sopra di sé, ·lasciando la sua bandiera a Roma, la responsabilità delle deliberazioni del Concilio; ed il Papa deve aver cura che queste deliberazioni, le quali suscitano già tante apprensioni ed incontreranno poi p~obabilmente non poca resistenza, non abbiano contro di sé anche la grave abbiezione della scemata indipendenza morale per la presenza di truppe straniere. Dissi al Conte Beust che rimperatore Napoleone pareva deciso a ritirar le truppe in quest'autunno; ma che la sua malattia potrebbe aver rimesso tutto in questione. S. E. assicurò avere migliori nuove da Parigi; altre volte, diss'egli l'Imperatore fu colto dalla stessa malattia che non è grave in se stessa, benché l'augusto malato soffra assai per qualche tempo. «Nel 1866, dopo Sadowa, l'Imperatore soffri a Vichy della stessa infermità ed era così spossato che io credetti che non si potesse più sperar gran cosa da lui; ma quando lo rividi pochi mesi dopo a Salzbourg fui maravigliato di trovarlo in ottimo stato di salute». Chiesi al Conte Beust se sarebbe andato in Italia od in Francia, egli mi rispose che aveva pochi giorni di congedo e che dopo una corsa in !svizzera, soltanto per diporto, sarebbe ritornato a Vienna. Non osai toccare delle questioni della Germania meridionale, avendo egli più volte ripetuto che il suo viaggio non aveva alcuno scopo politico.

Malgrado queste affermazioni, pare·cchi personaggi con cui ho parlato, credono che la gita del Conte di Beust non sia senza importanza. La presenza a Baden del Conte Dalwigk, Ministro d'Assia-Darmstadt, e del barone Hiigel, antico Ministro del Wiirtemberg a Vienna, ed entrambi intimi amici del Beust, fa supporre ad alcuni che il Cancelliere Austriaco siasi proposto di dissipare colla sua presenza certi dubbi e certe apprensioni suscitate da alcuni dispacci pubblicati nel Libro Rosso. Altri crede persino che il Conte Beust, spaventato delle eventua'ità che la recente malattia dell'Imperatore dei francesi lascerebbe travedere, non sia alieno dal ravvicinarsi sensibilmente alla Prussia ed aUa Russia. Le carezze fatte a Vi·enna al Principe di Rumania, e il colloquio che, a quanto dicesi, avrà luogo ad Ouchy col Gortchakoff, confermerebbero questa supposizione. Il Ministro di Prussia la confermò in certo modo dicendomi che lo scambio delle ultime note fra la Prussia e l'Austria avait éclairci la situation. Lord Loftus, Ambasciatore d'Inghilterra a Berlino mi parlò nello stesso senso, aggiungendo che egli si era sempre adoperato a questo fine; che a Berlino il Re ed il Conte di Bismarck desiderano assai un riavvicinamento coll'Austria; quanto alla Regina sapete diss"egli quanto era contraria alla guerra nel 1866 e quanto desideri un accordo intimo fra Vienna e Berlino.

Dopo la partenza del Conte di Beust mi recai dal Signor di Freydorf a cui non parlai sul principio che di aHari privati. Egli stesso entrò in discorso chiedendomi se avevo conosciuto il Cancelliere Austriaco e quale impressione avesse fatta sopra di me. Risposi che non avevo l'abitudine di .fare interrogazioni politiche ad un personaggio cui ero presentato per la prima volta; essermi quindi limitato a scambiar.e quailche parola generica. Domandai alla mia volta al Ministro se avesse favellato a lungo col Beust. Rispose di sì, ma essersi limitato a discorrere dei rapporti speciali fra i due paesi senza entrare in argomento di politica generale. Avendo io osservato essere inevitabile che si attribuisse politica importanza alla gita del Conte Beust, il Signor FTeydorf affermò spontaneamente che la spiegazione più probabile sarebbe quella che ho già accennata; vale a dire la convinzione che si avrebbe a Vienna della necessità di non riposare unicamente sulla base dell'intimità colla Francia, e di far cessare un antagonismo che finora era stato fomentato ed accarezzato con ogni cura.

Non mi rendo mallevadore della giustezza di questa ipotesi. Rimarrebbe sempre a spiegarsi perché il Beust sia venuto piuttosto qua che a Berlino, e perché non si sia prevalso del soggiorno di Lord Clarendon a Wiesbaden per ottenere il suo appoggio così presso Gortchakoff come presso Bismarck. A ciò potrebbe rispondersi che non è impossibile che nel colloquio tenutosi in Heidelberg fra Lord Clarendon ed il Principe Gortchakoff siasi preparata la via al convegno di Ouchy; e quelli che ignorano che la Regina di Prussia ha ora ben poca influenza politica a Berlino possono credere che il Beust sia venuto a Baden per prevalersi delle note simpatie della Regina per l'Austria. A mio avviso non andrebbe forse errato chi credesse che il Conte Beust nell'intento di agevolare un accordo fra la Prussia e l'Austria voglia guadagnare i Governi del Sud ad una interpretazione dei trattati d'alleanza colla Prussia che sia meno sfavorevole alla politica austriaca. Questi trattati formano com'è noto il solo argomento confessato di rancore dell'Austria verso la Prussia. Il Gabinetto di Vienna avrebbe potuto rassegnarsi ad ammettere l'esistenza di un'alleanza puramente difensiva fra la Prussia e la Germania Meridionale. Ma un'alleanza offensiva le pare diretta principalmente contro l'Austria. Mi si afferma che il Principe Hohenlohe abbia spesso cercato, senza trovarla, una formala che dia soddisfazione all'Austria su questo punto, ottenuto il quale il Gabinetto di Vienna si rassegnerebbe forse a considerarsi, come lo è secondo H testo delle sti

pulazioni di Nicolburgo e di Praga, affatto disinteressato nella politica ulteriore della Germania.

Igno["O che cosa possa esservi di vero in ciò; ma credo di poter prevedere sin d'ora che il Signor di Freydorf sarà d'ora in poi più conciliante e benevolo nei suoi rapporti col Gabinetto di Vienna.

(2) Cfr. n. 532.

578

IL MINISTRO A STOCCARDA, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 109. Stoccarda, 19 settembre 1869.

Il passaggio per Stuttgart, benché rapido, del Conte Beust eccitò, come già ebbi l'onore di riferirlo all'E. V. nel mio precedente rapporto (1), una notevole sensazione, tanto più per essere quegli r,imasto a lungo in conferenza col Barone di Varnbiiler. Da informazioni attint·e a buona sorgente, mi risulta che il Conte Beust complimentò vivamente questo Ministro degli Esteri per la sua attitudine v.erso la Prussia, specialmente nell'ultima occorrenza allorché in Monaco venne aggiustata la questione delle fortezze già federali, confortandolo a proseguire per quella via.

Non sono però lontano dal credere che in quel colloquio si trattò eziandio d'argomento di maggior rilievo e sul quale, benché manchi di precise informazioni, credo dovere mio procacciarmi l'onore di fissarvi sopra l'attenzione dell'E. V.

Or sono alcune settimane il mio collega di Francia Conte di Saint-Vallier mi parlò della proposta fatta dal Re di Baviera al barone di Varnbiiler d'accettare il posto di presidente del suo ministero affidandogU ad un tempo stesso il portafoglio degli Affar•i esteri. Contemporaneamente il Conte Beust con lettera particolare confortava il Barone di Varnbiiler ad assecondare il desiderio del Re di Baviera, dimostrando i vantaggi che ne risulterebbero per l'autonomia degli stati del mezzogiorno citando poi se stesso ad esempio, giacché, benché forestiero all'Austr.ia, pure era pervenuto ad acquistarsi la confidenza di quel sovrano, ,la stima delle popolazioni, ed influenza all'estero. Il Barone di Varnbiiler tenne parola della proposta al Conte di Saint-Vallier e tuttoché poco disposto in allora ad accondiscendervi, chiesegli il suo parere. Il Conte SaintVallier, stando a quanto egli mi disse, constatò i vantaggi che da quella combinazione potevansi raccogliere per l'autonomia di questi stati, tuttavia non gli celò i danni ed i disappunti che potevano tener dietro specialmente in vista del carattere fantastico e mal sicuro del suo novello sovrano. :n Barone Varnbiiler benché provasse nelle sue v.elleità ambiziose una spinta ad assecondare i desiderii del Re di Baviera, lasciò la cosa in sospeso ed oggi istesso il Conte di Saint-Vallier esprimevami l'opinione sua che le cose non avessero progredito. Tuttavia se mi venisse concesso di avventurarmi nel campo delle supposizioni sarei condotto ad opinione contraria a quella del mio collega. La prolungata di

mora del barone di Varnbtiler in Baviera, la recente udienza accordatagli dal Re di Baviera, favore così poco consono alle abitudini di quel sovrano, la confidenza fatta qui dal Barone di Varnbiiler ad un diplomatico mentre tessevagli elogio sulla perspicacia politica di quel sovrano; cioè che se per caso dovesse divenire suo Ministro, porrebbe per prima condizione la facoltà d'avere ognora libero accesso presso di lui, senza dover ricorrere a verun intermediario per la trattazione degli affari, mi paiono indizii tali da permettermi di credere che la combinazione è lungi dall'essere abbandonata e che dovette formare soggetto di discorso tra i due uomini di stato.

D'altronde H Conte Beust da qualche tempo porta maggior attenzione che per lo passato alle cose del mezzogiorno della Germania e vorrebbe che questi stati, usando della facoltà loro concessa, dall'articnlo IV della pace di Praga, stringessero fra loro a,ccordi. Sinora ciò che impedì questi accordi fu lo squilibrio di forze tra gli stati, in modo che il Wurttemberg serbò sempre attitudine diffidente verso Baviera. Ora questa diffidenza verrebbe sensibilmente scemata se un uomo di stato del Wiirttemberg fosse chiamato a capo del Gabinetto di Monaco e così diventerebbero possibili gli accordi destinati a costituire quella unione a cui allude l'articolo IV del trattato di pace di Praga né la Prussia potrebbe opporvisi, giacché il trattato l'invita anzi con essa ad aggiustarsi. Certamente l'E. V. mi troverà troppo ardito per essermi abbandonato a questa serie di supposizioni che ulteriori informazioni dell'E. V. potranno ridurre al loro vero valore.

E però debito mio constatare che tanto la Corte, quanto il Governo del Wiirttemberg accennano più che mai di volersi rinserrare strettamente nella parola dei trattati colla Prussia isterilizzandone qualsiasi ulteriore portata. Di ciò se ne ha una prova col congedo illimitato accordato dal Re in questi giorni al tenente generale Vagner Ministro della Guerra, il quale si dimostrò costantemente animato dal desiderio di assimilare l'armata del Wiirttemberg a quella della Prussia e quindi promoveva tutte quelle determinazioni che potevano condurre a questo 11isultato. Non si dubita che il congedo accordato al Ministro della Guerra è foriero di prossimo suo definitivo licenziamento.

(l) Non pubb~ic~to.

579

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. R. 464. Berlino, 22 settembre 1869 (per. il 25).

V. E. est prévenue, par mes rapports n. 461 et 463 (1), que le Pr1nce Royal de Prusse se propose de se rendre prochainement, via Vienne et Brindisi, à Athènes, Constantinople, en Palestine et enf,in en Egypte pour y assister à l'ouverture de l'Isthme de Suez.

Il partirait d'ici le 5 octobre, s'a,!1rèterait le 7 et le 8 à Vienne d'où il se rendrait le 9, par le Semmering, à Venise avec l'intention d'y passer la nuit.

Le lendemain, course jusqu'à Ravenne. De là il iraU, le 11 à Brindisi. C'est dans ce port que l'attendrait la corvette la «Hertha » qui doit le prendre à son bord, si tant est qu'il n'y ait pas quelque retard dans l'arrivée de ce batiment, qui n'aurait pas encore quitté les còtes de l'Angleterre. On le présume du moins, car on est sans nouvelles depuis le 8 de ce mois, date à laquelle il a appareillé de Kiel.

Le Maréchal de la Cour du Prince se réserve de me donner des inclications plus positives, quand le plan du voyage aura été définitivement fixé. Dans la suite de Son Altesse Royale il y aura, outre ses aides de camp, le Général de Stosch déjà connu à Florence.

En attendant, j'ai pu m'apercevoir que le Prince se trouve dans quelques embarras. D'un còté, il tiendrait à garder l'incognito sur notre territoire, si son passage devait causer le moindre dérangement à notre Auguste Souverain et à d'autres membres de la Famille Royale; il ne voudrait pas en meme temps panitre -ce qui est loin de sa pensée -rechercher les manifestations dont il a été l'objet en 1868. D'un autre còté, il Lui serait extremement pénible de traverser l'Italie sans présenter ses homages à Sa Majesté dont l'accueil si cordial à cette époque, lui a laissé le meilleur des souvenirs.

Ignorant les intentions du Roi, je me tiens ici sur la réserve. Mais si j'osais exprimer respectueusement un avis, ·Ce serait celui qu'H conviendrait de me mettre à meme de fournir à ce Prince le moyen de sortir de cet embarras... de coeur, car je ne saura;is autrement le qualifier, telle étant sa reconnaissance de tant de procédés exquis à son égard, et tel son désir d'en rendre témo.ignage dans chaque circonstance.

Il y aurait peut-etre manière de tout concilier si Sa Majesté avait déjà projeté pour les premiers jours d'Octobre une visite dans quelque ville du Nord ou du centre de l'Italie vers l'Adriatique, où Son Altesse Royale pourrait se rendre pour La saluer à son passage. Une telle rencontre simplifierait beaucoup les choses, puisqu'elle comporterait une absence d'étiquette et de cérémonial, auquel il serait difficile d'échapper à Florence surtout, et meme à Naples où je croirais assez que le Prince n'hésiterait pas à aller si cette demière ville devait etre l'endroit du rendez-vous.

Dans tous les cas, il me semblerait très indiqué que S.A.R. le Prince Humbert souhaitat la bienvenue à l'Auguste voyageur, en Lui faisant exprimer le désir de le voir et de Lui faire Ies honneurs du Pays. Je rappellerai à ce propos que l'année dernière, lorsque le Prince Humbert parcourait une zone de l'Allemagne, le Prince de Prusse s'informa aussitòt auprès de la Légation de son itinéraire, parce qu'il comptait se mettre à la disposition de Son Altesse Royale, à peine après avoir terminé une inspection militaire en Poméranie. Ce fut à son grand regret qu'Il apprit que Son Altesse Royale ne comptait pas s'arreter. La Cour avait parfaitement accueilli les explications dont j'avais été chargé de me rendre l'organe auprès du Roi à Ems, mais les journaux s'étaient livrés à des commentaires qui avaient laissé dans l'opinion publique une impression que nous avons maintenant l'occasion de dissiper de plus en plus. Il importe au reste que deux Princes appelés à régner un jour sur deux grandes nations. apprennent à un age où les souvenirs laissent une trace plus profonde, à se connaitre et à s'apprécier toujours davantage.

Je n'ai pas besoin d'ajouter qu'il paraitrait au moins étrange, après la réception qui sera faite par l'ennemi de la veille, que l'ancien allié fit moins et respectat outre mesure les scrupules du Prince de Prusse, scrupules dictés par un sentiment de tact et de délieatesse. Ce n'est pas d'ailleurs au moment où l'Empereur Napoléon -un de ces rares amis qui nous restent en France perd si visiblement du terrain, qu'il faudrait négliger de profiter d'rune occasion qui se présente, sans que nous l'ayons reche~chée, pour marquer que nous tenons toujours à vivre en très bons termes avec la Prusse. Ce n'est point là de la politique de sentiment, mais de la poli:tique de prévoyance conforme à nos intérèts permanents.

J'ai faJt plus haut allusion à l'Autrtche. Or il résulte de la manière la plus certaine que le programme du Cabinet Impérial est d'empecher per tas et netas qu'il s'établisse entre la France et la Prusse, de méme qu'entre celle-ci et l'Italie des relations d'étroite amitié. On travaille à les mettre en suspicion réciproque. Nous ne saurions prét':'r le flanc à ces manoeuvres dictées par les convenances exclusives de l'Empire Austro-Hongrois, et exécutées avec une certaine suite dans les idées. Pour s'en convaincre il suffit d'examiner de près les allures du Comte de Beust, ses dépéches publiées dans le Livre Rouge, et les articles de la presse offic'leuse. Sous ce rapport on verrait certainement avec satisfaction à Vienne, le Prince Royal de Prusse traverser nos Etats en quelque sorte camme un simple touriste, dans un isolement plus ou moins vo,lontaire.

Le Roi et San Gouvernement jugeront peut-étre à propos de me faire parvenir un télégramme ostensible qui ouvre largement les portes de notre Royaume à l'héritier de la Oouronne de Prusse, et qui indique entre autres qu'un des wagons royaux l'attendra à la frontière. Quant au Général de notre Armée que sera attaché à sa personne, V. E. salt que le Comte de Robilant qui a assisté récemment aux manoeuvres de Poméranie, est des mieux notés. Je citerai aussi le Général Comte p,ianen.

Je profite d'une occasion pour faire mettre cette dépéche à la poste en !talie. Ci joint une lettre particulière pour V. E. (1).

(l) Non pubblicati.

580

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

D. 46. Firenze, 23 settembre 1869.

Secondo il disposto del deereto col quale vennero istituite le due Commissioni finanziarie in Tunisi, quella di riscontro avrebbe dovuto essere costituita di due membri francesi, eletti dai detentori dei titoli del debito tunisino deJ 1863 e 1865, e di quattro altri commissarH, due italiani e due inglesi.

Per il comitato esecutivo doveano essere scelti dal Bey due membri tunisini ~d un ispettore di finanze francese.

Le notizie avute da Tunisi recano che i Commissari italiani ed inglesi del

Comitato di riscontro furono eletti, e che il Bey ha, dal canto suo, nominato

i tre membri del comitato esecutivo.

La sola difficoltà che rimane a superare perché il decreto possa finalmente

entrare in esecuzione consiste nella scelta dei due commissari! francesi che

debbono far parte del comitato di riscontro.

Ora da quanto la S. V. mi ha verbalmente esposto risulterebbe che questa

difficoltà nasce da che i detentori dei titoli degli imprestiti del 1863 e 1865

ricusarono di eleggere i loro rappresentanti per l'anzi detto Comitato. Non im

porta esaminare le mgioni •Che questi creditori tunisini possono addurre per

giustificare un simile rifiuto, basta prendere atto che finché la loro risoluzione

non muta, il Comitato di riscontro non potrà mai trovarsi al completo e quindi

non potrà costituirsi e funzionare.

In questo stato di cose non è necessario dire che il decreto che instituiva

le due commissioni finanziarie non potrebbe venir applicato. Finché il comitato ·di riscontro non sarà in grado di funzionare, ragion vuole che anche il Comitato esecutivo si astenga dall'operare. Non potrei supporre che a questo riguardo possa nasce.re alcun dubbio; ma, se ciò fosse, Ella non durerà fatica a persuadere al Governo Tunisino che contro qualunque ingerimento negli affari finanziari della Reggenza, contro qualunque provvedimento o decreto emanato in nome del Comitato esecutivo il Governo del Re ha ragione di protestare adottando, secondo la grav.ità dei casi, quelle misure che sembreranno necessa·rie

per la conservazione dei diritti e degli interessi che sarebbero manomessi.

Sono convinto che facendo Ella conoscere privatamente e verbalmente que

sto nostro modo di vedere al Governo della Reggenza, questi troverà di pro

prio interesse di non crearsi altre difficoltà al momento in cui l'accordo delle

potenze ha potuto preservarlo dai più gravi pericoli ai quali la sua condizione

finanziaria purtroppo la esponeva.

(l) Non rinvenuta.

581

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 958. Parigi, 23 settembre 1869 (per. il 25).

Ho l'onore di segnar ricevuta del dispa,ccio di serie politica n. 503, che l'E. V. mi diresse il 17 settembre cor.rente (l) e col quale Ella mi trasmise copia delle istruzioni del 16 dello stesso mese (2) inviate al R. Ministro a Costantinopoli relativamente alla vertenza turco-egiziana. Secondo le istruzioni dell'E. V. conformai a queUe il mio linguaggio nella conversazione ch'ebbi oggi con questo Ministro degli affari esteri. Il Principe di La Tour d'Auvergne constatò con soddisfazione che il mio linguaggio formolato secondo le espressioni stesse dell'E. V. non era in sostanza difforme dal modo di vedere del Governo imperiale

in questa questione. Tuttavia !l Pr,lncipe m'informò che attesa l'insistenza della Turchia nel mantenere la sua domaiDda relativa agli imprestiti egiziani, il Governo francese aveva consigliato il Vicerè d'Egitto di cercare una transazione equa che fosse di natura ad essere appoggiata dalle Potenze presso il Divano. La Francia non indicò nessuna base di transazione. Si limitò a constatare che una transazione sarebbe il solo modo pronto di terminare la vertenza, e lasciò la cura al Governo egiziano medesimo di cercarla e di proporla.

Il Ministro imperiale degli affari Esteri mi disse poi che Lord Clarendon aveva scritto nello stesso senso ad Alessandria.

(l) Cfr. n. 571, nota l, p. 524.

(2) Cfr. n. 571.

582

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 69. Cairo, 23 settembre 1869 (per. il 30).

Il 20 corrente giunse S. A. il Principe Amedeo con tutta la squadra. Non è stato possibile, né poteva sperarsi, che S. A. il Viceré e la colonia, volessero vedere l'Ammiraglio e non i1 Principe della Casa di Savoia.

In Alessandria è venuto ad incontrarlo il Principe Ereditario, ed al suo disbarco Sua Altezza è stata ricevuta dal Governo egiziano con tutti gli onori reali, e dalla colonia con entusiasmo di giubilo e di affetto.

Il giorno seguente Sua Altezza ha deciso venire in Cairo per vedere il Khédive, ed arrivò qui accompagnato dal Principe Ereditario. Alla stazione della ferrovia, oltre un gran apparato militare, fu ricevuto da tutti i Ministri in grande uniforme, che lo acc:ompagnarono al palazzo che gli fu destinato, ove trovò il Khédive che lo attendeva.

Ieri Sua Altezza fece visita ufficiale al Khédive che gliela restituì pochi minuti dopo, e questa sera, con il suo personale, e gli Ufficiali consolari andrà ad un pranzo offertogli dal Khédive...

Dimani pensa ritornare in Alessandria, essendo preoccupato dalla circostanza che la Fregata «Roma», non poté entrare nel porto per mancanza d'acqua sulla barra dei bassi fondi, e dovette ancorare sulla rada, che non è troppo sicura.

583

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL CANCELLIERB AUSTRO-UNGARICO, BEUST (l)

L. P. CONFIDENZIALE Firenze, 24 settembre 1869.

A son retour de Vienne, l{~ Comte de Vimercati m'ayant fait part de l'entretien qu'il avait eu l'honneur d'avoir avec V. E., je me proposais de Vous écrire

afin de témoigner à V. E. ma gratitude pour les sentiments de bienveillance qu'Elle avait manifestés envers l'Italie en exprimant le désir de resserer encore d'avantage les liens d'amitié qui unissent nos deux pays. Mais ayant appris que

V. E. devait s'absenter de Vienne, j'ai du remettre jusqu'à ce jour l'envoi qui maintenant, je le pense, ne tardera pas à Vous parvenir.

Je ne puis que répéter ici les assurances que le Comte de Vimercati a données à V. E. de notre désir de nous allier plus étroitement avec l'Autriche et la France; il lui .aura en meme temps fait connaitre l'obstacle qui s'oppose en ce moment à ce que des arrangement définitifs puissent etre pris en ce sens.

Comme il me serait difficile d'exposer dans une simple lettre toutes les considérations qui se rattachent à l'affaire dont il s'agit, je me propose d'envoyer à Vienne une personne de mon entière confiance pour s'entretenir avec

V. E. sur cette importante question. Cette personne lui exposera en meme temps les motifs qui nous font vivement désirer que l'évacuation du territoire Pontificai par les troupes françaises ait lieu ou du moins soit commencée avant l'ouverture pro0haine du Parlement.

S'il en était autrement, il pourrait surgir tel incident qui rendait impossible de donner suite aux combinaisons proposées.

Si V. E. me fait l'honne.ur de me répondre en m'indiquant l'époque à laquelle mon confident pourra le trouver à Vienne, je m'empresserai de le lui envoyer après le lui avoir désigné. Il parlera également à V. E. de la grande éventualité de la Vacance du Saint-Sièg,e. Le Comte de Vimercati doit avoir écrit à V. E. (l) pour lui indiquer le choix d'un personnage qui, je le pense, devrait etre agréable au Gouvernement de Sa Majesté Impériale et Royale Apostolique.

Je m'estime heureux qu'une occasion se soit présentée de me mettre en rapport direct avec .v. E..

(1) Ed. in ONCKEN, vol. III, pp. 236-237 e in Origines diplomatiques, vol. XXV, pp. 410-411; cfr. la lettera di Beust a Metternlch del 20 settembre in ONCKEN, vol. JII, pp. 233-235 e Origines 'iiplomatiques, vol. XXV, pp. 407-409.

584

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 466. Berlino, 24 settembre 1869 (per. il 27J.

Le Comte Brassier de St. Simon est réparti pour Florence ou il compte arrlver vers le 7 octobre. Je sais que durant son séjour dans ce pays, 11 s'est exprimé soit vis-à-vis du Roi, soit vis-à-vis du Chancelier fédéral dans un sens favorable à notre cause. Le Comte de Bismarck, entre autres, lui av.ait dit qu'il sexait bien aise, quand l'occasion s'en présenterait dans un entretien avec son Souverain qu'il cherchàt à combattre des appréhensions qui se manifestaient dans certaines régions de la Cour, sur de prétendues alliances dirigées contre la Prusse, alliances auxquelles lui Comte de Bismarck ne croyait nullement. M. de Brassier a en effet pu parler à La Majesté dans ce sens, et son

\angage a produit une bonne impression. Le Rol lui a laissé entendre que les soins de son Gouvernement devaient etre voués à ne pas négliger de bons rapports, bien entendu, avec l'Italie, mais aussi avec l'Autrkhe, car ce serait bien là le meilleur moyen de préve:nir une guerre du còté de la France.

Le courant des idées à la Cour de Prusse n'est dane pas aussi contraire à une entente avec l'Autriche, qu'on pourrait le croire de prime abord, à n'en juger que par l'échange des dépeches qui a eu lieu entre les Gouvernements lors de la pubUcation du dernier Livre Rouge. Ainsi c'est le Roi qui a fait annoncer « son intention et son désir » que Son Fils en se rendant à Constantinople passàt par Vienne pour y salue[" l'Empereur. Sa Majesté lmpériale s'est empressée de répondre qu'Elle recevrait avec une «grande satisfaction » le Prince Héréditaire. Il n'est pas à supposer que ce voyage ait été décidé à l'insu du Comte de Bismarck. Il est cependant assez curieux de noter que la démarche ait été faite à Vie:nne, précisément durant le congé du Comte de Beust. Cette circonstance donne une certaine apparence de raison à ceux qui prétendent qu'on a profité de l'absence du Chancelier Impérial pour tendre amicalement la main, camme si son éloignement meme momentané des affaires avait facilité un rapprochement.

Mais ce sont là des commentaires dont on ne saurait garantir l'exactitude ras plus que de ceux qui se font sur les entrevues récentes de person:nages marquants. Quant au Comte de Beust, si ici on a l'oeil ouvcrt sur sa tournée dans le Midi de l'Allemagne, on ne veut pas lui attribuer une véritable importance. On ne veut pas du moins s'en donner l'air. Peut étre a-t-il voulu, après avoir subi bien des attaques dans ces derniers temps, s'expliquer lui meme de vive voix mieux qu··n n'est possible de le faire par une corres.pondance officielle. On ne comprendrait pas trop en effet quel résultat il pourrait se promettre d'une propagande pour ses vues, de la part de Gouvernements dont la liberté d'action est déjà liée par des Traités d'alliance offensive et défensive.

Le Chancelier Impérial a.urait aussi fait une visite à Ouchy au Prince Gortchakoff. La nomination du Comte Chotek en qualité de Ministre Plénipotentiaire près la Cour de Russie, lorsque ce poste n'avait pas eu de titulaire de ce rang depuis plus d'une année, fournissait une entrée en matière pour une conversation entre les deux hommes d'Etat. C'était un premier pas vers de meilleures relations. En outre, il est assez nature! que les Ministres des Affaires Etrangères cherchent à pressentir leur attitude réciproque au moment où le différend entre le Khédive et la Sublime Porte pourrait dans toute sa gravité remettre sur le tapis la question d'Orient.

J'ai demandé hier à M. de Balan quelques indications sur l'itinéraire du Prince Royal de Prusse. Il m'a répondu que jusqu'à ce jour, on était toujours sans nouvelles sur la corvette la «Hertha » qui devait recevoir à son bard Son Altesse Royale, que l'envoi d'un autre bàtiment de guerre à Brindisi occasionnerait de longs retards, que dès lors il était survenu quelque incertitude sur le plan définitif de route.

Je n'insiste pas moins pour que nous marquions notre bonne volonté quoi qu'il arrive.

P. S. Ce serait méconnaitre la situation et les tendances actuelles en deçà et au delà du Mein, que d'aujouter foi aux rumeurs qui se propagent dans la presse au sujet d'une fusion politique entre le Nord et le Sud de l'Allemagne. Bade la désire sans doute, mais ni le Wiirtemberg ni la Bavière ne sont encore disposés à une telle combinaison. Et quant à la Prusse, elle se tient sur la réserve. C'est là une éventualité nullement imminente, à moins qu'une aggression étrangère que rien ne semble indiquer aujourd'hui, ne précipite le cours des événements.

(l) Cfr. n. 565.

585

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL CONTE VIMERCATI (l)

L. P. Firenze, 25 settembre 1869.

Le Prince de Porcia m'a remis vos lettres dont je vous remercie; je pense que les ,choses sont bien acheminées; mais ce qui est essentiel c'est l'évacuation du territoire pontificai par les troupes françaises. J'ai écrit dans ce sens au Comte de Beust (2). J'ai tardé quelque p eu à lui expédier ma le t tre p arce que j'avais appris qu'il était en voyage et je désirais que ma lettre ne circuHì.t pas à travers l'Allemagne.

Maintenant le Comte de Beust doit ètre sur le point de rentrer à Vienne, ainsi nous saurons à quoi nous en tenir sur les démarches qu'H aura faites pour l'objet en question .

Si vous venez à Florence vous savez que vous me faites toujours plaisir, pour le moment il n'y a rien de nouveau que vous ne sachiez déjà.

Le Roi se propose d'aUer faire une visite à l'Impératrice des Français qui se trouvera à Venise le 2 octobre prochain, probablement j'aurai l'honneur d'accompagner Sa Majesté.

Ce voyage de l'Impératrice indique que l'Empereur va beaucoup mieux et se trouve tout à fait hors de danger. Je ne sais trop ce qu'il arriverait si cet homme venait à manquer en ce moment.

586

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, CADORNA, A PARIGI, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI

D. Firenze, 26 settembre 1869.

Appena ebbimo notizia dei punti contenuti nella lettera che H Gran Vizir ha diretto a S. A. il Khedive d'Egitto in data del 21 Rabi-el-Akher, noi ci siamo

affrettati di chiedere al R. Agente e Console Generale in Alessandria quali conseguenze produrrebbe sul regime attualmente in vigore pegli stranieri in quella contrada, l'adesione pura e semplice che Ismail-Pacha facesse alle domande della Sublime Porta.

Fermava partkolarmente la nostra attenzione l'ingiunzione fatta dal Divano imperiale al Vicerè, che l'Amministrazione egiziana non potesse avere relazioni dirette ed ufficiali colle Potenze e dovesse applicare in tutta la loro estensione le leggi fondamentali dell'impero ottomano. Il Governo del Re si preoccupava della condizione particolare riconosciuta dalle leggi egiziane agli stranieri, e per non parlar d'altro, temeva per la conservazione del regime che presentemente regola in Egitto il diritto di proprietà degli stranieri e determina la competenza dei tribunali consolari. Non era infatti possibile che noi ci dissimulassimo che se il Khedive avesse senza difficoltà accettato il volere espresso nella lettera di Aali Pacha, il regime anzi detto si sarebbe trovato immediatamente alterato, anzi in massima parte abolito, perché non conforme alle leggi vigenti nelle altre parti dell'Impero Ottomano.

La S. V. può oggi giudicare quanto tali nostre preoccupazioni fossero fondate.

Nella relaziom.e del R. Agente e Console Generale in Egitto, relazione di cui qui unisco copia (1), sono svolte molte e soUde ragioni che valgono a dimostrare quale immensa perturbazione si recherebbe negli interessi europei in Egitto se al Cairo fossero aecolte senza restrizione tutte le domande della Sublime Porta.

Ella conosce LI pensiero del Governo di Sua Maestà intorno al conflitto turco-egiziano. Col mio dispaccio del 17 corrente (2) le venne tracciata una norma di llnguagglo da tenere con codesti uomini di Stato. Ora è necessario eh V. S. faccia un passo dippiù e, chiamando l'attenzione di codesto Governo sullo stato deLla vertenza pendente fra Costantinopoli ed :il Cairo, faccia presenti i grandi pericoli che in questo momento potr,ebbero correre i diritti e le prerogative de' quali le colonie europee in Egitto sono da vari anni in possesso.

Non meno degli altri, il Governo di Sua Maestà desidera che siano evitate le conseguenze che potrebbero avere cosi per l'Egitto, come per la Turchia, le attuaLi complicazioni; ma noi non possiamo credere cosa vantaggiosa per le Potenze lo spingere, senza tener conto della situazione speciale degli stranieri in Egitto, .l'amministrazione Vicereale a mostrarsi in tutto deferente alla volontà della Porta.

Vi sono delle riserve, e deLle riserve essenziali, da farsi per tutelare le prerogative di cui godono gli europei, e per verità a noi pare che per solo spirito di conciliazione non si possa rischiare di sacrificare cosi vitali interessi. Questo nostro timore non deve d'altronde sembrare soverchio quando si rifletta che non sarebbe nuova la tendenza dell'amministrazione egiziana di affrancarsi dai vincoli che le hanno creato le concessioni fatte agli stranieri invocando la posizione politica dell'Egitto rimpetto alla Porta.

Non ignoriamo che, esaminata sotto questo aspetto, la quistione impegna maggiormente gli interessi diretti delle Potenze europee e che la medesima

diviene perciò sempre più delicata e difficile. Ma appunto per questa ragione noi desideriamo che V. S. si esprima in proposito con codesto Signor Miinistro per gli affari Esteri, facendogli conoscere tutto il pregio che noi annetteremmo a sapere il giudizio che egli reca intorno alle considerazioni suesposte.

(l) -Da ACR. (2) -Cfr. n. 583. (l) -Cfr. n. 572. (2) -Cfr. n. 571, nota l, p. 524.
587

IL MINISTRO A MADRID, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. Madrid, 27 settembre 1869, ore 13,15 (per. ore 17,20).

Montemar vous fait savoir oe qui suit.

En conformité de la promesse du Roi Général Prim proposa au conseil des ministres candidature du Due de Génes qui l'accepta. Le ministre des travaux publics est parti sur le champ pour les bains où se trouve le régent pour lui rendre compte de la dècision du conseil des ministres.

La candidature sera proposé à la majorité parlementaire en séance secrète pour sonder opinion.

588

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE 467. Berlino, 27 settembre 1869 (per. il 1° ottobre).

J'ai reçu hier au soir le télégramme de V. E. r,elatif au prochain voyage en Italie du Prince Royal du Prusse (1).

Ce matin, je recevais la visite du Comte d'Eulenbourg, Maréchal de la Cour de Son Altesse Roya1e qui venait me parler de l'itinéraire définitif. Le Prince part d'ici le 3 octobre pour Bade où il prendra congé du Roi et de la Reine. Par Munich, il se rendra directement à Vienne pour y voir l'Empereur d'Autriche qui ira expressément dans la capitale pour y recevoir sa visite. Le 9, départ pour Venise et arret pour la nuit. L'embarquement à Brindisi aura lieu du 11 au 14.

J'ai alors expliqué que j'avais déjà informé mon Gouvernement de ce plan de route, mais que j'avais diì expédier une seconde dépeche pour avertir, selon des données recueillies auprès de M. de Balah, que tout avait été remis en question vu l'absence de nouvelles sur la corvette la «Hertha ». En suite de ces dépéches, et surtout de la dernière, j'avais entre les mains un télégramme de V. E. qui me mandait que les dispositions prises depuis longtemps par le Roi avaient été maintenues, dispositions d'après lesquelles Sa Majesté avait résolu de passer la fin de la saison en Piémont, et où vu la distance et le temps limité du Prince, il ne pourrait voir Son Altesse Royale etc. etc. Quant

38 -Documenti diplomatici -Serle I -Vol. XI

à Monse~gneur le Prince Humbert, j'ai aussi expliqué les raisons toutes spéciales de son départ pour Naples.

Le Comte d'Eulenbourg était évidemment instruit de la réponse faite de son còté par le Comte de Wesdehl.en à la démarche confidentielle dont H avait été chargé par son Gouvernement, car il m'a dit que le Prince Royal de Prusse connaissai:t les raisons qui l'obligeaient d'accompagner à Naples la Princesse Marguerite. Tout en e:x~primant au nom de son Prince, combien étaient vifs ses regrets de ne pouvoir saluer personnellement Notre Auguste Souverain, il ajoutait que Monseigneur se rend:llit parfaitement compte d'un concours de circonstances indépendantes d'un bon vouloir réciproque. Ll va sans dire que si le temps n'avai:t pas été si li!mité, il n'eut pas manqué d'aUer au devant du Roi et de nostre Prince Royal. Son Altesse Royale aurait du moins le plaisir de se rencontrer à Suez avec Mons~Jigneur le Due d'Aoste.

n m'a paru opportun de communiquer ces memes détails au Général de Stosch, personnage très influent auprès de l'héritier de la Couronne. Il fera partie de sa suite. Ce général se rendra également mon interprète. Je crois avoir compris par ce langage, que le Prince Royal en entrant sur notre territoire se proposerait d'envoyer un télégramme à Sa Majesté, et que peut-étre méme il usera de la méme courtoisie auprès du Prince Humbert. Il me parait qu'il conviendrait que notre Prince Hérédi:taire prit sous ce rapport les devants.

Je me suis rendu ensuite au Ministère des Affaires Etrangères. J'ai appris par M. de Balan que le Comte de Wesdehlen avait en effet déjà télégraphié sur ce sujet l'entil'etten qu'il avai:t eu avec V. E. J'ai prié le Sous Secrétaire d'Etat de faire part au Roi Guillaume, de nos regrets les mieux sentis, en y joignant tous les èclaircissements que j'avais été chargé de faire parvenir de notre part, lors mème qu'ils eussent été presque superflus en présence de la parfaite cordauté, et meme de la sympathie hautement professées par le Roi Victor Emmanuel pour l'Auguste Voyageur.

Je vous serais reconnaissant, M. le Comte, si Vous m'adressiez un télégramme m'autorisant à énoneer qu'un wagon Royal se trouvera le 9 au matin à notre frontière vers Udine, le Prince devant prendre la route du Semmering pour faire la course de Vienne à Venise. Le mème wagon devrait rester disponible pour ~e trajet de Venise à Brindisi.

Je sais que Son Altesse Royale et sa suite verraient avec plaisrir le Général Robilant sinon en mission officielle, puisque le plus strict incognito sera observé, du moins comme simple particulier. Après l'acceuil qu'U vient de recevoir lors des manoeuvres en Poméranie, il ne pourrait guère s'en dispenser.

(l) T. 1014 del 26 settembre, non pubblicato.

589

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A LONDRA, CADORNA

D. 10. Firenze, 28 settembre 1869.

Ella troverà qui unito copia di un mio dispaccio al R. Agente e Console Generale in Tunrisi in data del 23 conente (l). Leggendolo Ella vedrà come

per circostanze indipendenti affatto da noi e dall'Inghilterra la commissione finanziaria non abbia potuto ancora costituirsi, mancando tutt'ora i due Commissari che debbono far parte del Comitato di riscontro.

In tale stato di cose trov,ammo naturale di mettere il Governo Tunisino in avvertenza che il R. Governo si credeva in diritto di protestare contro qualunque ingerimento negli affari finanziari della Reggenza, contro qualunque provvedimento o decreto emanato in nome del Comitato esecutivo, riservandosi inoltre di adottare, secondo la gravità dei casi, quelle misure che sembrerebbero necessarie per la conservazione dei diritti e degli interessi che potrebbero altrimenti venire manomessi. E di tale nos1lra risoluzione abbiamo stimato di dover far oggetto di comunicazione al Governo francese (1), persuasi ch'egli ben comprenderebbe, come noi, 'la necessità di sospendere in ogni sua par.te l'applicazione di un Decreto che ora travasi in alcune disposizioni essenzialissime ineseguibUe. Ci sembrava che questa nostra opilnione sa11ebbe tanto più facilmente accolta a Parigi in quantoché l'iniziativa delle proposizioni sulle quali s'era formato prima l'accordo delle Potenze, e poscia il decreto del Bey era partita da Parigi e che l'Italia e l'Inghilterra aveano, ciascuno per la parte sua, da parecchio tempo fatto quanto da loro si richiedeva per la completa esecuzione del Decreto al quale aveano prestato il loro assenso.

Appena era partita questa nos1lra comunicazione per Parigi e così prima che il R. Rappresentante in quella residenza potesse aprirsi su di ciò con S. E. il Principe de La Tour d'Auvergne, questo Ministero riceveva daU'agente tunisino un avviso, destinato ad essere inserto neHa Gazzetta Ufficiale del Regno, ed emanato dal Comitato esecutivo della Commissione Finanziaria per invitare certe categorie di creditori tunisini a far riconoscere le loro ragioni di credito verso la Reggenza.

È questo uno degU atti pe'i quali il comitato esecutivo ha ricevuto espresso mandato nel Decreto del Bey, e che quindi sarebbe stato sotto ogni rapporto regolare ove la commissione Hnanziaria si fosse potuta considerare come costituita.

Ciò non essendo, abbiamo risposto all'agente di Tunisi che il Governo del Re non avendo ricevuto ancora la notizia che la Commissione si fosse definitivamente costituita mediante la nomina dei membri che debbono comporre il Comitato di riscontro, non può riconoscere per ora akun atto che emani dall'altro Comitato di cui si compone la Commissione stessa, epperò si riserva di permettere l'inserzione nella Gazzetta Utticiale del regno dell'avviso statogli comunicato tostoché le circostanze lo consentiranno.

Di tale nostra risposta ci siamo affrettati di dare comunicazione al Gove,rno f,rancese (2). L'operazione di cui si tratta è infatti una delle più importanti e delle più delicate che alla commissione finanziaria siano state affidate. Trattasi di verificare l'entità del Debito tunisino, operazione dalla quale può dipendere in modo assoluto l'avvenire finanziario deHa Reggenza. Al Comitato esecutivo è espressamente devoluto questo incarico, ma tutti gli atti di questo Comitato sono soggetti, in forza del Decreto del Bey al riscontro dell'altro Co

mitato, e finché quest'ultimo :non sia costituito non si può ammettere che l'altro cominci a funzionare.

Desidero che Ella svolga senza indug.io tutte queste ragioni a chi regge attualmente codesto Ministero degli Affari Esteri, esprimendo la fiducia che l'Inghilterra dividerà in ciò il nostro modo di vedere. È nell'interesse della Gran Bretagna, non meno che nel nostro, di opporci ~che sino da principio siano alterate le essenziali condizioni sulle quali intervenne, dopo penosa e lunga trattativa, l'accordo delle tre potenze principalmente impegnate neUa soluzione degli affari finanziari della Tunisia. Oltre la ragione di tutelare dei reali interessi dei loro sudditi rispettivi, i due Governi di Firenze e di Londra hanno diritto di impedire che coll'alterazione delle condizioni alle quali hanno prestato il loro assenso, venga scemato il prestig,io ed il credito che loro importa conservare negli affari della Reggenza tunisina.

Aspetterò quindi, con qualche impazienza che la S. V. mi faccia conoscere l'opinione del Governo britannico intorno a questo nuovo incidente sul quale a noi sembrerebbe utilissimo ehe si stabLlisse un'intelligenza precisa fra Londra e Firenze.

(l) Cfr. n. 580.

(l) -D. 506 del 27 settembre, non pubblicato. (2) -D. 308 del 28 settembre, non pubblicato.
590

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI

D. 15. Firenze, 29 settembre 1869.

Piacque a S. M. il Re di decidere che, alla solenne apertura del Canale di Suez, un Principe della Real Casa Lo rappresentasse. La Maestà Sua volle in ciò dimostrare che personalmente si associa alla solennità mondiale alla quale l'Italia per molte ragioni grandemente si interessa.

S.A.R. il Principe Amedeo, Duca d'Aosta, venne dal Re designato per eseguire quella missione ed il Governo ha pregato l'Altezza Sua di volecre accettare la presidenza d'una commissione che verrà designata per fargli corona in quella circostanza.

Attualmente Sua Altezza si trova, colla squadra posta sotto il Suo Comando, nelle acque d'Egitto, ma il suo soggiorno su quelle coste non si prolungherà fino al momento dell'apertura del Canale. Nel frattempo Egli si propone di venir incognito a Costantinopoli per farvi una visita al Sultano.

Questo progetto che S. M. il Re si degnò approvare può sin d'ora essere comunicato al Governo Ottomano nel tempo stesso in cui V. S. gli farà conoscere la risoluzione di Sua Maestà di farsi rappresentare dall'Augusto Suo Secondogenito alla solennità di Suez.

Siamo convinti che il Governo del Sultano, apprezzando debitamente il pensiero che suggerì il progetto di visita a Costantinopoli troverà in questo tratto di squisita cortesia d'un Principe della Real Casa una prova di quei sentimenti di amicizia che il Governo del Re si adopera ognora a rendere più intimi e più profi.ttevoli pe,r gli inte,!1essi comuni dei due paesi.

591

VITTORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III (l)

L. P. [Settembre 1869] (2).

Je remercie Votre Majesté du témoignage de confiance qu'eHe a bien voulu me donner en me faisant part des réflexions qui lui sont inspirées par l'état actuel de l'Europe. L'incertitude qui règne de toutes parts et fait douter de la stabilité de la paix, la crainte d'événements qui vont troubler l'équilibre européen sont de nature à exciter la préoc,cupation des souverains, et je trouve bien nature! que ceux qui ont une communauté d'intérets cherchent à s'entendre pour agir de concert dans ces graves circonstances.

Je ne puis donc qu'adhérer à l'idée d'une triple alliance entre la France, l'Autriche et l'Italie, dont l'union présentera une puissante barrière à d'injustes prétentions et contribuera ainsi à établir sur bases plus solides la paix de l'Europe.

L'Italie n'a point oublié ce qu'elle doit à la bienveiHance constante de Votre Majesté, et si aujourd'thui nous i)ouvons tendre une main arnie à la puissance contre laquelle nous avons pendant si longtemps combattu, nous en sommes principalement redevables au concours que les armes françaises nous ont preté dans les guerres de l'indépendance et à l'appui que nous avons constamment trouvé auprés de Votre Majesté. Aussi je suis heureux que cette circonstance me fournisse le moyen de prouver ma gratitude envers Votre Majesté, en meme temps qu'eUe donne occasion à l'accomplissement d'un acte dont les conséquences ne peuvent etre qu'avantageuses aux destinées de l'Europe.

Je désirerais que le traité qui doit consacrer l'alliance puisse se conclure promptement; mais d'un céìté, je comprends que, par suite des modifications introduites darrs le gouvernement de la France, Votre Majesté soit dans le cas de devoir en retarder la stipulation, tandis que, de mon céìté, je ne pourrai prendre un engagement formel à ce sujet avant que la Convention du 15 septembre 1864, relative aux Etats du Saint-Siège, ait de nouveau reçu, de part d'autre, sa pleine et entière exécution.

Je hàte de mes voeux le moment où nos accords pourront etre définitifs.

592

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CURTOPASSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 149. Vienna, 1° ottobre 1869 (per. il 4).

n CanceUiere dell'Impero essendosi recato in campagna, dove rimarrà fino a Lunedì prossimo, sono stato questa mane a vedere il Signor Barone d'Al

tenburg, uno dei Direttori politi:ci presso il Ministero Imperiale e Reale degli affari Esteri, onde intrattenerlo sul contenuto del riverito dispaccio di V. E. (serie Politica n. 86) (l).

Questo pe:rsonaggio che travasi specialmente incaricato degli affari di Oriente mi disse che il Governo Austro-Ungarico ha, sin dall'origine della vertenza turco-egizia sempre diviso le apprensioni del Gabinetto di Firenze in ordine ai danni economici che una sottocommissione cieca ed assoluta per parte del Khédive alle esigenze del Sultano avrebbe arrecato agli interessi de' stranieri in Egitto; a tal fine avea consigliato moderazione a Costantinopoli ave, a suo parere, pretendevasi oltre il possibi·le. Non volle pertanto far spiccare la sua azione politica al punto di rivestire un carattere di pressione.

In questo stato stavano le cose, allorché il recente viaggio di Lord Clarendon a Parigi parve modificare attitudine del gabinetto di Saint James, cioè a dire, renderlo meno ostile ad Ismail Pacha; almeno tale fu <l'impressione nelle sfere diplomatiche; onde che questo Governo, in virtù di comunicazioni analoghe del Principe di Metterni•ch, dirigeva in data di jeri l'altro al suo rappresentante in Costantinopoli. una nota, della quale ebbi lettura, concepita nel senso suespresso, ma con raccomandazione di non insistere maggiormente,

ne pas ret.ourner à la charge.

Mentre queste istruzioni viaggiavano verso il Bosforo, il Duca di Gramont comunicava ieri al Gabinetto di Vienna un dispac'Cio del suo Governo essenzialmente contrario a quanto credevasi già adottato in Parigi, perché affatto favorevole alle pretensioni del Divano Imperiale; non rimane quindi il menomo dubbio che Lord Clarendon invece d'essere stato condotto a disposizioni più miti verso H Viceré, abbia rimorehiato il Gabinetto francese nelle sue acque. Non sarebbe a meravigliare, osservava il Barone Altenburg, che a Parigi si sian lasciati convertire dalle minacee di Aalì-Pacha di abbandonare il suo posto, non ehe da quelle di due alti personaggi, che laseiarono testé il servizio Egiziano pel turco, di pubblicare alcuni documenti abbastanza compromettenti.

Le ultime informazioni dell'Agente austro-ungarico in Alessandria dipingono con nerissime tinte lo stato attuale dell'Egitto; la popo.Iazione indigena vedrebbe di mal occhio gli atteggiamenti europei che il suo sovrano affetta; si lamenterebbe fortemente delle onerose imposizioni alle quali le ingenti spese governative la condannano e dubiterebbesi perfino della fedeUà deil'Esereito, ave mai si dovesse venire alJle mani. È opinione altresì del suddetto Agente che i più, rimpiangendo l'amministrazione diretta del Sultano, faccian voti perché questi torni a governarli.

Interrogato da me il Barone Altenburg se, in vista della probabile accettazione della terza e quarta condizione imposte dal Gran Vizir al Khédive, il Gabinetto di Vi•enna non temesse che fossero a:!terati il regime che regola di presente in Egitto il diritto di proprietà per gli stranieri ed i privilegi dei Tribunali Consolari, risposemi, esser eonvinto volerne la Sublime Porta soltanto ad Ismail-Pacha e che mai oserebbe recare offesa a quelle prerogative acconsentite a' sudditi Europei e sancite da presso che 30 anni di usufrutto.

Ho preso commiato dal Direttore politico ricevendo l'assicurazione d'essersi jeri stesso telegrafato al Barone Prokesch-Osten di uniformare pel momento la sua condotta a quella dei Signori Elliot e Bourée.

(l) -Da ACR, minuta di pugno di Menabrea. redazione modificata della lettera del 29 giugno, mal consegnata a Napoleone III (cfr. n. 437). Il documento è edito in OLLIVIER, L'empire libéral, 11, 611 f., ONCKEN, vol. III, pp. 240-241, Lettere Vittorio Emanuele Il, vol. II, pp. 1446-1447, MORI, pp. 578-579. (2) -Privo di data, ONCKEN ritiene che sia da collocare circa al 25 settembre.

(l) Cfr. n. 586, Inviato a V!enna con numero di protocollo 86.

593

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, ULISSE BARBOLANI

D. 16. Firenze, 2 ottobre 1869.

Ho rilevato dal rapporto ch'EHa mi indtrizzò il 23 selitermbre u.p. (l) come, persistendo la SubUme Porta nelle sue domande ed il Khédive d'Egitto neHe sue risoluzioni, poca speranza rimanesse per un componimento se l'interposizione delle Potenze non appianasse le difficoltà che altrimenti riuscirebbe malagevole superare.

A questo proposito la S. V. proporrebbe che si mettesse innanzi l'idea di riunire una conferenza, osservando che la Porta essendo già vincolata dai precedenti da essa stessa stabiliti non potrebbe ricusarsi a sottomettersi alla decisione europea.

Questa di Lei proposizione formò argomento dei nostri più seri riflessi, perocché, come Ella sa, il Governo deve tenere conto di molte circostanze che ne determinano la posizione prima di accingersi a pigliare un'iniziativa che potrebbe avere una grande importanza tanto sugli affar,i che venebbero in discussione quanto sugli interessi particolari dell'Italia connessi aHa soluzione delle divergenze sorte fra Costantinopoli ed il Cairo.

Ed anzi tutto il Governo di Sua Maestà deve riflettere che l'Italia non ebbe ancora occasione di asso-ciarsi come grande Potenza agli affari relativi ai rapporti fra l'Egitto e la Sublime Porta. È noto che la nostra partecipazione a tali affari avr,ebbe potuto essere da noi domandata soltanto nel 1866 allorquando per la pr.ima volta, dopo la ·Costituzione del Regno d'Italia, le Potenze europee si trovarono chiamate a prender atto di modificazioni introdotte nelle condizioni, stabilite col loro concorso, negli anteriori Firmani ma sia perché l'attenzione del R. Governo in quel tempo era distolta da ben altre cure, sia anche perché il Divano Imperiale volesse stabilire un precedente per mantenere la sua pretesa di escludere l'Ita:lia da tutto ciò che direttamente non dipendeva dalle stipulazioni del 1856, l'Italia venne in quell'occasione lasciata in disparte, senza ch'io trovi che di tale dimenticanza si sia mossa lagnanza per parte del R. Governo. Il 30 maggio 1866 S. A. Aalì Pacha, scriveva ai rappresentanti deHa Turchia a Parigi, Londra, Vienna, Berlino e San Pietroburgo, un dispaccio nel quale riassumendo le modificazioni introdotte nei rapporti dell'Egitto colla Sublime Porta, conchiudeva col dire che il Governo del Sultano era persuaso che tutti i Governi che aveano firmati i trattati del 1841 apprezzerebbero giustamente le fatte concessioni, ma che cionondimeno sarebbe felice di sapere che ciascuno di essi vi avrebbe dato la sua completa approvazione. Di tale dispaccio, i rappresentanti ottomani presso le varie Corti anzi

dette ebbe~ro ordine di lascia~: copia ai rispettivi m.in.istrà degli Affari Esteri, mentre non risulta in alcun modo che simile comunicazione venisse fatta anrhe in Firenze.

Consultando la corrispondenza ufficiale di quel tempo Ella potrà anzi scorgere come la Porta si limitasse a far rimettere ufficiosamente al R. Rappresentante in Costantinopoli una copia del nuovo firmano concesso al Viceré d'Egitto, e come quel di Lei predecessore ritenendo che la comunicazione a lui fatta fosse identica a quella ricevuta dai rappresentanti delle altre grandi Potenze non avesse creduto opportuno di chiedere alla Porta che all'Italia fossero fatte quelle altre ufficiali comunicazioni che sarebbero dirette ad altri Governi.

Di ciò è necessario tener conto se non ci vogliamo esporre ad aprire una discussione preliminare sul nostro diritto di partecipare agli affari d'Egitto, discussione che la Porta stessa potrebbe Intavolare ove la nostra iniziativa non le riuscisse gradita.

Ma indiipendentemente da questa considerazione ci sembra che quando dovessimo fare una proposizione tendente a riunire una conferenza europea per risolvere le difficoltà della quistione egiziana, sarebbe almeno necessario che fossimo assicurati che l'esito di tale conferenza riuscirebbe conforme al voto che noi stessi vi porteressimo.

Ora la S. V. ha potuto già opportunamente osservare che fra il nostro modo di vedere e le pretese messe Innanzi dalla Porta, esistono alcuni punti di divergenza sui quali noi non potremmo per ora essere assicurati del concorso delle altre Potenze. Dal carteggio del R. Agente e Console generale in Alessandria la S. V. potrà vedere come il modificare sostanzialmente lo stato attuale dei rapporti esistenti fra l'Egitto e la Turchia, quali infatti furono ammessi sinora senza contestazione per parte dell'amministrazione ottomana, tornerebbe di sommo scapito ai nostri propri interessi. D'altra parte, da quanto Ella mi scrisse non meno che dai rapporti fattici dai di Lei Colleghi accreditati presso le grandi Corti Europee, abbiamo potuto verificare l'esistenza di indizi abbastanza sicuri ,per ritenere che ove le divergenze attuali del Khédive colla Porta prendessero il carattere di un conflitto sottoposto al verdetto delle Potenze, queste ripiglierebbero probabilmente nel consesso europeo l'identica posizione che ciascuna di esse avea già preso nel 1840. Ora dovendo noi pronunziare! a nostra volta ci troveremmo nella difficile posizione o di dover abbandonare vistosi interessi che si collegano col mantenimento dello statu qua in Egitto,

o di dover prendere una posiizione nella quale ci troveressimo, secondo ogni probabilità, soli colla Francia a sostenere la causa del Viceré contro l'Inghilterra e la Russia che appoggerebbero la Porta. Né alla S. V. sfugge come, quando si verificassero le circostanze ehe metterebbero il Governo del Re nell'alternativa di decidersi per l'uno o per l'altro di questi due partiti, noi ci troveremmo di fronte ad una situazione della quale potrebbe avvantaggiarsi grandemente l'influenza francese in Egitto contrariamente agli interessi generali della nostra politica in quella contrada e nel Mediterraneo.

Riflettendo sopra tutte queste considerazioni a noi sembra che il partito migliore che l'Italia possa prendere a questo riguardo consista nel continuare la sua opera conciliativa tanto a Costantinopolil quanto al Cai,ro, procurando che un accomodamento possa aver luogo senza l'intervento ufficiale dell'azione

dl.ipJomatica delle potenze riunite in conferenza. Ci pare che qualunque possa essere l'accomodamento che potrà farsi tra il Khédive e la Porta, questo pregiudtcherà sempre meno le quistioni dell'avvenire che non lo farebbe un verdetto di una Conferenza Europea.

Per queste r~gioni noi saremmo d',avviso che pur continuando ad appoggiare ufficiosamente i partiti conciliativi tanto presso la Porta, quanto presso il Viceré, ci convenga astenerci da tutto ciò che potrebbe sembrare farci desiderare la riunione di un consesso europeo, davanti il quale la nostra posizione presenterebbe delle gravi diffkoltà che non abbiamo interesse di sollevare.

Tali sono, Signor Conte, i termini nei quali ci sembm posta in oggi la quistione egiziana. Ma ave non si realizzasse,ro le speranze, finora non totalmente dHeguate, di vedere ristabilirsi, senza che la Potenze si interpongano, le buone inteHigen:?Je prima d'ora esistenti fra la Porta ed il Khédive, noi dovremmo preoccupare! delle conseguenze che da tal fatto potrebbero derivare.

Dagli indizi che si hanno si può arguire l'esistenza di due influenze opposte che trovano appoggio nella poUtica diversa dei Gabinetti. Da una p~te si tende a ristabiLire l'Egitto quasi nella condizione ordinaria d'ogni altra provincia Ottomana. Dall'altra invece si vorrebbe promuovere la indipendenza quasi assoluta del Viceré.

Noi non desideriamo di dove,rci pronunziare i:n favore dell'una o dell'altra di queste tendenze contrarie, ma il caso potr,ebbe pur presentarsi in cui non ci fosse possibile di evitare una manifestazione delle nostre idee in proposito. Ed in questa ipotesi il Governo del R,e desidererebbe conoscere l'autorevole di Lei avviso sul partito da preferirsi. Le indagini e gli studi che la S. V. è in grado di fare, osservando da vicino l'azione diplomatica degli aUri Gabinetti, riusciranno utilissime al Governo di Sua Maestà che in un affare di tanta gravità desidera anzi tutto essere illuminato.

(l) Cfr. n. 575 che è però del 18 settembre.

594

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 470. Berlino, 2 ottobre 1869 (per. il 7).

Dans l'entretien que j'ai eu hier au Ministère des AMaires Etrangères,

M. de Balan faisant allusion au discours prononcé récemment par Lord Clarendon à Watford, se montrait on ne peut plus satisfait de telles déclarations pacifiques qui ~quièrent d'autant plus de va,leur après le séjour prolongé que cet homme d'Etat vient de faire sur le Continent, en Allemagne et en France, et après ses entrevues avec maints personnages influents. Des impressions semblables sont aussi partagées par le Cabinet de Berlin, et ce ne serait certainement pas lui qui provoquera des complications dangereuses pour 1a tranquillité de l'Europe.

Sous ce rapport, il est heureux de constater que l'opinion publique à l'étranger, commence à réduire à Ieur juste mesure Ies bruits répandus dernièrement avec tant de légèreté par certains organes de la presse sur une entrée imminente du Grand Duché de Bade dailiS la Confédération du Nord.

En me parlant ensuite de la prochaine visite du Prince Royal à la Cour de Vienne, M. de Balan n'admettait pas que ce fait impliquàt un revirement (umschwung) dans les rapports entre la Prusse et l'Autriche. Il ne s'agit encore que de témoignages de courtoisie échangés entre deux Maisons Souveraines, témoignages dont il ne faudrait pas s'exagérer la valeur.

II est de fait que les raisonnements à perte de vue que l'on entend émettre par des journaux allemands et étrangers sur une entente déjà établie entre les deux Puissances, sont accu.eillis ici dans les sphères gouvernementales avec une grande froideur, et meme av.ec une ceirtaine défiance. Un revirement réel ne pourrait en effet se produire qu'au prix d'une renonciation de la part de la Prusse et de la Confédération à toute extension de frontières au delà du Mein, ou de la part de l'Autrtche, à toute interprétation du Traité de Prague, dans le sens assez nettement ac,centué par le Livre Rouge. Il suffit de poser ainsi 1a question pour se rendre compte combien est grande encore la distance entre la politique des deux Cabinets. H est meme permis d'exprimer plus que des doutes sur la possibilité d'un ra:pprochement sincère dans le domaine des faits.

On veut aussi voir dans le prochain changement du Baron de Werther qui serait transféré à Paris, une preuve de condescendance vis-à-vis du Cabinet Austro-Hongrois. Depuis quelque temps déjà il était destiné in petto à remplacer le Comte de Goltz, et si sa nomination a tardé c'était précisément pour ne pas avoir l'apparence de céde>r à une pression d'un certain courant de l'opinion publique en Autriche, qui voyait avec dépit un diplomate dont la présence rappelait trop les souvenirs de 1866. M. de Schweinitz, jusqu'ici attaché militaire à Petersbourg, serait désigné, assure-t-on, pour le poste de Vienne. Il n'a rien de cassant dans les formes, mais il lui manquera l'expérience nécessaire dans une position aussi délicate. Dans tous les cas il sera assez malaisé de trouver en lui, comme dans tout autre candidat, un chef de mission aussi conciliant que le Baron de 'lllerther qui appartient à l'ancienne école de la Diplomatie prussienne, et qui par conséquent dans son for intérieur penche plutòt vers une alliance avec 'l'Autriche. Mais il n'a aucune initiative, il exécute à la lettre ses instructions. C'est surtout dans cette dernière cir,constance qu'il faut chercher le véTitable motif de sa nomination à Paris où le Comte de Bismarck veut un agent plus doci:le que ne l'était f.eu le Comte de Goltz, dont il avait eu à se plaindre en maintes occasions.

Dans ces conditions tout porte à cro1re que le Comte de Beust, tout en tàchant d'améliorer les relations avec la Russie, et de se maintenir sur un bon pied avec l'Italie, continuera à se ménager de préférence l'aprimi de la France et de l'Angleterre.

Quoi qu'il en soit, on ne saurait méconnaitre dans l'ensemble de la situation quelques garanties du maintien de la paix: discours de Lord Clarendon; voyage de l'Im:pératrice Eugénie; difficultés intérieures en Flrance où l'opinion publique se prononce contre toute diversi:on à l'étranger; les paroles prononcées par le Roi de Saxe et le Grand Due de Bade à l'ouverture des Chambres. Sous peu de joUJI's le Roi Guillaume inaugurera aussi la session du Parlement Prussien par un langage pacifique. Pour donne'r plus de poids encore à ces perspectives rassurantes, certains organes de la presse remettent sur le tapi:s la question d'un désarmement général. Il n'est pas à supposer, dans l'état actuel des choses où chacun a toujours des raisons plus ou moins avouées de rester sur le qui vive, qu'un pareil projet, si tant est qu'il existe, puisse se traduire de sitòt d'une manière pratique. Je sais seulement que dans ces derniers temps Loil"d Loftus (il n'a pas dit si c'avai:t été de son propre mouvement ou d'après l es instructions de Londres), tout en rendant justice aux efforts des Puissances pour préserver l'Europe d'un conflit redoutable, a exprimé vis-à-v.is du Roi la crainte que les armements ne fussent un obstacle des plus sérieux au mainti:en de •la paix. Sa Majesté aurait répondu par des généralités. Mais d'après l'avis de l'Ambassadeur Britannique, c'était déjà un fait digne de remarque qu'il eut pu toucher une corde aussi délicate sans provoquer chez cet Auguste Personnage un mouvement quelconque d'impatience ou d'irritation.

J'ai l'honneur d'accuser réception des documents diplomatiques annexés à la dépeche de V. E. n. 137 en date du 26 septembre èchu (l). Ces documents portent les n. 376 à 378; 381 à 384; 386; 388 à 391 inclusivement. Le Ministère verra, par l'enveloppe ci-jointe, que, malgré l'annotation «per Magadino », la dépeche et les annexes me sont parvenus par Vérone, via Brenner. Si les employés des postes Prussiennes ne mettent pas plus de soin que les nòtres dans l'acheminement des plis officieis, c'en est fait de la sureté de la correspondance.

595

IL MINISTRO A LONDRA, CADORNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 53/11. Londra, 2 ottobre 1869 (per. il 7•

Facendo seguito a.l telegramma speditole (2), mi affretto a darle maggiori notizie sul discorso che ebbi or ora col Signor Conte di Clarendon sull'affare di Tunisi cui riguarda la Nota n. 10, Sertie Politica (3), che mi pervenne ieri sera.

Sua Signoria non avendo potuto darmi che 10 minuti, stimai opportuno di parlarle di questo affa.re prima degli altri su cui debbo intrattenerlo, siccome quello che parvemi più urgente. Potrò rivedere Lord Clarendon solo mercoledì deH'entrante settimana.

Richiamai alla memoria del Ministro la circostanza fondamentale che non altrimenti, tanto dall'Inghilterra quanto dall'Italia, erasi acconsentito al modo di comporre la commissione esecutiva che era stato proposto e che è stato abbracciato, che perché contemporaneamente, e come parte di un solo indivisibile sistema, si costituiva una commissione di riscontro in cui tutti gli interessi erano rappresentati e senza H concorso della quale nessuno degli atti e delle deliberazioni deila commissione esecutiva poteva avere effetto, il che risultava ancora più chiaramente dalle spiegazioni che, suHa insistenza del Go

verna italiano, erano state concordemente date tanto dall'Inghilterra che dalla Francia stessa. Gli feci notare come H modo con cui l'accordo veniva applicato nel fatto corrispondesse ad un sistema non solo diverso ma ben anco contra!l.'io a quello che era stato convenuto, ad un sistema che mai l'Italia né l'Inghilterra stessa avrebbero consentito. Nessuna parte del sistema adottato (ed in questo caso la commissione esecutiva) aveva diritto di funzionare o di fare atto di qualsivoglia sorta finché tutte le parti del sistema medesimo non fossero attuate e messe in funzione ed il fare altrimenti fosse evidentemente violare la Convenzione ed attuare un sistema nuovo, non convenuto ed anzi rifiutato. Soggiunsi poco importare da qua:l parte venissero gli ostacoli aUa nomina dei commissari francesi della commissione di riscontro e ciò importare tanto meno all'Inghilterra ed alla Francia i cui creditori li avevano per lor parte nominati, poiché l'ostacolo veniva dal fatto che la commissione di controllo non esisteva.

Recai poscia a notizia del Signor Conte di Olarendon le dichiarazioni fatte dal Governo Italiano a Tunisi, il rifiuto di inserire il proposto avviso nella Gazzetta Ufficiale e le spiegazioni chieste a Parigi non che la fiducia del Governo che Sua Signoria awebbe concorso al sostegno di questi principi ai quali, al pari dell'ItaHa, l'Inghilterra. era interessata sì pel lato politico che per riguardo ai creditori, essendo im!)ortante che i due Governi andassero d'accordo. Il Conte di Clarendon, al quale l'annunzio del soggetto del discorso aveva prodotto una impressione non molto gradevole, udita la esposizione di quanto sopra, nel mentre mi pareva non fosse quasi informato delle cose da me narrategii, non dubitò di riconoscere esplicitamente che il punto di vista del Governo italiano in ques'affare era, anche a suo avviso, pienamente giusto e fondato sulla leale osservanza degli accordi presi, e, non senza qualche parola allusiva alle tendenze del Gov,erno francese in questo affare, mi disse che faceva scrivere tosto ordini ed istruzioni nello stesso senso dal Governo italiano inteso e seguito.

Parmi pertanto che l'ac,cordo di Lord Olarendon colle direzioni date da V. E. possa dopo di ciò ritenersi stabilito e principalmente sul modo di intendere e d'applicare la Convenzione di cui si tratta.

(l) -Cfr. n. 586, inviato a Berlino con numero di protocollo 137. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 589.
596

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE. Firenze, 3 ottobre 1869.

Vous trouverez ci-joint la copie d'une Circulaire adressée par S. E. le Garde des Sceaux aux Procureurs Généraux du Royaume, appelés par leurs fonctions à notifier aux Evéques et aux autres ecclésiastiques convoqués à Rome pour le 15 décembre prochain l'autorisation requise à cet effet par le droit public de l'Etat.

Le Gouvernement du Roi, en déclarant dans cette Circulaire qu'il ne mettra aucun obstacle au départ des évèques, n'engage point sa propre responsabilité, et ne diminue aucunement celle des Evèques sujets de Sa Majesté dans ce qui pourra se passer à Rome. La permission qu'il accorde sur Ies demandes déjà faites d'avance par p,lusieurs Evèques, est un hommage rendu à la liberté de conscience et à la liberté des cultes, et ne saurait avoir dans l'état actuel de nos institutions, l'effet que pouvait comporter jadis le droit canonique, c'est-à-dire celui de faire participer meme indirectement au ConcHe l'Etat, comme représentant les catholiques lai:ques. L'Etat n'a point à prendre en main le droit qui appartient aux catholiques de participer aux actes de leur Eglise; sa tache se borne envers eux, comme envers les membres des autres sociétés religieuses reconnues, à garantir leurs droits individuels ou collectifs ainsi que ceux de l'Etat, contre les actes par lesquels on prétendrait y porter atteinte. A cet égard, les prérogatives de la Couronne, et les lois du Royaume, présentent des siì.retés suffisantes, et le Gouvernerment de Sa Majesté saura, le cas échéant, en faire usage.

Le principe fondamenta! de la liberté de l'Eglise catholique, comme des autres cultes dans le droit commun, se trouve ainsi appliqué en Italie, au moment où, si l'on en juge par tous les actes antèrieurs du St. Siège, e't par le langage actuel de ses organes autorisés, les prélats du monde catholique seraient appelés à consacrer les proscriptions tant de fois lancées du Vatican contre les bases essentielles des institutions communes à tous les Etats modernes et contre notre unité nationale elle-méme.

Ce n'est pas sans en avoir miì.rement délibéré que le Gouvernement du Roi a résolu de ne point s'opposer à ·Ce que les Evéques italiens se rendent au Concile. De graves considérations d'ordre public et d'intérét national s'imposaient dans cette circonstance à notre examen. Les déolarations de principes que le St. Siège se propose de faire rati:fier, ne sauraient en effet étre regardées comme le simple énoncé théologique d'une croyance religieuse. Emanant d'un souverain qui règne sur une partie du territoire italien, imposées par lui comme règle de conduite aux sujets catholiques des puissances étrangères, mettant enfin en cause des questions politiques et sociales qui touchent aux premières bases des Gouvernements établis, les décisions que la future Assemblée des Eveques est invitée à confirmer, intéressent les rapports internationaux et la tranquillité intérieure des Etats. En ce qui concerne surtout l'ItaUe, la politique avouée de la Cour de Rome n'est pas moins subversive de l'ordre de choses existant, et présente des dangers certainement plus dignes de considération que les tentatives révolutionnaires organisées récemment par le parti extrème opposé, sur un autre territoire limitro:phe. Le Gouvernement du Roi pouvait donc, se fondant sur des motifs légitimes, user du droit de refuser aux Evèques italiens l'autorisa.tion qu'ils étaient tenus de lui demander, et mettre ainsi obstacle à la réunion du ConcHe. Tourtefois, et sans méconnaitre la va,leur des manifestations de l'opinion publique contre les prétentions de la Cour pontificale, le Gouvernement du Roi n'en a pas moins cru devoir s'en tenir à la ligne de conduite tracée par la Circulaire de S. E. le Garde des Sceaux. Nous n'avons pas caché aux Cabinets amis, dès l'origine de l'échange de communlcations qui eut lieu à ce suj.et, que nous prévoyons le cas où il faudrait prendre des mesures légales contre des actes délibérés à Rome avec le concours d'une partie plus ou moins nombreuse de l'épiscopat; et nous avons eu la satisfaction de trouver chez eux une sollicitude égale à la notre dans ce sens; mais l'abstention, quant à présent, de toute mesure .préventive nous a paru correcte, dans l'intérét méme de la solution future de la question romaine, et du règlement des rapports de l'Eglise et de l'Etat.

Il serait hautement désirabJe en effet, à ce double point de vue, que l'experience tentée par la Cour de Rome s'accomplit dans des conditions normales, et que les résultats en fussent ainsi pleinement concluants. Il ne dépend pas de nous que ces conditions se réalisent, comme l'exigeraient les intéréts généraux du monde religieux. Bien des fois déjà dans ces dell"nlères années, nous avons dù constater, à propos des diverses manifestations du St. Siège, les déplorables conséquences politiques et religieuses de l'irresponsabilité assurée à tous les actes du Gouvernement pontif.tcal par la présence de forces étrangères sur son territoire. Il est permis de croire que la Cour de Rome n'aurait pas condamné avec tant d'assurance tous les princ.Lpes sur lesquels reposent aujourd'hui les Gouvernements civilisés, si elle ne se flìt regardée comme garantie par I'int.ervention extérieure contre la nécessité d'une application de ces mémes principes aux populations romaines. Aujourd'hui que la convocation d'un Concile étend bien au delà du cercle des intéréts italiens la portée des tendances politiques du St. S:lège, nous ne pouvons que laisser à chacun sa part de responsabilité et constater de nouveau combien l'état de choses anormal maintenu à Rome, et les intéréts factices qui en résultent, sont de nature à influer fàcheusement sur le caractère et sue l'autorité morale des déliberations du Concile.

Quant à nous du moins, nous il1e serons intervenus pa,r aucun aote quel qu'il soit dans l'épreuve que l'Eglise cathoLique traverse. Le mouvement profond qui se laisse voir dans ses rangs, et qui semble annoncer des dispositions moins hostiles que celles du St. Siège envers la liberté des individus et des nations, raffermirait encore, s'il en étai·t besoin, le Gouvernement du Roi dans les convictions qui inspirent sa oonduite. Nous déplorons hautement que la force des armes, si impuissante à résoudre des questions d'orrdre moml, comme celles qui se posent à Rome, soit venue tour à tour provoquer par des agressions révolutionnaires, et encourager par des occupations étrangères l'esprit irréconciliable qui domine dans les conseils du Chef de l'Eglise catholique; conséquents avec nous mémes, uous ne prendrons pas davantage sur nous de compromettre, par l'immixtion de l'Etat, l'indépendance et la dignité des protestations que les catholiques les plus éclairés commencent à élever contre des entrainements aussi étrangers aux intéréts religieux que cont.raires aux bons rapports qui doivent exister entre les Eglises et la Société civile au sein de laquelle elles existent.

Vous voudriez bien, M., vous e~primer en conformité de la présente dépé· che dans vos rapports avec le Gouvernement auprès duquel vous étes accrédité.

ALLEGATO

PIRONTI AI PROCURATORI GENERALI

Firenze, 30 settembre 1869

Approssimandosi il tempo nel quale fu indetto a Roma il Concilio Ecumenico, alcuni fra i vescovi dello Stato sonosi rivolti alle autorità governative, per sapere se fosse loro permesso di recarvisi.

In risposta a queste domande, ed a prevenzione di quelle che fossero ad avanzarsi, il Governo del Re dichiara di non opporre ostacolo a che i vescovi ed altri ecclesiastici intervengano all'Assemblea surriferita.

Fedele per altro il Governo stesso ai suoi principi di libertà religiosa, vuole ed intende che sia fatta espressa ed assoluta riserva delle ulteriori sue risoluzioni su tutto ciò che potesse ledere le leggi del Regno e i diritti dello Stato.

La S. S. Illustrissima è pregata di comunicare le enunciate disposizioni agli ordinari compresi nel distretto di cotesta Corte, per loro norma e regola, e di avvisare questo Ministero del ricevimento della presente.

597

IL SEGR,ETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE 71 bis. Firenze, 3 ottobre 1869.

T1roverà la S. V. qui unito copia d'un nùo dispaccio al Ministro del Re a Costantinopoli (l) per fargli conoscere la risoluzione presa da Sua Maestà di farsi rappresentare all'apertura del Canale di Suez dal suo Augusto secondogenito S.A.R. il Principe Amedeo Duca d'Aosta.

In quel mio dispaccio sono accennate le ragioni di tale determinazione e ne è esattamente definito il carattere.

Voglio credere che 1a Sublime Porta troverà nella comunicazione verbale di cui il Signor Conte Barbolani è stato incaricato a questo proposito una prova dell'impegno che mettiamo in ogni circostanza a mantenere con il Divano imperiale i migliori rapporti di simpatia e d'amicizia che legano fra di loro i due Governi.

La autorizzo a valersi delle indicazioni che emergono da questo mio dispaccio e da quello che vi è annesso per ri.spondere alle domande ·Che a questo riguardo Le fossero fatte da codesto Signor Ministro degli Affari Esteri ...

598

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINLSTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. CONFIDENZIALE S.N. Belgrado, 3 ottobre 1869 (per. l'B).

Je n'ose pas insérer cette dépeche parmi celles de la Série Politique régulière, pa,rce que les affaires auxquelles elle touche sont en deho;rs de mes attri

butions: je ne saurais pas, d'un autre còté, cacher à V. E. des informations qui me parviennent d'une source sérieuse et qui peuvent avoir une importance réelle si elles se rattachaient de quelque manière aux renseignements envoyés de Bukarest.

La personne de qui je tiens à référer la conversation et qui compte parmi les partisans du Prince Couza, est entrée en matière en parlant des bruits, qui, il y a quelques mois, ont couru sur des prévendus projets de restauration. «Le Prince, me disait-on, a le caractère trop élevé pour couri·r les aventures. L'entreprise serait facile à coup sùr et le succès inévitable. Les fautes incessantes du Prince Charles, l'absence de tout prestige, (je répète ce mot un peu hazardé), de toute autorité, les désordres qui rongent la Roumanie, ont maintenu et développé l'incontestable popularité du Prince Couza.

Un des membres de l'Ambassade de Russie à Constantinople disait il y a quelques semaines, que le Prince a un parti très-nombreux en dehors de la masse des populations rurales qui lui sont toutes acquises.

Le Prince ne l'ignare pas: cette situation des esprits n'est pas moins bien connue des Gouvernements étrange.rs et il y en a plus d'un qui ne s'en effraie pas.

Mais tenez pour certain, poursuivait-on à me dire, que le Prince reste absolument indifférent à cet état de choses.

Tout est 1possible ce.pendant, dans l'avenir. Ainsi il se pourrait qu'un grand danger se révelat pour la Roumanie, que son existence fut menacée et que le pays put etre sauvé par un acte éclatant, par un coup d'énergie. Ce jourlà, il ne serrait pas étonnant de voir le Prince Couza se lrancer dans la melée: mais le lendemain, le sort du pays assuré, il reprendrait la route de Di:ibling. Si ces hypothèses se réalisaient, si cette sJ.tuation venait à se présenter, n'oubliez pas, concluait-on, notre conversation d'aujourd'hui.

N'y a-t-il là que des reves? Dans tous les cas il serait à peu près constaté que le ròle de sauveur de son pays ne déplairait pas trop au Prince Couza, et qu'il n'opposerait pas une rèsistance invincible aux sollircitations de ceux qui voudraient, dans leurs intérets, lui voir jouer un ròle actif dans des circonstances données.

(l) Cfr. n. 590.

599

IL MINISTRO A LONDRA, CADORNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA (l)

L. CONFIDENZIALE. Londra, 3 ottobre 1869.

Esco in questo momento dalla Casa di S.A.R. il Principe Tommaso ove fui per visitarlo siccome faccio og;ni domenica e le cose dettemi dal Principe son tali, che crederei mancare al mio dovere se non gliene dessi contezza. Fedele alla consegna che Ella mi aveva data alla mia partenza da Firenze col dirmi,

che nell'affare della chiamata del Duca di Genova al trono di Spagna il Governo teneva ed intendeva di tenere una posizione neutrale astenendosi dallo spingere ad alcuno dei due opposti partiti, io mi astenni assolutamente, e sempre dal paruar·e di questo soggetto a Sua Altezza Reale, né Essa me ne parlò mai sebbene l'abbia sempre veduta assai frequentemente. Oggi per la prima volta il Principe me ne parlò spontaneamente, e fece un lungo sfogo su questo soggetto. Era molto abbattuto malinconico e parlò come uomo che versa, quasi a suo malgrado la piena dell'animo. Causa di ciò era la notizia recata da tutti i g~ornali della determinazione presa dal governo provvisorio di Madrid di proporre la candidatura di Sua Altezza al trono di Spagna.

Parlando sempre in dialetto piemontese e ·Con giovanile ingenuità egli disse che questa cosa lo disgustava e lo addolorava assai, che non si sentiva chiamato a ciò, e che anzi vi aveva la· più grande ripugnanza. «Io, disse, sono e voglio essere italiano, e non posso diventar spagnuolo, mi hanno detto che col diventare 11 Re di Spagna avrei fatto un atto di patriottismo con gran bene dell'Italia. Ma questa cosa io non l'ho mai potuta capire, né la credo; intanto mi mandano là, me ancora così giovane, in quel cattivo paese in cui vi sono tanti partiti che si ammazzano l'uno con l'altro, in .quel paese dove tutti i Ministri e tutti i generali non sono che degli uomini ambiziosi, che cosa andrò a far io in quel paese dove vi sono tanti partiti di pretendenti, e costituzionali, e progressisti e repubblicani, e tanti altri che io neppure conosco? Per far qualche cosa bisogna avere dei diritti; ma io non ho nessun diritto perché sono giovane e non potrò far niente. Se starò qui per finire i miei studi, intanto quei Signori che vogliono soltanto continuare a comandar loro, faranno alto e basso e finiranno di rovinare il paese prima ch'io ci vada; e se vi dovrò andare subito che cosa andrò a farvi? Per vedere quello che faranno gli altri e non poter far niente; io sento che con questo non posso fare del bene né qui né là; tutti gli uomini già attempati hanno rifiutato e vi dovrò andare io? Mio cugino Umberto non è molto robusto, e non ha ancora Hgliuoli; anche mio cugino Amedeo non è robusto, e po~ché si ha da conservare la razza (sic) io in questo caso sono sano e robusto; eppol se mi credono buono a qualche cosa perché mi mandano via di qui, e se non sono buono a nu1la perché mi mandano in Spagna? Mi lascino, mi lascino qui! ! ».

Queste cose che riferisco testualmente per quanto mi è possibile disse il principe con molta semplicità, con calma ma con un accento di dolore. Era presente il signor conte dal Verme il quale dichiarò che si era sempre astenuto dal trattenere il pr.incipe su questo soggetto, e che in tutto quanto il Principe avea detto egli non aveva mai preso né prendeva a.lcuna parte, ed invocò a tale riguardo la testimonianza del Principe medesimo il quale confermò quanto il signor dal Verme asseriva e che soggiunse che questo che avea detto erano i suoi propri senmmenti, e le sue proprie impressioni.

È innegabile che tutte codeste cose dette disadornamente e con una grande ingenuità e naturalezza rivelano nel giovane Princ~e una mente non comune e molto riflessiva; né posso tacere che rimasi maravigliato nel sentirle uscire dal suo giovane labbro, ma esse mi fecero nascere il dubbio che possa esservi un equivoco sulle vere impressioni di Monsignore a questo riguardo. Dissi allora al Principe, che avea ascoltato senza mai interromperlo, ·che le cose che mi

39 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. XI

aveva detto eran molto gravi; che io non gli aveva mai parlato di un tale soggetto perché mio dovere, se,condo le istruzioni che io aveva avute, era quello di astenermi dall'immischiarmene in qualunque senso; che perciò anch'ora dovea astenermi dall'esprimergli una qualsivoglia opinione sul soggetto e su quanto egli aveva detto. Gli domandai però se egli credeva che codesti suoi sentimenti fossero conosciuti dal Re e se credeva che essi si potessero rilevare da quanto erasi fatto quando fu qui il Signor Montemar.

Egli mi rispose che non sapeva che cosa si fosse detto né come fossero conosciuti questi suoi sentimenti, ma che la sua grande ripugnanza si era molto palesata appunto quando era stato qui il Signor Montemar (1). A riguardo poi di 'Ciò che erasi fatto quando quest'uomo politico spagnuolo fu qui, il Principe mi raccontò una lunga e particolareggiata storia che non mi sarebbe possibile di qui ripe·tere nella qm~;le però campeggiavano queste idee: ch'egli era giovane, che gli si erano dette molte cose, che non ha avuto che 24 ore per pensarvi, perché il signor Montemar dovea partir subito; ma che sapeva che si era fermato ancora alcuni giorni in Londra; che credeva quando lo vide di avere con lui un ritrovo privato e che .invece si trovò in un ricevimento ufficiale; che pure aveva sempre fatto vedere la sua ripugnanza e che se avesse avuto un po' di tempo per r.iflettervi, gli avrebbe sicuramente detto tutte le cose, che ora che vi avea pensato sopra aveva dette a me.

Replicai allora che non dubitavo che egli in ogni caso avrebbe eseguita la volontà del Re; mi rispose che certamente avrebbe sempre ubbidito nonostante la sua ripugnanza ed i suoi sentimenti che mi avea esternati.

Sogg.iunsi, che dappo.iché egli stesso mi avea manifestato in tal modo i suoi pensieri la cosa era di tal natura che io mi trovava in dovere di mettere Lei confidenzialmente a parte di tutto eiò ch'egli mi aveva detto poiché avrebbe potuto venire un tempo in cui giustamente mi si potesse rimproverare di avere, tacendo, mancato al mio dovere. Il Principe non fece a ciò alcuna osservazione in contrario, ed anzi con un gesto mi palesò che non vi faceva ostacolo.

Com'Ella ben vede, carissimo signor Conte, io non faccio e non intendo di far.e che la parte di storico ed intendo di astenermi dall'esternare qualsivoglia opinione, e qualsivoglia idea in proposito.

Fui anzi un momento, lo confesso, in dubbio se dovessi raccontarle tutto l'ac·caduto o tacere; ma sebbene a me un poco pratico degli affari paresse che il tacere fosse più conveniente per me credetti che lo scriverle fosse il mio dovere; desidero che Ella pure trovi che ho fatto il mio dovere a far così.

(l) Da ACS, Carte Visconti Venosta. La corrispondenza privata con Menabrea circa la candidatura del duca di Genova al trono di Spagna fu trasmessa da Cadorna a Visconti Venosta allegata ad una l. p. del 17 dicembre.

600

IL MINISTRO A MADRID, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1824. Madrid, 5 ottobre 1869, ore 11,40 (per. 10re 16,45).

Vote candidat renvoyé indéfiniment. Les Cortes discutent toujours loi pouvoirs extraordinaires.

(l) Cfr. nn. 353 e 356.

601

IL CONTE VIMERCATI A VITTORIO EMANUELE II (l)

T. Parigi, 5 ottobre 1869 (per. ore 17).

J'ai remis dimanche la lettre de V. M. a l'Empereur (2) qui a été très satisfait, mème touché. Il comprend très bien la reserve pour évacuation qui maJheureusement doit etre soumise aux dispositions de la chambre. Pour atteindre le but justement réclamé par l'Italie, Empel'eur se propose de s'entendre avec E. Ollivier qui dans cette question est très bien 'avec nous, mais il m'a dit que jamais il ne fera de lui un ministre de l'intérieur à cause d'idées pacifiques. Il a de sa main copié les noms des Cardinaux qui seraient par Italie proposés à la papauté future (3). Caroinal Silvestri est en tète, c'est pour son élection qu'il va travai1ler, s'entendant protocole Autriche. Prince Mettemtch a remis à Empereur le projet de lettre semblable à celui que j'ai apporté à V. M. (4). Empereur pour le moment ne peut y donne,r suite en vue mème de l'engagement réclamé par nous. Empereur maintient ses intentions pour traité sur lequel, me dit il, il a une nouvelle idée, qu'après l'avoir étudiée il s'eilllPressera de la communiquer secrètement à V. M. pour en avoir son avis. Empereur m'a chargé de vous dire de ne pas vous effrayer des difficultés qu'i,l rencontre. Les exigences libérales auxquelles il est decidé à faire droit (jusqu'à un certain point) puisent leur raison d'ètre dans la faiblesse qu'on attribue à son gouvernement. Les chambres ouvriront le 21 novembre avec un messa.ge imrpérial, traçant les limites de la nouvelle organisation de l'Empire. Empereur regrette article publié dans le journal of.ficiel sur finances italiennes. Il donnera ordre formel que ça ne se renouv,el1e pas. Il finit conversation me disMl.t qu'il espère que le Roi sera content de ses entrevues avec Impèratrice.

Résumerai par Iettre cette longue conversation. Prie V. M. de ètre bien pour Nigra en lui disant que V. M. tient au traité aussi bien en paix qu'en guerre, car après avoir fait l'Italie, il veut 1'a;ffermir par la garantie de la France et de l'Autriche du territoire des provinces annexées.

602

IL MINISTRO A MADRID, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

T. 1827. Madrid, 5 ottobre 1869, ore 21,30 (per. ore 0,33 del 6).

Nouveaux mouvements insurrectionnels en différentes provinces. Chemit'.s de fer, ponts et télégraphes détruits. Les Cortes ont accordé faculté extraordinaire au Gouvernement pour étab1ir à l'occasion état de siège.

(-4) Cfr. n. 565, nota 2, p. 515.
(l) -Da ACR, ed. !n MORI, p. 580. (2) -Cfr. n. 591. (3) -L'elenco dei cardinali, che doveva essere allegato al n. 591 non è stato rinvenuto.
603

IL MINISTRO A PIETROBURGO, CARA:CCIOLO DI BELLA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MENABREA

R. 121. Pietroburgo, 5 ottobre 1869 (per. l'11).

Mi pregio accusare ricevuta a1l'E. V. del dispaccio in data 26 settembre di questa serie n. 59 (l) nonché dei 13 documenti diplomatici che lo accompagnavano.

A norma del dispaccio da!lla E. V. diretto in data del 26 settembre al Marchese Incontri mi condussi dal Consigliere Westmann facente funzione del Ministro di Affari Esteri per richiamare l'attenzione dell'Imperial Governo sui pericoli cui andrebbe soggetto il regime presentemente in vigore per gli stranieri in Egitto, quando le condizioni contenute nella lettera del Gran Vizir al Khédive ricev•essero piena eseeuzione; poiché non solo la pretesa del Divano Imperiale di sommettere le relazioni ufficiali della amministrazione del Cairo alla vigilanza della Porta comprometterebbe le nostre giurisdizioni consolari, ma eziandio la condizione imposta di esibire il bilancio e di avere dwl Divano Imperiale facoltà per contrarre gli imprestiti, avrebbe profondamente alterato gli interessi materiali della colonia europea in Egitto, e avrebbe precluso al paese quelle vie di progresso in cui la posizione fattagli dal trattato del '41 e dal firmano del '67 aveangli fornito la possibilità di entrare.

L'opinione del Governo Imperiale di Russia sul merito della vertenza suddetta non è né può essere altra che quella del Governo del Re, poiché non può essere in questo come in nessun altro conflitto della Porta con gli interessi europei inchinevole a favorire le prerogative del Turco. Avvertiva anzi il Signor Westmann come queste nuove e crescenti pretensioni del Divano di Costantinopoli non erano che la conseguenza della parziaJlità e condiscendenza eccessiva dimostratagli dane Pot.enze occidentali in tutte le più recenti congiunture, e segnatamente nella vertenza ellenica: ma il picciol numero di soggetti russi dimoranti nelle terre di Egitto e il poco interesse che portava il Gabinetto di Pietroburgo ad una controversia per cui stanno in lotta due autorità Musulmane, avevano persuaso lo Czar a non prendere verun ingerimento nei negoziati che vi si riferivano, e a tenersi, almeno per il presente, in una attitudine di semplice aspettazione del risultamento che essa potrebbe avere. Siffatto risultamento peraltro secondo il giudizio del diplomatico russo, o secondo le informazioni che pervengono a questo Ministero di Affari Ester.i, non parrebbe dovesse riuscire pari ai desiderii ed alle richieste del Sultano. In effetti, giunse non ha guarì a questo Ministero notizia dall'Ambasciata di Costantinopoli che già la F.rancia e l'Austria aveano quivi fatto rimostranza ad Aalì Pascià contro la intemperanza delle richieste da lui significate nella sua lettera e contro la convenienza e la possibtlità di recarle ad atto; e che a questa pratica il rappresentante inglese, quantunque dapprima renitente o almeno esitante, si era poi da ultimo associato. E lasciando stare quest'ultimo fatto le cui conseguenze

potevano essere più o meno immediate, anche un sommariO esame delle condizioni politiche e commerciali di Egitto, continuava a dire il Signor Westmann, bastava a dimostrare dhe la Francia non potrebbe mai tollerare che queste venissero mutate e sovvertite a danno dei grandi e molteplici interessi che in quelle contrade hanno i suoi nazionali, interessi che rper .la nuova apertura del Canale di Suez erano per ricevere un meraviglioso ~incremento; era dunque da sperare che la lite si comporrebbe senza troppo grande soddisfazione della sovranità Ottomana, e che il viaggio dell'Imperatr.ice dei francesi in Oriente avn bbe contribuito a far rimettere il Sultano dalle sue pretese ed a rendere più valevole ed efficace la protezione deUa Francia per il Principe egiziano.

(l) Cfr. n. 586, inviato a Pietroburgo con numero di protocollo 59.

<
APPENDICI

APPENDICE I

LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione al 1° febbraio 1869)

ARGENTINA (Repubblica)

Buenos Ayres -DELLA CROCE m DoJOLA conte Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenzia,rio.

ASSIA

Darmstadt -MIGLIORATI marchese Giovanni Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Monaco).

AUSTRIA

Vienna -PEPOLI marchese Giovacchino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BLANC Alberto, consigliere; BALBI SENAREGA marchese Giacomo, segretario; Gu1cciOLI marchese Alessandro, addetto; AVARNA, dei duchi di Gualtieri, Giuseppe, addetto.

BADEN

Carlsruhe -ARTOM !sacco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LITTABIUMI-RESTA conte Balzarino, segretarrio.

BAVIERA

Monaco -MIGLIORATI marchese Giovanni Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CENTURIONI marchese Enrico, segretario; CoMPANS DE BRICHANTEAU conte Enrtco, addetto.

BELGIO

Bruxelles -DE BARRAL DE MoNTEAUVRARD conte Camillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MAROCHETTI barone Maurizio, segretario; ScoTTI Alberto, segretario.

BOLIVIA

GARROU Ippolito, incaricato d'affari (residente a Lima).

BRASILE

Rio de Janeiro -CAVALCHINI-G·AROFOLI barone Alberto, inviato straordinario e

ministro plenipotenmario; N.N., segretario.

BRUNSWICK

Brunswick -DE LAUNAY conte Edoa;rdo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Berlino).

CILE

Santiago -N.N.

CINA

SALLIER DE LA TouR conte Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Yedo).

CITTÀ ANSEATICHE

Amburgo -GALATERI, dei conti di Genola, Gabriele, inca;ricato d'affari.

COSTARICA·

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, .incaricato d'affari (residente a Guatemala).

DANIMARCA

Copenaghen -RATI OPrzzoNI conte Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PRAMPERO conte Ottaviano, segretario.

FRANCIA

Parigi -NIGRA Costantino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; QUIGINI PULIGA conte Efisio, consigliere; BOYL DI PUTIFIGARI conte Carlo Albe>rto, segretario; RESSMAN Costantino, segretario; VISCONTI D'ORNAVASSO barone Carlo .t'l<lberto, addetto; TERZAGHI Carlo, addetto.

GIAPPONE

Yedo -SALLIER DE LA TouR conte Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GALVAGNA barone Francesco, segretario.

GRAN BRETAGNA

Londra -N.N., -inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MAFFEI DI BOGLIO conte Carlo Alberto, segretario, incaricato d'affari; CoTTA Francesco, addetto; PATERNÒ DI RADDUSA Michele, addetto; VIGONI Giorgio, addetto.

GRECIA

Atene -PEs DI SAN VITTORIO, conte della Minerva, Domenico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PASSERA Oscll!rre, segretario.

GUATEMALA Guatemala -ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari.

HONDURAS

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

MAROCCO Tangeri -ScovAsso Stefano, console generale, incaricato d'affari.

MECKLEMBURGO (Granducato di)

DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinanio e ministro plenipotenziario (residente a Berlino).

NICARAGUA

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

OLDENBURGO

DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Berlino).

PAESI BASSI

Aja -CARUTTI DI CANTOGNO Domenico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARTUSCELLI Ernesto, segretario.

PERù Lima -GARROU Ippolito, incaricato d'affari.

PORTOGALLO

Lisbona -OLDOINI marchese Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PATELLA Salvatore, segretario.

PRUSSIA E CONFEDERAZIONE DELLA GERMANIA DEL NORD

Berlino -DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Tosr Antonio, segretario; TumNr Salvatore, addetto; SONNINO barone Sidney, addetto.

RUSSIA

Pietroburgo -CARACCIOLO Dr BELLA ma~chese Camillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; INCONTRI mM"chese Ludovico, segretario; CaNELLI DE PROSPERI Carlo, segretario.

SAN SAL VADOR

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

SASSONIA (Regno di)

DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Berlino).

SASSONIA (Gran Ducato e Ducati di)

DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinario e ministro plen1potenziario (residente a Berlino).

SPAGNA

Madrid -CoRTI conte Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CovA Enrico, segretario; CAVRIANI marchese Antonio, addetto.

STATI UNI'I'I DELL'AMERICA DEL NORD

Washington -CERRUTr Marcello, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; AVAGADRO DI COLLOBIANO-ARBORIO Luigi, segretario.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -GrANOTTI Car,lo FE~lice, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZANNINI conte Alessandro, segretario.

SVIZZERA

Berna -MELEGARI Luigi Amedeo, inviato strao·rdinario e ministro plenipotenziario; DE MARTINO R!enato, segretario; CANTAGALLI Romeo, adde,tto; DE BOJANI Ferdinando, addetto; HIERSCHEL DE MINERBI Oscarre, addetto.

TURCHIA

Costantinopoli -BERTINATTI Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CuRTOPASSI Francesco, segretario; FRANCHETTI Leone Giulio, addetto; CATALANI Tommaso, addetto; DE NITTO Enrico, addetto; VERNONI Alessandro, interprete; GRAZIANI Edoardo, interprete; BARONE Antonio, interprete; CHABERT Alberto, interprete; ANINO Giovanni, interprete.

Vicereame d'Egitto Alessandria -DE MARTINO Giuseppe, agente e console generale.

Reggenza di Tunisi Tunisi -PINNA Luigi, agente e console generale.

Principati Uniti di Moldavia e Valacchia Bucarest -FAVA barone Saverio, agente e console generale.

Principato di Servia Belgrado -JoANNINI CEVA DI SAN MICHELE conte Luigi, agente e console generale. URUGUAY M,ontevideo -RAFFO Giovanni Battista, incaricato d'affari.

VENEZUELA Caracas -DE LA VILLE barone Bartolomeo, incaricato d'affard.

WORTTEMBERG

Stoccarda -GREPPI conte Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE SONNAZ Carlo Alberto, segretario.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

(Situazione al 1° febbraio 1869)

MINISTRO

MENABREA conte Luigi Federico, luogotenente generale, senatore del Regno, presidente del Consiglio dei Ministri.

SEGRETARIO GENERALE

ULISSE BARBOLANI Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, incaricato delle funzioni di segretario generale.

DIVISIONE POLITICA

TORNIELLI-BRUSATI conte Giuseppe, segretario di legazione di la classe, reggente la divisione.

UFFICIO I

Corrispondenza politica -Corrispondenza particolare ·del Ministro Trattati politici -Pubblicazioni diplomatiche -Cifra e telegrammi.

MALVANO Giacomo, segretario di 2a classe; JACQUIER Vittorio, applicato di P classe; MARTIN-LANCIREZ Eugenio, applicato di 2a classe; PANSA Alberto, applicato di 3a classe; BIANCHI DI LAVAGNA I<,mncesco, applicato di 4a classe; DEL CASTILLO DI SANT'0NOI'RIO marchese Ugo, applicato di 4a classe.

UFFICIO II

Personale del Ministeno, delle Legazioni e dei Corrieri di Gabinetto Ordini cavallereschi nazionali ed esteri -Atti pubblici -Notariato della Corona -Cerimoniale di Corte -Cancelleria dell'Or.dine della SS. Annunziata -Archivi della Divisione.

BERTOLLA Giuseppe, segretario di l a classe; CICERO Car.lo, applicato di l a classe; SEVEZ Lorenzo, traduttore; LATTES Giuseppe, vice console di l a classe, addetto all'ufficio.

sn

DIVISIONE DELLA CONTABILITA E DELL'ARCHIVIO

CoRso Edoardo, direttore capo di divisione di l a classe.

UFF'ICIO I

Bilancio -Contabilità generale dei RR. Agenti diplomatici e consolari Mandati -Ren.diconti -Corrispondenza relativa -Protooollo ed archivio della Divisione.

CARRERA Angelo, capo sezione di 2a classe; MIRTI DELLA VALLE Achille, segretario di P classe; PAPINI Andrea, applicato di la classe; BERNONI Luigi, applicato di l a classe; GUGLIELMINETTI Giuseppe, applicato di 2a classe; D'ONCIEUX DE CHAFFARDON conte Paolo, applicato di 4a classe; FossATI Giuseppe, applicato di 4a classe.

UFFICIO II

Spese d'·uffido -Contratti -Servizio interno -Cassa -Uscieri -Passaporti -Legalizzazioni -Biblioteca -Custodia degli archivi del Ministero.

CANTON Carlo, capo sezione di P classe; DORIA DI DoLCEACQUA marchese Andrea, segretario di 2a classe; LONGO-VASCHETTI Giovanni Battista, applicato di P classe; ALBERGOTTI-SIRI barone Tito, applicato di 2a Classe; DE NOBILI Achille, applicato di 3a classe.

DIREZIONE GENERALE DEI CONSOLATI E DEL COMMERCIO

PEIROLERI Augusto, direttore generale.

DIVISIONE I

FALCONET Giuseppe, direttore capo di divisione di 2a classe.

UFFICIO I

Corrispondenza coi RR. Agenti diplomatici e consolari residenti presso i diversi Stati d'Europa e loro colonie, eccettuata la Turchia e la Grecia, e cogli Agenti diplomatici e consolari di detti Stati in Italia, cr0i Ministeri, colle Autorità e coi privati in tutte le materie non politiche

né commerciali.

SANTASILIA Nicola, capo sezione di 2a classe; ScHMUCKER barone Pompeo, capo sezione di 2a classe; BRASCHI conte Daniele, segreta,rio di 1a classe; CAVACECE EmUio, segretario di P classe; BARRILIS Diego Lorenzo, segretario dl ta classe; MoNTERSINO Francesco, segretario di 2a classe; CAPELLO Carlo, segrebrlo di 2a classe; 0DETTI DI MARCORENGO Edoardo, applicato dl 2a classe; DE MARI marchese Giovanni Ma,ria, applicato di 2a classe; CAPUCCIO Alessio, applicato di 2a classe; BoBBIO Ettore, applicato di 3a classe; PIRRONE Giuseppe, volontario.

UFFICIO II

Corrispondenza coi RR. Agenti diplomatici e consolari residenti in Grecia, nell'Impero Ottomano, in Asia, Africa ed America, e coi RR. Agenti diplomatici e consolari degli Stati di detti paesi in Italia, coi Ministeri, colle Autorità e coi privati in tutte le materie non politiche

né commerciali.

DE GOYZUETA, dei marchesi di Toverena, Francesco, capo sezione di 2a classe; BIANCHINI Domenico, segretario di la classe; MILIOTTI Luigi, segretario di 2a classe; BAZZONI Augusto, segretario di 2a classe; MASSA Nicolò, applicato di 4a classe.

UFFICIO III

Corrispondenza riservata e confidenziale della Direzione generale Personale Cionsolare e dragomannale -Esami -Exequatur agli Agenti esteri -Protocollo della Direzione generale

CATTANEO Angelo, segreta.rio di P classe; BROFFERIO Tullio, applicato di 3a classe; RIVA Alessandro, vice console di 3a classe, addetto all'ufficio.

DIVISIONE II

SPINOLA marchese Federico Costanzo, consigliere di legazione, reggente la Divisione.

UFFICIO I

Corrispondenza relativa alla stipulazione dei trattati e delle convenzioni commerciali, di navigazione, consolari, monetarie, doganali, postali e telegrafiche, ecc. -Pubblicazioni commerciali -Bollettino con

solare.

DE VEILLET Francesco, capo se~1ione di 2a classe; BOREA D'OLMO marchese Giovanni Battista, segretario di 2a classe; PucciONI Emilio, applicato di 4a classe; BARDI Alessandro, applicato di 4a classe; BARILARI Federico, volontario; SAN MARTINO DI SAN GERMANO marchese Casimiro, segretario di legazione, addetto all'ufficio.

UFFICIO II

Corrispondenza relativa alle successioni di nazionali all'estero, ed agli atti di stato civile rogati all'estero.

GAL Giovanni Battista, capo sezione di P classe; MARGARIA Augusto, applicato di l a classe; 0RFINI conte Erco.le, applicato di 3a classe; INCISA BECCARIA marchese Emanuele, volontario diplomatico, addetto all'ufficio; NEGRI prof. Cristoforo, console generale di P classe, incaricato delle funzioni di consultore legale presso il ministero e di quanto concerne l'ispezione dei consolati all'estero.

UFFICIALI CONSOLARI TEMPORANEAMENTE ADDETTI AL MINISTERO

KEMPERLE DI PHILIPPSBORN barone Carlo, console di 2a classe; DURANDO Cesare, vice console di P classe; CASTELLI Pietro, vice console di l a classe.

CORRIERI DI GABINETTO

Corrieri di Gabinetto di l a classe: ARMILLET Giuseppe, ANIELLI Eugenio. Cortieri di Gabinetto di 2a classe: VILLA Antonio, LONGO Giuseppe.

UFFICIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Questioni di diritto internazionale, di nazionalità, leva, interpretazione di trattati, ecc.

PRESIDENTE

DES AMBROIS DE NEVACHE Luigti, cav. de:ll'Ordine Supremo della SS. Annunziata, ministro di Stato, presidente del Consiglio di Stato, senatore del Regno.

VICE-PRESIDENTE

PINCHIA Carlo, consigliere di Stato.

CONSIGLIERI

RAELI Matteo, consigliere di Stato; TABARRINI Marco, consigliere di Stato; ULISSE BARBOLANI Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, incaricato delle .funziona di segretario generale presso il ministero degli affari esteri; D'ONDES REGGIO barone Vito, deputato; GUERRIERI-GONZAGA marchese Anselmo, deputato; ALFIERI DI MAGLIANO conte Carlo, deputato; FORNETTI Tommaso, segreta.rio.

SEGRETARIO AGGIUNTO

FALCONET Giuseppe, direttore capo di ddvisione di 2a classe presso il ministero degli affari esteri.

40 -IJoctUIWnl i diplun~alid -SeriL I -Vol. XI

APPENDICE III

LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione al 1° febbraio 1869)

Argentina (Repubblica) -BALCARCE Mariano, inviato straordinario e ministro plenipotenziar~o (residente a Parigi).

Austria -KfrBECK Aloys, barone von, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; WALTERSKIRCHEN Otto, barone von, consigliere; SALM-REIFFERSCHEIDT-KRAUTHEIM Eric Adolf, conte von, segretario; WREDE principe Raoul, addetto.

Baden -ALESINA voN ScHWEITZER barone Ferdinand, ministro residente.

Baviera -PAUMGARTEN, conte von, inviato straordina;rio e ministro plenipotenziario.

Belgio -SoLVYNS visconte Henri, inv,iato straordinario e ministro plenipotenziario; 0ULTREMONT DE DURAS, conte, secondo segretario; VAN DER LINDEN D'HooGHVORST barone Adrian, addetto.

Brasile -LouREIRO Joao Alves, ministro residente.

Danimarca -BILLE BRAHE barone P. de, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; KRAG R. de, addetto.

Francia -MALARET Joseph, barone de, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VILLESTREUX, barone de la, primo segretario; DumEz DE VERNINAC, secondo seg,retario; SEYnoux, terzo segre,tario; LARDEREL Gaston, conte de, addetto; LAssus S. GENIES Pierre, barone de, addetto; LESPERUT barone

E. G., addetto; BERTHELIN, addetto; MONTLIVAUT, ViSConte, addetto.

Gran Bretagna -PAGET sir Augustus Berkeley, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; HERRIES Edward, primo segretario; PLUNKETT Francis Richard, secondo segretario; MouNSEY Augustus Henry, secondo segretario; JERVOISE Henry, secondo segretario.

Grecia -CONDOURIOTIS Andreas, inviato straordinario e ministro plenLpotenziario; SALACHAS Georgios, segretario.

Paesi Bassi -HELDEWIER Mauritius, ministro residente.

Portogallo -BoRGES DE CASTRO Josè Ferreira, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SousA LoBo Yoào, de, primo segretario; ALVAS GUERRA Manuel, segretario.

Prussia e Confederazione della Germania del Nord -USEDOM Karl Georg, conte von, inviato straordinario e ministro plenipotenziardo; WESDEHLEN Aloys, ,conte von, consigliere; STUMM F., addetto; HocHBERG-FtffisTENSTEIN, conte von, addetto.

Russia -KrssELEV Nikolaj, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; OsTENSACKEN Nikolaj, conte di, primo segretario; DoNAURov Sergej, secondo segretario; MEYENDORF barone Ernst, addetto; NETCHAJEV, colonnello, addetto militare; AsTAFIEV, capitano, addetto militare.

San Salvador -THIRION Julio, inviato straordinario e ministro plenipotenziarLo (residente a Parigi).

Sassonia (Regno di) -SEEBACH Albin Leo, barone von, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Spagna -MoNTEMAR Francisco da Paula, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DEL PALACIO Manuel, primo segretario; BRUNETTI Y GAYOSO José, addetto; LARIOS Ricardo, addetto; PoMBO Y BARGES Arsenio, colonnello di artiglieria, addetto militare.

Stati Uniti -MARSH George Perkins, inviato straordinario e ministro plentpotenziario; GREEN Clay, segretario; ARTONI Joseph, addetto; WURTS George W., addetto.

Svezia e Norvegia -PIPER conte Karl Edward, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; AMINOFF WHhelm, segretario.

Svizzera -PIODA Jean-Baptiste, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FALKNER, segretario.

Turchia -RusTEM Bey, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Wilrttemberg -Ow Adolf, barone von, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.